Taliesin
26-04-2013, 14.10.49
I TROVATORI E LA LIRICA FRANCESE
Durante il medioevo la produzione musicale era quasi esclusivamente collegata alla suafunzione religiosa e assoggettata alla volontà della Chiesa, la quale, dopo aver impostola propria egemonia culturale, vietò e mise al bando tutte le forme di produzioneartistica che prescindevano dalla Chiesa stessa.
In questo modo è andata persa gran parte della produzione poetica che inizialmenteera in latino, poi in volgare, prodotta nel medioevo e generalmente accompagnata dalla musica (si pensi ad alcune delle opere di Orazio, Ovidio e Virgilio).
Nonostante i divieti esistenti, durante il medioevo nacque una produzione
autonoma che sfruttava melodie comuni (generalmente derivanti da produzioni religiose) come base per il canto sia di testi sacri che di testi profani.
Con l’avvento del feudalesimo l’assetto sociale, economico e politico del sacro romano impero cambia totalmente, e da questi eventi storici la musica seppe trarre numerosi vantaggi. In questo periodo, infatti, la fortezza militare si trasforma in corte, ed è proprio dalla corte che nacque la lirica cortese (una produzione incentrata sul tema dell’amor cortese).
Nascono, sempre in questo periodo, i trovatori (o trobador), poeti che
utilizzano modi di scrittura semplici (trobar plan), complessi (trobar rich) o
addirittura chiusi (trobar clus), ovvero impossibili da decifrare se non si era a conoscenza della chiave di lettura. Questi testi non venivano letti, ma cantati da menestrelli e giullari di corte (la cui provenienza era generalmente popolare).
Guglielmo IX d’Aquitania è considerato il primo trovatore della storia, ma il più importante e famoso è probabilmente Bernard de Ventadorn.
È interessante sottolineare che il mondo trobadorico ci ha tramandato circa 2600 raccolte di testi poetici, ma solamente 300 melodie. Il motivo è che i testi erano scritti, mentre le melodie erano legate a schemi melodici fissi e tramandate oralmente (esattamente come succedeva per la lirica
greca).
Con il passare degli anni nel nord della Francia si sviluppano altre forme narrative: Le “Chanson de geste”, che narrano le gestadi Carlo Magno, Il romanzo cavalleresco, che raccontava le gesta di re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda.
Anni dopo la lirica francese viene portata in Germania (a seguito del matrimonio tra Beatrice di Borgogna e Federico Barbarossa) e nasce, così, la tradizione del lied, la cui differenza con la tradizione francese provenzale è che in quest’ultima la componente sensuale era molto forte, mentre in quella tedesca c’è molta più spiritualità dell’amore.
La prima scuola poetica italiana fu quella siciliana, la cui formazione scolastica non era avvenuta in ambito ecclesiastico. Di conseguenza, in Italia, nel corso del 1200, si determina la frattura fra la poesia e la musica che sarà, in parte, recuperata con l’ars nova e con Dante, nella cui opera “Divina Commedia” c’è un’ampia allusione alla pratica della poesia per la musica.
IL DRAMMA LITURGICO E LA SACRA RAPPRESENTAZIONE.
Accanto al canto gregoriano, praticato in ambito liturgico, si sviluppò una produzionemusicale sacra che non era legata alla liturgia. Si tratta di una produzione in latino data dall'ufficio drammatico (e poi dal dramma liturgico) e di una tradizione in volgare, data dalle laudi. Nel Medioevo, all'interno della liturgia, si cominciarono a teatralizzare rievocazioni del testo sacro che lo consentivano. Questa prima fase della teatralizzazione
di momenti del testo sacro prese il nome di ufficio drammatico, perché la
teatralizzazione avveniva nell'ambito di una celebrazione liturgica.
Il passo successivo fu la nascita del dramma liturgico che fu una vera e propria rappresentazione teatrale, realizzata sull'altare della chiesa, in cui i chierici vestivano i panni di attori. Era interamente cantato ed era ispirato alle vicende del vecchio e del nuovo Testamento. Dopo alcuni anni, però, si iniziò a rappresentare questi drammi liturgici in lingua volgare (sempre più diffusa) al posto del latino e a inserire alcune parti comiche. Questo provocò la reazione della Chiesa che impose che i drammi liturgici si facessero al di fuori della chiesa, perché ritenuti troppo profani.
Spostati sul sagrato della Chiesa i drammi liturgici divennero sacre rappresentazioni, ovvero una rappresentazione di contenuto sempre sacro, legato ad una vicenda sacra ma rappresentata fuori dalla chiesa, sul sagrato, e in lingua volgare. Col passare del tempo, nel Medioevo, il testo della sacra rappresentazione assume una precisa versificazione, quella in ottave di endecasillabi. Delle sacre rappresentazioni bisogna ricordare che si trattava di un teatro che non rispettava i principi del teatro classico, cioè di unità di tempo di luogo e di azione che si sarebbero applicate a partire dal 1400, quando venne scoperta la poetica di Aristotele e quindi si
applicarono i principi diciamo classicisti.
Accanto al dramma liturgico e alla sacra rappresentazione, dobbiamo ricordare come funzione musicale di contenuto sacro uno extra liturgico, le Laudi. Il loro sviluppo va letto all'interno di una grande fioritura religiosa
che avvenne nel corso del 1200, legata in gran parte anche alla diffusione del movimento francescano. Infatti è il cantico delle creature di S. Francesco, di cui si sa che esistesse una traduzione musicale, che noi non possediamo. Più avanti si costituirono addirittura delle confraternite.
Preposte proprio all'esecuzione di laudi furono le confraternite di laudi, le cui raccolte vennero chiamate laudari. Col passare del tempo, la lauda assunse la forma metrica della ballata e tra queste ricordiamo due laudari che ci sono pervenuti:
Laudario di Cortona
Codice della Biblioteca Magliabechiana di Firenze;
Sono due laudari in parte simili (le melodie derivano da un modello originario), ma anche molto diversi (le melodie del laudario che si trova nella Biblioteca Nazionale di Firenze sono molto più fiorite e i manoscritti in cui si trovano queste melodie sono molto più ricchi eleganti e miniati rispetto a quelle del laudario di Cortona).
GUITTONE D'AREZZO E LA TEORIA DELLA MELODIA MUSICALE.
Un problema molto comune nell’alto medioevo era quello di come fare per intonare un canto senza averlo mai visto prima. Il primo che cercò di mettere fine a questo dilemma fu Guido d’Arezzo, un monaco benedettino che nacque a Pomposa, in provincia di Ferrara, nel 995.
Guido d'Arezzo sosteneva che il cantore doveva conoscere il canto in assenza di una notazione ed essere capace di intonarlo. Per imparare le note, bisognava dare loro un nome, dunque il canto doveva essere scisso dal testo. Allora, prese l'inno a S. Giovanni (il protettore dei cantori), staccò dal contesto le sillabe e le note iniziali dei versetti costituirono un esacordo:
(UT) QUEANT LAXIS UT
(RE)SONARE FIBRIS RE
(MI)RA GESTORUM MI
(FA)MULI TUORUM FA
(SOL)VE POLLUTI SOL
(LA)BII REATUM LA
(S)ANCTE (J)OANNES SI
Traduzione: affinché i fedeli possano cantare con tutto lo slancio le tue gesta meravigliose, liberalidal peccato che ha contaminato il loro labbro, o S. Giovanni.
U Successivamente, UT, troppo difficile da pronunciare, venne
trasformato in DO da Giovan Battista Doni, prendendo spunto
dall'inizio del suo cognome.
Per aiutare i cantori ad intonare i canti, Guido D'Arezzo realizzò anche il sistema esacordale. Dato che la maggior parte dei canti di quel periodo stava all’interno di 6 note, allora Guido organizzò la successione delle note in esacordi, individuandone tre tipi:
Guido d'Arezzo individuò tre tipi di esacordo:
Esacordo naturale: DO – RE – MI – FA – SOL – LA
Esacordo molle: FA – SOL LA – SIb – DO - RE
Esacordo duro: SOL – LA – SI – DO –RE - MI
Con questo metodo nasce l’idea che, senza l’aiuto di nessuno,
chiunque può utilizzare la notazione esacordale, leggere le
note e imparare un canto. Per facilitare ai cantori la pratica della solmisazione (con il metodo di Guido d’Arezzo il semitono era sempre chiamato MI-FA, quindi tutte le volte che si passa da un esacordo a un
altro la successione è SOL-MI-FA, da qui il nome solmisazione) venne inventata la mano guidoniana: sulla mano sinistra veniva messa la notazione alfabetica usata a quei tempi (e introdotta da Oddone da
Cluny), per cui le lettere maiuscole = ottava grave; le lettere minuscole = ottava media; le doppie minuscole = ottava acuta. Guardando questa mano doveva essere più facile praticare la solmisazione.
Un Grazie sincero all'amico giullare Dario Riccitelli ed al Gruppo Storico Musicale dei Tro.Ta, eterni girovaghi di orizzonti perduti.
Taliesin, il Bardo
Durante il medioevo la produzione musicale era quasi esclusivamente collegata alla suafunzione religiosa e assoggettata alla volontà della Chiesa, la quale, dopo aver impostola propria egemonia culturale, vietò e mise al bando tutte le forme di produzioneartistica che prescindevano dalla Chiesa stessa.
In questo modo è andata persa gran parte della produzione poetica che inizialmenteera in latino, poi in volgare, prodotta nel medioevo e generalmente accompagnata dalla musica (si pensi ad alcune delle opere di Orazio, Ovidio e Virgilio).
Nonostante i divieti esistenti, durante il medioevo nacque una produzione
autonoma che sfruttava melodie comuni (generalmente derivanti da produzioni religiose) come base per il canto sia di testi sacri che di testi profani.
Con l’avvento del feudalesimo l’assetto sociale, economico e politico del sacro romano impero cambia totalmente, e da questi eventi storici la musica seppe trarre numerosi vantaggi. In questo periodo, infatti, la fortezza militare si trasforma in corte, ed è proprio dalla corte che nacque la lirica cortese (una produzione incentrata sul tema dell’amor cortese).
Nascono, sempre in questo periodo, i trovatori (o trobador), poeti che
utilizzano modi di scrittura semplici (trobar plan), complessi (trobar rich) o
addirittura chiusi (trobar clus), ovvero impossibili da decifrare se non si era a conoscenza della chiave di lettura. Questi testi non venivano letti, ma cantati da menestrelli e giullari di corte (la cui provenienza era generalmente popolare).
Guglielmo IX d’Aquitania è considerato il primo trovatore della storia, ma il più importante e famoso è probabilmente Bernard de Ventadorn.
È interessante sottolineare che il mondo trobadorico ci ha tramandato circa 2600 raccolte di testi poetici, ma solamente 300 melodie. Il motivo è che i testi erano scritti, mentre le melodie erano legate a schemi melodici fissi e tramandate oralmente (esattamente come succedeva per la lirica
greca).
Con il passare degli anni nel nord della Francia si sviluppano altre forme narrative: Le “Chanson de geste”, che narrano le gestadi Carlo Magno, Il romanzo cavalleresco, che raccontava le gesta di re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda.
Anni dopo la lirica francese viene portata in Germania (a seguito del matrimonio tra Beatrice di Borgogna e Federico Barbarossa) e nasce, così, la tradizione del lied, la cui differenza con la tradizione francese provenzale è che in quest’ultima la componente sensuale era molto forte, mentre in quella tedesca c’è molta più spiritualità dell’amore.
La prima scuola poetica italiana fu quella siciliana, la cui formazione scolastica non era avvenuta in ambito ecclesiastico. Di conseguenza, in Italia, nel corso del 1200, si determina la frattura fra la poesia e la musica che sarà, in parte, recuperata con l’ars nova e con Dante, nella cui opera “Divina Commedia” c’è un’ampia allusione alla pratica della poesia per la musica.
IL DRAMMA LITURGICO E LA SACRA RAPPRESENTAZIONE.
Accanto al canto gregoriano, praticato in ambito liturgico, si sviluppò una produzionemusicale sacra che non era legata alla liturgia. Si tratta di una produzione in latino data dall'ufficio drammatico (e poi dal dramma liturgico) e di una tradizione in volgare, data dalle laudi. Nel Medioevo, all'interno della liturgia, si cominciarono a teatralizzare rievocazioni del testo sacro che lo consentivano. Questa prima fase della teatralizzazione
di momenti del testo sacro prese il nome di ufficio drammatico, perché la
teatralizzazione avveniva nell'ambito di una celebrazione liturgica.
Il passo successivo fu la nascita del dramma liturgico che fu una vera e propria rappresentazione teatrale, realizzata sull'altare della chiesa, in cui i chierici vestivano i panni di attori. Era interamente cantato ed era ispirato alle vicende del vecchio e del nuovo Testamento. Dopo alcuni anni, però, si iniziò a rappresentare questi drammi liturgici in lingua volgare (sempre più diffusa) al posto del latino e a inserire alcune parti comiche. Questo provocò la reazione della Chiesa che impose che i drammi liturgici si facessero al di fuori della chiesa, perché ritenuti troppo profani.
Spostati sul sagrato della Chiesa i drammi liturgici divennero sacre rappresentazioni, ovvero una rappresentazione di contenuto sempre sacro, legato ad una vicenda sacra ma rappresentata fuori dalla chiesa, sul sagrato, e in lingua volgare. Col passare del tempo, nel Medioevo, il testo della sacra rappresentazione assume una precisa versificazione, quella in ottave di endecasillabi. Delle sacre rappresentazioni bisogna ricordare che si trattava di un teatro che non rispettava i principi del teatro classico, cioè di unità di tempo di luogo e di azione che si sarebbero applicate a partire dal 1400, quando venne scoperta la poetica di Aristotele e quindi si
applicarono i principi diciamo classicisti.
Accanto al dramma liturgico e alla sacra rappresentazione, dobbiamo ricordare come funzione musicale di contenuto sacro uno extra liturgico, le Laudi. Il loro sviluppo va letto all'interno di una grande fioritura religiosa
che avvenne nel corso del 1200, legata in gran parte anche alla diffusione del movimento francescano. Infatti è il cantico delle creature di S. Francesco, di cui si sa che esistesse una traduzione musicale, che noi non possediamo. Più avanti si costituirono addirittura delle confraternite.
Preposte proprio all'esecuzione di laudi furono le confraternite di laudi, le cui raccolte vennero chiamate laudari. Col passare del tempo, la lauda assunse la forma metrica della ballata e tra queste ricordiamo due laudari che ci sono pervenuti:
Laudario di Cortona
Codice della Biblioteca Magliabechiana di Firenze;
Sono due laudari in parte simili (le melodie derivano da un modello originario), ma anche molto diversi (le melodie del laudario che si trova nella Biblioteca Nazionale di Firenze sono molto più fiorite e i manoscritti in cui si trovano queste melodie sono molto più ricchi eleganti e miniati rispetto a quelle del laudario di Cortona).
GUITTONE D'AREZZO E LA TEORIA DELLA MELODIA MUSICALE.
Un problema molto comune nell’alto medioevo era quello di come fare per intonare un canto senza averlo mai visto prima. Il primo che cercò di mettere fine a questo dilemma fu Guido d’Arezzo, un monaco benedettino che nacque a Pomposa, in provincia di Ferrara, nel 995.
Guido d'Arezzo sosteneva che il cantore doveva conoscere il canto in assenza di una notazione ed essere capace di intonarlo. Per imparare le note, bisognava dare loro un nome, dunque il canto doveva essere scisso dal testo. Allora, prese l'inno a S. Giovanni (il protettore dei cantori), staccò dal contesto le sillabe e le note iniziali dei versetti costituirono un esacordo:
(UT) QUEANT LAXIS UT
(RE)SONARE FIBRIS RE
(MI)RA GESTORUM MI
(FA)MULI TUORUM FA
(SOL)VE POLLUTI SOL
(LA)BII REATUM LA
(S)ANCTE (J)OANNES SI
Traduzione: affinché i fedeli possano cantare con tutto lo slancio le tue gesta meravigliose, liberalidal peccato che ha contaminato il loro labbro, o S. Giovanni.
U Successivamente, UT, troppo difficile da pronunciare, venne
trasformato in DO da Giovan Battista Doni, prendendo spunto
dall'inizio del suo cognome.
Per aiutare i cantori ad intonare i canti, Guido D'Arezzo realizzò anche il sistema esacordale. Dato che la maggior parte dei canti di quel periodo stava all’interno di 6 note, allora Guido organizzò la successione delle note in esacordi, individuandone tre tipi:
Guido d'Arezzo individuò tre tipi di esacordo:
Esacordo naturale: DO – RE – MI – FA – SOL – LA
Esacordo molle: FA – SOL LA – SIb – DO - RE
Esacordo duro: SOL – LA – SI – DO –RE - MI
Con questo metodo nasce l’idea che, senza l’aiuto di nessuno,
chiunque può utilizzare la notazione esacordale, leggere le
note e imparare un canto. Per facilitare ai cantori la pratica della solmisazione (con il metodo di Guido d’Arezzo il semitono era sempre chiamato MI-FA, quindi tutte le volte che si passa da un esacordo a un
altro la successione è SOL-MI-FA, da qui il nome solmisazione) venne inventata la mano guidoniana: sulla mano sinistra veniva messa la notazione alfabetica usata a quei tempi (e introdotta da Oddone da
Cluny), per cui le lettere maiuscole = ottava grave; le lettere minuscole = ottava media; le doppie minuscole = ottava acuta. Guardando questa mano doveva essere più facile praticare la solmisazione.
Un Grazie sincero all'amico giullare Dario Riccitelli ed al Gruppo Storico Musicale dei Tro.Ta, eterni girovaghi di orizzonti perduti.
Taliesin, il Bardo