Mordred Inlè
18-06-2010, 18.31.50
Perché di recente ho visto As you like it (dalla commedia di Shakespeare) ed era deliziosamente femslash. Ed inoltre quell'anello mi ha sempre tormentata.
Leggermente ispirata a Malory (Morte d'Arthur), ma è tanto che non lo leggo e sono un po' arrugginita.
Quindi questa storia è femslash (f/f) Ginevra/Morgana con qualche accenno m/m tra Palamede e Tristano e tra Kai ed Artù (one sided, in ogni caso).
L'anello
Morgana non aveva grandi cose di cui essere fiera, nella vita.
Non era riuscita a proteggere la propria madre dalla furia di Uther che, con l'inganno e la forza, l'aveva costretta in un nuovo letto quando appena pochi minuti prima il cadavere di Gorlois era caduto al suolo. "Il corpo di tuo padre è ancora caldo e tua madre è già sposata ad un altro," le avevano sussurrato le dame di corte. E lei le aveva odiate.
Non era riuscita a salvare Morgause dal matrimonio con lo sconosciuto Lot (anche se il cielo sapeva quanto Morgana avesse pregato Uther di non dividerla dalla sua amata sorella maggiore) e non era riuscita ad amare Artù, quel piccolo bimbo paffuto che le correva dietro sui gradini di Camludd.
No, Morgana non aveva molto di cui essere fiera perché tutti i suoi errori si ripercuotevano ogni giorno ed ogni settimana nella sua vita, inseguendola senza mai stancarsi.
C'erano stati dei momenti però, in cui Morgana le Fay era stata molto felice.
A tredici anni quando incontrò per la prima volta Palamede (allora poco più grande di lei) e rimase incantata dalla sua bellissima pelle scura e dai suoi ampi occhi neri. Credeva davvero che l'amore avesse il cuore puro e gentile di un saraceno.
Ed a quindici anni, quando, dopo essere stata chiusa nel convento per il sospetto di re Uther, Morgana scoprì che la madre superiora era più che disposta ad insegnarle ciò che sapeva di erbe ed incantesimi. (Oh, e la prima volta che riuscì a creare una pozione di luce, così bella e luminosa!)
Furono anni di gioia. Anni in cui Morgana aveva una piccola stanzetta piena di libri e passava i pomeriggi nel campo accanto al convento a raccogliere pianticelle e fiori per la propria madre superiora. E la sera tornava nella sua stanzetta ed a volte, quando la luna non brillava abbastanza, sorella Elsinor, una fanciulla della sua età, veniva a farle visita e la abbracciava e le insegnava come amare una donna ed esserne amata a sua volta.
Ma anche gli anni di gioia, anni che le erano stati imposti e lei aveva accettato, finirono quando Uther, che sarebbe morto non molto dopo, decise che era giunto il momento per lei di sposarsi e, per il regno, di accettare l'alleanza di Urien.
Urien era stato un brav'uomo, ma non le aveva dato felicità. Le aveva dato un figlio, Ywain, che le fu subito portato via per essere donato ad una nutrice ed un'istitutrice. Le aveva dato un castello, alto e luminoso che troppo poco le ricordava il suo piccolo convento.
Così, quando Urien morì e Morgana scoprì di avere appena ventiquattro anni, la donna (e la gente già iniziava a sussurrarle Le Fay, la Fata, la Strega, con le sue pozioni ed i suoi gatti) decise di raggiungere il fratellastro a corte, il re. Perché la vita era concentrata laggiù e fiumi di persone sembravano avere quello scopo: la corte.
La corte era un luogo orrendo.
Morgana aveva tre nipoti, a corte. Tre giovani con l'odio nel cuore, ma senza sapere di averne alcuno.
A corte rivide sir Palamede, alto e slanciato, con la pelle ancora morbida del colore della terra più ricca. Morgana non lo amò, non provò nulla per lui e non si stupì quando lo vide struggersi per l'amore di Tristano ed Isotta, non sapendo per chi dei due veramente soffrisse.
La corte era ricca di cavalieri che morivano per amore. Giovani come Lamorak, che piangevano di gioia ogni volta che sentivano nuove di Morgause, o uomini come sir Kai, che avrebbero dato la loro vita pur di ricevere una parola di lode dal proprio re.
Morgana promise che lei non avrebbe mai dato il proprio cuore a nessuno, che mai si sarebbe ridotta come uomini simili né per una donna né per un uomo.
Fu quello stesso anno che la fata dovette rompere la propria promessa.
Artù, qualche anno prima, aveva sposato una giovane donna di origini romane, o così si diceva. Tutti cantavano la sua bellezza, in ogni angolo del regno, tutti parlavano della sua gentilezza e della sua grazia.
Quando Morgana arrivò a corte, Artù le chiese di divenire una delle dame di compagnia di sua moglie, la regina Ginevra, e Morgana acconsentì.
La prima volta che vide la regina, Morgana non la trovò né bella né graziosa.
Ginevra aveva i fianchi stretti, spigolosi come quelli di un fanciullo, ed era troppo alta per risultare davvero elegante. Aveva le labbra sottili ed i capelli erano di un biondo banale, quasi spinoso.
Morgana sorrise e si presentò.
Rimase assieme a lei, a ricamare e parlare, per tre settimane prima di notare che le mani della regina Ginevra erano bianchissime, con lunghe dita che avevano il vizio di intrecciarsi tra di loro quando lei parlava. E Morgana si trovò a chiedersi come sarebbero state quelle dita intrecciate nei propri capelli.
Ginevra rideva in modo limpido, con tutto il corpo, portando la testa all'indietro ed una mano sul proprio petto. E quando pensava a qualcosa che non la garbava particolarmente, inclinava il volto verso destra e si toccava il naso, su e giù, ripetutamente.
(Morgana riuscì persino a vederla mentre la regina credeva di essere sola e scoprì che, quando nessuno le era accanto, a volte Ginevra si lasciava andare a peso morto sulla sedia, con la testa riversata all'indietro a guardare il soffitto).
Dopo due mesi Morgana imparò a memorizzare tutti i nuovi giochi e scherzi della corte per poter essere la prima a raccontarli alla regina e poterla vedere ridere, con la mano sul petto. Imparò ad interessarsi di politica, perché Ginevra ne era interessata ed era veloce e intelligente, nei suoi discorsi che a volte confondevano Morgana.
Di quel periodo della sua vita, Morgana fu molto fiera. Fu fiera di vedere Ginevra cercarla con gli occhi o con una mano, delicata. Fu fiera delle volte in cui Ginevra le chiedeva di poterle acconciare i capelli (perché Morgana aveva dei lunghi capelli corvini e splendenti).
Fu fiera e fu felice, davvero felice, il giorno in cui Ginevra prese un anello da una cesta e lo porse a Morgana.
"Questo è per voi e per la gentilezza che mi dimostrate."
Morgana accettò l'anellino d'argento e se lo infilò al dito.
"Lo conserverò come se fosse il mio stesso cuore," sussurrò, con un filo di voce. Ed era vero. Lo avrebbe fatto. "Che cosa volete in cambio, mia regina?"
Ginevra rise e mostrò la propria mano sinistra che al dito portava un anello identico a quello dell'amica. "Ho già il mio anello e voi avete fatto così tanto per me che mi sento quasi in dovere di darvi un altro dono."
Con grande sorpresa, Morgana sentì le delicate e sottili labbra di Ginevra sulla propria guancia in un bacio tra sorelle.
Passò un anno, veloce e turbinoso, prima che Morgana notasse la sparizione dell'anello argenteo che Ginevra aveva il dito.
All'inizio pensò che la regina lo avesse perso. (Oh, ma non poteva. Ne aveva dato uno a lei- uno identico-) Solo dopo comprese cosa veramente accadde al piccolo anello d'argento.
Morgana stava ricamando seduta nel giardino della regina e Ginevra non era molto distante da lei e stava guardando il cielo, con le mani intrecciate davanti a sé, discorrendo di tasse e cavalli con due dei cavalieri del marito: sir Lancillotto e sir Gawain. I due cavalieri erano sempre stati molto affezionati alla regina e così fedeli al regno che Artù non si preoccupava troppo di vederli accanto a lei.
Morgana stava facendo passare l'ago in un punto particolarmente difficile quando i suoi occhi caddero su Lancillotto, nobile cavaliere bretone dai corti capelli castani tagliati alla romana e- al collo portava una catenella, con un piccolo anello d'argento su di essa.
Il ricamo le cadde dalle mani, ma Ginevra stava ridendo così forte che nessuno lo sentì. Si bloccò però quando Morgana si alzò in piedi, improvvisamente.
"Lady Morgana, non state bene?" domandò Gawain, notando il viso sconvolto della donna.
No, Morgana non stava bene. Morgana era diventata una mendicante che si struggeva d'amore. Ed anche a lui avete dato un bacio, mia regina? Anche a lui? Sulla guancia come una sorella? O sulle labbra?
C'erano voci, nel castello, che parlavano di un amore tra il cavaliere la regina- Morgana si portò una mano al collo.
"Cara Morgana, che cosa vi succede?" domandò Ginevra, alzandosi e raggiungendola.
"Nulla, mia regina," sussurrò Morgana senza guardarla negli occhi perché se lo avesse fatto l'avrebbe abbracciata, l'avrebbe amata, "devo lasciare Camludd."
E così fece. La sera stessa fuggì da Camludd, nel buio come un'esiliata, e raggiunse la sorella Morgause nelle Orcadi, promettendo che un giorno avrebbe strappato l'anello dal collo di Lancillotto anche se per farlo avesse dovuto tagliarlgi la testa.
Leggermente ispirata a Malory (Morte d'Arthur), ma è tanto che non lo leggo e sono un po' arrugginita.
Quindi questa storia è femslash (f/f) Ginevra/Morgana con qualche accenno m/m tra Palamede e Tristano e tra Kai ed Artù (one sided, in ogni caso).
L'anello
Morgana non aveva grandi cose di cui essere fiera, nella vita.
Non era riuscita a proteggere la propria madre dalla furia di Uther che, con l'inganno e la forza, l'aveva costretta in un nuovo letto quando appena pochi minuti prima il cadavere di Gorlois era caduto al suolo. "Il corpo di tuo padre è ancora caldo e tua madre è già sposata ad un altro," le avevano sussurrato le dame di corte. E lei le aveva odiate.
Non era riuscita a salvare Morgause dal matrimonio con lo sconosciuto Lot (anche se il cielo sapeva quanto Morgana avesse pregato Uther di non dividerla dalla sua amata sorella maggiore) e non era riuscita ad amare Artù, quel piccolo bimbo paffuto che le correva dietro sui gradini di Camludd.
No, Morgana non aveva molto di cui essere fiera perché tutti i suoi errori si ripercuotevano ogni giorno ed ogni settimana nella sua vita, inseguendola senza mai stancarsi.
C'erano stati dei momenti però, in cui Morgana le Fay era stata molto felice.
A tredici anni quando incontrò per la prima volta Palamede (allora poco più grande di lei) e rimase incantata dalla sua bellissima pelle scura e dai suoi ampi occhi neri. Credeva davvero che l'amore avesse il cuore puro e gentile di un saraceno.
Ed a quindici anni, quando, dopo essere stata chiusa nel convento per il sospetto di re Uther, Morgana scoprì che la madre superiora era più che disposta ad insegnarle ciò che sapeva di erbe ed incantesimi. (Oh, e la prima volta che riuscì a creare una pozione di luce, così bella e luminosa!)
Furono anni di gioia. Anni in cui Morgana aveva una piccola stanzetta piena di libri e passava i pomeriggi nel campo accanto al convento a raccogliere pianticelle e fiori per la propria madre superiora. E la sera tornava nella sua stanzetta ed a volte, quando la luna non brillava abbastanza, sorella Elsinor, una fanciulla della sua età, veniva a farle visita e la abbracciava e le insegnava come amare una donna ed esserne amata a sua volta.
Ma anche gli anni di gioia, anni che le erano stati imposti e lei aveva accettato, finirono quando Uther, che sarebbe morto non molto dopo, decise che era giunto il momento per lei di sposarsi e, per il regno, di accettare l'alleanza di Urien.
Urien era stato un brav'uomo, ma non le aveva dato felicità. Le aveva dato un figlio, Ywain, che le fu subito portato via per essere donato ad una nutrice ed un'istitutrice. Le aveva dato un castello, alto e luminoso che troppo poco le ricordava il suo piccolo convento.
Così, quando Urien morì e Morgana scoprì di avere appena ventiquattro anni, la donna (e la gente già iniziava a sussurrarle Le Fay, la Fata, la Strega, con le sue pozioni ed i suoi gatti) decise di raggiungere il fratellastro a corte, il re. Perché la vita era concentrata laggiù e fiumi di persone sembravano avere quello scopo: la corte.
La corte era un luogo orrendo.
Morgana aveva tre nipoti, a corte. Tre giovani con l'odio nel cuore, ma senza sapere di averne alcuno.
A corte rivide sir Palamede, alto e slanciato, con la pelle ancora morbida del colore della terra più ricca. Morgana non lo amò, non provò nulla per lui e non si stupì quando lo vide struggersi per l'amore di Tristano ed Isotta, non sapendo per chi dei due veramente soffrisse.
La corte era ricca di cavalieri che morivano per amore. Giovani come Lamorak, che piangevano di gioia ogni volta che sentivano nuove di Morgause, o uomini come sir Kai, che avrebbero dato la loro vita pur di ricevere una parola di lode dal proprio re.
Morgana promise che lei non avrebbe mai dato il proprio cuore a nessuno, che mai si sarebbe ridotta come uomini simili né per una donna né per un uomo.
Fu quello stesso anno che la fata dovette rompere la propria promessa.
Artù, qualche anno prima, aveva sposato una giovane donna di origini romane, o così si diceva. Tutti cantavano la sua bellezza, in ogni angolo del regno, tutti parlavano della sua gentilezza e della sua grazia.
Quando Morgana arrivò a corte, Artù le chiese di divenire una delle dame di compagnia di sua moglie, la regina Ginevra, e Morgana acconsentì.
La prima volta che vide la regina, Morgana non la trovò né bella né graziosa.
Ginevra aveva i fianchi stretti, spigolosi come quelli di un fanciullo, ed era troppo alta per risultare davvero elegante. Aveva le labbra sottili ed i capelli erano di un biondo banale, quasi spinoso.
Morgana sorrise e si presentò.
Rimase assieme a lei, a ricamare e parlare, per tre settimane prima di notare che le mani della regina Ginevra erano bianchissime, con lunghe dita che avevano il vizio di intrecciarsi tra di loro quando lei parlava. E Morgana si trovò a chiedersi come sarebbero state quelle dita intrecciate nei propri capelli.
Ginevra rideva in modo limpido, con tutto il corpo, portando la testa all'indietro ed una mano sul proprio petto. E quando pensava a qualcosa che non la garbava particolarmente, inclinava il volto verso destra e si toccava il naso, su e giù, ripetutamente.
(Morgana riuscì persino a vederla mentre la regina credeva di essere sola e scoprì che, quando nessuno le era accanto, a volte Ginevra si lasciava andare a peso morto sulla sedia, con la testa riversata all'indietro a guardare il soffitto).
Dopo due mesi Morgana imparò a memorizzare tutti i nuovi giochi e scherzi della corte per poter essere la prima a raccontarli alla regina e poterla vedere ridere, con la mano sul petto. Imparò ad interessarsi di politica, perché Ginevra ne era interessata ed era veloce e intelligente, nei suoi discorsi che a volte confondevano Morgana.
Di quel periodo della sua vita, Morgana fu molto fiera. Fu fiera di vedere Ginevra cercarla con gli occhi o con una mano, delicata. Fu fiera delle volte in cui Ginevra le chiedeva di poterle acconciare i capelli (perché Morgana aveva dei lunghi capelli corvini e splendenti).
Fu fiera e fu felice, davvero felice, il giorno in cui Ginevra prese un anello da una cesta e lo porse a Morgana.
"Questo è per voi e per la gentilezza che mi dimostrate."
Morgana accettò l'anellino d'argento e se lo infilò al dito.
"Lo conserverò come se fosse il mio stesso cuore," sussurrò, con un filo di voce. Ed era vero. Lo avrebbe fatto. "Che cosa volete in cambio, mia regina?"
Ginevra rise e mostrò la propria mano sinistra che al dito portava un anello identico a quello dell'amica. "Ho già il mio anello e voi avete fatto così tanto per me che mi sento quasi in dovere di darvi un altro dono."
Con grande sorpresa, Morgana sentì le delicate e sottili labbra di Ginevra sulla propria guancia in un bacio tra sorelle.
Passò un anno, veloce e turbinoso, prima che Morgana notasse la sparizione dell'anello argenteo che Ginevra aveva il dito.
All'inizio pensò che la regina lo avesse perso. (Oh, ma non poteva. Ne aveva dato uno a lei- uno identico-) Solo dopo comprese cosa veramente accadde al piccolo anello d'argento.
Morgana stava ricamando seduta nel giardino della regina e Ginevra non era molto distante da lei e stava guardando il cielo, con le mani intrecciate davanti a sé, discorrendo di tasse e cavalli con due dei cavalieri del marito: sir Lancillotto e sir Gawain. I due cavalieri erano sempre stati molto affezionati alla regina e così fedeli al regno che Artù non si preoccupava troppo di vederli accanto a lei.
Morgana stava facendo passare l'ago in un punto particolarmente difficile quando i suoi occhi caddero su Lancillotto, nobile cavaliere bretone dai corti capelli castani tagliati alla romana e- al collo portava una catenella, con un piccolo anello d'argento su di essa.
Il ricamo le cadde dalle mani, ma Ginevra stava ridendo così forte che nessuno lo sentì. Si bloccò però quando Morgana si alzò in piedi, improvvisamente.
"Lady Morgana, non state bene?" domandò Gawain, notando il viso sconvolto della donna.
No, Morgana non stava bene. Morgana era diventata una mendicante che si struggeva d'amore. Ed anche a lui avete dato un bacio, mia regina? Anche a lui? Sulla guancia come una sorella? O sulle labbra?
C'erano voci, nel castello, che parlavano di un amore tra il cavaliere la regina- Morgana si portò una mano al collo.
"Cara Morgana, che cosa vi succede?" domandò Ginevra, alzandosi e raggiungendola.
"Nulla, mia regina," sussurrò Morgana senza guardarla negli occhi perché se lo avesse fatto l'avrebbe abbracciata, l'avrebbe amata, "devo lasciare Camludd."
E così fece. La sera stessa fuggì da Camludd, nel buio come un'esiliata, e raggiunse la sorella Morgause nelle Orcadi, promettendo che un giorno avrebbe strappato l'anello dal collo di Lancillotto anche se per farlo avesse dovuto tagliarlgi la testa.