Guisgard
29-04-2015, 03.48.58
Era un bella mattinata di Aprile, la scuola volgeva ormai al termine e le giornate lunghe, i luminosi pomeriggi e la voglia di giocare, fantasticare e sognare spingevano le nostre menti a vagare in cerca di avventure, tesori ed Amori come solo nei libri, nei film e nei cartoni animati capitava di vedere e vivere.
E in quella mattinata di Maggio, mentre la maestra spiegava per l'ennesima volta di un contadino che si recava, come ogni giorno, con le sue uova da addizionare, sottrarre, moltiplicare e dividere al mercato, un vago mormorio animava la grigia e noiosa ora di matematica.
Parlottavamo fra noi ragazzini, tutti presi ad organizzare come trascorrere l'ora di ricreazione.
Era una bellissima e sognante mattinata di Aprile, in cui si celebrava Santa Caterina da Siena e i nostri pensieri erano tutti volti all'imminente ricreazione.
Dove ci avrebbe portato la maestra, ci chiedevamo continuamente?
Nel grande cortile oppure sul vasto terrazzo?
Chissà.
E quale gioco avremmo inscenato?
Lasciai decidere al caso.
Al Destino, per meglio dire.
Si, a seconda della scelta della maestra, se sul terrazzo oppure nel cortile.
“Ehi, Guisgard...” disse il ragazzino seduto nel banco dietro il mio “... allora? Hai deciso?”
“Smettila di puntarmi la penna sulla spalla...” mormorai io “... vuoi scrivermi sul grembiule?”
“Allora, a cosa giocheremo?”
“Dipende...”
“Da cosa?”
“Se andremo sul terrazzo o nel cortile...”
“Perchè?”
“Mi ispira così...” fece io.
“Anticipami qualcosa dai...” insistette quello.
“Se andremo sul terrazzo” rivelai io “giocheremo a qualcosa di fantascientifico, magari ai robot...”
“Grande!” Esclamò il ragazzino.
“Se invece andremo nel cortile” senza voltarmi io, per non attirare l'attenzione della maestra che continuava a spiegare il problema di matematica “allora giocheremo a qualcosa di esotico...”
“Esotico?” Ripetè il mio compagno. “Che vuol dire esotico? Spaziale vuoi dire?”
“No, sciocco...” a bassa voce io “... vuol dire ambientato nei Mari del Sud...”
“A far che?”
“Vedrai...” risposi “... ora però sta zitto, o la maestra ci sentirà...”
Finalmente l'ora di matematica terminò, senza che io ebbi la minima idea di cosa quel contadino avesse fatto con le sue uova.
Poi mangiammo ed infine, finalmente, giunse l'attesa ora di ricreazione.
La maestra ci fece uscire in fila ordinata dalla classe e ci portò giù, nel grande cortile.
Era vasto, con due palme, di cui una racchiusa da un gradino su cui ci si poteva sedere.
Vi era poi la statua della Madonna ed un'entrata secondaria, oltre al portone d'ingresso, preceduta da un porticato che con un po' di fantasia poteva diventare diverse cose, come una taverna nel bosco, una cantina malfamata di un porto o anche una grotta piena di tesori e pericoli.
E a noi la fantasia non mancava di certo.
Ma i nostri piani furono un po' frenati quando vedemmo che un'altra delle classi, che erano state fatte scendere con noi nel cortile, occupò gli spazi che volevamo far nostri per il gioco ideato.
Alla fine dovemmo scendere a patto con loro e farli partecipare al nostro gioco.
Dopotutto, più eravamo e meglio era.
Ma c'era altro.
C'era lei.
La ragazzina dai lunghi capelli neri di cui neanche conoscevo il nome e che frequentava proprio l'altra classe.
Non avevo mai avuto modo di parlarle e neanche avvicinarla.
Ma ora anche lei si era unita agli altri per partecipare al gioco.
E tutti, lei compresa, ora stavano intorno a me per conoscere e comprendere quel gioco.
“Ci troviamo negli anni'30...” cominciai a spiegare io “... in un'isoletta del Pacifico...”
“Come si chiama?” Chiese all'improvviso Laika.
Lei era stata spesso la protagonista dei nostri giochi.
Non tanto per una preferenza sulle altre, ma perchè aveva una spiccata personalità, un modo di porsi particolare e poi, naturalmente, era bellissima.
Ripensandoci adesso lei era senza dubbio la più bella dell'intera scuola.
I lunghi boccoli che andavano nel biondo, lo sguardo vispo con quei suoi meravigliosi occhi azzurri.
E forse si era accorta che stavolta il ruolo della bella di turno volevo darla ad un'altra.
Alla ragazzina dai lunghi capelli neri.
“Come si chiama cosa?” Guardandola io.
“L'isola su cui ci troviamo?” Fissandomi Laika. “E' francese? Olandese? Inglese o magari spagnola?”
“L'isola...” dissi io “... è inglese ed è l'Isola di Santa Caterina...” in onore alla Santa di Siena festeggiata oggi.
“Ed i ruoli allora?” Sorridendo lei, con la voglia matta di mettermi in difficoltà.
“Io ed altri” spiegai io “siamo degli evasi dall'Isola del Diavolo, giunti con una barca sull'Isola di Santa Caterina... e per non essere scoperti ci siamo camuffati da cacciatori... voi altri farete dei ricchi turisti giunti sull'isola per una battuta di caccia...”
Tutti allora si scelsero i propri ruoli.
Ma uno dei ragazzini dell'altra classe decise di fare un ricco turista sposato con la ragazzina dai capelli neri.
Questo però non mi scoraggiò.
Avrei trovato un modo per toglierlo dal gioco, pensai.
“Ed io?” Avvicinandosi Laika a me. “Non hai un ruolo per me?”
“Certo...” annuendo io “... ti vedrei bene nel ruolo di ballerina o contante... magari entrambe... vedi là?” Indicando il porticato. “E' il ritrovo dell'Isola di Santa Caterina, dove i cacciatori ed i turisti vanno a bere.”
“Bene.” Divertita lei. “Oggi mi fai fare la cattiva ragazza. Ma a te piacciono le cattive ragazze, vero?” Mi fece l'occhiolino. “O forse le dame? Eh, ma devi deciderti, tra la bionda e la bruna.”
“Scema.” Sbottai io.
Il gioco finalmente iniziò e subito l'esotico ed avventuroso scenario ci avvolse.
Ma volevo giocare con lei, con la ragazzina dai capelli bruni e conoscere il suo nome.
Feci allora in modo che durante la battuta di caccia il ragazzino che faceva suo marito restasse ferito da un felino selvatico ed io giunsi in tempo per salvare lei e portarla via.
“Ed ora cosa faremo?” Chiese lei.
“Gli indigeni delle isole del Sud” io a lei “acquistano diritto di vita e di morte sulle donne che salvano... insomma, la vita diventa un pegno di riconoscenza...”
“Vuoi uccidermi?” Scherzando lei.
“No, magari solo sapere il tuo nome come pegno...”
“Tina...” rivelò lei, guardandomi con i suoi meravigliosi occhi verdi che sembravano brillare come smeraldi a contatto con quei suoi lunghi capelli neri “... ed ora?”
“Beh...” ridendo piano io “... ora tocca a me offrirti un pegno...”
“Così fanno gli indigeni dell'Isola di Santa Caterina?” Sorridendo lei.
“Io sono un evaso, non un indigeno...” facendole l'occhiolino io.
“Perchè eri in prigione?”
“Forse per nascondermi...”
“Da cosa?” Domandò lei.
“Devi sapere” raccontai io “che sono il rampollo di una nobile ed antica famiglia flagellata da una maledizione...”
“Maledizione?” Ripetè Tina.
“Si...” sospirando io “... se mi innamoro davvero la maledizione mi ucciderà...”
“Che scemo!” Scuotendo il capo Tina.
“Non mi credi?” Fingendomi sorpreso io. “Facciamo allora una prova, sperando poi che piangerai quando mi toccherà morire per essermi perdutamente innamorato di te...”
“Non avevi detto di volermi dare un pegno?” Sussurrò lei.
“Tutto ciò che desideri...”
“Portami a visitare l'Isola di Santa Caterina...” disse lei “... come l'hai immaginata... ma solo per noi...”
Io le presi la mano.
Ma proprio in quel momento terminò la ricreazione e le classi furono riportate sopra.
“Il gioco è stato bello, sentendo gli altri...” Laika sedendosi al mio banco.
“A te non è piaciuto?” Domandai io.
“Volevo vedere l'isola...” disse lei “... l'isola di Santa Caterina... l'hai promesso a molti, magari potresti prometterlo anche a me... e riportarci domani sull'isola...”
“Magari penseremo ad un altro gioco...”
“Perchè?” Sorpresa lei. “Questo è piaciuto a tutti.”
“Vedremo...”
“Ah, certo...” maliziosa lei “... perchè lei non ci sarà domani...”
“Smettila...” seccato io.
“Non è forse vero?” Laika a me.
“Ma se neanche sapevo della presenza dell'altra classe...”
“A me piace fare la cantante...” ridendo lei “... tutti mi fanno la corte...”
“Te l'avrebbero fatta comunque...” scuotendo il capo io.
“Si,vero...” fece lei “... e magari potresti poi pentirtene...”
“Perchè?”
“Perchè potresti innamorarti di me...” rispose lei “... ah, già, non rischieresti mai... la maledizione...”
“Hai sentito quello che dicevamo?” Lesto io.
“L'Isola di Santa Caterina mica è solo tua!” Esclamò lei. “Posso andare dove voglio ed ascoltare chi voglio!”
“Bah...” io.
Lei si abbandonò ad una risata.
“Che ridi?”
“Non vale la pena sfidare la maledizione per lei...” seccata lei.
“Ma senti...”
“Per me invece si.” Annuì lei. “Ma dimmi, c'è un modo per vincerla? Per vincere la maledizione, intendo?”
“Trovare il Fiore Azzurro...”
“E dove si trova?”
“Chissà...” sbuffando io.
“Magari proprio sull'Isola di Santa Caterina...” lei.
Ci scambiammo una lunga occhiata e poi sorridemmo entrambi.
“Chissà...” con fare sognante io “... chissà, magari il Fiore Azzurro è davvero lì... sull'Isola di Santa Caterina...” poi risi “... sai, sembriamo Clark Gable e Jean Harlow in un vecchio film di avventura che vidi tempo fa...”
“Cercavano anche loro il Fiore Azzurro?” Domandò Laika.
“No, la maledizione affligge solo noi Taddei.” Con tono da Guascone io.
“E le vostre amate.” Facendomi l'occhiolino lei.
In quel momento entrò in classe una delle suore e ci raccontò di Santa Caterina, essendo oggi la sua festa, distribuendo poi a ciascuno di noi una sua Immaginetta.
Un'Immaginetta che nei miei sogni di bambino era un po' come un biglietto, un lasciapassare per raggiungere l'Isola di Santa Caterina e cercare il Fiore Azzurro.
Un'immaginetta che ancora oggi, pure nei miei sogni di adulto, mi guida con la mente oltre l'orizzonte dei desideri, dove si trova quell'isola e magari, ma io ci credo davvero, anche il Fiore Azzurro.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/7b/St_Catherine._San_Domenico2.jpg
E in quella mattinata di Maggio, mentre la maestra spiegava per l'ennesima volta di un contadino che si recava, come ogni giorno, con le sue uova da addizionare, sottrarre, moltiplicare e dividere al mercato, un vago mormorio animava la grigia e noiosa ora di matematica.
Parlottavamo fra noi ragazzini, tutti presi ad organizzare come trascorrere l'ora di ricreazione.
Era una bellissima e sognante mattinata di Aprile, in cui si celebrava Santa Caterina da Siena e i nostri pensieri erano tutti volti all'imminente ricreazione.
Dove ci avrebbe portato la maestra, ci chiedevamo continuamente?
Nel grande cortile oppure sul vasto terrazzo?
Chissà.
E quale gioco avremmo inscenato?
Lasciai decidere al caso.
Al Destino, per meglio dire.
Si, a seconda della scelta della maestra, se sul terrazzo oppure nel cortile.
“Ehi, Guisgard...” disse il ragazzino seduto nel banco dietro il mio “... allora? Hai deciso?”
“Smettila di puntarmi la penna sulla spalla...” mormorai io “... vuoi scrivermi sul grembiule?”
“Allora, a cosa giocheremo?”
“Dipende...”
“Da cosa?”
“Se andremo sul terrazzo o nel cortile...”
“Perchè?”
“Mi ispira così...” fece io.
“Anticipami qualcosa dai...” insistette quello.
“Se andremo sul terrazzo” rivelai io “giocheremo a qualcosa di fantascientifico, magari ai robot...”
“Grande!” Esclamò il ragazzino.
“Se invece andremo nel cortile” senza voltarmi io, per non attirare l'attenzione della maestra che continuava a spiegare il problema di matematica “allora giocheremo a qualcosa di esotico...”
“Esotico?” Ripetè il mio compagno. “Che vuol dire esotico? Spaziale vuoi dire?”
“No, sciocco...” a bassa voce io “... vuol dire ambientato nei Mari del Sud...”
“A far che?”
“Vedrai...” risposi “... ora però sta zitto, o la maestra ci sentirà...”
Finalmente l'ora di matematica terminò, senza che io ebbi la minima idea di cosa quel contadino avesse fatto con le sue uova.
Poi mangiammo ed infine, finalmente, giunse l'attesa ora di ricreazione.
La maestra ci fece uscire in fila ordinata dalla classe e ci portò giù, nel grande cortile.
Era vasto, con due palme, di cui una racchiusa da un gradino su cui ci si poteva sedere.
Vi era poi la statua della Madonna ed un'entrata secondaria, oltre al portone d'ingresso, preceduta da un porticato che con un po' di fantasia poteva diventare diverse cose, come una taverna nel bosco, una cantina malfamata di un porto o anche una grotta piena di tesori e pericoli.
E a noi la fantasia non mancava di certo.
Ma i nostri piani furono un po' frenati quando vedemmo che un'altra delle classi, che erano state fatte scendere con noi nel cortile, occupò gli spazi che volevamo far nostri per il gioco ideato.
Alla fine dovemmo scendere a patto con loro e farli partecipare al nostro gioco.
Dopotutto, più eravamo e meglio era.
Ma c'era altro.
C'era lei.
La ragazzina dai lunghi capelli neri di cui neanche conoscevo il nome e che frequentava proprio l'altra classe.
Non avevo mai avuto modo di parlarle e neanche avvicinarla.
Ma ora anche lei si era unita agli altri per partecipare al gioco.
E tutti, lei compresa, ora stavano intorno a me per conoscere e comprendere quel gioco.
“Ci troviamo negli anni'30...” cominciai a spiegare io “... in un'isoletta del Pacifico...”
“Come si chiama?” Chiese all'improvviso Laika.
Lei era stata spesso la protagonista dei nostri giochi.
Non tanto per una preferenza sulle altre, ma perchè aveva una spiccata personalità, un modo di porsi particolare e poi, naturalmente, era bellissima.
Ripensandoci adesso lei era senza dubbio la più bella dell'intera scuola.
I lunghi boccoli che andavano nel biondo, lo sguardo vispo con quei suoi meravigliosi occhi azzurri.
E forse si era accorta che stavolta il ruolo della bella di turno volevo darla ad un'altra.
Alla ragazzina dai lunghi capelli neri.
“Come si chiama cosa?” Guardandola io.
“L'isola su cui ci troviamo?” Fissandomi Laika. “E' francese? Olandese? Inglese o magari spagnola?”
“L'isola...” dissi io “... è inglese ed è l'Isola di Santa Caterina...” in onore alla Santa di Siena festeggiata oggi.
“Ed i ruoli allora?” Sorridendo lei, con la voglia matta di mettermi in difficoltà.
“Io ed altri” spiegai io “siamo degli evasi dall'Isola del Diavolo, giunti con una barca sull'Isola di Santa Caterina... e per non essere scoperti ci siamo camuffati da cacciatori... voi altri farete dei ricchi turisti giunti sull'isola per una battuta di caccia...”
Tutti allora si scelsero i propri ruoli.
Ma uno dei ragazzini dell'altra classe decise di fare un ricco turista sposato con la ragazzina dai capelli neri.
Questo però non mi scoraggiò.
Avrei trovato un modo per toglierlo dal gioco, pensai.
“Ed io?” Avvicinandosi Laika a me. “Non hai un ruolo per me?”
“Certo...” annuendo io “... ti vedrei bene nel ruolo di ballerina o contante... magari entrambe... vedi là?” Indicando il porticato. “E' il ritrovo dell'Isola di Santa Caterina, dove i cacciatori ed i turisti vanno a bere.”
“Bene.” Divertita lei. “Oggi mi fai fare la cattiva ragazza. Ma a te piacciono le cattive ragazze, vero?” Mi fece l'occhiolino. “O forse le dame? Eh, ma devi deciderti, tra la bionda e la bruna.”
“Scema.” Sbottai io.
Il gioco finalmente iniziò e subito l'esotico ed avventuroso scenario ci avvolse.
Ma volevo giocare con lei, con la ragazzina dai capelli bruni e conoscere il suo nome.
Feci allora in modo che durante la battuta di caccia il ragazzino che faceva suo marito restasse ferito da un felino selvatico ed io giunsi in tempo per salvare lei e portarla via.
“Ed ora cosa faremo?” Chiese lei.
“Gli indigeni delle isole del Sud” io a lei “acquistano diritto di vita e di morte sulle donne che salvano... insomma, la vita diventa un pegno di riconoscenza...”
“Vuoi uccidermi?” Scherzando lei.
“No, magari solo sapere il tuo nome come pegno...”
“Tina...” rivelò lei, guardandomi con i suoi meravigliosi occhi verdi che sembravano brillare come smeraldi a contatto con quei suoi lunghi capelli neri “... ed ora?”
“Beh...” ridendo piano io “... ora tocca a me offrirti un pegno...”
“Così fanno gli indigeni dell'Isola di Santa Caterina?” Sorridendo lei.
“Io sono un evaso, non un indigeno...” facendole l'occhiolino io.
“Perchè eri in prigione?”
“Forse per nascondermi...”
“Da cosa?” Domandò lei.
“Devi sapere” raccontai io “che sono il rampollo di una nobile ed antica famiglia flagellata da una maledizione...”
“Maledizione?” Ripetè Tina.
“Si...” sospirando io “... se mi innamoro davvero la maledizione mi ucciderà...”
“Che scemo!” Scuotendo il capo Tina.
“Non mi credi?” Fingendomi sorpreso io. “Facciamo allora una prova, sperando poi che piangerai quando mi toccherà morire per essermi perdutamente innamorato di te...”
“Non avevi detto di volermi dare un pegno?” Sussurrò lei.
“Tutto ciò che desideri...”
“Portami a visitare l'Isola di Santa Caterina...” disse lei “... come l'hai immaginata... ma solo per noi...”
Io le presi la mano.
Ma proprio in quel momento terminò la ricreazione e le classi furono riportate sopra.
“Il gioco è stato bello, sentendo gli altri...” Laika sedendosi al mio banco.
“A te non è piaciuto?” Domandai io.
“Volevo vedere l'isola...” disse lei “... l'isola di Santa Caterina... l'hai promesso a molti, magari potresti prometterlo anche a me... e riportarci domani sull'isola...”
“Magari penseremo ad un altro gioco...”
“Perchè?” Sorpresa lei. “Questo è piaciuto a tutti.”
“Vedremo...”
“Ah, certo...” maliziosa lei “... perchè lei non ci sarà domani...”
“Smettila...” seccato io.
“Non è forse vero?” Laika a me.
“Ma se neanche sapevo della presenza dell'altra classe...”
“A me piace fare la cantante...” ridendo lei “... tutti mi fanno la corte...”
“Te l'avrebbero fatta comunque...” scuotendo il capo io.
“Si,vero...” fece lei “... e magari potresti poi pentirtene...”
“Perchè?”
“Perchè potresti innamorarti di me...” rispose lei “... ah, già, non rischieresti mai... la maledizione...”
“Hai sentito quello che dicevamo?” Lesto io.
“L'Isola di Santa Caterina mica è solo tua!” Esclamò lei. “Posso andare dove voglio ed ascoltare chi voglio!”
“Bah...” io.
Lei si abbandonò ad una risata.
“Che ridi?”
“Non vale la pena sfidare la maledizione per lei...” seccata lei.
“Ma senti...”
“Per me invece si.” Annuì lei. “Ma dimmi, c'è un modo per vincerla? Per vincere la maledizione, intendo?”
“Trovare il Fiore Azzurro...”
“E dove si trova?”
“Chissà...” sbuffando io.
“Magari proprio sull'Isola di Santa Caterina...” lei.
Ci scambiammo una lunga occhiata e poi sorridemmo entrambi.
“Chissà...” con fare sognante io “... chissà, magari il Fiore Azzurro è davvero lì... sull'Isola di Santa Caterina...” poi risi “... sai, sembriamo Clark Gable e Jean Harlow in un vecchio film di avventura che vidi tempo fa...”
“Cercavano anche loro il Fiore Azzurro?” Domandò Laika.
“No, la maledizione affligge solo noi Taddei.” Con tono da Guascone io.
“E le vostre amate.” Facendomi l'occhiolino lei.
In quel momento entrò in classe una delle suore e ci raccontò di Santa Caterina, essendo oggi la sua festa, distribuendo poi a ciascuno di noi una sua Immaginetta.
Un'Immaginetta che nei miei sogni di bambino era un po' come un biglietto, un lasciapassare per raggiungere l'Isola di Santa Caterina e cercare il Fiore Azzurro.
Un'immaginetta che ancora oggi, pure nei miei sogni di adulto, mi guida con la mente oltre l'orizzonte dei desideri, dove si trova quell'isola e magari, ma io ci credo davvero, anche il Fiore Azzurro.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/7b/St_Catherine._San_Domenico2.jpg