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Gouf osservò i rami cadere mozzati a terra.
Fissò poi Melisendra, con ancora il sapore della bocca di lei sulla sua. “Cosa cerchi ancora qui, cavaliere? Dimmelo!” Disse quell’uomo avvolto nel suo nero mantello. “Sono qui per prendere la donna e…” Gouf lo fissò con odio “… la tua vita!” “Stolto mortale…” ridendo l’oscuro signore “... credi che quell’armatura possa davvero proteggerti in eterno? Se il mio piano è fallito è solo perché questa sciocca donna è stata incapace di attuarlo! Ma presto me la pagherà...” Gouf spostò in un attimo lo sguardo verso Melisendra, per poi portarlo di nuovo su quell’uomo. “Voglio quella donna…” mormorò il cavaliere. L’uomo si abbandonò a quella sua delirante ed agghiacciante risata. “E’ stata lei a tentare di ucciderti, cavaliere…” disse “… lei ti ha tradito...” Gouf lo fissava senza tradire emozioni. “Ed ora sarà lei a dirti cosa vuole…” continuò l’uomo “… avanti, Melisendra… diglielo… digli che verrai con me di tua spontanea volontà…” In quel momento un volto, un nome attraversò la mente ed il cuore di Melisendra… Uriel. “Si… verrò con te, mio signore…” Quel ricordo, come un lampo, tornò ad infiammare per un attimo Gouf. Le si avvicinò allora e prese il polso di lei fra le sue mani. “Una donna non dovrebbe mai maneggiare la spada di un uomo…” mormorò massaggiandole il polso “… essa è la sua più fedele compagna… forse l’unica di cui un uomo possa fidarsi… forse l’unica che non tradisce mai…” Un attimo dopo riprese la strada per la locanda, lasciando Melisendra alle sue inquietudini. http://4.bp.blogspot.com/-GSKIX0i00o.../PDVD_1230.BMP |
Lo guardai precedermi. Rallentai il passo e respirai nuovamente l'aria della notte. Ogni respiro sembrava purificarmi da tutte quelle sensazioni di rabbia che mi avevano accecata prima.
Qualche stella brillava sopra di me. Svoltai nel vicolo della locanda e vi entrai. Salii nella camera e silenziosamente aprii la porta. Mi sfilai il mantello e mi pulii versando acqua fresca da una brocca. Iniziai a slacciare i lacci della veste. Ero un po' infreddolita. Mi avvolsi in una coperta che era adagiata sul letto e improvvisamente lo sconforto mi investì come un uragano. Iniziai a piangere. Grosse lacrime scendevano lungo le guance e io non riuscivo a fermarle. Frenai i singhiozzi, ma le lacrime continuavano ad annebbiarmi la vista. Strinsi le ginocchia al petto e chinai il capo. Appoggiai la testa tra le mani e cercai di scuotermi di dosso la tristezza, la stanchezza. |
Ardeliano galoppava nell’oscura brughiera, seguito dai latrati dei suoi cani.
Tirava con vigore le redini ed affondava gli speroni nei fianchi del suo destriero, mentre il cielo sopra quella landa si contorceva e tormentava, tra il sinistro sibilo del vento e lo spettrale boato dei tuoi in lontananza. In quella maledetta notte sembrava che le forze del male si fossero date appuntamento in quel delirante scenario di rocce e tenebre. Ad un tratto i cani apparvero impauriti, come se un’oscura presenza li intimorisse. Ardeliano li chiamò, li incitò, li maledisse, ma essi restarono fermi come inchiodati da una paura primordiale ed innaturale. Ma non dirò oltre del terrore che attanagliò i cani. Dirò soltanto della tomba... Apparve ad Ardeliano, sul lato più remoto ed oscuro della collinetta che si formava sul sentiero, una tomba misteriosa ed abbandonata. Sembrava appartenere ad un’antica e nobile famiglia. Era di marmo pesante, scolorito e corroso dal tempo e dalla furia della natura. Era scavata nel ventre di quella collinetta e solo la porta, un’antica e spessa lastra di granito bloccata da cardini ormai consumati dalla ruggine, sembrava capace di emergere dagli sterpi e dai rovi. L’arciduca si avvicinò a quell’antica costruzione, cercando di scorgere il nome e lo stemma dei proprietari. Ma quando fù a pochi passi dalla tomba riuscì a leggervi un nome. Anzi, due nomi: il suo e quello di sua moglie. Ad un tratto la lastra si spostò, liberando l’ingresso della tomba. “Sono qui, Ardeliano...” disse una voce proveniente dall’interno. Era la voce di sua moglie Gyaia. Ardeliano allora si avvicinò all’entrata della tomba, ma prima che potesse attraversarla vide una figura emergere dalla desolata landa circostante: era Gyaia che lo fissava con due occhi intrisi di folle dolore e disperazione. Il volto e gli occhi erano i suoi, ma quella donna non era Gyaia, pensò subito Ardeliano. “Dov’è mia moglie?” Gridò l’Arciduca. “Dove?” Ma nessuno rispose a quella disperata invocazione. In quel momento qualcosa emerse dall’entrata della tomba e lo raggiunse. Ardeliano ebbe solo il tempo di voltarsi e vedere, per un breve istante, l’orribile visione di morte che lo assaliva. Layla restò un attimo in silenzio, dopo aver raccontato dell’orribile maledizione. “Essa è detta Gioia dei Taddei…” mormorò “… poiché col suo demoniaco incanto nega alla vostra stirpe la gioia che nasce dall’amore.” “E’ dunque a causa della colpa di Ardeliano che ancora oggi noi Taddei siamo perseguitati da quest’orrore…” disse Icarius. Layla annuì. “E non vi è modo per vincere questa maledizione?” Chiese Icarius. “Solo quando la vostra stirpe si estinguerà, la maledizione avrà fine.” Si voltò poi verso Talia. “Il prezzo, milady?” Chiese. “Il prezzo è troppo alto perché è legato alla vita stessa… e voi, come vostro marito, potete definirvi vivi? No, non lo siete… siete simili a marionette dalle movenze grottesche… marionette senz’anima e senza cuore… i Taddei hanno rifiutato l’amore e questo li ha condannati per sempre… ora lasciate questa pieve… i miei cavalieri hanno già ucciso un ladruncolo che si aggirava nella brughiera… ora attendono voi…” “Tu non pagherai nessun prezzo…” disse Icarius a Talia “… hai già sofferto abbastanza a causa mia… milady…” rivolgendosi poi a Layla “… amo la vita, ma non temo la morte… vi chiedo solo una grazia… il modo per risparmiare mia moglie… voglio che ritorni sana e salva a Capomazda… il resto per me non conta…” “Siete uno dei Taddei” replicò freddamente la donna “e non vi importa nulla di questa ragazza… il vostro è solo un disperato tentativo di salvarvi la vita…” “Siete tanto bella, eppure avete il cuore tanto arido… perché? Chiedo solo che a mia moglie sia risparmiata la vita… prendete pure la mia… ma risparmiate quella di Talia…” Layla lo fissò. “Amate davvero vostra moglie?” “Si.” “Tanto da non separarvene mai?” “Il giorno e la notte sono solo sbiaditi riflessi di vita se lei non è con me… lei scandisce ogni attimo della mia vita… senza di lei sono morto…” “Cosa avete nella cintura?” Chiese la donna. Icarius fissò la rosa che il vecchio dei costumi gli aveva dato. “E’ l’arma del mio costume…” prendendola Icarius. “I fiori hanno un nome…” disse la donna “… quello di quel fiore?” “Colui che mi ha dato questo fiore lo ha chiamato Mia Amata… ora che è mio esso ha dunque nome Talia, la donna che amo…” “Donatemi quel fiore e vi lascerò andare…” sorridendo Layla “… lasciatemelo e tornerete sani e salvi a Capomazda…” http://3.bp.blogspot.com/_XbXGepCsOR...tratte3727.jpg |
Stavo tranquillamente infagottando alcune poche cose quando sentii Pasuan alzare la voce
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Parlammo con la donna e con suo marito, che avevano dato ad Icarius e Talia i costumi per il ballo. Ci dissero anche che un ladro aveva rubato i vestiti di sua signoria e così si spiegava il cadavere ritrovato nel bosco.
Stavamo ancora discutendo, quando una voce ci interruppe. Il menestrello entrò nella bottega e disse di voler rappresentare una ballata con due giovani innamorati come Tristano e Isotta o Lancillotto e Ginevra.. Lo guardai stupita: ora stava esagerando. Perchè non è rimasto nella locanda? Non volevo che mi seguisse per spiarmi, così cercai feci un po' l'ingenua, ma nello stesso tempo la persona seccata. "Non credo troverete qui ciò che cercate, menestrello. Dovrete chiedere aiuto da un'altra parte. La prego signore" dissi poi riferendomi all'anziano signore con cui stavamo parlando "continuate. Sapreste forse dirci dove potremmo trovare l'Arciduca e sua moglie?" Diedi le spalle a Nishuru. Ero arrabbiata con lui, ma cercai di non darlo a vedere o Lho avrebbe iniziato a fare dinuovo domande su chi fossi in realtà. Io sono la migliore! Perchè ha mandato Nishuru a controllarmi? Manderà a monte tutto... Guardai speranzosa il proprietario della bottega. Dovevamo trovare il prima possibile Icarius e Talia, per poi, in un qualche modo, avvicinarmi al tanto temuto Cavaliere del Gufo, colui che indossa un'armatura impenetrabile da qualsiasi arma o magia. Tirai Lho per una manica e bisbigliai in modo che solo lui potesse sentirmi. "Credete che li ritroveremo, signore? Io non so più cosa pensare... forse sono morti! Inoltre si sta facendo buio e il bosco è già abbastanza strano e pericoloso di giorno." Mi strinsi a lui per fare un po' di scena. "Voi continuate se volete, ma io preferirei stare alla locanda questa notte, sono successe così tante cose, oggi..." Lo fissai speranzosa. Se mi lascia alla locanda e continua le ricerche da solo, io potrei inanzitutto parlare con Nishuru e convincerlo ad andarsene, e poi... poi andrei alla pieve, ho ancora la strana sensazione che Icarius e Talia siano là... |
Rimasi affascinata dal racconto di Layla... spaventata, sconvolta, terrorizzata, ma affascinata.
Poi le sue parole... sapevo qual era il prezzo, Gyaia stessa me lo aveva detto... ma non mi importava: io volevo solo che Icarius stesse bene! Citazione:
“Non dire così!” mormorai “Non essere impulsivo...” Improvvisamente un nodo mi strinse il petto e la gola... “Non puoi dire sul serio...” mormorai quindi al suo orecchio “Tu mi hai fatto una promessa, ricordi? Mi hai promesso di non lasciarmi mai più sola! Mai più, Icarius! Mai più, per nessun motivo!” Mi ero aggrappata al suo braccio con entrambe le mani, ero agitata, tremavo... Ma fu la donna a trovare un’altra soluzione. Citazione:
Una strana sensazione mi stava invadendo... una sensazione curiosa e indefinita... ma avevo bisogno di credere a quella via di fuga, ne avevo bisogno assoluto... e ci credetti con tutte le mie forze. |
Le lacrime hanno mille volti ed infiniti significati.
Una volta un poeta scrisse che il più grande dolore era rappresentato dalla Passione di Cristo. Poi vi erano le pene d’amore. E cosa invece tormentava il cuore di Melisendra? La paura per il piccolo Ubert? O quella per il ritorno del suo oscuro padrone? O forse c’entrava anche Gouf in quel pianto disperato? Il Cavaliere del Gufo si sdraiò sul letto e restò in silenzio avvolto nei suoi pensieri. Trascorsero così diversi momenti, fino a quando lui sfiorò i piedi nudi di lei con una carezza. Non disse nulla, ma quel leggero tocco stava a significare la sua presenza, la sua vicinanza a lei. E per qualcuno questo è il tesoro più grande… Il giorno giunse presto, tra inquietudini e malinconie antiche. E quando il Sole fu visibile oltre i monti del nord, Gouf e Melisendra ripresero il cammino verso il castello dei Cimarow. |
Dafne piangeva.
Calde e grandi lacrime scendevano sul suo tenero viso. In quel momento una volto tornò ad animare i suoi ricordi… era quello di Friederich. Quando restiamo soli il passato torna con i suoi incanti, le sue illusioni. Torna con i sogni rubati, mai svaniti eppure eterei, lontani, sbiaditi. Come uno spettro, il passato torna a confonderci, ad ammaliarci. Il futuro allora, unica vera dimora dei sogni ancora vivi e reali, della nostra felicità, della nostra gioia, assume l’immagine di un castello incantato, dalle mura altissime ed invalicabili. In quel momento qualcuno si avvicinò a Dafne: era Mian. La ragazza le sorrise e l’abbracciò forte. |
Lho fissò Sayla senza risponderle nulla.
“Buon uomo…” disse Lho all’anziano padrone della bottega “… sapreste dirci dove potrebbero essere ora sua signoria e la Granduchessa?” Il vecchio scosse il capo. “Ma torneranno per restituire i costumi…” mormorò poi il vecchio “… lord Icarius mi ha dato la sua parola…” Lho annuì. Accompagnò poi la giovane Sayla alla locanda, dove prese due stanze. Lasciata là la ragazzina, come lei stessa aveva chiesto, Lho uscì di nuovo nel borgo vecchio per cercare altre notizie su Icarius e Talia. |
La stanchezza mi aveva colpita più profondamente di quanto pensassi.
La situazione era frustrante. Uriel era al sicuro, ma non avevo idea per quanto tempo ancora sarei riuscita a distrarre il mio signore. Gouf non riusciva ad allontanare da sè il sospetto. Quello che aveva detto in preda all'ira mi aveva dato una chiara idea di cosa pensasse realmente. Cavalcammo silenziosamente per un po'. Continuai a tenere il cappuccio calato sul volto e a pensare la mia prossima mossa. Nel frattempo sentivo le mie nuove forze agitarsi dentro di me, come una marea oscura e tremendamente allettante. Sentivo che avevo messo a rischio qualcosa, una parte della mia anima forse, per avere il dominio su quelle forze. Ma avrei potuto difendermi, col tempo sarei diventata abbastanza forte da contrastare il pericolo. Averlo sfidato poteva essere una condanna a morte, ma forse avevo qualche possibilità. Iniziai a domandarmi se non avesse qualcosa a che fare con l'assalto a Capomazda. Era nel suo stile servirsi di pedine per ottenere quel che voleva. La caduta di Capomazda avrebbe inferto un duro colpo alla Fede e avrebbe creato il Caos. Avrei dovuto pensarci su e valutare quell'ipotesi. Dovevo impedire quella guerra. Prima che fosse troppo tardi. "Gouf..." mi schiarii la voce "Perchè volesti portarmi via, dopo che avevo tentato di ucciderti?" Quel ricordo era riapparso improvvisamente. Non avevo idea che fosse succcesso. L'ultima immagine che avevo sempre avuto di Gouf era quella di lui immobile e accasciato sul pavimento davanti a me. Aggiunsi. "E perchè io non ne ho memoria?" sussurrai. |
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