Visualizza versione completa : Racconti Il regno dell'Estate (Pierluigi Curcio)
Hastatus77
25-09-2009, 00.04.07
Nota di Pierluigi Curcio: Il seguente racconto è liberamente tratto da leggenda medievale del 1160 e dal seguente “Lai du Lanval” in Marie de France, Parigi, 1842
Nell’antica Britannia oramai abbandonata dalle legioni romane, si erse un guerriero di stirpe reale che portò unità sotto la bandiera del drago, unità e pace per più di cinquant’anni. Bardi e vecchi saggi ormai tramutati in polvere chiamarono quei giorni felici “Regno dell’Estate”, ma bardi e vecchi saggi sono sovente pagati da mani lorde di sangue innocente, quindi non prestate orecchio a fole per bimbi sperduti, ma lasciatevi condurre per mano nella storia di uno di questi cavalieri.
Luguvalium A.D. 530 festa di Pentecoste.
Il clangore delle armi attirò l’attenzione di Ginevra nel portico sottostante dove Lanval maneggiava con abilità una grossa spada di legno contro il cugino Gawain.
"Presta attenzione, non ho intenzione di lasciarmi gettare a terra nel prossimo torneo." Disse Gawain menando un fendente dall’alto verso il basso. Lanval evitò di parare il colpo spostandosi agilmente di lato e, quando la pesante spada sbilanciò l’uomo verso il basso passandogli innocuamente accanto, lo centrò con un pugno ben assestato alla mascella scaraventandolo nella polvere.
"Per tua fortuna, ci sei finito adesso, cugino … ma dovrai stare attento la prossima settimana davanti al Re." Esclamò contento il giovane Lanval.
Le risa dell’uomo salirono raggiungendo e rapendo il cuore della regina che stette per lunghi battiti del cuore ad osservare il petto nudo del guerriero.
Gawain levò gli occhi al cielo esasperato dall’abilità del parente e, nello scorgere Ginevra sugli spalti, rialzatosi agilmente afferrò la giubba dell’amico e, porgendogliela sussurrò "Metti questa … o Lancillotto avrà presto un nuovo rivale che non sia il Re."
Lanval stava per ribattere, ma questi rise forte senza alcun motivo apparente e si allontanò verso le scuderie … "Vuoi startene tutto il giorno lì impalato? Vieni, i cavalli hanno bisogno di una buona galoppata o metteranno troppo grasso sotto la pancia."
Il giovane seguì per un battito di ciglia lo sguardo del cugino sugli spalti, ma vide solo due guardie che pattugliavano il perimetro.
(Continua...)
Hastatus77
25-09-2009, 00.10.32
Il sole non aveva ancora raggiunto il suo apice quando in un angolo della sala dei banchetti illuminata dalle torce, un bardo cantava la storia di Pwyll e di come, rapito d’amore per la dolce Rhiannon, si fosse recato nell’Annwn per riportarla nel suo castello. La regina batté entusiasta le mani per poi sospirare impaurita e tremante quando l’Uomo Grigio si presentò alle nozze. Più di una volta lanciò sguardi infuocati verso il giovane cavaliere che, seduto accanto all’irrequieto Gawain, cercava di evitare che l’ancella afferrata dalla vita dal cugino gli finisse tra le braccia. Lanval emise un sospiro di sollievo quando vide il Re ergersi in tutta la sua potente statura imporre il silenzio con la forza del solo sguardo.
"Owain … vecchio cacciatore." Tuonò "Da quanto cammini al mio fianco?"
"Da quando il Myrddyn t’incoronò nel cerchio dei giganti, mio signore."
"Ebbene, per la tua fedeltà e per la benevola pace ottenuta sugli infimi sassoni nella battaglia di monte Camlan, per il manifesto coraggio dimostrato, ti sono concesse in dono le terre ed il feudo del regno di Cernyw! Tristan di Dummonia, bada bene a che i guerrieri di tuo padre rispettino confini e bestie, Owain non è un tenero vicino, ma la pace è stata concordata tra i nobili dodici quest’oggi e per mille anni ancora. Niente più lotte intestine, siamo un unico popolo e presto saremo chiamati a difendere nuovamente le nostre terre perché Horsa e Cerdic non si arrenderanno fino a quando non li avremo sommersi sotto quelle stesse onde che amano cavalcare."
Il boato d’approvazione si diffuse tra gli astanti.
"Quest’oggi non sarà solo Owain a gioire della mia generosità, miei cavalieri: avrai di chè gioire anche tu Tristan e tutti coloro presenti a questa corte." Ad un cenno, da una porta entrarono i servi ed ognuno recava seco un baule colmo di doni: gioielli, ori, atti di donazioni di terre e castelli. Il Regno dell’estate.
Lanval attese pazientemente che qualcuno gli si accostasse recandogli il suo presente. Circa un anno prima era stato costretto a vendere le proprie terre a causa del cattivo raccolto e della palese incapacità a mandare avanti una proprietà terriera. Riusciva a frequentare la vita di corte solo grazie ai premi vinti nei recenti tornei, ma era sempre più difficile riuscire a tenere armi ed armatura ad un livello di combattibilità elevato.
Pensava a tutte queste cose quando si accorse della mano di Gawain sulla propria spalla. Il sorriso era mesto, ma non aveva perso la luce divertita ed irriverente negli occhi.
"Vedrai, rimedierà in qualche modo, forse non sei stato l’unico a non ricevere nulla."
Ovunque Lanval guardasse, scorgeva risa e sguardi che lo puntavano divertiti, senza che nessuno avesse il coraggio di additarlo apertamente o prendersi gioco di lui. La regina Ginevra parlava ora col bardo e non si accorse del giovane cavaliere che, glaciale, attraversò la sala dopo aver fatto un cenno di riverenza verso la tavola reale ed aver ricevuto un cenno di consenso ad allontanarsi da parte dello stesso Re.
Lanval, in preda alla frustrazione corse nel cortile maledicendo mille e mille volte la propria sventura. L’ultimo torneo non si era concluso come prevedeva, adesso avrebbe dovuto arruolarsi come mercenario, magari per lo stesso re Mark, padre del giovane Tristan … pensava che mai e poi mai avrebbe smesso di razziare le coste del Cernyw, il novello regno di Owain ed avrebbe avuto bisogno di uomini.
Nonostante la rabbia che lo montava di battito in battito, strinse le cinghie del sottopancia con cautela, quindi montò con un sol balzo e partì al galoppo lasciando in un nido di polvere le guardie di sentinella al portone d’ingresso principale. Fece si che il sauro corresse a più non posso lungo l’antica strada romana che il Re aveva provveduto a lastricare nuovamente fin tutta la linea del vecchio muro voluto dall’imperatore Adriano, quindi lo costrinse al passo per poi inoltrarsi nella foresta. Stanco e spossato, camminò fino una fonte d’acqua sorgiva, lasciò che lo stallone si abbeverasse mentre egli, seduto su di una roccia, le mani poste sotto il mento, meditava sulla mala sorte che continuava a perseguitarlo. Cosa mai aveva fatto di male? Lo aveva servito e riverito e, mai e poi mai il suo era stato il comportamento di un codardo. Non fu forse Lanval a raccogliere lo stendardo del drago quando le orde sassoni sembravano aver ottenuto la vittoria? Non fu forse lo stesso Lanval a trasformare una rotta disperata in un’improvvisa e selvaggia corrente di marea contro l’intero esercito nemico? Chi aveva attaccato per primo? Lanval … e tutti si erano schierati in un imponente muro di scudi al suo fianco. Avevano retto l’impatto, combattuto e vinto. Dov’era Lancillotto in quegli istanti? Sotto le gonne della regina, sorrise amaro. Questo meditava quando un leggero chiacchiericcio attrasse la sua attenzione. Due fanciulle apparvero dietro le fronde come due piccole regine delle fate, indossavano entrambe mantelli con il rosso dei Cesari, ma quel che lo lasciò senza fiato fu la beltà e l’eleganza nell’incedere, sembrava quasi sfiorassero l’erba senza toccarne neppure la punta degli steli.
Si alzò imbarazzato per la sua stessa presenza, ma le due ragazze gli sorrisero per nulla stupite dell’incontro. S‘inchinò come il più nobile dei cavalieri e rimase capo chino, in attesa che le due pulzelle parlassero.
La maggiore, gli carezzò il viso e lasciò che le dita si poggiassero sotto il mento costringendolo ad alzare il capo ed a guardarla negli occhi.
"Mio signore." Cominciò. "La nostra padrona c’invia al vostro cospetto affinché siate condotto alla sua presenza. Non abbiate timore, ella sa quel che si cela nel vostro cuore e sazierà a piene mani il vuoto ch’ora lo colma."
Lanval si rialzò stupito dalle parole appena udite.
"Io non so chi sia la dama di cui parlate, dev’esserci senz’altro un errore. … io non … "
La ragazza gli passò l’indice sulle labbra. "Shh … venite con noi e non indugiate oltre, il tempo scorre veloce e presto sarà notte. Non è bene per la nostra signora soggiornare a lungo in questi luoghi."
Titubante, afferrò per le briglie il castrone e seguì le ragazze attraverso la boscaglia fino ad una piccola radura. Qui le pulzelle si disposero ai lati di una grande tenda invitandolo ad entrare.
(Continua...)
llamrei
25-09-2009, 11.10.17
.....Hastatus....sai, vero, che mi tocchi sul vivo e sai bene che ho una adorazione particolare per questo autore:D grazie per averlo qui proposto;)
zaffiro
25-09-2009, 14.11.21
Buongiorno sir Hastatus,grazie per il vostro operato,e buona giornata a Camelot.
Scorrevole e gradevole racconto,se posso esprimermi in merito,in cui trionfano amore e verità.In alcuni tratti,seppur in modo molto sottile,si scorgono gli aspetti dominanti della poetica di Marie de France,il gusto per il "merveilleux" e le "sfumature del tema dell'amore".Credo che l'autore abbia il pregio di aver reso attuale una storia che serba tratti epici,grazia e chiarezza di composizione come imperversano in tutte "les Lais"di questa donna,prima donna poetessa del filone letterario della letteratura cortese.
Molto apprezzabile la tempra del cavaliere Lanval addolcita,quasi a proclamarlo eroe, dalla sublime sacralità della sacerdotessa Vivien.
Ottimo suggerimento per chi idealizza i sentimenti e sacralizza le relazioni amorose,lasciando vigere sempre il rispetto di se stesso.
Buon proseguimento di lettura.
Hastatus77
25-09-2009, 14.35.06
Il giovane Lanval, rimase senza fiato, mai e poi mai aveva immaginato di poter ammirare tanta beltà e ricchezza. Le colonne che sorreggevano la struttura erano d’oro massiccio, sicuramente la dama che lo aveva convocato doveva essere certo più brutta della morte, non poteva avere così tanta fortuna e, senza altro l’impresa per la quale lo aveva convocato doveva essere delle più perigliose: la morte di un marito da vendicare se gli fosse andata bene, o la testa di un drago che osava infestare un villaggio sperduto chissà dove.
Sempre più esitante mosse lentamente un passo dietro l’altro fin l’entrata del padiglione sotto lo sguardo divertito delle due fanciulle.
La dama stava distesa su di un finissimo e decorato triclinio con indosso una lunga tunica che però non impediva di scorgere le forme aggraziate e voluttuose che trasparivano nonostante l’abbondanza della veste. Lanval deglutì faticosamente e mosse silenzioso ancora qualche passo godendosi il momento in cui ella parea ancora ignara della sua presenza.
Inciampò sbadatamente su di un bellissimo ed enorme tappeto che mal aderiva alla formazione scoscesa del terreno. Ella si voltò e gli sguardi s’incrociarono accendendosi di fuoco per un battito del cuore, poi ella afferrò precipitosamente un bianco manto d’ermellino gettandoselo sulle spalle, senza tuttavia coprire del tutto il fianco scoperto e la lunga gamba che ciondolava distrattamente dal triclinio. Si alzò precipitosamente stringendo il mantello sul petto, osservando trepida il cavaliere fermo poco innanzi alla soglia.
"Venite, venite pure avanti, mio cavaliere."
L’uomo si gettò ai piedi e, chinato il capo disse.
"Mia signora, non conosco il nome benedetto sotto cui camminate sulla terra resa più luminosa dalla vostra presenza, ma chiedete e farò qualunque cosa sia in mio potere per rendervi felice."
"Oh, mio caro e dolce Lanval …"
L’uomo inarcò un sopracciglio con fare interrogativo nell’udire il proprio nome uscire dalle carnose labbra della dama.
"E’ voi che cerco … è voi che bramo a dispetto dei grandi e potenti uomini della terra. Mai in tutta la vita ho veduto uomo più onesto e coraggioso della vostra persona. Sedete pure accanto a me e lasciate che vi stringa le mani, se le parole da voi pronunziate poc’anzi son veritiere."
Lanval si lasciò guidare sui cuscini del morbido triclinio e, ricambiando l’appassionata stretta, chiese.
"Fortunato son io nell’udir tali parole, mia dolce pulzella, ma come può, ella conoscer il nome mio?"
"C’è un isola ad ovest di queste terre, un’isola che il tuo Re ben conosce e nella quale sono celebrati riti d’amore e purificazione. Il Re Pescatore, mio padre, regna sovrano incontrastato e tutti coloro che giungono sui perigliosi scogli, compreso il tuo signore, sono soggetti alla sua autorità. Il buon Galahad mi parlò tanto di te ed io, usando il catino che vedi in quest’angolo, ho spiato la tua vita per mesi, prima di capire quanto fossi innamorata."
"Pazzesco suona tutto ciò all’udito mio, ma non al mio cuore, perché se voi avete capito d’amarmi dopo avermi visto in uno specchio d’acqua, so che mai e poi mai potrò fare a meno della vostra presenza per tutti i giorni a venire." Le disse baciandola teneramente sulle labbra, poi, sul volto rigato dalle lacrime felici di lei.
Si amarono lungamente per ore e di certo il buon Lanval avrebbe goduto ancora della sua presenza, ma, poco prima il sopraggiungere del tramonto, ella disse.
"Mio buon cavaliere, mai nella mia vita scorderò l’ardore delle vostre labbra e l’audacia delle vostre mani."
"Non dite così, mia buona dama che il cuore mio si spezzerà e non avrà più pace. Lasciate che venga con voi."
"Non è ancora possibile amor mio, ma prendi questo magico catino ed ogni qual volta vorrai vedermi, riempilo con mezza brocca d’acqua ed invoca intensamente il mio nome, allora saremo di nuovo insieme e potremo godere ancora dei nostri corpi."
Lanval la guardò incerto se credere alla fola che aveva appena udito, ma ella insistette così tanto che, col cuore spezzato, pensando ch’ella fosse in realtà pazza, accettò a malincuore il dono.
"Non fare così, mio buon cavaliere ed abbi fede nelle mie parole, quando sentirai il bisogno della mia presenza, fa ciò che ti ho detto e nulla m’impedirà d’apparire al tuo cospetto."
Baciata ancora una volta la donna, il giovane si vestì velocemente con nuovi pregiati abiti sotto le risa divertite di lei.
"Mi ami?" Chiese lui serio.
"Ti amo, amor mio, non sarai più solo, credimi e … non ti lascerò andare a mani vuote. Prendi quel sacco." Disse indicando in un angolo del padiglione. "Contiene abbastanza oro perché tu possa comprare nuove terre e nuova dimora, senza che tu abbia più a soffrire della dimenticanza del Re tuo, ma bada … non dovrai mai rivelare a nessuno del nostro amore e da dove provenga la tua fortuna, o la rovina cadrà su di noi e non potrò più apparire quando invocherai il nome mio." Gli sfiorò la guancia con una carezza "Credimi non è una fola per bimbi. Mio padre volle chiamarmi Vivien … tienilo ben stretto nel tuo cuore. Nell’isola di Avalon dove vivo ogni è cosa è possibile e, ricorda bene: io sarò sempre al tuo fianco."
"Lo farò amor mio, lo farò." Diss’egli mentre una lacrima gli solcava il volto pavida del distacco oramai prossimo.
Le tenebre calarono veloci e Lanval seduto sul destriero, si voltò un’ultima volta per mirare la fanciulla ferma sulla soglia.
Cadde quasi da cavallo quando vide la radura vuota. Nessun padiglione. Nessuna fanciulla. Solo il sacco ed un catino d’oro appesi sulla sella del suo destriero.
Mesto forse più di quand’era partito, tornò a Luguvalium dove fu accolto dal giovane Gawain e dai compagni.
"Dove sei stato Lanval? … Suvvia, oggi è la festa della Pentecoste e Nostro Signore è salito al cielo portato dagli angeli al cospetto del Padre Suo … dobbiamo essere felici."
Lanval l’ignorò.
"Non prendertela, cugino mio. Sei ancora nel cuore del tuo Re, non c’è cavaliere più valente di te su questa terra e lo dimostrano i tuoi nuovi abiti, dove li hai presi? Il Re si è forse ricordato del mancato dono?"
"Amico mio, per il bene che mi vuoi, non fare domande, ma hai ragione … è un giorno di festa ed è giusto essere allegri, allora portami un buon vino ed il buon Stivell … sono curioso di sentire come si è concluso il canto sul prode Pwyl … è poi riuscito a sposare la misteriosa donna ed a sconfiggere gli stessi dei?" Nel pronunciare quelle parole, la saliva gli andò di traverso e cominciò a tossire sotto le risa divertite dei compagni.
(Continua...)
Hastatus77
26-09-2009, 12.55.21
Trascorsero i giorni e l’oro della misteriosa signora procurò al prode cavaliere un nuovo castello ed una mandria di cavalli che avrebbe addestrato personalmente per la guerra. Non era un agricoltore e questa volta fece tesoro delle proprie abilità ed aspirazioni. Il tempo trascorse lento mentre Lanval covava la segreta speranza di poter rivedere Vivien … solo sussurrarne il nome gli provocava brividi di piacere lungo la schiena ed il fiato diveniva corto … sussurrare il suo nome. Scese come una furia da cavallo ed entrò nell’enorme castello vuoto che aveva comprato. Attraversò la sala d’armi e si precipitò per uno stretto passaggio su per le scale fino la propria stanza. Frugò nel grosso baule, spargendo per la camera cotte di maglia, giavellotti ed armi di ogni sorta. In fondo, coperto da un panno di pelle di daino, stava il catino donatole dalla dama.
Lo afferrò con mani sicure, poi incerte … ed ancora una volta sicure. Vi versò il contenuto di metà brocca d’acqua e si concentrò così tanto sul viso dell’amata che gli sembrò di scorgerne i lineamenti tra le piccole onde destate dal tremore della sua mano, ne invocò il nome così intensamente da essere quasi sicuro di poter avvertire il profumo della sua pelle. Stette immobile nella stessa posizione per lunghi battiti del cuore, poi, stanco poggiò il catino sulla panca al suo fianco, lo sguardo fisso sulla parete bianca.
"Credi adesso alle mie parole?"
Lanval si voltò di scatto alzandosi repentinamente. Ella stava lì, in piedi innanzi e sorrideva felice.
Il cavaliere le si precipitò in ginocchio stringendole con le grossa braccia i fianchi, poggiandole il capo sul ventre.
"Perdonatemi se ho dubitato. Perdonatemi!"
"Non hai dubitato, mio giovane amore, o io non sarei qui in questo battito del cuore."
Colmo d’amore e passione, Lanval la sollevò tra le braccia per poi adagiarla delicatamente sul soffice letto di piume d’oca.
"Chi sei tu?" Le chiese
"Io sono ciò che sono: io sono amore e tutto ciò che di buono può capitare nella vita di un eroe, mio amato."
Si baciarono intensamente, poi le mani di entrambi si mossero frenetiche ed ansiose di liberarsi degli ingombranti vestiti.
Ogni sera ed ogni qualvolta Lanval sentiva la necessità di rivedere la misteriosa fanciulla, l’invocava tramite il magico catino ed i due parlavano, parlavano e facevano l’amore felici della reciproca presenza.
Un dì del mese di Luglio il forte Gawain si presentò al castello del cugino. Accolto dai servi, fu condotto al recinto dei cavalli dove Lanvall cercava di domare un enorme castrato nero.
"Ti farà a pezzi se cercherai di montarlo …" Esordì gioviale.
"Non ci penso nemmeno amico mio, almeno non ancora. Lasciati abbracciare." Disse voltandosi.
"Ti trovo bene, quindi le voci giunte a corte sono solo stupide fole."
"Non so di cosa tu stia parlando … il bottino di guerra, la vendita delle precedenti terre e … qualche vittoria nei tornei, mi hanno permesso tutto questo. Guarda: niente terre da coltivare che vadano a male a causa della siccità o di un’inondazione, ma cavalli, grandi cavalli da guerra che il nostro Re comprerà quando la prossima primavera cominceranno le nuove scorrerie. Non ci mancano gli avversari: pirati irlandesi, scoti, pitti … ed anche sassoni, se avranno il coraggio di presentare il loro brutto muso sulle nostre coste."
"Sei ottimista e me ne compiaccio … ma non sono latore di buone notizie. Il principe Tristan ha rapito la giovane promessa al padre, Re Mark, ed ora questi è su tutte le furie. Dice che lo sventurato si è rifugiato nel Powys e solo l’autorità esercitata dal nostro Re potrà ricondurli con le buone o con la forza alla casa paterna."
Lanval stette, capo chino, pensieroso per lunghi battiti del cuore. "Re Mark … è stato sposato almeno dieci volte e tutte le consorti sono morte dopo pochi anni. Sono certo che Tristan ami veramente questa donna. Cosa pensi gli accadrà?"
"Nulla di buono … Se ella è ancora vergine, probabilmente l’esilio, ma se l’ha fatta sua, sarà morte per entrambi."
"Ed io? … Cosa sei venuto a chiedermi?"
"Cavalli per il viaggio e che tu ci accompagni nel tentativo di far rinsavire quel giovane puledro. Mi è simpatico e più di una volta si è unito ai nostri eserciti contro il nemico. E’ solo grazie al suo appoggio che la Dummonia è ora nostra alleata, non credo che il nostro Re lo lascerà nelle grinfie di Mark."
Scuro in volto, Lanval disse "Ti accompagnerò a corte, ma solo per vendere i cavalli, poi tornerò al mio castello. Ho un triste presentimento e … come tu stesso dici, Tristan è nostro amico."
"Un motivo in più per aiutarlo …"
"Un motivo in più per non mettere una pietra sulla sua tomba. E’ Re Mark che regna e non Tristan, temo che il nostro Signore lo consegnerà comunque nelle sue mani."
"Come osi pensare che possa essere complice o solo ordire una simile malvagità?"
"Mio buon Gawain … ti sei lasciato irretire anche tu dalle fole dei bardi? Guardati intorno: dicono che siamo nel Regno dell’Estate, ma la gente continua a morire ogni giorno ed il nostro Signore è solo un uomo, un uomo che lotta per tenere legati gli uni con gli altri tutti i regni di Britannia. Credi che comprometterà tutto per le sottane di una giovane principessa o per la fedeltà di un suo suddito? Hai visto tu stesso come è stato pregno di ricompensa nei mie riguardi, ma non me ne dolgo. Sono un uomo felice anche senza gli avanzi del Re. No, cugino, non parteciperò ad una nuova infamia buona solo per altri canti."
"Accompagnami a corte almeno, fa che tutti vedano che il buon Lanval è in buona salute. La Regina chiede spesso di te, ma nessuno ha certe notizie, neppure io che tra tutti sono il più caro."
(Continua...)
Hastatus77
29-09-2009, 14.28.35
Partirono il giorno seguente per raggiungere Luguvalium nel tardo pomeriggio. Pellinor e Bors li attendevano sugli spalti ed agitarono felici le mani in alto per attirare la loro attenzione. Lanval rispose alzando il pugno destro verso l’alto come a voler colpire l’aria, lanciando il suo grido di battaglia. Le sentinelle sugli spalti risposero subito al richiamo di colui che li aveva guidati alla vittoria. Un brivido gli corse dietro la schiena.
La regina, dalle sue stanze, udì il frastuono e tosto chiamò l’ancella affinché s’informasse cosa stesse accadendo. Tornò pochi battiti del cuore dopo.
"Mia signora, il giovane Gawain è tornato a corte ed il prode Lanval l’accompagna."
La donna si alzò di scatto e, fatto un cenno repentino alla serva, le ordinò di seguirla.
Nel frattempo, giunti nel cortile delle armi, i cavalli furono presi in consegna dallo stalliere che provvide a rinchiuderli in un recinto appena costruito per l’occasione.
"Diventerai un uomo ricco con la vendita di questi splendidi cavalli."
Sentenziò Bors
"Lo è già …" Continuò Gawain … "Dovresti vedere il castello che si è costruito, una vera reggia."
"Non l’ho costruito io, era vecchio e mal ridotto quando l’ho comprato" Si schermì Lanval.
Gawain gli batté una pacca sulla schiena "Guarda!" Disse indicando due soldati che si allenavano coi bastoni d’esercitazione. "Ti ricorda qualcosa?"
"Non vorrai finire ancora una volta nella polvere, cugino …"
"No, non io. Questa volta ti batterai con Bors, sono stanco di prendere botte, ma sono curioso di vedere come te la caverai con un vecchio orso come lui." Disse soppesando un’asta e lanciandola verso il vecchio guerriero che l’afferrò al volo facendola roteare abilmente tra le mani.
"Accetta la sfida giovane cucciolo, sono impaziente di saggiare la tua tanto decantata abilità sulla mia pelle … se riuscirai a colpirmi."
Lo scroscio di risa si diffuse nel cortile ora pieno di giovani dame ed altri cavalieri attirati dalla giocosa contesa.
"Come tu desideri, vecchio cavallo … come tu desideri."
Prese un lungo bastone e lo soppesò cautamente. Compiuti alcuni passi per allontanarsi dagli spettatori, lo fece roteare velocemente tra le mani. "Credo che questo vada bene. Quando vuoi, amico mio."
I due contendenti girarono in tondo scrutandosi negli occhi in cerca di un facile varco dove portare il primo colpo. Bors scattò improvvisamente il braccio in avanti facendo scorrere la lunga pertica sin quasi l’impugnatura lungo il palmo della mano, per poi piegarsi simultaneamente in basso cercando di spazzare le gambe dell’avversario che, intuita la lenta mossa, saltò facilmente l’ostacolo impugnando l’asta orizzontalmente con entrambe le mani per poi atterrare dietro le spalle dell’uomo.
"Dovrai fare di meglio per riuscire a sorprendermi." Le risa scoppiarono scroscianti dalle bocche degli spettatori innervosendo il grosso guerriero.
"Non siamo che all’inizio, ragazzo mio, vediamo cosa pensi di questo!" Saettò questa volta il bastone di punta verso il petto, Lanval si spostò sulla destra evitando ancora una volta l’impatto, ma non il gancio sinistro d’incontro dell’avversario. Indietreggiò vagamente stupito della botta ricevuta.
"Dai che ce la fai Bors, ho scommesso su di te questa volta!" Gawain osservava i due eccitato, movendo il busto come se stesse schivando egli stesso i colpi dei combattenti.
Bors pensò di approfittare del leggero intontimento di Lanval e caricò roteando il bastone cercando di colpire da tutte le direzioni, ma ogni tentativo s’infranse davanti l’esperta difesa del guerriero.
"Non sei stanco, vecchio? Non vuoi neanche un sorso d’acqua?"
"Che gli dei ti maledicano!"
"Attento a quel che dici, cavaliere … abbiamo un solo ed unico Dio in questa terra, bada che la tua blasfemia non giunga agli orecchi del Re."
Intimidito, l’uomo si voltò per vedere quanti potessero aver ascoltato le parole del giovane, ma nessuno parea averci fatto caso. Si rivoltò per riprendere la lotta giusto in tempo per ricevere un colpo potente come una mazzata tra il collo e la spalla. Bors si piegò urlante sulle ginocchia.
"Allora, ti arrendi?" Lo sovrastò Lanval.
Bors fece per alzarsi, ma Lanval, posta la pianta dello stivale sul petto dell’uomo, lo spinse fatidicamente all’indietro tra le risa generali.
Gawain lo aiutò a rialzarsi. "Ti sei fatto battere con un trucco."
"Io … "
"Stà zitto che è meglio …"
Invece che disperdersi, la piccola folla dilagò nel giardino ed ogni cavaliere prese a conversare con una dama. Lanvall si guardò intorno non molto a proprio agio, quindi, memore del suo amore, si tenne in disparte in attesa che Gawain lo accompagnasse nelle stanze che l’avrebbero ospitato fino al giorno successivo.
Si sedette su di una balla di fieno ed osservò con occhio critico i cavalli del Re, pensando a quali incroci avrebbero reso la razza più forte e combattiva. Perso in cotal pensieri, neppur s’avvide della dama che si apprestava a sedere al suo fianco.
"Mio caro e valoroso Lanvall, sembra gradiate più la compagnia delle bestie che la mia."
Il giovane si mostrò assai stupito di trovarsi accanto la Regina Ginevra che, afferratagli la mano, se la strinse forte sul nudo petto.
"Avete combattuto bene"
"Ho solo avuto fortuna, mia signora." Disse ritraendosi come se avesse toccato un ferro bollente.
"Cosa fate, cavaliere? Non avete alcunché da temere, giacché sappiate che da tempo avete un caro posto nel mio cuore."
"Pensavo che dopo il Re, il vostro campione Lancillotto fosse l’uomo più fortunato di questa terra, maestà. L’onore che ella mi fa è troppo grande per un rude domatore di cavalli qual io sono."
"Mi stupite … io vi dichiaro il mio amore e voi mi parlate di cavalli? Io, vi offro la mia amicizia ed il mio cuore e voi mi respingete parlandomi di messer Lancillotto?"
"Mia signora, levate dal volto la tenebra che or l’avvolge. Servo il mio signore da troppi e troppi anni perché possa pensare anche solo per un battito del cuore di mancargli di rispetto … ed io non l’amo, così come ella non ama me, per cui … "
Si alzò e, voltatele le spalle, sparì nelle scuderie.
Ginevra gli corse dietro e afferratolo con le unghie da un braccio, lo rimproverò aspramente "Mai ebbi umiliazione più grande. Dicono che i valletti del vostro castello siano particolarmente abili e succulenti, ma poco adatti ai vostri giochi d’amore pervertito … dicon bene quanti affermano che voi non bramiate donna alcuna, stupido uomo senza onore. Il mio Signore mal s’affida a maledetti come voi, ma presto aprirà gli occhi ,oooh se li aprirà e per voi, sarà solo rovina e dannazione."
Lasciò la presa strappandogli la tunica della camicia e, voltatasi un’ultima volta con sguardo di fuoco rovente, lo colpì in pieno viso con uno schiaffo.
"V’è più amore in un sasso che nel vostro cuore, miserabile donna infedele. Io amo, amo la più bella delle donne e voi, miserabile sgualdrina, non siete degna neppure di toccare il velo delle sue ancelle per quanto esse son delicate e pure."
Un nuovo schiaffo si apprestò a colpire il viso del giovane per essere, questa volta, bloccato a mezz’aria. "Mai più toccherete il mio viso, né con carezze, né con gli artigli del demonio."
La regina scoppiò in lacrime e si ritirò seguita dalle ancelle nei propri appartamenti.
Gawain si avvicinò all’amico. "Cos’è accaduto, cugino?"
"Nulla di troppo importante, la regina pensava d’aver trovato un nuovo “campione”, ma sbagliava."
"Ammiro la tua fedeltà, cugino, ma d’ora innanzi guardati le spalle, perché ella tramerà per il tuo male."
"Domattina tornerò a casa e lì non potrà accadermi nulla se non essere disarcionato dal “nero”."
Gawain rise, poi disse serio "Sempre deciso a non accompagnarci nel Powys?"
"Sì … amo Tristan come un fratello ma non entrerò nei giochi mortali di Re e regine."
(Continua...)
Hastatus77
01-10-2009, 14.24.38
Si sbagliava il povero ragazzo. La stessa sera tra morbide lenzuola, Ginevra tesseva la sua vendetta. Il sovrano, entrò nella camera nuziale e, trovandola stesa sul letto, prona ed in lacrime, tosto s’affrettò a prestarle soccorso.
"Cosa accade, mia diletta? Suvvia, ditemi il perché di questa profonda tristezza." Le poggiò una mano sulla spalla e la costrinse a voltarsi delicatamente. Ella trattenne per alcuni battiti del cuore il pianto, poi scoppiò in singhiozzi gettandoglisi tra le braccia.
"Cosa accade, mia signora? Non sei forse tu la Regina? Chi avrebbe mai l’ardire di provocare il tuo dolore e la mia ira?"
Ella si ritrasse debolmente ed alzò il viso per poterlo guardare ben negli occhi.
"Un cavaliere a voi ben noto, mio signore …"
"Suvvia, non lasciatemi in attesa, cosa ha fatto mai questo marrano per provocar un simil danno?"
"Quest’oggi è giunto al castello per vender cavalli e poi si è battuto per giuoco col buon Bors ed ha vinto."
"Non v’è nulla di male in questo…"
"Lasciatemi concludere, vi prego … Non so cosa gli sia accaduto, ma colmo di boria ed invidia nei vostri confronti, avendomi veduta sospirare per un forte colpo che avea ricevuto al capo, finita la lotta, mi condusse con l’inganno nei pressi delle scuderie e lì ha cominciato ad insultarmi e premeva che lo seguissi all’interno perché fossi da lui montata come una puledra e …"
"E …? C’è altro da dire? Queste sole parole meritano la morte per mia stessa mano e senza alcun giudizio! Dov’è il fellone in questo momento?"
"Egli diss’ancora di aver un’altra amante di maggior beltà e splendore e per questo avrei dovuto esser onorata delle attenzioni sue. Aggiunse ancora che non ero degna neppure delle ancelle di lei. Oh mio signore quanto umiliazione!"
Due giorni dopo, consultatosi coi suoi baroni il Re mandò a chiamare il giovane Lanval che nel frattempo versava in un profondo stato di prostrazione. Difatti, aveva egli rivelato d’avere un’amante e d’allora aveva perso il sonno davanti il catino d’argento, senza che riuscisse a far apparire la dolce Vivien. Pianse e maledisse mille volte la regina e la propria impulsività.
Bors entrò negli appartamenti senza essere annunciato, ma la cosa non turbò più di tanto, il giovane conosceva l’irruenza dell’omone.
"Mi dispiace, Lanval … devi seguirmi. Ordine del Re."
"Quale disgrazia incombe su di me, amico mio? Ho già i miei problemi, lasciami stare, non verrò a recar onta al nome mio ed a quello del mio amico Tristan … la Dummonia meriterebbe ben altro governante che il vecchio maiale che ora regna."
"Il viaggio è stato rinviato a tua causa, Lanval. Dovrai rispondere delle insolenze rivolte al Re ed alla Regina."
… "Cos …" Ad un cenno di Bors due uomini l’afferrarono dalle spalle costringendolo a piegarsi in avanti, quindi gli legarono i polsi con robuste corde.
"Proprio tu, mi fai questo, Bors?"
"Io obbedisco agli ordini, nulla più."
"Ma cosa dicono che abbia fatto mai?"
"Lo scoprirai presto amico mio e probabilmente perderai la testa per questo."
(Continua...)
Hastatus77
02-10-2009, 14.25.47
Il pomeriggio stesso ricevette la visita del Re nei sotterranei della torre dei dannati.
"Or dunque, messere, non vi ho forse io ospitato giunto voi da terre lontane? Non vi ho forse concesso l’onore di cavalcare al mio fianco e battervi per la giusta causa? E’ così che ripagate la mia fiducia?"
"Non so ancor cos’abbia commesso per meritare tale sventurata condizione." Rispose indicando i ceppi che gli impedivano di allontanarsi di più di due passi dagli stessi.
"La Regina Ginevra mi ha riferito del vostro tentativo di farle violenza … e già questo basterebbe a chè io vi spicchi la testa dal collo in questo preciso battito del cuore, ma altre accuse infestano il vostro nome … dicono amiate la compagnia dei pulzelli invece che delle giovani dame. Dicono tramiate col demonio e che una giovane strega v’infesti il letto ogni notte. Dicono ancora che vi siate vantato che questo demonio e le sue schiave splendano di beltà e virtù mille e mille volte più della stessa regina che uguali non ha in tutta la terra, dicono che …"
"Non un’altra parola su colei che amo …" Scattò Lanval all’in piedi e solo le catene gl’impedirono d’aggredire il Re.
"Ella è la più dolce e soave di tutte le creature del creato ed io lo ribadisco qui innanzi a voi, così come pure le sue ancelle. Se solo le poteste vedere capireste quel che voglio dire …" La voce gli si spezzò "ma io, ultimo tra gli ultimi ho perso il suo amore per averne svelato l’esistenza, tradendo il segreto che avevo con l’amata. Non più ella visita la mia casa, non più potrò stringerle la mano e carezzarle i biondi capelli … Cieco di rabbia respinsi la corte della regina e l’insultai difendendo il mio ed il vostro nome, che mai s’abbia dire che Lanval il prode abbia tradito il suo signore. Mi rimetterò al giudizio dei baroni che ben mi conoscono e sanno quel che alberga nel cuore della donna che vi ha reso cieco. Già una volta fu portata in giudizio e già una volta il suo amante la salvò."
Il colpo arrivò atteso, ma Lanval non fece nulla per evitare il pugno che gli ruppe il naso.
"Avete sfogato la vostra rabbia, mio signore, ma non credo che la ferita che avete nel cuore potrà sanarsi prima che la cartilagine del mio naso si ricomponga. Io vi sono amico e suddito fedele."
Il Re se ne andò furioso sbattendo la grata della cella. Convocò i propri baroni che lo convinsero a rilasciare il giovane se egli avesse trovato pur solo un garante che ne impedisse la fuga.Sul suo onore di cavaliere, Gawain, Bors ed i compagni si fecero innanzi ed a loro il prigioniero fu affidato. Lo ricondussero al proprio castello dove il misero non cessava di disperarsi a causa della propria sorte. Se anche avesse superato il giudizio del Re, non sarebbe più rimasto nel Regno dell’Estate, ma avrebbe attraversato le tenebre ed i mari più insidiosi per cercare di raggiungere il suo amore. Vivien aveva parlato di un’isola. Per l’amore che provava sarebbe giunto sin le colonne d’Ercole pur di ritrovarla. Gli amici e tutti coloro a cui aveva elargito doni da quando aveva ricevuto l’immensa fortuna dalla signora, non cessavano d’andarlo a trovare per assicurarsi che non commettesse qualche atto scellerato.
Il giorno del giudizio, Lanval fu condotto al cospetto del Re e di cento dei suoi baroni nel cortile delle armi, tutti rimasero costernati ed increduli innanzi le accuse mosse e tentarono più volte di far rilasciare il giovane senza che andasse a giudizio, ma invano. Il Re bramava una punizione che lasciasse illesa la reputazione sua e della consorte.
La regina interloquì brevemente col Re, dopodiché egli si alzò e prese la parola. "Noi tutti saremmo ben lieti di credere alle parole di questo giovane fellone, ma dove le prove? Che egli conduca la dama misteriosa od anche una delle sue ancelle, così che noi si possa giudicare del loro splendore e del suo dichiarato amore. Solo così cadrebbero tutte le accuse."
Lanval gridò … "Mai e poi mai, ella verrà in mio soccorso dacché un patto d’amore vincolava i nostri segreti incontri ed io l’ho infranto per difendermi da vomitevoli accuse di sodomia. Prendete le mie terre ed i miei cavalli, il mio castello e la mia fortuna, se è questo che in realtà bramate, ma lasciate che io parta per mare affinché raggiunga la sua isola e possa farmi perdonare l’onta recatale, foss’anche con la morte. L’accetterei di buon grado se fosse la sua mano a spiccarmi il capo dal collo, perché l’amo ancora, come e più di prima."
Le dame piansero a cotal parole, ma il Re si alzò prontamente. "A giudizio!"
In quel mentre fecero ingresso nel guardino due splendide ragazze su splendidi cavalli dal bianco manto e tutti si voltarono a mirar la beltà loro.
Gawain si accostò al prigioniero. "Dimmi cugino, son forse loro le damigelle di cui parli, o fra loro v’è forse la dama tua? Perché in verità non ho mai veduto in vita mia nulla di più bello e raffinato."
Le dame si avvicinarono al palco ed offrirono doni ed onori al sovrano chiedendo che fossero preparati gli appartamenti più belli per la loro signora, che presto sarebbe giunta a far visita al lontano parente.
Infastidito per l’interruzione, il Re comandò che tutto fosse preparato così come le due dame avevano richiesto e insistette affinché il giudizio riprendesse. Ginevra sembrò fremere di rabbia quando i baroni e tutti i presenti si voltarono ancora una volta all’ingresso della più bella dama avessero mai veduto: vestita di una semplice tunica di lino bianco, una cintura le cingeva i fianchi così che risaltasse l’esile figura. Il bianco cavallo condotto da un elegante paggio innanzi al palco dove il Re osservava estasiato il falcone che ella teneva sul braccio.
Lanval fremette e pianse silenzioso nel distinguere i lontani lineamenti.
"E’ lei? Dì … è lei?" Insistette Gawain, ma egli non rispose perso estasiato nell’altrui figura.
"Sire!" Cominciò ella. "Ascoltatemi, io ho amato un tuo cavaliere e Lanval è il suo nome. Non sia che egli venga giudicato per le sue parole innocenti e veritiere, mai e poi mai cercò l’amore della tua regina bugiarda e se, del vanto che egli ha fatto della mia persona, con la mia intercessione potrà essere salvato, che sia subito liberato."
La regina sbiancò in viso nel riconoscere nella donna, Vivien, una delle sacerdotesse di Avalon e del sacro calice.
I baroni e quanti addentro nei misteri emisero per acclamazione il giudizio di libertà. Le ancelle uscirono dal castello e attraversarono nuovamente il cortile, seguite poco dopo dalla signora.
"Addio, cugino mio." Disse Lanval abbracciando Gawain. Detto questo, corse verso il grande piedistallo che i cavalieri usavano per essere issati sulle loro cavalcature e, quando la dama vi passò accanto, saltò in groppa dietro le sue spalle stringendole la vita grato della sua presenza e del suo amore.
D’allora di loro non si seppe più nulla, se non che trascorsero l’intero corso della vita sull’isola di Avalon, bianca meretrice dei nostri sogni di gloria di miseri mortali.
(Fine del racconto)
Postilla di Pierluigi Curcio: In un giorno d’autunno, su una scogliera di una terra lontana, oggi chiamata Cornovaglia, ma un tempo conosciuta come Dummonia, la perfidia dei Re, mise fine alla tragica storia d’amore tra il prode Tristan e la giovane Isotta … nel Regno dell’Estate.
Dubricius
05-12-2009, 21.24.22
E' un onore per me star qui e poter postare i miei racconti su Artù ed i suoi cavalieri se vuoi posso tentare di buttarne giù un terzo ...
Hastatus77
06-12-2009, 12.21.24
Come vuoi. Per noi sarà sicuramente un piacere leggere i tuoi racconti.