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Erano passate forse due o tre ore da quando lasciai quella casa cosi ospitale, il sole iniziava a filtrare attraverso la fitta boscaglia .Il mio passo era attento come non mai, soprattutto dopo ciò che avevo sentito raccontare da messere louis. Avevo affrontato mille situazioni difficili, mi era stato insegnato che se si ama la natura lei ti ama, se la si rispetti lei ti rispetta.Quindi non dovevo temere questo immenso bosco, lui era parte di me..natura stessa. L'unica cosa che avrebbe dovuto farmi paura e di cui mi sarei dovuta difendere, sarebbe stato di certo "l'uomo" . Assorta nei miei pensieri, ad un tratto infilai la mano nella tasca del mio mantello e fu cosi che mi accorsi di non avere più con me la piccola chiave , da cui non mi dovevo mai separare. Fu cosi che mi disse l'abate quando lasciai l'abbazia" Conserva questa piccola chiave, portala sempre con te " . L'unica cosa che mi disse oltre questo è che questa chiave apriva un piccolo cofanetto che doveva rimanere custodito all'interno dell'abazia il qui contenuto , sarebbe stato per me un lasciapassare nel caso mi fossi trovata in grave pericolo.. Altro non mi disse. Uno stato d'ansia mi attraversò il corpo , mi voltai indietro e pensai che l'unico posto dove avrei potuto lasciare quella piccola chiave era nella piccola casa dei due cavalieri. Forse quando appoggiai il mantello su quella panca per sbaglio mi sarà scivolata.. Allora pensai " Se tornassi indietro forse riuscirei a recuperarla..." E a passo veloce ripercorsi quel sentiero.... http://www.damaerastyle.com/sites/ce...bosco_home.jpg |
Feci come Guisgard aveva suggerito. Tra le fiamme corsi verso Llamrei e le tesi la mano per aiutarla ad alzarsi...
"Coraggio!" le dissi, sperando che in mezzo a tutta quella confusione mi riconoscesse e si fidasse "Andiamo via di qui!" Poi udii di nuovo la voce del cavaliere, mi voltai e vidi che stava attraversando una piccola apertura su di una parete laterale... feci così segno a Llamrei di seguirlo, poi mi lanciai io stessa oltre quel passaggio. |
Giunti davanti a quel grande palazzo, Belven ed i suoi rimasero ad osservarne le alte mura, ricoperte da verdeggianti piante che calavano i propri rami giù dalla merlatura e le poderose torri che, eleganti e slanciate, sembravano tendere verso il cielo infinito.
Belven era pensiero, quando all'improvviso, dallo splendido verziere che si trovava oltre il grande portone d'accesso, una delicata figura cominciò ad avvicinarsi alla nobile compagnia. Era una donna di una bellezza non comune. La pelle bianca come l'albastro più puro e soffice come i petali di un pesco a primavera. Gli occhi scuri come la notte più magica ed ammaliante ed una cascata di capelli nerissimi, che avvolgevano un volto dai lineamenti perfetti. Le labbra cornose e rosse, come succosi chicchi di un dolce melograno, sembravano disegnare un sensualissimo bacio quando cominciò a palare. "Benvenuti nella mia dimora, nobili cavalieri..." disse "...possa la mia umile ospitalità donarvi il dolce ristoro per il vostro cammino..." Batté le mani e due ancelle si presentarono al suo cospetto. "Preparate le stanze per i nostri ospiti..." ordinò "... e voglio che siano sacrificate quattro coppie di tortorelle per celebrare l'arrivo di questa nobile compagnia..." "Milady..." prese a dire Belven "... veramente noi non possiamo fermarci o indugiare oltre... siamo in cerca dei nostri compagni, dispersi misteriosamente in questo bosco..." "Ora non troverete niente..." rispose la donna, quasi indifferente alle parole del cavaliere "... domani, forse..." E fece loro un inchino come a volersi far seguire. Ed entrò nel palazzo. http://download.kataweb.it/mediaweb/..._grimm_040.jpg |
L'impeto di Morven fu temperato, ma non spento dalla brusca risposta che ricevette.
Egli non arretrò, restò in piedi di fronte al vecchio cavaliere, senza mostrare alcun timore nè remora. "Madonna Solitudine è di certo più avvezza a stare al vostro fianco, che non in compagnia di quella gentile fanciulla! Milady Gonzaga saprà perdonare la mia scortesia, e sono certo che quella gentile fanciulla approverà la mia scelta di non lasciare solo voi, in questo momento!" Vide che Luois era tornato, ostinatamente, a pulire la sua spada, e che lo stava quasi ignorando di proposito, come se avesse voluto allontanarlo da quella stanza. Ma non v'era altro posto al mondo in cui Morven avrebbe voluto stare maggiormente, in quel momento! E dopo essere finalmente esploso in quella dichiarazione, aveva tutte le intenzioni di andare fino in fondo a quel discorso, per bizzarro, innaturale e misterioso che fosse! "Ah, le illusioni e le immagini della notte..." prese a dire, con un tono intenso e carico di emozione "anche io li ho conosciuti, e sovente ne ho inseguito la scia, perdendomi... Ma esistono sogni effimeri, che portano gli uomini alla follia e che li rendono pazzi e disperati... ed esistono invece sogni che diventano emblema della nostra vita... sogni che ci insegnano a crescere e che ci fanno forti... sogni che ci prendono il cuore e che ci accompagnano per anni, come una donna amata ben oltre le nostre intenzioni, e ben oltre la vita... come una donna amata al punto che non riusciamo più ad immaginarci senza di lei!" Guardò Luois dritto negli occhi, quindi concluse: "Vi è stato dato in dono l'amaro compito di vedere la vostra esistenza finire insieme a quella di lei... però non siete morto, mio signore! Siete rimasto in vita! Credetemi, c'è ancora qualcosa che deve avvenire, e che voi dovete vedere!" |
Nello stesso momento, nei meandri più inaccessibili del bosco, Guisgard, Talia, llamrei e la ragazza di nome Argalia attraverso quel semibuio corridoio cercavano una via di fuga.
"Presto!" Disse Guisgard. "Dobbiamo affrettarci! Quei maledetti non ci metteranno molto a capire cosa è successo!" Percorsero solo un tratto di quel corridoio, quando Argalia cadde a terra. "Cos'hai?" Chiese Guisgard. "Non... non ce la faccio... se continuo a correre... sento che mi scoppierà il cuore..." Allora il cavaliere la prese sulle sue spalle. "Presto!" Rivolgendosi a Talia e a Llamrei. "Andate voi davanti, io vi seguo! Ma correte e non voltatevi indietro!" Ad un tratto il corridoio terminò in una sorta di volta, senza via d'uscita o passaggi apparenti. "Al diavolo..." mormorò Guisgard. Allora prese a battere col pomo della sua spada sulla parete di pietra. "Forse qui c'è qualcosa..." e cominciò a liberare i contorni di una piccola porta coperta dalla polvere. Lo sfondò ed un nuovo passaggio si aprì davanti a loro. Era buio e stretto. Ne percorsero un breve tratto, fino a quando giunsero davanti ad altre due porte di legno. "Destra o sinistra...?" Mormorò Guisgard. Un attimo dopo aprì una di quelle porte. E ciò che videro non fu affatto tranquillizzante. Vi erano iunfatti numerosi di quegli uomini tatuati ad attenderli. "Ecco, sapevo che la sinistra non porta che guai!" Esclamò Guisgard chiudendo la porta con forza. Rimase allora aggrappato a quella porta, mentre dall'altra parte gli eretici cercavano di riaprilrla. "Talia, ascoltatemi bene..." cominciò a dire il cavaliere "... aprite la porta di destra e fuggite tutte e tre via da qui. Io tenterò di rallentarli... restare qui tutti sarebbe solo un inutile suicidio... perciò scapperete insieme attraverso quella porta di destra, mentre io cercherò di tenerli a bada... e fate presto, che non resisterò a lungo!" |
Vidi quella splendida dama e dissi avano ragione quei due cavalieri che si sfidavano per questa donna è davvero bellissima poi mi girai e dissi che facciamo ora domandai entriamo e vediamo cosa ci attenderà e aspettai un cenno ho una mossa dai miei compagni
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Udii le parole di Guisgard ma le ignorai, guardandomi invece intorno freneticamente... doveva esserci un altro modo! Doveva!
Improvvisamente, colta da un’illuminazione, gli andai vicino e sfilai la sua spada dal fodero, conficcando poi la punta della lama a contrasto tra il battente e lo stipite e incastrando l’elsa contro lo stipite opposto. “Questo terrà la porta chiusa... per un po’ almeno!” dissi, poi afferrai il braccio del cavaliere e lo trascinai via prima che potesse realizzare cosa sarebbe accaduto alla sua povera spada di lì a qualche minuto... “Andiamo!” lo incitai, strattonandolo “Andiamo, vi farete uccidere un’altra volta! Pensate a sorreggere la ragazza, ora!” soggiunsi, indicando la giovane Argalia. Spalancai allora la porta di destra e li feci passare... |
Nella casa di Louis, Morven sembrava voler quasi sfidare il vecchio cavaliere.
Le sue parole erano decise, forti e non tradivano timori. Louis lo fissò. "Cosa dovrebbe avvenire ancora?" Chiese senza togliere il suo sguardo dagli occhi di Morven. "E cosa dovrei vedere?" |
Nello stesso momento, non nel bosco, ma sotto, Guisgard, Talia, Llamrei e Argalia, cercavano un modo per sfuggire da quell'Inferno.
"Non c'è bisogno che mi strattoniate tanto..." disse Guisgard a Talia "... cosa c'è? Temete par la mia persona? O forse avete paura di non aver possibilità di fuga senza di me?" E rise forte. Ma mentre stavano imboccando la porta di destra, l'altra porta, nonostante la spada di Guisgard che la bloccava, si sfasciò sotto i colpi dei loro inseguitori. "Ecco..." mormorò Guisgard voltandosi e poi fissando Talia "... pessimo piano il vostro..." Mise giù Argalia e corse a raccogliere la spada, mentre quei fanatci toglievano gli ultimi pezzi di porta rimasti. "Avanti, milady Sotuttoio!" Gridò a Talia, mentre con calci e colpi di spada tentava di tenere a bada i loro nemici. "Portate in salvo queste due dame... io troverò il modo di cavarmela! Ora andate che non riuscirò a rallentarli per molto!" Fissò ancora Talia e rincarò la dose: "Ho detto di muovervi! Proseguite e lasciate questo maledetto posto!" |
A quelle parole, il giovane trattenne quasi il fiato. Adesso che il cavaliere sembrava finalmente disposto a dare ascolto alle sue parole, si accorse che tutta la sua baldanza stava venendo meno.
Ora che occorrevano finalmente i giusti discorsi, Morven ebbe paura di non riuscire davvero a dire quello che doveva. Prese fiato, si avvicinò all'incudine, sostenendo lo sguardo di Luois e cercando ordine tra le sue parole. "Quando ero poco più che un fanciullo, io feci un sogno... vedete, signore, la mia nascita e le tradizioni della mia famiglia mi indirizzavano a strade ben distanti da quella della cavalleria... e tuttavia in questo sogno che feci, senza averne alcuna sollecitazione dalla realtà esterna che stavo vivendo, io venivo armato cavaliere. Io non posso narrarvi adesso ogni dettaglio della cerimonia che ho vissuto nel sogno, chè molti dei segni che ho visto stanno ancora cercando una collocazione e un senso. Ma quello che senza alcun dubbio debbo riferirvi, è che nel sogno c'era una spada... una spada cui la vostra sembra assomigliare incredibilmente!" Tacque un istante, fissò il cavaliere con uno sguardo ancora più intenso e deciso, quindi, con voce appena più bassa: "Per questo, signore... vi chiedo soltanto il favore di lasciarmi impugnare quell'arma, solo per attimo. Se non riuscirò a sollevarla da quell'incudine, come voi dite, vi giuro che non vi importunerò mai più con questa storia!" |
Luois fissò Morven per un istante che sembrava indefinito ed eterno.
"Perchè volete sollevarla?" Chiese. "Cosa volete provare?" Poi si allontanò da quella spada. "Volete provare a sallevarla dunque? Credete di averla forse vista in sogno? Resterete deluso, cavaliere... ma se volete, non sarò io a negarvi ciò che chiedete..." E lasciò che Morven provasse a sollevare quella spada. |
Lanciai un'occhiata indietro e scrutai il cavaliere per un istante...
"Pazzo!" mormorai "Pazzo e avventato!" Ma ogni uomo è artefice della propria via, soleva dire mio padre, diritta o tortuosa che sia! "Andiamo!" dissi, dunque, alle mie due compagne "Via da qui! Di corsa!" |
L'istante di silenzio che separò Morven dalla risposta di Luois parve al giovane un tempo infinito.
"Volete provare a sollevarla dunque? Credete di averla forse vista in sogno? Resterete deluso, cavaliere... ma se volete, non sarò io a negarvi ciò che chiedete..." Morven guardò la spada che riluceva di uno strano riflesso, distesa sull'incudine. "Io... non voglio dimostrare nulla... io... non cerco prove nè miracoli... non ho nè presunzioni nè soluzioni. Ma so che mi sono trovato in questa casa senza quasi sapere come... so che sul far dell'alba ho smarrito i miei compagni e ho invocato il vostro soccorso... e so che se non provo a sollevare quella spada, adesso, me ne pentirò per tutto il resto della mia vita!" Disse questo, e fece ancora un passo verso l'incudine. Luois indietreggiò impercettibilmente, come per fargli spazio. Morven osservò ancora una volta quell'arma, che giaceva inerte sul metallo. Di nuovo un guizzo ne attraversò la lama, lo stesso guizzo, vivo e ridente, che aveva creduto di scorgere la prima volta. Fu quasi un segnale per lui, un invito. Tese dunque le mani tremanti su quella spada. Esitò ancora un istante, come se avesse timore di toccarla. Sentiva uno strano calore emanare da quella superficie immobile, un calore innaturale per il metallo. Quindi si decise, strinse l'elsa e piano cominciò a sollevare l'arma davanti a sè, come aveva già fatto la prima volta. La vertigine lo colse, improvvisa. La stessa vertigine che lo aveva affogato nel sogno. Rivide di nuovo il corte, la sala, il trono al centro, le ali di cavalieri... risentì sul viso la luce e il calore, e i colori vivi di quell'immagine. La spada scintillava davanti ai suoi occhi, e Morven non avrebbe più saputo distinguere l'immagine reale dal sogno... che spada era quella che teneva in mano... era vera o era un'illusione? Una voce sorse nuovamente a tuonare nelle sue orecchie... la stessa voce del sogno, la stessa voce udita poco prima... "Cingi, prode, la spada al tuo fianco... nello splendore della tua maestà ti arrida la sorte! Avanza per la verità, la mitezza e la giustizia!" E quella volta, nonostante la tentazione fosse stata di nuovo forte e violenta, Morven non abbandonò la spada, ma la tenne stretta tra le mani, dritta davanti a sè. |
Guisgard restò a fissare le tre donne che svanivano nel buio di quel cunicolo.
La porta da cui tentavano di uscire gli uomini tatuati era stretta, costringendoli ad uscire uno alla volta e questo permetteva a Guisgard, con calci e fendenti, di stanarli con relativa facilità. Ma ad un tratto sentì dei rumori. E voltandosi si ritrovò altri di quegli uomini alle sue spalle. In breve fu circondato, disarmato ed immobilizzato. "Dove sono le nostre donne?" Chiese il capo degli eretici, col volto celato dalla penombra. "Temo che siano volate via, amico mio..." rispose con fare sarcastico Guisgard "... però, se hai davvero bisogno di compagnia, potrei accompagnarti io in una bella casa di piacere... cosi che tu possa risolvere i tuoi problemi... lì sono un buon cliente e potre farti avere un trattamento di favore..." Ma, a quelle parole, uno di coloro che lo tenevano stretto lo colpì con un calcio nello stomaco. "E' la seconda volta che tu, cane, mi porti via una delle nostre donne..." disse il capo degli eretici "... ora avrai la giusta punizione..." "Forse... non hai molta fortuna con le donne, amico mio..." rispose tossendo, a causa del colpo subito, Guisgard. Il capo di quegli uomini fece cenno ai suoi, che cominciarono a pestare Guisgard a sangue. Nel frattempo, Talia, Llamrei e Argalia, attraverso il cunicolo che avevano attraversato, si ritrovarono in una specie di grotta. Proseguirono e di li a poco intravidero una luce: era l'uscita che conduceva nel bosco. Finalmente erano fuori da quell'Inferno. E nessuno prima di loro era riuscito a fuggire dal tempio degli Atari. |
Morven strinse la spada e poi la sollevò.
E nonostante fosse incrostata e resa opaca da ciò che le rendeva sporca ed unta, quella spada emanò, per un istante, un vivo bagliore. Louis restò incredulo davanti a quella scena. Erano ormai anni che non vedeva quella spada impugnata nelle mani di qualcuno. E quel qualcuno era la sua amata moglie. Solo lei infatti era capace di sollevarla. "L'ha scelto..." mormorò Louis "... l'ha scelto di nuovo... ha scelto il suo nuovo padrone... Samsagra vi ha scelto... questa spada vi ha scelto, lasciandosi sollevare da voi..." Il vecchio cavaliere restò in silenzio per alcuni momenti e poi aggiunse: "Ma per farla vostra... dovrete compiere un'altra prova... pulirla... se vi riuscirete, Samsagra sarà vostra per Diritto Divino..." |
Morven, ancora rapito, passò il palmo della mano sul corpo incrostato della spada. La voce di Luois gli arrivava come un'eco lontana che si mescolava con le frasi del suo sogno...
... la verità... la mitezza... e la giustizia... Morven si ripeteva lentamente quelle parole, come se dovesse berne il suono, gustarne il sapore, assimilarne il contenuto. Poi, come risvegliato all'improvviso da un sonno, si girò a fissare Luois. "Samsagra..." ripetè, scandendo lentamente quel nome tra le sue labbra "Che significa questo nome?" |
Louis si avvicinò al cavaliere che impugnava la spada, ma senza osare toccarla.
"La maestria dei fabbri e dei maniscalchi di Afragolignone è nota in tutto il mondo conosciuto..." prese a dire "... non è un caso che la spada più forte che sia mai stata forgiata dimori proprio nella mia nobile terra... Parusia, la spada sacra per eccellenza, da sempre appartenuta alla stirpe degli arciduchi, è un dono del Cielo... si narra che ben tredici lamine d'acciaio occorsero per realizzarla, saldate tra loro fondendo del ferro caduto dal Cielo, dopo la battaglia tra gli Angeli buoni e quelli ribelli (gli storici pensano che il mito di Parusia faccia riferimento a del metallo tratto da un meteorite caduto dal cielo e ritenuto sacro - nota del Game Master). Per questo volli realizzare qualcosa di simile... Samsagra salda fra esse ben nove lamine d'acciaio damaschinate, lucidate con polvere granulosa di giada. Da qui il suo caratteristico colore verde luminoso. Samsagra, nome di origine divina che ricorda una delle armi utilizzate dagli Angeli buoni contro quelli ribelli, è idealmente nata per far coppia con Parusia, simboleggiando la mistica unione tra il Signore e la sua Chiesa e dell'aristocrazia afragolignonese e la Fede Cristiana." Guardò ancora la spada, quasi contemplandola ed aggiunse: "Se davvero è destinata a voi... allora pulitela e ridete ad essa il suo antico splendore..." |
Morven continuava a passare e dita sulla lama rovinata di Samsagra, e nonostante questo strato di ruggine e di sporco celasse ancora la vera bellezza di quell'arma, il ragazzo la guardava con occhi innamorati, come se già vedesse il corpo di quella spada ben oltre l'apparente aspetto di abbandono.
I suoi occhi erano calamitati dalle forme aspre e puntute, apparentemente ostili, dell'elsa che stringeva. Ma al di sotto di essa, il giovane seguiva la curva sinuosa di una legendaria creatura, che sembrava avvolgersi strettamente all'impugnatura, allargare le ali, quindi avvilupparsi fino al codolo. "Samsagra..." mormorò nuovamente, con voce sognante "come siete bella!" Poi rivolse gli occhi verso Luois, con una sguardo interrogativo e di colpo velato di un'improvvisa angoscia. "Pulirla? Meritarla? Farla mia?" Esitò un istante, sospirò, come se quel pensiero fosse troppo grande, tanto grande quanto lo era il suo sogno e il suo desiderio. "Credetemi, signore, non c'è nulla al mondo che io desideri di più! Ma dove trovare la polvere di giada, in queste contrade? Dicono che la portino soltanto alcuni ricchi mercanti che tornano dall'Oriente!" Morven scosse il capo, avvilito da quel pensiero. Poi tornò a guardare il vecchio cavaliere e di colpo una vivida luce di speranza si accese nel suo sguardo. "Oh, penserete che io sia sciocco, e di certo lo sono, mio signore! Avvilirmi per una misera ricerca quando il Cielo mi ha concesso un simile dono! No, non lo farò! Resterò saldo in questa impresa, e cercherò quella polvere fino ai confini del mondo, se è necessario! Nel frattempo, cercherò un altro rimedio, che mi insegnò il mio maestro d'armi... L'olio di chiodi di garofano, egli diceva, era ottimo per la lucidatura delle spade... devo solo trovare qualcuno che sia così esperto di piante e unguenti, e che mi sappia preparare quest'olio... dopo di che mi metterò all'opera! E qui vi prometto solennemente che riporterò Samsagra al suo antico splendore, e il giorno in cui sarò davvero degno di chiamarla mia, io tornerò qui, mi inginocchierò davanti al suo creatore e vi mostrerò l'opera compiuta dalle vostre mani!" |
Louis fissò Morven e scorse in quel giovane cavaliere dai tratti tanto delicati da renderlo una bellezza particolarissima, di una grazia e di una gentilezza indefinite, una nobiltà d'animo non comune.
Il vecchio cavaliere sorrise. "Samsagra vive di vita propria..." disse "... come tutte le grandi armi... ed è libera, come lo sono tutte le creature di questo mondo... essa ha scelto voi come suo custode e padrone... ne ignoro i motivi, lo ammetto... Samsagra fu forgiata per la mia amata moglie ed in essa è racchiuso il principio femminile, che con quello maschile racchiude tutto il creato... ma evidentemente non conoscevo fino in fondo il mistico potere di questa spada... ma ora ciò che conta è che Samsagra va pulita... e questo compito spetta a voi... la polvere granulosa di giada è stata assorbita dall'acciaio, quindi non è svanita, ma basta solo lucidare la spada per vedere rifiorire il suo colore naturale... vedo che siete un'esperto d'armi di notevole qualità... bene, qui avete tutto ciò che occorre al vostro scopo... se volete cominciare..." |
Il cielo era attraversato da un tenue chiarore che, illuminando i poderosi alberi che come antichi guardiani vegliavano su quel pastorale idillio, generava ombre che correvano sulla calma e vecchia campagna verdeggiante.
E sotto gli accoglienti rami di una robusta quercia stavano distesi sognanti due giovani amanti. "E Lancillotto" raccontò Guisgard "dopo aver sconfitto il malvagio Maliagant liberò la regina Ginevra, che lo ricompensò col suo eterno amore..." "Che magnifica storia..." sussurrò Carry, mentre osservava il Sole che si andava spegnendo a Ponente "... io credo sia la più bella storia d'amore che sia mai stata raccontata..." Guisgard, steso sull'erba, con le mani dietro la nuca, restò in silenzio, con gli occhi chiusi. Poi, d'un tratto, cominciò a suonare la sua ocarina. "Cos'hai, amore mio?" Chiese lei preoccupata. "Nulla..." rispose lui, per poi riprendere a suonare. "Ti conosco come nessun altro a questo mondo... e quando suoni la tua ocarina è perchè sei malinconico..." "Nessuno mi conosce veramente..." replicò lui. "Perchè fai così?" Chiese rattristata lei. "Dimmi, non ti arriva il mio amore?" "Carry... ma tu lo lascerai mai tuo marito? Dimmelo, ti prego..." Lei chinò lo sguardo. "Guisgard..." rispose "... prima che tu arrivassi io ero morta... respiravo, ma non vivevo... le mie giornate e le mie notti erano tutte uguali... sai cosa significa vivere senza slanci? Senza speranza di felicità? Ma poi, un giorno, sei arrivato tu... ed io ho ripreso a vivere..." Lui riprese a suonare la sua ocarina. Lei stese il suo capo sul petto di Guisgard. "Io voglio venire via con te..." sospirò lei "... sii paziente, amore mio... sii paziente e forte per tutti e due... ed io, come Ginevra con Lancillotto, ti ricompenserò con il mio amore..." Ed un bacio e un caldo abbracciò unirono i due amanti. http://media.zoom-cinema.fr/photos/1...ando-bloom.jpg Ad un tratto, un rumore di passi echeggiò nella cella, svegliando Guisgard. Il cavaliere si ritrovò incatenato ad un'umida parete. Le sbarre si aprirono ed un vecchio nano entrò nella cella. Prese il capo di Guisgard fra le mani e ne controllò gli occhi. "Sei sveglio, eh..." disse con la sua sgradevole voce "... bene, il capo ti vuole lucido... così potrai renderti conto quando sarai torturato..." |
Nello stesso momento, nel bosco, una leggera figura percorreva la strada a ritroso, per tornare alla casa di Louis.
Ad un tratto però, Gonzaga udì dei fruscii. Qualcosa sembrava seguirla. Si accorse allora di un'ombra alle sue spalle. Un attimo dopo qualcuno gli si parò davanti. "Aiutatemi, milady..." disse il nano Goldblum a Gonzaga "... c'è qualcosa di oscuro in questo bosco... e bisogna fare qualcosa per fermare tutto ciò prima che sia troppo tardi." |
<Empi uscì dalla casa di Sauron con in mente un solo pensiero, Icarion. Temeva il suo indomito spirito e la sua avventatezza. Non osava immaginare cosa avrebbe detto ai suoi carcerieri… Le sembrava di udire la sua voce che intimava quei nani a lasciarlo andare perché lui era un cavaliere!! Scosse il capo e affrettò il passo. Il peso delle sembianze assunte cominciava a farsi sentire e la fata avvertiva il desiderio del cielo, del volo. Mentre si dirigeva sicura verso le prigioni, cercava di dare ordine ai suoi pensieri che si affollavano nella mente. Tutto le sembrava sfuggirle, il suo compito in questo assurdo dramma che coinvolgeva gli umani non le era chiaro> Certo, io devo fare da balia al principe <borbottò tra sé e sé, eppure non ne era convinta, sentiva che la Terra le chiedeva qualcosa di diverso. Giunse alle prigioni e indirizzandosi sicura verso le due sentinelle si parò dinnanzi a loro allargando il petto ed incrociando le braccia per ostentare sicurezza> Devo interloquire con il prigioniero mi manda Stellow <sentenziò e senza attendere risposta avanzò verso la cella. Sentiva la presenza di Icarion molto vicina e sperò che le guardie non avessero nulla da obiettare>
Aprite questa cella <disse, quindi, fermandosi dinnanzi alla cella e lasciando vagare gli occhi alla ricerca di Icarion. Lui era lì, ancora un nano, ancora con quel berretto verde. Empi non poteva crederci, si era aspettata di trovare la cella vuota e di scorgere il colore dorato delle sue ali. Sorrise, sollevata o forse felice… E in quel momento avvertì prepotente e insistente una nuova consapevolezza. La Terra le chiedeva di guidare e non di agire, l’attore principale era lui, il suo principe. Annuì fissando i suoi occhi smeraldo in quelli di Icarion> Ora cercheremo questo vostro cavaliere <gli sussurrò> |
libere....ma non il cavaliere.
"Torniamo indietro ad aiutarlo....non ce la faccio lasciarlo li..." ma più che un ordine quello sembrava una magra consolazione per non aver agito subito in tempo e aver tentato di aiutarlo prima... Guardai le compagne di ventura...ma sembrava che il mio stato d'animo era uguale a quello delle altre....aspettai un loro cenno...un consenso o una smentita...non sapevo cosa avrei preferito sentire da loro. E intanto, fiacamente, ci stavamo incamminando sempre più all'interno di un bosco che ci stava avvolgendo come un abbraccio freddo... |
Il bosco sembrava schiudersi al passaggio del giovane principe.
Un alone di un verde scintillante lo precedeva, illuminando ogni cosa al suo passaggio. Vide li vicino alcuni suoi amici che lo chiamavano, ma lui indifferente procedette senza fermarsi. Cercava qualcosa. Giunse così presso una fonte circondata da numerose specie di fiori, che con il loro profumo rendevano l'aria ammaliante. Icarion si specchiò in quell'acqua limpidissima e fresca. Poteva vedere il fondo, mentre il vivace scorrere dell'acqua sembrava una dolce musica che invogliava a godere della bellezza del posto. E proprio fra le immagini che vedeva riflesse in quell'acqua, notò una luminosissima luce che proveniva alle sue spalle. Si voltò e vide, seduta su di un ramo, Empi. La fatina, col volto fra le sue mani, fissava il cielo nel quale cominciavano a spuntare le prime stelle della sere. Icarion sentì una forte gioia sorgere dentro di sè. Forse fu proprio quell'intensa emozione che lo fece svegliare. E proprio nell'istante in cui le guardie, convinte dal tono deciso di Empi, aprivano le porte della cella per farla parlare col prigioniero. E nel vedere la giovane fatina, sebbene ancora sottoforma di nana, Icarion provò la stessa gioia sentita nel sogno. E quella gioia divenne felicità nell'udire le parole della fatina. "Si..." sussurrò Icarion "... e lo troveremo, quel cavaliere..." "Ha ordini per noi, il comandante Stellow?" Chiese una delle guardie ad Empi. "Per quanto tempo deve restare rinchiuso qui il prigioniero?" |
Nello stesso momento, nel bosco, Talia, Llamrei e Argalia si incamminavano sempre più nel cuore del fitto bosco.
La lussureggiante vegetazione, al loro passaggio, sembrava stringersi ed avvolgerle sempre più. A quell'invocazione di Llamrei, la giovane Argalia, ancora scossa e terrorizzata dall'assurda e terribile esperienza da poco vissuta, disse: "Si... avete ragione... ma in fondo siamo solo tre donne... se anche tornassimo indietro che speranze potremmo avere? Quelli non sono uomini, ma demoni... sono folli e nulla potrà fermarli... io sento un dolore senza fine pensando a quel prode cavaliere nelle mani di quei pazzi... ma lui si è sacrificato per noi... e se ci facessimo catturare il suo sacrificio sarebbe stato inutile... l'unica cosa che possiamo fare è tornare a Cartignone ed avvertire il nostro signore che mandi dei cavalieri a cercarlo..." Ma mentre la ragazza parlava, qualcosa si udì provenire dalla vegetazione circostante. Un attimo dpo alcuni cavalieri emersero dai cespugli. "Guarda chi si rivede!" Escamò Dukey. "Siamo davvero fortunati... abbiamo ritrovato alcune delle disperse al primo colpo! E a quanto vedo c'è anche la nostra lady Talia..." Bumin fissò con attenzione le tre fuggitive, soffermandosi soprattutto su Argalia e su come era vestita. Infatti la giovane aveva indosso, per volonta degli Atari, una sorta di tunica bianchissima e lunga. "Come mai vi trovate a vagare nel bosco da sole?" Chiese alle tre donne. "Cosa vi è accaduto? Cosa avete visto?" |
Ascoltai le parole delle mie compagne con gli occhi bassi... mi sentivo male, un male che non era una sofferenza fisica ma un moto dell’anima: la mia coscienza stava urlando e quel grido era tanto forte nelle mie orecchie da non lasciarmi scampo. Mi voltai indietro e osservai l’ingresso di quella grotta... era semicoperto dalla vegetazione e appena distinguibile, ma bastò un’occhiata perché il grido nelle mie orecchie si intensificasse. Sapevo perché... per quanto testardo, avventato e impulsivo, quel cavaliere non si meritava di esser lasciato al suo destino... per questo la mia coscienza rimordeva e si agitava, per questo mi sentivo male, perché ero perfettamente consapevole di esser stata io a condurlo fin laggiù.
Poi però posai gli occhi su Argalia e la osservai un istante... si teneva in piedi a fatica e un tremito inconsulto la attraversava tutta di tanto in tanto... “Guardatela!” dissi a Llamrei “Sarebbe da pazzi portarla indietro, non ce la farebbe mai! Ma sarebbe da pazzi anche lasciarla nel bosco da sola... la ritroverebbero in un baleno e sarebbe stato tutto inutile!” Un rumore interruppe le mie parole... Mi voltai e vidi un gruppo di cavalieri uscire dai cespugli... ed erano gli ultimi cavalieri che avrei desiderato vedere! Mossi leggermente la testa in risposta all'esclamazione di Dukey. Ma furono le parole di Bumin a colpirmi... non sapevo perché ma il suo tono, non meno che il suo sguardo, mi causò disagio... “Siamo soltanto tre donne stanche e spaventate, sir..." dissi lentamente. |
Bumin fissò con attenzione ciascuna di quelle tre donne.
Il cavaliere aveva uno sguardo enigmatico, che sebbene sembrava indifferente e distaccato, nel fondo dei suoi occhi era possibilire vedere un velo di inquietudine. "Tre donne spaventate?" Ripeté Dukey, fissando Talia, Llamrei e Argalia. "Allora mi chiedo cosa vi abbia spinto ad avventurarvi da sole in questo bosco, quando ormai tutti conoscono ciò che è accaduto ultimamente!" "Basta così, cavaliere." Lo zittì con la sua voce possente e lenta Bumin. "Queste dame sono chiaramente stanche e spevantate... le riporteremo a Cartignone, dove avranno tutte le cure di cui necessitano... e dopo, ne sono certo, vorranno raccontarci cosa hanno visto di preciso questa notte..." "Ma, milord..." tentò di dire Dukey, visibilmente sorpreso dalle parole di Bumin. Ma questi lo fissò con uno sguardo duro, che non sembrava concedere appello o replica ai suoi ordini. "Come desiderate, milord..." mormorò a capo chino Dukey. |
Intanto, nel ventre oscuro e maledetto del bosco, un cavaliere era incatenato all'umida parete di una cella.
Il nano lo scrutava e gli parlava con un ghigno che sembrava volerlo schernire. "Sei un cavaliere, vero?" Chiese quasi sarcastico. "L'ho riconosco dai tuoi abiti... ma sei un cavaliere senza spada!" E rise forte. "Cosa credevi? Fui proprio io a prenderti l'arma! Era a terra, accanto al tuo corpo pestato dalla furia di questi uomini!" E rise di nuovo. E quella risata echeggiava, insopportabile, fra le sporche ed umide pietre di quella cella. Guisgard lo fissava senza rispondergli nulla. "Perchè mi guardi così?" Chiese quasi infastidito il nano. "Provi paura, vero? Vorresti supplicarmi di aiutarti! Si, lo sento... avverto il terrore che si è impossessato di te... tu mi temi, lo so..." "Tu mi fai solo una gran pena..." rispose Guisgard, rombendo finalmente il suo silenzio "... e di certo non supplicherò un aborto come te... uno sbaglio della natura... che beffa per te essere nato... ti compatisco..." Il nano lo fissò quasi incredulo, ma prima che potesse rispondere al disprezzo di quel cavaliere, si udirono dei passi giungere da fuori. Un momento dopo alcuni di quegli uomini tatuati entrarono nella cella. Aprirono le catene che legavano Guisgard e lo condussero fuori da quella prigione. Mentre il nano restò a fissare quegli uomini che portavano via il prigioniero. http://media.theiapolis.com/aR/cDCDC...pirates-of.jpg |
Quel giorno il sole splendeva alto nel cielo, bruciando la campagna e insinuandosi con i suoi raggi nelle strette stradine di Cartignone, fino al più recondito angolo. Anche nel giardino del palazzo l’aria era pesante e appiccicosa, perciò io e Eileen ci eravamo sedute sul bordo della bassa fontana e, tolteci i calzari, avevamo immerso i piedi nell’acqua fresca... Un rumore alle nostre spalle, come un leggero colpo di tosse, ci fece voltare.
“Sir Goeffrey!” disse Eileen, con un sorriso “E’ un piacere vedervi... Cosa vi porta nel nostro giardino?” “Mi dispiace molto disturbarvi, milady...” iniziò l’uomo, lanciandomi intanto un’occhiata rapida. “Nessun disturbo, capitano! Al contrario!” rispose la mia amica poi, tolti i piedi dall’acqua e indossate di nuovo le scarpe, si alzò in piedi e soggiunse “Ti aspetto nelle mie stanze, Talia! Non appena ti sarà possibile!” Lui attese in rispettoso silenzio che Eileen scomparisse oltre la porta del palazzo prima di voltarsi verso di me e sorridere appena: “Buongiorno Talia!” Anche io, che intanto avevo recuperato i miei calzari e mi ero alzata, sorrisi: “Buongiorno!” dissi, andandogli incontro e posandogli un bacio sulla guancia “Che cosa ci fai qui?” Lui esitò un istante, cosa che mi lasciò un poco perplessa poiché sapevo bene che sir Geoffrey di Warwick non era certo uomo che esitava... “C’è bisogno di un motivo perché un padre desideri vedere sua figlia?” mi chiese poi in tono autoritario. “No, certo...” risposi, eppure lo conoscevo troppo bene per farmi ingannare “Però non è questo il caso! Cosa c’è sotto, papà?” Lui mi scrutò per un istante con uno strano sguardo, come se cercasse di leggermi dentro, poi disse lentamente: “Va tutto bene, Talia? Non c’è forse qualcosa di cui mi vuoi parlare?” “Non direi! Non credo!” risposi, sostenendo quello sguardo e cominciandomi a chiedere dove accidenti volesse arrivare... “Sai...” riprese lui dopo un istante “Io passo gran parte della mia giornata nella caserma, con i miei soldati... e lì, nei momenti di riposo, gli uomini parlano... parlano di molte cose, ma soprattutto, come puoi ben immaginare, parlano di donne...” Rimasi in silenzio, chiedendomi che cosa c’entrasse quel discorso con me... tanto più che mio padre era sempre stato molto diretto nelle cose che aveva da dirmi, mai in vita sua era ricorso a giri di parole... “Ebbene, quest’oggi ho sentito per caso un discorso che non avrei mai voluto sentire!” disse infine, come se questo gli costasse molto “Ho sentito un discorso che riguardava te!” “Me?” esplosi, a voce più alta del solito... ero sinceramente sorpresa! “Già!” mi rispose, continuando a tenermi incollato sul viso quello sguardo inquisitorio che adesso, tuttavia, iniziavo a comprendere “Un discorse che riguardava te e... beh... un presunto interesse che, per te, nutre... Dukey!” E finalmente capii... E ciò mi fece sorridere! “Oh, papà, per favore...” “No!” mi interruppe lui, sempre serio “Non c’è ‘papà per favore’ che tenga! Voglio una risposta. E la voglio adesso!” Sospirai... “Papà...” “Senti, Talia, io capisco che per una ragazza quel Dukey possa essere... non lo so... interessante, suppongo! E’ giovane, è forte ed è rispettato in città! Ma a me non piace e non voglio che stia intorno a mia figlia! Non mi piace, non tanto per quanto è presuntuoso e arrogante, per quanto si pavoneggia sopraffacendo i più deboli... ma piuttosto perché non sa distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Conta il potere per lui e la forza, nient’altro... e quando un uomo predilige il forte al giusto significa che non capisce il valore di niente!” La voce di mio padre si spense lentamente e io, con un battito di palpebre, tornai in quel bosco... ‘Non sa distinguere ciò che è giusto...’ aveva detto papà ‘Conta il potere per lui e la forza...’ Non sapevo perché ma quelle parole continuavano a risuonarmi nella mente come una litania. Cercai di ignorarle e di concentrarmi sul problema più immediato... Fidarsi... era il caso? Eppure non c’era alternativa! Se fossimo tornati a Cartignone, non ci sarebbe stata speranza alcuna per quel povero cavaliere... Lanciai un’occhiata alle mie compagne, socchiusi gli occhi un momento, poi mi decisi... “Veramente, sir...” dissi lentamente a sir Bumin, ignorando volontariamente Dukey “Veramente... temo che la vostra valorosa spada abbia un compito più urgente che non riportare noi in città!” Esitai ancora un istante... scrutavo gli occhi del mio interlocutore, come a volerne leggere le reazioni... “C’è un uomo, mio signore...” spiegai “Un cavaliere! Lui è entrato in quella grotta laggiù per salvare noi da alcuni uomini che volevano catturarci e non è ancora tornato... siamo molto in pena, mio signore. Temo possa essere in pericolo! E sono certa che l’alto valore dei vostri cavallereschi ideali non possa che consigliarvi di correre in soccorso di un sì valente cavaliere. Non è così, mio signore?” Tacqui infine e rimasi in attesa, sperando di esser stata convincente e... pur non sapendo perché continuavo ad avere quella sensazione... sperando anche di aver preso la decisione giusta. |
Quelle parole rincuorarono Morven. Egli distese i muscoli delle spalle e delle braccia, si lasciò sfuggire un sospiro che mescolava sollievo, gioia e liberazione, e finalmente abbassò l'arma, ormai non più teso nello sforzo di dimostrare che poteva sollevarla, ma piuttosto alla ricerca del modo più comodo e naturale per impugnarla.
In quello stesso istante Louis si fece appena da parte, e con il gesto della mano gli indicò il fondo delle piccola stanza, a stento illuminato dal rosso ombroso del fuoco della fucina. Morven fissò con meraviglia una fila di robusti scaffali di legno, pieni di attrezzi e di ampolle di diverso colore e misura. Invitato da quel gesto e dalle parole del cavaliere, il giovane, senza mai abbandonare Samsagra che restava stretta nel suo pugno, si avvicinò a quei contenitori e iniziò a leggerne le grandi etichette che recavano ordinatamente scritto il nome del contenuto. E lì vi trovò infine proprio quell'olio che aveva nominato. Con quell'unguento intinse una pelle di daino che aveva scorto abbandonata vicino all'incudine, e, appoggiando Samsagra su quella superficie, con un gesto vigoroso cominciò a passare il panno sulla lama. Non appena Morven ebbe compiuto quel gesto, la spada sembrò di colpo illuminarsi. Il giovane, sorpreso, ritrasse la mano. Di nuovo aveva avvertito quel calore sorprendente che già lo aveva colpito in precedenza. La spada sembrava emanare calore come se fosse stata appena estratta dalla fiamma della forgia. Ma il lucore che accese la lama non era di fuoco, come quello del metallo arroventato. Samsagra prese a splendere di un sorprendente colore di smeraldo. Morven la fissò stupito per qualche secondo, ma poi sorrise, dolcemente a quella vista. La spada rispondeva al suo tocco, come una donna alla carezza del suo amato. Questo pensiero lo innamorò ancor più di quell'oggetto, e diede forza e impazienza al suo gesto. Il giovane cavaliere riprese a lucidare la spada, e d'un tratto, dopo appena una o due semplici passate, i suoi occhi videro qualcosa di meraviglioso. Di colpo l'opacità del tempo sembrò staccarsi dalla lama e scivolare via come se non fosse mai esistita. Lo splendore della lama si espanse nello spazio intorno, illuminando in un bagliore di smeraldo la penombra della stanza. Il filo brillò scintillante, attraversato da un brivido, un palpito vitale che dall'elsa si irradiò fino alla punta. Morven, sempre più stupito, si fermò, lasciò cadere il panno e sollevò nuovamente la spada e si avvicinò alla fucina per poterla osservare meglio alla luce della fiamma. La base della lama che confluiva nell'elaborata impugnatura non era ancora stata ripulita del tutto, ma non sembrava più rovinata. Sembrava piuttosto incrostata da un sottile strato di cristalli lucenti, come schegge di smeraldo e d'agata, che si fondevano poi nello strano disegno che si allargava sull'elsa, dando vita al corpo sinuoso della creatura fantastica che Morven aveva scorto qualche minuto prima, quando aveva avuto l'impressione forte e pressante che quella spada stesse prendendo vita, si stesse risvegliando. La lama, però, per tutta la sua lunghezza fino alla punta, era lucida e splendente, come se fosse stata appena forgiata e lucidata. Morven sorrise, e in preda a quella mistica emozione, passò il dorso della mano su quella superficie. In quel momento la luce di smeraldo si fece più intensa, come se la spada avesse voluto rispondere a quella carezza. "Samsagra..." mormorò il giovane, con voce bassa e rotta dall'emozione di essere finalmente così vicino a quel possesso inaspettato. Fu a quel punto che una luce esplose, avvolgendo il cavaliere come in un abbraccio, e dall'anima stessa della spada si levò un grido. Morven per un istante atterrì. Un grido, un grido di donna gli ferì le orecchie. Cercò di muoversi ma si accorse di non poterlo fare, stretto com'era in quei fasci di luce verde che lo trattenevano come due braccia. Spalancò gli occhi, fissò Samsagra che risplendeva, sorgeva splendida dalle sue mani e si tendeva con un grido verso il cielo. Il grido si fece canto, e Morven smise di avere paura e tese l'orecchio a quella musica... quella voce di donna l'aveva già udita nel suo sogno. Si lascià vincere dalla dolcezza di quella melodia, chiuse gli occhi, si abbandonò a quel momento di comunione. Percepì la luce che lo accarezzava, e il grido di donna che infine liberato dalla sua prigione si tramutava infine in un canto di gioia... "Effonde il mio cuore liete parole, io canto al re il mio poema!"... così cantava Samsagra, mentre Morven affondava nell'incanto di quel momento, ormai incapace di distinguere il sogno dalla realtà. "Samsagra..." mormorò di nuovo, sorridendo "... al re piacerà la tua bellezza..." E nel momento in cui pronunciò quelle parole, la voce di donna si interruppe, si sciolse in una leggera, dolcissima risata, quindi scomparve lasciando dietro di sè una lieve scia. La luce lo strinse con nuovo vigore, quindi si contrasse come in uno spasimo, e parve rientrare con un movimento rapido e violento nel cuore stesso dell'arma. Morven aprì gli occhi. Intorno a lui tutto sembrava immutato. La spada era immobile e lucida tra le sue mani. La lama, ripulita, risplendeva della luce del fuoco, e Louis era ancora accanto a lui, poco discosto dall'incudine, esattamente nello stesso atteggiamento in cui l'aveva lasciato. Morven lo studiò con curiosità e quasi con timore, interrogandosi... "Avete visto anche voi la luce avvolgente?" Chiese il giovane cavaliere. "E soprattutto, avete udito anche voi quel grido, e la voce di donna, e quelle parole? Avete assistito anche voi a questo prodigio, o forse io sto diventando pazzo?" |
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"Ci siete voi ?" risposi ." Da quanto tempo seguite i miei passi?" Lo guardai e parlandogli cercai di fargli capire che poteva fidarsi di me, ma allo stesso tempo ero io che non sapevo se potevo fidarmi di lui, mi avevano insegnato che diffidenza è l'unica e vera arma che ti leva dai guai. " Allora mi volete rispondere ? Non abbiate timore, non so in che modo una dama come me vi possa aiutare, ma fare tutto il possibile per darvi una mano". "Ditemi...coraggio..continuai a ripetere. |
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Il bosco divenne all'improvviso silenzioso, solo il ticchettio della pioggia sulle foglie spezzava quel vuoto , neanche il solito canto degli uccelli, ne un calpestio di foglie da parte di qualche cervo, il silenzio regnava sovrano . Tutto ciò era strano , come se questo fosse il preludio di un evento minaccioso.. |
Goldblum fissava con i suoi occhi grandi Gonzaga.
"Milady..." cominciò a dire il nano "... io sono solo... ed in questo bosco sta accadendo qualcosa di terribile... purtroppo non so a chi chiedere aiuto... ero con alcuni cavalieri ma siamo stati attaccatti e nel fuggire ci siamo dispersi... non so neanche se siano vivi o meno i miei compagni... voi, ditemi, conoscete qualcuno che possa aiutarci? Io purtroppo sono estraneo sia al mondo dei miei simili, i nani, sia a quello degli uomini... aiutatemi, vi prego..." |
Piove a dirotto e c'e' vento, sul mio destriero galoppo percorrendo la fitta boscaglia e da lontano sgorgo una figura, mi avvicino e noto una bellissima dama, impenno il mio destriero ed avvicinandomi a quella dolce creatura mi presento a lei dicendole di non temermi e che saro' lieto di scortarla ovunque Ella vada
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Intanto, nella casa di Louis, Morven stava imparando a conoscere la divina Samsagra.
Il cavaliere aveva la fiera spada fra le mani e ne era rapito. Louis la fissava in silenzio. Poi, a quelle parole di Morven rispose: "Cavaliere, io non ho udito nè visto nulla... nessuno potrebbe a parte voi che siete riuscito a sollevare quella spada... quella spada vi appartiene..." E gli occhi di Morven furono illuminati dallo splendore di Samsagra che cominciò finalmente a mostrare la sua bellezza, ora che quel cavaliere le stava ridando il suo antico splendore. |
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" Vi aiuterò , potete starne certo. Farò tutto ciò che mi sarà possibile, anche se sinceramente non so come. L'unico posto sicuro sarebbe l'abbazia dove sono cresciuta , ma è parecchi giorni di viaggio da qui e sarebbe anche troppo rischioso avventurarsi da soli da quelle parti. Qualche giorno fà anche io mi sono trovata in pericolo e ho trovato aiuto nella casa di due cavalieri , che mi si sono mostrati gentili e premurosi..forse loro...non so però se.... dovremmo tornare indietro , attraversare la cascata , per arrivare alla loro casa. Adesso non mi sembra prudente...la notte inizia a calare e il bosco è terra di nessuno durante la notte." A queste mie parole vidi lo sguardo del nano diventare più sereno e fiducioso, forse le mie parole lo avevano rincuorato. Ma dentro di me pensai." chi rincuorerà me? " Ho offerto il mio aiuto senza avere la certezza di esserne capace. |
Goldblum fissò la giovane Gonzaga e riprese vigore grazie alle sue parole.
"Grazie, milady..." disse "... vi prego, conducetemi dai cavalieri di cui dite... non abbiamo tempo, anche un solo mominto potrebbe essere determinante... l'unica cosa poco prudente è restare con le mani in mano... mentre quei demoni preparono il loro folle attacco... vi scongiuro, damigella, andiamo da quei cavalieri, sperando che possano aiutarci..." |
Così dopo di averla tranquilizzata sulle mie intenzioni, salì dietro a me sul destriero e cosi' partimmo per cercare rifugio alla pioggia battente.
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" Forse avete ragione voi , anche se attraversare a piedi il bosco a quest'ora mi mette paura, ma io confido nel Signore . Il grande insegnamento del mio carissimo abate , è stato quello che bisogna confidare sempre nel Signore e cosi nessun evento malvagio ci potrà far del male".
Cosi gli presi la mano e ci dirigemmo verso la casa di Ser Louis e Ser Morven , con la speranza di un loro aiuto. |
Gli occhi gli risplendevano, completamente impegnati dalla vista di Samsagra. Dovette persino sforzarsi di tendere l'orecchio alle parole del vecchio cavaliere, chè rischiava di non udirle, tanto era ancora preso da quella visione che lo aveva colpito.
Il pensiero che Louis non avesse veduto nè udito nulla lo turbava. E se fosse stata davvero una folle visione della sua mente, congestionata fin dall'adolescenza dal ricordo ossessivo di quel sogno? Come spiegarsi quella meraviglia? "... quella spada vi appartiene..." Quelle parole risuonarono chiare e limpide nella sua mente. Sì, si disse, non devo dubitare oltre! Mi è stato concesso di vedere e di provare ciò che ad altri non è stato concesso... chi sono io per rifiutare questo dono? Ripensò al suo sogno, ai pezzi che componevano la sua visione. Quella spada e la sua straordinaria magia appartenevano a quel sogno, e Samsagra stava dando voce con chiarezza ad una parte di esso. L'unica sua preoccupazione doveva essere quella di dimostrarsi degno di cingere quell'arma leggendaria. Non doveva avere altro pensiero, nè dubbio... ogni dubbio ed ogni esitazione non sarebbero serviti ad altro che a macchiare la lucente bellezza di quella lama! Solo la verità, la mitezza e la giustizia... così come aveva detto la voce udita nella visione... solo quei valori potevano sollevare Samsagra, e solo in nome di quei valori avrebbe dovuto muovere il suo braccio, da quel giorno in avanti. Si girò quindi verso Louis e lo fissò con sguardo riconoscente e fiero. "Col vostro permesso, mio signore, io qui prendo in consegna questa spada, e vi prometto, come già vi dissi, di portarla con onore e con giustizia, e di renderla ancor più splendente, della luce stessa della vittoria" Si inchinò, tenendo stretta nel pugno Samsagra e avvicinandola al petto. Quindi prese la mano del cavaliere, quella mano che aveva forgiato quella splendida arma, e la baciò, con lo stesso atto di fedeltà che il vassallo tributa al suo signore. Solo dopo aver compiuto quel gesto, Morven rialzò il capo. "Ora, con questo, io chiedo la vostra benedizione e il vostro congedo, mio signore. I miei compagni sono ancora là fuori, esposti al pericolo, e il male che copre queste terre è sempre più grande e potente, perchè io possa indugiare ancora oltre al riparo della vostra casa. Benedicetemi, cavaliere, e con la vostra benedizione andrò incontro alla ventura che il Fato mi ha destinato!" |
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