Visualizza versione completa : Ardea de'Taddei
Guisgard
28-11-2011, 03.59.58
Emrys, amico mio, ci sono molti modi per espiare una pena.
Il più forte samurai di tutti i tempi, Musashi Miyamoto, purificava se stesso e la propria katana fendendo il fuoco e l’acqua senza mai scottarsi o bagnarsi.
Il Biblico Davide per ogni colpa dedicava una preghiera e un canto al Signore.
Lancillotto, che voi così poco amate, trascorreva giorni e giorni da solo a vagare nella foresta, soffrendo per amore e purificando così il proprio cuore.
Ercole, per aver ucciso i suoi stessi figli, intraprese le mitiche Fatiche.
Più un eroe è grande, più severa sarà la sentenza per le sue colpe.
Ardea non possiede altra scelta che terminare ciò che ha iniziato.
Solo così salverà se stesso e tutti i suoi nobili discendenti :smile:
elisabeth
28-11-2011, 18.21.22
Ma...allora quando arriva Ardea....:naughty:.....mio caro Guisgard non si fa' aspettare Una vecchia Signora...uno perche' una vecchia saggia maga....secondo perche' anziana.........:neutral_think:...sto aspettando
Guisgard
28-11-2011, 19.16.05
Avete ragione, milady (ma smettetela, per carità, con questa storia della vecchia maga!) :smile:
Ma prometto che stanotte qualche menestrello giungerà alla corte di Camelot e riprenderà il cantare del nostro Ardea ;)
elisabeth
28-11-2011, 19.30.12
Sia ringraziato il menestrello...attendero' tutta la notte...............;)
Guisgard
29-11-2011, 03.22.00
ARDEA DE' TADDEI
"CREONTE: << Buono! Fin la sciagura, ov'ella un esito felice trovi, diverrà fortuna. >>
ÈDIPO: << Che responso è mai questo? Io non m'allegro per tali detti, né timor mi coglie. >>
(Sofocle, Edipo re)
Il vento soffiò impetuoso per tutta la notte, attraversando, come a volerla violentare, l’intera vallata con tutto il suo ardore.
La piccola chiesetta vibrava e scricchiolava sotto i colpi della foga della natura, mentre la legna si consumava lenta sul braciere ed era rimasta ormai l’unica fonte di luce ad illuminare l’austera stanza.
Ardea e Biago vegliarono così tutta la notte, tra dubbi, incertezze e paure.
Il frate dormiva finalmente tranquillo, sebbene di tanto in tanto qualcosa agitava e tormentava il suo sonno.
Farfugliava nervosamente qualcosa, ma le parole uscivano storpie dalla sua bocca, come se nel pronunciarle il chierico si mordesse la lingua.
Giunse così l’attesa alba.
Il vento sembrava aver esaurito la collera con la quale aveva flagellato l’intera vallata per tutta la notte.
Un tiepido Sole si affacciava sul bosco, dissipando la foschia che si alzava lenta e silenziosa dalla nuda terra.
I primi uccelli del mattino, timidi, iniziavano a diffondere il loro melodico canto, come a voler destare quel luogo dalle sue inquietudini e dalle sue paure.
Biago si era leggermente appisolato poco dopo l’albeggiare, adagiandosi accanto alle ultime forze del braciere morente.
Ardea invece non aveva chiuso occhio per tutta la notte.
La sinistra atmosfera che dominava quel luogo e le folli ed assurde parole del frate avevano reso inquieto il suo animo.
Qualcosa di orrendo e terribile albergava in quei luoghi.
Qualcosa che era riuscito a rendere quasi folle un uomo di Chiesa.
Ma cosa?
Si chiedeva Ardea.
Cosa si celava a Maddola?
E mentre Ardea era tormentato da questi pensieri, il frate si destò dal suo sonno.
Si alzò dal suo giaciglio e restò a fissare il vuoto della stanza per qualche instante.
“Avete fatto un lungo sonno.” Gli disse Ardea guardandolo.
Il frate gli lanciò una rapida occhiata senza aggiungere nulla.
“Spero che il giusto riposo vi abbia reso la tranquillità che avevate perso ieri sera.” Aggiunse il Taddeide. “Tranquillità che avevate smarrito insieme al vostro senno.”
“Siete ancora qui?” Chiese il frate, quasi incurante delle parole di Ardea.
“Sarebbe stato avventato e sciocco, da parte nostra, partire con la tempesta di stanotte.” Rispose il cavaliere. “Ora che il tempo sembra clemente potremo riprendere il nostro viaggio.”
“Tornatevene da voi siete venuti.” Disse il frate.
Poi si alzò e prese una vecchia pentola di argilla lasciata ad inumidirsi accanto al braciere.
Vi versò dentro un intruglio colorato preso da un piccolo timo coperto da uno straccio e la pose accanto a ciò che restava della brace.
Raccolse allora due tronchetti posti sotto un vano del braciere ed alimentò il debole fuoco rimasto dalla sera scorsa.
Avviato il fuoco, attese che l’intruglio iniziasse a bollire.
Quando avvenne, riempì con questo tre ciotole e le servì a tavola.
“E’ una tisana aromatica con i frutti di questa valle.” Disse ai suoi ospiti. “Desterà i nostri spiriti dal sonno che ancora ci ammansisce.”
Biago, svegliatosi, subito raggiunse la tavola e sorseggiò con gusto la sua tisana.
“Voi non bevete, cavaliere?” Chiese il frate ad Ardea.
“Si, vi ringrazio.” Rispose il cavaliere. “E subito poi andrò a sellare i nostri cavalli.”
“Vedo che la notte ha portato giudizio.” Disse il frate.
“Vi avevo detto che ci occorreva solo un riparo per la notte. Ora dobbiamo riprendere il nostro cammino. Maddola è ormai prossima.”
“Siete tanto cocciuto quanto irriverente!” Tuonò il frate.
Ardea sorrise sarcastico.
“Che il diavolo vi porti!” Inveì il frate.
“Un’ultima cosa, frate...” disse Ardea “... prima di ripartire vorrei confessarmi.”
Il frate lo fissò meravigliato.
Poi con un gesto lo invitò ad accovacciarsi su un umile sgabello.
“Io vado a preparare i cavalli.” Mormorò Biago, con il chiaro intento di lasciare soli i due.
“Padre ho peccato, contro il Cielo e contro gli uomini.” Cominciò a dire Ardea.
“Siamo tutti peccatori, figlio mio” rispose il frate “e possiamo solo confidare nella Misericordia di Dio.”
Ardea allora iniziò la sua confessione, raccontando tutta la sua storia.
Ad ogni parola la sua voce diventava più incerta e tentennante.
Il suo fiero tono, la cadenza sicura ed il nobile linguaggio sembravano annullarsi man mano che il cavaliere apriva il suo tormentato animo al chierico.
Un lacerante pianto ben presto cominciò ad accompagnare le sue parole, tradendo l’infinita pena che Ardea ospitava nel suo cuore.
E quando ebbe concluso il suo racconto, si abbandonò a lacrime ancora più amare e miserevoli.
Il frate gli accarezzò il capo con infinità dolcezza.
“Anche San Pietro” disse al cavaliere “rinnegò e deluse Nostro Signore. Ma Egli non cesserà mai di avere fiducia in te, figlio mio.”
Ardea in lacrime non riusciva più a parlare.
Aveva il viso coperto dalle mani che stringevano forte i suoi occhi, divenuti rossi per l’intenso pianto.
“Hai vagato da terra in terra e ciò ti ha purificato dalle tue colpe.” Disse il frate scuotendolo forte. “Tuo padre non avrebbe potuto chiedere al Cielo un figlio più devoto!”
“No, frate...” rispose Ardea tentando a fatica di soffocare le sue lacrime “... non sono degno di considerarmi figlio di mio padre... e riguardo al mio cammino... esso non è ancora concluso... e non lo sarà fino a quando non avrò liberato le altre contrade dal male che le attanaglia... e la prossima sarà proprio Maddola... dovessi versare anche l’ultima goccia del mio sangue per farlo!”
A queste parole uno stridulo sibilo lontano si diffuse sinistro e grottesco nell’aria, ammutolendo i suoni con cui la natura salutava il nuovo giorno.
“Avete udito?” Fece Biago tornato di corsa dentro. “Cosa può essere stato?”
“E’ il grido di morte di quella maledetta!” Rispose il frate, fissando con rabbia l’infinito azzurro del cielo attraverso una piccola finestra che si apriva illuminando la piccola stanza.
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elisabeth
29-11-2011, 22.58.07
Ben tornato Ardea.....ho ripreso con gioia a rileggere la storia del tuo cammino......e forse in un modo o nell'altro e' il cammino di molti uomini......:smile_clap:
Guisgard
02-02-2015, 02.39.49
Qualcuno ha detto che nessuno scrittore inventa ciò che scrive.
Che nessun uomo può raccontare e sognare più di quanto il suo cuore possa vivere.
Per questo molte storie nascono e crescono con noi, somigliando e ricalcando la nostra stessa vita, combattendo i nostri stessi nemici ed inseguendo i nostri stessi sogni.
Storie destinate a giungere insieme a noi alla fine del viaggio intrapreso.
E la storia di Ardea è la storia di tutti i Taddei.
Senza questo valoroso cavaliere non esisterebbe Capomazda e le sue leggende.
E forse senza di lui non ci sarebbe neanche una parte della nostra Camelot, con le sue avventure in quel mondo di sogni.
Per questo la redenzione di Ardea è la redenzione di tutti i suoi discendenti.
“La Petillo ci odia e farà delle carni d'eroi orribile pasto per cani ed uccelli.”
(Le Geometriche, Libro III, canto XXVIII)
Quell'urlo, disumano ed angosciante, penetrò ed echeggiò in tutta la vallata di Maddola, lasciando nei tre uomini un profondo senso di inquietudine ed una cupa disperazione.
“Ora” disse Ardea al vecchio monaco “voglio sapere chi può mai emettere un simile urlo, un così terribile verso animalesco!”
“Non un essere umano...” fissando il vuoto della stanza il monaco.
“Cosa dunque?” Gridò il Taddeide.
“E' lei...” mormorò il monaco con gli occhi spiritati “... è quella maledetta che reclama il suo sacrilego pasto di anime...”
“Cosa nascondete in questa valle, monaco?” Avvicinandosi Ardea al religioso e guardandolo negli occhi. “Dobbiamo saperlo.”
“Perchè?” Alzando lo sguardo su di lui il monaco. “Per fare cosa poi? Morire anche voi come tanti altri?”
“Ed altri ancora moriranno” replicò il cavaliere “se qualcuno non farà qualcosa.”
“Qualcuno?” Con un ghigno di folle disperazione il monaco. “Voi due forse?” Fissando Ardea e Biago che assisteva immobile a quella scena e ancora scosso per quel verso di morte.
“A Maddola” fece Ardea “è arrivata la Fede di Dio e si manifesterà attraverso la legge degli uomini.”
“Quale legge?” Urlò il monaco.
“Quella del Duca.” Sentenziò Ardea.
“Un anno fa” chinando il capo il monaco “giunse in questa valle una donna. Era giovane e bella. Anzi, molto più che bella. Aveva un fascino particolare... e tutti ne restarono abbagliati. Ciò non solo per il suo aspetto ed i suoi modi, ma anche per le sue conoscenze. Disse di essere un'allevatrice ed aiutò molte donne a partorire. Addirittura una notte arrivò a salvare la vita alla moglie del Borgomastro... il suo bambino, infatti, non si era girato nel ventre materno e rischiava di morire soffocato... quella donna però ci parlò di un modo per salvare la madre e suo figlio... con un'operazione aprì il ventre e tirò fuori il piccolo, per poi ricucire quel taglio... per noi fu un prodigio... in breve quella donna divenne la personalità più in vista di Maddola, acquistando sempre più autorità... iniziò così a parlarci di antichi culti, di una nuova fede, vecchia come il mondo e potente come l'animo indomito della Terra... e allora quei suoi insegnamenti cominciarono a penetrare come veleno fra la nostra gente... impose il culto pagano della Dea Madre, facendo sì, pian piano, che molti abbandonassero la Fede Cattolica... e quando questa contrada, da sempre devota alla Vergine Maria e protetta dall'Arcangelo Michele, perse il Dono della Fede, non fu poi difficile a quella malvagia donna imporvi il suo infernale potere... si mostrò così per ciò che era... un essere diabolico, dagli oscuri poteri e persino in grado di mutare se stessa in ogni forma di animale conosciuto... ha fatto di questa valle il suo covo, impedendo a chiunque di uscire o di entrare, imponendo come dazio la risoluzione di un impenetrabile arcano... quella donna, o meglio quel mostro, si fa chiamare Vammana ed è di fatto la padrona di Maddola...”
“Ecco perchè da qui non viene più pagato il tributo al duca.” Rivolgendosi Biago ad Ardea.
“Già...” annuì l'eroe Taddeide “... nessuno ha mai tentato di affrontarla?” Chiese poi al monaco.
“Molti in verità...” annuì il religioso “... sia semplici volontari partiti da Maddola, sia cavalieri giunti qui di passaggio... ma tutti loro sono stati sottoposti all'enigma della Vammana, fallendo poi miseramente... ed è terribile la fine che spetta a chi non riesce a risolvere l'arcano della bestia... essa ne abusa carnalmente, per poi sbranarlo...”
“E' inumano!” Esclamò Biago.
“Un essere simile” pensieroso Ardea “immagino non abbia fragilità o punti deboli...”
“No...” fece il monaco “... nessun punto debole, se non una singolare ossessione...”
“Ossia?” Incuriosito Ardea.
“Giungendo qui avete visto sulla mia porta quella treccia di crine di cavallo?”
“Si e ci ha sorpreso non poco.” Annuì il cavaliere.
“Ebbene” rivelò il monaco “ne troverete una su ogni porta di Maddola... la Vammana infatti sembra attratta dal crine di cavallo, arrivando persino a rubare le nostre bestie... la sua ossessione è quella poi di intrecciare il crine... di notte, quando lascia la sua tana in cerca di prede per il suo appetito innaturale, trovando il crine sulle porte è tentata di intrecciarlo... e così trascorre l'intera notte, per poi tornare nel suo covo all'alba...”
“Dove si trova la sua tana?” Domandò Ardea.
“Perchè?” Alzandosi il monaco.
“Dove?” Deciso il cavaliere.
“Sul monte detto dei Mulini...” rispose il religioso “... dove può dominare l'intera vallata...”
“Possiamo avere la Benedizione prima di andare?” Chiese Ardea.
“Se andrete morirete entrambi.” Disse il monaco.
“Moriremo tutti comunque, no?”
E dopo un attimo di esitazione, il monaco impose sui due la Solenne Benedizione dell'Altissimo:
“Possa Colui che benedì Davide nell'atto di sfidare Golia posare la Sua Suprema e Paterna Mano su di voi... nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo... Amen.”
“Amen.” Ripeterono Ardea e Biago inginocchiati.
Poco dopo lasciarono quel luogo per dirigersi verso il Monte dei Mulini.
http://es.wahooart.com/Art.nsf/O/9CWG5C/$File/Jacob+Isaacksz+van+Ruisdael-Landscape+With+Windmills,+Near+Haarlem.JPG
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Altea
02-02-2015, 13.53.48
Le avventure di Ardea continuano..e chissà se sapremo riuscirà vincitore in questa impresa. È pure un ottimo motivo per rileggere le sue gesta.
elisabeth
02-02-2015, 17.12.56
Mi sembra quasi impossibile....riprendere leggere questa storia iniziata tanto tempo fa.....pero'....un tempo mi fu promesso...che sarebbe stata portata a termine...chissà che il mio desiderio si avveri....
Confesso di aver iniziato a leggere questa antica storia un paio di mesi fa, considerando che Ardea veniva citato così spesso nel Gdr e io non conoscevo affatto la sua storia.
Però non l'avevo mai finito, così nel vedere che l'avevate continuato l'ho ripreso da dove avevo interrotto.
Ieri mi ha tenuta sveglia fino a tardi, poi oggi l'ho portato con me per tutto il giorno.
E vi dirò che, arrivata all'ultima pagina, come spesso accade quando si legge un libro tutto d'un fiato, avrei voluto avere meno fretta, e non giungere alla fine tanto velocemente cosicché potesse di nuovo accompagnarmi.
Ma sono davvero felice di vedere che l'avete ripreso.
E' stato affascinante veder scorrere il passare degli anni scandito dal cammino di Ardea, di cui tanto avevo sentito parlare dal mio arrivo a Camelot.
Sapete che adoro il modo in cui scrivete, quindi mi limiterò a commentare la storia, che peraltro mi è piaciuta moltissimo.
L'infanzia di Ardea, l'appuntamento con il Destino, il sogno di diventare Cavaliere che diventa realtà, il misterioso cavaliere, le Questioni e il senso di colpa, senza contare i paesaggi, i personaggi singolari incontrati lungo la strada, duelli epici.
Splendido, degno di un romanzo cortese di tutto rispetto!
E poi.. Biagio! È un personaggio splendido, uno di quegli amici che chiunque vorrebbe avere!
Va da sè che anche Ardea sia un personaggio davvero complesso e affascinante con il suo temperamento, le sue emozioni, e il suo travaglio interiore.
Conoscendolo meglio, rivedo molto di lui nei suoi discendenti che ho avuto modo di incontrare in questi anni.
(E come potrebbe essere diversamente?)
Bene, vi ho annoiato abbastanza... :silenced:
Attenderò con ansia un nuovo capitolo di questo appassionante racconto. :smile_lol:
Guisgard
03-02-2015, 03.32.42
Lady Altea, si, le avventure di Ardea continuano.
E a Dio piacendo giungeranno fino al termine, narrandoci finalmente la sua intera e leggendaria saga :smile:
Lady Elisabeth, si, è vero.
La storia di Ardea iniziò tanto tempo fa.
E se un cavaliere vi ha fatto una promessa, allora non dovete temere nulla, poiché la rispetterà ;)
Lady Clio, secondo molti vi è qualcosa di magico nella leggenda di Ardea.
Qualcosa di ciclico, di enigmatico, di profetico.
Per questo scriverla o leggerla equivale comunque a viverla.
PS: come già vi dissi una volta, mi spiace per voi, non possedete il “dono” di annoiare :smile_lol:
Anzi, tutt'altro.
E vi ringrazio per le vostre belle parole :smile:
Guisgard
06-02-2015, 03.20.45
“Non ascoltare il maligno, esso mischierà la verità con la menzogna per confonderti.”
(Antico Sermone)
Ardea e Biago, lasciato il monaco, si incamminarono verso il Monte dei Mulini.
Dal basso si potevano vedere alcuni alti mulini che sulla sommità della montagna muovevano silenziosamente al vento le loro pale vecchie e consumate.
Nessuno più infatti giungeva su quel monte, ormai divenuto la tana della terribile Vammata.
Il cavaliere ed il suo scudiero allora imboccarono uno stretto ed angusto sentiero che li avrebbe condotti fin su quella perduta montagna.
E più salivano, più l'aria si impregnava di umidità, di fetido odore e di un opprimente senso di morte.
Lungo il tragitto i due videro cimeli del terrificante e diabolico potere del mostro.
Corazze consumate dall'umidità, tuniche e giubbe rese brandelli dai morsi di cani e di ratti, armi spezzate, scudi sfondati e stemmi ormai sbiaditi ed incapaci di raffigurare il nobile blasone di chi li aveva perduti insieme alla vita.
Gli alti e secolari alberi che circondavano il sentiero sembravano come pietrificati da un antico incanto, rendendo quel luogo simile ad un'anticipazione dell'Ade.
“Sembra la via per giungere all'Inferno...” disse Biago.
“Già...” annuì Ardea “... come se vi dimorasse il demonio in persona...”
Continuarono allora il loro cammino, fino a quando la visibilità tutt'intorno divenne nulla.
Le nuvole infatti, basse e scure, si erano posate su quel monte con l'intento di confondere la realtà con l'inganno, di generare un mondo fatto di miraggi, di illusioni.
Proseguirono così seguendo la strada e ignorando cosa ci fosse intorno a loro.
Fino a quando cominciarono ad udire strani rumori.
Voci lontane e confuse, risate e pianti, sussurri e gemiti.
Poi Ardea, nell'udire tutto ciò, ebbe l'impressione di riconoscere qualcosa di familiare.
Era la voce di suo padre.
Lo chiamava per nome, disperato e dolorante.
Lo implorava di raggiungerlo e di aiutarlo.
E quando l'eroe fu sul punto di lasciare la strada e correre verso l'ignoto intorno a lui, a salvarlo fu il fedele Biago.
“Ardea!” Prendendolo per un braccio. “Nel buio e nell'incertezza si annida la tentazione. Non ascoltare questi tuoi spettri, ma pensa a compiere il tuo dovere.”
“Lasciami, è mio padre!” Gridò Ardea.
“Non è tuo padre.” Fissandolo Biago. “E' il male che cerca di confonderti. Perchè ti teme. Tu hai la Fede.”
Ardea chiuse gli occhi e respirò profondamente.
Si segnò tre volte, spronò il suo cavallo Arante e proseguì, seguito dal devoto Biago.
Alla fine riuscirono a raggiungere la cima del monte, dove vi erano i mulini abbandonati, con il loro sinistro scricchiolio.
Ed intorno a loro videro uno spettacolo disumano.
Brandelli di carne, lamine arrugginite di corazze sporche di sangue ed ossa ovunque alla mercé degli uccelli.
In quel momento uno spaventoso e bestiale grido si diffuse nell'aria, che gelò il sangue dei due temerari amici.
Ardea allora alzò lo sguardo e vide una caverna.
Come se fosse l'ingresso per un altro mondo.
Un mondo oscuro, remoto, dannato.
Un mondo il cui sinistro e peccaminoso lamento pareva echeggiare tra le più profonde ed antiche paure dell'uomo.
Era l'antro della Vammana.
http://sp8.fotolog.com/photo/8/55/76/hannouccisokenny/1210947654_f.jpg
Quanto servono gli amici quando rischiamo di perderci.. :smile:
E comunque... che bel posticino! :confused_nervous_sh
Altea
06-02-2015, 18.50.02
Vammana aveva le sembianze di una donna meravigliosa..e questo ci mostrà che in realtà la bellezza anche quella del volto è dovuta a quella dell' animo.
Per un attimo, in questa ultima storia..quando il Duca Taddeo chiamava suo figlio Ardea (lui lo ha curato come un figlio vero..quindi era pari a un legittimo) mi sono ricordata del sogno avuto dal mio alterego nel gdr...attendo il proseguio.
Guisgard
09-02-2015, 03.20.50
“D'improvviso si sentì chiamare da una voce lontana, e scorse davanti a sé una sorta di vapore che, per quanto fosse aereo e traslucido, impediva al cavallo di passare.”
(I romanzi della Tavola Rotonda, La prigione d'aria)
Vista la caverna, Ardea scese da Arante e tirandolo per le redini si avvicinò all'ingresso di quell'antro, seguito qualche passo più indietro da Biago.
Era un primordiale ed angosciante foro scavato dal tempo e dalle piogge in quell'angolo di montagna.
L'erba pareva non crescere attorno a quell'infausto ingresso, lasciando sulle pietre una patina di giallastra apatia e rassegnazione.
Un'apertura fra quelle rocce usata sin da tempi remoti come la tane di serpi, di ratti e di pipestrelli.
Un ritrovo per bestie immonde e maledette, una soglia che sembrava voler dividere e distinguere la luce dall'oscurità.
E quando furono sulla soglia di quella grotta, qualcosa nel buio che in essa dimorava li colpì.
Due occhi, simili a fessure bianche, si aprirono in quelle tenebre.
“Perchè” disse all'improvviso una voce di donna “giungete in questo luogo tetro e solitario? Io stessa me ne affliggo e vorrei andare altrove.”
“Presto” rispose Ardea “ti cacceremo da qui e potrai tornare nelle cloache infernali che ti hanno vomitato.”
“E con quale potere farete ciò?” Chiese la donna.
“Con l'autorità concessaci dal Duca Taddeo, campione della Chiesa e servo dell'Altissimo.” Fissando i suoi occhi Ardea.
“Perchè allora il duca non è qui” domandò la donna “e manda invece un figlio rinnegato ed un maniscalco a compiere il suo dovere di Campione della Fede?”
Ardea non rispose nulla.
“Forse perchè è morto?” Continuò la donna. “Ucciso dal suo stesso figlio?”
Arante ed il cavallo di Biago, percependo l'alone oscuro di quel luogo, cominciarono a tradire nervosismo.
Iniziarono a nitrire, a scalciare.
Ardea allora affidò le redini del suo destriero a Biago ed avanzò poi verso l'antro.
E quando nel buio apparve una sagoma indefinita, il cavaliere si arrestò di colpo.
“Avvicinati, cavaliere...” mormorò la donna “... sei così credente ed hai paura di una donna? Chi ha Fede non dovrebbe temere nulla, o sbaglio?” Rise appena. “Ma tu forse non hai abbastanza Fede.”
“Poni il tuo arcano.” Riprendendo ad avanzare verso di lei Ardea.
Ma in quel momento la sagoma della Vammana divenne chiara.
Ed uno spaventoso essere bestiale apparve al cavaliere.
Un mostro dal corpo di felino, la coda di lontra e la testa di donna si mostrò all'eroe capostipite di tutti i Taddei.
I suoi occhi erano di fuoco, la bocca bavosa, i capelli lunghi e biondi pieni di pidocchi, pulci e zecche, con la pelle del viso squamosa e folta peluria che usciva dalle orecchie e dal naso.
E quell'orribile spettacolo nauseò il cavaliere, diffondendo nel suo animo un senso di cupa disperazione.
“Ecco il tuo arcano, cavaliere...” con una voce di colpo mutata in rauca e animalesca, quasi echeggiante tra le pietre consumate dai delitti e dai peccati di quell'essere “... ma sappi che se fallirai io avrò te, il tuo scudiero ed i vostri cavalli...” rise in modo grottesco, per poi recitare l'arcano:
“Riposano in pace.”
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Accidenti, un'orribile Sfinge contro Ardea.. :eek:
Eh, ma se è vero che buon sangue non mente, sono fiduciosa che riuscirà a risolvere l'arcano...
Guisgard
10-02-2015, 03.52.52
In effetti definire la Vammana non è proprio semplice.
Diciamo che nella tradizione Afragolignonese è a metà tra un essere bestiale, proprio come la mitica Sfinge ed una strega.
Quanto al sangue, come anche ai nomi, nel Medioevo si riteneva che permettessero di ereditare forza e valori.
E questa credenza è ancora diffusa nelle mie nobili terre.
Beh, vedremo in che modo il nostro Ardea riuscirà ad affrontare questa terribile Questione...
Galgan
11-02-2015, 00.48.05
Invero, l'udire le gesta di siffatto personaggio, ha interrotto le mie preghiere, e penso proprio che l'Onnipotente non me ne vorrà.
Continuerò ad ascoltare con gioia.
Altea
11-02-2015, 19.27.06
Sono certa Ardea riuscirà ad indovinare l' arcano di quella creatura tra l' umano e il disumano..
Guisgard
16-02-2015, 03.38.44
“La Divinità dispone e l'uomo attua.”
(Antico Sermone Carolingio)
“Hai pochi istanti, cavaliere...” disse la Vammana ad Ardea, dopo aver recitato il suo arcano.
I suoi occhi allora cominciarono a diventare ardenti, il respiro grosso e strani gemiti uscivano dalla sua bocca, che ora mostrava aguzze e bestiali zanne bagnate da viscida bava.
Insomma, l'infernale bestia già assaporava le sue nuove prede.
Ardea tuttavia cercò di non farsi distrarre da tutto ciò, sebbene l'aspetto ripugnante e terribile della Vammana lo aveva impressionato non poco.
Il tempo era però tiranno ed il cavaliere stentava a mettere a posto le idee.
Trascorsero così quei brevi istanti, tempo volutamente insufficiente per ragionare sull'oscuro enigma, con quella mostruosa donna già in posizione eretta.
Ormai era pronta a balzare fuori dalla sua tana ed aggredire i due coraggiosi che avevano voluto sfidarla.
Ma proprio in quell'istante Biago, tenendo per le redini il superbo Arante, il destriero di Ardea, avanzò, non senza inquietudine, verso l'antro, fino a penetrarvi.
Spinse allora il cavallo proprio davanti alla bestiale Vammana, per poi uscire fuori dalla grotta con un balzo.
E la donna, nel vedere il lungo e sciolto crine di Arante, dimenticando quasi l'enigma, saltò in avanti e raggiunse il cavallo.
Le sue zampe anteriori allora mutarono in due braccia umane e la strega cominciò ad intrecciare la folta criniera del destriero.
Vedendo tutto ciò, Ardea ben comprese il piano del suo scudiero.
Si sedette allora su una bassa roccia e continuò a ragionare sull'enigma, meditando su ognuna delle parole proferite dalla Vammana.
Una, due, tre, infinite volte.
Fece ricorso alla sua arguzia, al suo sapere, al suo buonsenso per cercare di dare un senso a quell'arcano.
La Vammana, però, dopo un po', terminò di intrecciare il crine di Arante.
“Bella bestia davvero...” gracchiò, accarezzando il fiero sauro di Ardea “... quando vi avrò uccisi lo terrò con me...” rise in modo grottesco, per poi voltarsi verso il cavaliere.
“Tempo scaduto credo di poter dire...” fissando Ardea.
“Armi!” Alzandosi questi. “La soluzione all'arcano è armi!”
A quelle parole dell'eroe, la Vammana restò come pietrificata.
Comprese allora che l'espediente del cavallo era stata la trappola in cui i due l'aveva spinta.
Si sentì perduta e sul punto di diventare folle.
Emise allora un terrificante grido mai udito in Natura, che raggelò l'aria e arrivò ad echeggiare fin giù nella vallata.
Ardea, credendo che il mostro rinnegasse la sua parola, portò la mano sull'elsa di Parusia, pronto a respingere quel che riteneva ormai un imminente attacco.
Ma incredibilmente la Vammana, schiava della sua stessa condizione imposta sulla vallata, guardò fuori e raggiunse l'argine di un burrone, per poi lanciarsi nel vuoto e finendo spappolata su alcune aguzze rocce sottostanti.
Il suo mostruoso corpo prese allora fuoco ed in pochi istanti si incenerì, svanendo in una nuvola di fumo.
E nel fumo si vide per un momento un volto grottesco che emetteva il suo ultimo grido di vita, simile ad un disperato latrato.
Poco dopo un lieve e fresco vento si alzò, accarezzando dolcemente l'intera vallata e portandosi via la fitta umidità che fino a quel momento aveva invaso gran parte del suo territorio.
“E'...” mormorò Biago “... è finita...”
“Si...” annuì Ardea, per poi avvicinarsi ad Arante “... Maddola è libera...” accarezzando il suo destriero “... grazie, amico mio...” fissando Biago “... senza di te non ci sarei riuscito...”
I due amici si abbracciarono e ripresero il sentiero per tornare giù.
Raggiunsero poi il centro abitato di Maddola e furono ricevuti dallo stupore dei suoi abitanti, che però si erano accorti del cambiamento intorno a loro, quasi fosse un segno di liberazione.
“Ascoltatemi, gente di Maddola...” parlando loro Ardea “... siete liberi... Iddio Ha ascoltato i vostri lamenti, concedendovi la Sua Misericordia ed inviando l'autorità del duca, vostro signore, per liberarvi... grati di ciò chiederete ai vostri preti di benedire questa terra, per poi celebrare una solenne Messa in ricordo dei vostri peccati, affinchè mai più si ripetano... dopo ciò riprenderete a pagare il degno tributo a Sua Signoria il duca.”
A quelle parole ci fu il tripudio generale.
Quella gente chiese al cavaliere ed al suo scudiero di restare lì e festeggiare con tutti loro, ma Ardea rifiutò.
Aveva fretta di riprendere il cammino e raggiungere le ultime due contrade rimaste.
http://www.celtic-twilight.com/camelot/art/dore/dore_lancelotbidsadieu.gif
Altea
16-02-2015, 15.47.52
In questo caso Ardea deve ringraziare pure l' arguzia di Biagio..o la amicizia..il vero sentimento di amicizia ha sconfitto la Vammana.
Armi..."Riposano in pace"..forse in tempo non di guerra si intende? Ardea è riuscito pure in questa Questione.
Ce l'ha fatta anche questa volta Ardea!! Non avevo dubbi...
Ma Lady Altea ha ragione, che farebbe il prode cavaliere senza il fedele Biagio? :smile_lol:
Devo dire che mi è piaciuto anche l'enigma, sottile ed astuto.
Guisgard
23-02-2015, 03.06.13
SESTA QUESTIONE: I CANCELLI DI SAN FELICE, I FALCHI DI PICAS
“Non lontano da lì sorgeva una collina che dalla squallida vetta rigurgitava fuoco e nuvoli di fumo; attorno era solo una lucida crosta levigata, segno sicuro che teneva nascosto nel grembo qualche metallo prezioso, a causa dello zolfo.”
(John Milton, Paradiso Perduto, Libro I)
Ardea e Biago, usciti dalla valle di Maddola, seguirono il passo montuoso, fino ad intravedere un antico castello sulla sommità di una bassa montagna.
Il maniero, di mirabile e monumentale costruzione, dominava il piccolo borgo alle pendici del basso monte, quasi come ne fosse il custode.
Eppure qualcosa di indolente riempiva l'aria intorno ai due compagni.
Come se quel luogo fosse dimenticato, abbandonato e perduto quasi ai confini del mondo conosciuto.
Ma non poteva essere così.
Da sempre, Ardea lo sapeva bene, la contrada detta I Cancelli di San Felice era un viatico importante che univa il Sud ed il Nord del regno.
Un luogo frequentato dagli uomini sin da tempi antichissimi ed il suo castello aveva sempre rappresentato una tappa obbligata per cavalieri, nobili e regnanti durante i loro spostamenti per il reame.
Ma ora invece quella vitale contrada appariva del tutto differente.
Desolata ed avvolta in una cupa dimenticanza.
I due compagni proseguirono il loro cammino, fino a quando, penetrati ancor più in quella contrada, cominciarono a vedere campi un tempo rigogliosi ed ora ridotti in terreni sterili, abbandonati ed arsi dal Sole.
“Ma...” disse Biago guardandosi intorno “... che terra è mai questa? Nessuno potrebbe mai viverci.”
“Eppure un tempo questo luogo non poteva certo apparire così...” mormorò Ardea “... anzi, mi rifiuto di credere che sia diventato tanto arido e deserto...”
“Invece è così.” Fece Biago. “Io non ci vivrei nemmeno come cavalletta o zanzara...”
All'improvviso i due udirono qualcosa.
Era una musica.
Videro allora, dal lato opposto del sentiero, qualcuno giungere a piedi nella loro direzione.
E suonava una rotta.
Ardea e Biago si scambiarono una rapida occhiata e quando poi incrociarono il musico, arrestarono il loro cammino.
“Salute a te, menestrello.” Salutandolo Ardea.
“I miei omaggi, cavaliere.” Con un inchino quello, per poi alzare lo sguardo e fissarli meravigliato.
“Cos'hai, ragazzo?” Chiese Biago.
“Perdonatemi...” mormorò il menestrello “... ma mi chiedevo cosa ci facessero in queste tristi lande due viaggiatori come voi...”
“Forse questa contrada non è più un luogo ameno ed importante per il regno?” Domandò Ardea.
“Un tempo forse, milord...” chinando il capo il menestrello “... ora invece è una terra che presto anche gli ultimi suoi abitanti decideranno di abbandonare...”
“Perchè mai?” Fissandolo il capostipite di tutti i nobili Taddei.
“Guardatevi intorno, sir...” indicando il desolante paesaggio circostante il menestrello “... questa terra ormai non potrà più dar frutti e sfamare nessuno...”
“Si, abbiamo visto le misere e disdicevoli condizioni in cui versano queste lande...” annuì Ardea “... ma cosa ha ridotto così una contrada ducale?”
“Milord, ormai questa non è più una contrada ducale...” fece il menestrello “... o almeno lo è solo sulla carta...”
“Cosa dici mai!” Esclamò il Taddeide.
“Ormai questa terra” scuotendo il capo il menestrello “appartiene alle forze del male...” per poi alzare gli occhi verso il castello che dominava la contrada.
Allora un sinistro ed angosciante fremito sembrò attraversare l'animo di Ardea e quello di Biago.
http://www.wallpaperhi.com/thumbnails/detail/20130719/castles%20fantasy%20art_www.wallpaperhi.com_51.jpg
Altea
23-02-2015, 17.45.53
Una nuova avventura ha inizio..chissà con qual nemico dovrà vedersela Ardea..sono curiosa.
Oh, che meraviglia Una nuova questione per Ardea e il fidato Biagio... E già così non promette niente di buono...
Non vedo l'ora di scoprire cosa dovranno affrontare i nostri eroi questa volta! ;)
Guisgard
12-03-2015, 03.07.57
"Un guerriero della luce studia con molta attenzione la posizione che intende conquistare.
Per quanto il suo obiettivo sia difficile, esiste sempre una maniera per superare gli ostacoli."
(Paulo Coelho, Manuale del guerriero della luce)
Quel castello.
Antico inaccessibile ed austero appariva come il primordiale custode di quel luogo.
Ma forse, ora, da esso sembrava giungere qualcosa di oscuro che aveva reso la fertile e ridente contrada la terra triste e morente che adesso appariva ad Area e a Biago.
Una terra abbandonata dall'abbondanza e dimenticata dalla Fortuna.
“Menestrello, questa terra resta una contrada ducale” disse Ardea al giovane musico “e Sua Signoria non abbandona mai i suoi sudditi.”
“Allora dov'è ora?”
“Calma l'ardore, ragazzo.” Lo ammonì Ardea. “Ricordati di chi stai parlando.”
“Perdonatemi...” chinando il capo l'altro.
“Ora raccontaci cosa ha reso così sterile questa terra.” Fece il cavaliere.
“Nel castello...” indicando il maniero il menestrello “... nel castello vive ora un malvagio individuo... un crudele e diabolico falconiere che tiene più ai suoi uccelli che agli abitanti di questo luogo...”
“Ossia?” Domandò Ardea.
“Si, milord...” annuì il musico “... giunse qui mesi fa, con i suoi mostruosi falchi, liberandoli poi sulla nostra campagna e permettendo ad essi così di devastarne i raccolti... ogni giorno il malvagio essere liberava in volo i suoi innaturali rapaci e quelli giungevano qui a cibarsi dei prodotti della terra, degli armenti e di tutte le nostre bestie domestiche... in breve non ci fu più nulla per sfamare la popolazione e chiunque uscisse nei campi per coltivare altro finiva egli stesso in pasto ai terribili predatori volanti...”
“E' terribile tutto ciò!” Esclamò Biago.
“Perchè dici che i falchi sono mostruosi? Chiese Ardea.
“Perchè sono dei mostri, milord...” rivelò il musico “... sono grandi il doppio dei normali falchi e hanno becchi ed artigli fatti di ferro...”
“Cosa?” Impressionato Biago. “Ma è impossibile ciò! Non possono esistere simili rapaci!”
“Parlaci del falconiere.” Ardea con lo sguardo sul menestrello.
“Si, milord...” il menestrello fissando il Taddeide “... ma in realtà posso dirvi ben poco...”
“Perchè mai?”
“Perchè se ne sta sempre rinchiuso nel castello, lontano da tutto e da tutti.” Raccontò il menestrello. “Io lo vidi solo per un attimo mentre se ne stava su una delle torri del maniero... fu un istante... chiamò i falchi e li mandò contro di me... trovai rifugio buttandomi in un torrente... è come se quel falconiere non volesse essere visto da nessuno... ed usa i suoi innaturali falchi, che governa con un flauto, come armi per dominare questa terra...”
“Cosa dicono gli altri abitanti della contrada?” Pensieroso Ardea.
“Cosa dicono...” mesto il musico “... nulla... non possono nulla... per questo pian piano stanno tutti lasciando la contrada... vivere qui ormai è impossibile...”
“Ragazzo, ascolta...” Ardea a lui “... voglio che tu raggiunga il borgo per parlare a tutti loro... spiega ad ogni abitante che Sua Signoria ha saputo del vostro dramma e che ora metterà fine alle vostre sofferenze.”
“Come potrà, milord?” Quasi incredulo il menestrello.
“Spiega loro che è così.”
“Oh...” sorridendo il musico “... allora voi... voi siete inviati del duca... finalmente qualcuno è giunto per liberarci!” E si gettò inginocchio davanti al cavallo del cavaliere.
“Alzati, corri al borgo e fa come ti ho detto.” Deciso Ardea.
“Si, milord!” Esclamò il menestrello, per poi correre via verso il borgo.
“Come risolveremo questa Questione?” Chiese preoccupato Biago.
“Saliremo fino al castello” rispose Ardea “e scacceremo da qui quel malvagio falconiere.”
“Ma i suoi falchi non ci permetteranno di arrivarci...” mormorò lo scudiero.
“Allora vuol dire che li stermineremo prima di raggiungere il maniero.” Sentenziò l'eroe eponimo dei grandi di Capomazda.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/e/e5/RobertDuncanson-Scotch_Highlands_c1848_1852.jpg/640px-RobertDuncanson-Scotch_Highlands_c1848_1852.jpg
Altea
12-03-2015, 18.26.59
Aspettavo il proseguio..chissà cosa nasconde quel maniero e il suo falconiere..spero di saperlo presto.
Guisgard
23-03-2015, 04.40.58
“<< Degno padre>> replicò il cavaliere << sono un povero viandante sperduto in questi boschi, e vi do l'occasione di esercitare la vostra carità e ospitalità.>>”
(Walter Scott, Ivanhoe)
“Sterminarli...” disse Biago “... e come? Come faremo a tener testa a quei maledetti uccelli?”
“Li attireremo fuori dal maniero.” Fece Ardea.
“Si, buon piano...” sarcastico Biago “... li attireremo fuori proponendoci loro come pasto.”
“Vedi che quando ragioni sei un ottimo alleato?” Ridendo Ardea. “Hai appena avuto un'ottima idea.”
“Che idea?” Incuriosito lo scudiero.
“Ci occorre qualcosa...” guardandosi intorno il Taddeide “... un'esca per attirarli fuori... qualcosa che stuzzichi il loro appetito...”
“Ma se qui vi sono solo fame e miseria!” Esclamò Biago.
“Dobbiamo trovare qualcosa lo stesso.” Perentorio Ardea.
E proprio in quel momento, in lontananza, i due scorsero qualcosa.
Un carretto che camminava svogliatamente lungo il confine della contrada.
“La Divina Provvidenza non abbandona mai!” Ardea, per poi spronare il suo Arante.
Raggiunsero così quel carretto.
A guidarlo era un frate.
Il religioso procedeva a passo lento, forse perchè ben conosceva il suo cavallo poco incline a lunghe faticate.
Aveva un aspetto gaio e fischiettava spensierato, scuotendo, di tanto in tanto, le redini con cui conduceva il cavallo per evitare che quella già dinoccolata andatura con cui procedeva il carretto divenisse apatica.
“Salute a voi.” Con un cenno del capo Ardea.
“Che Dio vi benedica, cavaliere.” Sorridendo il chierico.
“Posso domandarvi dove siete diretto?” Chiese il cavaliere.
“Provengo dal vicino convento di San Salvatore” rispose il frate “e sono diretto al mercato della capitale per vendere alcuni prodotti del nostro convento.”
“Che tipi di prodotti?” Domandò il Taddeide.
“Oh, di varie cose...” fece il frate “... ortaggi, verdure e una scrofa.”
E nel vederla Ardea e Biago si scambiarono una rapida occhiata, che in qualche modo era un segno d'assenso.
“Buon frate...” rivolgendosi poi Ardea di nuovo al religioso “... ecco a voi tre Taddei d'Argento.”
“E perchè mai, cavaliere?” Stupito il frate.
“Per San Salvatore.” Rispose il cavaliere. “E per la scrofa. Con queste monete comprerete un'altra scrofa e qualcos'altro per il convento.”
“In pratica...” mormorò il religioso “... volete comprare la scrofa?”
“Si.” Annuì Ardea.
“Per farne cosa, di grazia?”
“Per mangiarla.”
“Volete mangiarla?”
“Non noi.” Ridendo appena Ardea. “Voi la mangerete.”
“E perchè mai?”
“Rifiutate dunque un così succulento pasto?”
“No di certo” scuotendo il capo il religioso “ma converrete con me, cavaliere, che la cosa è un po' curiosa. Non vi pare?”
“Non temete, buon frate.” Tranquillizzandolo Ardea, per poi aiutarlo a scendere dal carro. “Non vi stiamo proponendo nulla che non possa poi essere definita una buona azione.”
“Mangiare è dunque divenuto un fioretto o un atto di penitenza?” Incuriosito il chierico, dopo essere sceso dal carro. “La gola è pur sempre uno dei Sette Peccati Capitali, vi rammento.”
“Il Buon Dio Onnipotente” replicò Ardea “non vi condannerà per questo, non temete. Vi do la mia parola che mai pasto fu ritenuto più meritevole di riconoscenza Cristiana di quello che vi accingete a consumare voi.” Aggiunse il cavaliere, per poi alzare lo sguardo verso il castello che dominava l'intera contrada.
http://www.artpassions.net/art/wide_castle.gif
Non c'è che dire... Tra Ardea e Biagio, quei due sanno essere davvero ingegnosi!
Vedremo come riusciranno a sconfiggere quei mostruosi animali.
Altea
23-03-2015, 20.52.38
Sicuramente ad Ardea, oltre l'ingegno non manca nemmeno la arguzia e la battuta pronta..ecco l' esca è trovata..ora vedremo come faranno per attrarre i maestosi falchi.
Guisgard
08-04-2015, 04.54.44
"Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno."
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto XIII)
Il frate si sedette su un tronco cavo e restò a fissare Ardea e Biago mentre sgozzavano la scrofa e la preparavano per essere cucinata.
I due accesero poi un fuoco con della legna raccolta nei paraggi e appena pronta la brace cominciarono ad arrostire l'animale.
In breve il profumo delle sue tenere carni e del grasso che si scioglieva si diffuse nell'aria.
Allora il cavaliere ed il suo scudiero, quando la scrofa fu cotta, la servirono al frate, imbastendo quel pasto per il religioso.
Il frate, così, con l'appetito stuzzicato dal profumo di quell'arrosto, cominciò subito a mangiare compiaciuto.
Ma poco dopo accadde qualcosa.
Un sibilo, lungo e leggero si alzò nell'aria, come se la fendesse.
E proveniva dal castello.
Sembrava un flauto a suonare, con le sue oscure ed indecifrabili note che parevano volare tra il vento che percorreva la contrada.
“Ci siamo.” Disse Ardea, intuendo che la loro attesa giungeva ormai al termine.
Biago annuì e subito corse a prendere qualcosa dalla sella di Arante.
Ritornò qualche istante dopo con delle robuste reti.
Erano intrecciate con canapa e lamine di bronzo che le rendevano praticamente indistruttibili.
I due allora, arrampicatisi sull'albero sotto il quale avevano imbastito il pranzo per il frate, cominciarono a sistemare le reti tra i rami.
Ed attesero.
Tutto attorno a loro pareva avvolto da un innaturale silenzio, rotto solo dal rumore del frate che mangiava e dalla brace che ormai andava spegnendosi.
Ma la sensazione del Taddeide riguardo ad un'imminente pericolo era forte, fortissima.
Poi, all'improvviso, si udì qualcosa intorno a loro.
Un mostruoso gracchiare che si ripeteva come un eco stridulo e continuato.
Un istante dopo due veloci falchi apparvero in cielo.
Si spostavano rapidi ed erano più grandi e robusti dei falchi comuni.
Le piume erano spesse e folte, come se fossero scaglie di una corazza, mentre becchi ed artigli luccicavano al Sole di sfavillanti cromature, dato che erano fatti di puro e vigoroso ferro.
In pratica di trattava di vere e proprie armi in grado di volare.
Mai in natura si erano visti simili predatori dell'aria.
Prima cominciarono a volteggiare sopra il pranzo del frate, poi, puntata la preda, si lanciarono in picchiata a grande velocità, come schegge che i bagliori del loro metallo rendeva incandescenti.
Nel frattempo, rimasto immobile a fissarli, il religioso, prima incredulo e poi spaventato, restò pietrificato alla sua mensa e solo quando i due mostruosi falchi erano praticamente su di lui, chinò la testa e si rannicchiò per la paura.
Prese allora a gridare e poi a recitare alcune orazioni ad alta voce, come se fossero la sua unica difesa in quella terribile ed incredibile situazione.
Ma fu proprio allora che, tagliate le reti con un preciso colpo di spada, Ardea fece scattare la trappola.
In un attimo i due falchi si ritrovarono nelle pesanti reti, quasi impossibilitati a muoversi.
Le lamine di bronzo si incagliarono tra le piume di quei rapaci, bloccandoli e quasi soffocandoli con il loro peso.
“Hurrà!” Gridò Biago con fare trionfante.
Ma i due infernali uccelli, sentendosi in trappola, con i loro mostruosi becchi ed i loro artigli metallici cominciarono a far scempio di quelle reti.
Un momento dopo erano di nuovo liberi e volteggiavano minacciosi sul religioso ed il suo pasto.
“Hanno becchi ed artigli letali come armi!” Gridò Biago. “Hanno fatto brandelli delle reti! Reti capaci di imbrigliare orsi! Che bestie sono mai questi uccelli? Come riusciremo a fermarli?”
Intanto i due superbi rapaci puntarono di nuovo la loro preda e un istante dopo erano nuovamente lanciati contro il frate e la sua mensa.
http://www.xtec.cat/~sgiralt/labyrinthus/imagines1/heracles13.jpg
Altea
08-04-2015, 18.55.15
che strani esseri..o armi mortali..nemmeno le preghiere del frate sono riuscite a sconfiggere gli Inferi..ma sono certa Ardea troverà il modo per salvarlo. ;)
Finalmente un po' di tempo per leggere le avventure di Ardea!
Quel frate se la starà vedendo davvero brutta con quelle bestiacce...
Ma concordo con lady Altea, i nostri eroi troveranno il modo di salvarlo ;)
Galgan
13-04-2015, 17.07.39
Invero, la figura di Ardea risulta gradita anche alla mia piccina (anche se lo chiama "Aldea":smile:), ed ama sentire le sue storie.
Un doppio ringraziamento, quindi, buon Guisgard.
Guisgard
14-04-2015, 02.30.51
Sono io che ringrazio tutti voi, che leggete ed apprezzate le antiche imprese di Ardea.
E naturalmente un grazie speciale va anche alla dolcissima principessina di sir Galgan :smile:
Guisgard
15-04-2015, 02.39.20
“<<E' questa la regione, è questo il suolo e il clima>> disse allora l'Arcangelo perduto, <<è questa sede che abbiamo guadagnato contro il cielo, questo dolente buio contro la luce celestiale?>>”
(John Milton, Paradiso Perduto)
Davanti a quella scena Biago si sentì avvilito.
I falchi si erano dimostrate creature quasi di un altro mondo.
Un mondo oscuro, malvagio e sacrilego.
“Non è il momento di abbattersi...” disse Ardea, spronandolo “... presto, o faranno strage del frate!”
Questi infatti era ai piedi della sua mensa, impaurito, a balbettare preghiere per salvarsi.
I due falchi, allora, si lanciarono di nuovo in picchiata e raggiunsero la scrofa, cominciando poi a maciullarla con gli artigli ed a strapparne le carni con i loro becchi.
Ardea, comprendendo che quello era il momento di agire, raggiunse la brace ancora calda dove avevano cotto la scrofa ed iniziò ad intingere nel grasso colato tra le pietre e la cenere le sue frecce.
Quelle che erano state forgiate dalle armi del malvagio Govarola.
Portò poi le frecce sui tizzoni ancora ardenti della brace e diede loro fuoco.
Mirò così alle carni della scrofa e in un attimo quel pasto prese fuoco, avvolgendo in rapide fiamme i due terrificanti rapaci.
In principio i due uccelli tentarono la fuga, col primo però che non riuscì neanche a spiccare il volo, tanto erano consumate le sue ali e con il secondo che, alzatosi per pochi metri, fu subito raggiunto da un altro dardo di Ardea che gli spaccò in due un'ala, facendolo cadere pesantemente al suolo.
Il cavaliere allora si tolse il mantello e raggiunse prima un falco, poi l'altro, spegnendo le fiamme che li stavano carbonizzando.
“Perchè?” Stupito Biago. “Lasciali bruciare!”
“Ci servono vivi.” Fissandolo il cavaliere.
“Perchè mai?” Domandò lo scudiero.
“Vedrai.” Rispose Ardea. “Andiamo dal frate ed accertiamoci che stia bene.”
I due, così, raggiunsero il religioso per sincerarsi delle sue condizioni.
“Come state?” Aiutandolo ad alzarsi Ardea.
“Oh, Signore...” mormorò ancora scosso il religioso “... Bontà Divina...” scuotendo il capo.
“Su, che state benissimo.” Sorridendo Biago.
“Ma...” farfugliò il frate “... ma cos'erano? Demoni?”
“Erano falchi.” Spiegò Ardea. “E voi siete stato coraggiosissimo. Senza di voi sarebbero ancora in volo a terrorizzare la contrada.”
“Non esistono falchi simili...” incredulo il religioso “... non possono esserci animali tanto mostruosi... nessun Testo Sacro li cita...”
“Nei Vangeli” fece Ardea “Nostro Signore scaccia i demoni... perchè sono una realtà.”
A quelle parole del cavaliere, il religioso chinò il capo ed annuì, per poi farsi il Segno della Croce ed iniziare a recitare i Divini Misteri del Santo Rosario.
Essendo Mercoledì erano dunque i Divini Misteri Gloriosi quelli che il frate recitava.
E lo scorrere del Santo Rosario fra le dita del religioso pareva scandire un inquietante conto alla rovescia, dopo il quale, Ardea ben intuiva, la Questione avrebbe mostrato il suo vero volto.
Per questo l'eroe eponimo di tutti i Taddeidi cercava con lo sguardo il castello che dominava l'intera contrada.
Da esso infatti sarebbe giunto il vero nemico da affrontare in quella terribile impresa.
http://www.wallpaperfly.com/thumbnails/detail/20140301/fantasy%20art_www.wallmay.net_83.jpg
Sempre ingegnoso il nostro Ardea! :smile:
La faccenda si fa sempre più interessante....
Altea
15-04-2015, 18.34.23
Sempre arguto Ardea..questa è la sua miglior arma..
Guisgard
21-04-2015, 03.14.04
“Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sul tuo santo monte?”
(Salmo 15, L'ospite del Signore)
Sulla contrada un lento e lamentevole vento si era alzato, soffiando da Nord e ammutolendo tutto ciò che sorgeva in quella landa.
La campagna era intrisa di un cupo silenzio ed il cielo, con le sue sue inquiete nubi, sembrava quasi maledire tutto ciò che si trovava sulla Terra.
Poi, nel vento, si udì ancora una volta il sibilo sinistro di quel flauto.
Giungeva dal castello e in un attimo si diffuse su tutta la campagna.
Ma nulla rispose a quel funereo richiamo.
E di nuovo, dopo qualche istante, quell'inquietante sibilo, simile ad un antico e disgraziato lamento, ad una tacita sentenza di morte, si diffuse nei cieli della contrada.
Ma neanche stavolta ci fu risposta a quell'oscuro segnale.
Allora le secolari porte di quel maniero di aprirono ed una figura uscì da quelle antiche mura.
Alta e snella, dalla postura austera, indossava un lungo mantello grigio ed il suo capo era nascosto da un cappuccio stretto da bende.
La misteriosa sagoma si guardò intorno e restò così per diversi istanti, come se quel silenzio l'avesse sorpresa e turbata.
Montò poi in sella ad uno scarno palafreno e scese verso la campagna sottostante, continuando a suonare quel suo malefico flauto ad intervalli quasi regolari, senza però ricevere mai risposta alcuna.
Suonava e si guardava intorno, come se attendesse di vedere una qualche reazione a quel suo richiamo.
Ma non accadde nulla.
Fino a quando, sospinto dal vento, un odore di carne raggiunse i suoi sensi.
La misteriosa figura incappucciata, così, seguendo quell'aroma, percorse buona parte della campagna, raggiungendo infine il luogo in cui Ardea e Biago avevano preparato quel pasto per il chierico.
Ed in quel momento, finalmente, la figura incappucciata vide su un rudimentale altare, fatto di pietre e rami secchi, i due falchi coperti da tagli e ferite che respiravano a fatica.
La figura allora, incredula, scese da cavallo e si avvicinò ai due falchi moribondi.
Lanciò un grido per la rabbia e si tolse, dopo essersi strappato le bende, con vigore il cappuccio, mostrando così il suo aspetto.
Era un essere ripugnante, che di umano aveva ben poco.
La pelle era di un bianco che richiamava i cadaveri e grinze simili a squame gli ricoprivano il volto ed il collo, come se un morbo infettivo ne avesse martoriato le carni.
Gli occhi erano piccoli e scuri, i capelli grigi e sottili, la testa irregolare.
Il viso si mostrava scarno e deforme, mentre la bocca appariva come una fessura e i pochi denti non riuscivano ad evitare che la saliva, gialla e fetida, fuoriuscisse attraverso le sottili e scure labbra.
E per la rabbia, quell'orrendo falconiere, picchiò con forza il pugno su quel rozzo altare.
“Dannazione...” disse con la sua voce stridula e grottesca “... chi ha osato fare questo ai miei falchi? A me, Picas, signore di questa contrada? Chi?” Urlò di rabbia. “Chi ora subirà la mia giusta collera?” Con un moto di frustrazione. “Oh, gente malvagia! Così ripagate chi vi ha lasciato in vita, invece che gettarvi in pasto ai suoi nobili falchi? Così rispettate chi ha scelto di prendersi solo i frutti di questa terra, invece che le vostre sudicie vite?” Scosse il capo. “E sia! Ora conoscerete la vera sofferenza!” Con occhi colmi di odio e crudeltà.
http://spb.fotolog.com/photo/59/2/43/holly1984/1170108327_f.jpg
Accidenti che orrore... :eek:
Non promette nulla di buono... :confused_nervous_sh
Altea
21-04-2015, 17.11.32
Che essere immondo:eek:..........ora ha inizio la vendetta a meno che Ardea e Biagio si facciano valere prima
Guisgard
25-04-2015, 03.22.01
“Ecco, sono caduti i malfattori, abbattuti, non possono rialzarsi.”
(Salmo 36)
Appena il pugno del ripugnante falconiere sbatté forte su quel rozzo altare e cominciò a gridare, i due falchi iniziarono pian piano a muoversi.
Picas fu sorpreso e lieto di ciò.
Ma i falchi, con ormai i sensi alterati dai nervi recisi, avvertendo l'odore della carne del diabolico falconiere, si avventarono improvvisamente su di lui, ormai incapaci di riconoscerlo.
E nonostante i corpi sfregiati e in parte ustionati, i loro becchi ed i loro artigli di solido ferro erano ancora capaci di colpire.
Così, in breve, cominciarono a scorticare vivo Picas.
Questi però si dimenava, gridava ed inveiva, nel tentativo di scrollarsi di dosso quei feroci rapaci.
Ma tutto era inutile.
I due mostruosi uccelli affondavano con selvaggia furia e primordiale voracità i loro becchi ed i loro artigli nelle carni vive del loro padrone.
Il falconiere allora cercò di mettere mano alla spada, ma da qualche passo più indietro, uscito allo scoperto con Biago, Ardea scoccò una freccia infuocata che raggiunse l'altare sapientemente unto col grasso della scrofa.
In un attimo, così, una viva fiamma avvolse quella primitiva mensa, ingoiando Picas ed i suoi due mostruosi falchi.
Il malvagio falconiere, allora, tra quelle vampate, si voltò per vedere il volto di colui che aveva preparato quella fatale trappola.
Vide così Ardea ed il suo scudiero.
E a quella scena cominciò a dimenarsi ancor di più, poiché aveva capito di essere stato giocato.
“Maledetti...” disse mentre le sue carni cominciavano ad aprirsi per il calore “... maledetti... mi avete teso questa trappola... prima i miei falchi... poi me... maledetti...” fino a quando quel rogo lo rivestì e consumò definitivamente, divorando il suo deforme corpo e condannando ad un fuoco ben più potente ed eterno la sua malvagia anima.
“Ma quale Inferno può aver partorito un simile essere?” Mormorò Biago.
“Le forze del male” fece Ardea “sono sempre pronte a inviare i loro attacchi...”
Rimasero, così, a fissare quel rogo, fino a quando verso sera, restarono solo ceneri adenti che in breve il vento disperse, nell'aria, diffondendo per un momento un eco di morte che svanì un istante dopo, insieme agli orrori che avevano flagellato quelle lande.
Il chierico allora benedì quella terra, ormai libera dal suo flagello, facendo sì che nuovi frutti potessero germogliare nella contrada ormai liberata.
Recuperò poi il suo carretto, salutò i due e riprese il suo cammino.
Ardea e Biago, così, salirono in sella ai loro cavalli e si diressero verso il centro abitato della contrada.
Qui proclamarono a tutti la loro liberazione, richiedendo poi di pagare al duca il giusto tributo.
La gente del posto ringraziò con commozione il cavaliere ed il suo scudiero, uscendo poi dalla cittadina cantando e ballando per la gioia, lodando il Signore per la fine dei loro tormenti.
Ma Ardea e Biago non si trattennero oltre in quella terra.
Li attendeva l'ultima contrada ed il Tempo era ormai tiranno.
Infatti il conto alla rovescia che avrebbe portato al giorno del duello col misterioso cavaliere stava giungendo al termine.
Ed Ardea era deciso a liberare definitivamente la sua terra da ogni pericolo, prima di consegnarsi al suo Fato che da troppo tempo reclamava il suo nome.
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Altea
25-04-2015, 13.24.32
Un finale inaspettato..alla fine il falconiere, oltre alla bravura di Ardea, è stato punito dal suo stesso male e dalla sua cattiveria.
Guisgard
08-05-2015, 01.35.33
Settima Questione: Acerna, Il Gorgo del Lagno
“Ogni guerriero della luce ha ferito qualcuno che amava.
Perciò è un guerriero della luce: perchè ha passato queste esperienze, e non ha perduto la speranza di essere migliore.”
(Paulo Coelho, Manuale del guerriero della luce)
Dopo aver cavalcato per circa due ore, Ardea e Biago giunsero nella settima ed ultima contrada della Cinque Vie.
Acerna, immersa nell'ancestrale e lussureggiante bosco di Suessione, dominio di leggende e tradizioni antichissime, era la maggiore fra le sette contrade dominate dal duca Taddeo, posta a Nord come una porta aperta verso gli estremi confini del reame.
Essa era terra di antichi miti e remote civiltà e da sempre dimora di potenti ed invincibili domini.
Il tempo che accolse i due compagni d'avventure era cupo, grigio, intriso di vaga e sfuggente inquietudine, come se celasse un primordiale ed inclemente tormento.
Il vento, che aveva soffiato a lungo ed aspro su quelle lande, era cessato di colpo, lasciando nell'aria un irreale silenzio, una soffusa malinconia, come se quel primordiale paesaggio ora si mostrasse sotto gli effetti di un qualche incantamento, piombato com'era in quell'enigmatica dimenticanza.
Ardea ed il suo scudiero proseguirono in quella lussureggiante atmosfera intrisa però di diffusa indifferenza al loro passaggio, fino a scorgere, lungo il sentiero segnato dai secolari solchi lasciati da ruote di carri, un vecchio mulino.
L'edificio era in disuso ed adibito ora a locanda.
Una palizzata lo recintava, estraniandolo dalla incolta campagna circostante e staccandolo dal polveroso sentiero, dove al suo interno, nel bel mezzo di uno spiazzo in parte coltivato ad orto, si ergeva l'antico mulino.
Un'insegna di legno che scricchiolava ed oscillava recava il nome di quella locanda: Il Mulino Vecchio.
I due viaggiatori si scambiarono un rapido cenno d'intesa, raggiunsero lo steccato e vi entrarono con i loro cavalli.
Scesi dalle selle suonarono poi un'arrugginita campanellina e subito arrivò un uomo alto, robusto, con due fieri baffi e l'aria di una dignitosa bonarietà.
“Salute a voi, cavaliere e benvenuto.” Disse poi con un vistoso inchino. “Lasciate pure qui il vostro cavallo e quello del vostro scudiero. Manderò subito uno dei miei garzoni ad occuparsene. E se avrete la compiacenza di entrare vi farò servire immediatamente un piatto caldo e del buon vino.”
Ardea annuì e poi con Biago entrarono nella locanda.
Era questa un luogo caldo ed accogliente, poco affollato e ben curato.
I due compagni si sedettero ad uno dei tavoli, il più vicino al camino, attendendo poi l'arrivo del locandiere con quanto promesso.
Ma nel guardarsi intorno Ardea notò qualcosa che subito attrasse la sua attenzione.
Il ritratto sulla parete di una bellissima ragazza dai capelli corvini, la pelle bianca e gli occhi di un chiaro indefinito.
E nel vedere quell'immagine il cavaliere restò meravigliato.
Era infatti lo stesso volto della ragazza vista tempo prima nella carrozza e della quale, pur senza conoscere nulla di lei, egli si era perdutamente innamorato.
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Altea
08-05-2015, 18.26.38
Sir Guisgard, ho apprezzato molto la prefazione di Paulo Coehlo..niente di più vero, sbagliare in Amore per arricchirsi.
Veniamo a questa nuova avventura di Ardea, prima di tutto vi ho sempre ammirato per la vostra dote sulla descrizione dei paesaggi..sembra di vederli davanti, toccarli come un magico sogno.
E ora...chi sarà la bella donna del dipinto? Aspetto il proseguio..
Oh, finalmente torna quella fanciulla che tanto ha colpito Ardea! :smile_lol:
Guisgard
03-07-2015, 04.29.38
“Il coro canta il lamento dell'ingiusta sciagura, cercando di comprenderne il significato e Dio volendo il modo per scongiurarla.”
(Antica tragedia)
Ardea continuava a fissare quel ritratto, rapito dalla sua bellezza.
Da quei tratti perfetti, dai suoi occhi vivi e di una indefinita trasparenza, dalla pelle d'alabastro, dai lunghi capelli neri e raccolti in modo semplice.
Eppure vi era qualcosa in quel meraviglioso volto che lo ossessionava al punto da rapire ogni suo pensiero.
Ma cosa?
Cosa di quel volto lo tormentava, oltre ad estasiarlo per la sua bellezza?
Questo continuava a domandarsi il Taddeide.
Vi era qualcosa che pareva influenzarne profondamente l'espressione e lo sguardo.
“Ardea...” disse all'improvviso Biago, destando il suo compagno da quelle inquietudini “... cos'hai?”
“Quel ritratto, quel volto...” mormorò Ardea.
“Cos'ha di particolare quel ritratto?”
“E' lei, la ragazza che vidi a Caivania...”
“Forse ti starai confondendo...” fece lo scudiero “... è un ritratto e spesso gli artisti traggono ispirazione da volti belli ma usuali.”
“Ti sembra forse una bellezza usuale quella?” Indicando il ritratto il Taddeide. “O forse un volto comune?”
“E' molto bella...” mormorò Biago “... ma chi è in realtà?”
“Non lo so... ma voglio scoprirlo...”
“E come?” Domandò Biago.
Ardea si guardò intorno e notò il locandiere poco distante.
“Ehi, voi!” Lo chiamò.
Quello fece un cenno di assenso, per poi raggiungere il loro tavolo.
“In cosa posso servirvi, cavaliere?” Chiese.
“Solo una curiosità...” sorridendo Ardea “... chi è la dama del ritratto?”
“Oh, è bellissima, vero?” Sorridendo il locandiere.
“Molto.” Con gli occhi sul ritratto Ardea. “Ma di chi si tratta?”
“E' lady Cramelide, figlia del barone Avator, vassallo del duca Taddeo.” Rivelò il locandiere.
Ardea fissava quel ritratto, incapace di distogliere i suoi occhi azzurri da quelli trasparenti di lei.
“Una dama” continuò il locandiere “tanto bella, quanto sfortunata.”
“Sfortunata?” Ripetè Ardea, voltandosi di scatto verso l'uomo.
“Si, cavaliere...” rattristato il locandiere “... sfortunata, come questa terra... Acernia condivide il medesimo Fato con la bella Cramelide...”
“Cosa intendete dire?” Chiese il cavaliere.
“Lasciate perdere, cavaliere...”
“Come sarebbe a dire?”
“Che certi fatti luttuosi meglio ignorarli, credetemi.”
“Ditemi cosa affligge quella ragazza e questa contrada.” Deciso Ardea.
“Cosa vi importa?” Alzando le spalle il locandiere. “Tanto siete di passaggio e ripartirete presto. Dunque vi dimenticherete di questo luogo e dei suoi drammi.”
“Parlate, per la miseria!” Innervositosi il Taddeide.
“La troppa curiosità non è affine ad un cuor cortese.” Fissandolo il locandiere.
“Come l'insolenza” replicò Ardea “non è utile ad uno maldestro.”
“Io non posso certo vantare le vostre virtù, messere...” scuotendo il capo il locandiere “... né il vostro lignaggio... né la vostra ricchezza... sono un umile locandiere...”
Ardea comprese e scosse il capo.
Prese allora un Taddeo d'argento e lo fece tintinnare sul tavolo.
“Ora potete parlare.” Guardandolo.
“Grazie, mio signore!” Arraffando la moneta il locandiere. “Dovete sapere che questa contrada è maledetta da sempre...”
“Che vuol dire?” Ascoltandolo con attenzione il cavaliere.
“Che un terribile incanto è stato imposto su di essa...” spiegò il locandiere “... un incanto oscuro e terribile, che da sempre era affrontato dal duca Taddeo... ma ora lui non si mostra più da tempo ed il nostro flagello riguarda noi soltanto...”
Ardea e Biago si scambiarono una lunga occhiata e poi il cavaliere tornò a voltarsi verso il locandiere.
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Altea
03-07-2015, 18.00.27
E' tornato Ardea..chissà di che maledizione è colpito quel borgo e quella dama.:smile_wub:
Guisgard
20-08-2015, 18.49.27
"Risveglia la tua potenza davanti a Efraim, a Beniamino e a Manasse, e vieni a liberarci."
(Salmo 80)
“Voglio sapere di questo incanto.” Disse Ardea al locandiere.
“Oh, credetemi, è meglio non saperle queste cose.” Fece l'uomo. “Io stesso avrei preferito nascere altrove e chiunque altro abitante di questa triste contrada la pensa come me.”
“Io invece voglio sapere.” Ribadì il cavaliere.
“Mio signore, credetemi, mi ripugna narrare simili disgrazie...”
Ardea, allora, prese un altro Taddeo e lo fece tintinnare sul tavolo.
“Questa moneta” fissandolo il Taddeide “saprà ammansire ogni scrupolo di coscienza.”
Il locandiere prese avidamente quel Taddeo ed annuì.
“Dovete sapere” cominciò a raccontare “che la civiltà ad Acerna è giunta attraverso il millenario corso del Lagno, che unisce le coste all'entroterra e rappresenta una via di comunicazione frequentata da sempre dagli uomini...”
“Si, conosco queste cose...” annuì Ardea “... ma voglio sapere dell'incanto che vi affligge.”
“Ci stavo arrivando, milord...” grattandosi la barba il locandiere “... dicevo del Lagno... esso però in passato è sempre stato nocivo, in quanto melmoso e fetido, tanto da appestare la terra circostante, rendendola impossibile da vivere e da coltivare... alcuni allora, secoli fa, decisi a bonificare tutta questa zona, pensarono di risalire il corso del Lagno, alla ricerca della mitica fonte...”
“La fonte del Lagno...” mormorò il cavaliere “... un'antica leggenda...”
“Oh, ma non è solo una leggenda...” il locandiere “... no, milord...”
“Come sarebbe?”
“Perchè quegli uomini arrivarono dove nessuno era giunto mai prima di allora...”
“Davvero?” Stupito Ardea. “E cosa trovarono?”
“Non certo ciò che si aspettavano...” scuotendo il capo il locandiere.
“E cosa?”
“Una gigantesca palude, infetta da acque e fumi mortalmente velenosi...”
“E com'è possibile ciò?” Turbato il cavaliere.
“Perchè qualcosa” rivelò il locandiere “rendeva mortale quel luogo, milord...”
“Cosa?”
“Un terrificante drago capace di non dormire mai, perennemente affamato e praticamente invulnerabile.”
Ardea e Biago si scambiarono un'occhiata densa di inquietudine.
“Un mostro spaventoso e terribile...” continuò il locandiere “... un essere infernale, simile ad un sciagura in grado di flagellare intere generazioni...”
“Come poteva dunque il duca fermare un simile flagello?” Domandò Ardea.
“Egli, come chiunque altro aveva provato a sfidare il drago prima di lui, non poteva ucciderlo, ma rintanarlo nel suo covo di melma e malaria...” rispose il locandiere “... e così, ricacciato nella sua immonda tana, il drago vi restava per un intero anno... ma al risveglio di quel mostro il duca non è più tornato ad Acerna... e allora quella bestia ha ricominciato a spaventarci e a distruggere i nostri armenti, a devastare le nostre campagne e ad appestare l'aria col suo fetido ed incandescente alito, portando malaria e morte in questa contrada...”
http://www.indire.it/immagini/immag/mosfy/nf83.jpg
Anche questa volta la situazione sembra delle più disperate.. eh ma gli abitanti di Acerna ancora non sanno con chi hanno a che fare ;)
Quel drago farà una pessima fine, altrochè :smile_lol:
Guisgard
20-08-2015, 20.12.45
La saga di Ardea, milady, da sempre scandisce la vita del mondo che l'ha generata.
Nel passato, cantando gli ideali che unificarono la mia terra sotto un unico Credo ed una sola corona, così come nel futuro, visto che una profezia parla proprio di questo poema per la sua realizzazione.
Infatti, secondo essa, nessuno dei Taddei troverà mai il Fiore Azzurro se prima quest'antica opera non sarà del tutto narrata...
Allora non vedo l'ora di leggerne l'epilogo, milord.. ;)
Altea
20-08-2015, 22.48.17
Milord....Non ho dimenticato Ardea..ora mi chiedo cosa lega l' incanto sulla dama del ritratto con il drago e il Lagno. Il Lagno...vecchi ricordi a cui sono legata, e alla sua Dama fatata.
Guisgard
14-09-2015, 01.48.41
"Il cinghiale del bosco la devasta e le fiere della campagna vi pascolano."
(Salmo 80)
“Dunque” disse Ardea al locandiere “Acerna non dispone di un esercito e di uomini valorosi? Nessuno si è mai offerto di affrontare quel mostro e liberare la contrada dalla sua malvagia presenza?”
“Cavaliere...” mormorò il locandiere “... parlate così perchè non conoscete quale pericolo rappresenta quel drago... solo il duca Taddeo era in grado di tenergli testa, ricacciandolo ogni anno nella sua immonda tana. Eppure, nonostante il suo eccezionale valore, neanche il duca è riuscito mai ad ucciderlo.” Scosse il capo. “Ed ora che egli non giunge più ad aiutarci, il drago impone a tutti noi un orrendo tributo di morte.”
“Tributo?” Ripetè Ardea.
“Si, cavaliere...”
“Che tributo?” Chiese Ardea. “Non bastano gli armenti massacrati e le campagne devastate?”
“Il drago” rivelò il locandiere “impone ogni primo Sabato del mese una fanciulla vergine... e tante sono state le vittime offerte in questo innaturale sacrificio... un anno è composto da infiniti Sabati...”
Ardea guardò Biago con un'espressione di disgusto e rabbia.
“Ma ora” continuò il locandiere “il popolo è stanco... nessuno più vuole perdere le proprie figlie e le proprie sorelle... nessuno più è disposto a destinare i suoi cari a quel macabro martirio... per questo il barone Avator ha deciso di condividere il dramma del suo popolo, offrendo in sacrificio al drago la sua stessa figlia...”
“Cramelide!” Trasalì Ardea.
“Si, cavaliere...”
Il pugno del Taddeide si avventò violentemente sul tavolo.
“Ora scusatemi, ma ci sono clienti che mi reclamano...” fece il locandiere “... col vostro permesso mi allontano...” ed andò via.
“No, non può essere!” Esclamò Ardea.
“Questa Questione” disse Biago “credo sia la peggiore di tutte quelle che abbiamo affrontato fino ad ora...”
“Un padre non può offrire sua figlia in questo spregevole sacrificio!” Fuori di sé Ardea. “E' un tributo inaccettabile!”
“Il barone” fece Biago “ha il dovere di proteggere il suo popolo... questo lo sai bene, Ardea...”
“Si, hai ragione, non ha colpe quell'uomo...” chinando il capo il Taddeide “... ma questa gente non può vivere così...”
“Senza il duca questa contrada non ha più difese...” mormorò Biago.
“Ci sono io ora!” Fissandolo Ardea.
“Non essere avventato...”
“No, Biago!” Interrompendolo il Taddeide. “E' un compito che spetta a me! Sono il figlio del duca!”
“Ma non hai sentito?” Prendendolo per un polso Biago. “Neanche tuo padre è stato in grado di uccidere quel drago! Come puoi riuscirci tu? Al massimo potrai ricacciarlo nel suo covo... ma dopo? Cosa accadrà dopo? Fra un anno? Fra dieci anni? Fra cento?”
“Ci saranno altri a ricacciarlo nella sua tana!” Deciso Ardea.
Ma poi il suo sguardo si abbassò.
“So cosa pensi...”
“Cosa?” Chiese Biago.
“Che dopo di me il casato di mio padre non esisterà più...”
“Non penso questo.”
“Invece si.”
“No, ti dico.”
“Però è ciò che accadrà...”
“Come fai a dirlo?” Guardandolo Biago.
“Fra poche settimane ho il duello col misterioso cavaliere...”
“Ardea...”
“Ma non posso pensare a questo ora...” alzandosi Ardea e gettando delle monete sul tavolo per pagare il locandiere “... ora c'è quest'ultima Questione da risolvere...” con sguardo inquieto.
http://www.michael-sheen.co.uk/images/articles/priest3.png
Ho come l'impressione che questa Questione varrà molto più delle altre, forse perché Ardea ha l'occasione di salvare una dama, ma non una qualunque... ;)
Sono già in trepidante attesa di scoprire cosa escogiterà il nostro eroe per sconfiggere questa malvagia creatura.
Guisgard
14-09-2015, 02.04.15
Già, lady Clio.
Pare che i nobili Taddei sin dagli albori della loro stirpe siano stati destinati a salvare dame in pericolo ;)
Non so perché, ma la cosa non mi stupisce affatto.. :smile_lol:
Guisgard
14-09-2015, 02.54.15
Non so perchè, ma noto sarcasmo, milady... :rolleyes:
E sia, ma tanto si sa, la nostra Clio non è certo una dama indifesa, dunque non avrà bisogno del proverbiale e leggendario eroismo dei nobili Taddei per essere salvata... ;)
Sarcasmo? Affatto, in realtà.. (per una volta.. :rolleyes:)
Come ho detto non è una dama qualunque ad essere in pericolo, ma una che ha colpito molto il notro eroe.. ;)
(Quanto a Clio, beh... come mi sembra di aver già scritto da qualche parte, ci sono molti modi per salvare una donna..)
Altea
14-09-2015, 12.02.54
Con grande entusiasmo ho letto il proseguio della storia..ecco cosa legava la dama al drago.
Sono certa Ardea riuscirà a sconfiggere il drago poiché è l'Amore per Cramelide che lo renderà vittorioso. .ora aspetto con ansia il susseguirsi della vicenda.
Sarà la Ultima Questione? Avete detto solo finito il racconto di Ardea, i Taddei troveranno il tanto desiderato Fiore.
Guisgard
14-09-2015, 17.22.30
Lady Altea, vi sono molte leggende attorno alla saga di Ardea e con esse un'antica profezia.
Secondo essa infatti solo terminando di mettere in forma scritta questa eroica epopea i Taddei troveranno il Fiore Azzurro, spezzando così la terribile Gioia dei Taddei.
Come vedete è una storia magica, oltre che antica quasi quanto il mondo :smile:
Guisgard
20-09-2015, 02.43.20
“<< Il primo, per onore e per valore, per fama e per rango >> rispose il pellegrino << era l'intrepido Riccardo, re d'Inghilterra. >>”
(Walter Scott, Ivanhoe)
Ardea e Biago lasciarono la locanda e si avviarono verso il centro abitato.
Era questo molto vasto e densamente abitato, circondato tutt'intorno da una campagna estesa e verdeggiante.
La contrada era brulicante di case e palazzi, chiese e botteghe che accerchiavano e quasi si aggrappavano, come preda di un'innaturale ed invisibile paura, sulle alte e spesse mure del Castello Baronale.
“Pensavo...” disse Ardea, fissando il monumentale maniero “... pensi ci sia possibilità di essere ricevuti dal barone?”
“Non credo...” rispose Biago “... a meno che tu non voglia presentarti per ciò che sei, ossia il figlio del duca.”
“Escluso.” Sentenziò Ardea.
“Allora dovrai fingerti un musico, un saltimbanco oppure un mendicante.” Divertito lo scudiero.
“Divertente...” fissandolo il cavaliere.
Ma proprio in quel momento i due udirono qualcosa.
Una musica seguita da un canto.
Si voltarono e allora videro un ragazzo, dai capelli rossi, alto e magro, con l'aria sognante che se ne stava sotto un sicomoro a suonare la sua cetra.
“Magari” ridendo Biago “potresti chiedere a quel musico di prestarti il suo strumento.”
“Oggi sei in vena di battute.” Mormorò Ardea. “Peccato ti manchi il dono di suscitare risa.”
Biago rise ancora.
“Vieni...” fece il cavaliere “... magari quel menestrello ci informerà circa questa contrada.”
“Cos'altro vuoi sapere?” Fissandolo lo scudiero. “Come si arriva presto dal drago forse?”
Ardea si limitò a sorridere, per poi raggiungere il menestrello.
“Salute a te, menestrello.” Con un cenno del capo il cavaliere.
“Che Dio vi benedica, messeri.” Sorridendo quello.
“Cerchi forse ispirazione sotto questo sicomoro?” Domandò il Taddeide.
“In verità si...” annuì il cantore.
“Per la bella dama del tuo signore?” Ancora il cavaliere.
“In realtà, cavaliere...” smettendo di suonare il musico “... in realtà cercavo ispirazione per un canto da offrire a mia sorella...”
“Però!” Esclamò Biago. “Un giusto modo per dimostrare che l'arte non ha alto lignaggio!”
“Cosa intendete dire, messere?” Fissandolo il menestrello.
“Beh, senza offesa, non penso che né tu, né tanto meno tua sorella siate marchesi o principi.”
“Messere...” risentito il musico “... sappiate che mia sorella appartiene alla più alta nobiltà di questo ducato e dell'intero reame.”
“Come sarebbe?” Confuso Biago.
“Che ella è nobile, messere.”
“Io credevo che...” farfugliò Biago.
“Nobile quanto me, naturalmente.” Precisò il cantore.
Biago cercò di dire qualcosa, ma Ardea con un gesto ed uno sguardo lo bloccò.
“Chiediamo a te perdono, amico mio.” Con un lieve inchino il cavaliere. “Non era nostra intenzione recarti offesa. Vuoi dunque presentarti a noi? Io sono un semplice cavaliere errante e costui, un po' troppo ciarliero, ma di animo sincero, è il mio fedele scudiero.”
“Salute a voi, dunque.” Sorridendo il musico. “Il mio nome è Giaccos, detto il Rosso, figlio del barone di Acerna.”
Guisgard restò meravigliato.
“Barone?” Ripetè Biago.
“Si, messere.” Annuendo Giaccos.
“Allora...” Ardea a questi “... allora tua sorella è...”
“Si, cavaliere.” Alzandosi Giaccos. “Mia sorella è lady Cramelide.”
Ardea e Biago allora si scambiarono un lungo ed eloquente sguardo.
Intanto l'aria profumata della campagna animava il fruscio del sicomoro sopra di loro.
http://flaminiogualdoni.com/wp-content/uploads/2011/02/Inness-Twilight-on-the-Campagna-c.-1851.png
Che curioso incontro di buon auspicio direi.
Le cose si fanno sempre più interessanti, milord.
(E Biagio è sempre fantastico! :smile_lol:)
Guisgard
21-09-2015, 17.10.48
Questa è notoriamente conosciuta come la Questione più ardua affrontata da Ardea, milady.
Non si tratta solo di affrontare un terribile mostro, il più feroce che esisteva a quei tempi nell'Afragolignone, ma di salvare una donna.
E non una donna qualsiasi, ma quella che lui ama.
Perseo liberò Andromeda da un Destino infelice, mentre Paride salvò Elena da una vita senza Amore.
Lancillotto riportò in vita Ginevra dal malvagio incanto di Gorre e Rinaldo salvò Armida donandole il suo cuore.
Come giustamente dite voi, vi sono molti modi per salvare una donna ;)
Guisgard
02-10-2015, 18.10.28
"Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno."
(Salmo 17)
Lo stupore di Ardea e di Biago, per quella rivelazione di Giaccos, era tangibile.
“Posso chiederti” disse allora il cavaliere al musico “perchè vuoi dedicare dei versi a tua sorella? Solitamente il nostro estro lo riserviamo alla bella che ci fa battere il cuore.”
“In verità” spiegò Giaccos “ella da troppo tempo ha perduto il sorriso, la gioia di vivere. E chiunque abbia conosciuto mia sorella ritiene questo un peccato. Ella infatti non solo è bellissima, ma è anche, o meglio lo era, la più felice e spensierata ragazza di questo mondo.”
“Cosa allora le ha fatto perdere la spensieratezza?” Domandò Ardea.
Giaccos non rispose nulla, limitandosi a scuotere la testa.
Ardea allora lo fissò ancor più turbato.
“Dunque?” Guardandolo.
Giaccos, ad un tratto, scoppiò in lacrime.
E a quella scena il cavaliere ed il suo scudiero non dissero nulla.
Ardea gli si avvicinò e lo guardò negli occhi.
“Perdonatemi...” piangendo il musico “... perdonatemi... per un cavaliere come voi vi sembrerà indegno che un uomo pianga...”
“Piangi...” mettendogli una mano sulla spalla il cavaliere “... piangi e non vergognarti... un uomo deve sapere quando piangere...” e lo strinse in un commosso abbraccio.
Restarono così per lunghi momenti, fino a quando il musico ebbe la forza di versare lacrime per i suoi dolori.
“Tra non molto” fece Ardea, con la sera ormai prossima “farà buio... sarà meglio tornare alla locanda...” a Biago.
Lo scudiero annuì.
“Vi prego...” guardandoli Giaccos “... vi prego, venite con me al castello... voglio che siate ospiti di mio padre...”
I due compagni si scambiarono una lunga occhiata.
“Vi prego...” ancora il musico “... la vostra presenza sarà di certo gradita a mio padre... vi supplico... le mura del castello sono intrise di solitudine e di dolore... la vostra compagnia ci aiuterà a non pensare alle nostra triste Sorte... e al castello vi racconterò tutto...”
“Tutto?” Ripetè Ardea.
“Si...” annuì Giaccos.
“Andiamo...” sorridendo il Taddeide “... siamo onorati della tua ospitalità.”
I tre, così, si avviarono verso il castello di Acerna.
Si trattava di una vasta costruzione, dalle mura alte e solide, le torri merlate ed un vasto fossato tutt'intorno che lo rendeva praticamente inavvicinabile.
Sulle antiche murature, custodi e testimoni di epici e remoti secoli, sventolavano gli aristocratici vessilli Acerniani, simboli della grandezza di queste terre.
Un possente ponte levatoio fungeva da ingresso e numerosi guardie sorvegliavano quell'accesso al maniero.
Ed attorno a questa monumentale fortezza si ergeva l'intero abitato cittadino.
I tre vi giunsero quando ormai era già quasi sera, con deboli luci ad illuminare il castello.
Le tenebre reclamavano il dominio sull'imminente notte, così densa di misteri ed inquietudini.
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Altea
14-10-2015, 23.03.07
Questa Questione mi affascina e mi coinvolge molto...chissà poi come sarà l' incontro tra Ardea e Cramelide.
Guisgard
06-01-2016, 04.30.53
"Chi semina nelle lacrime
mieterà con giubilo."
(Salmo 126)
Giunti Ardea, Biago e Giaccos presso l'ingresso del castello, le guardie subito riconobbero il musico, facendolo dunque passare insieme ai suoi due compagni.
I tre allora attraversarono un ampio cortile illuminato da poche torce scoppiettanti, fino a raggiungere un androne che dava su un'antica scalinata di pietra.
Saliti al primo piano si ritrovarono in una piccola anticamera e da qui passarono poi in un più ampio salone.
Era arredato secondo il tipico gusto Acerniano, con mobili antichi e grezzi, arazzi consumati alle pareti ingiallite per la troppa umidità, teste di animali impagliati sui muri che con armi, elmi e corazze, alcune delle quali arrugginite ed ossidate, fungevano da primordiali trofei di caccia e di guerra.
Dall'altra parte del salone, ossia al punto opposto alla porta da cui i tre erano entrati, un uomo, alto e magro, dal volto scarno ed accigliato, stava in piedi accanto ad un camino acceso, con due molossi accucciati ai suoi piedi, un soldato accanto ed un servitore qualche passo più indietro.
“Ti sei degnato di tornare a casa tua, vedo.” Disse l'uomo riconoscendo il menestrello. “Talvolta non so se mio figlio è un nobile signore o soltanto uno sfacciato menestrello.”
“Salute a te, padre mio.” Con un cenno del capo Giaccos. “Vedo che il tuo umore non è migliorato dall'ultima volta.”
“Ne ho forse motivo?” Fissandolo il barone Avator. “Ho forse una ragione per essere lieto?”
“Si, perchè nella nostra casa sono giunti degli ospiti.” Annuì Giaccos. “E tutti ad Acerna sanno quanto sia celebre la tua ospitalità.”
“Acerna è il luogo più inospitale del mondo ormai.” Mormorò Avator. “Su, vieni avanti con i tuoi ospiti.” Invitandolo ad avanzare con Ardea e Biago.
Quell'ultima frase però non passò inascoltata e i due compagni si scambiarono una rapida occhiata.
“I miei omaggi, milord.” Con un lieve inchino il Taddeide. “Io ed il mio scudiero” indicando Biago “siamo onorati della vostra ospitalità.”
“Da dove giungete, cavaliere?” Chiese Avator.
“In verità” rispose Ardea “è forse più importante conoscere la nostra destinazione, piuttosto che la nostra provenienza, milord.”
“Vi ascolto.” Sedendosi su un grosso seggio il barone.
“Siamo diretti in Oriente.” Spiegò il cavaliere. “Il vescovo di Tessalonica ha richiesto l'aiuto di alcuni cavalieri Cristiani per annientare una rivolta istigata laggiù da alcuni eretici.”
“Comprendo.” Guardandolo Avator. “E forse la provenienza di un campione Cristiano è forse indegna da pronunciare?”
“Chi come noi” rivelò il Taddeide “ha poco interesse per i beni terreni, così come per il suo nome ed il suo stesso sangue, anche i titoli ed i propri Natali rivestono ben poca importanza. La causa che richiede i nostri servigi non impone solo valore e dedizione, ma anche umiltà ed annullamento di se stessi.”
“Stando così le cose” fece il barone “non chiederò oltre riguardo la vostra terra d'origine. Ma neanche il vostro nome è lecito pronunciare, cavaliere?”
“Vi basterà chiamarmi Cavaliere Errante” sorridendo Ardea “ed io volgerò a voi il mio sguardo. Questi invece è il mio scudiero Biago.”
“I miei omaggi, signore.” Con un umile saluto lo scudiero.
“Stasera dunque sarete ospiti del castello.” Sentenziò Avator. “E tra non molto ci metteremo a tavola.”
Ardea ringraziò il barone, per poi guardarsi intorno.
L'atmosfera di quel maniero era cupa ed inquietante, come se tutto gridasse la propria sofferenza contro un Destino di morte.
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Altea
06-01-2016, 13.42.12
Che sorpresa...un altro racconto di Ardea..la frase del Salmo è Luce di Speranza vera.
E io aspetto l' incontro tra Ardea, il Cavaliere errante, e Cramelide..
Guisgard
08-01-2016, 19.30.50
"Bella è Lesbia, bellissima tutta fra tutte
a ognuna ha rapito ogni possibile grazia."
(Catullo)
La cena fu servita poco dopo in una sala adiacente, più piccola ed adatta ad ospitare un pasto.
Attorno ad una rozza tavola imbandita con pane, salumi, formaggi, vino e frutta vi erano Ardea, Biago, Giaccos e naturalmente suo padre il barone.
Avator era uomo di poche parole, ma comunque cortese ed ospitale e la serata passò tutto sommato tranquilla per il cavaliere ed il suo scudiero.
“Naturalmente” disse il barone ad Ardea “voi ed il vostro scudiero resterete ospiti in questo castello stanotte. Dopo un mio servitore vi condurrà ai vostri alloggi.”
“Ve ne siamo grati, milord.” Annuì il Taddeide.
Poi Avator chiamò uno dei suoi servi.
“Informa lady Cramelide che stasera non è richiesta la sua presenza.”
“Si, mio signore.” Con un inchino il servo.
A quel nome Ardea e Biago si guardarono per un lungo istante.
“Vi fermerete molto ad Acerna, cavaliere?” Chiese Avator.
“Il necessario, milord.” Rispose il Taddeide. “Ossia una notte ed un giorno. Dobbiamo riprendere al più presto il nostro cammino.”
“Comprendo.” Sorseggiando del vino il barone.
Poi la cena terminò e Giaccos intrattenne i due ospiti e suo padre con un canto ed alcuni versi.
Infine il barone congedò il cavaliere ed il suo scudiero e li fece accompagnare da un servo al loro alloggio.
“Luogo piuttosto allegro direi.” Fece Biago, appena rimasto da solo con Ardea nella loro stanza.
“Già...” guardando da una finestra il cavaliere “... un'atmosfera di lutto... ma forse è comprensibile, non credi?”
“Immagino di si, dato ciò che ci è stato raccontato.” Annuì lo scudiero. “Tu cos'hai intenzione di fare adesso?”
“Non lo so...” inquieto Ardea “... immagino che ci rifletterò su... per ora posso fare solo questo...”
“Il tempo allora non ti mancherà...” disse Biago “... visto che hai un'intera notte davanti a te. Io invece preferisco dormirci su.” E si stese su uno dei due letti della stanza.
Il Taddeide invece continuò a fissare l'immensità della sera dai vetri della finestra, come se aspettasse una risposta o forse un segno dal silenzio che avvolgeva il castello.
Poi, ad un tratto, guardando giù nel cortile vide qualcosa.
Una figura che si muoveva lenta nel vago chiarore animato dalle poche torce che bruciavano.
E osservandola infine il cavaliere riconobbe le movenze di una donna.
Incuriosito, allora, uscì dalla stanza e raggiunse il cortile.
E seduta su una delle panche di pietra, illuminata dall'incerta e malinconica luce di una torcia, Ardea vide una giovane e bellissima donna.
Un istante dopo ella, con un lieve gesto della mano, spostò un lembo del velo che copriva in parte il suo viso, mostrando le sue fattezze al cavaliere.
Era Cramelide, la figlia del barone.
La ragazza aveva in una mano un ramo spezzato e con quello disegnava sul terreno un piccolo cuore.
http://thumbs.dreamstime.com/x/forma-del-cuore-sulla-sabbia-romantico-bianco-e-nero-36385598.jpg
Altea
08-01-2016, 19.41.31
Ho letto "voracemente" questo altro racconto di Ardea...e così ora Ardea e Cramelide sono vicini e chissà a chi rivolgeva quel gesto dettato dal chiarore e sospiri alla Luna la bella Cramelide.
Guisgard
08-01-2016, 20.02.17
A Dio piacendo lo scopriremo presto, milady ;)
Altea
08-01-2016, 20.04.43
A Dio piacendo lo scopriremo presto, milady ;)
E io rimarrò in trepidante attesa...:smile:;)
Le avventure di Ardea sono sempre affascinanti, e ora finalmente è vicino alla sua amata.
Che dire, facciamo il tifo per il nostro eroe, perché riesca a conquistare il cuore della bella. ;)
Guisgard
17-02-2016, 18.15.23
"Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova,
dubita che la verità sia mentitrice,
ma non dubitare mai del mio amore."
(William Shakespeare, Amleto)
“Se un giorno giungesse nel regno qualcuno natio di una terra lontana ed ignota” disse Ardea avvicinandosi a Cramelide “allora, per farsi intendere, adotterebbe un linguaggio universale, capace di essere compreso da ogni uomo o donna di questo mondo.” Sorridendo alla ragazza. “Probabilmente così gli dei in passato parlavano ai mortali.”
“Esiste dunque un tale linguaggio?” Voltandosi Cramelide e cancellando il cuore disegnato sul terreno. “Se si, allora di certo è stato dimenticato dagli uomini, visto che oggi è così difficile parlare agli altri.”
“Dimenticato dalla mente, ma comunque ancora vivo in noi.” Mormorò Ardea.
“Non credo.” scuotendo appena la testa lei.
“Eppure” fece lui “avete appena disegnato e poi cancellato uno di quegli immortali segni.”
“Davvero?” Stupita Cramelide.
“Si...” annuì il cavaliere “... quel cuore... non appartiene forse ad un linguaggio universale? Capace di essere compreso da tutti?”
“Era solo uno sciocco disegno...”
“Un cuore non è mai sciocco...”
“Siete un poeta abbigliato da cavaliere dunque?” Fissandolo lei. “Come Tristano?”
“Si, come Tristano...” sorridendo di nuovo lui “... e come l'eroe di Cornovaglia sono in cerca...”
“Di cosa?”
“Di Isotta, naturalmente.”
“Già, risposta ovvia.” Sorridendo per un attimo lei.
“Non esistono risposte ovvie.”
“Tristano cerca Isotta.” Disse la ragazza.
“E non vi è nulla di ovvio in ciò.”
“A me pare di si.”
“Cercare l'Amore non è mai ovvio, scontato, comune.” Guardandola il cavaliere. “Infatti, nei poemi nessun eroe che cerca la sua amata compie il medesimo cammino di un altro eroe. Perchè Amore batte infinite strade. Ed ognuna di quelle strade è unica. Come la donna che attende l'eroe alla fine di quel cammino.”
“Forse allora siete un filosofo.”
Ardea rise.
“Sono solo un cavalier errante.” Disse poi.
“Dunque viaggiate molto” fece Cramelide “e di certo avete visto molte terre.”
“In verità” non volendo mentire lui neanche su cose insignificanti “non sono mai uscito da questo reame.”
“Vi prendete gioco di me, cavaliere.”
Lui la fissò.
“Un cavalier errante è così chiamato” continuò lei “perchè appunto vaga di terra in terra.”
“Un cavalier errante” spiegò Ardea “è solo un uomo che cerca...”
“Già, la vostra Isotta.” Fissando il cielo Cramelide.
“Magari non è Isotta...”
Lei non rispose nulla.
“Magari è altro...” aggiunse il Taddeide “... un castello, una città, un feudo o un regno... oppure un tesoro, un'arma magica, un cavallo fatato o il modo per sciogliere un oscuro incanto...”
“Siete abile nel parlare, messere.” Accennando un lieve sorrise lei.
“O forse, chissà, una donna...”
“Allora vi auguro di trovarla, cavaliere.” Tornando a mirare le stelle la ragazza. “Sono certa sarà molto fortunata.”
“Forse voi attendevate qualcuno ed io sono un importuno...” alzando anche il cavaliere gli occhi verso il firmamento.
“Affatto.” Rispose Cramelide. “Ero qui a godermi questa dolce sera prima di ritirarmi.”
“Quel disegno dunque era dedicato a qualche stella?” Abbassando Ardea lo sguardo sul cuore cancellato. “Magari a quelle della costellazione di Orione, sacra agli Egizi... o a qualcuna che illumina l'Orsa Maggiore, cara ai guerrieri... o chissà, forse a qualche astro che brilla tra Perseo ed Andromeda, tanto amate dagli innamorati...”
“Andromeda fu fortunata...” a capo chino la ragazza “... amò e fu amata da Perseo ed infine divennero entrambi stelle... ma i miti non sono mai reali...”
“Eppure” avvicinando Ardea la mano al viso di lei, facendo si che alzasse i suoi occhi chiari verso quelli azzurri di lui “io non ho mai letto nulla di irrealizzabile in uno di quei miti.”
“Credete che si possa scendere nell'Oltretomba per riavere chi si ama come fece Orfeo con Euridice? O essere salvate da un destino di morte come accadde ad Andromeda con l'arrivo di Perseo?”
“Si...” lieve Ardea.
“Ahimè, cavaliere...” alzandosi lei “... allora siete davvero un poeta, un sognatore o forse solo un folle... vi auguro una buona notte...” incamminandosi verso una porta.
“Un poeta, un sognatore, un folle...” Ardea a Cramelide “... o qualcuno che incarna tutti e tre... un innamorato...”
A quelle parole del cavaliere, la ragazza si fermò, girandosi verso di lui.
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Altea
17-02-2016, 18.28.55
Che gioia..finalmente l' incontro tra Ardea e Cramelide..e chissà se finalmente si dichiareranno Amore.
Di una cosa è certa..questo pezzo di racconto fa sognare e permettetemi milord, al vostro verso di Shakespere di aggiungere questo, da me amato e forse fatto per questa storia...
"Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro si allontana...
Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai...
Amore non muta in poche ore o settimane ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio..." Shakespeare.
Che meravigliosa scena ci avete donato, milord.. dolce, delicata, appassionata, sognante.
Eh.. non vedo l'ora di leggerne un'altra. ;)
Lady Altea, anche io adoro quel sonetto. :smile:
Guisgard
22-02-2016, 17.52.58
“In cambio, Ser Lancillotto amava sia il re, sia la regina, e giurò di dedicare la propria prodezza di cavaliere al servigio di Ginevra per tutta la vita.”
(John Steinbeck, Le gesta di Re Artù e dei suoi nobili cavalieri)
“Ma voi...” disse Cramelide fissando negli occhi Ardea “... voi, chi siete veramente?”
“Sono le stesse parole che Andromeda rivolse a Perseo” rispose il cavaliere “quando lui raggiunse la roccia dove lei era stata incatenata per essere sacrificata al mostro marino.”
“E lui cosa rispose?”
“Fidati di me...” mormorò lui, con gli occhi in quelli di lei “... qualsiasi cosa accadrà chiudi gli occhi e riaprili solo quando sentirai la mia voce che ti dirà di farlo...”
“Siete abile con le parole, ve l'ho già detto...” piano la ragazza “... dovreste scegliere una delle tante e belle dame che ci sono qui ad Acerna e dedicarle versi e racconti...”
“Un poeta” disse Ardea “ha scritto... io non credo agli uomini che scelgono l'Amore, ma solo all'Amore che sceglie gli uomini...”
“Mi parlate di miti, di poeti...” replicò lei “... ma la realtà è diversa... il mondo non è fatto di versi e di romanzi, ma di obblighi, doveri, sacrifici...”
“Amare dunque non è un obbligo? Un dovere? Un sacrificio?” Sorridendo appena lui.
“Pensavo che amare fosse una cosa bella...” a bassa voce lei.
“E lo è.” Annuì il cavaliere. “Ma bisogna meritarselo. Amare è un dono, un privilegio e va conquistato. Richiede l'obbligo di essere messo davanti a tutto. Impone il dovere di battersi per raggiungerlo. Ed esige sacrifici per essere conquistato.”
“Stasera la Luna è particolarmente bella, sebbene malinconica” sorridendo anche la ragazza “e le stelle sembrano piangere così fisse nel loro eterno scintillio... e le vostre parole sono perfette per queste scenario, cavaliere...” era però un sorriso malinconico “... tenetele per voi, vi prego... dette a me sarebbero sprecate... di nuovo buonanotte...” e fece per andar via.
“Aspettate!” Prendendo lui la mano di lei. “Aspettate, vi prego!”
“Lasciatemi andare...” voltandosi di nuovo la ragazza “... non sta bene trattenere una dama...”
“So tutto.”
“Tutto?”
“Si, tutto!” Deciso il cavaliere.
“Non comprendo...”
“Vostro fratello mi ha raccontato tutto.”
“Ma...” tentò lei.
“So tutto e non mi spaventa.”
“Andate via, vi prego...”
“Vi amo.”
“Siete davvero un folle...”
“Si.”
“Andate via.”
“Cramelide...”
“Dimenticate il mio nome.” Scostandosi lei. “Buonanotte.” E corse via, lasciandolo solo nel silenzio di quell'inquieta notte.
Con i suoi sogni ed i suoi fantasmi.
http://p3.storage.canalblog.com/33/79/158015/5508927.jpg
Altea
22-02-2016, 18.01.45
Cramelide è già innamorata di Ardea...eppure non vuole che egli sia disposto ad aiutarla, addirittura sarebbe capace di rinunciare a lui dicendogli di scegliere una altra donna pur di non metterlo in pericolo...attendo il proseguio ;).
Avete ragione...amore non è solo gioia ma sofferenza e patimento anche se questa è una visione pura del Romanticismo ma unica da far sognare.
P.S. Ardea è davvero bello in questa immagine :smile:;)
Guisgard
22-02-2016, 18.06.21
Lady Altea, vi confesserò che il leggendario Ardea era molto più bello di quanto questa immagine potrà mai raffigurarlo.
Non a caso il sottoscritto è un suo discendente... ;)
Oh che bello questo capitolo, quanta dolcezza, quante emozioni sussurrate..
persino dalla scrittura si potevano sentire i battiti dei loro cuori.
Altea
22-02-2016, 18.46.20
Lady Altea, vi confesserò che il leggendario Ardea era molto più bello di quanto questa immagine potrà mai raffigurarlo.
Non a caso il sottoscritto è un suo discendente... ;)
Milord...ma voi, allora mi fate accendere la curiosità sulle bellissime fattezze di Ardea, quindi posso solo immaginarlo...se era un vostro discendente avrà avuto i vostri famosi occhi limpidi ed azzurri.(sempre modesto..eh? ;))
Guisgard
24-02-2016, 18.33.32
"Il triste corvo del malaugurio col suo cavernoso gracchiare predice allo sconfitto il transito della disfatta con le sue ali di tenebra."
(Antica tragedia)
Quella notte trascorse lunga, inquieta, tormentata.
Le stelle attraversavano silenziose e scintillanti il firmamento rischiarato da una lieve e fresca brezza, dove persino il pallore lunare appariva distante, enigmatico e cupo nella sua misteriosa ed etera bellezza.
Ardea passeggiò a lungo in quel luogo, tra i fiori, gli alberi e le murature consumate.
L'eco della voce di Cramelide era ancora vivo ed ogni parte di quel posto sembrava esserne intrisa.
Il cavaliere interrogò a lungo le stelle, con il loro immutabile ed eterno corso, poi la Luna, muta e meravigliosa, senza tuttavia riuscire ad ammansire i fantasmi che albergavano nel suo cuore.
Sentiva una profonda malinconia dopo aver parlato con quella ragazza.
Un senso di tristezza ora divenuto come una avvilente solitudine.
Erano emozioni forti, indecifrabili che lo percuotevano, senza che egli riuscisse a domarle o anche solo a comprenderle fino in fondo.
E così fino all'aurora, che con le sue rosate e delicate dita giunse a tingere il cielo, rischiarandolo e liberandolo dagli spettri che dimorano nelle tenebre.
E solo allora, solo con i primi bagliori del giorno, Ardea, stanco, cadde addormentato presso un basso muretto tra le aiuole.
Ma il suo sonno, già leggero e guardingo per natura, si ruppe all'istante quando delle grida echeggiarono nel castello.
Erano voci confuse, accavallate, che si rincorrevano, rimbombando per il maniero.
Provenivano da alcuni servitori.
Qualcuno chiamava il barone, qualcuno altro invece invocava il Cielo.
Altri poi maledivano Acerna ed il suo sfortunato popolo, altri ancora invece piangevano e basta.
Ardea, destato e preoccupato da ciò, corse a vedere di cosa si trattasse.
Quei servi correvano gridando, rendendo quasi impossibile comprendere la loro disperazione.
“Tu...” disse il Taddeide, una volta riuscito ad afferrare per la tunica uno di quei disperati “... cosa accade? Perchè gridate e piangete così?”
“E' la fine!” Gridò il servo, dimenandosi. “E' la fine di Acerna e di tutti noi!”
“Perchè?” Urlò Ardea. “Perchè? Parla, miserabile!”
“E' la fine!” Ancora il servo.
“Parla!” Strattonandolo il cavaliere.
Ma l'altro, in preda a quell'innaturale disperazione, simile ad una inumana follia, si dimenava come un ossesso.
E più Ardea lo strattonava per indurlo a parlare, più quello si agitava per liberarsi.
Ed alla fine la sua folle disperazione ebbe la meglio, riuscendolo a liberare dalla morsa del cavaliere.
Ardea lo vide correre via, nella confusione e disperazione generale, senza riuscire a comprendere nulla.
“Ardea!” Lo chiamò Biago.
E con lui vi era anche Giaccos.
“Cosa sta succedendo?” Domandò ai due il cavaliere.
“Acerna è come impazzita!” Esclamò Biago.
“Perchè?” Fidssandoli Ardea.
“Perchè il drago ha chiesto un tributo ancora più alto.” Disse Giaccos.
“Ossia?” A lui il Taddeide.
“Non solo una vergine” svelò il figlio del barone “ma anche quattro fanciulli e quattro fanciulle. Otto e vergini.”
http://www.ka-bloom.org/gallerie/albums/KOHEE-DvdCaps/KOHdvd_cap0096.jpg
Altea
24-02-2016, 18.39.43
Ardea muto e silenzioso nella notte...ha un fascino particolare. Ma sono certa egli non temeva la solitudine, a volte la solitudine e il silenzio sono i migliori consiglieri e coloro che aiutano a svelare i propri sogni.
Ma il Male pretende sempre più vittime...vedremo se Ardea saprà salvare Acerna.
Grazie milord :smile:
Guisgard
25-02-2016, 00.10.19
Invece, milady, persino il leggendario Ardea temeva la solitudine.
Tutti gli uomini la temono, poichè l'uomo non è nato per la solitudine.
Ed infatti, voi che ben conoscete ormai le saghe Capomazdesi, i suoi discendenti, i nobili Taddei, proprio alla solitudine più oscura ed inumana sono stati condannati dalla terribile maledizione che da secoli li perseguita.
Altea
25-02-2016, 00.14.13
Invece, milady, persino il leggendario Ardea temeva la solitudine.
Tutti gli uomini la temono, poichè l'uomo non è nato per la solitudine.
Ed infatti, voi che ben conoscete ormai le saghe Capomazdesi, i suoi discendenti, i nobili Taddei, proprio alla solitudine più oscura ed inumana sono stati condannati dalla terribile maledizione che da secoli li perseguita.
Si conosco quella solitudine di cui parlate milord..la solitudine dei nobili Taddei..quella di non poter amare per colpa di una "maledizione"..ed è la peggiore possa esistere.
E forse avete ragione, la solitudine a volte porta pure a cambiare e sbagliare, ma mi auguro non sia il caso di Ardea :smile:
Guisgard
29-02-2016, 17.28.16
"Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l’innocente."
(Salmo 10)
Quelle parole di Giaccos fecero impallidire Ardea.
Un tributo di morte ed un lutto innaturale stavano per macchiare inevitabilmente Acerna.
“E' assurdo...” disse il Taddeide quasi scioccato “... nessuno può accettare mai un simile tributo... è contro natura e soprattutto è contro Dio!”
“Mio padre” fece Giaccos “non ha altra scelta...” chinando il capo per un istante, rialzandolo poi un attimo dopo, con fierezza nel difendere le scelte paterne “... è disposto a sacrificare anche la sua amata figlia per salvare Acerna... e il nuovo tributo imposto da quella dannata bestia non cambia di molto le cose...”
“Non cambia le cose?” Con rabbia il cavaliere.
“Una vittima o otto o nove...” guardandolo Giaccos “... in cambio dell'intera popolazione... è forse da biasimare mio padre?”
Ardea abbassò lo sguardo ed annuì.
“Nessuno credo possa biasimarlo...” mormorò poi il Taddeide “... nessuno... nessuno a questo mondo...”
“Cosa facciamo?” Chiese Biago.
“Nessuno può far nulla ormai.” Scuotendo il capo Giaccos.
“Si, credo sia così...” mestamente lo scudiero.
“Io non resterò con le mani in mano!” Esclamò Ardea.
“Cosa vorresti fare?” Fissandolo Biago.
“Liberare Acerna e le Cinque Vie da quel dannato mostro!” Deciso il cavaliere. “Non c'è posto a questo mondo per quel maledetto drago!”
“Ma neanche il duca è mai riuscito ad ucciderlo!” Allarmato lo scudiero.
“Io ci riuscirò.” Portando Ardea la mano sull'elsa di Parusia.
Ma proprio in quel momento si udì il triste suono di flauti ed il funereo rintocco delle campane.
I tre corsero allora ad una delle bifore, in quanto ciò che avevano sentito proveniva da fuori.
E videro così una scena simile al peggior presagio di morte.
Un corteo di damigelle e valletti, tutti vestiti di nero, guidavano l'incedere di Cramelide seduta in sella ad un cavallo, anch'esso bardato a lutto, mentre i quattro fanciulli e le quattro fanciulle, tutti abbigliati allo stesso modo delle damigelle e dei valletti, chiudevano la processione.
Poco più indietro alcuni soldati circondavano un carro con sopra nove bare bianche.
E a quella scena, Ardea fu sul punto di saltare giù dalla finestra, per raggiungere l'amata Cramelide.
Solo l'intervento di Biago e di Giaccos, che lo bloccarono a fatica, salvò la vita dell'indomito cavaliere.
I tre così, con Ardea che si dimenava per liberarsi dalla presa del suo scudiero e del figlio del barone, videro uscire quel triste corteo dalla città, avvolto dal pianto e dalle preghiere della gente.
Ed anche Giaccos, a vedere sua sorella diretta a quel mostruoso olocausto, pianse amaramente.
http://mimg.ugo.com/201105/3/5/6/191653/the-rush-babe-of-the-week-eva-green-526-image_gallery_1766_kingdom-of-heaven-eva-green.jpg
Altea
29-02-2016, 17.36.09
A dire il vero in questo pezzo vedo risaltare il coraggio silenzioso di Cramelide, ella è una damigella romantica ma forte..chissà quali pensieri nella sua mente mentre si apprestava alla morte uniti a quelli di Ardea.
Ma Ardea ha ragione...l' unico modo è sconfiggere la bestia che vuole il suo tributo di sangue o ci saranno sempre delle vittime.
E sono certa lotterà con Ardore per salvare la sua amata ;)
Guisgard
29-02-2016, 17.39.10
Giustissima e romantica osservazione, lady Altea.
Cramelide è la vera protagonista di questo passo.
Quanto al nostro Ardea, beh, mi sembra interessante notare di come sin dagli albori i nobili Taddei abbiano nutrito una fortissima antipatia verso i draghi :smile_lol:
Altea
29-02-2016, 17.44.22
Quanto al nostro Ardea, beh, mi sembra interessante notare di come sin dagli albori i nobili Taddei abbiano nutrito una fortissima antipatia verso i draghi :smile_lol:
Su questo avrei da ridire qualcosa, ovviamente ;):smile_lol:
Ad ogni modo aspetto, con ansia, di leggere il Destino della bella dama....:smile:
Guisgard
03-03-2016, 17.48.11
"Il malvagio trama contro il giusto,
contro di lui digrigna i denti."
(Salmo 37)
La saletta era avvolta da una silenziosa penombra, mentre da una piccola finestra socchiusa, a fatica, penetravano i mesti bagliori di quel triste meriggio.
I tre stavano in silenzio, ciascuno con un atteggiamento diverso, come in balia di una sconfinata disperazione.
Biago era in piedi, con le spalle addossate alla parete e lo sguardo perso nel vuoto.
Giaccos invece era seduto su un basso sgabello di legno, con il capo chino e le mani sul volto, ormai senza più lacrime da versare per sua sorella.
Tante infatti ne aveva versate fino a quella miserabile ora.
Ardea, infine, era accanto alla finestra, con le mani che cercavano quasi di afferrare i sottili raggi di luce attraverso la leggera tendina, come a voler cercare segni da decifrare in quella tragica situazione.
“Giaccos...” disse voltandosi verso il figlio del barone “... dove si trova la tana di quel mostro?”
“Perchè?” Guardandolo il giovane.
“Dimmelo.”
“Il Gorgo del Lagno?” Turbato Giaccos.
“Si.” Annuì il Taddeide.
“Cosa vorresti fare?” Intervenne Biago.
“Taci, Biago.” Con un gesto della mano il cavaliere. “Giaccos, dimmelo.”
“Oltre l'estremità del bosco conosciuto...” svelò Giaccos “... ma nessuno ora può più giungervi.”
“Perchè mai?” Domandò Ardea.
“Perchè i soldati impediscono di giungervi.” Spiegò il figlio del barone. “Nessuno può attraversare quella strada fino alla...”
“Alla?” Ripetè il Taddeide.
“Alla conclusione del sacrificio...” tornando a piangere Giaccos.
“Cercare di forzare quel blocco” disse Biago “equivale a sfidare l'intero esercito baronale, giusto?”
“Si...” in lacrime Giaccos.
“Non vi è un'altra strada?” Avvicinandosi Ardea al giovane. “Dimmelo, ti prego... se tieni a tua sorella la metà di quanto ci tengo io, allora, in Nome del Cielo, dimmelo...”
“Mia sorella...” alzando lo sguardo sul cavaliere l'altro “... allora...”
“Si...” fece Ardea “... si e darei la vita per lei...”
“E' un suicidio...” mormorò Giaccos.
“Preferisco morire con lei” replicò il Taddeide “che continuare a vivere senza più tua sorella.”
“C'è solo un altro modo per raggiungere il Gorgo del Lagno...” fissandolo Giaccos.
“Quale?”
“Risalire il Lagno...” rispose il giovane “... ma è una via difficile, angusta, pericolosa...”
“Descrivi quel passaggio” sorridendo Ardea “ed io partirò stanotte stessa.”
Giaccos annuì.
Il Taddeide allora guardò di nuovo la luce che filtrava dalla tenda, poi, nel voltarsi, incrociò lo sguardo di Biago.
“Puoi dirmi di tacere” guardandolo lo scudiero “ma non trattarmi mai più come se tutto questo non mi riguardasse. Sono stato con te fianco a fianco in ogni Questione e ho il diritto, se Dio vorrà, di morire con te in questa.”
Ardea non disse nulla e abbracciò stretto il suo fraterno compagno.
Tutto ciò mentre su Acerna si alzava il lamento dei suoi abitanti.
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Questi ultimi capitoli sono sempre più emozionanti, Milord, questa questione non è affatto come le altre.
Sono sicura che Ardea riuscirà a salvare la sua amata, e a conquistare il suo cuore.
E comunque... Biagio è sempre stupendo. Anche i grandi eroi come il nostro Ardea hanno bisogno del sostegno fraterno di un amico. ;)
Attendo impaziente di scoprire cosa escogiterà il nostro eroe per sconfiggere il macabro mostro.
Altea
04-03-2016, 20.40.34
Due Amori diversi eppure forti...quello disperato di un Fratello per la Sorella tanto amata e quello passionale e romantico di Ardea uniti per uno stesso fine: salvare Cramelide.
Sono certa Ardea ce la farà...l' Amore Vero fa compiere le azioni e conquiste più forti.
Guisgard
07-03-2016, 17.37.06
“Con il dilagare dell'oscurità, alcune specie si dileguarono e altre ne presero il posto, il cambio del turno nella struttura del mondo.”
(John Steinbeck, Le gesta di Re Artù e dei suoi nobili cavalieri)
La notte.
Profonda, enigmatica, inaccessibile.
Attraversata dal silenzio e dalle tenebre, dimora di spettri e demoni, di debolezze, paure e tentazioni.
La città sembrava sprofondata in un sonno innaturale, in balia della vastità del bosco, spettrale e ancestrale, che l'avvolgeva come un mare sterminato ed informe fino tutt'intorno le sue antiche mura.
E in quel mondo incantato e remoto due figure, animate dal vago pallore lunare, si muovevano guardinghe e furtive mentre attraversavano le mura da una porta laterale e poco sorvegliata.
In un attimo sembrarono così lasciare il mondo dei vivi per quello dei morti.
La porta si richiuse alle loro spalle e non vi fu altro intorno a loro che quel bosco abissale e assoluto.
Ardea si segnò tre volte e segnò allo stesso modo il suo fedele Arante.
Poi, con Biago si incamminarono in quel mondo primordiale e misterioso.
Raggiunsero il corso del Lago, che dalla notte dei tempi attraversa queste lande e sulle cui acque è giunta la civiltà, fino poi a risalirlo cavalcando parallelamente al suo fangoso argine.
Solo la Luna illuminava con lo suo magico ed incantato alone il loro cammino, quasi fosse l'unica alleata che avessero in quella notte.
E nell'attraversare quei tratti, al cavaliere ed al suo scudiero parve di oltrepassare un modo stregato, in cui antiche ed innaturali forze vi si trovavano.
Versi, urli, grugniti, echi, sibili e altri suoni sinistri lambivano la spettrale atmosfera di quel luogo.
Fino a quando arrivati ad un piccolo ponticello in rovina, sospeso tra le due sponde del Lagno, varcandolo una alla volta dall'altra parte vi trovarono un barcaiolo.
Ed egli pareva quasi attenderli.
“Ci porterà dall'altra parte...” disse Ardea a Biago.
“Cosa ci sarà dall'altra parte?” Chiese titubante Biago.
“La morte.” Rispose il cavaliere.
“La morte?” Ripetè lo scudiero.
“Si...” annuì il Taddeide “... la nostra o quella dell'orrore che da troppo tempo dimora in queste terre...”
Fece poi un cenno col capo a Biago e i due si avvicinarono al barcaiolo.
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Altea
07-03-2016, 18.43.32
Questa atmosfera così gotica mi ha affascinato molto.
Quel barcaiolo...si spera non sia un traghettatore di anime verso la morte, bensì di un eroe verso la vittoria.
Questo capitolo lascia col fiato sospeso...
Guisgard
10-03-2016, 19.01.56
"Attento, è notte e un demone ci insegue lungo la strada!"
(Antica canzone Provenzale)
Una fitta umidità era calata attorno alla sponda del Lagno, rendendo il paesaggio vago, mutevole e sinistramente enigmatico.
La barca galleggiava silenziosa su quello specchio d'acqua putrido, con le leggere increspature che facevano oscillare quella vecchia imbarcazione.
Seduto su di essa vi stava una figura alta, magra, dal volto incanutito e la postura curva, avvolta in un lungo mantello consumato.
Aveva lunghi capelli grigi ed una folta barba bianca che ne celava non solo i lineamenti, ma anche l'espressione.
Solo il suo sguardo, animato da due profondi e penetranti occhi scuri, pareva tradire l'umore di quell'individuo, misto tra l'austero ed il distante.
Appena Ardea e Biago si avvicinarono, senza dire nulla il nocchiero allungò la mano scarna e rugosa.
“Portateci dall'altra parte...” disse il Taddeide, lasciando una moneta sul palmo del vecchio.
E questi, senza proferire parole, portò la moneta alla bocca e la mordicchio, per accertarsi che fosse autentica.
Scese allora sulla sponda fangosa e spinse in acqua la barca, che per metà era ferma sull'argine.
Era quella un'imbarcazione lunga ed ampia, al punto che oltre i due passeggeri permetteva al barcaiolo di far salire a bordo anche i loro due cavalli.
Poco dopo la barca cominciò a scivolare sulle melmose e silenziose acque del lagno.
E più avanzava, più le tenebre intorno a loro si infittivano.
Come se quel viaggio li stesse facendo scendere nell'Oltretomba.
“Vi troveremo al nostro ritorno?” Chiese Ardea. “Per tornare sulla sponda dalla quale siamo giunti?”
E il nocchiero, per tutta risposta, si abbandonò ad una stridente risata.
Attorno alla sponda che avevano appena lasciato si potevano vedere fitte fila di alberi, i cui rami, come mani che tendevano verso il Cielo, quasi ad implorare pietà ed aiuto, parevano intrecciarsi ed erigere un muro volto a cancellare ciò che si vedeva.
Come se quello fosse un confine tra due mondi.
E quando la sponda svanì nell'oscurità e nella foschia, solo allora si iniziò ad intravedere quella opposta, quasi che non fosse permesso vederle contemporaneamente.
La barca raggiunse infine una piccola insenatura di quell'argine e lì ormeggiò.
“Volete essere pagato prima anche per il viaggio di ritorno?” Ardea al barcaiolo e con in mano un'altra moneta.
Ma il nocchiero scosse il capo, per poi far cenno ai due passeggeri di scendere insieme ai loro cavalli.
E lasciati i due con i loro cavalli, il vecchio rimise il remo in acqua e tornò a scorrere silenzioso sulla tenue corrente del Lagno, fino a svanire, come uno spettro, nel buio circostante e nel silenzio della foschia.
Il cavaliere ed il suo scudiero, così, si voltarono verso l'interno della sponda, ritrovandosi ai limiti di una fitta ed oscura foresta.
E nell'osservarla, i due compagni sentirono una profonda angoscia ed un'innaturale paura scendere nei loro animi.
“Andiamo, Biago...” mormorò Ardea, dopo essere salito in sella al fedele Arante.
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Altea
10-03-2016, 19.07.31
Quel traghettatore non ha voluto i soldi del ritorno, certo della morte di Ardea e Biagio.
Sicuramente li ha sottovalutati, poichè io credo nella vittoria di Ardea...e ora tocca scoprire i misteri di quel Bosco.
Guisgard
14-03-2016, 19.10.48
"Nel mezzo del cammin di nostra vitami ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita."
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto I)
Ardea e Biago, in sella ai loro cavalli, si allontanarono dalla sponda fangosa del Lagno e si addentrarono sempre più nell'oscuro e sterminato bosco.
Una natura primordiale, opprimente e variegata sembrava sorgere e diffondersi in ogni dove, con ampi cespugli, sterpi e rovi che parevano come sbucare ovunque, rincorrendosi e confondendosi ad ogni passo, mentre nodosi tronchi intrecciavano come disegni ancestrali i loro rami frondosi, rendendo impossibile alla luce della Luna riuscire a filtrare e ad illuminare quel luogo.
Una vaga ed enigmatica penombra così si diffondeva intorno a loro, con giochi di chiaroscuro sul punto di dar forma a sinistre figure, pronte ad animarsi nel silenzio di quella tetra foschia.
Gli zoccoli dei loro cavalli dal melmoso e denso argine del Lagno, giunsero a calpestare arbusti e pietrisco di quel terreno umido ed incerto, con quella lussureggiante vegetazione che man mano avanzavano si apriva per accoglierli, per avvolgerli ed inghiottirli in un mondo di primordiale e sinistra atmosfera.
Versi e latrati cominciarono ad echeggiare intorno al cavaliere ed al suo scudiero, prima vaghi e lontani, poi più intensi e vicini.
Ad un tratto il fievole sibilo del vento fra le foglie, poi come un lamento basso e leggero.
E all'improvviso una voce.
Lieve, appena accennata, eppure chiara.
Era la voce di uomo.
Ardea si fermò un istante ad ascoltarla e la riconobbe.
Era quella di suo padre.
Suo padre che lo chiamava sofferente, pietoso, come implorante.
“Padre...” disse Ardea “... padre, dove sei?”
“Ardea...” fissandolo Biago.
Ma il cavaliere udì ancora quella voce.
“Padre!” Chiamò il Taddeide.
“Ardea...” mormorò lo scudiero “... Ardea, è solo il vento... non c'è tuo padre qui...”
Il cavaliere lo fissò ed annuì.
I due così proseguirono.
Avanzarono per un altro tratto, in uno scenario che sembrava non mutare mai, negando la possibilità ai due di capire quanta strada avessero fatto.
Poi ancora il sibilo del vento tra le querce immobili come statue pietrificate.
E di nuovo Ardea udì qualcosa.
Una voce.
Lenta, lamentosa.
Era quella di Cramelide che lo chiamava.
Lo chiamava come se stesse scappando via per quei meandri di oscurità e dannazione.
La ragazza correva per il bosco ed in lacrime chiamava il cavaliere.
“Cramelide!” Gridò Ardea. “Cramelide! Continua a chiamarmi! Guidami con la tua voce!”
“Ardea!” Cercando di farlo ragionare Biago.
Ma il Taddeide spronò il suo destriero e galoppò verso la direzione da cui pareva provenire la voce.
“Ardea, non è lei!” Urlò Biago, cercando di raggiungerlo.
Ma il cavaliere galoppava come senza meta, fino a quando una faina attraversò la sua corsa, proprio mentre la Luna illuminò i suoi occhi feroci.
L'animali emanò uno stridulo ed Arante si imbizzarrì.
Ardea allora scese di sella e si guardò intorno, in cerca di Cramelide.
E fu in quel momento che intravide qualcosa.
Come un gioco di riflessi e bagliori tra l'alone lunare e le lucide fogli degli alberi inumidite.
Una figura, eterea e spettrale.
Una bellissima ragazza in lacrime che tendeva verso di lui le sue braccia aperte.
Il Taddeide così tentò di avvicinarsi a lei, muovendo pochi passi verso quella figura.
“Ardea, no!” Biago alle sue spalle.
Ardea si arrestò di colpo e chinò il capo.
Alzò allora lo sguardo ed estrasse rapido Parusia, facendola brillare tra i bagliori lunari, per poi puntarla contro la figura.
Ed essa, all'istante, si dissolse nel nulla.
“Ardea...” avvicinandosi Biago a lui.
“Amico mio...” rimettendo Ardea la spada nel fodero “... le forze del male sono beffarde e crudeli... abbiamo ancora molto cammino da fare ed ardue prove da superare...”
E ripresero ad attraversare il bosco con i suoi misteri.
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Altea
14-03-2016, 20.20.01
Un natura benevola e nello stesso tempo nemica.
È vero, le forze del Male hanno tentato di toccare, forse, i punti più deboli di Ardea...il ricordo del Padre e l' Amore verso la sua Cramelide.
Ma il Cavaliere si è mostrato saldo...sembra la via essere perigliosa per Ardea.
Eh, cosa farebbe il nostro eroe senza il fido Biagio? ;)
Guisgard
16-03-2016, 18.35.52
"Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso."
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto I)
Quando Ardea e Biago ebbero attraversato buona parte del bosco, in lontananza apparve loro un vago bagliore.
I due compagni allora affrettarono il passo, cercando di avvicinarsi a quel lontano chiarore.
Ma più si avvicinavano, più quel balenio diventava un insieme di folgori che a tratti parevano illuminare a giorno buona parte del bosco.
E quando Ardea ed il suo scudiero arrivarono a meno di una lega videro davanti a loro uno spettacolo spaventoso e allo stesso tempo magnifico.
Da uno stagno putrido, dal fetore insopportabile, si innalzava una parete rocciosa, simile ad un naturale castello pietrificato da qualche remoto incanto, con antri e spuntoni, attorno ai quali sorgevano fiamme e colonne di fumo nero come la pece.
E dal suo interno si udiva un terrificante ruggito di qualche bestia sconosciuta.
“Ardea...” disse Biago.
“Si...” annuì il Taddeide “... questa deve essere la tana di quella bestia...”
Videro allora un basso e consumato ponticello di ciottoli che univa il margine dello stagno con la parete rocciosa.
I due fecero così per raggiungere quel luogo, ma i loro cavalli, come spaventati da qualcosa di malefico che infestava quel posto, si rifiutarono di proseguire.
Alla fine solo Ardea riuscì a far camminare il suo Arante, mentre Biago dovette arrendersi all'incapacità del suo cavallo di proseguire.
Allora lo scudiero si incamminò dietro al cavaliere ed al suo destriero, oltrepassando quel ponte di pietre e ritrovandosi così dall'altra parte, proprio ai piedi di quella infernale parete rocciosa.
E quando raggiunsero un grosso antro, che pareva esserne la porta, lo attraversarono avvertendo il calore sempre più intenso che li avvolgeva ed il fetore di quelle acque, di cui quel luogo era bagnato, che quasi li stordiva e sentirono un forte senso di angoscia e disperazione avvolgere i loro animi.
“Nessun essere umano” fece Biago “potrebbe vivere a lungo in questo luogo maledetto...”
“Già...” guardandosi intorno Ardea “... e forse è l'anticamera degli inferi...”
Ma ad un tratto un boato scosse le pareti attorno a loro, liberando fiammate ancor più alte e gettate di vapore più intense.
“Chi giunge nella mia tana?” Tuonò una voce grottesca e assurda, come se il suo suono li circondasse.
I due però non risposero nulla e continuarono ad avanzare.
“Chi giunge a disturbarmi?” Ancora quella voce grossa e terribile.
“Sono Ardea de'Taddei...” parlando al fuoco ed al fumo il cavaliere.
“Perchè sei giunto nel mio covo?”
“Perchè tu hai preso la mia donna...” Ardea con gli occhi fissi tra le folgori.
“La donna è mia.” Sentenziò come in un grugnito quella voce.
“Nulla qui è tuo” rispose il Taddeide “e neanche questo luogo che hai reso la tua tana...”
Una risata allora echeggiò intorno a loro, al punto che le pareti di pietra cominciarono a scricchiolare.
Ardea si voltò verso Biago e con un cenno del capo gli fece segno di seguirlo.
I due avanzarono ancora, fino a quando il passaggio apparve interrotto da un muro di ciclopiche dimensioni, dalle pietre annerite dai fumi incandescenti che lo avvolgevano.
“Credo che dovrò proseguire io solo...” Ardea a Biago.
“Da solo?” Turbato lo scudiero.
“Si...” avvicinandosi al muro il Taddeide “... mi arrampicherò fino in cima... lassù intravedo come un piccolo antro... tu resta qui e bada ad Arante...”
“E' una pazzia andarci da solo...”
“Biago, non ho altra scelta.” Al suo scudiero Ardea.
“Ardea...”
Il cavaliere si voltò a guardarlo.
“L'aria fetida appesta questo luogo” continuò Biago “e in breve renderà quasi impossibile respirare... se poi come credo all'interno è ancora più mefitica, allora restandoci troppo a lungo finirà per incenerirti i polmoni...”
“Allora dovrò fare in fretta...” per poi sorridere Ardea al suo scudiero, col tentativo di non farlo preoccupare troppo “... aspettami qui... e prega per farci uscire vivi da questo Averno di fuoco...”
I due si scambiarono un lungo sguardo, poi il Taddeide prese ad arrampicarsi lungo quel muro di pietra.
In breve raggiunse l'estremità ed entrò nel piccolo antro posto in cima.
E lì svanì dalla vista di Biago.
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Altea
16-03-2016, 19.39.20
Questo pezzo mi ricorda molto lo scritto di Chretyen de Troyes nel Cavaliere della Carretta, quando Lancillotto salvò Ginevra.
Mi è piaciuto molto..soprattutto quando con convinzione Ardea asserisce Cramelide è sua.
Ora la storia si fa più avvincente.
La storia si fa sempre più appassionante, mano a mano che il pericolo si avvicina e i sentimenti crescono, rendendo Ardea ancora più eroico.
Perché cosa c'è di più eroico di un uomo che lotta per la propria donna?
Attendo, una volta ancora, col fiato sospeso...
Guisgard
21-03-2016, 18.07.31
"Si alzò un bagliore d'incendio, fra l'orrore di tutti: non voleva lasciare nulla di vivo, il Nemico volante per l'aria."
(Beowulf, XXXIII)
Ardea entrò nel piccolo antro e si calò attraverso uno stretto cunicolo, fino a raggiungere il ventre di quel luogo di pietre, fiamme e fetore.
E per proteggersi da quella malsana aria, il cavaliere strappò un lembo del suo mantello e se lo legò attorno al naso ed alla bocca.
Così prese ad avanzare, seguendo la forma della cavità davanti a lui.
“Quando avrò ucciso i fanciulli” disse di nuovo la terrificante voce udita prima “e spolpato le carni della ragazza, allora carbonizzerò la tua corazza, fino a far bollire le tue membra, fino a farle aprire.”
Ardea però non rispose nulla e continuò ad avanzare.
E più avanzava, più sentiva l'aria divenire irrespirabile ed un intenso calore avvolgere la sua corazza.
Attraversata infine la cavità, il cavaliere, affacciandosi da un basso spuntone roccioso, vide una terribile scena davanti a sé.
Una palude di acqua bollente e rocce fuse, da cui si levavano fumi incandescenti e vapori pestilenziali, circondava un basso banco di pietra vulcanica sul quale erano aggrovigliati fra loro per lo spavento e l'orrore i fanciulli portati lì come tributo al drago.
E poco più in alto, incatenata ad un blocco di pietra, stava Cramelide, come assopita e stordita per gli effetti di quell'aria pestilenziale, simile ad una vergine offerta al Minotauro.
E nel vedere ciò, Ardea sentì il sangue gelare nelle vene.
Ma all'improvviso l'acqua della palude infuocata cominciò a scuotersi, come se tutto intorno vibrasse intensamente.
I fanciulli, allora, accortisi di ciò, iniziarono a gridare e a stringersi ancor di più gli uni agli altri.
Il Taddeide comprese che la bestia aveva avvertito l'odore del suo sangue.
Prese così il suo laccio e lanciò la cima verso il blocco su cui era incatenata Cramelide.
E si issò poi su, fino a raggiungere la ragazza.
“Cramelide...” chinandosi su di lei, cercando di destarla da quella veglia innaturale “... Cramelide, mi senti?” La ragazza aprì gli occhi chiari, arrossati per le esalazioni di quel luogo fetido. “Cramelide... svegliati...” accarezzando il bellissimo viso di lei “... Cramelide, sono io, Ardea...”
“Ar... Ardea...” sussurrò lei.
“Amore mio, ascoltami...” togliendosi il mantello lui ed adagiandolo poi sotto il capo di lei “... non abbiamo molto tempo...” le pietre tutt'intorno infatti vibravano sempre più “... devi essere forte e coraggiosa...”
“Ardea...” mormorò lei.
“Ora ascoltami bene...” fece lui “... chiudi gli occhi... e qualunque cosa sentirai, per terribile e terrificante che sia, qualunque cosa avvertirai accadere intorno a te, ti prego, non aprirli... non aprirli fino a quando non sentirai di nuovo la mia voce che ti dirà di farlo... lo farai, Amore mio?”
“Si... Ardea...” annuì lei.
Lui sorrise ed accarezzò ancora il bellissimo volto della giovane donna.
Restò a fissarla per un altro istante, come a voler imprimere quel meraviglioso viso nella sua mente.
Un attimo dopo si alzò e si voltò verso la palude incandescente, in attesa di vedere spuntare il terribile drago.
Ed infatti, un momento dopo, dalle acque di quella palude, il cavaliere vide alzarsi un'onda infuocata e da essa poi spuntare qualcosa di gigantesco.
Un terrificante ed abominevole drago prese forma tra le vampate ardenti e i vapori bollenti.
Grosso più di qualsiasi altro animale conosciuto, con la pelle ricoperta da squame lucidissime e taglienti, leggere ed ampie ali da pipistrello, zampe con artigli affilatissimi ed una lunga coda che si muoveva simile ad un infernale serpente.
Grosse squame si aprivano per tutto il lungo collo, la schiena, fino all'estremità della coda.
Ma ciò che più sconvolgeva era la grande testa, dalle fauci spalancate e le zanne come forgiate in quelle fiamme devastanti, mentre due occhi malvagi, simili a quelli di un rettile, tradivano tutta la ferocia e l'odio che animavano quella belva.
E liberatosi dalle acque della palude, il terrificante drago si abbandonò ad un indescrivibile ruggito che fece tremare e scricchiolare le rocce tutt'intorno.
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Altea
21-03-2016, 18.16.12
Avete saputo fondere l' irrequietezza e la brutalità di quel luogo e del Male con la bellezza dell' Amore tra Ardea e Cramelide.
Una cosa mi ha colpito di Cramelide...ella si fida di Ardea..ad occhi chiusi e non ha titubanze sull' Amore di lui e sul suo coraggio. Sono certa l' Amore di entrambi sapranno sconfiggere il Male rappresentato dal Drago.
Guisgard
21-03-2016, 18.51.50
Da piccolo, milady, quando mi veniva raccontata questa storia, mi colpiva su tutto una cosa.
Non l'orrenda tana del drago, posta nelle mitologiche Sorgenti del Lagno, né il suo aspetto mostruoso.
Mi colpiva invece il fatto che non i genitori, i fratelli o gli amici potevano liberare Cramelide, ma solo colui che l'amava.
Questo è uno straordinario simbolismo di come il legame fra gli amanti sia il più potente di tutti.
Esso infatti non si basa sul sangue, ma sul cuore e sull'anima :smile:
Altea
21-03-2016, 19.02.50
Si è vero, infatti nessuno della famiglia di Cramelide è arrivato fin dove è arrivato Ardea perchè forse avete ragione, l' Amore Vero può solo sconfiggere il Male.
Guisgard
23-03-2016, 17.41.30
"Il Signore Dio disse al serpente: poichè tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche, sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno."
(Genesi, 3, 14-15)
A quel mostruoso ruggito i fanciulli adagiati per l'olocausto gridarono spaventati, stringendosi ancor più fra loro.
Cremelide, invece, voltò il viso dall'altra parte, sempre tenendo gli occhi chiusi come le aveva detto Ardea, anche se la paura la spingeva ad aprirli per comprendere cosa stesse accadendo.
Poi quello spaventoso drago chinò lo sguardo sul cavaliere che lo fissava con rabbia.
“Hai commesso un errore” disse tuonando con tono spaventoso e grottesco “a venire fin qui nella mia dimora. Pagherai con la vita.”
“Non è la tua dimora...” mormorò il Taddeide “... non c'è da nessuna parte una tua dimora... perchè non c'è posto per te a questo mondo.”
“Io sono Lanzario” fece il drago “signore del fuoco, della distruzione e della morte. Queste terre sono mie da sempre e con esse anche tutti coloro che vi abitano.”
“Sei un morbo che appesta queste lande” replicò Ardea “ed io, con l'aiuto di Dio ed in nome del duca Taddeo le libererò dalla tua immonda e malefica presenza.”
Il drago si abbandonò ad una fragorosa ed insopportabile risata.
Ardea allora si inginocchiò e conficcò in una fessura della pietra ai suoi piedi la superba Parusia, come se fosse una Croce.
Si segnò e pregò.
Intanto Lanzario continuava a far tremare quel luogo con la sua innaturale risata.
E più quel mostro rideva, più incessantemente il cavaliere pregava.
Poi, quasi a sancire la fine di un segreto ed inesorabile conto alla rovescia, il drago vomitò intorno a sé fuoco e fumo, spaccando e fondendo le stesse rocce, arrivando persino a lambire quasi i fanciulli stretti sulla roccia sottostante.
Le loro urla di paura rimbombarono ovunque e di nuovo Lanzario emise la sua terrificante risata.
“Spaventi i deboli, mostro.” Dopo essersi segnato ancora ed alzato Ardea. “Gli indifesi. Vediamo ora come reagisci all'acciaio benedetto della mia Parusia.” Estraendo la spada dalla fessura ed impugnandola con vigore. “Oggi qui sono giunte Fede e giustizia!” Gridò, puntando Parusia verso il Cielo.
Lanzario ruggì con rabbia e forza e di nuovo quel castello di pietre, fuoco e fumo, tremò, quasi sul punto di sgretolarsi.
Ma subito seguì l'urlo di battaglia di Ardea, che con in pugno Parusia si lanciò verso l'immane e infernale creatura.
Il drago allora distese le mostruose ali e volò verso il cavaliere, alzando litri e litri di acqua bollente e pestilenziale intorno ad esso.
La foga di Parusia e gli artigli affilati con le zanne di Lanzario cominciarono a darsi battaglia, generando clangore, scintille ed echi di morte in quel luogo.
Una battaglia furiosa, senza sosta, ne pietà.
Una battaglia primordiale, come quella tra il Bene ed il male, tra l'uomo e l'antico avversario, tra la luce e le tenebre.
Una battaglia terrificante, la cui furia non riusciva ad essere coperta dal pianto disperato dei fanciulli terrorizzati e che spingeva Cramelide, sempre con gli occhi chiusi, come una Euridice che seguiva il suo Orfeo nell'attesa di risalire dall'oscurità alla salvezza, a pregare con intensità e forza, nella speranza che quell'incubo andasse via, senza reclamare per sè le vittime che aveva designato.
http://nerdreactor.com/wp-content/uploads/2015/05/Siegfried-dragon-slayer.jpg?27c9ea
Altea
23-03-2016, 18.02.23
In questa immagine Ardea sembra quasi San Michele..o San Giorgio contro il drago..il male.
Sarà una lotta ardua...e speriamo Parusia faccia il suo degno dovere, ne sono certa perchè ogni spada è animata dal cuore e animo del proprio cavaliere.
Sempre più epico, appassionate e romantico questo poema.
L'immagine di Cramelide con gli occhi chiusi e di Ardea che si batte col drago é di una poesia unica.
E se lui combatterà per lei, non può che uscire vittorioso.
Sempre più col fiato sospeso, milord ;)
Guisgard
25-03-2016, 18.38.56
"Diventerò un cavaliere, per vendicare l'onore di mio padre."
(Antico poema anonimo)
L'acciaio di Parusia si infrangeva sulle scaglie che ricoprivano il drago, simili ad un'innaturale ed invalicabile corazza, generando scintille ed echi di un tintinnante clangore.
I ruggiti e i latrati del mostro, che cupi, sordi e profondi, invadevano quel luogo, raggiungevano ogni meandro e incutevano in Cramelide e nei fanciulli un'insopportabile disperazione ed un'irrefrenabile paura.
E a tutto ciò, le urla di battaglia di Ardea accompagnavano ogni colpo.
L'aria era sempre più irrespirabile.
Al fetore mefitico che impestava quel luogo, rendendo quasi impossibile respirare, si univa il caldo opprimente che aumentava ogni istante di più.
Era infatti dovuto alle vampate che il drago vomitava insieme ai ruggiti, alle bave incandescenti e fetide ed al sangue che Parusia gli strappava con i suoi precisi fendenti.
E dove quel sangue colava, la rocce da esso sporcate quasi si dissolvevano per la sua acidità, liberando tutt'intorno un vapore mortale.
Ma la battaglia continuava senza sosta, senza tentennamenti, senza esitazioni.
I due contendenti, il cavaliere Taddeide e l'immondo drago, non risparmiavano energia, foga, odio e rabbia in quella battaglia.
Come uno scontro atavico, remoto ed assoluto, tra il Bene ed il male, tra la Luce e l'oscurità, quella lotta pareva mettere in gioco forze primordiali che ben raffiguravano l'eterno confronto tra l'umanità e la bestialità.
E quell'immane lotta durò per ben tre ore, dove la corazza di Ardea in gran parte si fuse, causandogli intense bruciature quando il metallo liquefatto scivolava a contatto con le ferite del cavaliere, mentre la sua tunica si era già carbonizzata all'inizio dello scontro.
Tuttavia, le difficoltà e le sofferenze per quell'insopportabile fatica, non parevano scalfire la volontà, la ferma decisione, la forza che il Taddeide aveva nel cuore per affrontare quell'ultima terribile Questione.
In quei momenti davanti ai suoi occhi passarono molti suoi ricordi.
La sua infanzia, l'incontro col duca Taddeo, il suo arrivo alle Cinque Vie.
Poi gli anni trascorsi ad allenarsi duramente per essere un cavaliere ed il tempo passato alla corte del re.
Le sue mancanze come figlio, le sue miserie e debolezze.
Il pentimento, la morte di suo padre, il dolore e la disperazione.
Ed ancora, una per una, tutte le passate Questioni, fino a quest'ultima.
Ma in tutto ciò non mancava la figura del misterioso cavaliere che lo attendeva per affrontarlo nella Cappella dell'Apparizione dell'Arcangelo il Santo Giorno dell'Assunta e soprattutto il volto dell'amata Cramelide.
E se aveva perduto gran parte di ciò che amava, presto forse anche la sua stessa vita, era proprio il volto di quella ragazza a dargli la forza di continuare.
Per lei e per lei sola Ardea continuava a combattere, contro tutto e tutti.
Quel drago appariva come l'ultimo ostacolo per redimere se stesso, per purificarsi delle sue mancanze di figlio, di uomo e di cavaliere.
Sconfiggendo quel mostro, il Taddeide avrebbe liberato le sue terre ed onorato il nome di suo padre.
E tutto ciò gli conferì la forza per alzare di nuovo, per l'ennesimo fendente, la sua Parusia verso il Cielo e farla ricadere ancora, come una sentenza, su quel malefico drago.
Ardea urlò ed affondò quel colpo con tutto ciò che aveva nel cuore.
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Altea
25-03-2016, 18.45.47
Uno scontro mozzafiato, devo farvi i complimenti milord per lo scenario narrato.
E ora rimarrò col fiato sospeso..il drago ed il Male saranno sconfitti con quel fendente dalla forza del cuore di Ardea, del suo Amore per Cramelide e l' Onore di suo padre che lo prese da bambino per farlo diventare un grande Cavaliere?
Io confido nel Bene milord...mai come in questo giorno speciale.
Guisgard
05-04-2016, 18.03.54
"E questo, mia regina Crimilde, sarà per vostro amore."
(I Nibelunghi)
L'urlo di battaglia di Ardea.
Poi il ruggito del drago, colmo di rabbia bestiale ed odio primordiale verso gli uomini.
Ma un attimo dopo quel terribile ruggito si mutò in un sordo latrato.
Il calore allora aumentò, in un istante, in quel luogo, rendendo l'aria quasi incandescente.
Poi un grave boato che fece sussultare le pareti di pietra che racchiudevano quell'Averno di fuoco e morte, seguito dallo scroscio violento delle dense e calde acque dello stagno sottostante.
E silenzio.
Un lungo, innaturale, angosciante, insopportabile silenzio che avvolse quel posto.
Un silenzio che circondò Cramelide.
E fu quello l'istante in cui la ragazza avvertì maggiormente la paura.
Il suo istinto fu di aprire gli occhi.
Era infatti in una coltre di oscurità e sentiva le palpebre bruciare per il calore e le lacrime.
Si sentiva, ora in quel sinistro oblio, come ancora più impotente ed indifesa.
Voleva aprire gli occhi e capire, scoprire, vedere l'esito di quella grandiosa e terribile battaglia.
Ma non lo fece.
Nonostante tutto non aprì gli occhi.
Il suo udito allora si affinò, divenendo capace di cercare, di svelare ogni minimo soffio di vita.
Se vita ancora vi fosse in quel luogo infernale.
E fu in quel momento che cominciò ad avvertire qualcosa.
Dei confusi suoni.
Quasi infinitesimali, impercettibili.
Erano i pianti rotti ed i lamenti dei fanciulli che stavano sotto di lei.
E di nuovo sentì forte l'istinto, l'impulso di aprire gli occhi.
Ma neanche adesso lo fece.
Poi qualcosa.
Un rumore confuso.
Un rumore che in breve fu più riconoscibile per lei.
Un rumore di passi.
Come se qualcuno dal basso fosse risalito sullo spuntone di roccia per raggiungerla.
“Ardea...” disse lei in un sospiro.
Era più che una domanda, un'invocazione, una speranza.
Avvertì allora il calore di un corpo avvicinarsi.
Qualcuno era davanti a lei.
Un attimo dopo la ragazza sentì due labbra calde e rassicuranti congiungersi alle sue.
Un bacio.
Un bacio capace di risvegliarla dal torpore della morte.
Un bacio che riaccendeva la speranza e la stessa vita.
“Cramelide...” sussurrò Ardea, lasciando appena la bocca di lei “... ora puoi aprire gli occhi, Amore mio...” accarezzandole il viso e togliendo la fuliggine dai suoi bellissimi lineamenti.
Lei allora lentamente aprì gli occhi.
Impiegò qualche istante a riabituarsi all'intensa luce di quel luogo, frutto di fuoco e fiamme.
E così, pian piano, il volto di Ardea che le sorrideva cominciò a prendere forma davanti a lei.
La ragazza vide allora prima i suoi occhi azzurri, scintillanti e luminosi, poi i bruni capelli lunghi ed infine i suoi tratti dolci e quel sorriso rassicurante.
E forse fu proprio quel sorriso ora, così caldo, appagante, forte e bellissimo a scacciare, come quell'appassionato bacio prima, dal suo cuore ogni paura.
Il cavaliere impugnò di nuovo Parusia e in un attimo spezzò le pesanti ed arrugginite catene che tenevano bloccata Cramelide a quell'oscuro altare di pietra forgiato nel fuoco e nell'odio, per il più terribile ed inumano dei sacrifici.
Le catene caddero così a terra e la ragazza fu libera.
Tentò di alzarsi, ma la paura e la disperazione le avevano sottratto ogni forza, facendola così quasi cadere.
E fu lesto Ardea, che la prese fra le braccia.
“E' finito, Cramelide...” fissandola nei suoi meravigliosi occhi chiari lui “... è tutto finito... per sempre...”
Lei allora si abbandonò in un pianto liberatorio sul petto del Taddeide.
E poi lo baciò di nuovo.
Lo baciò intensamente e a lungo.
Lui e lui solo aveva sfidato tutto e tutti per lei.
Lui e lui solo, pur quasi senza conoscerla, era sceso in quell'Inferno per cercarla e liberarla.
E lei lo ricompensò col suo Amore.
“Ti amo...” piano lei, staccando appena le sue labbra da quelle di lui “... ti ho sempre amato... sin dal primo momento...”
“Amore mio...” baciandola ancora lui.
E tenendola fra le braccia, il cavaliere prese a scendere da quello spuntone roccioso per riportare, come Orfeo, la sua Euridice nel mondo dei vivi.
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Stavolta sono senza parole....
Non ho che brividi, ed emozioni per commentare questo capitolo.
Intensi, molto intensi, troppo intensi.
Se provassi a tramutarli in parole, probabilmente li svilirei.
Altea
05-04-2016, 18.49.56
Milord....stavolta mi avete fatto sentire una forte emozione...ma voi già lo sapete...un amore in grado di far compiere veramente gesta eroiche.
Guisgard
21-04-2016, 17.01.43
"Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato,
a Davide e alla sua discendenza per sempre."
(Salmo 18)
Un cupo e sibilante vento, simile ad un lamento, soffiava su Acerna, attraversando le sue silenziose e desolate strade.
La contrada, arroccata, come fosse spaventata, attorno al suo grande castello, sembrava intrisa di paura mista a disperazione.
Come se in quel luogo dimorassero solo ombre, pallidi riflessi di ciò che era stato vivo fino a qualche tempo fa.
Le alte mura che la circondavano, scandite da robuste ed invalicabili torri, erano forse in grado di proteggere Acerna da innumerevoli nemici umani e così avevano fatto per secoli.
Ma contro l'odio e la potenza del drago non erano riuscite ad opporre resistenza alcuna.
Non erano state in grado di salvaguardare la contrada dalla furia primordiale ed infernale di quella bestia.
E nel castello, coperto da drappi neri, con le bandiere calate, le lance abbassate e tende luttuose a coprire porte e finestre, il barone Avator, abbandonato senza più forze, né lacrime, né speranze sul suo seggio, fissava senza forze il vuoto della sala e senza avere il coraggio di alzare gli occhi sul quadro, posto sulla parete di fronte a lui, in cui era ritratta la sua bellissima figlia.
“Dimmi, figlio mio...” disse a Giaccos, che era in piedi accanto a lui “... sono un pessimo padre, vero?”
“Non crucciarti, padre...” mormorò il figlio.
“No, lo sono...” scuotendo il capo Avator “... un padre deve sempre proteggere i propri figli...”
“Ma deve anche proteggere il proprio popolo, se siede come te su un seggio...” fece Giaccos.
“Come si può” replicò Avator “proteggere un popolo, se non si è stati capaci di difendere prima ancora la propria figlia?”
“Padre, non tormentarti...”
“Come ci si può” quasi zittendo suo figlio con un cenno della mano “definire un padre, se si manda al macello la propria figlia? Come si può credere di sopravvivere alla propria figlia? Non è naturale ciò...”
“Padre...” mormorò Giaccos.
“No, non è naturale...” quasi senza ascoltarlo il padre “... non si può seppellire la propria figlia... io non posso seppellire Cramelide... lei deve seppellire me... tu e lei... voi dovete seppellire me... questo è il corso naturale della vita...”
Ma in quello stesso istante dalle strade cominciò ad alzarsi un confuso vocio.
Un'indefinita e sempre più chiassosa Balele, indecifrabile, informe.
Poi le campane.
Rintocchi ripetuti, festanti.
“Ma cosa sta succedendo?” Stupito Giaccos.
“Chi festeggia in quest'ora di morte?” Alzandosi dal seggio Avator. “Chi, in nome di Dio?” Gridò.
Giaccos allora tirò le tende di lato ed aprì la finestra.
E vide.
Vide la contrada in festa.
Tutti gridavano, in preda ad un'irrefrenabile eccitazione, correndo come impazziti verso le porte delle mura.
Come impazziti di felicità.
Poi squilli di trombe e canti.
Le chiese aprirono le loro porte e le immagini della Vergine col Bambino e di molti Santi furono portati nelle strade, in Sante Processioni.
Poi l'ingresso fra le mura si aprì ed un'incredibile scena apparve a Giaccos che guardava dalla finestra.
Alcuni fanciulli, gli stessi inviati come tributo al drago, entrarono correndo e trovando ad aspettarli le braccia delle loro madri e dei loro padri.
“Padre!” Chiamò Giaccos. “Vieni a vedere!”
Avator corse anch'egli alla finestra.
E vide quella scena.
E dopo i fanciulli, dalla porta entrò un cavaliere sul suo destriero, con una ragazza in sella con lui.
E dietro di lui arrivò anche il suo scudiero.
Avator e Giaccos continuarono a fissare tutto ciò increduli.
Videro così tutte quelle madri e tutti quei padri, seguiti da tutta la popolazione, che si prostravano davanti a quel cavaliere.
Davanti a quell'eroe liberatore, che ero sceso nel più profondo girone del loro Inferno ed era poi riemerso.
Davanti ad Ardea che stringeva fra le braccia la sua Cramelide.
http://www.pompeionline.net/images/com_fwgallery/files/62/550px-teseoliberatore.JPG
Alla fine la luce torna a splendere... sempre emozionate.
Altea
21-04-2016, 17.24.07
Ardea è di per sè un eroe ma l' Amore per Cramelide lo rende quasi epico.
Guisgard
22-04-2016, 00.43.29
Sono capitoli come questo che ancora oggi fanno capire come Ardea sia davvero il più grande cavaliere mai esistito.
Fino ad oggi.
Con buona pace dei Cavalieri della Tavola Rotonda, dei Paladini di Carlomagno e tutti gli altri ;)
Altea
22-04-2016, 01.48.45
Sono capitoli come questo che ancora oggi fanno capire come Ardea sia davvero il più grande cavaliere mai esistito.
Fino ad oggi.
Con buona pace dei Cavalieri della Tavola Rotonda, dei Paladini di Carlomagno e tutti gli altri ;)
Avete ragione e questi ultimi capitoli hanno saputo trasmettere grande emozione...ma i complimenti vanno a voi sir Guisgard. :smile:
Guisgard
16-05-2016, 16.58.46
"Lodatelo con tamburelli e danze,
lodatelo sulle corde e con i flauti.
Lodatelo con cimbali sonori,
lodatelo con cimbali squillanti.
Ogni vivente dia lode al Signore.
Alleluia"
(Salmo 150)
Avator e Giaccos restarono muti, come sull'orlo della follia davanti a quell'incredibile scena.
Perchè la follia giunge per il troppo dolore o l'irrefrenabile felicità.
E tale fu la felicità quando compresero che davanti ai loro occhi non vi era un miraggio, né un'illusione e neanche una visione.
Cramelide era viva ed era tornata.
Era dunque salva.
In un attimo le strade si riempirono della più variegata umanità.
Chi cantava, chi gridava felice, che piangeva, chi rideva e chi pregava ringraziando Dio.
Una calca immane circondò il corteo dei giovani e del cavaliere con la ragazza ed il suo scudiero.
Tutti si ammassavano nel tentativo di avvicinarsi e di toccarlo ed i più lontani anche solo di vederlo.
Forse per comprendere chi fosse davvero quel cavaliere.
Ammesso lo fosse davvero, molti si chiedevano in quel festoso delirio.
Un uomo poteva mai aver computo tale impresa?
Un'impresa negata ed ignota a tanti cuori umani che avevano pulsato da così tanti secoli, da sembrare solo frutto dell'ingegno di un poeta o dell'incanto del demonio?
Ma forse quell'impresa era davvero tutto ciò, visto che sarà cantata da poeti come monito a tutti gli uomini e verrà ricordata eternamente dal demonio come segno e vanto della potenza Taddeide su tutte le forze del male.
Era dunque un cavaliere?
Un uomo mortale come tanti?
Chi era allora l'artefice di tanto eroismo?
Così tra la folla si cominciò a gridare al miracolo.
Qualcuno credeva che sotto la bardatura di quell'uomo vi fosse il mitico Re Scorpione redivivo, che già secoli prima aveva liberato quelle terre imponendo su di esse la civiltà.
Altri persino il nome dell'Arcangelo Michele inneggiarono, convinti che fosse lui a celarsi sotto le umane fattezze di quel cavaliere.
Ma Ardea era un uomo.
Si, perchè solo un uomo poteva guardare così una donna.
E lui, nonostante la gloria terrena e la fama immortale tra i suoi simili che quell'impresa gli stava donando, non aveva in realtà altro sguardo e altro interesse se non per la bellissima Cramelide che si stringeva sul suo petto intimorita e commossa per la felicità che il popolo liberava attorno a loro.
Alla finestra allora, davanti a tutto ciò, Avator e Giaccos si abbracciarono e piansero ognuno nelle braccia dell'altro.
E restarono così tutto il tempo, fino a quando il cavaliere arrivò davanti al portone del castello, con il popolo tutto ai suoi piedi.
A quel punto Avator, sorretto da Giaccos, tanta erano infatti le felicità e la commozione che gli impedivano quasi di camminare, uscì dal castello.
“Milord...” disse Ardea scendendo con Cramelide dalla sella del fido Arante “... ho liberato vostra figlia e la vostra terra in nome del duca Taddeo e per Grazia di Dio.”
Avator allora si staccò da suo figlio ed avanzò verso il cavaliere e la giovane.
E la strinse forte.
Poi si inginocchiò davanti ad Ardea.
“No, milord...” alzandolo da terra il cavaliere “... solo davanti a Dio bisogna prostrarsi.”
Allora commosso Avator abbracciò con vigore il Taddeide, tra l'esultanza di tutto il popolo di Acerna.
http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/foto/120000/109600/109432.jpg
Altea
16-05-2016, 17.21.56
Un bellissimo finale..è vero..chissà se Ardea era dotato di qualche dote data in dono, particolare o forse era l' Amore stesso.
Una cosa è certa, lui era un uomo..coraggioso e dagli alti valori amorosi e cavallereschi..e Cramelide era una donna fortunata poichè trovò un uomo da amarlo in modo epico.
Guisgard
17-05-2016, 17.18.29
Non è affatto il finale, milady!
Anzi, il difficile arriva ora per il nostro eroe...
Altea
17-05-2016, 17.21.00
Non è affatto il finale, milady!
Anzi, il difficile arriva ora per il nostro eroe...
Esatto..vi è il cavaliere misterioso se non erro
Guisgard
30-05-2016, 17.21.13
“Nessuna contesa terrena, giusta o ingiusta, contro qualsiasi avversario mi ha visto sconfitto. Eppure nelle Cose Sacre so che fallirei, poiché ho un peso sul cuore.”
(Il libro di bianco di Rhydderch)
Avator, ripresosi dalla commozione, fece celebrare una messa solenne per ringraziare il Cielo e proclamò sette giorni di festa in tutta la contrada.
Allora banchetti e giostre animarono i giorni a seguire, con concessioni di pane, vino ed olio al popolo.
Molti servi furono poi liberati dalla gleba e importanti donazioni Avator concesse alla cattedrale ed al vescovo come somma gratitudine per quel miracolo.
Furono dunque giorni spensierati, fatti di lunghe passeggiate nei giardini del castello e lungo il camminamento merlato per Ardea e Cramelide.
Lui le narrava spesso di grandi storie, fatte di eroiche imprese ed Amori immortali.
E lei sognava.
Sognava una vita fatta di quelle cose, fatta di Gioia.
E non riusciva ad immaginare quella stessa vita senza quel cavaliere accanto a sé.
Tutti coloro che li vedevano insieme pensavano che non fosse mai esistita, né in vita, né nei romanzi, una coppia più bella e felice di quella.
Per questo l'intera contrada attendeva impaziente che Ardea dichiarasse quell'Amore che a tutti sembrava naturale ed immenso.
Che quel nobile cavaliere chiedesse la mano della giovane a suo padre.
Ma non accadde.
Trascorsero i giorni ed Ardea mai pretese promesse eterne da Cramelide, né chiese la mano di lei ad Avator.
E ciò gettò la ragazza nello sconforto.
Di giorno restava sveglia in attesa di quelle parole così sognate, ma sempre inutilmente e di notte pregava per udirle col nuovo Sole.
Anche Avator si accorse di ciò e ne parlò con suo figlio Giaccos.
“Padre...” disse il musico “... è vero, anche io e tutto il popolo attendiamo che quel cavaliere si dichiari apertamente, poiché nessuno qui dubita che egli ami tua figlia e mia sorella come nessun uomo abbia amato mai una donna prima di oggi. Tuttavia non possiamo obbligarlo. Gli siamo debitori in tutto. Egli però è tanto retto e saggio che mai causerebbe peccato.”
“Lo penso anche io.” Annuì Avator.
“Dunque” Giaccos “se egli tarda oppure evita di dichiararsi allora un motivo deve esserci. Ne sono certo.”
“Quale dunque?” Dubbioso Avator. “Forse un voto? Un giuramento?”
“Non lo so, padre mio.”
“Però” mormorò Avator “noi non possiamo permettere che Cramelide soffra. Ha già sofferto troppo in vita sua. Convocherò il cavaliere e sarò franco con lui. Se egli non intende chiedere in sposa mia figlia, allora che vada via. Altrimenti la ragazza morirà di dolore.”
“Credo sia giusto ciò.” Annuì Giaccos. “Ed anche Ardea lo comprenderà.”
“Si.” Sedendosi Avator. “Eppure mi piange il cuore... quale motivo può celarsi nel cuore di uomo da impedirgli di essere felice? Perchè è palese che lui ami Cramelide.”
“Spesso i grandi uomini” rivelò Giaccos “conservano nel cuore segreti e dolori ignoti ed incomprensibili. Si farà la Volontà di Dio.”
“Si, sarà fatta la Sua Volontà.” Fissandolo Avator.
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Altea
30-05-2016, 17.27.21
Chissa cosa impedisce ad Ardea di aprirsi con Cramelide, anche perchè se non sbaglio i Taddei non furono colpiti dalla "Gioia" a quel periodo.
Guisgard
30-05-2016, 17.48.32
Vedremo a breve, se Dio vorrà...
Altea
30-05-2016, 17.54.32
Vedremo a breve, se Dio vorrà...
L'attesa sarà piacevole, come sempre....:smile:
Guisgard
06-06-2016, 17.03.15
"Signore, quanti sono i miei avversari!
Molti contro di me insorgono."
(Salmo 3)
Era un bel pomeriggio di Agosto e i preparativi per la festa dell'Assunzione in Cielo di Maria Vergine animavano l'intera contrada e tutto il regno.
Nel caldo e soleggiato meriggio, nel giardino del castello, Cramelide era seduta all'ombra di un sicomoro, accarezzando i teneri petali dei gerani, quando vide una figura nobile e malinconica vagare tra i fiori e le piante.
La giovane allora la raggiunse.
“Ardea...” disse lei piano, quasi intimorita nel poter destare quella malinconica solitudine.
“Cramelide...” voltandosi lui, per poi sorridere e stringerle le mani nelle sue.
“Cosa darei per conoscere i tuoi pensieri...”
“Non valgono così tanto...” fissandola lui.
“Invece si, poiché bramo farne parte.” Triste lei.
“Tu sei sempre nei miei pensieri.”
“Allora le tue parole non seguono il corso di quei tuoi pensieri...” mormorò lei “... perchè mai una di esse è per me ultimamente.”
“Non vedi come ti guardo?” Disse lui. “Come ti cerco?”
“Allora chiedimi di lasciare tutto e di seguirti!”
“Cramelide...” a capo chino il Taddeide.
“Ho compreso...”
“Cosa?” Chiese lui.
“Era parte della tua impresa.” Fece lei. “Finita quella, nulla più ti lega a questo luogo. Neanche il mio cuore.”
Lui scosse il capo e poi la condusse su una panchina di pietra, tra due rigorosi olmi.
Si sedettero e lui le parlò:
“Nella mia vita ho da sempre e solo vissuto come un cavaliere. La cavalleria e la cortesia sono state il mio dovere ed il mio diritto. Ho affrontato grandi e terribili imprese ed ogni duello o battaglia mi ha visto vincitore. Ma se nelle cose terrene conosco il mio valore, in quelle Spirituali so che fallirei. E l'Amore è una di Esse.”
“Perchè dici questo?” Turbata Cramelide.
“Perchè ho una grave colpa nel cuore...” rivelò lui “... un peccato che offende Dio e indigna gli uomini... ma non posso dirti altro... che sia solo per me il giogo di questa miseria... mio soltanto... tu hai giù sofferto troppo...”
“Credi” replicò Cramelide “che il mio dolore e la mia felicità non dipendano da te, cavaliere? Se mi abbandoni sarò l'uno, se mi porti con te conoscerò l'altra.”
“Cramelide...” si alzò lui avvilito “... non puoi dipendere da un uomo senza futuro...”
“Che vuoi dire?” Avvicinandosi lei a lui.
“Che la mia colpa è troppo grande” chiudendo gli occhi Ardea “e presto dovrò risponderne ad un austero giudice.”
“Non vi può essere colpa in te, cavaliere...” appoggiando il capo sulla spalla di lui “... sono giunte ad Acerna le notizie delle tue imprese... hai liberato ogni contrada da ciò che l'affliggeva... hai ridato vita e speranza a tanta gente... non può esserci male in te, cavaliere...”
“Per queste tue parole, Amore mio, che Dio ti benedica...” e la baciò.
Trascorsero gran parte del pomeriggio in quel giardino, passeggiando tra fiori colorati e profumati, fontane zampillanti e alberi frondosi carichi di frutti maturi.
Altro lei non chiese e lui più nulla accennò del suo Destino.
Ma Cramelide seppe leggere nel cuore di quel cavaliere, comprendendo il suo dramma.
Giunta sera, con gli occhi arrossati dal pianto, la ragazza raggiunse suo fratello.
“Giaccos...” lei al musico “... domani Ardea partirà... lascerà Acerna per non più tornarci...”
Giaccos fu sul punto di chiederle del perchè.
Ma il volto della ragazza, avvilito dal pianto e sferzato dal dolore, era forse la risposta più importante.
E Giaccos tacque.
L'indomani Ardea e Biago si presentarono ad Avator per salutarlo e lasciare poi Acerna.
http://www.emersonkent.com/images/king_arthur_round_table.jpg
Quale tormento lasciare la propria amata... per Amore.
Ma so che tornerà.. ;)
Altea
06-06-2016, 17.14.35
L' inizio di questa storia mi ha riportata indietro alla mia infanzia, quando accompagnavo la Vergine il giorno della Immacolata in agosto coi fiori ed altre bimbe.
E' giunto il momento dei conti..chissà forse Ardea ritornerà solo se avrà vinto e non vuole dare un dolore a Cramelide nel caso fallisse, eppure lei è determinata a seguirlo.
Guisgard
06-06-2016, 17.42.23
Mie care dame, molti storici e filologi tendono a vedere nel dramma di Ardea e nell'impossibilità di poter amare Cramelide, una sorta di primitiva immagine di ciò che sarà poi la Gioia dei Taddei.
Una specie di anticipazione della maledizione che colpirà i discendenti dell'invincibile eroe.
Infatti, sia Ardea che Ardeliano, il duca che attirò su di sé e sui suoi eredi il terribile incanto, si macchiarono di grandi colpe.
Vedremo, se Dio vorrà, quante “Questioni” i nobili suoi discendenti dovranno ancora superare per sciogliere l'oscura Gioia... :rolleyes:
In effetti mi sembravano discorsi già sentiti più volte... ;)
Attenderemo impazienti di conoscere quelle avventure, Sir
Altea
06-06-2016, 17.44.52
Mie care dame, molti storici e filologi tendono a vedere nel dramma di Ardea e nell'impossibilità di poter amare Cramelide, una sorta di primitiva immagine di ciò che sarà poi la Gioia dei Taddei.
Una specie di anticipazione della maledizione che colpirà i discendenti dell'invincibile eroe.
Infatti, sia Ardea che Ardeliano, il duca che attirò su di sé e sui suoi eredi il terribile incanto, si macchiarono di grandi colpe.
Vedremo, se Dio vorrà, quante “Questioni” i nobili suoi discendenti dovranno ancora superare per sciogliere l'oscura Gioia... :rolleyes:
Ecco svelato il mio dubbio sulla "Gioia", se a quel tempo aveva già colpito la stirpe..e Cramelide merita di essere amata.
Eh, presumo i discendenti avranno molte "Questioni" :rolleyes:
Guisgard
14-06-2016, 17.19.36
"Redini e staffe, su in sella!
Com'è triste il mio congedo!"
(Antica canzone provenzale)
Ardea ed il suo scudiero si presentarono al cospetto del barone Avator.
“Milord...” disse con riverenza il cavaliere “... grato della vostra ospitalità e della vostra generosità sono qui a porgervi il mio saluto.”
“Mi addolora sapervi in partenza, cavaliere.” Fece Avator.
“Come l'agnello che lascia l'ovile, sicuro ed amato giaciglio, così il mio cuore si rattrista nel congedarmi, milord.” Ardea.
“Nessuno vi obbliga, cavaliere.” Fissandolo il barone. “Vi ho aperto le porte della mia casa per accogliervi come un figlio. Ed un padre non vive senza la sua prole.”
“Lo comprendo, signore.” Annuì il Taddeide. “Tuttavia un voto mi impone oggi di partire. Un voto sacro, poiché fu fatto sul mio onore e per la mia stessa vita.”
“Un cavaliere deve rispettare la parola data agli uomini ed i Voti fatti all'altissimo.” Con tenerezza Avator.
“Sono lieto che comprendiate, milord.” Sorridendo Ardea. “Non vedo però vostra figlia... avevo desiderio di salutarla...”
“Cavaliere...” guardandolo Avator “... noi tutti rispettiamo il vostro onore ed i vostri impegni. Vi chiedo di fare lo stesso con mia figlia. Ella vi saluta con rispetto ed affetto e ha chiesto a me di portarvi il suo addio. Cramelide sa che comprenderete e non domanderete altro.”
Ardea mostrò un cenno di assenso con una fitta al cuore.
Baciò così il barone e suo figlio, salutando poi la folla tutta accorsa per il suo congedo.
Fu celebrata una Messa per invocare su di lui la Divina Benedizione dell'Onnipotente ed alla fine della Sacra Celebrazione Eucaristica il Taddeide e Biago lasciarono Acerna.
E dalla torre più alta del maniero, attraverso una finestre velata da una leggera tenda, qualcuno da lontano osservò il cavaliere cavalcare verso il bosco e restò lì a fissarlo, tra lacrime e dolore, fino a quando non scomparve col suo scudiero nella folta vegetazione.
Poi si accasciò a terra e continuò a piangere fino a quando ebbe forza nel suo cuore.
Il procedere del cavaliere e del suo scudiero fu silenzioso e mesto, tanto che Biago più volte fu sul punto di rompere quel vuoto con qualche parola, ma ogni volta la voce gli morì sulle labbra.
Ed alla fine fu invece Ardea a destarsi da quella malinconia, arrestando Arante e indicando allo scudiero un monte che dominava l'intera foresta.
“Quello è il Monte Sacro di Maddola...” mormorò “... di nuovo a Maddola, stavolta per un impresa infinitamente più ardua e contro un nemico mortalmente più terribile.”
“Perchè non hai raccontato tutta a Cramelide?” Chiese Biago.
“Perchè mai avrei dovuto?” Voltandosi Ardea.
“Aveva il diritto di sapere” fece Biago “e merita la possibilità di attendere il tuo ritorno.”
“Per illuderla?” Senza tradire emozioni il Taddeide. “Per darle un altro dolore? Ha già sofferto abbastanza.”
“Sta già soffrendo ora.” Biago. “Per te.”
“Amico mio...” accennando un lieve sorriso il cavaliere “... mi sei stato fedele compagno e fraterno sostegno nelle terribili ed inumane Questioni. Hai sfidato la morte e conosciuto la fama degli uomini insieme a me. Abbiamo diviso ogni cosa, persino la vita. Ora sei libero. Non hai più l'obbligo di seguirmi.”
“Non è mai stato un obbligo.” A lui Biago.
“Lo so.” Con tenerezza Ardea. “Ma sono io che voglio così, amico mio. Il compito che mi attende è per me solo. Il tuo ingegno e le tue conoscenze non potranno servirmi in ciò che mi aspetta. Va e non dimenticarti di me, di questo viaggio e di ciò che abbiamo fatto. Che tutti gli uomini di queste terre sappiano perchè i loro figli possono ora crescere liberi e nella Grazia delle Fede in Dio. Va, amico mio.”
“Potrei ascoltarti solo se tu mi ordinassi di non seguirti.” Disse lo scudiero.
“Te lo ordino.” Lesto Ardea. “Per il mio sangue ed i tuoi doveri ti ordino di non seguirmi e di ritornare a casa tua. So che mi sei amico e che sei fedele al casato di mio padre.”
Biago, di fronte a quelle parole, non poté dire e fare nulla.
Abbracciò in un commosso e fraterno abbraccio il cavaliere e poi restò immobile a guardarlo mentre egli galoppava verso il suo Destino.
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.... Mi ci vuole più di un momento per riprendermi, ma credo sia bello commentare d'impulso questo capitolo.
Credo sia il più triste che abbia mai letto, il più commuovente.... Ma questa malinconia nulla toglie alla bellezza e alla sacralità del momento.
Spero sia soltanto un momento, che diventerà ancora più prezioso nel giorno della Gioia.
Attenderò impaziente di saperne di più
Altea
14-06-2016, 18.45.19
Cosa potrei dire...Cramelide ha dovuto fare una dolorosa rinuncia..il suo Amore..e Ardea per contro oltre l'Amore anche l' Amicizia che se profonda e sincera è pure un alto e forte sentimento.
Guisgard
08-08-2016, 17.13.38
"Non temo la folla numerosa
che intorno a me si è accampata."
(Salmo 3)
Ardea cavalcò in sella al fedele e superbo Arante, fin quando al pianeggiante e verde bosco si aggiunse la vista di montagne sempre più vicine.
Il cielo era cupo e le nuvole si addensavano basse, fino a lambire le vette delle alture, come a volerne celare le fattezze e racchiuderne così i misteri.
Oggi quelle lande sono attraversate da ogni sorta di viaggiatori.
Avventurieri, soldati di ventura, mercanti, contadini, pastori e pellegrini passano su quelle strade, unendo il Sud ed il Nord del reame, tra lavoro e fortuna, Fede e speranza.
Ma a quel tempo tutto era selvaggio e remoto.
Le campagne erano rese impenetrabili ed incolte da sterpi e rovi, mentre il bosco appariva ignoto e sconfinato.
Ardea dunque cavalcava lesto, ben sapendo che tali terre erano in balia di briganti e pericoli vari.
E proprio mentre risaliva uno stretto e brullo sentiero, ad un tratto, tra due grosse querce, vide apparire tre figure armate.
Erano sbucate dal nulla, come serpi tra la vegetazione.
Uno impugnava un bastone chiodato, un altro un falcetto da contadino e l'ultimo giocherellava con una pesante scure da boscaiolo.
E vedendo il cavaliere subito uno dei tre gli si parò davanti per fermarlo.
“Altolà...” disse “... fermo, da qui non si passa!”
“E chi lo dice?” Ardea arrestando il cavallo.
“La buona creanza, messere.” Rispose l'uomo.
Il Taddeide allora li squadrò rapidamente.
“Ci occorre infatti il vostro aiuto” fece un altro dei tre “e siamo certi non ce lo negherete.” Ridendo.
“Oh, non lo farà di certo.” Divertito il terzo.
Ardea restò a fissarli senza parlare.
“Ci stavamo giusto dividendo le vostre cose, messere...” il primo che aveva parlato “... dopo avervi ucciso naturalmente. Ebbene a me interessa la vostra corazza, ma essendo più grasso e grosso della media degli uomini temo dovrò accomodarla. Dunque vi chiedo... mi consigliate di fonderla e farne una nuova, oppure conoscete un metodo per far si che essa mi entri senza danno?”
Gli altri due si abbandonarono ad una grossa risata.
“Invece io” intervenne il secondo “sono interessato alla vostra spada, Vi chiedo dunque... siete così gentile da cedermela e spingermi così a darvi una morte rapida, o volete tentare di battervi e sfidare allora la mia collera? In tal caso, naturalmente, la vostra fine sarà alquanto dolorosa.”
“Io voglio il vostro cavallo, messere.” Baldanzoso il terzo. “Rivelatemi dunque il suo nome affinchè mi segua docilmente quando vi avremo accoppato.”
“Ecco...” ridendo ancora il secondo brigante “... come vedete ci occorre il vostro aiuto.”
E le loro grottesche risate echeggiarono nel silenzioso bosco.
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Altea
08-08-2016, 17.18.06
Rileggere di Ardea è davvero un grande regalo..chissà chi saranno quei tre individui...ma il mio pensiero va a Cramelide.
Guisgard
08-08-2016, 17.36.20
Lady Altea, forse non lo sapete ed immagino non lo sappia quasi nessuno, ma la tradizione vuole che la leggenda di Ardea anticamente cominciò ad essere messa in forma scritta proprio in prossimità della Festa dell'Assunta.
Dunque, diciamo, in questo periodo ricorre l'inizio di questa immortale ed eroica saga :smile:
Altea
08-08-2016, 17.37.58
Davvero? Si questo è il periodo adatto..sono molto legata a questa Ricorrenza poiché da bambina ero sul carro ad accompagnare la Regina dei Cieli
Oh, come non invidio quei tre sbruffoni ;)
Guisgard
11-08-2016, 16.58.16
"Dio è giudice giusto,
Dio si sdegna ogni giorno."
(Salmo 7)
“Comprendo” disse Ardea ai tre birboni “quale Sorte infliggete agli sfortunati che passano da qui.” Guardandosi intorno.
“Infatti, messere.” Divertito uno dei tre. “Vige al mondo la legge del più forte e noi imponiamo al prossimo la nostra forza.”
I tre risero.
“Anzi” aggiunse un altro di quei lestofanti “cerchiamo di fare in fretta, in modo da poter avere la possibilità di trovare dopo altri miserabili come voi per arricchire la nostra giornata.”
“Non temete, amici miei...” sarcastico il Taddeide “... dopo aver risolto con me, non vi occorreranno altre vittime.”
“E perchè mai?” Fissandolo uno dei tre.
“Perchè morirete.” Sentenziò Ardea.
I tre allora gli si lanciarono contro, decisi a disarcionarlo.
Rapido, però, il cavaliere mise mano alla sua Parusia per affrontarli.
In un attimo menò tre fendenti.
Con uno squarciò la gola al primo brigante, con un altro tranciò gli occhi al secondo e con l'ultimo mozzò un braccio al terzo.
I colpi però erano stati volutamente non mortali.
E mentre i tre criminali si dimenavano sul terreno gridando per il dolore, Ardea smontò dal suo destriero.
“Potrei lasciarvi così, a morte casuale...” lui ai tre “... magari sbranati dalle fiere, o mangiati dai ratti... invece no... siccome, come dite, al mondo domina la legge del più forte, io imporrò a voi la medesima condanna che avevate deciso per me...” si avvicinò al primo brigante, che ansimava al suolo con uno squarcio in gola “.... con tale ferita” Ardea “moriresti fra tre giorni tra atroci torture, ammesso che qualche bestia selvatica non ti finisca prima... ma siccome volevi la mia corazza per coprirti io prenderò invece la tua pelle...” si chinò sul brigante e tirato fuori un pugnale cominciò a scuoiarlo come si fa con gli animali.
E le indicibili grida di dolore del brigante, mentre il cavaliere gli tirava via la pelle, ammutolirono di terrore gli altri due.
Finito ciò, Ardea raggiunse il secondo lestofante, che se ne stava abbracciato ad un tronco senza avere più gli occhi.
“Tu invece volevi la mia spada” Ardea rivolto a lui “ed io dunque ti renderò una cosa con essa.”
E con un solo colpo infilò Parusia completante nel suo corpo, lasciando quel fiero metallo tra le sue viscere a causargli una morte lenta e dolorosissima.
Si accostò infine al terzo di quei malfattori, che perdeva sangue dal braccio mozzato.
“E tu volevi il mio cavallo?” Sorridendo il Taddeide. “Farai invece la fine che attende i cavalli zoppi.” Lo trafisse così alla gola col suo pugnale, lasciandolo agonizzante. “Ma tu vali meno di un cavallo, quindi la tua morte sarà simile a quella di un maiale che perde sangue lentamente per salvaguardarne la bontà di ciò che finirà a tavola.”
Ardea attese che il secondo brigante spirasse, per poi estrarre dal suo corpo senza vita Parusia.
La pulì, rimontò su Arante ed abbandonò quel luogo, dopo aver inflitto a ciascuno dei tre malvagi briganti una morte dolorosissima.
Riprese allora il suo cammino verso il Monte Sacro a San Michele Arcangelo.
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Eh lo dicevo io che facevano una brutta fine.. ;)
Guisgard
18-08-2016, 02.42.21
"Nell’angoscia mi hai dato sollievo;
pietà di me, ascolta la mia preghiera."
(Salmo 4)
Il bosco che circondava la strada era denso di umidità, mentre la pioggia cadeva copiosa dal cielo.
Tutto intorno era avvolto da una lieve nebbiolina, fatta di infinite goccioline che vagavano disperate su ogni cosa.
La strada era desolata ed angusta.
Un cupo e vuoto silenzio dominava quelle lande, rotto solo dal mormorio della pioggia che faceva gorgogliare le pozzanghere lungo la via e dal passo fiero di Arante.
Ad un tratto dalla poca visibilità emerse la sagoma del Monte Sacro, caro a San Michele Arcangelo.
Un maestoso acquedotto, ancora oggi superbamente in piedi, fungeva da porta per accedere alle boscose pendici della montagna.
Univa, da parte a parte, la catena montuosa che oggi cinge, come naturali ed invalicabili mura, i confini di Capomazda, dividendo il mondo civile ed aristocratico da quello selvaggio e plebeo.
Le maestose arcate si aprivano nella nebbia simili a varchi di absidi sovrapposte, con una cadenza regolare e perfetta, rendendo la struttura quasi delle fattezze di un santuario.
Ardea ed il suo destriero oltrepassarono una di queste arcate, ritrovandosi così dall'altra parte.
Il cavaliere allora provò una strana ed indefinita sensazione, come se avesse passato il mondo dei vivi per quello Spirituale.
Imboccò così lo stretto sentiero che cingendo i fianchi della montagna conduceva sulla cima della Sacra Altura.
Man mano che saliva, il mondo sottostante, fatto di stradine e sterrati che tagliavano la vallata, diventava piccolo e sfocato, come se venisse progressivamente ingoiato dall'umidità.
Lentamente Arante portava in sella il suo nobile padrone, conducendo il Taddeide in una sorta di processione solenne, simile a quella a cui è sottoposto un condannato per giungere al patibolo.
Passata la metà del percorso, Ardea salì in groppa al suo cavallo un'irta salita che avrebbe fiaccato qualunque altro destriero e alla fine di essa vi trovò una nicchia dedicata alla Vergine del Rosario col Bambino ed i santi Caterina e Domenico.
Il Taddeide si fermò, scese e si inginocchiò a pregare.
Si Segnò, rimontò in sella e proseguì.
L'ultima abitazione che passò fu la casa di un pastore.
Gli fu offerto del formaggio fresco, ma il cavaliere rifiutò dopo aver ringraziato.
Raggiunse infine la cima del monte, dove sorgeva la chiesa di San Michele.
Essa era però preceduta da un'alta Croce posta fra pietre.
E di nuovo Ardea si fermò, scese da cavallo e pregò.
Si Segnò, risalì in sella e raggiunse finalmente la chiesa.
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Altea
18-08-2016, 02.50.32
Ora mi avvedo..Ardea li ha uccisi senza indugio.
Questo ultimo racconto mi fa pensare..forse è lo stesso Monte dove nel "Fiore Azzurro" ero con un taddeide a vedere il Codex Ardeiano?
Guisgard
18-08-2016, 03.03.11
Milady, nel mondo Capomazdese/Afragolignonese vi sono molte chiese dedicate a San Michele Arcangelo.
Questa narrata in Ardea è situata sul Monte Sacro, con il grande acquedotto alle sue pendici.
L'acquedotto è dunque un segno distintivo di questo Santo monte e se esso figurava anche nel Gdr di cui parlate allora siamo in presenza della stessa chiesa :smile:
Altea
18-08-2016, 03.07.36
San Michele Arcangelo è il mio patrono pure nella realtà.
Potrebbe essere..ricordo vi era una piccola grotta che era una chiesetta..penserò sia la stessa di Ardea :smile:
Guisgard
18-08-2016, 03.11.09
Con ogni probabilità è la stessa chiesa, milady, visto che quella descritta in Ardea sorge proprio su una grotta :smile:
Altea
18-08-2016, 03.12.40
Con ogni probabilità è la stessa chiesa, milady, visto che quella descritta in Ardea sorge proprio su una grotta :smile:
Onorata dunque..Ardea è il mio eroe :smile:
Guisgard
01-12-2016, 18.25.12
"I miei occhi nel dolore si consumano,
invecchiano fra tante mie afflizioni."
(Salmo 6)
La chiesa di San Michele sorgeva sulla cima del Monte Sacro, dove si prolungava un robusto e largo spuntone naturale di pietra ammantata di erbe selvatiche e frondosi alberi.
Tutt'intorno un burrone a strapiombo ne delimitava il margine, oltre il quale si poteva dominare con lo sguardo una vastissima porzione di terra e nei giorni più limpidi addirittura giungere a vedere la costa e le isole Flegeesi.
Ma ora umidità e pioggia regnavano incontrastate, rendendo quel Santo Luogo avvolto da un alone cupo, indefinito ed incantato.
Il rintocco della campana, lento, lungo e solenne sembrò salutare l'arrivo di Ardea.
Il cavaliere legò Arante ad un albero, lo accarezzò e quasi lo ringraziò della sua fedeltà.
Raggiunse allora la chiesa.
Era aperta ma senza nessuno al suo interno.
Il Taddeide si segnò con l'Acqua Santa, prese tre candele e le accese davanti alla statua dell'Arcangelo.
Recitò per ciascuna un Padre Nostro inginocchiato ai piedi dell'Altare.
La chiesa aveva una struttura rettangolare, mono absidale, con la Statua di San Michele al centro, con quella della Vergine e del Bambino a destra e quella di San Giuseppe e di Gesù a sinistra.
Sull'abside infine apparivano due affreschi.
Uno raffigurante Sant'Agostino e l'altro Santa Monica.
Qui Ardea pregò a lungo, chiedendo perdono per i propri peccati e raccomandando la sua anima al Salvatore.
Si levò poi il guanto e lo pose sull'altare.
Era questo un gesto di sottomissione che un cavaliere faceva.
Si segnò, baciò le statue e gli affreschi, per poi raggiungere l'uscita.
Di nuovo bagnò le dita nell'Acqua Santa, si inginocchiò ancora ed uscì.
Sul lato occidentale della chiesa una loggia portava ad una porta.
Oltre essa c'era la Cappella detta dell'Apparizione.
Era una grotta sopra la quale era stata eretta la chiesa.
All'interno dell'antro di pietra vi era un Crocifisso e la statua dell'Arcangelo Michele.
E qui Ardea vi trovò due figure.
Un monaco incappucciato ed il misterioso cavaliere bardato nella sua impenetrabile corazza che attendeva Ardea per la mortale tenzone.
“Ti aspettavo, cavaliere.” Disse con una voce simile a quella di un fantasma.
Ed il Taddeide annuì.
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Trepidante questo nuovo capitolo, carico di attese ed emozioni.. è bello leggere ancora le gesta di Ardea, milord. :smile:
Guisgard
01-12-2016, 18.53.19
Milady, sono gli ultimi versi di questa storia senza tempo.
Le ultime pagine di un libro infinito.
A breve si arriverà al momento decisivo di quest'epopea antica e gloriosa... :smile:
Altea
01-12-2016, 19.15.49
Il mio Santo Patrono...San Michele Arcangelo..mi illumino..lui ascolta sempre i miei pensieri.
Guisgard
07-12-2016, 05.32.15
"Sorgi, Signore, affrontalo, abbattilo;
con la tua spada scampami dagli empi,
con la tua mano, Signore, dal regno dei morti
che non hanno più parte in questa vita."
(Salmo 17)
Di nuovo il rintocco della campana, quasi funereo, mentre il monaco incappucciato recitava il Santo Rosario stringendo fra le mani la Corona con i Divini Misteri.
Areda guardò il misterioso e terribile cavaliere ed annuì.
Si avvicinò alla pietra della grotta e con le dita segnò tre volte la roccia.
Si tolse Parusia, la baciò e la posò ai piedi del Crocifisso.
“Lasci qui la spada” disse il cavaliere “dopo che tanto fedelmente ti ha servito?”
“Per questa impresa non è degno impugnarla.” Rispose Ardea. “Combatterò con un'altra spada.” Indicando un'altra spada che cingeva il suo fianco.
“Allora” fece il misterioso cavaliere “dopo che ti avrò ucciso la prenderò per me.”
“No, Parusia resterà qui dopo la mia morte.” Replicò il Taddeide. “Appartiene da sempre alla mia famiglia e voglio sia donata a questa chiesa.”
“Dopo di te” il cavaliere bardato “non resterà nulla della tua famiglia. L'hai tradita e disonorata ed io porterò con me come pegno la tua spada. Chi ci sarà qui ad impedirmelo? Il tuo spirito forse? Esso finirà all'Inferno.” Sentenziò quasi con odio.
Un odio primordiale, viscerale, profondo, infinito.
“Basta parlare.” Alzandosi Ardea. “Risolviamo la tenzone. Subito.”
Il cavaliere bardato annuì ed uscì dalla Cappella.
Raggiunse lo spiazzale davanti alla chiesa ed attese il suo avversario.
Un cielo inquieto e grigio, in cui le nuvole parevano come grugnire, contorcersi, lamentarsi e rincorrersi senza fine, sembrava sul punto di precipitare sulla terra, simile ad un Castigo Divino.
Una leggera ed umida nebbia ora accarezzava impalpabile il campanile della chiesa, rendendo tutto vago, indifferente, enigmatico.
Quasi tutt'intorno fosse adesso il limite tra il regno dei vivi e quello dei morti.
Ardea si segnò ed uscì anch'egli dalla Cappella dell'Apparizione, raggiungendo il suo forte rivale.
“Fino alla morte.” Tuonò il misterioso cavaliere, per poi estrarre la sua spada.
Ed Ardea estrasse anch'egli la sua.
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Altea
07-12-2016, 09.07.33
Milord. .questo brano è degno di un poema epico.
Quale sarà la sorte di Ardea..vedremo..egli ha San Michele Arcangelo a proteggerlo.
Vengono i brividi all'idea di quanta attesa ci sia dietro questo duello.
Ora finalmente è giunto il momento.
Trattengo il fiato
Guisgard
24-12-2016, 01.29.08
"Chi è mai questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria."
(Salmo 24)
I due sfidanti erano uno di fronte all'altro.
Avvolti dall'umidità fitta ed incantata di quel Sacro Monte.
La pioggia aveva smesso di colpo di scendere ed un solenne silenzio ora dominava quel Santo Luogo.
Il misterioso cavaliere alzò il suo poderoso spadone verso il cielo, quasi a sancire, come se fosse un carnefice proclamato da un alto tribunale, la condanna del suo avversario.
Arda alzò allora la sua spada e la mortale tenzone iniziò.
In un attimo i due sfidanti si lanciarono uno contro l'altro, animati da una forza, una rabbia ed una determinazione quasi inumana.
L'acciaio delle loro spade cominciò a tintinnare, scintillare ed echeggiare, squartando l'irreale silenzio che aveva dominato fino a quel momento.
Il misterioso e bardato cavaliere menava colpi pesanti, possenti e precisi, tanto che solo a fatica Ardea riusciva a contenerli ed ogni volta sentiva scricchiolare la lama della sua indistruttibile spada.
Ogni colpo sembrava più forte e mortale del precedente ed ogni volta il Taddeide pensava di veder spezzata la sua spada sotto quella del suo terribile rivale.
Quel cavaliere misterioso pareva animato da un odio non comune, spinto da un'indomita determinazione quasi a compiere una missione.
Si, quella contesa sembrava più una missione che il forte cavaliere voleva portare a compimento.
Una missione simile ad un'esecuzione.
L'esecuzione di Ardea de'Taddei.
Ma chi era davvero?
Uno spettro giunto dall'Aldilà?
Un demonio arrivato per reclamare la sua anima?
Chiunque fosse, adesso vestiva i panni di un giudice, di un giurato e di un boia.
La tenzone continuò a lungo.
Continuò, come volta a fiaccare Ardea, a sfinirlo nel corpo e nello spirito, a farlo piombare vittima di una disperazione e di una rassegnazione senza fine.
A scaraventarlo nel baratro infinito, nell'abisso senza fine delle miserie umane.
Come i demoni fanno con gli uomini.
Estenuarli, disperarli, rassegnarli.
E forse quel misterioso cavaliere era davvero un demone, pensava il Taddeide.
Un demone giunto per punirlo dei suoi peccati.
E la tenzone continuava.
E quel cavaliere pareva non accusare fatica, né mostrare debolezza alcuna.
Sembrava invincibile, senza punti deboli.
Ardea poteva solo difendersi.
Ma quanto avrebbe resistito?
Ormai sentiva le forze abbandonarlo.
Non sarebbe riuscito a parare quei colpi a lungo.
Doveva osare.
Doveva tentare lui un attacco.
Un attacco mortale e forse disperato.
Caricò allora il braccio con tutta l'energia che gli era rimasta.
Con tutta la forza che ancora pulsava nel suo cuore.
Riuscì a schivare l'ennesimo attacco del suo formidabile avversario e si ritrovò pronto a rispondere.
“Ora o mai più...” disse fra sè.
Un attimo dopo menò un forte e preciso fendente, tanto possente che colpendo il braccio del misterioso cavaliere fece volare via la sua spada, che andò a spezzarsi contro una pietra levigata.
E visto il suo rivale senza più la spada in pugno, Ardea tentò il colpo di grazia.
Un nuovo fendente lanciò così verso la testa bardata del suo nemico.
Ma questi bloccò con la mano il braccio del Taddeide.
I due restarono così a lungo a fissarsi.
Il misterioso cavaliere spinse allora indietro Ardea e si tolse l'elmo, mostrando così al Taddeide finalmente il suo volto.
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Altea
24-12-2016, 01.37.12
Che emozione...leggere la singolar tenzone, per un momento ho pensato Ardea non ce la facesse. Chi sarà il misterioso cavaliere?
Lady Gaynor
25-12-2016, 12.30.38
Bellissimo racconto, milord... questo cavaliere sembra davvero invincibile, ma sono certa che Ardea saprà come uscirne vittorioso...
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Guisgard
30-12-2016, 01.45.25
"Ma mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò."
(Vangelo secondo Luca)
Il misterioso cavaliere si tolse l'elmo, mostrando così finalmente il suo volto.
Ed Ardea, incredulo, restò a fissarlo.
Gli parve prima di sognare, poi pensò di essere diventato folle.
E lo guardava.
Guardava gli occhi chiari, i capelli lunghi ed argentati, la fronte imperlata di sudore, l'espressione fiera, i tratti marcati ma regolari.
E più Ardea guardava quel volto, più sentiva il senno venirgli meno.
“Tu...” disse con un filo di voce il Taddeide “... tu...” lasciando cadere la spada a terra, che finì per conficcarsi nel terreno.
Il cavaliere bardato lo osservava in silenzio.
“Tu...” ancora Ardea.
“Si, figlio mio.” Annuì il cavaliere ed altri non era che suo padre il duca Taddeo.
Ardea allora avvertì le ginocchia piegarsi, quasi incapaci di sostenerlo e si ritrovò inginocchiato ed in lacrime davanti a suo padre redivivo.
“Tu...” piangendo Ardea.
“Si, figlio mio.” Suo padre, per poi avvicinarsi ed aiutarlo ad alzarsi. “Ho dovuto.” E lo strinse a sé.
E forte Ardea si strinse nelle braccia del padre che lo sosteneva.
“Padre... padre mio!” Gridò in lacrime Ardea.
“Dovevo sapere...” il padre a suo figlio “... sapere se mi amavi ancora, se eri degno di essere mio figlio e duca... dovevo, ragazzo mio... dovevo saperlo dopo i tuoi trascorsi a corte... dopo il tuo abbandono e smarrimento... dovevo saperlo, in Nome del Cielo...”
“Padre mio!” Di nuovo Ardea, per poi affondare nell'abbraccio di suo padre.
“Ti ho seguito ovunque...” Taddeo “... in ogni contrada... in ogni Questione... ti ho seguito, figlio mio... ti ho visto sfidare la morte e poi tornare alla vita ogni volta, impugnando Parusia e liberando una dopo l'altra le terre del nostro ducato... ti ho visto compiere ciò che solo un vero e degno Taddeo può fare... ora che sei ancora mio figlio... che ti sono caro come tu lo sei a me... che sei all'altezza di essere duca... che sei grande come il nostro casato impone... e so che darai degna discendenza al nostro nobile ed antico nome...”
E restarono così stretti l'uno all'altro, mentre la pioggia, come se un incanto si fosse finalmente spezzato, riprese a scendere dal Cielo.
Scendeva a purificare la terra e gli uomini.
A bagnare, come un Mistico Battesimo, quei luoghi e quel casato.
Trascorsero così lunghi momenti di lacrime gioiose e di religioso silenzio.
Tutto ciò mentre ancora una volta si udì il rintocco della campana, come a proclamare la fine di quel lungo cammino di sacrifici, sofferenze e lotte.
“La mia discendenza...” mormorò ad un tratto Ardea, ancora stretto a suo padre.
“Si.” A lui il duca. “Va da lei.”
Ed Ardea annuì.
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/f/f6/Odissea_Telemaco_e_Ulisse.png
Ho letto questo pezzo col fiato sospeso, appena sveglia, devo dire che è davvero bellissimo e carico di emozioni.
Una scena che da senso a tutto.
E ora finalmente Ardea potrà tornare dalla sua amata!
Guisgard
03-01-2017, 05.27.51
"Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni."
(Salmo 23)
Il bosco di Acerna.
Folto, verdeggiante e lussureggiante avvolgeva l'intera contrada arroccata attorno al suo antico maniero baronale.
Sferzata da un lieve e dolce vento che lambiva da Settentrione, Acerna pulsava armoniosa, ormai libera dal terribile tributo di orrore e morte a cui era stata sottoposta.
E appena fuori le mura, in una radura irregolare, circondata da pini, olmi, faggi, querce, ingentilita dal profumo di fiori di campo ed impreziosita dai frutti odorosi che come gemme oscillavano al tiepido Sole, dove un tempo sorgeva qualche nobile magione ed ora ridotta ad antichi e consumati muri ammantati di muschio ed eriche, alcune cortesi fanciulle trascorrevano il tempo sedute in cerchio ad attendere il vivace corso del meriggio.
La pioggia era cessata e l'umidità rendeva quel frammento di bosco intriso di un fascino ancestrale ed incantato.
Tuttavia il cielo era ancora per metà gonfio di alte e dense nuvole e la pioggia sembrava prossima a ripresentarsi.
L'aria però era fresca e odorosa di acqua piovana, rendendo il soggiorno di quelle fanciulle ameno e spensierato.
Tra esse però, quasi tutte divertite e frivole, vi era una dama che per bellezza e tristezza superava tutte le altre.
I corvini e lucenti capelli erano tenuti fermi da una spilla d'oro, lasciando così il bellissimo viso, di un bianco d'alabastro perfetto, libero di mostrare mestizia e solitudine.
Gli occhi, chiari e trasparenti, parevano spenti di quella luce che rende una donna atta ad ispirare cavalieri ed artisti.
“Tocca a voi, milady.” Disse una delle ancelle a Cramelide.
“Cosa?” Destandosi lei. “Oh, si... ma temo di aver perduto ancora...” sorridendo appena.
“Il gioco non vi ispira, milady?” Un'altra delle ancelle.
“Siete voi ad essere troppo abili, amiche mie.” Cramelide, per poi voltarsi sospirante a guardare il bosco.
Ed in quel momento trasalì.
Restò un lungo istante a fissare l'orizzonte boscoso, per poi alzarsi in piedi.
Le altre fanciulle seguirono così il suo sguardo e si accorsero di una nobile figura a cavallo ferma dove cominciava la boscaglia.
Cramelide prese allora a camminare verso la figura.
Prima piano, poi, tenendo con le mani il suo lungo abito, sempre più velocemente.
E correva verso quella nobile sagoma che era immobile a guardarla.
E correva felice di gioia, con un meraviglioso sorriso ad illuminarle il volto e perlate lacrime ad arrossirle gli occhi.
Il destriero nitrì forte ed il cavaliere smontò con agilità e grazia da esso.
Un attimo dopo lei lo raggiunse, terminando la sua commossa e felice corsa fra le braccia di lui.
Ardea e Cramelide restarono così, stretti l'uno all'altra, per momenti che parvero eterni, mentre le ancelle intonarono un gioioso canto di ringraziamento al Cielo.
Allora il cavaliere salì di nuovo in sella al forte destriero ed aiutò la sua dama a fare lo stesso.
E insieme cavalcarono verso il castello ducale, dove il duca Taddeo li attendeva.
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Per Misericordia di Dio termina così l'epopea di Ardea de'Taddei.
La sua infanzia, l'adozione a figlio del duca, poi le sue colpe e le terribili Questioni.
Le astuzie di Biago, l'invulnerabilità di Parusia ed il sorriso ritrovato di Cramelide.
Tutto ora giace nella medesima leggenda, narrata dai bardi e racchiusa fra le mura del palazzo ducale di Capomazda per Volontà Divina.
Ma la Religiosità e l'eroismo di Ardea ed il suo Amore per Cramelide rivivono ancora oggi nelle imprese che da secoli i suoi successori compiono per dimostrare al Cielo ed a se stessi di essere degni del loro sangue e per mostrare agli uomini come la Fede, la Grazia e la Gloria di Dio abbiano reso eroica ed eterna questa nobile discendenza.
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Fine
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Altea
03-01-2017, 08.04.13
Che sogno. .svegliarsi al mattino e vedere Ardea vincitore assieme alla sua amata Cramelide.
Avete scritto "Fine" ma chissà come è proseguita la loro storia.
Grazie per avermi fatta sognare milord. .ho amato e amo profondamente questo racconto e un complimenti meritato a Voi che lo avete narrato con maestria e passione.
Guisgard
03-01-2017, 17.55.10
Com'è andata la storia in seguito, milady?
Beh, direi benissimo, visto che io sono qui a raccontare, no? ;)
Sono io a ringraziare voi, lady Altea, per il coinvolgimento mostrato nel leggere quest'antica storia di armi, cavalieri, Amore e Fede :smile:
Altea
03-01-2017, 18.01.44
Com'è andata la storia in seguito, milady?
Beh, direi benissimo, visto che io sono qui a raccontare, no? ;)
Sono io a ringraziare voi, lady Altea, per il coinvolgimento mostrato nel leggere quest'antica storia di armi, cavalieri, Amore e Fede :smile:
Avete ragione milord..visto siete un diretto discendente di Ardea.
Eh si, è stato molto coinvolgente, ma sono certa qualche volta mi narrerete ancora di Ardea, che ormai è uno dei miei eroi, e la bellissima e sognante Cramelide. :smile:
Ricordo ancora quando iniziai a leggere questa storia incompiuta.
Era uno di quei sabati in cui Camelot è orfana del suo Primo Cavaliere.
Erano molte pagine, ed era ferma da anni ormai.
Mi sono immersa in quella lettura, che mi ha accompagnato per diverse settimane.
Più leggevo più capivo quanto custodisse, quanto fosse speciale.
E il caso volle (ma nulla accade per caso, dico bene?) che mentre leggevo voi ricominciaste a scrivere.
E quando un nuovo capitolo ha preso vita, a me mancavano alcune pagine.
Allora le ho lette tutte d'un fiato, quello sesso giorno.
E da lì, ho aspettato con ansia ogni nuovo capitolo, ogni tassello di quella storia speciale.
Ho amato ogni cosa di questa storia, l'evoluzione interiore di Ardea, la lealtà di Biagio, l'Amore di Cramelide, le questioni.
È inutile che stia qui a dirvi poi quanto la vostra bravura di narratore abbia reso viva questa storia, no?
Dopotutto sapete quanto adori i vostri scritti.
Ma so che questo è speciale.
Vi ha accompagnato per tanti anni e sono sicura che ora, ora che è compiuta, vi ha lasciato qualcosa, vi ha lasciato molto.
E nel narrarla su queste pagine, avete lasciato molto anche a noi.
Grazie milord.
Se non sbaglio, poi, una profezia narra che solo quando il poema di Ardea sarà compiuto sboccerà il Fiore Azzurro.
Quindi chissà che nel nostro prossimo viaggio, non sbocci davvero. ;)
Guisgard
04-01-2017, 01.33.34
Lady Clio, vi sono debitore per la passione della vostra lettura e sono lieto che abbiate apprezzato e soprattutto compreso quanto sia speciale questa storia.
Ci son voluti anni per portarla a termine, tra impegni, svaghi, sogni, idee, speranze, desideri e sogni.
L'epopea di Ardea è intimamente legata a tutto ciò che scrivo ed è abbastanza magica da riguardare miti lontani, come la Gioia dei Taddei e la ricerca del Fiore Azzurro.
Per questo, come ben ricordate, vi è una profezia su quest'antica storia ;)