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Visualizza versione completa : Un cavaliere ed il suo diavolo


Mordred Inlè
24-08-2009, 20.18.13
Direttamente ispirato a ‘Storie di re Artù e dei suoi cavalieri’ (Morte d’Arthur) di Thomas Malory e, più precisamente, all’episodio in cui Lancillotto, salvato dal castello di Morgana la Fata, partecipa al torneo di re Bagdemagus contro il re del Galles del Nord.
Avvertenze? Slash, ovviamente. PG15. Leggermente ispirato a ‘Idylls of the queen’, potrebbe anche essere vista come una fan fiction di ‘Idylls of the queen’ ma ha delle incongruenze con il libro quindi… rimane original.
Ho reso sir Gahalantine il protagonista. Non ha mai abbastanza spazio.


Sir Gahalantine portò il proprio cavallo a fianco dell’enorme stallone del re del Galles del Nord.
“Mio signore, vedete quell’uomo abbigliato di bianco e blu?”
Il re, un enorme uomo dalla folta chioma scura e dal riso facile, annuì, infastidito dall’intrusione del cavaliere che aveva ingaggiato per il torneo.
Il re del Galles del Nord trovava già fastidioso chiedere l’aiuto ai cavalieri di Artù ed il fatto che questi, con la loro aria di superiorità, intendessero anche dargli consigli su come dirigere un torneo lo innervosiva parecchio.
“Vedo bene, cavaliere,” rispose seccato, scambiandosi un’occhiata esasperata con il siniscalco del proprio regno.
“Si tratta di mio cugino di secondo grado. E’ sir Lancillotto, mio signore,” confidò Gahalantine, come se avesse appena rivelato il proprio più grande segreto.
“E’ il più grande cavaliere della Tavola Rotonda,” intervenne sir Mador de la Porte, anche lui originario di Camelot ed anche lui escluso dall’elité della grande Tavola.
Il re del Galles osservò le schiere di cavalieri che Bagdemagus di Gore aveva preparato per il loro torneo. Sembravano tutti abbastanza esperti da mettere in ombra il cavaliere chiamato Lancillotto, relativamente più giovane di loro.
“Se lo conoscete così bene,” rispose, “lo lascio a voi ed a sir Mordred.”
Gahalantine fece per ribattere qualcosa ma Mador gli diede un leggero colpo sulla spalla ed i due cavalcarono assieme fino al luogo in cui Mordred stava imbrigliando il cavallo.
“C’è Lancillotto,” annunciò Gahalantine, smontando da cavallo ed avvicinandosi all’amico.
Mordred si tolse l’elmo e si voltò.
Gahalantine fu costretto a portare la propria attenzione sul proprio cavallo perché un’improvvisa ondata di febbrile passione sembrava averlo completamente avvolto.
“Vedo. Non lo conosco abbastanza da doverlo temere,” ammise Mordred, riportando la propria attenzione sui due compagni.
Dei tre lui era l’unico ad essere stato nominato cavaliere della Tavola Rotonda ma per ragioni che non aveva mai voluto spiegare, era anche l’unico cavaliere che tentava di starvi il più distante possibile.
“Lo vidi combattere e posso dirvi che è un valoroso.” Mador smontò anch’esso. “Non mi dispiacerebbe misurarmi con lui.”
Mador de la Porte non era sicuramente il cavaliere più intelligente o raffinato, ma sapeva come battersi ed era un compagno abbastanza piacevole con cui partecipare ad un torneo. Almeno era abbastanza grosso da spaventare gli avversari.
“Il migliore amico del re- e della regina,” sorrise malizioso sir Mordred, prima di rimettersi l’elmo.
“Non dar retta alle dicerie,” sbottò Gahalantine, improvvisamente furioso. C’era qualcosa di oscuro che nasceva negli occhi del compagno quando questi iniziava a parlare del potente re Artù e della sua più intima corte. Qualcosa che spaventava e che rattristava sir Gahalantine.
L’altro scrollò le spalle e salì sul proprio cavallo bruno, dirigendosi verso il re del Galles del Nord.
“E’ strano,” borbottò Mador de la Porte, “e non ci credo che è figlio di re Lot. Ho conosciuto re Lot e quel bastardello non ci somiglia nemmeno un po’.”
“Non abbiamo tempo per le chiacchiere,” lo fece tacere Gahalantine, “combatte bene, è un buon compagno ed è tutto ciò di cui abbiamo bisogno.”
“Non so tu, ma stavo meglio prima di viaggiare con lui.”
Certo che stavi meglio, sei invidioso perché lui è un cavaliere della Tavola Rotonda e tu no.
Senza più aggiunger altro, i due cavalieri raggiunsero lo schieramento gallese ed osservarono i due re sfidanti mentre si stringevano la mano e si lodavano con falsità.
I due schieramenti, uno con stendardi verdi e argento e l’altro con stemmi di lupi famelici, tranne quei pochi cavalieri con i propri colori, si squadrarono con ansia e trepidazione.
Un torneo, per quanto sia amichevole, spesso finisce con ferite, ammaccature e talvolta la morte.
Sir Gahalantine si guardò attorno, spassionatamente. Era così, dunque, che vivevano cavalieri che dovevano difendere il popolo? A giostrare in inutili tornei per la gioia di giovani dame avvenenti e re annoiati?
Una tromba squillò nell’aria ed i tre cavalieri di Artù si fecero da parte, lasciando prima avanzare centosessanta uomini del re gallese. La schiera di Bagdemagus riuscì comunque ad avere la meglio, nonostante fosse meno numerosa, ed i tre dovettero subito intervenire.
Con le lance in resta, caricarono i cavalieri rivali e sbaragliarono le file, facendone cadere almeno dodici. Gli uomini di Bagdemagus dovettero ritirarsi e recuperare cavalli e cavalieri perduti.
Allora si fece avanti sir Lancillotto del Lago, gettandosi nella mischia ed abbattendo con una sola lancia cinque cavalieri, quattro dei quali ne ebbero la schiena spezzata. Tra la folla disarcionò anche il re del Galles del Nord che, nella caduta, si ruppe un femore.
“Come vi avevo detto, è un cavaliere davvero temibile,” commentò Mador, che aveva osservato la scena da lontano, “che voi mi seguiate o no, intendo misurarmi con lui!”
E detto questo, galoppò fino all’avversario ed i due scontrarono le lance. Mador però ebbe la peggio e cadde rovinosamente da cavallo, ferendosi ad una spalla.
Due cavalieri gallesi corsero ad aiutarlo e lo portarono fuori dall’area di battaglia.
“E così il più nobile di noi è stato battuto,” ironizzò Mordred e si preparò al combattimento, “direi che sarebbe conveniente vendicarlo.”
“Mordred, aspetta!”
Ma Mordred non aspettò. Per quanto pericolose fosse una battaglia o uno scontro, Mordred non si fermava mai a ragionare. Sir Gahalantine, agli inizi, pensò si trattasse di stoltezza ma solo successivamente capì che il cavaliere non era uno stolto. Si buttava nelle battaglie cecamente perché non aveva alcuna intenzione di uscirne vivo.
Ed anche questa volta, sir Mordred si lanciò su Lancillotto, vedendo bene che l’altro già si era preparato a riceverlo. La lancia di Mordred si spezzò contro quella di Lancillotto che spezzato l'arcione della sella dell’altro, lo fece al di sopra del cavallo.
Mordred atterrò con una tale violenza che l’elmo si conficcò prepotentemente nel suolo ed il rumore sembrò rompere la battaglia, per qualche attimo.
Sir Gahalantine sentì le proprie vene diventare gelo ed il proprio respiro spezzarsi.
Mordred era a terra e non si muoveva.
Accecato dall’ira, Gahalantine si lanciò su Lancillotto, per una volta senza riflettere su nulla, ed i due spezzarono le rispettive lance. Ma non era abbastanza, quindi scesero dai cavalli ed iniziarono a battersi con le spade finché Lancillotto non riuscì a ferire lievemente l’altro, al fianco.
“Vi chiedo di accettare la mia resa,” ansimò Gahalantine. Il dolore sembrava averlo fatto tornare in sé. “Non sono un avversario degno di voi,” continuò il cavaliere ed abbandonò la spada.
Lancillotto lo lasciò fare, avendo riconosciuto il cugino più giovane e vedendo come questi si penasse per raggiungere il luogo in cui Mordred giaceva ancora svenuto.
“Mordred, sir Mordred?” lo chiamò il cavaliere, inginocchiandosi accanto a lui.
Gli slacciò l’elmo e portò una mano, ora senza guanto, fino al collo dell’altro. Con sollievo sentì un leggero battito ed il respiro e si accorse, solo in quel momento, di aver trattenuto lui stesso il fiato. Sentì i propri muscoli rilassarsi, la bocca tremare.
“Mordred, andiamo,” tentò nuovamente ed iniziò a slacciargli l’armatura, per poterlo portare fuori dall’arena. Uno degli scudieri del re gallese corse a dargli una mano ed in due riuscirono a trascinare il cavaliere svenuto fino alle scuderie.
Ci vollero un altro abbondante paio di minuti prima che il caduto si ridestasse.
“Sei un incosciente,” sibilò Gahalantine, vedendo gli occhi scuri dell’altro che tornavano ad intendere.
Mordred provò a rispondere qualcosa ma la confusione era troppa e la folla gridante del torneo sembrava volergli spezzare il cranio.
“Rumore,” mormorò infine.
“Sì, Mordred, rumore,” sospirò Gahalantine, tastandogli la nuca alla ricerca di ferite e soffermandosi a passare le mani tra i capelli castani.
Resis***** alla tentazione di tirarglieli. Ora che la preoccupazione era passata, la rabbia, per tutte quelle volte che l’altro si buttava nel pericolo senza ragionare, era tornata più prepotente di prima e chiedeva vendetta.
“Ti ammazzerò, prima o poi. Lo giurò, lo farò se continui così.”
“Oh, sì, ti prego,” sorrise Mordred, scoprendo i denti bianchi ed un canino leggermente storto.
“Taci, per carità,” sospirò Gahalantine, stringendogli la mandibola con una mano e facendo svanire quel sorriso fastidioso.
Non sopportava le missioni suicide di Mordred, non sopportare il suo cercare la morte con tale leggerezza.
Il cavaliere a terra aprì la bocca e voltò piano il viso, baciando il palmo della mano di Gahalantine che, immobile, lasciò a Mordred il compito di scusarsi per le azioni sconsiderate di poco prima.
“Io-“ provò sir Gahalantine, mentre l’altro iniziava a baciare il suo polso e sorrideva tra un bacio e l’altro, “-non sopporto... Dio, non ti sopporto.”
Quando Mordred provò ad alzarsi a sedere, Gahalantine si riscosse dalla nuvola di tristezza e rabbia che sembrava averlo avvolto e lo spinse a terra.
“Sati giù, hai preso un brutto colpo.”
Mordred sorrise. Per essere un cavaliere così cinico e tagliente, Mordred sapeva sorridere parecchio.
I sorrisi sono quasi più velenosi dei suoi silenzi.
“Abbiamo vinto il torneo?”
“Lancillotto ha portato la vittoria a Bagdemagus. Se tu non ti fossi lanciato alla cieca su di lui forse avremmo potuto vincere.”
Gahalantine rimase immobile, aprì la bocca. La richiuse. Non era mai passato oltre quel limite di letto e passione che aveva con Mordred e non aveva mai chiesto, mai interrogato.
“Dimmi perché lo fai?” domandò, infine, sentendo di aver fatto un nuovo passo, qualcosa che non avrebbe mai più potuto ritrattare.
“Cosa?”
“Ti butti, così, senza pensare. So che sei intelligente e so che se non volessi rischiare la vita avresti altri modi per affrontare i tuoi avversari. Quindi dimmi.”
Il sorriso di Mordred scomparve.
Fuori si sentiva il rumore di corazze ed armature, cavalli che sbuffavano e cavalieri che chiacchieravano. Le risate delle damigelle avvolgevano il tutto.
“Non hai qualche dama da soddisfare, Gahalantine?”
“Pensavo fossi tu quello da dover soddisfare. E non cambiare argomento.”
“Carino,” rispose Mordred, acidamente, “mi sei fedele come un cucciolo. Non sono pronto ad abbandonarti.”
“O non sei pronto ad essere abbandonato?” domandò Gahalantine, con rabbia. Non sopportava il tono saccente e superiore che talvolta usava Mordred, nei suoi momenti peggiori. Soprattutto perché Gahalantine riusciva a leggere oltre.
Il cavaliere se ne meravigliava ogni volta. Ogni volta che la voce di Mordred…
“Penso di essere a posto, non ho preso un colpo così brutto come sembra.”
“Dove pensi di andare? Rimani giù.” Sir Gahalantine lo dice più per pura abitudine che per convinzione. In ogni caso le possibilità che l’altro lo ascoltasse erano minime.
Sir Mordred si alzò a fatica, ondeggiando appena e scompigliandosi i capelli, tastandosi la nuca per cercare ferite o bernoccoli. Mosse le mani, si tolse i guanti e si voltò verso il compagno di viaggi.
“Sono ancora vivo, che importa il perché?”
I due cavalieri si avvicinarono e Gahalantine permise a Mordred di toccargli i folti capelli biondi, identici a quelli del loro precedente rivale Lancillotto.
“Potresti essere un grande cavaliere. Torna a Camelot.”
“E tu? Dove pensi di andare?”
“Non lo so, in giro.”
Gahalantine afferrò una manciata dei capelli scuri dell’altro e tentò di voltarlo verso di sé.
“No, tu hai bisogno di me.”
“Io ho..”
Mordred non riuscì a finire la frase perché i due furono costretti a dividersi. Una damigella dagli occhi chiari ed i capelli biondi, quasi bianchi, li aveva raggiunti, sorridente e un po’ affannata nel suo abito scuro e leggero.
“Sir Mordred, state bene?” domandò la giovane, avanzando verso di loro con aria nobile e regale.
Entrambi la conoscevano anche se la donna non aveva mai rivolto loro la parola.
Anne, nipote del re del Galles del Nord, si inchinò leggermente ai due cavalieri.
“E’ stato scortese da parte vostra non assistere alla premiazione di re Bagdemagus. Venite di là, i festeggiamenti sono appena iniziati,” sorrise Anne, “persino sir Mador, nonostante la brutta caduta, vi sta partecipando.”
Sir Gahalantine aspettò che fosse Mordred a rifiutare l’invito, come sempre faceva quando si trattava di partecipare a queste mondanità, ma l’altro ragazzo sfiorò i suoi occhi con i propri e Gahalantine capì che il cavaliere dallo stemma viola e giallo non aveva alcuna intenzione di permettergli di continuare la loro conversazione.
“Perdonateci milady, è colpa mia. Lancillotto mi ha colpito duramente ma non temete, parteciperemo al banchetto perché non gli serbo alcun rancore.”
Gahalantine tentò di rimediare al danno con un debole “Forse è meglio che Mordred si riposi” ma l’altro lo ignorò e seguì la trionfante Anne, la quale fece strada davanti a loro.
Il banchetto era lussuoso e abbondante, degno di due grandi ed orgogliosi re come il gallese ed il re di Gore. Entrambi amavano sfoggiare ricchezza ed entrambi erano legati da una rivalità eterna che nasceva molti anni prima, a causa della contesa di una donna.
Quasi tutti i cavalieri, che non erano gravemente feriti, partecipavano.
Sir Mador stava ridendo ed intrattenendo un gruppo di fanciulle abbigliate con i colori gallesi ma non vi era traccia di Lancillotto.
“E’ scomparso,” esclama la figlia del re di Gore, la donna che lo aveva salvato da Morgana e dalle tre regine maghe.
“Nessuno riesce a fermarlo,” la rassicurò Gahalantine che, anche se poco, conosceva l’attitudine del cugino a cercare disperatamente gloria ed avventure, senza curarsi delle persone che venivano lasciate indietro.
Ginevra, pensò il cavaliere, nemmeno lei, di cui si parla tanto, riesce a tenerlo stretto a sé, a Camelot.
“Siete stata astuta,” sorrise Gahalantine, inchinandosi scherzosamente alla fanciulla, “avete accalappiato il cavaliere più nobile per voi e lasciato a noi poveri la sconfitta.”
“Mio caro cavaliere, siete ingiusto con me. Sapete bene che due mesi fa avete vinto voi. Tutta la gloria per voi e per sir Mordred e niente per il mio povero padre,” rispose la donna, tenendo quel tono scherzoso che molti notavano in lei.
Gahalantine annuì.
“Ammettetelo, vi denigrate e vi lamentate solo per poter essere lodato da una bella dama,” intervenne sir Mador de la Porte.
“Non lo farei mai, vi confondente con voi stesso,” replicò Gahalantine, cogliendo l’occasione per lasciare il piccolo gruppo, ora che la dama di Gore aveva un’altra compagnia.
Un gruppo di cavalieri particolarmente ubriachi iniziò a cantare un’antica ballata pagana che subito venne fatta tacere da una delle damigelle di Anne.
A nessuno piaceva sentire le vecchie parole dei druidi, più per paura della nostalgia che per vera e propria fede assoluta nella cristianità.
La festa andò avanti per altre ore ed ore ancora mentre il cielo si oscurava e la maggior parte dei cavalieri si ubriacò senza difficoltà. Sir Gahalantine, che non amava bere, si stancò presto dei nuovi balli barcollanti e delle dame esageratamente allegre.
Il suo sguardo, quasi da solo ed automaticamente, iniziò a cercare l’alta figura di Mordred, i suoi capelli scompigliati e scuri ma non lo trovò da nessuna parte.
Un’ondata di gelosia rabbiosa lo assalì mentre l’idea che l’altro potesse essersi ritirato con qualche dama si insinuava nella sua mente.
Una mano si appoggiò sulla sua spalla ed il cavaliere si voltò, speranzoso. Ma davanti a lui trovò il viso gentile ed un po’ paffuto di Anne e la sua folta chioma rossiccia.
“Sir Mordred è tornato nel suo padiglione,” gli spiegò, con un sorriso sapiente con cui solo le donne sapevano giocare, “non molto fa.”
Sir Gahalantine la osservò confuso, indagò nei suoi occhi esageratamente chiari e non vi lesse nulla, solo un lampo improvviso di complicità, sincera complicità.
“Grazie,” sorrise il cavaliere, prima di inchinarsi e chiedere congedo da quell’enigmatica dama.
Non ci mise molto a tornare all’accampamento del re del Galles del Nord, che aveva ospitato anche il trio di re Artù.

Mordred Inlè
24-08-2009, 20.18.45
Trovò subito il padiglione di Mordred, con i suoi colori viola, gialli e bianchi e la figura del falco a due teste.
Entrò senza chiedere permesso e senza indugiare. Si sentiva come una moglie gelosa pronta a sorprendere il marito in pieno peccato e, fondamentalmente, si sentiva uno stupido.
Un sospiro di sollievo fuggì dalle sue labbra quando vide la nota figura di Mordred sdraiata nel proprio giaciglio. Era solo, immobile, con un braccio a coprire gli occhi forse chiusi.
“Oh, Weetha, vi stavo aspettando, toglietevi le gonne e raggiungetemi qui,” esclamò Mordred con tono esageratamente mieloso.
“Bastardo.”
“Sapevo che eri tu,” rise l’altro. “Ma se vuoi toglierti comunque le gonne e raggiungermi non mi dispiacerebbe.”
“Le gonne?” chiese incredulo Gahalantine, lasciandosi sfuggire una breve risata ma avvicinandosi comunque al compagno di viaggi.
“Stai bene?”
“Sì, certo.”
Sir Gahalantine si sedette accanto a lui, togliendosi gli stivali, i guanti e le parti rimanenti dell’armatura di cui ancora non aveva avuto l’occasione di disfarsi, alla festa.
Mordred era disteso, nella stessa posizione e sir Gahalantine si chiese se anche quello strano cavaliere sempre sarcastico e mai serio fosse in grado di sentirsi nervoso.
“Respiri ancora?” domandò, appoggiando una mano sul suo petto ed il proprio viso a quello dell’altro.
“Ti sto portando all’inferno con me,” replicò inaspettatamente Mordred.
“No. Sto volontariamente venendo all’inferno con te. Perché hai bisogno di me.”
Con trionfo notò di essere riuscito a strappare uno di quei labili sorrisi sinceri che tanto raramente sapeva sfoderare.
Il sorriso non rimase molto perché Gahalantine si chinò a baciarlo e poi si distese accanto a lui, appoggiandosi con la testa al suo petto.
Sentiva battere il cuore. Oh, che sensazione meravigliosa.
Questo è il suo cuore e sta battendo e battendo e lui è vivo e sento il suo respiro nell’aria. E’ tiepido ed il suo cuore continua a battere ed è rumoroso quanto una tempesta.
Si accorse di essersi quasi addormentato quando la voce dell’altro lo riscosse e lo portò alla realtà.
“Voglio vedere se Dio è sicuro di volermi vivo.”
“Cosa?” ma Gahalantine non si alzò per guardare Mordred negli occhi. Non era la mossa giusta.
“Il modo in cui combatto. Do a Dio la possibilità di sbarazzarsi di me e di rammentargli che probabilmente ha fatto un errore. Non sono forse un bravo cristiano?”
Gahalantine resis***** alla tentazione di affondare i denti nella mano che Mordred aveva appoggiato alla sua guancia e di farlo tornare in sé picchiandolo a sangue.
Che razza di stupidaggini erano quelle?
“Non sei un errore, non iniziare anche tu come sir Bors, per favore. Oh, ho giaciuto con una donna, oh sono impuro, oh Dio non mi ama,” continuò in falsetto ma Mordred non rise e Gahalantine si chiese terrorizzato se il cavaliere non iniziasse a provare rimorso per quello che c’era tra loro due. E’ peccato, è peccato soprattutto questo.
“Lot non è mio padre,” rispose invece l’altro uomo. “Sono- ..”
Gahalantine aspettò qualche secondo, e qualche minuto, ma non vi fu alcun tentativo di continuare da parte di Mordred.
“Chi è tuo padre?” domandò quindi, velocemente, prima che il cavaliere decidesse di aver rivelato abbastanza e si chiudesse nella sua acida corazza di falso sarcasmo.
“Artù,” sussurrò il figlio di Morgause, con fare così incredulo e ironico che Gahalantine fu costretto ad alzarsi e guardarlo negli occhi per capire che non stava scherzando.
“Il re? Sei figlio… del re? Sei il principe di Camelot?”
Oddio, si era portato a letto il suo futuro sovrano!
“Nessun principe. Sono un bastardo.”
Sir Gahalantine voleva replicare che, tecnicamente, anche Artù era un bastardo e che se il re non avesse avuto altri figli il trono sarebbe sicuramente spettato a lui.
“E perché questo dovrebbe essere un errore?” chiese, poi, confuso.
Mordred lo osservò per qualche secondo e non riuscì a leggere nulla nei suoi occhi, solo uno spicchio di qualcosa di terribile, di oscuro e di folle. Distolse lo sguardo, spaventato, e si accorse che il compagno non aveva parlato della madre ma solo del padre.
“Morgause è tua madre.”
Mordred annuì.
“Ed è la sorella di Artù.”
L’altro annuì ancora e sorrise acidamente: “Una vera fortuna che io non sia un mostro visto che i figli di incesto sono degli abomini. O forse lo sono ma non mi accorgo di esserlo.”
“Sei uno stupido,” sibilò sir Gahalantine, appoggiandosi sopra di lui e prendendo il suo volto con la mano destra.
Aveva sempre avuto una mandibola sottile ed il suo viso gli era sempre stato in una mano.
“Non dire più niente.”
Non voglio sapere, non voglio sapere nulla. L’incesto è un abominio, Dio…
Ma chi era lui per condannare? Dopo tutto ciò che aveva fatto? La vita di un cavaliere non è mai delle più sante.
La sua mano perse forza e finì per accarezzare la pelle che prima aveva stretto.
“Non eri tu che volevi sapere?” ma Mordred non aspettò risposta ed i suoi occhi si illuminarono, “potresti uccidermi ora. Sarebbe una morte dolce e probabilmente dopo Artù ti farebbe cavaliere della Tavola Rotonda.”
L’interpellato lo osservò con disprezzo.
“Non chiedermi una cosa simile. Ucciditi, se vuoi farlo.”
Oddio no, urlò subito qualcosa nella sua mente, mentre il pensiero di Mordred senza vita gli scavava dolorosamente nel petto.
“E aggiungere un altro peccato alla mia lista?“
“Sei troppo cristiano per-“
“Per essere un figlio d’incesto?” lo interruppe l’altro.
“No, per essere un cavaliere. Non sopporto questa nuova religione, a volte. Così contraddittoria ed ossessiva.”
“Anche tu sei cristiano,” gli rammentò Mordred.
“Non è stata una mia iniziativa, sai.”
“Credi nelle profezie?” chiese il figlio del re, a bruciapelo.
Gahalantine inarcò un sopracciglio, sospettoso ma decise comunque di rispondere sinceramente. Glielo doveva.
“Mia madre era figlia di un druido, dell’antica religione. Lei era una profetessa, prima di battezzarsi. E ti posso assicurare che nemmeno la metà delle profezie che faceva si realizzavano. La gente però ricordava solo l’altra metà, quella che accadeva, e tutti la acclamavano come una grande strega.”
“E’ un no? Cosa significa?”
“Significa…” che non esistono divinità. Non esiste nulla, siamo soli e ci sarà solo buio ma almeno il destino è nostro, “… che non credo in alcuna profezia. Le profezie confondono i cuori degli uomini e le persone ne sono così ossessionate che tentano di farle accadere a qualsiasi prezzo.”
“Sì, forse… sì,” sorrise Mordred, esalando un lungo respiro e lasciandosi sfuggire un singhiozzo.
Gahalantine lo fissò negli occhi scuri. La scintilla di follia vi danzava ancora ma con meno insistenza e vi era del sollievo e tanta stanchezza.
“Perché me lo hai chiesto?”
“Niente di importante, niente che dovrà accadere. Dormiamo, sono stanco.”


Gahalantine si voltò per osservarlo meglio. Solo ora notava lo stesso profilo spigoloso di Artù, lo stesso naso un po’ storto e gli angoli della bocca leggermente all’insù.
Con timore si rese nuovamente conto di avere tra le braccia il principe di Camelot e si chiese quali grandi cose quell’insopportabile e sarcastico cavaliere avrebbe fatto in futuro.

Sir Gahalantine, sir Mordred e sir Mador de la Porte viaggiarono insieme ancora per un anno fino a che sir Gahalantine non fu fatto cavaliere della Tavola Rotonda e dovette tornare in Bretagna, a combattere una guerra per suo zio. Sir Mordred fu invece chiamato a corte, dal suo re e padre e successivamente lasciò di nuovo Camelot, in cerca di avventure, con i suoi fratellastri. Sir Mador venne fatto cavaliere della Tavola Rotonda solo pochi mesi dopo.
Sir Gahalantine fece ritorno a Camelot solo dopo molti anni, per aiutare il cugino Lancillotto nella guerra contro Artù in cambio del titolo di Duca di Auvergne.
Solo dopo che tutto fu accaduto. Dopo che l’inferno aveva aperto ogni sua porta.
Non rivide più sir Mordred, se non sul campo di battaglia, a Camlann, a terra, trafitto dalla lancia di Artù, suo padre.
E pianse.