lady_Empi
03-09-2010, 15.28.08
Antefatto storico
A Roma l’assassinio di Caligola portò sul trono Claudio che aveva la necessità di assicurarsi il rispetto delle truppe e di tutta Roma. Pensò quindi di raccogliere gli allori militari che la Britannia offriva e organizzare l’invasione rimandata prima di lui da Augusto e da Caligola.
L’invasione avvenne nel 43 d.C. e le truppe romane erano formate da quattro legioni e un numero pari di truppe ausiliarie cui si opponevano le truppe britanniche formate dai guerrieri di professione, che appartenevano all’aristocrazia, e una massa di elementi di leva reclutati nelle campagne. I Britanni non disponevano di corazze e si affidavano alla velocità, all’impeto e alle lunghe e affilate spade.
I successi delle truppe britanniche contro i romani erano dovuti per lo più ad attacchi di sorpresa, imboscate e superiorità numerica. Tuttavia gli eserciti celtici essendo formati da soldati contadini, non potevano abbandonare i campi se non per brevi periodo l’anno. Molte tribù celtiche si arresero, quindi, ai romani, allettate da promesse di protezione e di pace.
Nel 47 d. C. le armate di Claudio occupavano la Britannia fino al fiume Severn e al Trent, ed era già in atto la trasformazione in una normale provincia. La carica di governatore della provincia era affidata agli ex consoli, di solito uomini di grande valore, non soltanto perché la conquista della Britannia era un’opportunità per cogliere onori, ma soprattutto perché la terra rappresentava un’ambita fonte di ricchezza grazie alla sua fertilità. Roma, però, non volle limitare l’occupazione alle regioni già sotto il suo controllo anche perché le tribù bellicose e inquiete del nord e del Galles costituivano una minaccia per il pacifico sviluppo del sud.
La prassi imperiale nelle provincie era quella di scaricare al più presto il peso dell’amministrazione su elementi locali fedeli. Era dunque intenzione di Claudio impiegare ampiamente re “clienti”, il metodo più economico a patto che fossero fedeli. Una parte cospicua del sud venne affidata a Cogidubno, principe della tribù celtica dei Regnensi nel territorio dell’attuale Sussex, gli Iceni del Norfolk capeggiati da Prasutago divennero “alleati”, mentre con Cartimandua, regina dei Briganti (un vasto raggruppamento di clan che comprendeva gran parte dell’Inghilterra settentrionale) si strinse un accordo per garantire la provincia da aggressioni dal nord. Il resto della provincia fu organizzato in civitates, vale a dire centri governativi locali in cui i nobili costituivano consigli ed erano insigniti delle magistrature. Inoltre, in tutta la provincia valevano i decreti del procurator provinciae, suprema autorità in materia finanziaria, il quale rispondeva direttamente all’imperatore.
Negli anni dal 50 al 60 d. C. la provincia ebbe un intenso sviluppo urbano. Tuttavia, nel 60 d.C., l’anno in cui il procuratore Svetonio Paolino si accingeva a sottomettere le tribù ribelli del Galles settentrionale, avvenne qualche cosa che trasformò questi provinciali, guidati dagli antichi amici dell’Urbe, gli Iceni e i Trinovanti, in un’orda decisa a cancellare ogni traccia di romanità.
Tacito così descrive i Britanni: “Sottostanno alla coscrizione, al tributo e ad altri obblighi verso l’impero senza lamentele, purché non vi siano ingiustizie. Queste le sopportano assai male, perché tollerano di essere governati da altri, non però di esserne schiavi.”.
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La storia di Boudicca.
Boudicca, Boudica o Boadicea?
Nel nord della Scozia si possono trovare iscrizioni recanti la scritta in lingua gaelica AR BUIDHEACHAS DO’N BHUADHAICH (A Vittoria la nostra gratitudine). Qui il gaelico moderno ci mostra il legame con l’antica lingua celtica, nella parola –bouda, che in Gallese moderno è buddug (vittoria). Quindi il nome della regina significa “Vittoria”. Tacito trascrisse il suo nome come Boudicca, Cassio Dione la descrive come Voadicea che in epoca medievale si trasformò in Boadicea.
Tutti gli storici del tempo concordano nella sua descrizione: di statura assai elevata e di aspetto truce, aveva un volto belluino incorniciato da una cascata di capelli foltissimi e di color giallo intenso che le scendevano fino alle natiche. Il suo sguardo era «fulmineo», la voce era aspra. Cingeva al collo una grande collana d'oro e vestiva sempre nel medesimo modo, in ogni occasione: una stola screziata di vari colori e stretta al seno da una cintura, sopra la quale era gettata una densa e ampia clamide allacciata sugli omeri e annodata con una fibula. Una vera amazzone!
Boudicca era la moglie del Re degli Iceni, Prasutago, celebre per la sua lunga prosperità e per le sue ingenti ricchezze. Nel 61 d.C. nel Norfolk, il Re fu seppellito e compianto dalla sua gente. Egli era stato uno dei re “clienti” di Roma, accettando la protezione dell’Impero in cambio di pace. Quando il testamento del Re degli Iceni fu letto, Boudicca scoprì il tradimento di suo marito: egli aveva, infatti, ceduto ai romani il possesso di metà della sua tribù, nella speranza che questo servisse a proteggere il suo reame e la sua famiglia. La vita della Regina Boudicca era stata dedicata al suo Clan e l’ultima cosa che voleva era cederlo al dominio dell’Imperatore.
Ciò che Prasutago non sapeva era che i regni retti da Re indigeni erano dai Romani considerati temporanei e dovevano essere trasformati, alla morte dei sovrani del momento, in province imperiali; in più, il diritto romano non contemplava la possibilità che una donna governasse una tribù.
Un gruppo di duri ed esperti veterani romani, approfittando dell’assenza del procuratore Svetonio, impegnato a distruggere i Druidi sull’isola di Mona (l’attuale isola di Anglesey al nord del Galles), partirono da Camulodunum (l’attuale Colchester) diretti nel Norfolk. Depredarono il regno come se fosse un bottino di guerra e non un regno cliente. I nobili Iceni e i parenti del Re vennero spogliati dei loro possedimenti, cacciati dalle case ed espropriati dei campi, quando non addirittura messi in catene e tenuti in condizione di servi.
A Boudicca non toccò miglior sorte: la sua casa fu devastata dai servi del procuratore imperiale e lei stessa venne fustigata pubblicamente; la Regina aveva due figlie e i Romani temevano che se avessero sposato dei Capi di altri Clan avrebbero avuto il potere di rivoltarsi contro di loro, così le violentarono in modo che nessuno le volesse più.
Ma ciò che i romani non avevano considerato era la furia di una madre umiliata in cerca di vendetta per le sue figlie violate.
Dione Cassio nella sua Storia Romana riporta il discorso che Boudicca tenne alla sua gente, per invitare gli Iceni alla rivolta: «Avete certo inteso quanto sia preferibile una libera povertà alle ricchezze che si posseggono nella servitù. [...] Non sarebbe forse meglio il venderci schiavi a qualcuno una sola volta, piuttosto che esser costretti ogni anno a redimerci sotto il vano nome di libertà? Quanto non sarebbe meglio l'essere uccisi e il perire, che il portare a spasso le nostre teste tributarie? [...] Siamo sprezzati e conculcati da coloro che non sanno far altro, se non aspirare avidamente al proprio guadagno. [...] Non dovete aver paura dei Romani: non sono più numerosi di noi, né più forti. Guardateli bene: si coprono di elmi, di corazze, di gambiere, si riparano dietro valli, mura, fosse, per non esser minimamente feriti da ostili incursioni. I Romani amano far uso di tutti questi presidi per paura, anziché intraprendere azioni contro il nemico speditamente, alla nostra maniera. D'altronde noi abbondiamo di tanta forza, che le nostre tende sono più sicure delle loro mura, i nostri scudi migliori di qualunque loro armatura. [...] Non ci sono pari nel sopportare la fame, la sete, il freddo, il caldo; sempre abbisognano di ombra, di coperture, di frumento macinato, di vino, di olio in tal misura che, se una sola di queste cose viene a mancare, subito periscono. Per noi, invece, qualunque erba o radice è cibo; qualunque succo è olio; qualunque acqua è vino; qualunque albero è casa».
Non è possibile stabilire l’autenticità di questo discorso in quanto Dione Cassio tendeva a inventare intere orazioni. Tuttavia lo storico romano ha ben colto l’essenza degli ideali dei Britanni: la lotta per la libertà e per la terra.
La tribù dei Trinovanti si aggiunse agli Iceni e ad altre genti, non ancora piegate alla schiavitù, a formare un poderoso esercito di 120.000 Britanni. Tutti costoro avevano giurato, in intese segrete, di riconquistare la libertà ad ogni costo.
Il mare di metallo capeggiato dalla Regina Guerriera marciò su Camulodunum: in poche ore le strade della città si riempirono di cadaveri. I barbari non fecero prigionieri, le loro spade s'alzarono e abbassarono a trucidare chiunque. Poi non ancora ebbri di sangue, i Britanni si spostarono su Londinium (Londra).
Per quella stessa strada stavano marciando i soldati della IX legione sotto il comando di Petilio Ceriale; erano 5.000 legionari addestrati alla guerra fin dalla fanciullezza. Improvvisa e lesta l’orda dei Britanni irruppe dalle selve e si gettò sui Romani. Boudicca stessa combatteva dinanzi a tutti i suoi uomini, nuda sul suo carro, i capelli al vento come una scia di fuoco e il corpo cosparso di tintura blu-violacea: era l'immagine stessa della Dea della vendetta!
Esaltati da una nuova vittoria i Britanni giunsero a Londinium. Anche qui l’'intera popolazione venne sterminata e la città assediata. L’esercito della Regina Guerriera non ebbe pietà neanche degli stessi Britanni che dimoravano a Londinum, colpevoli di essersi piegati al giogo di Roma. Furono impietosi e crudeli, ma i Romani lo erano stati con loro privandoli della libertà e della dignità.
Il procuratore Svetonio, nel frattempo tornato a Londinium, fu costretto ad accettare la battaglia. Scelse almeno un luogo adatto alle scarse truppe che possedeva, una gola dall'accesso angusto, chiusa alle spalle da una selva, fronteggiata da una piana dove i nemici non avrebbero potuto tendergli agguati.
I Britanni giunsero al luogo della battaglia spavaldi e baldanzosi. Avevano portato le loro donne in battaglia per mostrar loro il loro valore. Boudicca stessa apparve sul suo cocchio, indomita ed altera. Quanti fossero esattamente i Britanni, nessuno lo può sapere con esattezza: certo è che i barbari erano almeno dieci volte superiori ai Romani.
La superiore strategia di attacco dei Romani ebbe la meglio sebbene l’audacia e il vigore dei Britanni furono leggendari. Alla fine l’orda Britanna fu piegata, i morti si ammucchiarono sul campo di battaglia.
Boudicca, consapevole di non poter più riprendere le redini di ciò che restava del suo popolo, raccolse delle bacche selvatiche, ne diede una manciata alle sue figlie e ne mangiò lei stessa. Il veleno fu rapido ma il suo nome e la sua fama permasero sulle bocche dei Romani da una generazione all’altra.
Una tradizione vuole la tomba di Boudicca in piena Londra, alla stazione di King's Cross, nel luogo esatto dove cadde: precisamente, sotto il binario numero nove!
Nel 1965 è stata trovata la prima parte di una collana che si ritiene fosse appartenuta a Boadicea. Il reperto è stato scoperto presso Sedgeford dagli archeologi e 40 anni dopo (nel 2004) è stata trovata anche la seconda parte presso Hunstanton. La collana finalmente riunita si trova in mostra al British Museum di Londra.
Il nome della Regina guerriera non è legato a orpelli o grandi ricchezze ma al coraggio di una donna, di una madre che osò sfidare i grandi del suo tempo e mai attese passiva le decisioni degli uomini.
Un esempio per tutte le donne.
Fonti:
Annali, Tacito. Grandi Tascabili Economici Newton, Roma, 1995
LA REGINA BOADICEA-LA DEA DELLA VENDETTA , CelticPedia: http://www.celticworld.it/sh_wiki.php?act=sh_art&iart=646 (http://www.celticworld.it/sh_wiki.php?act=sh_art&iart=646)
Boudicca, l’ultima amazzone, Simone Valtorta consultabile online http://www.storico.org/boudicca.htm (http://www.storico.org/boudicca.htm)
Storia Romana, Dione Cassio, BUR, Biblioteca Universale Rizzoli, 1998
Civiltà e Cultura dei Celti in Inghilterra, Marco Venuti, FOR.COM. Formazione per la Comunicazione.
A Roma l’assassinio di Caligola portò sul trono Claudio che aveva la necessità di assicurarsi il rispetto delle truppe e di tutta Roma. Pensò quindi di raccogliere gli allori militari che la Britannia offriva e organizzare l’invasione rimandata prima di lui da Augusto e da Caligola.
L’invasione avvenne nel 43 d.C. e le truppe romane erano formate da quattro legioni e un numero pari di truppe ausiliarie cui si opponevano le truppe britanniche formate dai guerrieri di professione, che appartenevano all’aristocrazia, e una massa di elementi di leva reclutati nelle campagne. I Britanni non disponevano di corazze e si affidavano alla velocità, all’impeto e alle lunghe e affilate spade.
I successi delle truppe britanniche contro i romani erano dovuti per lo più ad attacchi di sorpresa, imboscate e superiorità numerica. Tuttavia gli eserciti celtici essendo formati da soldati contadini, non potevano abbandonare i campi se non per brevi periodo l’anno. Molte tribù celtiche si arresero, quindi, ai romani, allettate da promesse di protezione e di pace.
Nel 47 d. C. le armate di Claudio occupavano la Britannia fino al fiume Severn e al Trent, ed era già in atto la trasformazione in una normale provincia. La carica di governatore della provincia era affidata agli ex consoli, di solito uomini di grande valore, non soltanto perché la conquista della Britannia era un’opportunità per cogliere onori, ma soprattutto perché la terra rappresentava un’ambita fonte di ricchezza grazie alla sua fertilità. Roma, però, non volle limitare l’occupazione alle regioni già sotto il suo controllo anche perché le tribù bellicose e inquiete del nord e del Galles costituivano una minaccia per il pacifico sviluppo del sud.
La prassi imperiale nelle provincie era quella di scaricare al più presto il peso dell’amministrazione su elementi locali fedeli. Era dunque intenzione di Claudio impiegare ampiamente re “clienti”, il metodo più economico a patto che fossero fedeli. Una parte cospicua del sud venne affidata a Cogidubno, principe della tribù celtica dei Regnensi nel territorio dell’attuale Sussex, gli Iceni del Norfolk capeggiati da Prasutago divennero “alleati”, mentre con Cartimandua, regina dei Briganti (un vasto raggruppamento di clan che comprendeva gran parte dell’Inghilterra settentrionale) si strinse un accordo per garantire la provincia da aggressioni dal nord. Il resto della provincia fu organizzato in civitates, vale a dire centri governativi locali in cui i nobili costituivano consigli ed erano insigniti delle magistrature. Inoltre, in tutta la provincia valevano i decreti del procurator provinciae, suprema autorità in materia finanziaria, il quale rispondeva direttamente all’imperatore.
Negli anni dal 50 al 60 d. C. la provincia ebbe un intenso sviluppo urbano. Tuttavia, nel 60 d.C., l’anno in cui il procuratore Svetonio Paolino si accingeva a sottomettere le tribù ribelli del Galles settentrionale, avvenne qualche cosa che trasformò questi provinciali, guidati dagli antichi amici dell’Urbe, gli Iceni e i Trinovanti, in un’orda decisa a cancellare ogni traccia di romanità.
Tacito così descrive i Britanni: “Sottostanno alla coscrizione, al tributo e ad altri obblighi verso l’impero senza lamentele, purché non vi siano ingiustizie. Queste le sopportano assai male, perché tollerano di essere governati da altri, non però di esserne schiavi.”.
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La storia di Boudicca.
Boudicca, Boudica o Boadicea?
Nel nord della Scozia si possono trovare iscrizioni recanti la scritta in lingua gaelica AR BUIDHEACHAS DO’N BHUADHAICH (A Vittoria la nostra gratitudine). Qui il gaelico moderno ci mostra il legame con l’antica lingua celtica, nella parola –bouda, che in Gallese moderno è buddug (vittoria). Quindi il nome della regina significa “Vittoria”. Tacito trascrisse il suo nome come Boudicca, Cassio Dione la descrive come Voadicea che in epoca medievale si trasformò in Boadicea.
Tutti gli storici del tempo concordano nella sua descrizione: di statura assai elevata e di aspetto truce, aveva un volto belluino incorniciato da una cascata di capelli foltissimi e di color giallo intenso che le scendevano fino alle natiche. Il suo sguardo era «fulmineo», la voce era aspra. Cingeva al collo una grande collana d'oro e vestiva sempre nel medesimo modo, in ogni occasione: una stola screziata di vari colori e stretta al seno da una cintura, sopra la quale era gettata una densa e ampia clamide allacciata sugli omeri e annodata con una fibula. Una vera amazzone!
Boudicca era la moglie del Re degli Iceni, Prasutago, celebre per la sua lunga prosperità e per le sue ingenti ricchezze. Nel 61 d.C. nel Norfolk, il Re fu seppellito e compianto dalla sua gente. Egli era stato uno dei re “clienti” di Roma, accettando la protezione dell’Impero in cambio di pace. Quando il testamento del Re degli Iceni fu letto, Boudicca scoprì il tradimento di suo marito: egli aveva, infatti, ceduto ai romani il possesso di metà della sua tribù, nella speranza che questo servisse a proteggere il suo reame e la sua famiglia. La vita della Regina Boudicca era stata dedicata al suo Clan e l’ultima cosa che voleva era cederlo al dominio dell’Imperatore.
Ciò che Prasutago non sapeva era che i regni retti da Re indigeni erano dai Romani considerati temporanei e dovevano essere trasformati, alla morte dei sovrani del momento, in province imperiali; in più, il diritto romano non contemplava la possibilità che una donna governasse una tribù.
Un gruppo di duri ed esperti veterani romani, approfittando dell’assenza del procuratore Svetonio, impegnato a distruggere i Druidi sull’isola di Mona (l’attuale isola di Anglesey al nord del Galles), partirono da Camulodunum (l’attuale Colchester) diretti nel Norfolk. Depredarono il regno come se fosse un bottino di guerra e non un regno cliente. I nobili Iceni e i parenti del Re vennero spogliati dei loro possedimenti, cacciati dalle case ed espropriati dei campi, quando non addirittura messi in catene e tenuti in condizione di servi.
A Boudicca non toccò miglior sorte: la sua casa fu devastata dai servi del procuratore imperiale e lei stessa venne fustigata pubblicamente; la Regina aveva due figlie e i Romani temevano che se avessero sposato dei Capi di altri Clan avrebbero avuto il potere di rivoltarsi contro di loro, così le violentarono in modo che nessuno le volesse più.
Ma ciò che i romani non avevano considerato era la furia di una madre umiliata in cerca di vendetta per le sue figlie violate.
Dione Cassio nella sua Storia Romana riporta il discorso che Boudicca tenne alla sua gente, per invitare gli Iceni alla rivolta: «Avete certo inteso quanto sia preferibile una libera povertà alle ricchezze che si posseggono nella servitù. [...] Non sarebbe forse meglio il venderci schiavi a qualcuno una sola volta, piuttosto che esser costretti ogni anno a redimerci sotto il vano nome di libertà? Quanto non sarebbe meglio l'essere uccisi e il perire, che il portare a spasso le nostre teste tributarie? [...] Siamo sprezzati e conculcati da coloro che non sanno far altro, se non aspirare avidamente al proprio guadagno. [...] Non dovete aver paura dei Romani: non sono più numerosi di noi, né più forti. Guardateli bene: si coprono di elmi, di corazze, di gambiere, si riparano dietro valli, mura, fosse, per non esser minimamente feriti da ostili incursioni. I Romani amano far uso di tutti questi presidi per paura, anziché intraprendere azioni contro il nemico speditamente, alla nostra maniera. D'altronde noi abbondiamo di tanta forza, che le nostre tende sono più sicure delle loro mura, i nostri scudi migliori di qualunque loro armatura. [...] Non ci sono pari nel sopportare la fame, la sete, il freddo, il caldo; sempre abbisognano di ombra, di coperture, di frumento macinato, di vino, di olio in tal misura che, se una sola di queste cose viene a mancare, subito periscono. Per noi, invece, qualunque erba o radice è cibo; qualunque succo è olio; qualunque acqua è vino; qualunque albero è casa».
Non è possibile stabilire l’autenticità di questo discorso in quanto Dione Cassio tendeva a inventare intere orazioni. Tuttavia lo storico romano ha ben colto l’essenza degli ideali dei Britanni: la lotta per la libertà e per la terra.
La tribù dei Trinovanti si aggiunse agli Iceni e ad altre genti, non ancora piegate alla schiavitù, a formare un poderoso esercito di 120.000 Britanni. Tutti costoro avevano giurato, in intese segrete, di riconquistare la libertà ad ogni costo.
Il mare di metallo capeggiato dalla Regina Guerriera marciò su Camulodunum: in poche ore le strade della città si riempirono di cadaveri. I barbari non fecero prigionieri, le loro spade s'alzarono e abbassarono a trucidare chiunque. Poi non ancora ebbri di sangue, i Britanni si spostarono su Londinium (Londra).
Per quella stessa strada stavano marciando i soldati della IX legione sotto il comando di Petilio Ceriale; erano 5.000 legionari addestrati alla guerra fin dalla fanciullezza. Improvvisa e lesta l’orda dei Britanni irruppe dalle selve e si gettò sui Romani. Boudicca stessa combatteva dinanzi a tutti i suoi uomini, nuda sul suo carro, i capelli al vento come una scia di fuoco e il corpo cosparso di tintura blu-violacea: era l'immagine stessa della Dea della vendetta!
Esaltati da una nuova vittoria i Britanni giunsero a Londinium. Anche qui l’'intera popolazione venne sterminata e la città assediata. L’esercito della Regina Guerriera non ebbe pietà neanche degli stessi Britanni che dimoravano a Londinum, colpevoli di essersi piegati al giogo di Roma. Furono impietosi e crudeli, ma i Romani lo erano stati con loro privandoli della libertà e della dignità.
Il procuratore Svetonio, nel frattempo tornato a Londinium, fu costretto ad accettare la battaglia. Scelse almeno un luogo adatto alle scarse truppe che possedeva, una gola dall'accesso angusto, chiusa alle spalle da una selva, fronteggiata da una piana dove i nemici non avrebbero potuto tendergli agguati.
I Britanni giunsero al luogo della battaglia spavaldi e baldanzosi. Avevano portato le loro donne in battaglia per mostrar loro il loro valore. Boudicca stessa apparve sul suo cocchio, indomita ed altera. Quanti fossero esattamente i Britanni, nessuno lo può sapere con esattezza: certo è che i barbari erano almeno dieci volte superiori ai Romani.
La superiore strategia di attacco dei Romani ebbe la meglio sebbene l’audacia e il vigore dei Britanni furono leggendari. Alla fine l’orda Britanna fu piegata, i morti si ammucchiarono sul campo di battaglia.
Boudicca, consapevole di non poter più riprendere le redini di ciò che restava del suo popolo, raccolse delle bacche selvatiche, ne diede una manciata alle sue figlie e ne mangiò lei stessa. Il veleno fu rapido ma il suo nome e la sua fama permasero sulle bocche dei Romani da una generazione all’altra.
Una tradizione vuole la tomba di Boudicca in piena Londra, alla stazione di King's Cross, nel luogo esatto dove cadde: precisamente, sotto il binario numero nove!
Nel 1965 è stata trovata la prima parte di una collana che si ritiene fosse appartenuta a Boadicea. Il reperto è stato scoperto presso Sedgeford dagli archeologi e 40 anni dopo (nel 2004) è stata trovata anche la seconda parte presso Hunstanton. La collana finalmente riunita si trova in mostra al British Museum di Londra.
Il nome della Regina guerriera non è legato a orpelli o grandi ricchezze ma al coraggio di una donna, di una madre che osò sfidare i grandi del suo tempo e mai attese passiva le decisioni degli uomini.
Un esempio per tutte le donne.
Fonti:
Annali, Tacito. Grandi Tascabili Economici Newton, Roma, 1995
LA REGINA BOADICEA-LA DEA DELLA VENDETTA , CelticPedia: http://www.celticworld.it/sh_wiki.php?act=sh_art&iart=646 (http://www.celticworld.it/sh_wiki.php?act=sh_art&iart=646)
Boudicca, l’ultima amazzone, Simone Valtorta consultabile online http://www.storico.org/boudicca.htm (http://www.storico.org/boudicca.htm)
Storia Romana, Dione Cassio, BUR, Biblioteca Universale Rizzoli, 1998
Civiltà e Cultura dei Celti in Inghilterra, Marco Venuti, FOR.COM. Formazione per la Comunicazione.