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Visualizza versione completa : Il Romanzo della Margherita


Guisgard
06-12-2011, 04.51.06
Tutto cominciò una notte non troppo diversa da questa, quando un viaggiatore trovò ospitalità in un castello.
Fu invitato a sedersi accanto al fuoco e ad ascoltare un bardo che narrava di un cavaliere e delle meraviglie della sua margherita.
Un narrare a cavallo tra il passato e il presente, tra i ricordi e i sogni.
Sogni che stanotte hanno come unico uditorio la Luna ed il suo pallido alone...


Quei lunghi pomeriggi autunnali in cui si usciva da scuola…
L’aria finalmente più fredda, la luce tenue e un po’ malinconica del Sole sulla stanca e statica periferia della città, le prime luci delle auto per le strade.
E poi un campetto di calcetto, le vetrine con i modellini dei robot che si vedevano in città e noi liberi finalmente dai compiti assegnatici in classe.
“Ehi, guardate!” Indicò all’improvviso uno dei ragazzini del gruppo. “Ci sono le giostre oggi in città!”
E tutti noi allora a correre verso quel Paese dei Balocchi.
“C’è anche il tiro a segno!” Feci io al gruppetto. “E guardate tra i premi… ci sono anche dei modellini di robot!”
“C’è anche una bambola uguale alla mia!” Esclamò all’improvviso Maria, stringendo a sé la sua inseparabile bambola.
Sul bancone del tiro a segno in palio c’erano infatti dei magnifici giocattoli: dai robot che si vedono nei cartoni alla tv, ai peluches, alla bambola come quella di Maria.
Cominciammo allora a sparare, sperando di colpire e vincere qualcuno di quei magnifici premi.
“Non l’ho neanche sfiorato…” mormorò uno dei ragazzini che aveva, come gli altri, mancato il bersaglio.
“Provo io…” dissi io “… da grande diventerò un pilota spaziale e avrò un robot tutto mio… ma nel frattempo mi porterò a casa uno di questi!”
“Vai, Guis!” In coro i ragazzini.
Il colpo partì e colpì sulla testa il modellino, che vibrò per qualche istante, senza però cadere nella cesta sottostante.
“Accidenti che sfortuna!” Esclamò deluso uno del gruppo.
“Sei una schiappa.” Disse all’improvviso un ragazzino arrivato dalla strada. “Guarda e impara.”
Sparò allora al modellino e questo cadde nella cesta dei premi.
“Hai visto?” Fissandomi con l’aria di chi è sicuro di sé, per poi, preso il robot vinto, andare via.
“Chi è quello?” Chiesi ai miei compagni.
“Si chiama Luke…” rispose uno di loro “… lasciamolo perdere… è una testa calda e non ha nemmeno un amico.”
Girammo un po’ per le giostre, poi ognuno tornò a casa propria.
Io però ripensavo a quel modellino di robot che avevo mancato.
Il giorno dopo ci ritrovammo tutti, come sempre, a scuola.
Maria era però triste: la sua bambola si era rotta.
I genitori avevano girato vari negozi, ma sembrava introvabile.
Il giorno seguente non venne a scuola perché il papà, vista la sua tristezza, l’aveva portata fuori città, nella loro casa in collina.
Io, quel pomeriggio, invece vagavo solo e pensieroso per la periferia della città, fino a quando mi ritrovai nel campetto dove i ragazzini venivano a giocare a calcetto.
Vi era un pallone e cominciai a palleggiare.
“Lascialo, è mio!” Era Luke. “Non voglio che tu ci giochi!”
Lo fissai per qualche istante, per poi allontanarmi.
Un attimo dopo alcuni ragazzi circondarono Luke.
“Sei scemo e non hai nemmeno un amico!” Prendendolo in giro uno di loro.
“Andate al diavolo!” Fece Luke.
“Diamogli una lezione!” Propose uno di quelli.
“E tu chi sei?” Mi domandò improvvisamente uno di loro.
“Un amico di Luke.” Risposi io, attirato dalle loro voci.
E vistici in due, quei ragazzini decisero di desistere con le loro provocazioni.
Andati via loro, presi l’uscita dal campetto anche io.
“Aspetta…” mi chiamò Luke.
Mi voltai.
“Perché l’hai fatto?” Mi chiese.
“Perché le loro voci mi irritavano…” risposi “… e poi detesto vedere cinque prepotenti che fanno i gradassi contro uno… beh, ora ti saluto…”
“Aspetta…” avvicinandosi lui “… ti va di fare qualche tiro col pallone?”
Sorrisi e passammo il pomeriggio a giocare in quel campetto.
Alla fine, stanchi, ci stendemmo a fissare la città.
“Alle gambe devi mirare…” disse all’improvviso Luke.
Lo fissai incuriosito.
“Per colpire il modellino…” guardandomi lui “… devi colpirlo alle gambe, non alla testa o al busto. Solo così lo farai cadere.”
Sorrisi.
“Ora devo andare…” alzandosi lui, per poi sparire nel crepuscolo.
Il giorno dopo, usciti da scuola, tutti noi tornammo alle giostre, di nuovo al banco dei modellini.
Mancava solo Maria.
Lanciai una moneta sul bancone all’uomo del bersaglio e presi un fucile.
“Vai, Guis!”
Mirai al modellino di robot più bello.
Era quello che vedevo ogni giorno alla tv, quello che desideravo più di ogni altra cosa.
Un attimo dopo, però, cambiai direzione e mirai alla bambola.
Non so perché.
Era identica a quella di Maria.
“Alle gambe devi mirare…” rammentai le parole di Luke.
Mirai alle gambe della bambola e sparai.
Quella vibrò e poi cominciò a roteare su se stessa, fino a barcollare e cadere nella cesta.
“L’ho colpita!” Urlai io.
“Ma… Guis… perché la bambola?” Mormorò uno dei miei amici.
“Già… non è che ti piace Maria?”
Li fissai.
“Io da grande diventerò un pilota spaziale” risposi “ed avrò un robot vero, tutto mio! Non mi servono questi giocattoli!”
Presi la bambola e corsi via.
Giunsi davanti alla casa di Maria e vi restai per un po’.
“Guis, sei tu!” Correndo fuori lei.
“Ciao…” feci io “… passavo di qui e… a proposito… come stai?”
“Meglio… anche se non ho più la mia bambola…” fissandomi “… nei negozi ormai non si trova più…”
“Capisco…” mormorai “… era come questa forse?” Mostrandole la bambola.
“Si!” Sorridendo lei. “Guis, dove l’hai trovata?” E la prese per poi stringerla forte a sé.
Ma poi, fissandomi nuovamente:
“Ma questa… è quella del tiro al bersaglio? Oh, Guis… e il tuo modellino? Ci tenevi tanto…”
“Da grande ne avrò uno vero…”
Mi sorrise.
“Aspetta un momento…” e corse in casa.
Uscì poi con qualcosa in mano.
“L’ho colta per te…” mostrandomi un fiore “… l’ho presa davanti alla mia casa in collina… ora però devo rientrare per la cena… a domani… e grazie…” e mi lasciò un bacio.
Io presi la strada verso casa tenendo in mano quel fiore.
Fissavo il cielo della sera e le sue stelle.
Le stesse stelle che volevo raggiungere col mio robot.
Ed in quel momento ero davvero vicino a quelle stelle.
Insieme a quel fiore che, naturalmente, era la mia meravigliosa margherita.
http://3.bp.blogspot.com/_0XwV1twMr10/Rn8a_psTWEI/AAAAAAAAAPk/O42siPuGQYk/s400/Caress_by_Saliency.jpg

elisabeth
06-12-2011, 10.52.25
Una tenera storia fatta di Amicizia e primi rossori.....una bella storia da raccontare....e voi sapete che ho un pubblico nutrito che ascoletra' questa magnifica storia che ha molto da insegnare.......Mi ricordo di un giovane Cavaliere che solea strappare i petali a un mare di margherite invocando il mio nome.........poi un girno seppe che era il mio fiore preferito.....e mi riempi' la casa di margherite...bianche e gialle........ma questo successe tanto...tanto...tempo fa'.......

Talia
06-12-2011, 11.51.30
Oh, milord...
l'hai iniziato, infine!
Il celebre Roman de la Marguerite di cui tanto abbiamo favoleggiato...
Felicità! :smile_wub:

Altea
06-12-2011, 14.58.55
è stato bellissimo leggere questo racconto..già i primi rossori come dice lady Elisabeth e oggi la mia pargola maggiore è venuta a casa con un piccolo dono che un suo compagnetto ha comprato appositamente per lei, leggendo questo racconto ho captato tutta la bellezza di quel "innamoramento innocente".

Taliesin
06-12-2011, 15.05.43
Questa è una specie di magia....
la magia di Camelot, la Moderna, che si scaglia contro i riflessi di un mondo tecnologico e bizzarro: l'emozione di Milady Altea di fronte al vostro racconto nè è una conferma Cavaliere dell'intelletto, grazie....

Guisgard
19-12-2011, 04.22.43
Tra i petali di una margherita si possono leggere tante cose…
C’è chi vi cerca la felicità, chi la sapienza, che la temperanza, chi la ricchezza…
Vi è poi chi, tra quei bianchi petali, cerca un nome…
Un nome sussurrato dal vento che rischiara l’aria, dalla Luna che illumina la strada, dal silenzio che domina la notte in balia dei sogni…
Ma quel nome talvolta lo si può sussurrare in una storia, scritta sulle note di sospiri lontani, capaci di annullare il tempo e lo spazio…

Un cavaliere, anche se senza volerlo, recò offesa ad una dama.
Addolorato, egli cercò in tutti i modi di ottenere il suo perdono.
La dama, tuttavia, tanta bella e virtuosa quanto orgogliosa, non sembrava intenzionata a concedere il suo perdono a quel prode cavaliere.
Lui tentò di parlarle durante una giostra, nel bel mezzo di una fiera, fino anche all’uscita della Santa Messa, ma lei sembrava ormai decisa a non rivolgergli più la parola.
Una sera, fredda e sognante come questa, il cavaliere era nel suo palazzo, accanto al fuoco e, come sempre faceva, pensava a quella nobile dama.
Ad un tratto il suo giullare cominciò a recitare:

“Accadde che la regina Ginevra fosse in collera con Lancillotto, rifiutandosi di parlare con lui e d’incontrarlo.
Questo addolorò il Primo Cavaliere.
In quei giorni re Artù aveva proclamato un torneo e tutti i migliori cavalieri decisero di parteciparvi.
La regina Ginevra volle allora mettere alla prova il Primo Cavaliere e capire se lui avesse fatto di tutto per ottenere il suo perdono.
E il primo giorno di gara, proprio mentre Lancillotto si accingeva a scendere in campo, lo raggiunse un’ancella della regina con un biglietto, che recava la scritta <<Al peggio>>.
Cominciò il torneo e contro ogni pronostico Lancillotto gareggiò malissimo, rischiando più volte l’onta dell’eliminazione.
Il secondo giorno del torneo, tutti i partecipanti scesero nuovamente in campo.
Anche stavolta l’ancella della regina raggiunse Lancillotto con un biglietto, che stavolta recava la scritta <<Al meglio>>.
Lancillotto scese così in campo, stavolta però dando superba prova del suo immenso valore, trionfando su tutti gli altri cavalieri e vincendo la giostra.
La regina Ginevra, allora, comprese che Lancillotto le era come sempre devoto e quella notte lasciò la porta dei suoi alloggi aperta, dove attese il suo dolce amante…”

Il cavaliere sorrise al giullare, che aveva tentato di tirarlo su di morale e lo invitò alla sua tavola.
Il giorno dopo, come spesso accadeva, il cavaliere partì in cerca di Avventura.
Giunse così in un bosco dove diversi scudi lacerati erano inchiodati agli alberi.
Accanto a quella parata di lamiere orrendamente squarciate, stavano quattro scudieri.
“A chi appartengono questi scudi?” Domandò il cavaliere.
“A chi appartenevano, è più esatto dire, milord!” Ridendo uno di quegli scudieri.
“Tutti morti?”
“Si, ma in modo disonorevole, milord!” E risero tutti e quattro.
“Il motivo della contesa?” Chiese il cavaliere.
“Vedete, milord…” spiegò lo scudiero “… i nostri padroni, che sono anche fratelli, hanno rapito una dama per tenerla segregata nel loro maniero. E chiunque tenta di liberarla… beh, fa la misera fine che questi scudi ben raccontano…”
“Vedremo per quanto i vostri padroni terranno quella dama loro prigioniera!” E detto questo, il cavaliere suonò il suo corno per annunciarsi ai quattro fratelli.
Avanzò allora verso il maniero e si ritrovò davanti i quattro.
“Cosa cercate, cavaliere?”
“Riportare la dama dove è attesa.” Rispose il cavaliere.
“Giammai!” Esclamò uno dei quattro. “E’nelle nostre mani!”
“A mani vuote vi ritroverete!” Rispose il cavaliere. “Ora però mostratemi quella dama, prima di combattere…”
I quattro indicarono una finestra del maniero dalla quale si sporgeva la dama.
Il cavaliere annuì e cominciò la contesa.
In breve vinse tutti e quattro i fratelli e impose loro, come pegno, di condurre la dama ovunque avesse voluto.
Raggiunse poi la finestra dalla quale la dama aveva visto la contesa.
“Milady, siete libera.” Disse il cavaliere. “Nessuno vi terrà più prigioniera. Dove siete diretta?”
“A Camelot, alla nobile corte di re Artù.” Sorridendo la dama. “Mi accompagnerete voi, milord?”
“Quei quattro cavalieri stolti lo faranno, milady.”
“Cavaliere, chi siete?” Domandò lei.
“Perdonate la scortesia, milady…” chinando il capo il cavaliere “… ma il mio nome non può essere rivelato a causa di un’onta che lo macchia…”
“In voi non può esserci onta…”
“Vi benedica Dio per questo, milady.” Con un lieve inchino lui. “Ma ho fatto voto di non rivelare mai il mio nome fino a quando non sarà pronunciato da una dama verso cui ho mancato, come segno del suo perdono.”
La dama, allora, per gratitudine, gli lanciò un fiore.
Il cavaliere raccolse quel fiore e galoppò via.
“Chi sarà mai quel campione di cavalleria, milady?” Chiese l’ancella alla dama.
“Solo un cavaliere al mondo può simili imprese, amica mia…” sorridendo la dama “… quel cavaliere altri non era che sir Guisgard di Camelot e quel fiore sarà la sua margherita…”
http://www.illusionsgallery.com/Lancelot-l.gif

elisabeth
19-12-2011, 10.41.01
Il Cavaliere e la Dama storie infinite che hanno accolto i racconti di ognuno di noi.......un Cavaliere che ferisce senza volerlo il cuore di una Dama......succede spesso......ma il perdono e' il dono piu' bello...e Sir Guisgard ha essotericamente dato una figura al perdono, la sua Margherita....
Un bel racconto.......

Lady Gaynor
19-12-2011, 11.08.07
Bello questo racconto... in realtà belli tutti, ma quando leggo dei miei amatissimi Lancillotto e Ginevra c'è sempre qualcosa in più che rende tutto magico... nei miei pensieri nessuno ha mai amato quanto e come loro e mi piace pensare che questa storia eterna possa ripetersi nel tempo in tanti racconti da leggere ed ascoltare, o in tanti momenti e gesta da vivere...

Altea
19-12-2011, 15.04.25
come sempre sir Guisgard i vostri racconti riescono a rapire l'anima. Un cavaliere che sarebbe in grado di fare qualsiasi cosa per il perdono della propria dama o di una dama è un gesto veramente nobile.

Guisgard
06-02-2012, 01.13.05
La vita mi piace immaginarla in tanti modi.
Come un romanzo, come un cartone animato.
Stanotte, con un ricordo che mi scivola fra le dita che battono sulla tastiera, la vedo come un vecchio film in bianco e nero.
Alla mia margherita il compito di colorarlo col colore dei miei sogni…

I vecchi magazzini erano perfetti.
Di fronte al grande capannone, dove mio padre aveva l’esposizione in cui mettere in mostra i vari articoli da fa vedere ai clienti.
Con le sue scale di ferro con il pianerottolo in alto, le ampie e lunghe vetrate, poi i pannelli scorrevoli e le luci sui piani rialzati simili a tante stanze laterali, poteva prestarsi a qualsiasi cosa.
Da galeone dei pirati a fortino dei legionari, da maniero fortificato ad astronave per viaggi interstellari.
E molto altro ancora.
Ma quel giorno avevo promesso loro una città fumante e nebbiosa, come quella dei grandi noir degli anni’30 e degli anni’40.
E per quella promessa erano giunti da me subito dopo la scuola.
“Io sarò un gangster!” Disse uno di loro.
“Io il commissario di polizia!”
“Io un miliardario!”
“Io un killer a pagamento!”
“E io?” Domandò Elea.
“Tu chi vorresti essere?” Chiese uno di loro alla bambina.
“Una principessa…”
E tutti a ridere.
“Non ci sono principesse in una città malfamata e piena di misteri!” Spiegò uno di quei bambini.
“Allora è un gioco solo per i maschi?” Avvicinandosi Laska, la sorella maggiore di Elea.
“Già!” Risposero in coro i miei compagni.
Lei mi fissò.
“Ho promesso questo a loro” mormorai “e non posso deluderli. Magari domani giocheremo nella giungla malese o nelle foreste inglesi bardati di corazze.”
“Non esiste un gioco che possa escludere le femminucce.” Sentenziò lei. “E tu dovresti saperlo.”
“Allora partecipate…” sorridendo io “… la città è grande e tutta da scoprire…”
Lei mi fissò indispettita e poi annuì.
Andate via le due bambine, cominciammo a giocare.
Io ero un investigatore privato, in cerca di clienti e di avventure.
Oziavo alla scrivania che il ragioniere di mio padre usava per parlare con i clienti, tenendo in bocca un ramoscello di liquirizia per simulare una sigaretta.
E ad un tratto entrò lei.
Laska mi era sempre piaciuta.
Molti preferivano Elea, sua sorella.
Era carina, dolce e molto vivace.
Ma Laska era diversa.
Era intelligente, perspicace, ma non solo.
Aveva qualcosa di particolare, di speciale.
Quando mi fissava, sembrava quasi capace di leggermi dentro.
Come se fosse in grado di sognare e vivere come nessun altro il mio mondo.
Entrò con un capello preso dall’armadio di sua madre e con una borsa rubata forse a sua zia, che aveva una ricchissima collezione.
Aveva un chupa chups in bocca.
Si avvicinò alla scrivania e fece finta di accenderlo come se fosse una sigaretta.
Io sorrisi.
Ero felice che fosse venuta a giocare con noi.
“Vedo che ami giocare col fuoco, angelo…” feci io in puro stile Humphrey Bogart.
“Dipende…” fingendo di soffiare via il fumo lei “… dipende da chi poi arriverà a spegnerlo…”
“C’è da far restare bruciata tutta la città…”
“Mi avevano detto che eri il migliore…” sedendosi lei e accavallando le gambe.
“Per spegnere gli incedi, angelo?”
“O per accenderli…” fissandomi lei “… sei sposato?”
“Ho fatto molte sciocchezze in vita mia…” sedendomi sulla scrivania davanti a lei “… ma mai di così grosse…”
“E sbagli, sai… può essere piacevole… a volte…”
“Immagino…” fingendo di fumare io “… cosa posso fare per te? Tuo marito è geloso? O lo è il tuo amante?”
Lei sorrise in modo impercettibile.
“Mio marito è troppo sciocco” giocando col chupa chups lei “… ed il mio amante troppo pieno di sé…”
“Ma non mi dire…” caricando la pistola giocattolo che avevo sulla scrivania “… vuoi che li faccia fuori entrambi?”
“Poi resterei sola, non trovi?”
“Angelo, sei troppo pessimista…”
“Non vedo fiori qui…” disse lei “… non sei tipo da fiori?”
“Sono un duro, piccola…”
“Ci starebbero bene dei fiori qui…” fissandomi lei “… io adoro i fiori…”
Io sorrisi, accarezzandomi l’orecchio, come solitamente faceva Bogart nei suoi film.
“La tua parcella?” Domandò lei.
“Solitamente lavoro gratis per certi clienti…”
“Certi clienti?”
“Clienti particolari…” facendole l’occhiolino “… parlami del tuo amante, angelo…”
“Crede che io non sia in gamba…” fingendo di nuovo di soffiare via il fumo “… parte pòer avventure lontane e mi trascura…”
Io sorrisi nuovamente.
“Sono qui perché qualcuno ha rubato un oggetto di valore appartenuto alla mia famiglia da generazioni…”
“Lo troverò.”
“Lo troveremo!” Fissandomi lei. “Ci sono anche io… oppure pensi anche tu, come il mio amante, che io non sia in gamba?”
Così cominciammo a vagare per quella città immaginaria, tra i fumi della strada e l’odore pesante di bische clandestine.
Tra sparatorie all’ultimo sangue e agguati in vicoli bui, ingannando la malavita e gli sbirri troppo curiosi.
La salvai.
La salvai più volte.
La salvai dai contrabbandieri, dai gangster e dai sicari.
La salvai infinite volte.
Fino a quando recuperammo l’oggetto rubato.
E alla fine, tra il fumo della stazione, aspettando l’ultimo treno, mi donò qualcosa.
“Che cos’è?” Chiesi io.
“La tua parcella…” rispose lei “… non vuoi soldi ed io ti pagherò con questo… manca un fiore nel tuo ufficio…” sussurrò “… e questo ci starebbe bene…”
“Dove l’hai preso?” Domandai io. “In città non crescono fiori.”
“Ma nelle aiuole del tuo cortile si…” sorridendo lei “… nella tua città non c’è un parco?”
Io annuii e presi quel fiore.
“Domani attorno a questo fiore” disse mentre andava via “ruoterà il tuo prossimo gioco…”
“Tu ci sarai?”
Lei si voltò e mi sorrise, per poi accarezzarsi le labbra con un dito e soffiando verso di me un bacio.
Poi andò via, lasciandomi in quell’immaginaria stazione della mia città con quel fiore tra le mani.
Un fiore attorno al quale avrei dovuto immaginare un’altra storia.
Una storia con un eroe e col suo fiore.
L’eroe, naturalmente sono io, Guisgard e quel fiore è la mia magica margherita.
http://www.threadforthought.net/wp-content/uploads/2011/10/Marlowe-and-Lauren-Bacall-in-The-Big-Sleep.jpg

Talia
07-02-2012, 14.49.29
ah, gli sfavillanti anni '30 non deludono mai... :smile_wub::smile_wub::smile_wub:
E quanta poesia in quest'ultimo racconto, sir! :smile:

elisabeth
07-02-2012, 16.56.02
Bel racconto Sir Guisgard.....un racconto in bianco e nero......un amico una volta si diverti' a raccontarmi qualcosa del genere.....ma fu tanto tempo fa.........:smile_clap:

Chantal
08-02-2012, 14.52.21
La vita mi piace immaginarla in tanti modi.
Come un romanzo, come un cartone animato.
Stanotte, con un ricordo che mi scivola fra le dita che battono sulla tastiera, la vedo come un vecchio film in bianco e nero.
Alla mia margherita il compito di colorarlo col colore dei miei sogni…

I vecchi magazzini erano perfetti.
Di fronte al grande capannone, dove mio padre aveva l’esposizione in cui mettere in mostra i vari articoli da fa vedere ai clienti.
Con le sue scale di ferro con il pianerottolo in alto, le ampie e lunghe vetrate, poi i pannelli scorrevoli e le luci sui piani rialzati simili a tante stanze laterali, poteva prestarsi a qualsiasi cosa.
Da galeone dei pirati a fortino dei legionari, da maniero fortificato ad astronave per viaggi interstellari.
E molto altro ancora.
Ma quel giorno avevo promesso loro una città fumante e nebbiosa, come quella dei grandi noir degli anni’30 e degli anni’40.
E per quella promessa erano giunti da me subito dopo la scuola.
“Io sarò un gangster!” Disse uno di loro.
“Io il commissario di polizia!”
“Io un miliardario!”
“Io un killer a pagamento!”
“E io?” Domandò Elea.
“Tu chi vorresti essere?” Chiese uno di loro alla bambina.
“Una principessa…”
E tutti a ridere.
“Non ci sono principesse in una città malfamata e piena di misteri!” Spiegò uno di quei bambini.
“Allora è un gioco solo per i maschi?” Avvicinandosi Laska, la sorella maggiore di Elea.
“Già!” Risposero in coro i miei compagni.
Lei mi fissò.
“Ho promesso questo a loro” mormorai “e non posso deluderli. Magari domani giocheremo nella giungla malese o nelle foreste inglesi bardati di corazze.”
“Non esiste un gioco che possa escludere le femminucce.” Sentenziò lei. “E tu dovresti saperlo.”
“Allora partecipate…” sorridendo io “… la città è grande e tutta da scoprire…”
Lei mi fissò indispettita e poi annuì.
Andate via le due bambine, cominciammo a giocare.
Io ero un investigatore privato, in cerca di clienti e di avventure.
Oziavo alla scrivania che il ragioniere di mio padre usava per parlare con i clienti, tenendo in bocca un ramoscello di liquirizia per simulare una sigaretta.
E ad un tratto entrò lei.
Laska mi era sempre piaciuta.
Molti preferivano Elea, sua sorella.
Era carina, dolce e molto vivace.
Ma Laska era diversa.
Era intelligente, perspicace, ma non solo.
Aveva qualcosa di particolare, di speciale.
Quando mi fissava, sembrava quasi capace di leggermi dentro.
Come se fosse in grado di sognare e vivere come nessun altro il mio mondo.
Entrò con un capello preso dall’armadio di sua madre e con una borsa rubata forse a sua zia, che aveva una ricchissima collezione.
Aveva un chupa chups in bocca.
Si avvicinò alla scrivania e fece finta di accenderlo come se fosse una sigaretta.
Io sorrisi.
Ero felice che fosse venuta a giocare con noi.
“Vedo che ami giocare col fuoco, angelo…” feci io in puro stile Humphrey Bogart.
“Dipende…” fingendo di soffiare via il fumo lei “… dipende da chi poi arriverà a spegnerlo…”
“C’è da far restare bruciata tutta la città…”
“Mi avevano detto che eri il migliore…” sedendosi lei e accavallando le gambe.
“Per spegnere gli incedi, angelo?”
“O per accenderli…” fissandomi lei “… sei sposato?”
“Ho fatto molte sciocchezze in vita mia…” sedendomi sulla scrivania davanti a lei “… ma mai di così grosse…”
“E sbagli, sai… può essere piacevole… a volte…”
“Immagino…” fingendo di fumare io “… cosa posso fare per te? Tuo marito è geloso? O lo è il tuo amante?”
Lei sorrise in modo impercettibile.
“Mio marito è troppo sciocco” giocando col chupa chups lei “… ed il mio amante troppo pieno di sé…”
“Ma non mi dire…” caricando la pistola giocattolo che avevo sulla scrivania “… vuoi che li faccia fuori entrambi?”
“Poi resterei sola, non trovi?”
“Angelo, sei troppo pessimista…”
“Non vedo fiori qui…” disse lei “… non sei tipo da fiori?”
“Sono un duro, piccola…”
“Ci starebbero bene dei fiori qui…” fissandomi lei “… io adoro i fiori…”
Io sorrisi, accarezzandomi l’orecchio, come solitamente faceva Bogart nei suoi film.
“La tua parcella?” Domandò lei.
“Solitamente lavoro gratis per certi clienti…”
“Certi clienti?”
“Clienti particolari…” facendole l’occhiolino “… parlami del tuo amante, angelo…”
“Crede che io non sia in gamba…” fingendo di nuovo di soffiare via il fumo “… parte pòer avventure lontane e mi trascura…”
Io sorrisi nuovamente.
“Sono qui perché qualcuno ha rubato un oggetto di valore appartenuto alla mia famiglia da generazioni…”
“Lo troverò.”
“Lo troveremo!” Fissandomi lei. “Ci sono anche io… oppure pensi anche tu, come il mio amante, che io non sia in gamba?”
Così cominciammo a vagare per quella città immaginaria, tra i fumi della strada e l’odore pesante di bische clandestine.
Tra sparatorie all’ultimo sangue e agguati in vicoli bui, ingannando la malavita e gli sbirri troppo curiosi.
La salvai.
La salvai più volte.
La salvai dai contrabbandieri, dai gangster e dai sicari.
La salvai infinite volte.
Fino a quando recuperammo l’oggetto rubato.
E alla fine, tra il fumo della stazione, aspettando l’ultimo treno, mi donò qualcosa.
“Che cos’è?” Chiesi io.
“La tua parcella…” rispose lei “… non vuoi soldi ed io ti pagherò con questo… manca un fiore nel tuo ufficio…” sussurrò “… e questo ci starebbe bene…”
“Dove l’hai preso?” Domandai io. “In città non crescono fiori.”
“Ma nelle aiuole del tuo cortile si…” sorridendo lei “… nella tua città non c’è un parco?”
Io annuii e presi quel fiore.
“Domani attorno a questo fiore” disse mentre andava via “ruoterà il tuo prossimo gioco…”
“Tu ci sarai?”
Lei si voltò e mi sorrise, per poi accarezzarsi le labbra con un dito e soffiando verso di me un bacio.
Poi andò via, lasciandomi in quell’immaginaria stazione della mia città con quel fiore tra le mani.
Un fiore attorno al quale avrei dovuto immaginare un’altra storia.
Una storia con un eroe e col suo fiore.
L’eroe, naturalmente sono io, Guisgard e quel fiore è la mia magica margherita.
http://www.threadforthought.net/wp-content/uploads/2011/10/Marlowe-and-Lauren-Bacall-in-The-Big-Sleep.jpg

A me piace ancora giocare a fare la "signora",intesa come donna grande,matura,provando gli abiti della mamma,e dato che da piccina molte volte ho indossato gli abiti della mamma e un collo di pelliccia e la borsa della nonna,non riesco a non sorridere ripensando a quelle buffe immagini dove "sfoggiavo" scarpe grandissime dal tacco alto e un cappellino con fiori e veletta prelevato di nascosto dall'armadio.
Allora,sir Guisgard,permettetmi di ringraziarvi e di portarvi,un momento solo e col vostro permesso,in quei miei ricordi del passato dove,sono certa,se vi foste stato,io vestita da "signora" e voi da galantuomo,vi avrei invitato per un the e riservato anche un mazzolino di fiori.
E vi avrei certamente detto:"Ehi,Guisgard!Spegni quella sigaretta ed annusa un fiore.."(strizzando l'occhio).
Grazie,i vostri ricordi sono sempre delicati e preziosi.

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Guisgard
02-04-2012, 04.04.13
In una notte come questa tutto può accadere, anche rincorrere, sulle ali di un ricordo, un sogno nato in una chiara mattinata tra i banchi di scuola...

Quel mattino era particolarmente luminoso e nella classe il chiarore delle grandi nuvole che attraversavano quel cielo terso sembrava riflettersi con un'intensità diversa dal solito.
Il cortile della scuola, sul quale si affacciava la classe, era animato dai bambini dell'asilo che si rincorrevano, tra risa e grida, in giochi sconosciuti o incomprensibili ai più.
Le tre grandi palme, circondate da piccoli giardinetti di cespugli fioriti, ondeggiavano quasi ritmicamente alla lieve brezza che attraversava il cortile.
La luce delle finestre giungeva a lambire la lavagna, sulla quale ancora erano segnate le divisioni occorse per risolvere il problema del contadino appena ritornato dal mercato e la grande cartina politica dell'Europa, con i suoi improbabili colori e tutti quei puntini neri per indicare le capitali.
“Tu, Matteo?” Chiese la maestra. “Tu cosa vorresti fare da grande?”
“Il Robot, signora maestra!”
“E perchè mai?”
“Per salvare il mondo dagli alieni, signora maestra!”
“Sei sicuro che gli alieni vogliano proprio attaccare la Terra?” Sorridendo lei.
“Si!” Sicuro il bambino.
“E come fai a saperlo?”
“Perchè sono cattivi!”
“E tu, Biagio?” Chiese la maestra ad un altro bambino. “Cosa vorresti fare da grande?”
“Il re, signora maestra!”
“Che bello!” Esclamò la maestra. “E perchè proprio il re?”
“Perchè il re è ricco e non lavora!”
La maestra rise.
“E tu, Anna?” Chiese poi ad una bambina.
“Voglio essere Barbie, signora maestra.” Rispose la bambina. “Ma qual'è poi il mestiere di Barbie?”
“Non lo so.” Sorridendo la maestra.
Lui però non badava molto a quelle chiacchiere.
Fissava la finestra e il suo sguardo, come i suoi pensieri, si perdeva nel cortile e in quei cespugli fioriti attorno alle grandi palme.
Fissava tutto quello, ma soprattutto un fiore.
Un fiore che spuntava dal giardinetto e che sembrava fissare a sua volta quel bambino.
Lui allora cominciò a disegnarlo sul quaderno che aveva davanti.
E mentre ne disegnava le forme, iniziò a vedere tante cose.
Cose che lo portavano via da quella classe e dai desideri espressi dai suoi compagni di scuola.
Quel fiore lo chiamava a sé nel cortile, dove un mondo diverso prendeva forma.
Le palme si moltiplicarono e divennero l'inospitale giungla malese, animata dai terribili Thug, irascibili rinoceronti e feroci tigri mangia uomini.
Dal meraviglioso e quasi infinito delta del Gange, poi, vedeva salpare mille e più imbarcazioni in fuga dalle navi inglesi.
Aveva con sé una ciurma di fedelissimi e il cuore della bellissima figlia del Maharaja che batteva solo per lui.
Poi le acque di quel fiume sterminato mutarono nel caldo e libero Mar dei Caraibi, dove navi che battevano bandiera olandese, spagnola o portoghese erano tutte sulle tracce del suo galeone.
Un galeone che portava il nome della sua amata, la deliziosa figlia del governatore di Las Balias.
Si ritrovò poi nel selvaggio West, a regolare un conto in sospeso con una banda di criminali, poi in una verdeggiante foresta a capeggiare una banda di briganti ribelli alla corona.
Fissò il disegno e si destò in un silenzio canneto, rischiarato dalla Luna e attraversato dal sibilo del vento, impugnando una katana e sfidando un samurai rinnegato.
Gli apparve allora la Lampada magica e strofinandola chiese al Genio di rapire il palazzo della principessa e condurre loro due lontano da tutto e tutti.
Un attimo dopo, bardato di corazza, impugnò la spada e vinse una terribile maledizione, liberando un intero reame e conquistando l'amore di una bellissima dama.
“Cosa c'è di così interessante la fuori?” Domandò all'improvviso la maestra.
“Eh, cosa?” Destato dai suoi pensieri il bambino.
“Stai fissando il cortile da un bel po'...” fissandolo la maestra “... magari c'è qualcosa di bello... vuoi indicarcelo?”
“Veramente, io...”
“Sei dei nostri?”
Gli altri bambini risero e lui li fissò.
Si voltò anche Adeila, la ragazzina dai capelli chiari seduta poco più avanti.
“Ecco, sei hai finito di distrarti” sarcastica la maestra “potresti partecipare alla lezione. Ti va?”
Il bambino coprì istintivamente il foglio col disegno ed annuì.
“Allora...” fissandolo la maestra “... cosa vorresti fare da grande?”
Lui fissò nuovamente quel fiore nel giardinetto fuori.
Sorrise lievemente e si voltò verso la maestra.
“Io sarò il Primo Cavaliere!” Esclamò lui.
“Davvero, mio giovane Lancillotto?” Incrociando le braccia la maestra. “E cosa fa di solito il Primo Cavaliere?”
“Vivrò avventure mozzafiato” rispose lui “e compierò imprese straordinarie, fino a conquistare il cuore della dama più bella del mondo!”
“Dovresti distrarti meno, però” scuotendo il capo la maestra “e impegnarti di più... e magari sognare un po' meno.”
In quel momento suonò la campanella e tutti corsero in cortile per la ricreazione.
Lui allora ripiegò il disegno di quel fiore e lo conservò in una tasca.
Uscito nel cortile si avvicinò al giardinetto per vedere da vicino il suo fiore, ma quello non c'era più.
Stupito, il bambino, cercò tra i cespugli, ma non c'era traccia di quel fiore.
Ad un tratto si avvicinò qualcuno.
“Ti ha sgridato la maestra...” mormorò Adeila “... mi spiace...”
“Lascia perdere...” fece lui “... tanto la maestra non può capire... nessuno può capire...”
“Sai...” sorridendo lei “... io invece ho visto... ho visto tutto dalla finestra...”
“Cosa hai visto?” Chiese lui.
“La giungla, il mare e le navi che inseguivano il tuo veliero...” entusiasta lei “... ho sentito l'odore della salsedine e la puzza della polvere da sparo...” sorrise nuovamente, mentre il Sole irradiava i suoi boccoli chiari “... mi ci porterai? Domani, mi porterai con te? Sul tuo veliero?”
Lui restò un momento sorpreso e poi annuì.
Lei allora gli diede il fiore.
L'aveva raccolto nel giardinetto appena giunta nel cortile.
“A domani...” sussurrò lei per poi lasciargli un tenero bacio.
E lui, in quel momento, stringendo il mano quel fiore, si sentì davvero l'eroe dei suoi sogni.
Quel bambino, naturalmente, realizzerà il suo sogno e diventerà sir Guisgard e quel fiore sarà la sua magica margherita.
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Talia
02-04-2012, 10.09.12
Affascinante, mio signore...
un racconto fatto di sogni che diviene esso stesso un sogno.

E poi quel misterioso veliero che batte il Jolly Roger... :smile_wub:

Affascinante, mio signore!
;)

Altea
02-04-2012, 13.45.13
molto delicato questo racconto..Sir Guisgard, come i sogni dei bambini...i più belli direi.

Guisgard
11-06-2012, 20.26.30
Chissà perchè, ma l'Estate da piccolo non mi è mai parsa afosa.
I soleggiati e azzurri pomeriggi di quei giorni senza più la scuola mi apparivano straordinariamente lunghi, colorati, vivi e pronti a divenire palcoscenico e scenario di infiniti giochi ispirati ad un libro assegnatoci dalla maestra da finire durante le vacanze estive, ad un film scoperto per caso alla tv o all'ultimo cartone animato giapponese arrivato da noi.
Talvolta era poi un argomento di storia o di letteratura fatto in classe a colpire la nostra immaginazione.
Già, l'immaginazione di un bambino.
Credo che poche cose siano così straordinaria a questo mondo.
Perchè?
Forse perchè i bambini credono ciecamente che tutti i loro sogni siano possibili e allora quello che agli adulti appare un semplice gioco, per loro invece è solo l'inizio di un qualcosa di più grande.
Chi vorrà dunque seguirci in questa storia dovrà chiudere gli occhi ed immaginare di tornare bambino.
Perchè, come io credo, i grandi eroi dei romanzi vivono e realizzano ciò che noi sognavamo da piccoli...

La scuola era finita da diversi giorni e la Santa Rita era ormeggiata in un verdeggiante molo nella baia di Virgenmagra, tra le Antille e Las Anas.
Il Sole picchiava forte, ma fortunatamente era un caldo asciutto.
La ciurma attendeva sul ponte il suo capitano, mentre una varietà di individui attraversava la banchina, trasportando frutti esotici, tabacco, tè, sandalo ed ebano.
Ad un tratto un ragazzino arrivò correndo, salì di corsa le scale di ferro della piattabanda, che aveva prestato la sua ruggine all'immaginazione di quei ragazzi che ne avevano fatto salsedine e si presentò a tutti loro.
“Alla buon'ora, capitano Guisgard!” Disse uno di quelli nel vederlo.
Il nuovo arrivato sorrise e mostrò un vistoso inchino.
“Quando salpiamo?” Domandò un altro. “Ormai l'ammiragliato olandese ci sarà addosso, capitano.”
“No, erano gli spagnoli a darci la caccia!” Fece un altro.
“No, gli spagnoli sono cattolici!” Lo corresse uno dei ragazzini. “Sono gli inglesi i nostri mortali nemici. Diglielo anche tu, Guis.”
Guisgard sorrise nuovamente e saltò sulla ringhiera, fingendo di trovarsi a prua della sontuosa Santa Rita.
“Dimenticate il governatore e le giacche dei guardiamarina di sua maestà.” Disse. “Dimenticatevi i mari del Sud e la baia di Virgenmagra. Niente più tè, né rum e pappagalli da portare in spalla.”
“Ma come?” Fissandolo uno di quelli. “Non giochiamo più ai pirati?”
“Per giocare ai pirati” fece Guisgard “bisogna essere nei Caraibi, tra palme al vento, onde di corallo e dobloni che il mare lascia talvolta sulla sabbia dorata... vedete qualcosa di simile attorno a voi?”
Tutti loro si guardarono intorno e non videro più la lussureggiante vegetazione caraibica, né quella gente che affollava il molo.
E sull'albero maestro della Santa Rita non sventolava più la bandiera del teschio.
“A cosa si gioca allora?” Chiese un ragazzino.
“Oggi farò di voi dei cacciatori di tesori!” Esclamò Guisgard, per poi mostrare a tutti loro un libro.
“Che libro è?”
“E' un libro magico” rispose Guisgard “scritto da un grande poeta. Parla di un Tesoro straordinario e noi oggi partiremo per cercarlo.”
Tutti esultarono a quelle parole.
“Sempre a bordo della Santa Rita?”
“Ovvio!” Annuì Guisgard.
“Di che Tesoro si tratta?”
“Un forziere carico di monete?”
“Una lampada magica?”
“Una spada incastrata nella roccia?”
“No, amici miei...” fissandoli Guisgard “... partiremo alla ricerca di un Qualcosa di unico, di magico, di meraviglioso... un Fiore!”
“Un Fiore?” Ripeterono stupiti tutti loro.
Lui annuì e sorrise.
“Ma non è un Fiore qualunque...” fece lui “... no, immaginate una chiave capace di aprire la porta di una stanza sempre chiusa... o un flauto in grado di lasciare una dolce melodia anche se chi lo suona non sa adoperarlo... immaginate una moneta d'oro che si spende eppure non si esaurisce mai... immaginate, insomma, Qualcosa capace di far realizzare il vostro sogno più grande.”
“E cercheremo quel Fiore per mare?”
“I fiori si cercano nei prati, nei boschi o alle pendici di colline e monti.”
“E noi” disse Guisgard “lo cercheremo per cielo, per mare e per terra allora! Ora guardate qui...” e mostrò loro un piccolo sacchetto di plastica.
“Che cos'è?”
“Qui dentro” fece Guisgard “sono conservati dei semi... l'ho comprato prima di venire qui. Ho scelto a caso e quindi nemmeno io so quale Fiore spunterà... ecco perchè la nostra avventura sarà magica!”
“Cosa faremo?”
“Ora pianteremo questi semi in un vaso” rispose lui “e lo nasconderemo nel vecchio cantiere abbandonato... e poi comincerà la nostra avventura. E solo alla fine scopriremo di che Fiore si tratta!”
Tutti acclamarono quell'idea.
I ragazzini corsero allora a nascondere il vaso nel cantiere abbandonato e si prepararono per la loro nuova ed entusiasmante avventura.
“A cosa giocate?” Domandò avvicinandosi a loro una ragazzina.
“Stiamo cercando un Tesoro.” Rispose Guisgard. “Tu chi sei? Non ti ho mai vista giocare qui intorno.”
“Mi chiamo Alya.” Sorridendo lei. “La scuola è finita da pochi giorni ed ora i miei genitori mi permettono di uscire a giocare.”
“Io mi chiamo Guisgard.”
“Che Tesoro cercate?”
“Forse ti sembrerà strano” disse lui “ma il nostro Tesoro è un Fiore... il Fiore Azzurro.”
“Perchè strano?” Fissandolo lei. “Io adoro i fiori. Sai che a casa abbiamo un piccolo giardino dove ho piantato pochi giorni fa dei bellissimi fiori? Posso giocare con voi?”
“Certo.” annuendo Guisgard.
“Cos'ha di speciale quel Fiore?”
“Quando lo troveremo” disse Guisgard “lo saprai. Sei pronta per giocare?”
“Chi sarò?” Chiese lei.
“Dimmi tu...” fece lui.
“Vorrei...” sussurrò lei “... vorrei essere me stessa, ma in un mondo di sogno... vedere posti sconosciuti eppure reali... sentirmi in un libro o in un film... e... oh, sto parlando troppo, vero?”
“No, affatto.” Sorridendo Guisgard. “Su, andiamo, la Santa Rita sta per salpare!”
“E' la tua nave?” Domandò lei. “Cerchiamo un Fiore per mare?”
“Non sai” disse lui “che le cose più preziose nascono e crescono dove nessuno immagina? Su, dammi la mano... sta per cominciare il nostro viaggio!”
Lei sorrise e diede la sua mano a Guisgard.
Passarono così caldi giorni di un'Estate fatta di avventure e sogni.
Videro luoghi magici ed esotici, gotici ed enigmatici, indefiniti e sognanti.
La Santa Rita attraversava le soleggiate mattinate e i freschi pomeriggi, fino a condurre il suo equipaggio nel fatato scintillio delle sere estive, fra stelle cadenti e canti di grilli.
E una mattina, come ogni giorno, Guisgard appena sveglio raggiunse la sua ciurma ma trovò tutti i suoi amici sconsolati ad attenderlo.
“Cosa accade?”
“Guis...” fece uno di quelli “... hanno ripreso i lavori al cantiere e non ci è più permesso di andare a giocare lì...”
“E il Fiore che abbiamo seminato?” Chiese lui.
Nessuno rispose.
Guisgard allora corse verso il cantiere.
Di nascosto riuscì ad intrufolarsi e raggiungere il luogo dove aveva nascosto il suo Fiore.
Ma il vaso dove era stato piantato non c'era più.
Probabilmente l'avevano tolto i muratori quando il cantiere aveva riaperto.
Ad un tratto tutto mutò.
Quel cantiere, che fino al giorno prima era stato la selvaggia ed ancestrale selva di Turingia, ora tornava ad essere una casa in costruzione, mentre la Santa Rita aveva tirato su le vele e fatto calare l'ancora in mare.
Il cielo si velò e cominciò a piovere.
E le navi non salpano con il mare in burrasca.
Solo verso il tardo pomeriggio il cielo tornò ad aprirsi e l'aria a farsi asciutta.
Guisgard era sulla via di casa quando una voce lo chiamò.
“Alya, cosa ci fai qui?”
“Ti ho cercato per tutto il pomeriggio...” disse lei “... ho visto il cantiere e...”
“Già.”
“Ora la nostra avventura non continuerà?” Fissandolo lei. “Non cercherai più quel Fiore?”
“Non tutti possono trovarlo...” mormorò lui “... quel Fiore non è per tutti...”
“E' vero, non è per tutti...” sorridendo lei “... ma tu non sei tutti, tu sei Guisgard...”
Lui la fissò sorpreso.
“Sai, ti avevo portato un regalo, ma ora mi sento sciocca...” fece lei “... si, insomma... tu sarai ancora deluso per il gioco interrotto...”
“Dai, ti prego...” disse lui “... quale regalo?”
“E' una sciocchezza...”
“Si, è una sciocchezza continuare a chiamarlo una sciocchezza.”
“Davvero?” Sorridendo lei.
Lui annuì.
“Beh...” fece lei “... ricordi il mio giardino? E quei fiori piantati giorni fa? Ecco, stamani sono fioriti ed io nel vederli ho pensato a te...”
“Davvero?”
“Si... e ne ho colto uno per te...” e diede a Guisgard il fiore “... pensi... si, insomma... pensi che potrà colmare la delusione per aver smarrito il Fiore che cercavi?”
“E' bellissimo...” prendendolo lui “... bellissimo...” poi sorrise “... sai, Alya... il Fiore Azzurro cresce spontaneo... non dove vogliono gli uomini... forse per questo solo in pochi riescono a trovarlo e poi a coglierlo...”
“Ora devo andare...” sussurrò lei “... ma, se ti interessa, domattina tornerò qui per giocare ancora... vuoi?”
“Certo!” Esclamò lui. “E ti condurrò in un posto speciale!”
“Guarda che me ne ricorderò!” Sorridendo lei. “Ora vado... a domani...” gli lasciò un tenero bacio e corse via.
“A domani...” sussurrò lui “... a domani, se Dio vorrà...”
E restò a fissare quel fiore, confidandogli tutti i suoi sogni che vedeva riflessi in ogni suo petalo.
Quelli erano i sogni del Primo Cavaliere e quel fiore, naturalmente, era la sua meravigliosa margherita.
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Hastatus77
12-06-2012, 21.58.16
E' tornata la Margherita. Bene. :D

Guisgard
26-07-2012, 04.26.53
Oggi mi sono sentito come impazzire...
E forse ho davvero rischiato di perdere il senno...
Poi stasera, come per magia, ho ricominciato a sognare...
Forse è vero... forse davvero la follia e i sogni sono spesso così vicini da potersi quasi toccare...
E a tutti i folli che amano credere ai propri sogni, io voglio raccontare questa storia...
Dedicandola al mio sogno più bello, che oggi ho temuto di aver smarrito per sempre...

La dottoressa rientrò col suo solito fascio di giornali e di riviste sotto il braccio, per poi lasciarli cadere sul divano.
“Sono a casa.” Disse.
“Bene, mamma.” Rispose una voce di ragazza dalla stanza accanto.
“Ancora davanti alla tv?”
“Oggi fa troppo caldo” replicò la ragazza “e non mi va di fare nulla.”
“Potresti preparare la cena, allora.”
“Ordino due pizze o cinese?”
“Tira fuori il pollo dal freezer” indossando il camice la dottoressa “o non si scongelerà in tempo.”
“Ma, mamma...” sbuffando la ragazza “... non mi va il pollo...”
“Oggi ti do anche la possibilità di scegliere il contorno.” Disse la donna. “Peperoni o piselli.”
“Uffa!” Esclamò la ragazza.
“Ha chiamato qualcuno?”
“No, ma nello studio c'è un cliente...” rispose la ragazza “... è un ragazzo...”
“Si, oggi aspettavo il signor Romano.” Ed entrò nel suo studio.
Qui trovò ad attenderla un giovane, intento a fissare la scacchiera esposta su un tavolino in noce davanti alla finestra.
“Buongiorno, signor Romano.” Salutò la donna. Per poi sedersi alla scrivania ed accendere il suo portatile.
“Buongiorno a voi, dottoressa.” Sorridendo lui. “Davvero bella questa scacchiera.”
“Si...” alzando per un momento gli occhi lei e sorridendo “... è danese, del XIV secolo...”
“Io credo che gli scacchi siano una notevole metafora della vita...” fece lui “... il re, principio maschile e perderlo equivale di fatto alla sconfitta... la regina invece, principio femminile, è molto più completa e perdere lei significa, in pratica, essere sconfitti...”
“Lei gioca a scacchi?” Chiese lei, alzandosi, spegnendo il cellulare e sedendosi poi ad una delle due sedie attorno al tavolino.
“Purtroppo non sono abbastanza bravo.” Sedendosi sull'altra sedia lui.
“Cosa mi porta oggi?” Domandò lei, mentre accendeva alcuni bastoncini profumati.
“Incenso.” Disse lui. “La settimana scorsa era invece sandalo. “L'altra ancora... vaniglia.”
“Vedo che lei è molto attento ai profumi.” Sorridendo lei. “Si, mi piacciono le essenze profumate. Allora, cosa abbiamo oggi?”
“Ieri sera ha visto la tv?”
“No, ieri sera ero impegnata con del lavoro arretrato.” Rispose lei. “Non guardo molto la tv. Qualche sera, se mia figlia resta in casa ed io non devo lavorare troppo per il giorno dopo. Perchè? Cosa c'era ieri alla tv?”
“Un film...” disse lui “... uno di quei vecchi film, un'avventura mista... tra il genere cappa e spada e quello fantastico...”
“Ah, allora uno dei suoi film preferiti.” Annuì lei. “Di cosa parlava?”
“Si, era un vecchio film, ma non in bianco e nero...” spiegò lui “... era stato colorato, come purtroppo talvolta fanno... tuttavia, nonostante questo, presentava colori un tantino vaghi, sbiaditi, quasi fiabeschi e giochi d'ombra davvero riusciti, tanto da sembrare quasi un film d'animazione... era un'avventura cavalleresca ed il protagonista era naturalmente sir Guisgard, il cavaliere più famoso di tutti i tempi.”
“Ah, capisco, il suo alter ego.”
“No, dottoressa.” Sorridendo lui. “Guisgard non è il mio alter ego... io sono Guisgard.”
“Signor Romano...” disse lei “... rammenta il compito che le avevo assegnato la scorsa settimana?”
“Perfettamente, dottoressa.” Annuendo lui. “Oggi mi sarei dovuto presentare con il mio nome di battesimo.”
Lei sorrise e gli fece un cenno.
“Dottoressa...” alzandosi lui “... Cristiano de Guisgard, cavaliere d'amore e cortesia. Per servirla.” Mostrando poi un vistoso inchino.
“Allora” sorridendo lei “per la prossima settimana le chiederò di aggiungere, signor Romano, oltre al suo nome di battesimo, anche il cognome con cui normalmente si firma.”
“Due o tre sedute fa” disse lui “le chiesi del perchè la gente ricorre alle cure di uno psicologo. Ricorda? E lei mi rispose che lo fanno per stare meglio. Per superare un disagio che non le porta a vivere bene. Giusto?”
“Perfettamente.” Annotando ogni cosa lei.
“Ebbene, se questa mia, diciamo, convinzione di essere Guisgard non mi procura disagio, perchè allora lei cerca di sopprimerla? Se sono felice di essere il Primo fra tutti i cavalieri, perchè lei poi tenta di convincermi del contrario?”
“Vede, signor Romano” rispose lei “questa sua, come lei stesso ha voluto chiamarla, convinzione di essere qualcun altro, diverso da ciò che invece lei è, la porta poi a vivere in maniera conflittuale tutta una serie di rapporti col mondo circostante. La vita non è partire per la Terrasanta e guerreggiare contro gli infedeli, o cercare il Santo Graal. Non si può andare in giro a combattere le ingiustizie con la propria spada come un novello Lancillotto, o scalare torri per liberare donzelle in difficoltà. Ecco, prendiamo ad esempio la sua idea dell'Amore. Questa dimensione romantica e romanzata, assoluta e di predestinazione con cui lei vive i suoi sentimenti. La ricerca di una storia perfetta, da romanzo, non è la realtà. L'amore, come tutte le cose di questo mondo, vive varie fasi, evoluzioni. Subisce compromessi e ci porta spesso a fare delle scelte anche dolorose e quasi sempre poco romantiche. L'Amore è come tutte le cose di questo mondo. Quindi nasce, cresce e talvolta, purtroppo, muore.”
“Posso parlarle del film di ieri sera, dottoressa?”
“Certo.” annuì lei.
“Guisgard era alle prese con un'incredibile avventura...” spiegò lui “... doveva cercare un Tesoro straordinario... un Fiore capace di realizzare il più grande desiderio di ogni uomo... sa di cosa parlo?”
“No, me lo dica lei, signor Romano.”
“La felicità, quella vera.” Disse lui. “La Gioia. E solo l'amore vero porta la vera Gioia.”
“E nel film” fece la dottoressa “era da solo il nostro Primo Cavaliere?”
“Ovviamente no.” Rispose lui. “Era insieme alla sua amata.”
“E com'era stavolta?” Chiese la dottoressa. “La dama di turno, intendo. Visto che in ogni film vi è una dama diversa ad affiancarlo.”
“Vi sbagliate, dottoressa...” sorridendo lui “... Guisgard è un uomo che ama la stessa donna per tutta la vita... lo stesso sguardo... lo stesso sorriso... le stesse carezze... gli stessi baci...”
In quel momento squillò il suo cellulare.
Fece cenno alla dottoressa indicando un minuto e rispose al cellulare.

La balia andò incontro al cavaliere.
Gli sorrise ed accennò un breve inchino.
Si avvicinò e gli lasciò un biglietto, per poi andare via.
“Domani sarà Lunedì... stupiscimi... voglio sognare come mai prima d'ora... un bacio... a presto...” recitava quel biglietto.
Il cavaliere richiuse il biglietto e lo sfiorò con le labbra.

Cristiano chiuse il cellulare e si scusò di nuovo con la dottoressa.
“Credo che per oggi abbiamo finito.” Disse lei. “Se non c'è altro.”
“Forse bisognerebbe discutere un po' sul suo concetto di amore, dottoressa.” Sorridendo lui. “Posso chiederle se è sposata?”
“Sono divorziata.” Rispose lei. “Questo è un problema per lei? Visto che è molto cattolico?”
“Affatto, dottoressa.”
Lei sorrise.
“L'amore non è mai tranquillo...” aggiunse lui “... e non va mai giudicato o spiegato... sapete? Mi date l'idea di una donna particolare... di quelle che si leggono in certi romanzi... all'apparenza razionali... ma che nascondono un grande amore vissuto in passato...”
“Anche questo l'ha letto in un romanzo di sir Guisgard?”
“Si...” sorridendo lui.
“Comunque...” sorridendo anche lei “... in verità sto vedendo una persona... non è nulla di che, un mio ex amico dei tempi dell'università... lui vorrebbe... ma io non sono più un'adolescente e...”
“E quel fiore sul tavolino?” Indicò lui. “Forse...”
“L'ho preso in un locale in cui eravamo andati a bere...” disse lei vagamente imbarazzata “... lui è rimasto l'esuberante di sempre e mi ha chiesto di accompagnarlo ad un convegno... ma io...”
“Se deciderà di andarci, mi lascerà quel fiore?” Chiese lui.
Lei sorrise.
Una settimana dopo, Cristiano si presentò nello studio della dottoressa, ma sua figlia spiegò al ragazzo che lei era dovuta partire all'ultimo momento.
Si scusava e aveva lasciato una scatolina al suo paziente.
Cristiano aprì la scatolina e vi trovò dentro quel fiore.
Salutò la ragazza e scese in ascensore.
Qui trovò un ragazzino che giocava.
“Sarò un cavaliere da grande, sai?” Fece il piccolo.
“Bravo.” Sorridendo Cristiano. “Sai che lo sono anche io? Sono un cavaliere, come lo diventerai tu da grande.”
L'ascensore si aprì e lui uscì.
“E quale cavaliere sei?” Domandò il piccolo.
“Io?” Voltandosi lui. “Io sono naturalmente sir Guisgard e questa” indicando il fiore che aveva in mano “è la mia magica margherita.”
E andò via, sotto gli occhi sognanti di quel bambino.
http://persbaglio.ilcannocchiale.it/mediamanager/sys.user/30093/margherita%20in%20mano.jpg


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Guisgard
18-10-2012, 03.19.40
Si, la vita è come un film e noi ne siamo i protagonisti.
E stanotte vorrei sognare della mia vita, sfogliandone tutti i capitoli fino all'alba.
E leggere, in ognuno di essi, il nome con cui poter dividere la scena...

L'ispirazione.
Cos'è l'ispirazione?
Io credo che per ognuno di noi sia differente e particolare.
Basta un'immagine, un colore, un profumo o anche solo qualcosa che desti in me una sensazione o un'emozione per ispirarmi.
Per me l'ispirazione è trovarsi in uno stato particolare, di grazia potrei dire, nel quale riesco a sentire ciò che nessuno può sentire e dire e fare ciò che per altri forse è impossibile anche solo immaginare.
Un momento, dunque.
Si, l'ispirazione è un momento speciale nel quale siamo in grado di compiere qualsiasi cosa e nella vita di un uomo vi sono diversi momenti speciali.
Ma in un'intera vita vi è un solo e straordinario momento nel quale un uomo può davvero realizzare qualsiasi sogno... quando, cioè, ci si innamora per la prima volta.
Ma per uomini straordinariamente fortunati e privilegiati, questi momenti possono essere addirittura due... perchè al primo può aggiungersene un altro, quando nell'innamorarci conosciamo il vero amore, quello che dura per sempre.
Era una soleggiata mattina d'Autunno ed ero sceso in strada per passeggiare proprio in cerca di una possibile ispirazione per il mio lavoro.
Io amo scrivere e quando lo faccio sono sempre in cerca di qualcosa di speciale.
Ero giunto nel centro storico, lontano dai grattaceli del Centro Direzionale, dalle insegne luminose al neon, dalla nuova sede universitaria con i suoi richiami futuristici e dai lavori di ampliamento del nuovo stadio di calcio.
Mi piacciono le viuzze strette, quegli antichi palazzi settecenteschi, la via che guarda al mare, con il Borgo Marinaro, la cittadella aragonese fortificata e la calata con le sue meravigliose ville nobiliari d'altri tempi.
Non potrei vivere in una città senza una sua storia.
Che sia una città di mare o una città d'arte.
Le grandi metropoli fatte solo di cemento, di vetro e di infinite luci psichedeliche finiscono, presto o tardi, per mettermi tristezza.
Forse perchè non riescono a farmi fantasticare, a farmi immaginare e quindi sognare.
E così, proseguendo in quel mio giro in cerca di chissà cosa, girando tra piazze e vicoletti, accadde qualcosa.
La vidi.
Camminava a passo svelto, fissando la strada davanti a lei, con i lunghi capelli chiari che le scendevano sulle spalle e la sua pelle chiara.
Nessun altro particolare degno di nota, nulla più che potesse colpire o incuriosire.
Non aveva infatti bisogno d'altro per rapire tutta la mia attenzione.
E per un momento mi sembrò di essere il protagonista di una vecchia canzone, “L'Isola di Wight”.
Per un attimo provai a seguirla con lo sguardo, fino a quando entrò in un vecchio e appariscente edificio.
Era un teatro.
E senza accorgermene, un attimo dopo, anche io vi entrai.
C'era una sala semibuia, con poche luci e tutte rivolte sul palco vuoto.
“Ragazzo...” disse una voce all'improvviso “... sei qui per il provino?”
In quel momento mi accorsi che nella penombra vi erano alcune persone sedute dove prendevano posto gli spettatori.
“Oggi è l'ultimo giorno” continuò quell'uomo “ma sei fortunato perchè la parte è ancora da assegnare.”
Lo fissai confuso, senza rispondere nulla.
“Su, cominciamo che non abbiamo tutto il giorno...” sbuffò quell'uomo “... detesto quando abbiamo la protagonista senza però il protagonista...”
Compresi allora che quella ragazza era l'eroina di ciò che stava per andare in scena.
Alzai così lo sguardo verso il palco e vidi un cartellone con un titolo a caratteri cubitali: “Il Magnifico Cavaliere e la Dama che non credeva ai Sogni”.
“Questo è il copione” disse quell'uomo “e ti ho segnato con un evidenziatore il brano che domani dovrai recitarci. Cerca di fare del tuo meglio, imparalo stanotte, non so, ma se vuoi la parte domani devi saperlo a memoria.”
Lessi di getto quel brano durante la strada per ritornare a casa.
E lo lessi ancora una volta, poi due, tre, fino a perdere il conto.
Ormai sapevo ogni battuta a memoria.
Ma sarebbe bastato?
Il protagonista era sir Guisgard, il Primo Cavaliere e Amante Perfetto.
Come interpretarlo dunque?
Un attore deve calarsi in un personaggio non solo imparando un copione, ma dandogli un po' di se stesso, viverlo come se fosse un vero e proprio alter ego, fino ad immedesimarsi con l'eroe.
Pensare, parlare e agire come lui.
O forse, farlo pensare, farlo parlare e farlo agire come me.
Cosa avevo in comune con un cavaliere immaginario?
Io non sono sir Guisgard e non giro il mondo infilzando felloni, liberando dame in pericolo e salvando la Cristianità da infedeli ed eretici.
Cosa potevo avere in comune con quel cavaliere nato per la letteratura ed il cinema?
Forse solo una cosa... io e lui amavamo la stessa donna.
Quella ragazza vista per strada era la protagonista della storia, quella a cui sir Guisgard con il suo amore doveva insegnarle a sognare.
Io e quel cavaliere, dunque, avevamo lo stesso sogno.
Guisgard allora avrebbe avuto il mio volto ed il mio cuore.
Il giorno dopo, davanti al regista e agli sceneggiatori, recitai quel brano.
E mentre parlavo fissavo il volto di lei disegnato sul manifesto.
Finita la mia audizione, attesi il loro verdetto.
Mi fissarono per diversi momenti, fino a quando il regista si alzò e rise.
“Ti viene bene il tono guascone quando parli con i tuoi cadetti” con aria soddisfatta “e allo stesso tempo sai assumere quel caratteristico sguardo cupo ed ombroso da eroe romantico e tormentato. Forse sarà una pazzia, ma mi piaci!” Esclamò. “Domattina alle otto qui. Bisognerà che impari a tirare di spada però. Ah, lavora un po' su qualche espressione e posa provocatoria, ragazzo... ricorda, il tuo personaggio deve conquistare le dame, ma risulta il più delle volte antipatico ai vari messeri.” Ridendo. “Chissà poi perchè!”
Alla fine restati da solo su quel palco.
Era seduto a terra con quel copione in mano.
“Ce l'abbiamo fatta allora!” All'improvviso una voce. “Sono qui, sul balcone!”
Alzai lo sguardo fino all'impalcatura superiore, dove era stato issato il balcone della bella.
“Sarai tu allora sir Guisgard!” Era lei.
“Si, sembra di si...” fissandola io.
Vestita con i costumi di scena e affacciata a quel balcone sembrava una novella Giulietta da conquistare.
Era bellissima.
“Domani allora cominceremo a provare le scene.” Sorridendomi lei. “Sei preoccupato? Emozionato? A cosa pensi?”
“A come fare per conquistarti...” sorridendole.
“Eh, Primo Cavaliere...” fece lei “... domandalo al tuo fiore...” e mi lanciò un fiore colto tra le piante che adornavano il balcone “...ora devo andare... a presto allora!”
Uscì anch'io dal teatro e all'ingresso vidi due giovani che leggevano il manifesto dello spettacolo.
“Di cosa parla?” Chiese uno dei due all'altro che leggeva.
“Di un cavaliere innamorato di una dama...” rispose l'altro “... farla sognare per poi farla innamorare...”
“E ci riuscirà?” Domandò il primo.
“Bisognerà vederlo per saperlo!” Fece l'altro all'amico.
Li lasciai davanti a quel manifesto e con quel fiore tornai a casa.
“Si...” pensavo “... si, riuscirò a conquistarla... perchè io sono sir Guisgard e questo fiore, mio alleato, è la mia straordinaria margherita.”
http://cdn.whatculture.com/wp-content/uploads/2011/01/shakespeare-in-love-bluray-review.jpg


+++

Talia
19-10-2012, 15.27.42
Oh, sir... giungere qui e trovare un nuovo racconto della margherita è meraviglioso... è come, per un bambino, svegliarsi e scoprire che è la vigilia di Natale...
Vi ringrazio! :smile:

Altea
22-10-2012, 20.10.16
Vero sir Guisgard, è sempre un piacere leggere i racconti della Margherita...e mi chiedo se il Cavaliere è riuscito a far sognare la bella dama...compito non facile certamente.

Guisgard
23-10-2012, 01.50.52
Milady, non so se quel cavaliere sia riuscito davvero a far sognare quella dama (del resto non basta imparare a memoria un copione per diventare poi sir Guisgard ;)).
Spero però che questo racconto della Margherita sia riuscito almeno a donare un piacevole momento di svago a coloro che si sono fermati a leggerlo :smile:

elisabeth
23-10-2012, 22.07.36
Non si puo' non leggere cio' che scrivete Sir Guisgard...e' impossibile, il romanzo della margherita vi appartine che sia verita' o fantasia......per quanto riguarda la dama, e' una domanda che non mi faro'........mi basta pensare che c'e' ancora qualcuno che e' particolarmente romantico.....:smile:

Clio
25-10-2012, 10.01.50
Ho finalmente colmato la mia lacuna verso questo splendido romanzo.
Devo dire che non solo mi avete fatto sognare ma mi avete riportato a quegli antichi momenti, quando il giardino della scuola si trasformava in un meraviglioso universo da scoprire.
Quanto a quest'ultimo in particolare, che dire? La città, un incontro, la magia del teatro.. Semplicemente splendido..
Vi faccio i miei complimenti per l'intero romanzo e mi auguro di poter leggere presto un nuovo racconto.

Guisgard
19-12-2012, 18.01.55
Talvolta basta raccontare una storia per allietare un pomeriggio freddo e malinconico come questo.
Raccontarla magari a chi è a letto, col desiderio di allontanare tristezza e malinconia, insieme al freddo e forse anche alla solitudine.
Una storia per accarezzare, per coccolare e far sognare.
Perchè mio nonno mi diceva sempre: “Quanto racconti una storia non preoccuparti se sia vera o finta, ma solo se poi sei davvero in grado di realizzarla...”



“Ah, sei qui...” disse entrando “... ti ho cercato per tutto lo studio... sono arrivati i diritti per quella licenza, sai?”
“Davvero?” Senza smettere di disegnare l'altro.
“Già...” annuì il primo “... e devo dirti che questo mi fa tirare un sospiro di sollievo.”
“Perchè?”
“Beh... per i nomi ufficiali, ovvio.”
“Per me cambia poco.” Fece il disegnatore. “I personaggi hanno ormai tutti un proprio volto ed anche le ambientazioni sono praticamente finite.”
“Si, ma sappiamo che quei personaggi e quelle ambientazioni hanno nomi veri, conosciuti dal grande pubblico.”
“A me spetta solo disegnarle.” Sorrise il disegnatore. “I nomi sono affar vostro.”
“Già... vero...” sbottò lo sceneggiatore “... tuttavia, come dicevo, sono più tranquillo ora che abbiamo i nomi ufficiali. Così saranno contenti tutti... sponsor, addetti ai lavori, produttori ed anche il pubblico. Perchè un bambino la sente la differenza se in mano si ritrova un giocattolo con il nome del suo eroe preferito, invece di uno tarocco. ”
“Dici?”
“Garantito.”
“Io da piccolo” sorridendo il disegnatore “ebbi come regalo un Mazinga Z farlocco, di quelli made in Korea. Aveva anche qualche colore sbiadito. Eppure mi sentivo il vero pilota di quel robot quando ci giocavo e pronto a difendere il mondo.”
“I bambini oggi sono diversi.” Replicò lo sceneggiatore. “E poi sai bene che a questo lavoro sono legati tanti altri progetti... non c'è solo il film ed i giocattoli. Fumetti, videogames, versioni a cartoni, senza dimenticare poi che oggi le versioni ufficiali, con nomi e loghi, godono sempre di una visibilità maggiore.”
“Quando da piccolo sognavo di fare il disegnatore” fissandolo l'altro “non immaginavo certo tutte queste guerre attorno ad una licenza.”
“Benvenuto nel duro e competitivo mondo del business, amico mio.”
“Ecco, è finito...”mostrando il foglio all'altro.
“Cosa disegnavi?” Prendendolo lo sceneggiatore. “Un fiore?”
“Si.”
“Già, lo vedo.”
“Tu ti preoccupi tanto dei nomi ufficiali” disse il disegnatore “ma i bambini guardano anche e soprattutto i particolari, lo sai. E il nostro eroe senza il suo fiore non sarebbe lui.”
“Si, vero.” Sorridendo l'altro. “Dai, ti offro un caffè. Scendiamo al bar.”
I due scesero, per poi ritornare dopo una mezz'ora.
“Dai, prendiamo le bozze e andiamo in sala riunione.” Mormorò lo sceneggiatore.
“Strano... non trovo più il disegno...”
“Quale?”
“Quello del fiore...” continuando a cercare il disegnatore “... possibile che sia entrato qualcuno?”
“Solo la signora delle pulizie.” Rispose l'altro. “Ma vedrai che salterà fuori. Su, andiamo in riunione, ci aspettano.”

Intanto, poco distante, una figura attendeva al chiaro di una Luna che sembrava un truciolo d'argento sospeso in aria.
Fissava il cielo chiaro di stelle, le luci del borgo che scintillavano nel buio circostante e la campagna tutt'intorno, fatta di suoni e profumi, come se stesse aspettando qualcuno.
Stringeva in mano un foglietto, rigirandoselo come chi tradisce un'impazienza non comune.
Ad un tratto una finestra si accende nella sera e un attimo dopo un'altra figura appare, guardando giù dal suo balcone.
“Cosa ci fai lì a quest'ora?” Chiese lei.
“Solitamente non è a quest'ora che gli amanti raggiungono i balconi delle loro amate?” Guardandola lui.
“Davvero?” Sorridente lei. “E tu chi saresti?”
“Beh, immagina il più appassionato amante della storia!”
“Interessante...” divertita lei “... vediamo... Romeo?”
“No, sai che amo i lieto fine.”
“Giusto.” Annuì lei. “Allora scarterei anche Tristano... vediamo... allora dico Bassanio!”
“Non sono così venale, lo sai!”
Lei rise.
“Allora... Erec?” Domandò poi.
“Credi che mi faccia influenzare dalle chiacchiere della gente come accadde a lui?”
“Già, giusto!” Esclamò lei. “Tu sei il migliore, mio signore! Allora non mi resta che dire... Lancillotto!”
“Sai che io non ti dividerei con nessun'altra...” fece lui “... neanche con un re.”
“Allora chi grande amante è rimasto?”
“Questo lo riconosci?” Mostrandole il fogliettino che aveva in mano.
“E'... è un fiore!”
“Si, ma non un fiore normale...” sorridendo lui “... questo è il fiore di sir Guisgard, il Primo Cavaliere e Amante Perfetto...”
“E tu stanotte, mio signore, sarai Guisgard?”
“Si...” annuì lui.
“Ed io?”
“La sua amata...”
Lei sorrise ed arrossì.
“Non vuoi?”
“Si...” sospirò lei “... e dove mi condurrai? Io, lo sai, sono ancora malata e non posso uscire...”
“Allora ti palerò di posti incantati, sognanti, degni di poesie, romanzi e favole. E per dimostrarti che sono anche reali, quando sarai guarita io ti porterò a visitarli tutti... e ti giuro, amore mio, che sarai trattata come una vera principessa da tutti coloro che abitano quei posti.”
“Parlami di quei posti, ti prego...”
“Andremo a Tylesia in cerca del suo mistico Fiore...” disse lui “... salperemo per le esotiche e misteriose Flegee per trovare il Tesoro maledetto, ruberemo le maschere del Giglio Verde e nessuno ci troverà mai... e infine raggiungeremo la leggendaria Capomazda, dove vinceremo la malefica Gioia dei Taddei e saremo incoronati Arciduca e Granduchessa!”
“Davvero sarà possibile tutto questo?” Rapita lei. “E come?”
“Perchè io stanotte sono sir Guisgard” rispose lui mostrandole ancora quel disegno “e questa è la mia magica Margherita...”
http://www.disegni-da-colorare.com/wp-content/main/2010_03/una-margherita-disegni-da-colorare.jpg

Guisgard
30-07-2013, 03.17.50
La vita, dice qualcuno, è un viaggio che percorriamo alla ricerca di qualcosa.
E di cosa può essere fatto un viaggio, la sua attesa, il suo percorso, l'arrivo e l'esito?
Forse di emozioni, ricordi, speranze e sogni...

“Ehi, sei qui...” disse lei uscendo sul terrazzo “... cosa fai?”
Lui richiuse il libro che stava leggendo e le mostrò la copertina.
“Il Conte di Montecristo...” sorridendo lei “... sei ossessionato da quel libro.”
“Edmond Dantes” fece lui “insieme a Lancillotto sono i miei perfetti alter ego nella letteratura.”
“Non c'era anche Perseo?” Ridendo lei.
“Quella è mitologia.” Replicò lui. “Ed è una cosa diversa dalla letteratura.”
“Capito, prof!” Esclamò lei.
“Si, Edmond è un grande...” mormorò lui, portando le mani incrociate dietro la testa e guardando il cielo terso “... abbandonato da tutti, tranne che dalla fortuna, ritorna e si vendica dei suoi nemici, di chi lo ha tradito...”
“Non fu abbandonato da tutti, però...”
“Solo suo padre e l'armatore Morrell non si scordarono di lui...” disse lui “... solo loro...”
“E neanche Mercedes...”
“Lei si...”
“No, lei no...”
“Però non lo aspettò...” fissandola lui “... e sposò Mondego...”
“Lo credeva morto...”
“E tu?” le sussurrò lui “... tu mi aspetteresti?”
“Si, lo sai...”
“E se ti dicessero che sono morto?”
“Non li crederei...”
“Davvero?”
“Si...” annuì lei “... e ti aspetterei ogni giorno... come la donna di quella canzone spagnola che ogni giorno va sul molo ad attendere la nave del suo amato, nonostante tutti la credano pazza...” sorrise “... e poi tu non sei solo il Conte di Montecristo, ma anche il mio Primo Cavaliere... quindi sei invincibile!”
“Si, sfotti sfotti...”
Lei rise, per poi abbracciarlo forte.
“Domani già ripartirai...” aggiunse piano “... ed io non voglio...”
“Ma c'è ancora oggi...” sussurrò lui “... ed è un giorno speciale... è il tuo compleanno... e non dobbiamo essere tristi...”
“Si, è vero...” disse lei.
“Dai!” Esclamò lui. “Io sono il Conte di Montecristo è ho l'immenso tesoro dell'abate Faria... chiedimi ciò che più desideri per il tuo compleanno!”
“Davvero?”
“Si, qualsiasi cosa...”
“Un caleidoscopio.” Rispose lei.
“Un caleidoscopio?” Ripeté lui.
“Si...”
“Perchè proprio quello?”
“Così...”
“Che regalo strano...” stupito lui “... con tante cose... perchè vuoi proprio quello?”
“Non chiedermi il perchè...” guardandolo lei “... me lo regalerai? Lo troverai per me?”
Lui annuì e le sorrise.
Verso il pomeriggio lei si addormentò e lui uscì in paese per cercare quello strano regalo.
Lo trovò in un vicoletto stretto, dove c'era una piccolo mercatino.
Tornando a casa poi, sulla strada del ritorno, vide un vecchio teatrino.
Sulla porta vi era un manifesto su cui appariva il titolo dello spettacolo previsto per il giorno dopo: Il Fiore Azzurro.
Incuriosito entrò e cominciò a guardare le varie maschere e i costumi.
“Salute, cavaliere.” All'improvviso una voce.
Lui si voltò di scatto, ma non vide nessuno.
“O forse sei un principe?” Uscendo un vecchietto dalla penombra. “Visto che sei interessato alle maschere e ai costumi cavallereschi e principeschi.”
“In verità ero solo curioso.”
“Magari posso aiutarti io, mio signore.” Mostrando un inchino il vecchietto.
“Mi aveva incuriosito il titolo del vostro spettacolo...”
“Davvero?”
“Si...” annuì lui “... il Fiore Azzurro...”
“Beh, per questo lo mettiamo in scena.” Sorridendo il vecchietto. “Per attirare i curiosi.”
“E mi chiedevo...” guardandolo lui “... mi chiedevo come farete a rappresentarlo... voglio dire... nessuno conosce quel Fiore...”
“Vedo che invece tu sei a conoscenza della sua leggenda...” con uno sguardo enigmatico ma bonario il vecchietto “... cosa rara... i giovani spesso ignorano quel mito...”
Lui sorrise.
“Mi dicevi” continuò il vecchietto “della tua curiosità...”
“Si...” fece lui “... mi chiedevo... userete un fiore vero? Non credo...”
“Perchè mai?”
“Perchè non si sa a quale specie appartenga il Fiore Azzurro...”
“Giusta osservazione, cavaliere.” Annuì il vecchietto. “Tu allora cosa suggerisci?”
“Non so...” pensieroso lui “... forse si potrebbero intrecciare vari nastri colorati... o magari fare un origami...”
“E' un'idea...”
“Oppure usare la trovata di non farlo vedere mai sul palcoscenico...” fissandolo lui “... così da suscitare ancora più curiosità nel pubblico.”
“Sai, cavaliere...” fece il vecchio “... io credo che la cosa sia molto più semplice in realtà...”
“In che senso?”
“Beh, abbiamo un vantaggio...” spiegò il vecchietto “... nessuno pretende nulla da noi... immagina di dover mettere in scena l'Iliade... qualsiasi donna sceglierai per impersonare Afrodite o Elena non potrà mai essere all'altezza delle aspettative del pubblico.. e la gente lo sa... stessa cosa vale per questo nostro spettacolo... nessuno chiede di vederlo il Fiore Azzurro... di vederlo davvero intendo... ma chiede solo che noi li si aiuti ad immaginarlo... dobbiamo solo rendere fertile, stimolare, la loro immaginazione...”
“Beh...” disse lui “... un conto è dirlo, altra cosa è farlo...”
Il vecchietto rise, per poi prendere un piattino vitreo colorato.
Lo mise davanti ad una candela e poi cominciò a proiettare sul sipario riflessi e bagliori variegati.
“Ecco...” giocando con quelle screziature “... ecco il nostro Fiore Azzurro... vedi? Può apparire in alto... in basso... persino sulla tua mano, cavaliere...” proiettando quei riflessi sulla mano di lui “... chiudi il pugno!” Esclamò poi. “Non fartelo scappare!” Con fare allegro.
E nel vedere quelle screziature, quei colori così luminosi, lui ripensò a ciò che mostrava il caleidoscopio.
Lo strinse forte in mano e sorrise.
Salutò il vecchio e ritornò a casa.
Trascorse così la sera e alla fine lui mostrò a lei quell'originale e curioso regalo.
“Credo di aver capito perchè lo volevi tanto...”
“Davvero?” Incuriosita lei. “E perchè?”
“Perchè qui dentro si trova una cosa speciale, magica...” fece lui “... meravigliosa...”
“Cosa?”
“Guardaci dentro...” sorridendo lui “... guardaci e vedrai il suo incredibile contenuto...”
Lei allora accostò il caleidoscopio al viso e guardò al suo interno.
“Quello è il Fiore Azzurro...” sussurrò lui “... sei fortunata, sai? Non tutti possono vederlo e molti passano la vita a chiedersi che forma abbia, che profumo emani...”
“E'...” piano lei “... è meraviglioso... meraviglioso...” lo fissò con gli occhi lucidi “... sono così felice stasera...”
Quella notte, come le notti di Primavera, trascorse presto.
E al mattino la stazione era invasa da un bellissimo Sole.
C'era gente che partiva e gente che arrivava.
Forse i treni servono a questo.
Ad unire tante vite, altrimenti disperse, ad altrettanti posti, altrimenti irraggiungibili.
Lei stringeva in mano quel suo regalo e con l'altra qualcosa per lui.
“Un fiore?” Fissandola lui.
“Si, ti farà compagnia nel tuo viaggio...” sorridendo lei “... il viaggio che ti porterà a trovare il Fiore Azzurro... perchè se ci credi così tanto, allora deve esistere davvero da qualche parte... e lo troverai, se Dio vorrà...”
“Lo credi davvero?”
“Si...” sussurrò dolcemente lei.
Il Treno partì e la stazione scomparve presto.
E ora è vuota quella stazione, in attesa che quel treno ripassi e conduca il cavaliere in quel viaggio.
Ma questa è un'altra storia.
Quel cavaliere era naturalmente sir Guisgard e con lui c'era la sua inarrivabile Margherita.
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Altea
30-07-2013, 15.23.26
L'ho letta tutta d'un fiato...è stato emozionante.
Grazie sir Guisgard..

Clio
30-07-2013, 16.40.50
Quanta dolcezza e tenerezza sprigionano queste vostre parole.. e, ovviamente, quanto Amore...

Questi racconti della Margherita sono sempre colmi di emozioni, un dono davvero prezioso per tutti noi.. Grazie, Milord...

elisabeth
30-07-2013, 18.50.44
...Una storia che mi sembra di aver sentito....durante la vita, trovi sempre qualcosa di simile......c'e' una stazione vuota....un aeroporto vuoto....e un fiore azzurro da trovare.........complimenti Sir Guisgard....una bella storia :smile_clap:

Guisgard
09-10-2016, 05.11.23
Ci sono alcune notti, vaghe e silenziose, malinconiche ed indifferenti, che sembrano fatte apposta per accarezzare vecchi ricordi...

Che strano, non ricordo più neanche il suo nome.
Eppure ricordo tutto, il suo viso, i suoi capelli ed il modo che aveva di stare seduta nel banco a scuola.
Ricordo come camminava e come gesticolava.
Ma il nome proprio non lo ricordo.
Credo sia stata la prima ragazzina alle elementari che mi sia piaciuta davvero, anche se è stata in classe con me solo per un anno.
Stava seduta proprio dietro di me e litigavamo spesso.
Ci punzecchiavamo, qualche dispetto reciproco e cose così, come succede fra bambini.
Forse fu la prima a scherzare sul mio ego, sul mio carattere e a fare battutine su come apparivo davanti a tutti.
Ma forse, infondo infondo, non lo pensava davvero.
Un giorno però qualcosa cambiò.
Un giorno speciale, o almeno così credevamo noi bambini.
Su uno dei muri del grande terrazzo, dove le maestre e le suore ci portavano a giocare dopo pranzo, quel giorno notammo qualcosa.
Sull'asfalto che ricopriva il muro l'effetto del Sole generava dei riflessi brillanti.
Fu facile stimolare la fantasia dei miei compagni, facendoli credere che in quel muro qualcuno avesse nascosto un tesoro, una fortuna inestimabile.
E forse, come loro, un po' anche io ci credevo, o almeno volevo crederci.
Cominciarono così lunghi pomeriggi trascorsi a pensare come poter estrarre le pietre preziose da quel muro.
Un giorno eravamo briganti, un altro pirati ed un altro ancora minatori.
E poi ancora ladroni, cacciatori di tesori, archeologi ed avventurieri.
Sempre impegnati a fantasticare su come far nostro quel tesoro nel muro.
E mentre noi maschietti ci spremevamo le meningi per diventare ricchi, le femminucce restavano lì a guardarci: qualcuna divertita, qualcun altra con aria sognante e qualcun'altra ancora incuriosita.
“Allora...” disse all'improvviso lei, avvicinandosi a me che stavo con una mano appoggiata contro il muro “... avete trovato il modo di tirar fuori il tesoro?”
“Non è mica semplice...” io voltandomi a guardarla “... altrimenti qualcuno prima di noi lo avrebbe già fatto, no?”
“Come ci è finito un tesoro in quel muro?” Lei.
“Chissà...” fissando il muro io “... forse i costruttori della scuola lo hanno nascosto qui... magari monaci o suore tempo fa... chi può dirlo...”
“Comunque sarà faticoso tirarlo fuori...”
“Si, ma ne varrà la pena.” Sorridendo io. “Immagini? Saremo ricchi sfondati. Niente più scuola, nè lavoro, nè pensieri e potremo vivere come più ci piace.”
“Se io avessi quel tesoro” sognante lei “allora di certo saprei cosa fare...”
“Cosa?” Io a lei. “Dimmelo...”
“Perchè?” Guardandomi con aria interrogativa lei.
“Beh, perchè sarò io ad estrarre il tesoro, come il Conte di Montecristo.” Sicuro di me. “Dunque sarò io a decidere come spenderlo.”
“E come lo spenderai?”
“Beh...” con i miei occhi in quelli di lei “... potrei farti diventare una principessa...”
“Davvero?” Illuminandosi lei.
“Certo...” annuendo io “... pensa, potremmo avere un castello o un palazzo... carrozze, cavalli e servitù... e poi alte torri per guardare fino al mare di giorno e per contare le stelle di notte.”
“E i vestiti?” Guardandomi lei.
“Vestiti dei più belli e poi gioielli e quant'altro indossano le vere dame!” Esclamai io.
“Allora si, ti prego!” Entusiasta lei. “Fa presto ad estrarre il tesoro!”
La presi per mano e camminammo insieme all'ombra di quel muro, sotto una pioggia di bagliori e riflessi che quel primo pomeriggio soleggiato ci stava regalando.
Migliaia di gemme preziose scintillavano nei nostri sogni, mentre io le raccontavo di viaggi lontani, avventure esotiche e di mille desideri che quel nostro tesoro avrebbe esaudito per noi.
Ma il pomeriggio seguente una suora sorridendo ci spiegò che non c'era nessun tesoro, ma solo un gioco di luci generato dal Sole.
L'indomani arrivò un pomeriggio nuvoloso e noi tutti, correndo verso il muro, senza più la luce del Sole, non vedemmo alcun bagliore.
Il nostro tesoro era svanito, insieme a tutti i sogni fatti.
Tornando in classe la malinconia non ci lasciò, continuando fino al suono della campanella.
Arrivarono i nostri genitori a prenderci e quel giorno di scuola finì.
“Ehi...” mi chiamò ad un tratto lei “... io credo a quei sogni...” sorridendomi “... so che troverai un altro tesoro e mi porterai in quei viaggi...” dandomi un fiore “... la maestra ne ha dato uno ad ogni bambina... il mio voglio lo tenga tu...”
“Grazie...” prendendo il fiore.
“Sfoglialo quando penserai a me...” sussurrò lei.
“Ci sono tanti tesori ancora nascosti...” tenendo in mano il fiore io “... ne troverò uno e verrò a prenderti... prima di aver sfogliato ogni suo petalo...”
Lei mi salutò con un cenno della mano, mi mandò un bacio ed andò via con sua madre, lasciandomi da solo ad osservarla con quel fiore in mano.
Peccato non ricordare più il suo nome.
Sfogliando quel fiore, magari in una notte lunga e silenziosa come questa, forse avrei sognato quei viaggi e quelle infinite pietre preziose che scintillavano in quei vecchi pomeriggi di scuola.
E magari, chissà, sfogliandolo avrei ricordato anche il suo nome.
Quel fiore era naturalmente la mia preziosa margherita che ancora oggi mi parla di quei viaggi che da bambino intrapresi per conquistare quella principessa, oggi, senza più un nome.
https://pbs.twimg.com/media/BL6LWEACEAEj1A2.jpg

Clio
09-10-2016, 08.31.34
Ci sono notti speciali, che ci parlano, ci avvicinano ai ricordi, ci trasmettono emozioni permettendoci poi di rendere tutto immortale col potere delle parole.
E questo bellissimo frammento del vostro passato, milord, si sposa bene con una notte come come questa.
Devo dire che mi hanno sempre affascinato i vostri pomeriggi e i vostri viaggi, e la capacità di coinvolgere altri bambini.
E devo dire che un po' vi invidio. ;)
(Perché anche per me il giardino di scuola diventava scenario di mille avventure... per me... sola :o)

Ad ogni modo erano anni che non ci donavate una nuova pagina di questo romanzo.
Ed è un bellissimo regalo.
Hanno sempre una poesia unica.
Un ottimo modo di cominciare quella che sarà una lunga giornata ;)

Altea
09-10-2016, 11.55.13
Sir Guisgard,
arrivare al mattino a Camelot e leggere, dopo molto tempo, una storia del Romanzo della Margherita è uno dei doni più belli e rari questa giornata potesse darmi.

Lo splendore delle gemme erano i vostri sogni e solo chi era capace di sognare poteva prendere quelle gemme..e Lei sognava assieme a voi..di quei mondi meravigliosi, dell' avventura e di essere la vostra principessa.
Ma vi ha pure detto..i sogni esistono sempre..sta a noi saperli esaudire..e basta poco per sognare se si è viaggiatori della fantasia, della scrittura e si crede fermamente in ciò che crediamo. :smile:

Guisgard
10-10-2016, 14.02.13
Si, era un pò che non scrivevo della mia margherita.
Un pò troppo direi :smile:
Lady Clio, eravate sola nei vostri giochi da piccola?
Beh, peggio per gli altri bambini allora, visto non sapevano cosa si perdevano :smile_lol:
Lady Altea, sono lieto che abbiate apprezzato questo ricordo della mia infanzia.
Il tesoro?
Oh, non temete, non ho mai smesso di cercarlo!
E un giorno lo troverò, se Dio vorrà ;)

Altea
10-10-2016, 17.46.46
Ne sono certa milord..un giorno quel Tesoro lo troverete...ve lo auguro con tutto il cuore poichè so quanto lo desiderate. :smile:

Clio
11-10-2016, 01.01.44
Già, sola e contemporaneamente in ottima compagnia.
Sarà stato per questo che mi chiamavano "la pazza"... ma tutto sommato non avevano poi torto.
Un sognatore non è forse pazzo? ;)

Guisgard
11-10-2016, 18.20.53
Lady Altea: in effetti un bel tesoro in stile “Montecristo” non sarebbe male :smile_lol:

Lady Clio: milady, i veri folli sono quelli che non sognano ;)

Altea
11-10-2016, 18.22.59
Lady Altea: in effetti un bel tesoro in stile “Montecristo” non sarebbe male :smile_lol:


Direi sarebbe perfetto!!!!;)....ci farei un pensierino, sapete?

Guisgard
01-05-2017, 17.30.06
Il viaggio, il mare, Ginevra e la mia Margherita...

Non so perchè, ma quel primo pomeriggio di Maggio mi ritrovai in auto.
Forse perchè mi piace guidare nelle giornate soleggiate e fresche, schiarite dal vento con tutto il paesaggio circostante ben visibile e sognante.
E passando davanti alla stazione la vidi.
Chissà perchè ci sono sempre i treni a scandire i momenti importanti della nostra vita.
Gli incontri, gli arrivi, le partenze, poi il ritrovarsi e gli addii.
La vidi, la chiamai ed un attimo dopo era in auto con me.
“Sei fortunata...” dissi io guidando “... con l'auto arriverai molto prima a casa.”
“Si, davvero...” sorridendo lei, per poi specchiarsi “... uff... lo specchio in giornate simili non è mai carino... mi trovi col viso stanco?”
Io sorrisi osservandola.
Era bellissima.
Ora come la prima volta che l'avevo vista.
I capelli di un biondo rossiccio che solo lei aveva, gli occhi di un verde screziato come le acque di un lago a riposo.
“Un tempo dicevi che avevo il volto di Ginevra...” lei.
“Infatti...” io “... e sai che sono un esperto di letteratura.”
“E non solo...”
“E di cos'altro?”
“Di donne, ahimè...” lei con una smorfia “... ne hai avute troppe... non conosco nessuno che ne abbia avute tante...”
“Si, sfotti sfotti...” ridendo io.
“Non mi hai risposto...”
“Riguardo a cosa?”
“Su Ginevra...”
“Lo sai...” mormorai.
“Cosa?”
“Che sei sempre stata lei...”
Lei mi guardò per poi illuminarsi con un sorriso.
“Ti secca se metto un po' di musica?”
“Prego...” divertito io “... so che spesso il mio conversare ti annoia...”
“Ma nò, scemo...” accendendo lo stereo lei “... sai che adoro la musica...”
Ascoltammo così un po' di canzoni e ad un tratto allungai la mano cercando la sua, trovandola.
Guidammo così, mano nella mano, come facevamo un tempo, per un po', senza dirci nulla.
“Guarda, si vede già il mare...” fece lei, prendendo un ciondolo a forma di margherita dalla borsetta.
“Cos'è?” Chiesi io.
“Un ciondolo margherita...” rispose lei.
“Il fiore della speranza e dell'attesa...” piano io.
“Si vedono anche le isole...” indicò lei “... amo il mare... non potrei viverci lontano...”
“Tra poco ti riporterò a casa...” a lei io.
“Perchè non ha funzionato?” Malinconica lei.
“Non lo so, non ho tutte le risposte...”
“Non sei Guisgard?” Tra il sarcastico ed il malinconico lei.
Io mi limitai a guardare il suo bellissimo viso.
Un viso che mai come adesso mi appariva meraviglioso, come quello di Ginevra.
“Come ci saluteremo?” Domandò lei.
“Non lo so...”
“Forse non so dire addio...” fissando il mare dal finestrino lei “... forse non ho il coraggio... forse non mi piace... non doveva finire...”
“Fra tutti questi forse manca il non voler e il non poter dire addio, non trovi?” Guardando la strada io.
“Non sono brava come te con le parole...”
Costeggiammo il mare.
“Ti prego, ti fermi un attimo?”
“Adesso?” Stupito io.
“Si, ti prego...” annuì lei, come una bambina “... voglio solo passeggiare pochi minuti sulla spiaggia...”
Io accostai e lei corse verso la riva spumosa.
Restai a guardarla.
Mi accorsi poi che lo stereo era ancora acceso e lo chiusi.
Quando poi tornai a guardare il mare, lei non c'era più.
La cercai con lo sguardo a lungo, senza più trovarla.
Allora capii.
Il mare l'aveva portata anni fa ed il mare adesso se la riprendeva.
Come una di quelle vecchie e romantiche storie d'Amore che talvolta si cantano sui moli salati dalle onde.
Tornai allora in auto e ripartii.
Senza badarci allungai la mano a cercarla, ma lei non c'era più.
Ero da solo.
Sul sedile, al suo posto, c'era solo il ciondolo a forma di margherita.
Aveva meravigliosi petali smaltati, ma purtroppo non si potevano sfogliare, non si potevano interrogare.
Il mare almeno quel ciondolo aveva voluto lasciarmelo in quel lungo addio.
https://www.picclickimg.com/d/l400/pict/162395858853_/Pandora-Charm-margherita-rosa.jpg

Altea
01-05-2017, 17.38.42
Leggere un brano del Romanzo della Margherita è sempre un' emozione.
Grazie per averci aperto, nuovamente, le pagine del vostro libro Sir Guisgard...

Lady Gwen
01-05-2017, 18.28.49
Un meraviglioso racconto, Milord, soprattutto per la presenza del mare, che per una persona come me che ci è stato vicino è indispensabile [emoji2]
E anche per quel nome che mi è molto caro, come si sa ;)

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Clio
01-05-2017, 18.34.34
C'è sempre una strana poesia mista a malinconia in questi racconti.. tuttavia non li rende meno belli. ;)

Guisgard
27-10-2017, 18.35.28
“Nell'universo niente come le stelle è così simile all'Amore.
La loro luce si riflette anche dopo la loro morte, viaggiando nello spazio, nel tempo e nelle distanze, arrivando fino a noi e brillando per sempre.”

(Arato da Soli)

Era un Natale della mia infanzia, poi venne il Capodanno ed infine l'Epifania.
I miei amici avevano ricevuto il loro regalo dei sogni, quasi sempre un giocattolo ed i soliti immancabili dolci nella calza della Befana.
In quelle Feste però io ero indeciso.
Poco importava che il 6 Gennaio era appena passato e la scuola aveva già riaperto le sue porte.
Io non avevo ancora scelto il mio regalo.
Ero indeciso e fantasticavo, sognavo.
Ero il solo bambino della mia classe a non aver ancora scelto il suo dono.
In verità di sogni e di fantasie ne avevo tante.
Troppe forse e questo rendeva difficile, se non impossibile sceglierne uno.
Doveva essere speciale e lo sarebbe stato, se Dio vuole.
Questo pensavo, mentre la mia mente giocava già con la mia immaginazione.
Poi ci saremmo riuniti tutti, io, i miei cuginetti ed i miei compagni di scuola.
Ci sarebbe stato un mega gioco, di quelli che ti restano impressi.
Per molto tempo.
Forse per sempre.
Tutti quindi aspettavano me per cominciare.
“Guardia Spaziale Guisgard.” Disse uno dei miei amici. “Quando ci alzeremo in volo per solcare lo spazio profondo?”
“Molto presto, Nostromo Galattico.” Feci io. “Nessuna stella del cosmo è così lontana da non poter essere raggiunta nonostante il nostro ritardo.”
“Quale sceglieremo, Capitan Guisgard?”
“La più luminosa e lontana, amico mio.” Risposi io indicando il cielo.
Ma senza il mio regalo la nostra astronave, come tutti i nostri giochi e sogni, non avrebbe mai solcato gli spazi siderali di quei nostri pomeriggi spensierati.
“Sei troppo indeciso...” fissandomi lei “... lo dico sempre.” Pettinando la sua Barbie.
“Sciocchezze.” Ridendo io.
“Invece si...” annuì lei con quei suoi occhi di quel verde indefinito che tanto lasciava alla mia fantasia quando provavo a perdermi dentro “... fai sempre così... per un fumetto, un videogioco o un giocattolo... sei sempre lì a pensarci, a rimuginarci sopra...”
“Eh, Kagney...” sorridendo io “... quanta poca fiducia hai in me...”
“Perchè ti conosco.” Con sufficienza lei al punto che mi seccò. “Sono giorni che hai promesso a tutti un nuovo gioco... ed a me...” esitò “... a me una nuova stella da raggiungere... una stella a cui dare il mio nome... la più bella e lontana...”
“Ovvio, sono un Eroe da Romanzo, no?”
“Sei solo chiacchiere da Romanzo.” Facendomi la linguaccia lei.
“Non sai, pettegola, che ogni eroe ha bisogno di una musa che lo ispiri?” Infastidito io. “Come Errol Flynn che in ogni film aveva Olivia de Havilland accanto?”
“Si vede non sei Errol...” replicò lei piccata “... o io non sono la tua Olivia.”
“Si, forse...” nervoso io “... si vede non mi ispiri più.” Fissandola.
“Ah, ecco.” Smettendo di pettinare la sua Barbie lei. “Può essere.”
Andò così via.
Per qualche giorno non la vidi più, né la sentii.
La scuola era ricominciata con i suoi ritmi e le giornate cominciavano ad essere piene di compiti.
Io non avevo ancora scelto il mio regalo e quel gioco era rimasto sospeso in quei pomeriggi ora diventati malinconici.
Quella sera andai a giocare da mio cugino.
Lui, come tutti aveva avuto il suo regalo.
Era il robot del momento che con le sue avventure nello spazio riempiva i pomeriggi in tv.
Si vedeva nelle vetrine, nelle pubblicità e sugli adesivi che si trovavano nei biscotti e nelle merendine.
Avevo visto la pubblicità alla tv ma non mi aveva mai preso.
Non mi aveva conquistato.
Ma poi vedendolo da vicino quella sera tutto cambiò.
Era bellissimo, il sogno di ogni bambino.
Avevo scelto, avevo deciso.
Il giorno dopo lo dissi ai miei genitori ed il pomeriggio stesso, in tarda ora, fu mio.
Bellissimo.
Il pomeriggio seguente ero con i miei cuginetti ed i miei amici, ognuno col suo regalo, pronti finalmente per giocare e sognare.
Tutto era dunque pronto per partire verso le stelle.
Ma mancava qualcosa.
Lei non c'era.
Non era più venuta a giocare.
Così prima di tornare a casa fui io a passare da lei.
Era letto con l'influenza e l'emicrania.
Quando entrai nella sua cameretta lei era a letto, stringendo la sua Barbie, mentre sul comodino c'era una margherita in un vasetto.
“Ehilà...” io.
“Ciao...” lei, notando la scatola che avevo in mano “... e quella?”
“E' il mio regalo.” Avvicinandomi io. “Ho deciso, finalmente.”
“Bravo.” Indifferente lei.
Io aprii la scatola e le mostrai il mio bellissimo robot.
“E' bellissimo.” Disse lei, ancora imbronciata. “Ora potrete partire per le stelle.”
“Già...” annuì io.
“Già...” ripetè lei.
“Per questo sono qui.” Sorridendo io.
“Cioè?”
“Beh, dovevo portarci te sulla stella, no?”
“Allora mi sa non ci andrai mai.”
Io risi di gusto.
“Invece si.” Deciso io. “E tu verrai con me.”
“Senza ispirarti.” Lei a me.
Era sera ed io mi avvicinai alla finestra, guardando poi il cielo.
“Eccola...” indicando fra le prime stelle della sera “... quella è la più luminosa... la raggiungeremo e le daremo un nome... il tuo...”
“Perchè?” Voltandosi lei.
“Perchè Novalis diceva che ogni uomo possiede due cose...” prendendo la margherita dal vasetto e cominciando a sfogliarla “... una donna da amare ed una stella a cui darle il suo nome...”
Il giorno dopo le guarì e ci raggiunse per giocare.
Partimmo e raggiungemmo quella stella, che ancora oggi, come quel giocattolo, custodisco come un tesoro nello scrigno dei miei ricordi e dei miei sogni.
http://www.grandearmadio.com/negozio/images/107400_trider_g7_1_01.jpg

Altea
27-10-2017, 18.49.10
Questi racconti hanno sempre qualcosa di magico, come le stelle e racchiudono un passato e presente stupendo.
Avete ragione...guardando le stelle, quale innamorato non darebbe alla stella più luminosa in Cielo il nome della sua amata o innamorata.

Capitano Guisgard...sempre Seconda Stella a Destra ..è il mio motto :smile:

Hastatus77
27-10-2017, 19.23.44
Wow... ce l'avevo anch'io

Guisgard
02-11-2017, 17.57.04
Wow... ce l'avevo anch'io

Infatti, come detto era il sogno di tutti i bambini :smile_lol: