Mordred Inlè
15-09-2009, 00.51.56
Ecco una piccola introduzione: Robert McKenzie non è il tipico eroe. Innanzitutto non è un perdente, anzi, è bello, alto, forte, muscoloso e intelligente. Ogni donna lo ama (e lui ama ogni donna). Un giorno scoprirà di essere l'erede di una dinastia elfica perduta e di avere degli immensi poteri magici. Riuscirà a seguire il suo destino e sconfiggere il Signore Oscuro?
In poche parole: Robert è un baldo giovane donnaiolo che viene reclutato da un barbone per sconfiggere un uomo di nome Jennifer il cui unico scopo è viziare la figlia Morganella.
E se questo non vi garba troverete anche interessanti digressioni sui megachirotteri della frutta, i paguri e sugli ornitorinchi.
01. In cui è assolutamente chiaro che Robert Mckenzie non è il protagonista di un romanzo harmony
Robert McKenzie si alzò quella mattina alle sette in punto, come al solito.
Robert era una persona molto puntuale, nonché tremendamente ordinata. Viveva ancora con lo zio adottivo ma era lui a occuparsi della casa, quando lo zio Bertilak doveva occuparsi del proprio lavoro di fabbro.
Anche quella mattina, Robert preparò la colazione per la famiglia, composta da se stesso, lo zio e la cugina. Tagliò il pane fresco lasciato dal signor Johnson davanti alla porta, diede da mangiare al cane, al gatto e al criceto e sistemò le camere da letto.
Prima di uscire a portare le colazioni a Bertilak e Lucinda, Robert si soffermò davanti all'abbeveratoio delle mucche, ammirandosi felice.
Robert era proprio un bel ragazzo. Era alto, slanciato, affascinante nel senso più lato del termine e aveva dei meravigliosi capelli neri che facevano invidia persino alle fanciulle del villaggio.
Era mediamente soddisfatto della sua vita. Aveva un paio di amiche, si fa per dire ovviamente, e un centinaio di ammiratrici che non desideravano altro che lui le guardasse.
Inoltre era anche discretamente intelligente e abile nel combattimento, o almeno questo era quello che il suo maestro di scherma continuava ad assicurargli.
Robert sparafleshò un sorriso a se stesso, attraverso lo specchio d'acqua, e infine si decise a partire.
Con il sacco del cibo su una spalla e il suo giustacuore rosso preferito addosso, si incamminò verso il villaggio, così piccolo che non aveva nemmeno un nome comprensibile al genere umano.
Tutti se ne dimenticavano sempre.
Fu per strada che si accorse che qualcosa non andava.
Non c'era alcun rumore attorno a lui.
Dalla casa di Bercilak al villaggio Senza-nome c'era una lunga strada battuta che passava attraverso un piccolo boschetto. Solitamente, soprattutto in quella stagione primaverile, l'aria era piena di cinguettii e dei ruggiti degli scoiattoli ma quel giorno nulla.
Non arrivavano nemmeno i suoni della gente dal villaggio, cosa che solitamente accadeva quando l'aria era limpida come quel giorno.
"Sono diventato sordo," esclamò Robert ma la sua stessa affermazione venne smentita perché si udì perfettamente.
Ah sì, anche perché una vocina gli rispose dietro di lui.
"Non sei sordo, ho semplicemente gettato un incantesimo sulla foresta."
Robert sobbalzò e si voltò, sorpreso.
Davanti a lui vi era un barbone vestito completamente di bianco.
Robert portò la mano al pugnale che sempre aveva legato alla cinta, pronto a difendersi dal possibile ladro affamato.
"Non sono un barbone."
"Ma hai una grande barba."
"Infatti sono un mago."
"La magia non esiste," replicò Robert, deciso a non lasciarsi abbindolare.
"Ti sbagli. La magia esiste nel sangue dell'antica dinastia degli Elfi ormai scomparsi dalla terra. Io ho solo poco sangue elfico dentro di me quindi la mia magia è debole."
Robert inarcò un sopracciglio ma il barbone non si fermò.
"Mi chiamo Olghin e sono qui per chiedere il tuo aiuto nel nome della Gilda degli antichi Elfi."
"Cioè è tipo un gioco di ruolo?"
"E' tipo una gilda degli antichi Elfi."
I due si guardarono in silenzio, per qualche attimo, studiandosi.
"Non mi chiedi perché ci serve il tuo aiuto?"
"Ho letto abbastanza romanzi per sapere che no, sarà meglio che io non te lo chieda."
Olghin si arruffò, indignato ma decise di insistere, sapendo che i discorsi di magia spaventavano le persone comuni e che la sua prossima affermazione avrebbe sconvolto il povero e semplice giovane davanti a lui.
"Tu sei un antico discendente della stirpe elfica. Uno dei pochi con il sangue davvero puro e dentro di te risiede una grande forze magica."
"Ti stavo quasi credendo quando mi hai detto che non volevi soldi!" sbottò Robert, sentendosi tradito.
"Ma no, cosa dici, ci serve il tuo aiuto magico non il tuo aiuto finanziario. Il Signore Oscuro sta espandendo il suo dominio a sud delle sue terre, verso questo nostro mondo. Ed è potente, molto potente."
Robert lasciò, infine, la presa sul pugnale e si massaggiò il mento, dubbioso. "Chi potrebbe chiamare il proprio figlio 'Signore Oscuro'?"
"Non è il suo vero nome. Quello lo abbiamo scelto noi."
"E perché, di grazia?" domandò il ragazzo, iniziando a stancarsi.
"Perché il suo nome è Jennifer. E lui è un uomo. Nessuno vuole avere un nemico uomo di nome Jennifer."
Robert McKenzie dovette ammettere che, effettivamente, avere un nemico di nome Jennifer non era molto onorevole ma il mago Olghin iniziava a irritarlo e solo per il gusto di ribattere, Robert replicò: "A me piacerebbe un nemico di nome Jennifer."
"Bene, allora prendi questo."
Il mago, inaspettatamente non disturbato dalle parole dell'altro, gli porse una collana con un pendente bianchissimo e tondo.
"E' una collana da donna."
"E' un amuleto magico che ti permetterà di sviluppare i tuoi poteri dormienti!" lo rimproverò il mago, continuando a tendergli il pendente, "Si chiama Rossilginy ma gli amici lo chiamano Ross."
"E' una roccia, non ha amici!"
La situazione, pericolosamente in stallo, venne ben presto riportata alla quasi normalità quando Robert decise di agire e fuggire definitivamente dal barbone.
Con un agile movimento, si abbassò fino a terra e raccolse una manciata di terriccio che gettò negli occhi del mago.
Il barbuto omone lasciò cadere il pendente e si portò le mani sul volto, nel tentativo di pulirsi dai detriti e non lasciarsi scappare il prezioso prescelto.
Purtroppo il prezioso prescelto riuscì a scappare.
Corse a perdifiato, rassicurato dal ritorno dei rumori della foresta, e continuò a correre anche giunto al villaggio.
Ovviamente si fermò per un baciamano ad Anissa, la bellissima fanciulla figlia del panettiere.
Anissa svenne felice.
Dopodiché Robert continuò a correre, guardandosi occasionalmente dietro le spalle, temendo il ritorno del mago.
Quando fu certo che nessuno lo stava inseguendo, Robert si fermò a prendere fiato, sedendosi per terra, appoggiato alle stalle del villaggio.
"Bobby, sei tu?"
Robert sorrise alla nuova arrivara, la bella Marie, sorella della sarta del paese.
"Per te posso essere chiunque."
"Oh, ma io non voglio chiunque, voglio solo Bobby," cinguettò Marie, beandosi del soprannome del giovane Robert.
Il giovane sorrise con fare affascinante e la sua dentatura bella e regolare, capace di conquistare qualsiasi donna.
"Vieni qui," la invitò Robert, porgendole la mano.
"Ho una cosa per te, prima," sorrise Marie, porgendogli un pacchetto marrone che Robert accettò con gioia.
Marie era famosa per la sua deliziosa abilità culinaria e per i manicaretti che spesso donava alle persone che più le andavano a genio.
Robert era ormai un grande conoscitore dei dolci di Marie.
Quel giorno, però, la borsina marrone non conteneva alcun dolce.
L'oggetto che Robert ne tirò fuori fu Ross.
"E' Ross!" esclamò il ragazzo, riconoscendo all'istante il medaglione.
La bellissima figura leggiadra di Marie sembrò svanire nell'aria, come un miraggio, mentre al suo posto appariva il barbone vestito di bianco.
"Lo chiami Ross! Significa che gli sei amico."
Robert, si alzò in piedi, inquietato e leggermente turbato.
"Assolutamente no. Ma non ricordo il nome intero."
"Bene, ora i tuoi poteri sono stati risvegliati. Dovrai venire con me, alla Gilda. Ti insegnerò tutto ciò di cui avrai bisogno per sconfiggere Il Signore Oscuro."
"Non voglio battermi con un uomo che si chiama Jennifer e temo che Ross funzioni un po' con l'effetto placebo perché io non sento proprio nulla."
Il mago scosse la testa, divertito dall'ingenuità del ragazzo. "Non essere sciocco-"
Ma Robert aveva tutte le intenzioni di essere sciocco. Si mise a tossire, violentemente e improvvisamente.
"Oddio, Robert, prescelto, cosa ti succede?"
"Penso di essere allergico a Ross," rantolò Robert, accasciandosi al suolo.
Ignaro dello stratagemma, Olghin si chinò preoccupato accanto a lui e proprio in quel momento, l'astuto Robert gli morse una caviglia e scappò di nuovo da un dolorante mago.
"Perché un fantasy? perché proprio un fantasy? Perché non un romanzo del romanticismo inglese?! Certo, alla fine dovrei suicidarmi ma almeno non dovrei saltare la colazione," piagnucolò l'intelligente Robert. "Ripensandoci, voglio un harmony. Voglio un harmony!"
Deciso, questa volta, a non fermarsi per nessuna cosa al mondo, continuò a correre fino a fuori dal villaggio. Si sarebbe inoltrato nella Foresta Nera. Nessuno entrava mai nella Foresta Nera e di certo Olghin non sarebbe andato a cercarlo fino a lì.
Ma ora siamo costretti a fare una piccola digressione. Anzi, due piccole digressioni.
Per prima cosa parliamo degli pteropodidi, ovvero i megachirotteri, detti anche pipistrelli della frutta. Infatti, il mondo di Robert era un vero e proprio paradiso per questi pipistrelli della frutta e ve ne erano in ogni dove, nonostante l'impossibilità ecologica di questa affermazione.
Esistevano almeno una quarantina di diverse tribò di megachirotteri, ognuna con il proprio territorio e le proprie abitudini.
Ma ora passiamo alla digressione interessante.
A miglia e miglia dalla Foresta Nera, si trovava il regno del Signore Oscuro, chiamato Zollio.
Zollio era un'ampia terra piena di steppa e bufali gioiosi e con una popolazione alquanto esigua. Jennifer aveva sempre regnato assieme alla moglie Clarissa nella capitale del regno: Torre Felice.
Un giorno però, la bella Clarissa aveva lasciato il marito, fuggendo con un marinaio dell'Oceano Maggiore (e successivamente aveva lasciato il marinaio per fuggire con una sirena).
La fuga della moglie aveva lasciato il povero Jennifer distrutto e affranto. L'uomo si era quindi dedicato anima e corpo ad accudire e viziare la figlioletta Morganella.
Morganella, nonostante tutto, sembrava essere incontentabile ma Jennifer faceva qualunque cosa per lei.
Era un giorno di febbraio quando Morganella, tornata dall'emporio, era salita in camera del padre per richiedere un giocattolo come regalo per il suo compleanno.
All'emporio aveva visto un bellissimo modellino dell'universo. Un vero capolavoro, con i pianeti appesi ai fili e il sole e la terra intera. Incantata dalla scientificità dell'aggeggio, Morganella aveva abbracciato il padre e gli aveva detto.
"Papà, per il mio prossimo compleanno vorrei l'universo."
Il padre, Jennifer, detto anche il Signore Oscuro, decise quindi di conquistare il mondo intero per conquistare l'amore della figlioletta.
E tutto per un piccolo malinteso.
Ma i megachirotteri sono belli. Davvero!
In poche parole: Robert è un baldo giovane donnaiolo che viene reclutato da un barbone per sconfiggere un uomo di nome Jennifer il cui unico scopo è viziare la figlia Morganella.
E se questo non vi garba troverete anche interessanti digressioni sui megachirotteri della frutta, i paguri e sugli ornitorinchi.
01. In cui è assolutamente chiaro che Robert Mckenzie non è il protagonista di un romanzo harmony
Robert McKenzie si alzò quella mattina alle sette in punto, come al solito.
Robert era una persona molto puntuale, nonché tremendamente ordinata. Viveva ancora con lo zio adottivo ma era lui a occuparsi della casa, quando lo zio Bertilak doveva occuparsi del proprio lavoro di fabbro.
Anche quella mattina, Robert preparò la colazione per la famiglia, composta da se stesso, lo zio e la cugina. Tagliò il pane fresco lasciato dal signor Johnson davanti alla porta, diede da mangiare al cane, al gatto e al criceto e sistemò le camere da letto.
Prima di uscire a portare le colazioni a Bertilak e Lucinda, Robert si soffermò davanti all'abbeveratoio delle mucche, ammirandosi felice.
Robert era proprio un bel ragazzo. Era alto, slanciato, affascinante nel senso più lato del termine e aveva dei meravigliosi capelli neri che facevano invidia persino alle fanciulle del villaggio.
Era mediamente soddisfatto della sua vita. Aveva un paio di amiche, si fa per dire ovviamente, e un centinaio di ammiratrici che non desideravano altro che lui le guardasse.
Inoltre era anche discretamente intelligente e abile nel combattimento, o almeno questo era quello che il suo maestro di scherma continuava ad assicurargli.
Robert sparafleshò un sorriso a se stesso, attraverso lo specchio d'acqua, e infine si decise a partire.
Con il sacco del cibo su una spalla e il suo giustacuore rosso preferito addosso, si incamminò verso il villaggio, così piccolo che non aveva nemmeno un nome comprensibile al genere umano.
Tutti se ne dimenticavano sempre.
Fu per strada che si accorse che qualcosa non andava.
Non c'era alcun rumore attorno a lui.
Dalla casa di Bercilak al villaggio Senza-nome c'era una lunga strada battuta che passava attraverso un piccolo boschetto. Solitamente, soprattutto in quella stagione primaverile, l'aria era piena di cinguettii e dei ruggiti degli scoiattoli ma quel giorno nulla.
Non arrivavano nemmeno i suoni della gente dal villaggio, cosa che solitamente accadeva quando l'aria era limpida come quel giorno.
"Sono diventato sordo," esclamò Robert ma la sua stessa affermazione venne smentita perché si udì perfettamente.
Ah sì, anche perché una vocina gli rispose dietro di lui.
"Non sei sordo, ho semplicemente gettato un incantesimo sulla foresta."
Robert sobbalzò e si voltò, sorpreso.
Davanti a lui vi era un barbone vestito completamente di bianco.
Robert portò la mano al pugnale che sempre aveva legato alla cinta, pronto a difendersi dal possibile ladro affamato.
"Non sono un barbone."
"Ma hai una grande barba."
"Infatti sono un mago."
"La magia non esiste," replicò Robert, deciso a non lasciarsi abbindolare.
"Ti sbagli. La magia esiste nel sangue dell'antica dinastia degli Elfi ormai scomparsi dalla terra. Io ho solo poco sangue elfico dentro di me quindi la mia magia è debole."
Robert inarcò un sopracciglio ma il barbone non si fermò.
"Mi chiamo Olghin e sono qui per chiedere il tuo aiuto nel nome della Gilda degli antichi Elfi."
"Cioè è tipo un gioco di ruolo?"
"E' tipo una gilda degli antichi Elfi."
I due si guardarono in silenzio, per qualche attimo, studiandosi.
"Non mi chiedi perché ci serve il tuo aiuto?"
"Ho letto abbastanza romanzi per sapere che no, sarà meglio che io non te lo chieda."
Olghin si arruffò, indignato ma decise di insistere, sapendo che i discorsi di magia spaventavano le persone comuni e che la sua prossima affermazione avrebbe sconvolto il povero e semplice giovane davanti a lui.
"Tu sei un antico discendente della stirpe elfica. Uno dei pochi con il sangue davvero puro e dentro di te risiede una grande forze magica."
"Ti stavo quasi credendo quando mi hai detto che non volevi soldi!" sbottò Robert, sentendosi tradito.
"Ma no, cosa dici, ci serve il tuo aiuto magico non il tuo aiuto finanziario. Il Signore Oscuro sta espandendo il suo dominio a sud delle sue terre, verso questo nostro mondo. Ed è potente, molto potente."
Robert lasciò, infine, la presa sul pugnale e si massaggiò il mento, dubbioso. "Chi potrebbe chiamare il proprio figlio 'Signore Oscuro'?"
"Non è il suo vero nome. Quello lo abbiamo scelto noi."
"E perché, di grazia?" domandò il ragazzo, iniziando a stancarsi.
"Perché il suo nome è Jennifer. E lui è un uomo. Nessuno vuole avere un nemico uomo di nome Jennifer."
Robert McKenzie dovette ammettere che, effettivamente, avere un nemico di nome Jennifer non era molto onorevole ma il mago Olghin iniziava a irritarlo e solo per il gusto di ribattere, Robert replicò: "A me piacerebbe un nemico di nome Jennifer."
"Bene, allora prendi questo."
Il mago, inaspettatamente non disturbato dalle parole dell'altro, gli porse una collana con un pendente bianchissimo e tondo.
"E' una collana da donna."
"E' un amuleto magico che ti permetterà di sviluppare i tuoi poteri dormienti!" lo rimproverò il mago, continuando a tendergli il pendente, "Si chiama Rossilginy ma gli amici lo chiamano Ross."
"E' una roccia, non ha amici!"
La situazione, pericolosamente in stallo, venne ben presto riportata alla quasi normalità quando Robert decise di agire e fuggire definitivamente dal barbone.
Con un agile movimento, si abbassò fino a terra e raccolse una manciata di terriccio che gettò negli occhi del mago.
Il barbuto omone lasciò cadere il pendente e si portò le mani sul volto, nel tentativo di pulirsi dai detriti e non lasciarsi scappare il prezioso prescelto.
Purtroppo il prezioso prescelto riuscì a scappare.
Corse a perdifiato, rassicurato dal ritorno dei rumori della foresta, e continuò a correre anche giunto al villaggio.
Ovviamente si fermò per un baciamano ad Anissa, la bellissima fanciulla figlia del panettiere.
Anissa svenne felice.
Dopodiché Robert continuò a correre, guardandosi occasionalmente dietro le spalle, temendo il ritorno del mago.
Quando fu certo che nessuno lo stava inseguendo, Robert si fermò a prendere fiato, sedendosi per terra, appoggiato alle stalle del villaggio.
"Bobby, sei tu?"
Robert sorrise alla nuova arrivara, la bella Marie, sorella della sarta del paese.
"Per te posso essere chiunque."
"Oh, ma io non voglio chiunque, voglio solo Bobby," cinguettò Marie, beandosi del soprannome del giovane Robert.
Il giovane sorrise con fare affascinante e la sua dentatura bella e regolare, capace di conquistare qualsiasi donna.
"Vieni qui," la invitò Robert, porgendole la mano.
"Ho una cosa per te, prima," sorrise Marie, porgendogli un pacchetto marrone che Robert accettò con gioia.
Marie era famosa per la sua deliziosa abilità culinaria e per i manicaretti che spesso donava alle persone che più le andavano a genio.
Robert era ormai un grande conoscitore dei dolci di Marie.
Quel giorno, però, la borsina marrone non conteneva alcun dolce.
L'oggetto che Robert ne tirò fuori fu Ross.
"E' Ross!" esclamò il ragazzo, riconoscendo all'istante il medaglione.
La bellissima figura leggiadra di Marie sembrò svanire nell'aria, come un miraggio, mentre al suo posto appariva il barbone vestito di bianco.
"Lo chiami Ross! Significa che gli sei amico."
Robert, si alzò in piedi, inquietato e leggermente turbato.
"Assolutamente no. Ma non ricordo il nome intero."
"Bene, ora i tuoi poteri sono stati risvegliati. Dovrai venire con me, alla Gilda. Ti insegnerò tutto ciò di cui avrai bisogno per sconfiggere Il Signore Oscuro."
"Non voglio battermi con un uomo che si chiama Jennifer e temo che Ross funzioni un po' con l'effetto placebo perché io non sento proprio nulla."
Il mago scosse la testa, divertito dall'ingenuità del ragazzo. "Non essere sciocco-"
Ma Robert aveva tutte le intenzioni di essere sciocco. Si mise a tossire, violentemente e improvvisamente.
"Oddio, Robert, prescelto, cosa ti succede?"
"Penso di essere allergico a Ross," rantolò Robert, accasciandosi al suolo.
Ignaro dello stratagemma, Olghin si chinò preoccupato accanto a lui e proprio in quel momento, l'astuto Robert gli morse una caviglia e scappò di nuovo da un dolorante mago.
"Perché un fantasy? perché proprio un fantasy? Perché non un romanzo del romanticismo inglese?! Certo, alla fine dovrei suicidarmi ma almeno non dovrei saltare la colazione," piagnucolò l'intelligente Robert. "Ripensandoci, voglio un harmony. Voglio un harmony!"
Deciso, questa volta, a non fermarsi per nessuna cosa al mondo, continuò a correre fino a fuori dal villaggio. Si sarebbe inoltrato nella Foresta Nera. Nessuno entrava mai nella Foresta Nera e di certo Olghin non sarebbe andato a cercarlo fino a lì.
Ma ora siamo costretti a fare una piccola digressione. Anzi, due piccole digressioni.
Per prima cosa parliamo degli pteropodidi, ovvero i megachirotteri, detti anche pipistrelli della frutta. Infatti, il mondo di Robert era un vero e proprio paradiso per questi pipistrelli della frutta e ve ne erano in ogni dove, nonostante l'impossibilità ecologica di questa affermazione.
Esistevano almeno una quarantina di diverse tribò di megachirotteri, ognuna con il proprio territorio e le proprie abitudini.
Ma ora passiamo alla digressione interessante.
A miglia e miglia dalla Foresta Nera, si trovava il regno del Signore Oscuro, chiamato Zollio.
Zollio era un'ampia terra piena di steppa e bufali gioiosi e con una popolazione alquanto esigua. Jennifer aveva sempre regnato assieme alla moglie Clarissa nella capitale del regno: Torre Felice.
Un giorno però, la bella Clarissa aveva lasciato il marito, fuggendo con un marinaio dell'Oceano Maggiore (e successivamente aveva lasciato il marinaio per fuggire con una sirena).
La fuga della moglie aveva lasciato il povero Jennifer distrutto e affranto. L'uomo si era quindi dedicato anima e corpo ad accudire e viziare la figlioletta Morganella.
Morganella, nonostante tutto, sembrava essere incontentabile ma Jennifer faceva qualunque cosa per lei.
Era un giorno di febbraio quando Morganella, tornata dall'emporio, era salita in camera del padre per richiedere un giocattolo come regalo per il suo compleanno.
All'emporio aveva visto un bellissimo modellino dell'universo. Un vero capolavoro, con i pianeti appesi ai fili e il sole e la terra intera. Incantata dalla scientificità dell'aggeggio, Morganella aveva abbracciato il padre e gli aveva detto.
"Papà, per il mio prossimo compleanno vorrei l'universo."
Il padre, Jennifer, detto anche il Signore Oscuro, decise quindi di conquistare il mondo intero per conquistare l'amore della figlioletta.
E tutto per un piccolo malinteso.
Ma i megachirotteri sono belli. Davvero!