Guisgard
08-09-2010, 20.35.11
Cos’è un eroe?
Questa domanda è valida per ogni civiltà e per ogni epoca.
Un uomo che si eleva dai suoi simili e diviene, con le sue qualità, tramite tra loro ed il divino.
L’eroe è capace di imprese ignote ai più e può sconfiggere ed esorcizzare le grandi paure dei suoi simili.
E qual è la più grande paura di ogni uomo da sempre?
La morte.
L’eroe quindi, in ogni civiltà ed in ogni epoca, ha dovuto fronteggiare questa antica paura.
Partendo dall’antichità classica, conosciamo bene i miti di molti eroi che discendono nell’Ade per compiere un qualcosa di importante.
Ulisse, Enea, sono eroi costretti a questa discesa nell’Oltretomba per apprendere una verità che li condurrà ad un livello superiore di conoscenza e li renderà quindi più forti.
E questo in qualche modo sembra essere il filo conduttore di un celebre romanzo cortese, “Gawain e il Cavaliere Verde”.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/4b/Gawain_and_the_Green_Knight.jpg/230px-Gawain_and_the_Green_Knight.jpg
La storia ci narra di un misterioso cavaliere che giunto alla corte di Artù si dice certo del suo valore, tanto da invitare i presenti a mozzargli la testa con un singolo colpo.
Non solo il misterioso cavaliere sembra certo di sopravvivere a questa prova, ma è anche sicuro di poter restituire ad un anno di distanza lo stesso colpo.
Gawain tenta la prova ma fallisce, accordandosi poi col misterioso cavaliere secondo quanto detto prima.
Gaiwan così intraprende un viaggio che lo condurrà dal misterioso Cavaliere Verde per tenere fede alla parola data.
Il viaggio, oltre che simbolo di lealtà e valore cavalleresco, appare come una discesa in un mondo lontano, dai contorni misteriosi e sfuggenti.
Una vera e propria cesa in un possibile Oltretomba, dal quale l’eroe emergerà con una nuova consapevolezza del proprio valore.
http://www.linesandcolors.com/images/2006-02/bocklin_450.jpg
Ma giungere nell’Aldilà è il più delle volte una prova volta a liberare qualcuno.
Ercole, nell’immortale mito di Admeto ed Alcesti, scende proprio nell’Oltretomba per liberare la devota eroina, per poi restituirla al suo amato marito.
E poi come non citare l’intramontabile mito di Orfeo ed Euridice.
Morta sua moglie, il cantore Orfeo comincia a cercare la porta degli Inferi per discendere nel mondo dei morti e chiedere ad Ade la restituzione della sua amata.
http://www.siamodonne.it/siamodonne/wp-content/uploads/orfeo-ed-euridice.jpg
E questo cosiddetto mito dell’eroe liberatore è presente in alcuni celeberrimi romanzi cortesi.
Nel “Tristano” di Goffredo di Strasburgo, giunge un giorno in Cornovaglia un nobile barone d’Irlanda, chiamato Gandino.
Questi si presenta al Re Marco come musico e dice di essere un antico corteggiatore della regina Isotta.
Viene allora ricevuto a corte con tutti gli onori e lo stesso re gli chiede di suonare la sua rota.
Lui però chiede di poter avere in cambio qualsiasi ricompensa.
Il re accetta e Gandino suona.
Alla fine, davanti all’entusiasmo di tutti, il menestrello chiede come ricompensa prorio la regina Isotta.
Marco si oppone mai i baroni gli ricordano la parola data.
Gandino allora porta via Isotta in lacrime.
Nel frattempo a corte torna Tristano ed apprende dell’accaduto.
Travestito da musico raggiunge la nave di Gandino, dove lui e la regina a causa dell’alta marea sono impossibilitati nel salire a bordo.
Tristano si offre di portare in groppa al suo cavallo la regina e quando Gandino acconsente, il nobile cavaliere di Cornovaglia fugge via con Isotta.
E voltandosi verso Gandino urla: “Tu avevi conquistato Isotta con la rota, io te la riprendo con l’arpa.”
http://img.studenti.it/images/girlpower_new/partner/tristano_isotta.jpg
Questo tema, secondo i filologi, è molto diffuso anche nella letteratura celtica.
E’ il tema del rapimento e della fuga verso un luogo lontano, dai tratti magici che sembra confondersi con l’Aldilà.
Ma se questo tema nel “Tristano” occupa comunque un episodio marginale, vi è un altro grande romanzo cortese che tratta questo aspetto, mettendolo però al centro della sua trama: “Il Cavaliere della Carretta” del grande Chretien de Troyes.
La storia si apre il Giorno dell’Ascensione, quando a Camelot si presenta un misterioso cavaliere che afferma di tenere prigionieri diversi abitanti del reame e che si dice disposto a liberarli a patto che qualcuno lo vinca in duello, mettendo però in palio la stessa regina Ginevra.
Il presuntuoso Keu lo sfida ma viene sconfitto: verrà portato via prigioniero insieme alla regina.
Partono alla volta del misterioso rapitore, Galvano ed un cavaliere misterioso.
Questi scopriranno che il malvagio rapitore è Meleagant e che i prigionieri sono tenuti in una lontana terra , Gorre, conosciuta come “il reame dal quale nessuno straniero ritorna”.
Un reame dal quale si accede solo attraverso “perigliosi” passaggi.
Alla fine quel cavaliere misterioso, dopo indicibili prove, compresa quella di salire sulla Carretta dell’estrema ignominia, giungerà a Gorre, vincerà in duello Meleagant e libererà Ginevra e gli altri prigionieri.
Naturalmente quel misterioso cavaliere era Lancillotto del Lago e Ginevra lo ricompenserà col suo Amore Eterno.
http://www.bonzasheila.com/stories/images/LancelotGuinevere.jpg
Il mito dell’Oltretomba quindi ritorna anche nei romanzi cortesi.
Ma, naturalmente, è ben diverso da come appariva nei poemi epici classici.
La letteratura alta che ora si diffonde nelle corti del XII e del XIII secolo è dominio delle sfere più colte della società, che in qualche modo risentono dell’eco della letteratura classica.
Ma vi è stato anche un passaggio intermedio: il modo popolare, con il suo richiamo al fiabesco, al favoloso, all’incantato (nel quale si sente forte la base celtica) si è in qualche modo mischiato a questa letteratura alta.
Ed ecco che i temi tipici dei poemi antichi, noti alle sfere più colte, si mischiamo con un mondo magico, spirituale di chiara origine popolare e folcloristica.
Isotta e Ginevra vengono liberate da una minaccia che solo in parte può ricordare il mondo dei morti.
Il tutto è celato da un alone ed appare come incanto.
Il valore mitico è presente, ma remoto ed il tutto è passato attraverso il filtro folcloristico della narrativa popolare.
E da questa unione, letteratura colta di chiara derivazione classicistica e mondo folcloristico popolare, nasce lo scenario in cui prende vita la letteratura cavalleresca di corte.
Gorre è una terra magica, indefinita, quasi a metà tra noi e l’Aldilà.
Ma i richiami all’Ade sono comunque forti.
Ed anche ora con Tristano e Lancillotto, come nel caso di Ercole e Orfeo, occorre la grande impresa di un eroe per liberare chi è minacciato da questi oscuri e misteriosi regni.
http://www.liceogalvani.it/lavori-multimediali/donna/8av_300/alcesti.jpg
Questa domanda è valida per ogni civiltà e per ogni epoca.
Un uomo che si eleva dai suoi simili e diviene, con le sue qualità, tramite tra loro ed il divino.
L’eroe è capace di imprese ignote ai più e può sconfiggere ed esorcizzare le grandi paure dei suoi simili.
E qual è la più grande paura di ogni uomo da sempre?
La morte.
L’eroe quindi, in ogni civiltà ed in ogni epoca, ha dovuto fronteggiare questa antica paura.
Partendo dall’antichità classica, conosciamo bene i miti di molti eroi che discendono nell’Ade per compiere un qualcosa di importante.
Ulisse, Enea, sono eroi costretti a questa discesa nell’Oltretomba per apprendere una verità che li condurrà ad un livello superiore di conoscenza e li renderà quindi più forti.
E questo in qualche modo sembra essere il filo conduttore di un celebre romanzo cortese, “Gawain e il Cavaliere Verde”.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/4b/Gawain_and_the_Green_Knight.jpg/230px-Gawain_and_the_Green_Knight.jpg
La storia ci narra di un misterioso cavaliere che giunto alla corte di Artù si dice certo del suo valore, tanto da invitare i presenti a mozzargli la testa con un singolo colpo.
Non solo il misterioso cavaliere sembra certo di sopravvivere a questa prova, ma è anche sicuro di poter restituire ad un anno di distanza lo stesso colpo.
Gawain tenta la prova ma fallisce, accordandosi poi col misterioso cavaliere secondo quanto detto prima.
Gaiwan così intraprende un viaggio che lo condurrà dal misterioso Cavaliere Verde per tenere fede alla parola data.
Il viaggio, oltre che simbolo di lealtà e valore cavalleresco, appare come una discesa in un mondo lontano, dai contorni misteriosi e sfuggenti.
Una vera e propria cesa in un possibile Oltretomba, dal quale l’eroe emergerà con una nuova consapevolezza del proprio valore.
http://www.linesandcolors.com/images/2006-02/bocklin_450.jpg
Ma giungere nell’Aldilà è il più delle volte una prova volta a liberare qualcuno.
Ercole, nell’immortale mito di Admeto ed Alcesti, scende proprio nell’Oltretomba per liberare la devota eroina, per poi restituirla al suo amato marito.
E poi come non citare l’intramontabile mito di Orfeo ed Euridice.
Morta sua moglie, il cantore Orfeo comincia a cercare la porta degli Inferi per discendere nel mondo dei morti e chiedere ad Ade la restituzione della sua amata.
http://www.siamodonne.it/siamodonne/wp-content/uploads/orfeo-ed-euridice.jpg
E questo cosiddetto mito dell’eroe liberatore è presente in alcuni celeberrimi romanzi cortesi.
Nel “Tristano” di Goffredo di Strasburgo, giunge un giorno in Cornovaglia un nobile barone d’Irlanda, chiamato Gandino.
Questi si presenta al Re Marco come musico e dice di essere un antico corteggiatore della regina Isotta.
Viene allora ricevuto a corte con tutti gli onori e lo stesso re gli chiede di suonare la sua rota.
Lui però chiede di poter avere in cambio qualsiasi ricompensa.
Il re accetta e Gandino suona.
Alla fine, davanti all’entusiasmo di tutti, il menestrello chiede come ricompensa prorio la regina Isotta.
Marco si oppone mai i baroni gli ricordano la parola data.
Gandino allora porta via Isotta in lacrime.
Nel frattempo a corte torna Tristano ed apprende dell’accaduto.
Travestito da musico raggiunge la nave di Gandino, dove lui e la regina a causa dell’alta marea sono impossibilitati nel salire a bordo.
Tristano si offre di portare in groppa al suo cavallo la regina e quando Gandino acconsente, il nobile cavaliere di Cornovaglia fugge via con Isotta.
E voltandosi verso Gandino urla: “Tu avevi conquistato Isotta con la rota, io te la riprendo con l’arpa.”
http://img.studenti.it/images/girlpower_new/partner/tristano_isotta.jpg
Questo tema, secondo i filologi, è molto diffuso anche nella letteratura celtica.
E’ il tema del rapimento e della fuga verso un luogo lontano, dai tratti magici che sembra confondersi con l’Aldilà.
Ma se questo tema nel “Tristano” occupa comunque un episodio marginale, vi è un altro grande romanzo cortese che tratta questo aspetto, mettendolo però al centro della sua trama: “Il Cavaliere della Carretta” del grande Chretien de Troyes.
La storia si apre il Giorno dell’Ascensione, quando a Camelot si presenta un misterioso cavaliere che afferma di tenere prigionieri diversi abitanti del reame e che si dice disposto a liberarli a patto che qualcuno lo vinca in duello, mettendo però in palio la stessa regina Ginevra.
Il presuntuoso Keu lo sfida ma viene sconfitto: verrà portato via prigioniero insieme alla regina.
Partono alla volta del misterioso rapitore, Galvano ed un cavaliere misterioso.
Questi scopriranno che il malvagio rapitore è Meleagant e che i prigionieri sono tenuti in una lontana terra , Gorre, conosciuta come “il reame dal quale nessuno straniero ritorna”.
Un reame dal quale si accede solo attraverso “perigliosi” passaggi.
Alla fine quel cavaliere misterioso, dopo indicibili prove, compresa quella di salire sulla Carretta dell’estrema ignominia, giungerà a Gorre, vincerà in duello Meleagant e libererà Ginevra e gli altri prigionieri.
Naturalmente quel misterioso cavaliere era Lancillotto del Lago e Ginevra lo ricompenserà col suo Amore Eterno.
http://www.bonzasheila.com/stories/images/LancelotGuinevere.jpg
Il mito dell’Oltretomba quindi ritorna anche nei romanzi cortesi.
Ma, naturalmente, è ben diverso da come appariva nei poemi epici classici.
La letteratura alta che ora si diffonde nelle corti del XII e del XIII secolo è dominio delle sfere più colte della società, che in qualche modo risentono dell’eco della letteratura classica.
Ma vi è stato anche un passaggio intermedio: il modo popolare, con il suo richiamo al fiabesco, al favoloso, all’incantato (nel quale si sente forte la base celtica) si è in qualche modo mischiato a questa letteratura alta.
Ed ecco che i temi tipici dei poemi antichi, noti alle sfere più colte, si mischiamo con un mondo magico, spirituale di chiara origine popolare e folcloristica.
Isotta e Ginevra vengono liberate da una minaccia che solo in parte può ricordare il mondo dei morti.
Il tutto è celato da un alone ed appare come incanto.
Il valore mitico è presente, ma remoto ed il tutto è passato attraverso il filtro folcloristico della narrativa popolare.
E da questa unione, letteratura colta di chiara derivazione classicistica e mondo folcloristico popolare, nasce lo scenario in cui prende vita la letteratura cavalleresca di corte.
Gorre è una terra magica, indefinita, quasi a metà tra noi e l’Aldilà.
Ma i richiami all’Ade sono comunque forti.
Ed anche ora con Tristano e Lancillotto, come nel caso di Ercole e Orfeo, occorre la grande impresa di un eroe per liberare chi è minacciato da questi oscuri e misteriosi regni.
http://www.liceogalvani.it/lavori-multimediali/donna/8av_300/alcesti.jpg