Guisgard
26-08-2013, 02.01.08
Un pomeriggio, si narra, che il giovane Ardeliano, futuro signore di Capomazda e di Sigma, chiese al suo tutore, il filosofo Fatigas chiamato alla corte Taddeide proprio per l'educazione del giovin signore, cosa fosse il vero Amore.
E Fatigas rispose con una storia...
In un sontuoso palazzo, davanti ad una finestra che dava sul bosco, un magnifico uccellino era chiuso in una gabbia dorata.
Invero la sua non era una cattiva prigionia, poiché esso non conosceva l'odore del bosco, i suoi suoni e la bellezza del cielo sterminato.
Esso li vedeva da lontano, dalla sua gabbia, apparendogli come un racconto, un sogno.
E ciò lo spingeva a credere che neanche esistesse tutto ciò, perchè credeva reale solo la sua magnifica gabbia d'oro.
Ma nulla gli mancava qui.
Ogni giorno la sua padroncina gli portava acqua fresca ed erbe odorose.
Ed esso era così abituato a quel suo ristretto mondo che, quando la sua padroncina, nel fare tutto ciò, lasciava la porticina della gabbia aperta, l'uccellino neanche tentava di scappare via.
Un giorno, però, un colpo di vento o forse il Destino spinse sulla finestra un uccellino in volo sul bosco.
E nel vedere l'altro in gabbia, quello libero s'accese d'amore.
“Amor mio, vieni con me...” diceva “... fuggiamo insieme nel bosco, protetti dal cielo, al sicuro tra colori e profumi infiniti...”
“Vieni qui...” rispondeva l'altro “... viviamo in questa gabbia d'oro insieme... nulla ci mancherà...”
“Tra queste sbarre, seppure d'oro, dov'è lo spazio per spiegare le ali e far battere il cuore?” Inquieto l'uccellino libero.
“Ma io...” replicava quello prigioniero “... io non saprei dove posarmi nel cielo sterminato...”
“Mia diletta” cinguettava quello libero “cantami gli slanci del cielo, dei monti, dei fiumi e della foresta!”
“Ahimè...” triste quello in gabbia “... io non conosco il cielo, i monti, i fiumi e neanche la foresta...”
Il loro amore era pieno di desiderio, ma essi non potevano volare insieme.
Attraverso le sbarre d'oro si guardavano, si invocavano, eppure a stento potevano sfiorarsi.
Ogni giorno l'uccellino libero giungeva sulla finestra e insieme a quello in gabbia cantavano e scuotevano le ali.
Guardarsi, parlarsi e desiderarsi attraverso quella gabbia sembrava la sola cosa concessa loro.
Ma un giorno d'Estate, vinto dal desiderio, l'uccellino libero ancora una volta gridò il suo amore a quello in gabbia.
“Vieni più vicino, Amor mio!” Esclamò questo.
“Impossibile!” Fece quello libero. “Temo le porte chiuse di questa gabbia!”
“Ahimè...” piangeva l'altro “... io invece temo il cielo sconfinato e la foresta senza fine... poiché le mie ali sono impotenti, come morte e non potrebbero mai sostenermi... non so volare, cuore mio...”
“Il mio cuore” mormorò quello libero “è così forte da poter battere per due... non credi allora che anche le mie ali possano sostenerci entrambi?”
“E come?”
“Domattina quando la tua padroncina, nel portarti acqua e cibo, lascerà aperta questa porta come fa ogni giorno” rispose l'uccellino libero “tu salterai fuori dalla gabbia, fino a questa finestra... e poi quello stesso vento che mi ha portato qui ti spingerà fuori... allora tu agiterai le ali con tutta la tua forza.”
“Non posso, ho paura!”
“Devi farlo!” Fece l'altro. “La tua prova sarà fidarti di me... la mia di sostenerti e proteggerti!”
Venne il mattino e la padroncina portò acqua e cibo al suo uccellino.
Aprì le porte della sbarra e questo intravide fuori dalla finestra l'altro uccellino, quello libero.
Chiuse allora gli occhi e trovò la forza prima di raggiungere la finestra, poi di saltare fuori, nel vuoto.
Il vento lo spinse allora lontano e l'uccellino cominciò ad agitare forte le ali.
Ma più le agitava, più il suo peso lo spingeva più.
Quelle ali infatti erano troppo fragili e deboli per sostenerlo.
Sentì allora la disperazione prenderlo e le poche forze abbandonarlo.
Quel cielo e quella foresta sterminate gli apparvero allora ancora più immense e si sentì perduto.
Ma in quel momento sentì le forti zampe dell'uccellino libero afferrare le sue e con le ali forti e robuste, abituate a slanci e grandi voli, lui cominciò a sostenere entrambi.
Volarono così, insieme, per un lungo tratto, nel quale l'uccellino appena liberato vide tutto il cielo e l'intera foresta sopra e sotto di loro.
E davanti a quel meraviglioso spettacolo il suo cuore riprese a battere e le ali a ridestarsi.
Il vento continuò a soffiare e a sostenere entrambi, fino a spingerli su, sempre più su.
Allora anche l'uccellino appena liberato iniziò a battere forte le sue ali.
E insieme, finalmente, i due uccellini, spiccarono il volo verso il loro Amore.
http://www.ioarte.org/img/artisti/Umberta__uccellini-e-fiorellini_g.jpg
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E Fatigas rispose con una storia...
In un sontuoso palazzo, davanti ad una finestra che dava sul bosco, un magnifico uccellino era chiuso in una gabbia dorata.
Invero la sua non era una cattiva prigionia, poiché esso non conosceva l'odore del bosco, i suoi suoni e la bellezza del cielo sterminato.
Esso li vedeva da lontano, dalla sua gabbia, apparendogli come un racconto, un sogno.
E ciò lo spingeva a credere che neanche esistesse tutto ciò, perchè credeva reale solo la sua magnifica gabbia d'oro.
Ma nulla gli mancava qui.
Ogni giorno la sua padroncina gli portava acqua fresca ed erbe odorose.
Ed esso era così abituato a quel suo ristretto mondo che, quando la sua padroncina, nel fare tutto ciò, lasciava la porticina della gabbia aperta, l'uccellino neanche tentava di scappare via.
Un giorno, però, un colpo di vento o forse il Destino spinse sulla finestra un uccellino in volo sul bosco.
E nel vedere l'altro in gabbia, quello libero s'accese d'amore.
“Amor mio, vieni con me...” diceva “... fuggiamo insieme nel bosco, protetti dal cielo, al sicuro tra colori e profumi infiniti...”
“Vieni qui...” rispondeva l'altro “... viviamo in questa gabbia d'oro insieme... nulla ci mancherà...”
“Tra queste sbarre, seppure d'oro, dov'è lo spazio per spiegare le ali e far battere il cuore?” Inquieto l'uccellino libero.
“Ma io...” replicava quello prigioniero “... io non saprei dove posarmi nel cielo sterminato...”
“Mia diletta” cinguettava quello libero “cantami gli slanci del cielo, dei monti, dei fiumi e della foresta!”
“Ahimè...” triste quello in gabbia “... io non conosco il cielo, i monti, i fiumi e neanche la foresta...”
Il loro amore era pieno di desiderio, ma essi non potevano volare insieme.
Attraverso le sbarre d'oro si guardavano, si invocavano, eppure a stento potevano sfiorarsi.
Ogni giorno l'uccellino libero giungeva sulla finestra e insieme a quello in gabbia cantavano e scuotevano le ali.
Guardarsi, parlarsi e desiderarsi attraverso quella gabbia sembrava la sola cosa concessa loro.
Ma un giorno d'Estate, vinto dal desiderio, l'uccellino libero ancora una volta gridò il suo amore a quello in gabbia.
“Vieni più vicino, Amor mio!” Esclamò questo.
“Impossibile!” Fece quello libero. “Temo le porte chiuse di questa gabbia!”
“Ahimè...” piangeva l'altro “... io invece temo il cielo sconfinato e la foresta senza fine... poiché le mie ali sono impotenti, come morte e non potrebbero mai sostenermi... non so volare, cuore mio...”
“Il mio cuore” mormorò quello libero “è così forte da poter battere per due... non credi allora che anche le mie ali possano sostenerci entrambi?”
“E come?”
“Domattina quando la tua padroncina, nel portarti acqua e cibo, lascerà aperta questa porta come fa ogni giorno” rispose l'uccellino libero “tu salterai fuori dalla gabbia, fino a questa finestra... e poi quello stesso vento che mi ha portato qui ti spingerà fuori... allora tu agiterai le ali con tutta la tua forza.”
“Non posso, ho paura!”
“Devi farlo!” Fece l'altro. “La tua prova sarà fidarti di me... la mia di sostenerti e proteggerti!”
Venne il mattino e la padroncina portò acqua e cibo al suo uccellino.
Aprì le porte della sbarra e questo intravide fuori dalla finestra l'altro uccellino, quello libero.
Chiuse allora gli occhi e trovò la forza prima di raggiungere la finestra, poi di saltare fuori, nel vuoto.
Il vento lo spinse allora lontano e l'uccellino cominciò ad agitare forte le ali.
Ma più le agitava, più il suo peso lo spingeva più.
Quelle ali infatti erano troppo fragili e deboli per sostenerlo.
Sentì allora la disperazione prenderlo e le poche forze abbandonarlo.
Quel cielo e quella foresta sterminate gli apparvero allora ancora più immense e si sentì perduto.
Ma in quel momento sentì le forti zampe dell'uccellino libero afferrare le sue e con le ali forti e robuste, abituate a slanci e grandi voli, lui cominciò a sostenere entrambi.
Volarono così, insieme, per un lungo tratto, nel quale l'uccellino appena liberato vide tutto il cielo e l'intera foresta sopra e sotto di loro.
E davanti a quel meraviglioso spettacolo il suo cuore riprese a battere e le ali a ridestarsi.
Il vento continuò a soffiare e a sostenere entrambi, fino a spingerli su, sempre più su.
Allora anche l'uccellino appena liberato iniziò a battere forte le sue ali.
E insieme, finalmente, i due uccellini, spiccarono il volo verso il loro Amore.
http://www.ioarte.org/img/artisti/Umberta__uccellini-e-fiorellini_g.jpg
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