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La sera, al castello di Cimarow, trascorse tra le risate e i propositi di quei nobili traditori.
Il vino scorse a fiumi, così come la carne ed il pane. Le schiave danzarono per tutta la cena, al suono dei musici con i loro flauti. “Come una foglia al vento…” disse Nyclos fissando Melisendra “… ma anche il vento si può imprigionare, no? Le mura di questa fortezza sono capaci di racchiudere anche il vento, milady…” aggiunse sorseggiando dalla sua coppa. “Quando attaccheremo Capomazda, milord?” Chiese uno dei baroni, visibilmente sotto gli influssi del vino. “Siamo inattivi da troppo tempo, ormai!” “Non siate impaziente…” rispose Cimarow “… ogni cosa a suo tempo.” “Attaccheremo Capomazda quando avrà nominato il nuovo Arciduca!” Intervenne Aytli. “Il nuovo Arciduca che sarà anche l’ultimo…” “Milady…” fece Nyclos “… mi chiedo come mai abbiate deciso di rinunciare alla vostra femminilità in questo modo! Voglio dire… si, siete abile molto più di tanti cavalieri, ma siete anche una bellissima donna… perché questa scelta?” “Forse perché nell’aristocrazia non ho mai trovato nessun uomo capace di starmi alla pari! Ho tentato così tra i militari! Alla vostra salute, mio giovane signore!” Mostrando la sua coppa. “La nostra lady Aytli” esclamò divertito Cimarow “è temibile non solo quando impugna un’arma! E di questo ne hai fatto le spese tu, mio ingenuo fratello!” Nyclos accennò un sorriso, più simile ad una smorfia in realtà, che a stento celava il suo imbarazzo. Alla fine della cena, Melisendra fu accompagnata dalla vecchia servitrice nella sua stanza. “Non restare al buio…” mormorò la vecchia accennando una grottesca risata “… perché nel buio si annidano i demoni che popolano questo luogo…” Ed entrata nella stanza, Melisendra vi trovò accesa una piccola candela. http://ilblogdibarbara.ilcannocchial...22/candela.jpg |
La grande sala con le sue slanciate colonne di gusto classicheggiante, che sorreggevano la pesante cupola, era invasa ed attraversata dai raggi del Sole.
Statue raffiguranti gli eroi della mitologia capomazdese occupavano grandiosi piedistalli, che simili a grandi altari ospitavano i sogni di chiunque si fosse recato in quel luogo. Ed al centro dominava con la sua marmorea perfezione la statua dell’Arcangelo Michele. Icarius la fissava. La vedeva per la prima volta, o almeno così credeva, ma qualcosa di familiare lo attirava verso quella statua. “La statua di San Michele…” disse all’improvviso una voce “… il protettore di Capomazda e della sua divina stirpe… Izar era preoccupato per voi…” continuò August “… vi ha fatto cercare dappertutto…” “Sapevo di trovarvi qui…” aggiunse dopo un attimo di silenzio August “… venivamo sempre qui da piccoli ad osservare le statue.” “Io non ricordo nulla del mio passato…” mormorò Icarius. “Presto tutto vi ritornerà chiaro.” “Questo posto è… speciale… c’è qualcosa qui… qualcosa di unico.” “Si, è vero.” Annuì August. “Io non riuscirò mai ad essere un degno Arciduca per questa terra.” “Siete nato per questo” disse August “e nessuno potrebbe esserne più degno di voi.” “Non so neanche come comportarmi, August…” “Siate voi stesso, milord… non occorrerà altro…” “Capomazda è imponente… e la sua grandiosità quasi mi intimorisce… e tutte queste statue… è come se mi fissassero per dirmi qualcosa…” “Io credo, mio signore, che vi aspettassero da tempo... da molto tempo…” “Talia… è molto bella, vero?” Domandò all’improvviso Icarius. “Si, mio signore.” Sorrise August. “Io credo sia la più bella donna mai nata.” Sospirò Icarius. “Dobbiamo ritornare al palazzo, amico mio?” Chiese poi. “No… possiamo restare ancora un po’ qui, se volete, mio signore.” I due si scambiarono allora uno sguardo d’intesa. http://24.media.tumblr.com/tumblr_ky...d6aso1_500.jpg |
Talia giunse nella biblioteca e subito spostò le pesanti ed austere tende, permettendo alla luce di invadere ogni angolo di quella vasta sala.
Cominciò a cercare tra grossi volumi di ogni tipo e genere. Trattati di teologia, storia, agronomia, architettura e di altre diverse discipline erano conservati in quegli scaffali e cercare qualcosa in particolare era spesso impresa assai ardua. La bella principessa di Sygma passò lì dentro l’intera mattinata. E quando fu stanca si lasciò cadere su uno dei grandi seggi. Era ancora sconfortata ed avvilita quando il suo sguardo cadde su un testo che le sembrava familiare. Lo guardò meglio e finalmente riconobbe in quello il libro che le aveva mostrato lord Rauger. Lo aprì e dentro vi trovò quella mappa. E su di essa, come aveva visto in sogno, trovò proprio quella Pieve. E quella, come nell’incubo della notte scorsa, era ubicata proprio dove sembrava terminare la grande campagna di Capomazda e dove cominciava la misteriosa e sinistra brughiera. http://www.storiadimilano.it/citta/m...saio_small.jpg |
Intanto, Cavaliere25 concludeva il suo giro d'ispezione, quando notò alcuni balordi nei pressi delle mura.
Si guardavano intorno con aria sospetta e dopo un pò presero la stradina che conduceva al borgo. Quegli uomini avevano molto insospettito Cavaliere25, che, in quel lasso di tempo, doveva decidere cosa fare. Seguirli oppure no? |
“Bisogna decidere sul da farsi…” disse Izar “… sua signoria ora è totalmente incapace di governare il ducato…”
“E chi potrebbe farlo al suo posto?” Chiese Monteguard. “Nessuno ha l’Imperium su queste terre oltre lui…” intervenne Ravus “… i baroni e i cavalieri hanno giurato fedeltà a lui!” “Ma lui ora non è capace di prendere decisioni!” Disse Izar. “Potrebbe anche non recuperare più la memoria…” replicò Monteguard. Izar restò in silenzio, mentre Ravus si segnò tre volte. “Dio non voglia!” Esclamò. “Terremo dunque segreta questa cosa ai baroni ed al popolo?” Domandò il capitano. “Si, assolutamente!” Rispose Izar. “E lady Talia? Anche lei deve restare all’oscuro di tutto?” Chiese Monteguard. “Si, anche lei.” “Ma è sua moglie!” Esclamò Ravus. “E’ di Sygma, signori!” Disse Izar. “Probabilmente pentita ed infelice di essere qui! E se, saputo dell’incidente di sua signoria, rivelasse tutto al priore ed al cavaliere giunti da Sygma? Non pensate a questo? Saremmo deboli e indifesi, alla mercè non di uno, ma di ben due nemici!” “Parlate come se Sygma pullulasse di nemici pronti ad attaccarci…” fece Monteguard. “Andiamo, capitano…” infastidito Izar “… quella terra non aspetta altro che ribellarsi e liberarsi del nostro potere. Non sono diversi da Cimarow.” “Non sono d’accordo…” “Capitano, non siamo qui per basarci sulle nostre sensazioni!” Lo interruppe il filosofo. “Dobbiamo basarci sui fatti! Ed i fatti sono quelli che ho elencato! Signori…” cercando di calmarsi “… capisco il vostro stato d’animo, ma ciò che faccio è solo nell’interesse del ducato… sono stato consigliere di lord Rauger ed ora lo sono di suo nipote… il bene di Capomazda per me viene prima di tutto!” “Citate lord Rauger…” replicò Monteguard “… ma dimenticate la sua politica verso Sygma… non ripetere gli errori del passato, diceva. Rammentate? Io ed i miei discendenti siamo i signori di Capomazda e di Sygma, proclamava. Un unico popolo. Questo era il suo sogno.” “Vedremo se sarà possibile…” rispose Izar. http://images.wikia.com/starwars/ima...Palpatine1.jpg |
Presi e mi misi a seguirli a distanza per non far capire che li stavo seguendo volevo vedere dove andavano e cosa facevano e se la cosa si metteva nei peggiore dei modi correvo a dare l'allarme sempre che riuscivo
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Il ritorno del Duca, aveva riacceso le speranze della gente, aveva dato loro nuova forza, ma il Duca, non sembrava essere se stesso.
Nel trambusto generato dal ritorno del duca, l'andirivieni di gente e il clima festoso, non mi avevano consentito di concludere il discorso con il capitano, ma ero lì quando questi parlava con Ravus e Izar. "Signori, scusate l'intromissione, ma non so se la vostra è la decisione giusta, il fatto che il duca non sia in grado di svolgere i suoi compiti, lo potrete tenere nascosto al popolo, ma non riuscirete a ingannare per molto tempo le altre persone che gli stanno attorno. Cosa farete lo nasconderete? Anche in questo modo la gente capirà che qualcosa non funziona." |
L'atmosfera tetra non mi faceva dormire.
Quell'anziana donna e le sue poco rassicuranti parole mi avevano messo sul chi vive. Esaminai la stanza e i suoi arredi. Pesanti e scuri tendaggi pendevano dal baldacchino. Le cassapanche erano state riempite di vestiti e veli che chissà a chi erano appartenuti. Una vecchia specchiera rifletteva la luce della piccola candela. Pettini, spazzole, flaconi di vetro contenenti misteriosi unguenti e ampolle opache. Una brocca con acqua fresca e dei calici. Mi sedetti su uno scranno e rimirai le vecchie ampolle sbeccate. Afferrai una coperta e ne deposi una al suo interno. Poi la colpii con un pesante arredo. Un rumore attutito di vetri infranti. Scelsi con accuratezza alcune schegge e mi sbarazzai del resto. Una era perfetta... non troppo lunga, ma spessa e affilata. La nascosi vicino al letto, dove mi sarebbe stato possibile afferrarla in caso di pericolo. Mi spogliai e mi accoccolai sotto le coperte. Le ombre danzavano intorno a me. Sprofondai in un sonno senza sogni. |
Citazione:
"Lo sai che cosa ci sarà nella mia vita futura? Ci sarà un bambino che nascerà tra pochi mesi e sarà senza padre!" Continuai a guardarlo interrogandolo con lo sguardo come per chiedergli di risolvere ogni mio problema. Gli presi le mani tra le mie e le strinsi forte "Non ti conosco bene, e tu non conosci bene me, ma... è anche vero che qui a Capomazda non conosco nessun'altro e sono legata a te anche perchè mi salvasti la vita la prima volta che ci incorntrammo. Vorrei chiederti, se non è troppo, di stare vicino a mio figlio quando nascerà. Sarà sempre senza padre ma vorrei che avesse una guida almeno per quelle cose che solo un uomo può insegnare, perchè io lo so che sarà un maschio". E dicendo così lo guardai dolcemente mentre poggiavo delicatamente il palmo della sua mano sulla mia pancia. |
I miei occhi scivolavano su quel foglio di pergamena, scorrevano ogni linea ed ogni iscrizione, seguivano i contorni di ogni segno e disegno... infine individuarono ciò che cercavano e il mio cuore ebbe un sussulto: la pieve di Gyaia, il luogo che avevo visto in sogno.
Ed era lì, lì su quella sorta di ideale confine tra la curata campagna e la selvaggia brughiera... non era così distante dalle mura della città, notai... ero certa che con un buon cavallo, capace di sostenere un passo adeguato, la si poteva raggiungere agilmente in poco tempo... Le mie dita si posarono sulla mappa e scorsero la distanza tra la porta della città e la pieve... il respiro mi si era fatto più lento e mille idee mi vorticavano in mente... Quel sogno... il volto di Gyaia... le sue parole... i suoi occhi, talvolta così tristi, talvolta così simili ai miei... E così decisi. Scesi in cortile quasi di corsa, non mi guardavo intorno e non rallentavo il passo, quasi temessi di essere fermata... Pensai a Matthias... un attimo, poi cambiai idea. Era vero: lui mi aveva accompagnata in mille avventure e mai si era tirato indietro... ma quella volta era diverso, lui non mi avrebbe mai permesso di uscire dalle mura della città in un momento simile, l’avrebbe trovata una pazzia... e poi quella era una cosa che dovevo fare da sola, era una cosa che riguardava me! Anche se non soltanto me, probabilmente... Pensai ad Icarius... inavvertitamente, ma in fretta scacciai quell’idea come la più assurda che potesse sfiorarmi. Dopo tutto a lui non era mai interessato niente di me e di quello che pensavo... perché mai avrebbe dovuto curarsi di un mio sogno? Entrai nelle scuderie con la furia di un uragano... Gli uomini che erano lì a lavoro mi guardarono sorpresi, ma io non mi curai affatto di loro. Mi guardai intorno un attimo, in cerca di un cavallo appropriato... e la vidi! La cavalla che mio padre aveva mandato in dono a mio marito era bellissima, il suo manto era liscio e di un colore indescrivibilmente meraviglioso. Era legata ad un palo traverso, ma scalpitava fiera e indomita... sorrisi: nessun cavallo di Capomazda avrebbe mai eguagliato un cavallo di Sygma. Mai! Mi avvicinai e lei iniziò ad agitarsi e a scalciare... Così le presi il muso tra le mani e iniziai a carezzarla piano... “Calmati, amica mia...” le sussurrai nella lingua di Sygma, e a quel familiare suono la cavallina si placò all’istante. “Adesso io e te andremo in un posto...” proseguii, sempre nella nostra lingua “Andremo a cercare delle risposte, io e te da sole... ti va?” |
La mano di Pasuan sulla pancia di Dafne.
Inizialmente aveva paura. Paura di un qualcosa che sembrava molto più grande di lui. Paura di perdere la sua libertà, la sua vita. La sua vita. In un attimo, tutta la sua vita gli attraversò il cuore. Ed ogni singolo evento di quella vita gli parve vuoto e senza senso. Qualcosa era cambiato da quando era comparsa lei nella sua vita. Ora lei era lì che lo fissava con quei suoi occhi luminosi e profondi. E Pasuan sentì qualcosa di indescrivibile. Era lì, con lei e con la presenza di quel bambino già così reale e concreta. Ed ebbe la forte ed intensa sensazione che tutta la sua vita fosse lì, in quella casa. Ed una grande gioia sorse allora nel suo cuore. “Non conosci nessun altro qui…” disse senza togliere la sua mano dalla pancia di lei “… e vorresti una guida per il tuo bambino… capisco…” mormorò chinando il capo “… è questo che vuoi da me… solo questo… si, forse hai ragione… non conosco la tua vita e non dovevo permettermi di dirti quelle cose... non ne avevo alcun diritto…” Ad un tratto dei rumori interruppero quella scena. Quei balordi che Cavaliere25 aveva visto presso le mura di Camelot erano sulla porta della casa. “Ehi, che bel bocconcino abbiamo qui!” Disse uno di loro, fissando Dafne. “Io ed i miei amici non mangiamo da un bel po’… e non tocchiamo una donna da ancora più tempo!” “Cosa cercate? Andatevene se non volete guai!” Minaccio Pasuan. Fece allora scendere la sua mano sul fodero, ma si ricordò in quel momento di non avere con sé la sua spada. “Ehi, qui abbiamo un duro!” Esclamò il balordo. “Facci vedere allora quanto vali, grande eroe!” “Vi fate forti perché siete in tre, vero?” Disse Pasuan. “Dafne, resta dietro di me e non muoverti…” rivolgendosi poi a bassa voce a Dafne. “Diamogli una lezione, ragazzi!” Gridò uno dei tre. I suoi compari allora si lanciarono su Pasuan. Questi però ne stese subito uno colpendolo con un pugno. L’altro allora gli lanciò la frusta che avvolse subito il braccio sinistro del cavaliere. “Ora soffrirai, cane!” Urlò il balordo. Ma Pasuan cominciò ad avvolgere la frusta attorno al braccio, tirando a sé il balordo. “Aiutami, Pat!” Gridò questi. Ed il compare, corso in suo aiuto, colpì con un bastone il braccio di Pasuan. Il cavaliere gridò forte per il dolore, accasciandosi a terra. Ma quando Pat gli fu quasi sopra, Pasuan si alzò di colpo, sferrandogli una testata allo stomaco. “Maledetta carogna!” Esclamò l’altro. “Sei duro ad arrenderti, eh! Ora la faremo finita!” Ed estrasse un lungo coltello. In quel momento giunse Cavaliere25 davanti alla casa di Dafne e vide tutta la scena. http://2.bp.blogspot.com/_zCmbmDTQqo...adme-Arena.jpg |
Il ragazzino stava sul ciglio della strada.
Il viso sporco di fango e lacrime. “Guardate, il figlio della strega!” Disse uno dei fanciulli che lo fissavano dall’altra parte della strada. E cominciarono a tirargli delle pietre, una delle quali lo colpì allo zigomo. “Maledetti!” Ringhiò il ragazzino stringendo nella mano una di quelle pietre. “Perché non venite uno alla volta? Vigliacchi, vi odio!” E quelli andarono via ridendo e schernendolo. Restò così da solo in quella strada. “Questa è l’ultima volta che ho pianto…” mormorava “… lo giuro… lo giuro su quest’odio che provo per tutti voi!” E corse via. Corse fino a perdersi nel bosco, fino ad arrestarsi davanti ad una piccola cappella. In quel momento udì il canto di un gufo che salutava l’arrivo della sera. Allora i loro sguardi, per un istante, finirono l’uno nell’altro. “Vorrei essere libero come te…” sospirò il ragazzino “… libero… non mi servirebbe altro…” Il gufo allora spiccò il volo e si lanciò fra i rovi, dove con gli artigli afferrò un grosso topo e svanì poi fra gli alberi più alti. Il ragazzino guardò ammirato quel superbo rapace contro quell’insignificante preda ed un lampo attraversò i suoi occhi neri come la pece. “Non sei in paese con gli altri ragazzini?” Chiese una voce. Il ragazzino si voltò. “C’è la festa del paese e tutti i ragazzini ne vanno matti.” Continuò un vecchio che gli si avvicinava. “Non mi interessano queste cose…” rispose il ragazzino. “Verrà benedetta la statua di Sant’Apollinare.” “Non mi interessa… io non credo a queste cose…” “E non hai paura di perdere l’anima ed andare all’Inferno?” Domandò il vecchio. “Io non credo nell’anima…” “Io invece si…” sorrise il vecchio “… vuoi rendermi la tua?” Il ragazzino lo fissò incuriosito. “Se non credi di averla non ci rimetterai nulla nello scambio, non trovi?” “Sei pazzo.” “Forse. Allora? Mi rendi la tua anima, visto che non credi neanche di possederla?” “Mi prendi in giro…” “Cosa vorresti in cambio, dimmi?” “Voglio diventare un cavaliere…” dopo un attimo di silenzio il ragazzino “… il cavaliere più forte del mondo!” Il vecchio sorrise. “Ed un giorno” aggiunse il ragazzino “voglio battermi con lui!” Disse indicando l’affresco raffigurante San Michele Arcangelo nella piccola cappella. Il vecchio fissò quell’affresco e rise di gusto. “Dicono che sia il modello più alto per ogni cavaliere… il difensore della Chiesa… quella Chiesa che ha bruciato viva mia madre!” Mormorò con odio e rabbia il ragazzino. “Affare fatto, ragazzo mio!” Disse il vecchio stringendogli la mano. “Tu sarai il cavaliere più forte e se saprai farti valere, chissà che davvero tu non possa duellare, l’ultimo giorno, con San Michele!” “Quando?” Chiese il ragazzino. Il vecchio rise di nuovo, senza però rispondere nulla e andò via, perdendosi tra gli sterpi e le felci. Quel ricordo ricorreva spesso nella mente di Gouf. Ed a tratti pareva assumere la forma di una visione, di un’allucinazione. Talvolta giungeva nel sonno, a cavallo tra il sogno e l’incubo. E quando svaniva lasciava nel cavaliere un profondo senso di inquietudine. E nel rivederlo in sogno, Gouf urlò per poi svegliarsi bruscamente. Uscì allora dalla sua stanza e scese a passeggiare nel grande cortile del castello, tra le ombre di quella notte angosciante e tormentata. |
Izar fissò Hastatus con attenzione.
“Non credo di conoscere questo cavaliere…” disse il filosofo. “E’ sir Hastatus di Camelot.” Intervenne Monteguard. “Egli gode della fiducia di re Artù e di quella di lord Astalate.” “Di Camelot…” mormorò il filosofo “… non di Capomazda. E questo non credo lo renda informato su ciò che sta accadendo qui.” “Ciò che dice sir Hastatus non è utopia…” replicò Monteguard “… chi conosce il duca non impiegherà molto a comprendere come stanno davvero le cose. Forse dovremmo dire la verità ai baroni e ai cavalieri del ducato.” “Si, sono d’accordo.” Annuì Ravus. “Del resto chi è fedele a sua signoria saprà comprendere la situazione.” “Non sono convinto…” mormorò Izar “… qualcuno potrebbe approfittare della sua debolezza.” “Sua signoria non è né debole, né indifeso.” Disse Monteguard. “Ha perduto la memoria, ma questo non fa di lui un inetto. Nelle sua vene scorre comunque lo stesso sangue dei suoi antenati… quegli stessi antenati che fecero grande Capomazda.” “E poi, secondo i medici, questa sua amnesia è solo momentanea.” Fece Ravus. “E presto dovrebbe ricordare ogni cosa del suo passato.” “Anche io sono d’accordo con il capitano Monteguard, il chierico Ravus e sir Hastatus.” Disse Lho entrando nella sala. “E poi sua signoria non mi è sembrato affatto un folle, o un debole… anzi, tutt’altro.” “Sir Lho… voi qui!” Esclamò Ravus. “Allora avevo visto giusto prima tra le gente… mi sembrava impossibile eppure siete qui… di nuovo…” “Come mai avete fatto ritorno a Capomazda!” Domandò Monteguard. “E’ grazie a sir Lho che sua signoria è ancora vivo.” Disse Izar. “Sono qui per il ruolo che da sempre spetta alla mia stirpe.” Mormorò Lho. “Sono qui per proteggere il mio e vostro signore.” http://media.mysofa.es/_images_/vert...smo_0102_0.jpg |
Mi svegliai all'improvviso. Rumore di passi.
Mi misi a sedere e tesi l'orecchio. Passato. La candela si era quasi consumata, quindi mi alzai ad accenderne un'altra. Che notte strana... mi venne un'improvvisa nostalgia. Posizionai un cero sul pavimento e presi un cristallo dal sacchetto che stava sempre alla mia cintura. Mi accoccolai sul pavimento di pietra, stringendo in una mano il cristallo e nell'altra la scheggia di vetro tagliente. Con un gesto rapido mi tagliai la mano. Il sangue uscì dal graffio, brillante e rosso come una fragola matura. Strinsi forte il cristallo e iniziai a sussurrare una nenia. Pensai a lui. Lo cercai con tutte le mie forze. Feci scivolare una goccia di sangue sulla candela davanti a me. La fiamma sfrigolò e si levò del fumo. Aprii gli occhi e lo vidi prendere forma. Un vecchio trucco... imparato molto tempo prima. Ovviamente dormiva. Tra il fumo era apparso il volto addormentato di un bambino. Tranquillo, quasi beato nel suo sonno. Nessuna paura, nessuna angoscia. "Uriel..." sorrisi, concentrata, in adorazione. Si mosse, come se mi avesse sentito. Cantai sottovoce e lo vidi sorridere. Com'era cresciuto. Non lo vedevo da tanti mesi. Ormai aveva quasi due anni. Ricordai il giorno della sua nascita, mentre attraversavo un noccioleto, insieme al fido Pandemonio. Ricordai quando presi la decisione di lasciarlo, al sicuro, presso una famiglia che si sarebbe presa cura di lui, dove sarebbe cresciuto tra fratelli e sorelle, con un caldo focolare e una brava donna a vegliare su di lui. Un vecchio cavaliere e sua moglie. Talvolta inviavo loro doni, lettere, senza mai specificare dove mi trovassi. Ero tornata solo una volta a vedere come stava poi, nel timore che potesse trovarlo il mio inseguitore, avevo deciso di non arrischiarmi più. Tesi la mano, come ad accarezzare i suoi scomposti riccioli quasi argentei. Non aveva preso da me quei colori chiari. Ogni tanto mi infilavo nei suoi sogni e mi sembrava di toccarlo. Sospirai. Confusa. Nessuno mi aveva mai spiegato che avrei sentito tali sentimenti. Soffiai e il fumo si dissolse, insieme alla malia. Le fiamme delle candele oscillarono. Mi sentii osservata e mi voltai verso la porta. |
Il cavaliere fissava l’infinita oscurità di quella notte densa di foschia, dove ogni cosa appariva sbiadita e sfuggente.
La brughiera era insolitamente silenziosa e nulla sembrava provenire dall’altra parte della mura. “Neanche tu riesci a dormire, mio signore?” A quelle parole Gouf si voltò. “Anche le stelle sembrano nascondersi stanotte…” disse Aytli affiancando il cavaliere “… o forse siamo solo noi incapaci di riconoscerle…” Gouf fissò il cielo senza dire nulla. “Cosa ne faremo di quella donna?” Chiese la ragazza. “Sir Nyclos credo se ne sia invaghito… potrebbe essere un problema ucciderla in seguito…” “Quel giovane sciocco è incapace di riconoscere qualsiasi sentimento…” mormorò il Cavaliere del Gufo “… è un debole ed è l’ultimo dei miei pensieri… domani condurrò con me Melisendra” aggiunse “e vedremo se nasconde davvero qualcosa.” Nello stesso momento, la porta della stanza di Melisendra si aprì come sospinta dal vento e alcune candele nella stanza, insieme a quell’immagine che ancora attraversava il cuore dell’incantatrice, si spensero. “Un albero dalle radici marce…” mormorò una voce di vecchia dal corridoio “… non da mai buoni frutti… il sangue maledetto resterà sempre tale… nasconderlo non ti servirà a nulla…” Melisendra udì di nuovo quell’insopportabile e grottesca risata che si allontanava nel buio corridoio. Un attimo dopo anche il vento cessò di soffiare nella stanza. |
Mi voltai indispettita. Quella vecchia si prendeva palesemente gioco di me.
Rimisi tutto in ordine e mi ripulii. Il sonno era tornato, insieme a una tranquillità inaspettata. Spensi le candele e mi addormentai, rannicchiata sotto le coperte. La luce del giorno mi svegliò quasi gentilmente, filtrando tra i tendaggi. Approfittai della toeletta e mi vestii. Non chiamai le cameriere. Chissà dove si erano cacciate... e comunque preferivo fare da sola. Mi avventurai nel cortile. Uomini in arme, via vai di persone affaccendate. Esitai. http://www.tvtango.com/uploads/blogI...elot_green.jpg |
Il Sole non era sorto da molto, ma nel cortile del castello tutti erano affaccendati in qualcosa che sembrava essere molto importante.
Un drappello di cavalieri era già pronto per partire, quando giunse Gouf con indosso la sua corazza. Gettò una rapida occhiata su tutti loro e poi fece cenno di prepararsi a partire. Improvvisamente si voltò, come se avesse sentito qualcosa. E vide Melisendra. La fissò per alcuni interminabili istanti, fino a quando un enigmatico sorrise sorse sul suo volto. “Oggi non sarà un bello spettacolo…” disse “… desidero dunque qualcosa che mi allieti… ti voglio… con me stamattina...” mormorò sorridendo di nuovo in maniera indecifrabile. Fece cenno ad un servo e questi condusse nel cortile un bellissimo sauro nero come la notte. “Non credo che occorrano abiti particolari per questa nostra uscita…” fece Gouf a Melisendra “… del resto le tue qualità non sono mai dipese, se ben ricordo, dai vestiti che indossavi… tutt’altro direi...” sorrise di nuovo, stavolta compiaciuto. “Andiamo, non facciamo attendere madonna Morte…” |
Osservai Gouf con molto interesse.
Ecco... la famosa armatura! Con quella addosso nessuno dei miei trucchi avrebbe funzionato. Solo l'astuzia. Accarezzai il muso scuro della mia cavalcatura. "Oh, milord... non intenderete ridurre brandelli anche questi...", replicai come se stessi rimproverandolo. "Mi è stato insegnato a presentarmi alla Signora Morte sempre nel mio aspetto migliore...ma addirittura nuda, sarebbe vano esibizionismo!" Montai in sella agilmente. "Sono ai vostri ordini, mio signore", ero ironica. Lo seguii. |
Mi lanciai nella mischia cercando di difendere Pasuan e la donna che stava con lui tirai fuori la spada e dissi allontanatevi da qui maledetti ho vi farò assaggiare il gusto di questa spada e mi misi in posizione di difesa mentre con la coda del occhio guardavo il cavaliere e la ragazza
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Gouf sorrise alle parole di Melisendra.
“Ho sempre ammirato il tuo coraggio…” disse alla ragazza mentre erano ormai in cammino, seguiti dagli altri cavalieri “… al mondo non vi è virtù più rara del coraggio e tu, nonostante sia una donna, ne hai sempre avuto… mi sono sempre chiesto se quella luce che attraversa i tuoi bellissimi occhi chiari” aggiunse “si fosse oscurata almeno davanti alla morte…” di nuovo quel suo indecifrabile sorriso, come se l’esaltazione e la pena si rincorressero costantemente nel suo cuore “… io e te siamo creature oscure, figlie della notte e forse dei grandi drammi che animano questa immensa tragedia che è il mondo…” La sua corazza, che molti credevano davvero incantata, rifletteva l’argenteo bagliore del cielo grigio che sterminato ricopriva ogni cosa nella brughiera. “Baldus!” Chiamò all’improvviso. “Recitami qualcosa…” Il cavaliere avanzò dai ranghi e dopo un inchino verso il suo signore cominciò a recitare: "Se qualcuno lo narasse, io all'istante crederei, che è questo il grande dramma dei nobili Taddei. Che sia un Angelo o forse un demonio è cosa ignota! Egli agisce per giustizia, sia essa luminosa o remota! Che scenda dai Cieli Alti, o emerga dall’Inferno dannato, verrà a reclamar un verdetto, che Iddio Ha pronunciato!” Baldus, finito di parlare, salutò con un inchino il suo signore e ritornò tra gli altri cavalieri. Poco dopo, giunti su un’altura, videro in basso un piccolo villaggio. “In queste terre” mormorò Gouf “sono tutti profondamente religiosi… se lo fossi anche io sarebbe per me una gioia morire appena un giorno dopo il mio Dio.” Era infatti il Sabato Santo, che precedeva la Santa Pasqua http://www.esotericarticles.com/imag...orCommodus.jpg |
Osservai la sua espressione seria e meditabonda, mentre il canto del cavaliere cessava.
Fermammo i cavalli. Un villaggio... improvvisamente capii. Mi mancò quasi il respiro, ma dissimulai lo stupore e strinsi così forte le briglie da conficcarmi le unghie nei palmi. La ferita alla mano si aprì leggermente e sentii il sangue scivolare tra le dita. Con fazzoletto tamponai la ferita, con noncuranza. Intendeva attaccare un pacifico villaggio? Ma perchè? Ira, spregio, semplicemente perchè poteva... forse. Smontai e osservai meglio il villaggio. Poi mi voltai verso Gouf. "Non è il coraggio che vedete in me... la mia è solo consapevolezza. Ho accettato la mia natura... anche se questa mi porta al cospetto della dolce morte più spesso di quanto vorrei." Aprii il fazzoletto. Il sangue si era fermato. Lo richiusi. "Bisogna convivere con se stessi più a lungo che con chiunque altro... tanto vale amarsi almeno un po' e apprezzare quel poco di bellezza e felicità che incontriamo." Sorrisi. "Solo una persona non ha battuto ciglio di fronte al mio bacio di morte e non ha combattuto per riemergerne. Credo sappiate a cosa mi riferisco." Lo guardai negli occhi, implacabilmente. Chissà se ricordava anche lui. "Gouf, perchè mi avete portata qui? Se volete uccidermi potevate risparmiarmi questa lunga cavalcata e soffocarmi con un cuscino questa notte." Il mio tono era pungente. La mia insolenza celava in realtà tutti i miei timori. http://25.media.tumblr.com/tumblr_lj...grwxo1_500.png |
Rimasi impietrita quando vidi quei tre balordi entrare in casa mia ma non ebbi il tempo di pensare a niente che già Pasuan si era posto tra me e loro.
"Chi sono e da dove vengono?" pensai ma, in quel momento, poco importava. Quando vidi che Pasuan cercava la sua spada senza trovarla mi prese un momento di sconforto ma immediatamente ricordai che Frederich ne teneva una dentro al baule ai piedi del nostro letto "La metto qui, Dafne, non dirlo a nessuno ma ricordatene sempre, potrebbe tornare utile". Mentre Pasuan combatteva contro quei tre io cercai di dirigermi verso la camera da letto, nessuno sembrava fare troppo caso a me e riuscii ad impossessarmi dell'arma. La avvolsi nel mio velo per nasconderla. Io infatti non sapevo brandirla ma Pasuan certamente sì. L'arrivo di un giovane cadetto distrasse i tre dal mio difensore, ebbi il tempo di avvicinarmi a lui dando l'impressione di voler sincerarmi sulle condizioni del suo braccio invece gli misi l'elsa nella mano e lo guardai per un istrante che mi sembrò un'eternità. Lui comprese immediatamente ma lo trattenni un momento prima di lasciarlo andare; ebbi appena il tempo di stampargli un leggero bacio sulla bocca prima che la mischia ricominciasse. "Anche io ho bisogno di te, non solo il bambino" gli urlai ma, tra quel fragore di spade, non so se ebbe modo di sentirmi... |
Pasuan restò colpito da quel bacio.
Come il naufrago che scorge la terra nell’orizzonte all’albeggiare. Come il marinaio che rivede la Croce del Sud dopo una tempesta, o come il viaggiatore che ritrova la Stella del Nord sul suo cammino. Pasuan sentì il dolce sapore di lei sulle sue labbra. Le sue labbra morbide e calde sembrarono ridestare lo spirito ed il corpo del cavaliere. Pasuan allora impugnò con la mano destra l’elsa di quella spada. Non avvertiva più il dolore al braccio sinistro. Sentiva solo che doveva difendere Dafne ed il bambino. Con un gesto tanto rapido, quanto preciso, colpì con un fendente il balordo, facendolo cadere pesantemente a terra. Mentre l’arrivo di Cavaliere25 mise in fuga il terzo dei tre. Pasuan lo seguì con lo sguardo fino a quando il marrano svanì nella campagna. “Vigliacco…” disse fra sé. “Stai bene, Dafne?” Chiese poi voltandosi verso di lei. “Hai avuto paura?” Ma un attimo dopo avvertì di nuovo il dolore al braccio sinistro. Un dolore insopportabile che lo fece accasciare al suolo. |
"Pasuan!" urlai vedendolo cadere all'indietro gemendo e tenendosi il braccio. Mi precipitai vicino a lui, inciampai su di una seggiola che era caduta durante il combattimento e finii proprio con il viso sopra il suo.
"Ha perso i sensi" mormorai mentre gli prendevo la testa tra le mani e me l'adagiavo in grembo "Pasuan, caro, svegliati!" lo schiaffeggiai delicatamente sul viso ma ancora non dava segni di ripresa. Passai allora ad esaminare il braccio sinistro "Per fortuna non è rotto ma il gomito è lussato, bisogna farlo tornare nella sua sede il più presto possibile" guardai il ragazzotto che ci aveva soccorso e gli dissi "Saresti così gentile da aiutarmi? Devo sistemare questo braccio, l'ho già fatto altre volte prima di sposarmi ma ho bisogno di qualcuno che lo tenga fermo, se dovesse svegliarsi per il dolore potrebbe ribellarsi. Sarà questione di pochi istanti" Mentre attendevo la risposta di quel giovane diedi un bacio alla fronte di Pasuan e mi alzai cercando in giro per casa dei legni che potessero servire da stecche una volta rimesso in sede il gomito. |
“Già, soffocarti con un cuscino…” disse Gouf col suo solito inquietante sorriso “… perché no… dopo una notte di passione… non credi che l’estasi ed il dolore siano indissolubilmente legati?”
Indossò il suo elmo e fece cenno ai suoi di seguirlo. “Questo spettacolo, mia cara, sarà tutto per te…” voltandosi un’ultima volta verso Melisendra. Un attimo dopo lui ed i suoi uomini si lanciarono su quel villaggio. Vi erano poche capanne, costruite in cerchio attorno ad un rudimentale spiazzo, nel quale stavano giocando alcuni bambini. “Guardate, dei cavalieri!” Indicò uno di loro divertito. “Dove sono? Voglio vederli anche io!” Gli fece eco una ragazzina. Ma quello che sembrava un gioco, divenne subito un incubo. Gouf ed i suoi si avventarono su quei bambini come lupi famelici sugli agnellini. Grida di paura e di dolore si alzarono in quel terribile spettacolo di atrocità e morte. Le pesanti lame delle loro spade affondavano nelle carni dei fanciulli come fossero fatte di burro caldo. Madri straziate dal dolore e rese folli dalla disperazione, tanto da non sentire nulla mentre gli uomini del malvagio Gufo le stupravano, maledivano se stesse ed il mondo intero. Le capanne furono avvolte da fiamme, tra le risate e le bestemmie di quei cavalieri senza Dio. Un bambino corse verso la stagno vicino, per fuggire alla furia di quei demoni. Ma Gouf lo raggiunse, sgozzandolo con un colpo di spada. “Lassù, mio signore!” Indicò uno dei suoi. “Un altro che tenta di fuggire!” Gouf allora mirò al piccolo col suo arco. “Dieci a uno che gli perfora il petto!” Esclamò un cavaliere. “Per me lo prende alla testa!” Replicò un altro. Un attimo dopo la freccia di Gof spaccò la testa del piccolo, facendolo rotolare fino allo stagno. “Preso!” Gridò il cavaliere che aveva vinto la scommessa. “E ora paga!” Disse al suo compagno. Gouf si voltò verso Melisendra. “Per te, mia cara…” gridò divertito “… per te…” mentre alle sua spalle le fiamme, come sorte da un terrificante Averno, avvolgevano ciò che restava del villaggio. http://www.everyeye.it/public/immagi...antasy_xiv.jpg |
Talia era nelle scuderie, accanto alla fiera Matys, la bellissima cavalla portata da Sygma.
Appena la ragazza si avvicinò, la cavalla cominciò a tradire nervosismo. Fece come a voler scalciare, e lasciò partire un nervoso nitrito. Poi, poco a poco, forse per la voce di lei, forse per quella lingua ad essa non ignota, o forse perché riconobbe in Talia la sua stessa solitudine, la cavalla sembrò ammansirsi. Si lasciava accarezzare da Talia e per un istante i loro occhi si incontrarono. Facevano parte dello stesso mondo. Dello stesso sogno. Sygma era un sogno. Come l’amore, che da troppo tempo sembrava essere svanito nelle terre di Capomazda. Talia allora, resasi conto di come la cavalla si fosse tranquillizzata, con delicatezza posò una leggera e morbida sella sul suo dorso. Un attimo dopo lei e la fiera Matys galopparono via. http://img194.imageshack.us/img194/4...unartwoman.jpg |
Le grida, il sangue. Lo scempio.
Rimasi pietrificata. Non sentivo nulla, solo un dolore così profondo e continuo che parve annullarmi. I miei occhi fiammeggiarono verso Gouf. Avevo visto stragi, ogni possibile tortura che l'uomo potesse concepire. Io stessa ero un'abile assassina. I corpi senza vita dei fanciulli, però, erano un ingiustificabile atto di malvagità. Pensai a Uriel. Lo avevo tenuto nascosto a tutti non solo perchè temevo per la sua vita, ma soprattutto perchè temevo che potessero infettarlo con quella malvagità. In fondo un proverbio dice che la mela non cade mai troppo lontano dall'albero. Non riuscivo a decidere cosa sarebbe stato peggio... Vedere suo padre trafiggergli il cuore con una spada? O modellarlo a sua immagine? Chi avrebbe pianto quei fanciulli e le loro madri? Sperai che non si fossero accorti del dolore e che la morte li avesse colti troppo rapidamente perchè si ponessero la dolorosa domanda: "Perchè?". "Gouf" gridai, non appena giunse a portata della mia voce, "Maledizione!" Gli corsi incontro e lo tempestai inutilmente di pugni. Sfilai un pugnale dalla sua cintola e glielo puntai contro. Occhi asciutti. Nessuna lacrima lo avrebbe commosso e comunque non ne avevo mai avute. "Qual è il tuo scopo? Farmi del male?" domandai sprezzante. "Perchè?!" Sapevo bene di essere ridicola con quel pugnale in mano. Sicuramente voleva vedermi dibattermi, come un pesce nella rete, per pura soddisfazione. Piangere? Strillare? Supplicare? Se voleva qualcosa di scenico, glielo avrei dato. "Se vuoi ferirmi... fallo!" Guance accese, occhi furibondi. Rivoltai il pugnale verso me stessa e con un gesto aprii la ferita della mia mano. Il sangue uscì copioso, avevo affondato più del necessario, ma non sentivo nulla. "E' il sangue che vuoi? E' questo che ti piace!" Appoggiai la lama sul polso e lo graffiai. Un segno rosso che presto si colmò di un rosso cupo lucente sotto la luce fredda del giorno. Ero talmente furiosa che non sentivo il dolore. "Prendilo! E strappami gli occhi quando mi avrai fatta a pezzi!" Lasciai cadere il pugnale. |
Certo dissi guardando la fanciulla presi e lo tenni fermo Pasuan poi gardai la fanciulla e dissi io sono pronto procedete pure
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La mia risposta potrebbe non piacerti... pensò Morrigan, udendo quella domanda. Ma poi lo guardò e sorrise in modo strano.
Quel cavaliere non perdeva occasione per sfuggiare la sua sicurezza... chissà come avrebbe reagito, allora, se lei gli avesse detto la verità! Morrigan sorrideva al pensiero dell'espressione che avrebbe potuto assumere la sua faccia, e nonostante le belle parole e il tono inusualmente poetico che Finiwell aveva assunto in quell'occasione, decise che non si sarebbe persa quello spettacolo per nulla al mondo. Così indugiò un attimo ancora su quella soglia, e i suoi occhi brillarono di una luce oscura. "Perchè lo cerco, chiedete? Ma va da sè, signore... soltanto per potergli piantare una spada nel cuore!" Un lampo le attraversò gli occhi, mentre il suo sorriso riluceva di un indecifrabile bagliore. Morrigan chinò il capo in cenno di saluto, quindi scivolò nell'ombra della scala. Ridiscese in fretta, ma quando fu quasi per giungere sul piano della corte, il boato della gente festante si fece acuto e pressante nelle sue orecchie. Morrigan non aveva affatto voglia di tornare a mescolarsi a quella festa. Si guardò intorno, in cerca di un rifugio, o almeno di un posto tranquillo in cui andare. Ai piedi della scala, alla destra dell'uscita che conduceva alla porta, uno stretto corridoio sembrava condurre all'ala ovest del palazzo. Era un passaggio disadorno e angusto. Morrigan calcolò che quello dovvesse essere il corridoio usato dalle guardie per spostarsi rapidamente dall'altro lato della fortezza. Forse conduceva al giardino interno, o forse in qualche altra sala. Ad ogni buon conto, era per lei una valida alternativa, e per questo la ragazza prese quel passaggio senza indugio. Ma la sera era scesa su Capomazda, e sulle mura i candelieri non reggevano nessuna torcia. Dopo aver svoltato una o due volte seguendo quel corridoio male illuminato, Morrigan dovette ammettere di non avere affatto idea di dove si trovasse. Si fermò un istante, si guardò intorno con attenzione. Poteva andare avanti per quei corridoi semibui, con l'idea che primo o poi sarebbe sbucata da qualche parte, oppure tornare indietro e cercare di ritrovare l'uscita sulla corte. Sbuffò, infastidita da quel contrattempo, e si appoggiò con la schiena alla solida parete di pietra. Fu in quel momento che sentì qualcosa di strano, qualcosa che sporgeva in maniera innaturale e che si appoggiava duramente contro le sue spalle. Si girò e con le mani prese ad esaminare la parete. Sembrava in tutto e per tutto un muro di solidi mattoni. Ma poi la sua mano incontrò nuovamente quella strana asperità. Era un mattone di piccole dimensioni che si distaccava di qualche millimetro dal resto della parete. Morrigan ne sapeva abbastanza di palazzi e di fortezze, e sapeva bene a cosa potesse servire quel mattone. In quel momento anche lo stretto e riparato cunicolo assunse nella sua mente il suo vero scopo e la sua reale utilità. Si guardò di nuovo intorno. Nelle vicinanze sembrava non esserci nessuno. Avrebbe potuto vedere cosa si celava dietro quel meccanismo che aveva intuito dietro la parete. Non era certa che quella fosse una cosa molto sicura da farsi in un palazzo che non conosceva affatto, ma la sua innata curiosità era stata ormai risvegliata, e in fondo una piccola sbirciatina ai segreti dei Taddei non avrebbe di certo fatto male a nessuno. Così afferrò il mattone sporgente con forza e lo tirò via dalla parete. Proprio come aveva immaginato, quella pietra bloccava un contrappeso che apriva la porta di un passaggio nascosto. Morrigan rimase un istante a guardare il lungo corridoio che le si era aperto dinnanzi, stretto e illuminato a malapena da un paio di torce. Quindi, con un lieve sorriso e lo sguardo che le brillava per l'eccitazione di quella scoperta, Morrigan varcò la soglia del passaggio. |
Decisi che di qualcuno dovevo fidarmi.
A piccoli passi mi avvicinai al giovane di cui ignoravo il nome. "Signore...perdonare il mio ardire. Mi chiamo Llamrei, sono una monaca...come vedete... voi..voi conoscete Campomazda? Conoscete la sua maledizione? Io vi chiedo questo...perché vorrei pregare per le loro anime...." Lo so...l'abito che indossavo mi impediva di dire bugie...ma non era una mia scelta vestire di nero...quindi non era una mia scelta non dover e poter raccontare una verità travisata...chissà se mi avrebbe creduta... |
Con un colpo secco e deciso gli feci tornare il gomito nella sua sede naturale. Pasuan si svegliò di soprassalto emettendo un forte urlo di dolore. Poi si calmò mentre gli steccavo e fasciavo il braccio.
"Ecco, ora è finito tutto" gli dissi dolcemente "sdraiati nel letto, devi riposare". Oppose un po' di resistenza ma lo convinsi. Il giovane cadetto che mi aveva aiutato poco prima era rimasto in cucina, appoggiato allo stipite delle porta che portava in camera e ci guardava. Appena Pasuan si fu sdraiato lo lasciai al suo riposo e mi avvicinai al cadetto: "Per cortesia, giovanotto, potresti avvisare il Capitano che Sir Pasuan si ferma qui questa notte? Raccontagli quel che è successo e digli che se avrà bisogno di ulteriori informazioni andrò io stessa a fornirgliele ma, ti prego, fai in modo che Pasuan non debba tornare in servizio almeno per i prossimi quattro giorni o il suo braccio non guarurà bene. Ah a proposito, io sono Lady Dafne, il Capitano dovrebbe ricordarsi di me...". Salutai il giovane con un veloce inchino e mi accinsi a preparare un rimedio soporifero a Pasuan che intanto iniziava a lamentarsi un poco. |
Certo dissi guardando la damigella andrò subito a avvisarlo e mi incamminai verso la caserma mentre mi guardavo in giro per vedere che non ci fossero altri mal intenzionati in giro
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Mi ero lasciata il cortile alle spalle, le porte del palazzo e ben presto anche la porta della città. Io e Matys correvamo per la campagna come non accadeva da tanto e tanto tempo... il vento tra i capelli mi schiarì le idee e in un momento, per un momento, mi riportò indietro di molto tempo. Da ragazzina, a Sygma, ero solita uscire a cavalcare ogni giorno, lo facevo per ore e ore...
Persino questo Capomazda mi aveva tolto... pensai ...la gioia semplice di correre come il vento fino a fonderti con esso! Corremmo senza guardarci intorno, solcando la campagna che ci sfilava intorno in un’unica macchia sfocata... E poi la vidi! La riconobbi subito: era come nel mio sogno. Era la chiesa di Gyaia. Tirai con forza le briglie, Matys si sollevò sulle zampe posteriori un momento e si fermò. Con il fiato corto per l’emozione, smontai da cavallo... mi parve che non un suono ci fosse intorno a me, mi parve di esser tornata in quel sogno: tutto ciò che udivo era il martellare del mio cuore. Tenendo con una mano le briglie di Matys, stringendole convulsamente, iniziai ad avanzare lentamente verso la chiesa... ad ogni passo l’erba sembrava scricchiolare sotto i miei piedi... il respiro mi si era fatto lento, gli occhi erano fissi sulla sagoma della piccola pieve... e intanto avanzavo sempre più. |
Gouf osservava Melisendra che prima puntava quel pugnale verso di lui, poi contro se stessa.
La fissò per lunghi istanti senza dire nulla. “Sei cambiata…” disse all'improvviso con un filo di voce “… il sangue, il dolore, la morte ed il male non ti hanno mai spaventata…” Continuava a fissarla. “Cosa ti ha cambiata tanto?” Chiese, quasi a voler spegnere il suo sguardo in quello di lei. “Hai forse conosciuto l’amore? Hai forse trovato un uomo tanto sciocco da potersi innamorare di una come te?” Restò a fissarla per qualche altro istante, poi la voce di uno dei suoi lo chiamò: “Abbiamo cercato nelle capanne, milord, ma questi miserabili non posseggono nulla di valore…” “Distruggete allora ogni cosa” ordinò “e fate scempio dei loro corpi… in modo che neanche i diavoli dell’Inferno possano riconoscerli… fate presto e poi ripartiremo!” Aggiunse. |
Talia era giunta alla Pieve.
La sua cavalla cominciò allora a mostrare segni di crescente nervosismo. La principessa di Sygma si avvicinava, titubante, alla vecchia porta della chiesa, quando udì dei rumori alle sue spalle. “Regina delle Vergini… prega per noi…” diceva una vecchia seduta su un tronco spezzato poco distante “… Regina dei Martiri… prega per noi… Stella del Mattino… prega per noi… Regina degli Angeli… prega per noi… Torre di Davide… prega per noi…” Si accorse allora di Talia e la fissò, senza però interrompere il Santo Rosario che stava recitando. “Cosa cercate qui, signora?” Chiese quando terminò le sue preghiere. “Questa chiesa è chiusa ormai da tempo… sono anni che non si recitano più messe…” |
Morrigan aveva trovato quel misterioso passaggio.
Era buio e i gradini che scendevano chissà dove erano consumati dall’umidità e dal tempo. Dominava un silenzio angosciante ed in lontananza si udiva un regolare gocciolio. Ad un tratto Morrigan avvertì dei rumori. Come se qualcuno strisciasse a terra una pesante catena. |
"Non devi avere paura, Morrigan! Ci sono tanti fenomeni sotto la volta del cielo, ma il fatto che siano misteri ai nostri occhi non significa che non abbiano un'origine o una spiegazione!"
"Ma io ho paura, Madelaine... quel sogno che continuo a fare..." "I sogni sono benedizioni, Morrigan... ci spiegano il passato e ci indicano il futuro" La ragazzina fissò la vecchia signora in silenzio per qualche istante, come se fosse immersa in un importante pensiero. "Madelaine," esordì d'un tratto "conosci una magia per allontanare i sogni?" La donna la fissò con sguardo sorpreso. "Morrigan, la magia non esiste per risolvere i nostri problemi! La magia serve per riconciliarci con quella natura che noi non conosciamo e che non dominiamo. La magia deve essere usata al servizio di una causa più grande di noi, non per soddisfare i nostri capricci!" Prese le mani della bambina tra le sue, e si avvicinò al suo viso per studiarle gli occhi. "Questo non devi dimenticarlo mai! Impara bene l'arte che ti ho insegnato e tienila nel tuo cuore. Non temere quello che non conosci e usa con giudizio quello che conosci..." Quel rumore, quello stridio che serpeggiava lungo il pavimento sembrava voleve venire incontro. Era oscuro e angosciante. Morrigan tese davanti a sè la torcia che aveva staccato da uno dei supporti arrugginiti che decoravano quelle umide pareti... non temere quello che non conosci e usa con giudizio quello che conosci... Così, ripetendosi quella frase, Morrigan mise la mano sull'elsa di Samsagra, cercò di acuire la vista e lo sguardo e proseguì lungo la scala, addentrandosi in quel cunicolo e andando così volontariamente incontro a quel misterioso rumore. |
Mi voltai e osservai la vecchia donna seduta sul tronco, mi guardava ma non mi rivolse la parola finché non ebbe finito di pregare.
Io esitai un istante, poi tornai indietro di qualche passo e attesi... Citazione:
Esitai un attimo, poi soggiunsi... "Sentite... io ho proprio bisogno di entrare in questa chiesa. Dovrà pur esistere un modo per accedervi!" |
Lo sfogo mi aveva lasciata senza parole.
Quasi senza fiato. Il vento mi accarezzava, consolatorio, scivolando sulle mie guance. Un invito a fuggire via. La mano gocciolava. Sapevo che presto avrei avuto bisogno di nutrirmi per rimarginare quelle ferite. Sentii il bruciore nella pelle, ma non era nulla in confronto alla rabbia che covavo nel mio cuore. La mia voce, tuttavia, era calma, quasi malinconica. "Cambiata?" gli risposi, guardandolo sorpresa. "Hai idea di cosa ho sopportato per tutta la vita?" Osservai con tristezza i soldati eseguire gli ordini. Una parte di me desiderò punirli. "L'amore..." risi "non è una malattia, Gouf!" Mi avvicinai a lui e lo guardai dritto negli occhi. Le mie dita sfiorarono la lama della sua spada e si macchiarono di rosso. "Su una cosa avevi ragione... quelle come me non vivono a lungo: gli uomini..." allargai le braccia, guardandolo negli occhi "ci spezzano in modi inimmaginabili..." "Ho ucciso in modi fantasiosi e ogni volta ne traevo un certo piacere..." era vero, anche quando non avrei voluto, la mia natura cacciatrice gioiva, mentre una parte di me si sentiva nauseata da quella continua danza di morte "ma mai donne e bambini." I rumori della strage ancora riempivano l'aria, l'odore del fumo e della carne bruciata erano inconfondibili. |
Morrigan avanzava in quelle tenebre ed all’improvviso Samsagra cominciò a vibrare.
Poi, in quel buio angosciante, intravide una lieve luca in lontananza. E da quella direzione sembrava provenire qualcosa. Come delle voci. Morrigan si avvicinò seguendo quelle voci. “Recati al castello di sir Cimarow e riferisci ciò che ti ho detto…” disse una voce “… quella donna è lì per tradire… e per ora il duca sembra impossibilitato a difendere Capomazda…” “Si, mio signore…” rispose l’altra voce. “Sir Gouf deve fidarsi…” mormorò “… e dì loro che attendano i miei ordini… ora va!” Ma all’improvviso una mano si posò sulle spalle di Morrigan. |
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