Vanegoor
13-06-2009, 13.45.30
Un giorno d’un anno ormai distante
che il tempo non annovera con data certa
un viaggiatore ramingo e pensante
andò per una via fosca e deserta.
La sua partenza tanto distava dalla meta
quando nottetempo giunse in un paese
ove sostò per trascorrer notte lieta;
e sì gli piacque, ch’una notte divenne un mese.
Così avvenne che all’incipit della primavera
gli apparve splendidamente una fanciulla;
di tal grazia divina incommensurabilmente era
come di rado natura in perfezione si trastulla.
E costui ch’ancor pensava al viaggio
sospese il pensier del suo tragitto
e cercò costei qual fosse l’unico raggio
nell’aere altrimenti buio e fitto.
Ahimé, qual può dirsi maggior sciagura
d’un disio che si apprende come reale appena
e per breve speranza eterna tristezza perdura;
e così effimera gioia comporta perpetua pena!
Eppure, come un seme che ben germoglia,
il viaggiator da desiderio e nostalgia sospinto
in versi di passione vergò la sua voglia
tanto che di conoscer ella fu sì convinto.
Ebbene, nella clessidra trascorse la sabbia
d’un anno intero, ove la bella rimase assente;
la nostalgia allor si mutò in disperazione e rabbia.
Egli partì, smarrito ormai nel novero della perduta gente.
Non si seppe più nulla, né mai fu più visto;
forse la lettera giunse alla ragazza altrove,
ma temo ch’egli proseguì di lei ignaro e tristo.
Morendo, pensò: chi trova la lettera di me si commuove!
Costui morì senza mai a meta esser giunto,
di lei non si saprà mai virtù o bellezza,
ma la lettera durò più del pensier defunto;
e così secoli dopo il suo peregrinar si spezza.
Nel tempo presente, un amante triste
similmente compunto per mancato affetto
nell’intento d’amar una bella fanciulla insiste,
però gli manca ogni favella al suo cospetto.
In luogo recondito trova la lettera antica,
senza mittente, di destinatario priva;
compiange e ringrazia l’autor per la fatica,
e: “costui la vorrebbe dedicar a fanciulla viva,
qualora potesse inoltrare il suo intento”,
pensa l’amante. Quindi piange nei versi
colei che mai potè far l’autore contento
della sua opera, e li riscarcisce per i secoli persi.
Si volge dunque alla bella amata,
le dedica gli antichi versi quasi fossero nuovi
con tale passione qual fosse in lui innata;
E lei: “Com’è che in me tanta bellezza trovi?”
Or solo il futuro conosce il perdurar delle cose,
ma di certo tali versi di cui avrei gradito lettura
sopravviveranno alle storie palesi e quelle ascose,
sì che la vera passione in eterno dura
grazie a colui che la seminò con grande sofferenza
e colei che lo ispirò, ahimé, con simile indifferenza.
Vanegoor
che il tempo non annovera con data certa
un viaggiatore ramingo e pensante
andò per una via fosca e deserta.
La sua partenza tanto distava dalla meta
quando nottetempo giunse in un paese
ove sostò per trascorrer notte lieta;
e sì gli piacque, ch’una notte divenne un mese.
Così avvenne che all’incipit della primavera
gli apparve splendidamente una fanciulla;
di tal grazia divina incommensurabilmente era
come di rado natura in perfezione si trastulla.
E costui ch’ancor pensava al viaggio
sospese il pensier del suo tragitto
e cercò costei qual fosse l’unico raggio
nell’aere altrimenti buio e fitto.
Ahimé, qual può dirsi maggior sciagura
d’un disio che si apprende come reale appena
e per breve speranza eterna tristezza perdura;
e così effimera gioia comporta perpetua pena!
Eppure, come un seme che ben germoglia,
il viaggiator da desiderio e nostalgia sospinto
in versi di passione vergò la sua voglia
tanto che di conoscer ella fu sì convinto.
Ebbene, nella clessidra trascorse la sabbia
d’un anno intero, ove la bella rimase assente;
la nostalgia allor si mutò in disperazione e rabbia.
Egli partì, smarrito ormai nel novero della perduta gente.
Non si seppe più nulla, né mai fu più visto;
forse la lettera giunse alla ragazza altrove,
ma temo ch’egli proseguì di lei ignaro e tristo.
Morendo, pensò: chi trova la lettera di me si commuove!
Costui morì senza mai a meta esser giunto,
di lei non si saprà mai virtù o bellezza,
ma la lettera durò più del pensier defunto;
e così secoli dopo il suo peregrinar si spezza.
Nel tempo presente, un amante triste
similmente compunto per mancato affetto
nell’intento d’amar una bella fanciulla insiste,
però gli manca ogni favella al suo cospetto.
In luogo recondito trova la lettera antica,
senza mittente, di destinatario priva;
compiange e ringrazia l’autor per la fatica,
e: “costui la vorrebbe dedicar a fanciulla viva,
qualora potesse inoltrare il suo intento”,
pensa l’amante. Quindi piange nei versi
colei che mai potè far l’autore contento
della sua opera, e li riscarcisce per i secoli persi.
Si volge dunque alla bella amata,
le dedica gli antichi versi quasi fossero nuovi
con tale passione qual fosse in lui innata;
E lei: “Com’è che in me tanta bellezza trovi?”
Or solo il futuro conosce il perdurar delle cose,
ma di certo tali versi di cui avrei gradito lettura
sopravviveranno alle storie palesi e quelle ascose,
sì che la vera passione in eterno dura
grazie a colui che la seminò con grande sofferenza
e colei che lo ispirò, ahimé, con simile indifferenza.
Vanegoor