Guisgard
01-09-2010, 20.34.35
In questo forum, dato il tema e l’ambientazione trattati, ci siamo spesso occupati in passato dell’inizio del Medioevo e di tutti quei fenomeni che hanno sancito appunto il passaggio dalla tarda antichità (che segna la fine dell’età classica) ai cosiddetti “Secoli Bui”.
La fine del mondo antico, infatti, viene sempre vista attraverso quegli aspetti sociali, politici ed economici che portarono al mutamento della vita umana, da una società evoluta ad una in cui gran parte delle conoscenze scientifiche e tecniche andarono perdute per secoli.
http://www.cde-bagnoaripoli.it/cde/agromidage2/images2/rabanobuoi.jpg
Ma oggi noi cercheremo di analizzare questo passaggio attraverso la storia dell’arte (come del resto abbiamo già fatto in passato), proprio perché in ogni epoca le forme artistiche rappresentano un chiaro simbolo della situazione umana e quindi volto dell’epoca che le concepisce.
E se noi osserviamo l’arte tardoantica, quella che comincia a manifestarsi verso il III secolo Dopo Cristo, possiamo notare un fenomeno che affascina ed inquieta allo stesso tempo.
Un fenomeno che non ha eguali nella storia dell’arte.
I ritratti scultorei (ma anche quelli dipinti), da sempre immagini delle ideologie e delle concezioni dell’epoca che le produce, da questo momento in poi cominciano a mostrare qualcosa che rappresenta il vero volto di questo periodo: un’angoscia di vivere, una manifestazione di dolore.
Ma non si tratta di un dolore fisico, ma bensì di un dolore dell’anima, morale, spirituale, che sembra attanagliare tutti, dagli imperatori alla plebe, dai giovani ai vecchi.
Un dolore, una paura che è chiaro simbolo e segno di quest’epoca che si rivela essere la vigilia di quel periodo che chiameremo poi Medioevo.
L’arte classica ed ellenistica (quella cioè greco/romana) aveva sviluppato una visione del mondo incentrata sul realismo e sulla perfezione più alta ed assoluta.
Così, la natura ed il mondo venivano riprodotti in maniera fedele dagli artisti.
Ora invece, pur di rappresentare al meglio quest’espressione di angoscia e dolore sui ritratti, l’arte tardo antica arriva a violare, a modificare le sue regole e le sue forme.
L’arte così abbandona i suoi canoni e le sue caratteristiche che tendono ad una perfezione ed armoniosità stilistica senza eguali, per battere una strada diversa, che vada oltre quella perfetta visione naturale delle cose e che riesca invece a cogliere qualcosa che si annida nel profondo dell’animo umano.
Insomma, un’arte che ora tende ad andare ben oltre il “visibile”, per giungere a rappresentare un qualcosa di molto più vasto e complesso.
Una concezione questa che sarà poi alla base dell’arte moderna.
Gli occhi ingranditi che fissano un punto indefinito fuori dalla scena visiva, la testa lievemente inclinata, i tratti naturalistici velatamente forzati in atteggiamenti di posata pateticità e tristezza, servono proprio a raffigurare quell’angoscia, quella paura, quell’inquietudine che diventa volto di un’intera epoca, conscia di essere sull’orlo del baratro.
Basti guardare ad alcuni celebri ritratti di quel periodo per rendersi conto di ciò.
Come quello dell’imperatore Decio, che è un po’ uno dei volti simbolo di questo drammatico periodo storico.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/e/ef/Ritratto_di_Decio.jpg/200px-Ritratto_di_Decio.jpg
L’incertezza, l’inquietudine, la paura che emana il ritratto di questo imperatore mostrano chiaramente come le alte sfere politiche sentissero in pieno le difficoltà che attraversava l’impero.
E come Decio, altri noti ritratti di imperatori tradiscono questa angoscia.
Ma come detto, ovunque si percepisce questa inquietudine.
Persino sui volti scolpiti per i capitelli o per gli altari si riscontra questo senso di inquietudine ed angoscia.
E questo è emblematico, perché ci fa capire come il fenomeno sia sentito in ogni ambito della vita civile (le nuove tendenze artistiche infatti cominciano a manifestarsi nelle opere minori, quasi a “tastare” il terreno, per poi esprimersi anche nelle opere maggiori).
http://www.summagallicana.it/lessico/b/buccina%20bassorilievo%20colonna%20traiana.jpg
Gli storici hanno cercato di comprendere l’origine di queste nuove tendenze artistiche, di questa volontà e bisogno di manifestare quel senso di inquietudine.
Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che derivassero dai ritratti dei barbari sottomessi, con le loro espressioni di sofferenza e dolore, molto in voga nella tarda antichità.
Come il celebre gruppo scultoreo del Galata Suicida o del Gallo Morente.
http://www.itiscannizzaro.net/Riflessioni/galata/immagini/galatasuicida.jpg
Oppure gli straordinari bassorilievi delle Colonne Coclidi (monumenti di celebrazione e propaganda) di Traiano e Marco Aurelio.
O anche gli innumerevoli esempi di barbari vinti dai soldati romani, rappresentati sui sarcofagi di questo periodo, sono stati presi in esame per spiegare questa singolare visione artistica.
http://cronologia.leonardo.it/umanita/inizi154.jpg
Ma in realtà questa ipotesi va scartata senza indugio.
L’espressione mostrata dalle raffigurazioni dei barbari vinti, infatti, è di dolore fisico, di fiera sofferenza contro le avversità e la sottomissione ad un nemico più forte.
In esse dominano l’orgoglio e la dignità di queste popolazioni.
Il dolore mostrato invece dai ritratti romani è di carattere morale, quasi spirituale.
Un’angoscia ed un’inquietudine molto più profonde e complesse.
Un vero e proprio “mal di vivere”.
La civiltà stava per cambiare.
La grave crisi economica che attanagliava l’impero, le sempre più massicce invasioni di popolazioni lungo i confini, un malessere spirituale dettato da questa drammatica incertezza, l’incapacità della amministrazione imperiale di affrontare il collasso di un sistema che non sembrava più in grado di sostenere lo stato romano si riflettevano su tutti, imperatori, senatori, magistrati, soldati, mercanti e sul popolo tutto.
Il mondo stava cambiando e la popolazione ne era consapevole.
La civiltà fino ad allora conosciuta stava collassando su stessa.
E tutto questo, oltre che dalle invasioni, dalle pestilenze, dalle carestie, dai cataclismi naturali, sembra essere anticipato anche da quella paura e da quell’angoscia che dominano sui volti degli uomini e delle donne di questo periodo.
Come se l’arte fosse riuscita a cogliere, meglio di qualsiasi altra disciplina, il vero e più grande malessere dell’uomo di quel tempo, mostrandoci senza filtri o barriere la paura di un’intera epoca.
Un’epoca che stava giungendo alla sua fine.
La fine del mondo antico, infatti, viene sempre vista attraverso quegli aspetti sociali, politici ed economici che portarono al mutamento della vita umana, da una società evoluta ad una in cui gran parte delle conoscenze scientifiche e tecniche andarono perdute per secoli.
http://www.cde-bagnoaripoli.it/cde/agromidage2/images2/rabanobuoi.jpg
Ma oggi noi cercheremo di analizzare questo passaggio attraverso la storia dell’arte (come del resto abbiamo già fatto in passato), proprio perché in ogni epoca le forme artistiche rappresentano un chiaro simbolo della situazione umana e quindi volto dell’epoca che le concepisce.
E se noi osserviamo l’arte tardoantica, quella che comincia a manifestarsi verso il III secolo Dopo Cristo, possiamo notare un fenomeno che affascina ed inquieta allo stesso tempo.
Un fenomeno che non ha eguali nella storia dell’arte.
I ritratti scultorei (ma anche quelli dipinti), da sempre immagini delle ideologie e delle concezioni dell’epoca che le produce, da questo momento in poi cominciano a mostrare qualcosa che rappresenta il vero volto di questo periodo: un’angoscia di vivere, una manifestazione di dolore.
Ma non si tratta di un dolore fisico, ma bensì di un dolore dell’anima, morale, spirituale, che sembra attanagliare tutti, dagli imperatori alla plebe, dai giovani ai vecchi.
Un dolore, una paura che è chiaro simbolo e segno di quest’epoca che si rivela essere la vigilia di quel periodo che chiameremo poi Medioevo.
L’arte classica ed ellenistica (quella cioè greco/romana) aveva sviluppato una visione del mondo incentrata sul realismo e sulla perfezione più alta ed assoluta.
Così, la natura ed il mondo venivano riprodotti in maniera fedele dagli artisti.
Ora invece, pur di rappresentare al meglio quest’espressione di angoscia e dolore sui ritratti, l’arte tardo antica arriva a violare, a modificare le sue regole e le sue forme.
L’arte così abbandona i suoi canoni e le sue caratteristiche che tendono ad una perfezione ed armoniosità stilistica senza eguali, per battere una strada diversa, che vada oltre quella perfetta visione naturale delle cose e che riesca invece a cogliere qualcosa che si annida nel profondo dell’animo umano.
Insomma, un’arte che ora tende ad andare ben oltre il “visibile”, per giungere a rappresentare un qualcosa di molto più vasto e complesso.
Una concezione questa che sarà poi alla base dell’arte moderna.
Gli occhi ingranditi che fissano un punto indefinito fuori dalla scena visiva, la testa lievemente inclinata, i tratti naturalistici velatamente forzati in atteggiamenti di posata pateticità e tristezza, servono proprio a raffigurare quell’angoscia, quella paura, quell’inquietudine che diventa volto di un’intera epoca, conscia di essere sull’orlo del baratro.
Basti guardare ad alcuni celebri ritratti di quel periodo per rendersi conto di ciò.
Come quello dell’imperatore Decio, che è un po’ uno dei volti simbolo di questo drammatico periodo storico.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/e/ef/Ritratto_di_Decio.jpg/200px-Ritratto_di_Decio.jpg
L’incertezza, l’inquietudine, la paura che emana il ritratto di questo imperatore mostrano chiaramente come le alte sfere politiche sentissero in pieno le difficoltà che attraversava l’impero.
E come Decio, altri noti ritratti di imperatori tradiscono questa angoscia.
Ma come detto, ovunque si percepisce questa inquietudine.
Persino sui volti scolpiti per i capitelli o per gli altari si riscontra questo senso di inquietudine ed angoscia.
E questo è emblematico, perché ci fa capire come il fenomeno sia sentito in ogni ambito della vita civile (le nuove tendenze artistiche infatti cominciano a manifestarsi nelle opere minori, quasi a “tastare” il terreno, per poi esprimersi anche nelle opere maggiori).
http://www.summagallicana.it/lessico/b/buccina%20bassorilievo%20colonna%20traiana.jpg
Gli storici hanno cercato di comprendere l’origine di queste nuove tendenze artistiche, di questa volontà e bisogno di manifestare quel senso di inquietudine.
Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che derivassero dai ritratti dei barbari sottomessi, con le loro espressioni di sofferenza e dolore, molto in voga nella tarda antichità.
Come il celebre gruppo scultoreo del Galata Suicida o del Gallo Morente.
http://www.itiscannizzaro.net/Riflessioni/galata/immagini/galatasuicida.jpg
Oppure gli straordinari bassorilievi delle Colonne Coclidi (monumenti di celebrazione e propaganda) di Traiano e Marco Aurelio.
O anche gli innumerevoli esempi di barbari vinti dai soldati romani, rappresentati sui sarcofagi di questo periodo, sono stati presi in esame per spiegare questa singolare visione artistica.
http://cronologia.leonardo.it/umanita/inizi154.jpg
Ma in realtà questa ipotesi va scartata senza indugio.
L’espressione mostrata dalle raffigurazioni dei barbari vinti, infatti, è di dolore fisico, di fiera sofferenza contro le avversità e la sottomissione ad un nemico più forte.
In esse dominano l’orgoglio e la dignità di queste popolazioni.
Il dolore mostrato invece dai ritratti romani è di carattere morale, quasi spirituale.
Un’angoscia ed un’inquietudine molto più profonde e complesse.
Un vero e proprio “mal di vivere”.
La civiltà stava per cambiare.
La grave crisi economica che attanagliava l’impero, le sempre più massicce invasioni di popolazioni lungo i confini, un malessere spirituale dettato da questa drammatica incertezza, l’incapacità della amministrazione imperiale di affrontare il collasso di un sistema che non sembrava più in grado di sostenere lo stato romano si riflettevano su tutti, imperatori, senatori, magistrati, soldati, mercanti e sul popolo tutto.
Il mondo stava cambiando e la popolazione ne era consapevole.
La civiltà fino ad allora conosciuta stava collassando su stessa.
E tutto questo, oltre che dalle invasioni, dalle pestilenze, dalle carestie, dai cataclismi naturali, sembra essere anticipato anche da quella paura e da quell’angoscia che dominano sui volti degli uomini e delle donne di questo periodo.
Come se l’arte fosse riuscita a cogliere, meglio di qualsiasi altra disciplina, il vero e più grande malessere dell’uomo di quel tempo, mostrandoci senza filtri o barriere la paura di un’intera epoca.
Un’epoca che stava giungendo alla sua fine.