Guisgard
10-02-2014, 02.33.07
Un giorno un saggio maestro, volendo parlare dell'Amore al suo giovane apprendista, raccontò una storia...
L'Amore è simile ad un uomo che possiede un campo fra dolci colline.
Un giorno, ricevuta la chiamata di arruolarsi per la Crociata dal suo re, prima di partire chiamò a sé i tre figli per dividere la sua proprietà.
Distribuì, così, a ciascuno dei tre una parte di quel campo, raccomandandosi però che facessero del loro meglio per farlo fruttare.
“E' un campo erboso” disse ai tre “ed esposto al mite Sole della campagna. Si nutre di frequenti piogge e gode di aria limpida. Il fiume poco lontano rende umido il terreno e gli alti alberi intorno lo riparano dai venti ostili. Fatene dunque buon uso, poiché da esso possono nascere degli ottimi frutti che sapranno ricompensarvi in futuro.”
E partì per la Crociata.
I tre figli allora discussero tra loro.
“Nostro padre” fece il primo “dice il vero, ma egli è un contadino sin dall'infanzia. Noi invece non abbiamo la sua esperienza, né la sua abilità. Inoltre viviamo in tempi difficili. Molti sono partiti per la guerra e pochi sono disposti a spendere per merce di buona qualità. Per questo io nella mia parte di terreno seminerò semplici verdure. Richiederanno non troppa fatica e sarò certo del mio guadagno.”
“Anche io” annuì il secondo “la penso come te. Nostro padre è sempre stato un sognatore, ma noi non possiamo permetterci di rischiare tempo, fatica e denaro. Anche io dunque seminerò qualcosa di sicuro, che mi dia un giusto e facile guadagno. Coltiverò allora ortaggi e saprò farmi bastare il raccolto ed i suoi proventi.”
“Io invece” infine il terzo “vedendo ciò che nostro padre ha saputo guadagnare in vita, voglio seguire il suo consiglio. Mi dedicherò così notte e giorno a coltivare al meglio la mia parte di terreno. Farò ogni sacrificio necessario e non risparmierò muscoli, sudore e buona volontà. Pianterò dunque delle viti e farò di tutto per arricchirmi come ha saputo fare nostro padre.”
I tre ragazzi, allora, ciascuno nel suo terreno, piantarono quanto avevano detto.
I primi due fratelli calcolarono con alcuni mercanti un prezzo base per le loro verdure ed i loro ortaggi, conoscendo così sin da subito il ricavato dei loro raccolti.
Tuttavia, la guerra ed i pochi maschi adulti rimasti nel paese fecero sì che il prezzo delle verdure e degli ortaggi crollasse, spingendo la gente a limitarsi all'acquisto di pane e grano.
E per non rimetterci del tutto, i due fratelli furono costretti ad accettare infine un prezzo molto più basso di quello pattuito per i loro raccolti.
Il terzo fratello, invece, fece quanto detto.
Curò il suo vigneto ogni giorno, spezzandosi la schiena nel suo campo.
Inoltre sorvegliò con attenzione che nessuna volpe giungesse tra le sue vigne per cibarsi dei dolci acini che da esse pendevano.
Spese poi quel poco denaro che aveva per pagare dei guardiani, affinchè di notte sorvegliassero le sue viti dai ladri.
Alla fine rigogliose e robuste vigne sorsero da quel terreno.
Le più belle mai viste in quel paese.
Tuttavia la guerra e la miseria fra la gente fecero sì che nessuno spendesse nulla per acquistare l'uva di quelle viti.
E così, ogni giorno i due fratelli, che nel frattempo avevano intascato il poco ma sicuro ricavo dei loro raccolti, prendevano in giro il loro fratello che se ne stava fisso a guardare il suo vigneto, senza che esso sapesse dargli guadagno.
“Per chi hai lavorato, fratello?” Chiedevano ridendo. “Forse per i viandanti che possono ammirare il bel paesaggio? O magari per le cavallette che in Estate verranno a cibarsi della tua uva?” Deridendolo. “Avresti dovuto fare come noi ed accontentarti di un modesto ma sicuro ricavo, invece di fantasticare con sogni troppo grandi ed irrealizzabili!”
Accadde però, un giorno, che alcuni cavalieri giunsero al campo.
Il loro comandante, nel vedere il bel vigneto, chiese al terzo fratello chi ne fosse il proprietario.
“Sono io.” Lesto il ragazzo. “Il vigneto è mio.”
“Prendi allora i miei uomini” ordinò al giovane “e raccogliete tutta l'uva. Fatene poi del vino perchè il re è di ritorno dalla Terrasanta.”
Naturalmente il ragazzo obbedì e con i cavalieri raccolse tutta l'uva, per farne poi del vino.
Il re, qualche giorno dopo, raggiunse quei cavalieri che aveva mandato avanti alle sue truppe e giunto al campo gli fu subito servito il vino fatto.
Il re apprezzò e lodò quel vino, poiché mai aveva assaggiato nettare più sublime.
Chiese allora chi fosse il proprietario del vigneto.
E quando gli fu portato avanti il terzo fratello, il sovrano elogiò il suo lavoro e la passione con cui aveva coltivato e curato quella vigna, nonostante le difficoltà ed i rischi.
Lo nominò così cavaliere, concedendogli oltre al titolo anche un ricco feudo nel paese.
E per legarlo a sé in maniera definitiva, il re gli propose di prendere come moglie una delle sue nobili e bellissime nipoti.
Il matrimonio avvenne proprio il giorno in cui suo padre ritornò dalla Terrasanta, giusto in tempo per vedere come quel suo figlio aveva saputo far fruttare l'eredità ricevuta.
E i semi d'Amore non sono diversi da quelli che il giovane aveva piantato nel suo campo.
Infatti essi, se seminati con dedizione e fiducia, sapranno sempre fiorire e dar frutti, a dispetto del Tempo e di ogni altra difficoltà.
E saranno frutti che dureranno per sempre.
Poiché l'unica misura conosciuta da Amore è l'Eternità.
http://i.imgur.com/bCq4ckx.jpg
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L'Amore è simile ad un uomo che possiede un campo fra dolci colline.
Un giorno, ricevuta la chiamata di arruolarsi per la Crociata dal suo re, prima di partire chiamò a sé i tre figli per dividere la sua proprietà.
Distribuì, così, a ciascuno dei tre una parte di quel campo, raccomandandosi però che facessero del loro meglio per farlo fruttare.
“E' un campo erboso” disse ai tre “ed esposto al mite Sole della campagna. Si nutre di frequenti piogge e gode di aria limpida. Il fiume poco lontano rende umido il terreno e gli alti alberi intorno lo riparano dai venti ostili. Fatene dunque buon uso, poiché da esso possono nascere degli ottimi frutti che sapranno ricompensarvi in futuro.”
E partì per la Crociata.
I tre figli allora discussero tra loro.
“Nostro padre” fece il primo “dice il vero, ma egli è un contadino sin dall'infanzia. Noi invece non abbiamo la sua esperienza, né la sua abilità. Inoltre viviamo in tempi difficili. Molti sono partiti per la guerra e pochi sono disposti a spendere per merce di buona qualità. Per questo io nella mia parte di terreno seminerò semplici verdure. Richiederanno non troppa fatica e sarò certo del mio guadagno.”
“Anche io” annuì il secondo “la penso come te. Nostro padre è sempre stato un sognatore, ma noi non possiamo permetterci di rischiare tempo, fatica e denaro. Anche io dunque seminerò qualcosa di sicuro, che mi dia un giusto e facile guadagno. Coltiverò allora ortaggi e saprò farmi bastare il raccolto ed i suoi proventi.”
“Io invece” infine il terzo “vedendo ciò che nostro padre ha saputo guadagnare in vita, voglio seguire il suo consiglio. Mi dedicherò così notte e giorno a coltivare al meglio la mia parte di terreno. Farò ogni sacrificio necessario e non risparmierò muscoli, sudore e buona volontà. Pianterò dunque delle viti e farò di tutto per arricchirmi come ha saputo fare nostro padre.”
I tre ragazzi, allora, ciascuno nel suo terreno, piantarono quanto avevano detto.
I primi due fratelli calcolarono con alcuni mercanti un prezzo base per le loro verdure ed i loro ortaggi, conoscendo così sin da subito il ricavato dei loro raccolti.
Tuttavia, la guerra ed i pochi maschi adulti rimasti nel paese fecero sì che il prezzo delle verdure e degli ortaggi crollasse, spingendo la gente a limitarsi all'acquisto di pane e grano.
E per non rimetterci del tutto, i due fratelli furono costretti ad accettare infine un prezzo molto più basso di quello pattuito per i loro raccolti.
Il terzo fratello, invece, fece quanto detto.
Curò il suo vigneto ogni giorno, spezzandosi la schiena nel suo campo.
Inoltre sorvegliò con attenzione che nessuna volpe giungesse tra le sue vigne per cibarsi dei dolci acini che da esse pendevano.
Spese poi quel poco denaro che aveva per pagare dei guardiani, affinchè di notte sorvegliassero le sue viti dai ladri.
Alla fine rigogliose e robuste vigne sorsero da quel terreno.
Le più belle mai viste in quel paese.
Tuttavia la guerra e la miseria fra la gente fecero sì che nessuno spendesse nulla per acquistare l'uva di quelle viti.
E così, ogni giorno i due fratelli, che nel frattempo avevano intascato il poco ma sicuro ricavo dei loro raccolti, prendevano in giro il loro fratello che se ne stava fisso a guardare il suo vigneto, senza che esso sapesse dargli guadagno.
“Per chi hai lavorato, fratello?” Chiedevano ridendo. “Forse per i viandanti che possono ammirare il bel paesaggio? O magari per le cavallette che in Estate verranno a cibarsi della tua uva?” Deridendolo. “Avresti dovuto fare come noi ed accontentarti di un modesto ma sicuro ricavo, invece di fantasticare con sogni troppo grandi ed irrealizzabili!”
Accadde però, un giorno, che alcuni cavalieri giunsero al campo.
Il loro comandante, nel vedere il bel vigneto, chiese al terzo fratello chi ne fosse il proprietario.
“Sono io.” Lesto il ragazzo. “Il vigneto è mio.”
“Prendi allora i miei uomini” ordinò al giovane “e raccogliete tutta l'uva. Fatene poi del vino perchè il re è di ritorno dalla Terrasanta.”
Naturalmente il ragazzo obbedì e con i cavalieri raccolse tutta l'uva, per farne poi del vino.
Il re, qualche giorno dopo, raggiunse quei cavalieri che aveva mandato avanti alle sue truppe e giunto al campo gli fu subito servito il vino fatto.
Il re apprezzò e lodò quel vino, poiché mai aveva assaggiato nettare più sublime.
Chiese allora chi fosse il proprietario del vigneto.
E quando gli fu portato avanti il terzo fratello, il sovrano elogiò il suo lavoro e la passione con cui aveva coltivato e curato quella vigna, nonostante le difficoltà ed i rischi.
Lo nominò così cavaliere, concedendogli oltre al titolo anche un ricco feudo nel paese.
E per legarlo a sé in maniera definitiva, il re gli propose di prendere come moglie una delle sue nobili e bellissime nipoti.
Il matrimonio avvenne proprio il giorno in cui suo padre ritornò dalla Terrasanta, giusto in tempo per vedere come quel suo figlio aveva saputo far fruttare l'eredità ricevuta.
E i semi d'Amore non sono diversi da quelli che il giovane aveva piantato nel suo campo.
Infatti essi, se seminati con dedizione e fiducia, sapranno sempre fiorire e dar frutti, a dispetto del Tempo e di ogni altra difficoltà.
E saranno frutti che dureranno per sempre.
Poiché l'unica misura conosciuta da Amore è l'Eternità.
http://i.imgur.com/bCq4ckx.jpg
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