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In breve in Guisgard e Melisendra sorse un senso di angoscia.
Cercarono ovunque, ma senza trovare nulla. Poi, ritornando dal fienile, Melisendra notò qualcosa in cucina. Era il suo scialle, quello utilizzato per avvolgere la spada di Guisgard da offrire all’oscuro signore, e su di esso vi era, come inequivocabile messaggio, proprio la spada del cavaliere spezzata in due. |
Mi avvicinai con cautela a quegli oggetti, trattenendo il respiro, ben consapevole di ciò che significavano.
"Come... sono certa che non ci fossero fino a un momento fa..." mormorai. Non li toccai nemmeno. "Lo ha preso." Rimasi immobile come una statua. "E ora vorrà la spada in cambio della vita di Gavron...", riuscii a sussurrare. |
“Non riesco a trovarlo.” Disse Guisgard entrando in quel momento in casa. “Sembra essere sparito nel nulla.”
Ma appena finito di parlare fu subito colpito nel vedere Melisendra immobile a guardare nel vuoto. “Cosa c’è?” Chiese Guisgard. “Avete trovato qualcosa?” Ma seguendo lo sguardo della ragazza si voltò e vide la spada spezzata nello scialle. “Lo hanno preso…” mormorò avvicinandosi alla spada “… sono venuti qui e l’hanno rapito… come hanno fatto a trovarci?” Tirò allora un pugno contro la parete e subito la sua mano cominciò a sanguinare. “Come ho fatto ad essere così idiota!” Con rabbia. “Come! Non dovevo lasciarlo da solo… non dovevo coinvolgerlo in questa maledetta storia!” |
"Sto cercando di pensare a un piano..." feci un paio di respiri profondi, per mantenere la calma. Non gli sarebbe successo niente... non gli sarebbe successo nulla finché non gli avessimo consegnato la spada.
"La spada... verrà qui a prenderla." Mi strinsi le tempie, cercando di non lasciarmi prendere dalle mie paure. "Andate!" Gridai. Al mio ordine si manifestarono. "Trovatelo! Voglio sapere dove si nasconde quel verme!" |
Guisgard si stringeva la mano ancora sanguinante.
Fissava il vuoto della stanza, ansimando per la rabbia. I suoi occhi erano avvolti da una luce che sembrava sul punto di prendere fuoco. “Al diavolo, non resterò qui con le mani in mano!” Disse. “Non hanno lasciato nessuna traccia, se non la spada con cui volevamo ingannarli…” restò a riflettere per qualche istante “… forse si faranno vivi loro…” all’improvviso saltò su “… forse… forse so dove potremmo trovare qualcosa…” fece segno a Melisendra di seguirlo. Era notte e la cittadella era avvolta dalle tenebre e dall’angoscia. Le strade erano deserte e solo sulle mura si poteva notare del movimento. Erano le sentinelle che fissavano l’esercito nemico appostato sotto la cinta muraria. Guisgard e Melisendra attraversarono così indisturbati le strade fino a giungere presso la Cappella della Vergine. “Qui è cominciato tutto…” mormorò Guisgard “… e forse qui ci attenderà qualche loro segno…” |
"No!", gridai, fermandomi sulla soglia della cappella.
"Non posso... qui dentro non ho nessun potere!" Mi guardai intorno per accertarmi che non ci fosse nessuno. "Non verrà qui... qui non c'è nulla che gli interessi. Dov'è la spada? Dobbiamo recuperarla..." Lo guardai, quasi supplicandolo di non farmi entrare lì dentro, se fosse arrivato sarei stata in grande svantaggio. |
Guisgard si voltò verso Melisendra.
“E’ una chiesa e saremo al sicuro qui dentro.” Disse. “E poi i vostri poteri non ci serviranno a nulla! Non hanno risolto niente fino ad ora! Io entro!” Ma fece solo qualche passo, per poi arrestarsi sulla soglia della porta. Si voltò di nuovo verso di lei. I suoi occhi. Erano smarriti, turbati, titubanti. Per un attimo avevano perso quella fierezza, quel gelido ed orgoglioso contegno. Quello sguardo mostrava paura e forse un velo di disperazione. Forse, per la prima volta, Melisendra gli appariva indifesa ed impaurita. “Va bene…” mormorò lui, tornando indietro “… va bene, faremo come volete…” Guisgard allora cominciò a passeggiare avanti ed indietro, mentre i sinistri suoni di quella notte echeggiavano nell’aria, confondendosi con i lamenti che i fantasmi celati nei cuori dei due gridavano alle tenebre. Ad un tratto qualcosa prese forma nel buio circostante. Era il mendicante storpio e deforme che aveva preso la spada da Melisendra. “Nobili e bei signori…” avvicinandosi ai due “… fate la carità ad un figlio della cattiva sorte...” |
L'aria era cupa, immobile.
Stavo camminando lungo la stradina deserta, pensando tra me e me, quando riconobbi quella patetica figura. "Tu!" Feci un cenno rapido. "Prendetelo!" Lo sospinsero verso di me, senza riguardi. Erano furiosi quanto me. "Dov'è il bambino? Rispondimi o giuro che ti rimanderò al tuo padrone a pezzi!" Rimasi davanti a lui con uno sguardo gelido. |
Il mendicante, a quelle minacce di Melisendra, cominciò a ridere.
Una risata disgustosa e grottesca. “Volete farmi a pezzi, mia signora? Oh, ma siete certamente troppo intelligente per fare una cosa tanto sciocca.” E rise di nuovo. “Il mio e vostro padrone, milady, attende una risposta… e se non fossi io a portagliela, temo che la sua ira scenderebbe sul vostro bambino…” All’improvviso Guisgard lo prese di peso per il bavero della veste che indossava. “Ascoltami, scherzo della natura…” ringhiò il cavaliere “… la vita forse per te è una beffa… ma giuro che se cerchi di tirarmi qualche brutto scherzo, io ti sgozzo come un maiale! Avanti, dimmi… dov’è Gavron?” “Mio signore… le domande qui le faccio io…” mormorò il mendicante “… voi avete qualcosa che occorre al mio padrone…” La spada…” sospirò Guisgard “… non tratterò mai con te, cane! Dimmi dove avete nascosto Gavron. “Dimmelo!” “Mio signore, io sono solo un umile mendicante...” Parla, canaglia”. Minacciandolo di nuovo. “O ti infilzo come uno spiedo!” “Il bambino per ora è salvo, ma se entro domani il mio padrone non riceverà quella spada, allora il piccolo morirà con molto dolore! E rise di nuovo. Ma, accecato dalla rabbia, Guisgard lo prese per un braccio e cominciò a girarglielo, fino a romperlo del tutto. Il mendicante cominciò a gridare, lamentarsi e poi piangere. Correva davanti alla cappella come un ossesso ed imprecava contro tutto e tutti, fino a svanire nelle tenebre che sembravano averlo generato. “E’ tornato dal suo padrone…” mormorò Guisgard “… non intero, ma ci è comunque arrivato.” |
Talia aveva deciso di bere da quel calice.
Il suo contenuto era incolore ed insapore e lasciò una sensazione di fresco sollievo nella bocca e nella gola della ragazza. Layla osservò Talia fino a quando non finì di bere. Poi accennò un sorriso. In quel momento giunse Shezan. Un attimo dopo tutti corsero nel verziere, dove Morgan era disteso a terra, sotto gli sguardi ignari degli altri fanciulli. Layla subito si chinò sul fanciullo, prendendolo fra le braccia e cominciando a scuoterlo. Morgan respirava a fatica ed aveva un colorito pallidissimo. Tremava, ansimava ed i suoi occhi erano rivolti fissi e spenti verso il cielo. Layla lo portò con la schiena contro il suo petto e cominciò a cullarlo dolcemente. “Non aver paura, piccolo mio…” disse la giovane donna “… ora ci sono io con te… mi senti? Stringi il mio dito se riesci a sentirmi…” La piccola manina di Morgan strinse, quasi in maniera impercettibile, un dito di Layla. La ragazza sorrise. “Ora respireremo insieme, piccolo mio…” gli sussurrò in un orecchio “… piano piano… insieme… un solo respiro… un solo cuore… un solo battito…” Restarono così, l’uno sull’altra, per qualche istante. I lunghi capelli biondi di lei lo avvolgevano, come a volerlo proteggere dalla morte stessa. I loro respiri, come i loro battiti, cominciarono a confondersi e ad unirsi fra loro. Pian piano Morgan riprese a respirare ed il suo viso riacquistò un colorito rosa. Morgan si voltò verso layla ed accennò un sorriso. “E’ passata, piccolo mio…” sussurrò lei con gli occhi stanchi ed inumiditi dal dolore. In quel momento Talia avvertì come un capogiro. Perse quasi i sensi, tanto da lasciarsi cadere ai piedi di un albero. Shezan corse subito a sostenerla. Un attimo dopo quel momento di stordimento svanì nel nulla. Ma con esso anche qualcosa di molto prezioso per Talia. Layla le si avvicinò sorridendo. “Come ti senti?” Chiese. “Sai chi sei? Il tuo nome? Ricordi dove ti trovi?” Talia la fissava stupita. “Sei stata malata” disse Layla “e hai difficoltà a rammentarti del tuo passato… non aver paura, non è nulla di grave…” “Milady, lord Icarius e la sua compagnia sono appena giunti.” Annunciò un valletto. “Sono nel verziere.” “Bene.” Esclamò Layla. “Di loro di attendermi lì. Li raggiungerò subito.” Si rivolse poi di nuovo a Talia. “Ti dice qualcosa quel nome pronunciato dal valletto?” Domandò alla principessa di Sygma. “No, ovvio che no… esso è per te estraneo…” sorrise “… tu sei mia sorella Yelia e hai trascorso tre anni a letto a causa di una malattia. Se guarita, ma il morbo ha fatto sì che la tua memoria si confondesse… ma ora sei qui e vedrai che andrà tutto bene… andiamo ad accogliere i nostri ospiti, Yelia.” http://madeinatlantis.com/movies_cen.../68135e730.jpg |
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