Hastatus77
16-03-2009, 14.12.04
Glastonbury è una cittadina della contea del Somerset, nel sud dell'Inghilterra. Si tratta di un luogo tra i più famosi di tutto il Regno Unito, un posto mistico e sacro fin dalla notte dei tempi, come minimo a partire dall'era neolitica.
La cittadina, viene ritenuta, insieme a Canterbury, come uno dei luoghi più sacri della cristianità inglese, e ad essa sono legate parecchie leggende.
Di queste, ci interessano quella che fa della cittadina il primo luogo della cristianità nelle isole britanniche, per opera di Giuseppe d'Arimatea, cioè colui che chiese a Pilato di porre il corpo di Gesù nel proprio sepolcro. Giuseppe d'Arimatea, giunse a Glastonbury in nave, quando la zona era ancora paludosa, e appena mise piede a terra, piantò il suo bastone nel terreno, che fiorì miracolosamente nel Biancospino di Glastonbury ("Spina Santa"), il quale è ancora presente e fiorisce due volte l'anno, una in primavera e l'altra a Natale. In questo luogo Giuseppe d'Arimatea avrebbe anche nascosto il Santo Graal.
La verità, identifica le origini di Glatonbury in un villaggio lacustre sorgente da un terreno paludoso (nella cittadina è presente l'interessante museo archeologico di Lake Village, dove si possono ammirare i reperti di questo sito originario e che sono datati fra il III e I secolo A.C.).
Il primo monastero fu qui fondato da re Ini dei Sassoni occidentali, attorno al 708, come narrato in un racconto preso da un vecchio libro: A short history of the English people. (Fonte: "Il mito della Tavola Rotonda" di Norma Lorre Goodrich).
L'originale "Spina Santa" fu oggetto di pellegrinaggi nel Medio Evo, ma fu poi distrutta durante la Guerra civile inglese. Un nuovo biancospino fu piantato nel XX secolo sulla collina di Wearyall (nel 1952 lo si dovette ripiantare di nuovo, il tentativo dell'anno precedente era fallito).
La seconda leggenda che ci riguarda è quella che identifica Glastonbury, per opera di Geoffrey di Monmouth, come la mitica Avalon, nonché tomba di re Artù e della regina Ginevra.
La verità, è che nel 1191 i monaci dell'abbazia dissero di avere trovato la tomba di re Artù e della regina Ginevra, ed Enrico II ordinò loro di dissotterrarne i resti, ed inviò tre testimoni per controllare l'operato.
I tre testimoni, sembra però siano stati raggirati dall'abate di Glastonbury, Enrico di Sully. Sembra infatti che fu posta una tenda attorno allo scavo, in modo che i testimoni non potessero vedere cosa stava succedendo. Ad ogni modo, questi eminenti testimoni, che rilasciarono dei resoconti, videro tutti qualcosa di diverso, quando fu loro mostrata la croce di piombo trovata nella tomba, oltre al cranio ed alle ossa di un gigante.
Il primo resoconto è di Giraldo Cambrense il quale afferma che la croce riportava la seguente iscrizione : "Qui nell'isola di Avalon giace sepolto il rinomato re Artù con [la regina] Ginevra sua seconda moglie".
Il secondo testimone, Rodolfo di Coggeshall, scrisse che l'iscrizione era la seguente: "Qui si trova la tomba del rinomato re Artù, sepolto nell'isola di Avalon".
Il terzo testimone, Adamo di Domerham, riporta in versi latini qualcosa che dice approssimativamente che qui nella tomba giace re Artù, fiore dei re, gloria del reame, insieme alla sua seconda moglie, che ha meritato anch'essa il Paradiso.
L'iscrizione in latino di quanto letto da Giraldo Cambrense, è la seguente: "HIC JACET SEPULTUS INCLITUS REX ARTURUS CUM WENNEVARIA UXORE SUA SECUNDA IN INSULA AVALLONIS".
Di questa croce di piombo, lo studioso inglese John Leland, cappellano di Enrico VIII, che la vide attorno al 1542, dice che era alta una trentina di centimetri.
L'ultima persona a darci notizie della croce, prima che scomparisse per sempre attorno al 1700, fu William Camden, storico di Elisabetta I, che fece il seguente disegno, attorno al 1607:
http://www.camelot-irc.org/forum/picture.php?albumid=21&pictureid=129
E l'iscrizione latina è la seguente: "HIC JACET SEPULTUS INCLITUS REX ARTURUS IN INSULA AVALONIA".
Il carattere delle lettere di queste iscrizioni è chiamato "onciale inferiore", cioè un carattere bastardo derivato dalla scrittura maiuscola alta di solito venticinque millimetri, usata prima dl X secolo e principalmente per la trascrizione della Bibbia. Non è quindi il tipo di iscrizione che si trova sulle tombe del VI secolo.
Sembra quindi che tutte queste macchinazioni siano state opera di Enrico II e dei monaci benedettini, il primo perché voleva mettere a tacere le voci che Artù sarebbe tornato a prendere il trono, i secondi perché con tali ritrovamenti avrebbero attirato altri pellegrini e quindi altro denaro.
Fonti: Web, "Il mito della Tavola Rotonda" di Norma Lorre Goodrich.
La cittadina, viene ritenuta, insieme a Canterbury, come uno dei luoghi più sacri della cristianità inglese, e ad essa sono legate parecchie leggende.
Di queste, ci interessano quella che fa della cittadina il primo luogo della cristianità nelle isole britanniche, per opera di Giuseppe d'Arimatea, cioè colui che chiese a Pilato di porre il corpo di Gesù nel proprio sepolcro. Giuseppe d'Arimatea, giunse a Glastonbury in nave, quando la zona era ancora paludosa, e appena mise piede a terra, piantò il suo bastone nel terreno, che fiorì miracolosamente nel Biancospino di Glastonbury ("Spina Santa"), il quale è ancora presente e fiorisce due volte l'anno, una in primavera e l'altra a Natale. In questo luogo Giuseppe d'Arimatea avrebbe anche nascosto il Santo Graal.
La verità, identifica le origini di Glatonbury in un villaggio lacustre sorgente da un terreno paludoso (nella cittadina è presente l'interessante museo archeologico di Lake Village, dove si possono ammirare i reperti di questo sito originario e che sono datati fra il III e I secolo A.C.).
Il primo monastero fu qui fondato da re Ini dei Sassoni occidentali, attorno al 708, come narrato in un racconto preso da un vecchio libro: A short history of the English people. (Fonte: "Il mito della Tavola Rotonda" di Norma Lorre Goodrich).
L'originale "Spina Santa" fu oggetto di pellegrinaggi nel Medio Evo, ma fu poi distrutta durante la Guerra civile inglese. Un nuovo biancospino fu piantato nel XX secolo sulla collina di Wearyall (nel 1952 lo si dovette ripiantare di nuovo, il tentativo dell'anno precedente era fallito).
La seconda leggenda che ci riguarda è quella che identifica Glastonbury, per opera di Geoffrey di Monmouth, come la mitica Avalon, nonché tomba di re Artù e della regina Ginevra.
La verità, è che nel 1191 i monaci dell'abbazia dissero di avere trovato la tomba di re Artù e della regina Ginevra, ed Enrico II ordinò loro di dissotterrarne i resti, ed inviò tre testimoni per controllare l'operato.
I tre testimoni, sembra però siano stati raggirati dall'abate di Glastonbury, Enrico di Sully. Sembra infatti che fu posta una tenda attorno allo scavo, in modo che i testimoni non potessero vedere cosa stava succedendo. Ad ogni modo, questi eminenti testimoni, che rilasciarono dei resoconti, videro tutti qualcosa di diverso, quando fu loro mostrata la croce di piombo trovata nella tomba, oltre al cranio ed alle ossa di un gigante.
Il primo resoconto è di Giraldo Cambrense il quale afferma che la croce riportava la seguente iscrizione : "Qui nell'isola di Avalon giace sepolto il rinomato re Artù con [la regina] Ginevra sua seconda moglie".
Il secondo testimone, Rodolfo di Coggeshall, scrisse che l'iscrizione era la seguente: "Qui si trova la tomba del rinomato re Artù, sepolto nell'isola di Avalon".
Il terzo testimone, Adamo di Domerham, riporta in versi latini qualcosa che dice approssimativamente che qui nella tomba giace re Artù, fiore dei re, gloria del reame, insieme alla sua seconda moglie, che ha meritato anch'essa il Paradiso.
L'iscrizione in latino di quanto letto da Giraldo Cambrense, è la seguente: "HIC JACET SEPULTUS INCLITUS REX ARTURUS CUM WENNEVARIA UXORE SUA SECUNDA IN INSULA AVALLONIS".
Di questa croce di piombo, lo studioso inglese John Leland, cappellano di Enrico VIII, che la vide attorno al 1542, dice che era alta una trentina di centimetri.
L'ultima persona a darci notizie della croce, prima che scomparisse per sempre attorno al 1700, fu William Camden, storico di Elisabetta I, che fece il seguente disegno, attorno al 1607:
http://www.camelot-irc.org/forum/picture.php?albumid=21&pictureid=129
E l'iscrizione latina è la seguente: "HIC JACET SEPULTUS INCLITUS REX ARTURUS IN INSULA AVALONIA".
Il carattere delle lettere di queste iscrizioni è chiamato "onciale inferiore", cioè un carattere bastardo derivato dalla scrittura maiuscola alta di solito venticinque millimetri, usata prima dl X secolo e principalmente per la trascrizione della Bibbia. Non è quindi il tipo di iscrizione che si trova sulle tombe del VI secolo.
Sembra quindi che tutte queste macchinazioni siano state opera di Enrico II e dei monaci benedettini, il primo perché voleva mettere a tacere le voci che Artù sarebbe tornato a prendere il trono, i secondi perché con tali ritrovamenti avrebbero attirato altri pellegrini e quindi altro denaro.
Fonti: Web, "Il mito della Tavola Rotonda" di Norma Lorre Goodrich.