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Il Cappellano, dopo le parole di Morven, fissò Bumin.
Questi era intento a parlare con Dukey. I due si erano allontanati di qualche passo e parlavano a voce bassa. E mentre Bumin parlava a Dukey, questi gettava strani sguardi a Morven. Questi ad un tratto si voltò verso Goldblum e chiese: “Nano, conosci bene questi luoghi?” “Si, certo.” “Bene, allora insieme ai miei uomini perlustrerete la zona…” ordinò Dukey “… voi due… andate col nano… sapete cosa dovete fare…” “Si, milord!” Risposero due dei suoi cavalieri. Goldblum guardò per un momento Morven, ma senza dire nulla. “Perlustrare il bosco a quest’ora?” Chiese il Cappellano. “Non mi sembra molto saggio.” “I nostri nemici non dormono, fidatevi…” intervenne ironico Bumin. “Andate, presto!” Sollecitò Dukey al nano e ai suoi uomini. |
Belven vide Arowhena stendersi su quella coperta e addormentarsi.
La coprì allora col suo mantello per ripararla dall’umidità della notte e si adagiò sotto un albero. “Se vuoi dormire al coperto” disse a Cavaliere25 “vai pure dentro, mio giovane amico… io resterò qui… tanto dopo tutte le cose che ci sono accadute non riuscirei a chiudere occhio. Restò per un po’ a fissare il cielo infinito e velato, fino a quando cadde addormentato. La strada che tagliava in due quel borgo era semibuia, illuminata di tanto in tanto solo dall’alone che la Luna diffondeva quando riusciva a squarciare le nuvole che attraversavano quell’inquieta notte. Belven camminava per quella strada, stretta e deserta, mentre tutt’intorno dominava un irreale silenzio. Ad un tratto una figura gli appare davanti. Veniva nel verso opposto al suo. “Dove posso trovare un buon maniscalco?” Chiese Belven. “In chiesa.” Rispose la figura. “Perché mai?” “Perché solo lì la paura si affievolisce.” “Dove si trova la chiesa?” Chiese Belven. “Dipende da quale chiesa si cerca?” “Sono diverse?” “Ce ne sono tre” rispose la figura “e ciascuna è dedicata ad un santo.” “Vi è una dedicata a San Cristoforo?” Domandò Belven. “No...” rispose la figura, che improvvisamente riprese a camminare e svanì nel buio della strada. Belven allora continuò a camminare, fino a quando giunse presso un piccolo ponte. Da sopra non si riusciva a vedere niente, neanche l’acqua del fiume che scorreva sotto di esso. Ad un tratto il cavaliere udì un canto. Si voltò e vide una sagoma, slanciata e delicata. Era una donna. Si avvicinò e riconobbe la voce. “Che bel canto, milady…” Arowhena si voltò. E Belven si accorse che in realtà la donna piangeva. Lei allora gli mostrò le mani e queste erano insanguinate. In quel momento un grido di dolore e disperazione si diffuse nell’aria. “Un’altra martire…” mormorò Arowhena fissando il vuoto. Ad un tratto una mano si posò sulla spalla di Belven. Era insanguinata. Il cavaliere si voltò e vide una donna dal volto quasi del tutto sfigurato, ma ancora riconoscibile. Belven in quel momento saltò su. Era sudato ed agitato. Il cielo era schiarito dall’albeggiare ed il bosco cominciava a riprendere i suoi colori. “L’ho sognata…” mormorò il cavaliere “… ho sognato mia moglie… eppure ormai l’ho dimenticata… e con lei, tutto il male che mi ha fatto… ma perché era sfigurata?” |
Vidi Belven che si addormentò allora rimasi li accanto a lui non avevo sonno non riuscivo avevo troppi pensieri che mi giravano per la mente rimasi immobile a fissare la luna e aspettai il giorno successivo.
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Quello sguardo di Goldblum gli fece quasi gelare il sangue.
I due compagni non si dissero nulla, ma si intesero alla perfezione. Era uno sguardo preciso e diretto. Era un saluto, pieno di deferenza e di affetto insieme. Perchè entrambi avevano avuto lo stesso pensiero, anche se mai lo avrebbero confessato. La stessa triste impressione che quello potesse essere un ultimo saluto. Era questo che pensava Morven, un attimo dopo aver visto Goldblum allontanarsi con gli uomini di Duckey. Caro Goldblum... aveva il corpo di un nano ma le spalle di un gigante, e il cuore pieno di coraggio. Parlava poco, ma agiva da soldato. A Morven aveva suggerito un grande rispetto, fin dal primo istante. E ora lo stava guardando andare con un peso sulla coscienza e un nodo in gola, come se fosse l'ultima volta. Perchè si poteva anche morire, in quel bosco tetro e misterioso. Morven non ci aveva mai pensato abbastanza, in quegli anni. Non pensava mai alla morte. Rifuggiva quel pensiero con tutte le sue forze. Era un'idea, quella, che lo faceva stare male... "Amico mio, adesso la tua vita sarà di certo più sicura..." Cypher si sforzò di ridere mentre fissava lo sguardo terreo di Morven, che era chino sopra di lui. "Non dire sciocchezze! Questo non può essere!" "Morven, ragazzo... è così, invece... è la vita... e la morte" Morven non riuscì più, a quel punto a trattenere le lacrime. Levò uno sguardo verso il cielo, e cominciò a piangere, disperato. "No... non te ne andare, Cypher... non lasciarmi da solo..." Cypher respirava a fatica, mentre il sangue si allargava sempre più sul suo giubbetto di cuoio, incurante delle bende e della pressione febbrile delle mani di Morven. Il suo viso era pallido e i lineamenti contratti, ma nemmeno in quell'occasione rinunciò a lanciare al suo amico un sorriso beffardo. "Prendila così... adesso nessuna freccia potrà più colpirti!" Questa volta Morven non rispose. Strinse la mano dell'amico, e sentendo che ormai era fredda e quasi inerte, continuò a piangere forte. Cypher lo guardò un istante, con un'espressione che si sarebbe detta di stupore, poi trasalì, come scosso da un brivido. "Morven... " biascicò infine, e la voce era ormai distorta, quasi incomprensibile "io... ho capito..." Morven strinse gli occhi, e il cuore gli sprofondò nel petto nel momento in cui sentì che lo spirito lo aveva abbandonato ed era volato via... ... riaprì gli occhi, e incontrò lo sguardo tagliente di Duckey. Gli diede ancor più fastidio il fatto che l'altro lo fissasse proprio in quel momento, come se avesse potuto penetrare il suo prezioso ricordo, e sporcarlo con quel suo sguardo sprezzante e arrogante. Lo ricambiò con la stessa moneta, sputò per terra, quindi si girò nuovamente verso il Cappellano... meglio ignorarla, certa gente... meglio ignorarla! "Purtroppo, padre, ho la spiacevole impressione che Iddio non ci abbia inviato la migliore delle compagnie..." mormorò a bassa voce, quasi noncurante. Lasciò cadere quelle parole con leggerezza, quasi non volesse dar loro peso, poi lanciò sul Cappellano uno sguardo attento, come se solo in quel momento avesse deciso di abbandonare la celia e discorrere seriamente. "Ma forse con il vostro aiuto i miei sforzi e i sacrifici dei compagni assenti... e di quelli presenti... non saranno vani!" Lo fissò con occhi sinceri, sperando di ispirare a quell'uomo la stessa istintiva fiducia che sentiva di provare. "Cosa sapete... dite! Per l'abito che portate, vi impegno a rispondermi con sincerità... cosa sapete? e perchè siete giunti in questo posto, nel cuore della notte?" |
“Mio Dio, ti prego, fa che possa trovare qui un rifugio sicuro... ti prego...”
La dama, apparsa come per incanto dal buio della foresta, smontò dalla sua giumenta e la rabbonì. “Stai buona, Elinor, vedrai che riusciremo a trovare ristoro oltre quelle mura...” Il suo manto nero, un tempo lucido come velluto, appariva ora spento e sporco a causa del lungo cammino, durato settimane. “Da brava, su, lo so che sei stanca, anche io sono sfinita, ma ti prometto che stanotte avrai un giaciglio caldo e morbido su cui riposare. Non mi abbandonare proprio adesso, amica mia, mia sola e unica amica. Ecco, così, leccami un altro po' il viso...” Le membra sfinite, la dama rimontò in sella ed Elinor, come rispondendo ad un muto comando, cominciò a galoppare vero le mura di quella città sconosciuta... |
Il Cappellano fissò Morven per alcuni istanti.
Si voltò intorno, come a scrutare l'essenza stessa di quel sacrilego luogo, e disse: "Siamo qui per soccorrere voi e cercare gli altri dispersi. E siamo stati fortunati a trovare subito questo luogo e voi altri qui accampati." "Si, fortunati..." intervenne Bumin "... credo sia la parola giusta... del resto questo bosco è come un labirinto... io sono riuscito a tornare qui grazie ad un'Arianna ed al suo magico filo..." "Ora però bisognerà trovare il Minotauro e liberare Arianna, messere." Rispose il Cappellano con un velato sarcasmo. "E voglia il Cielo che Arianna sia ancora viva, mio buon chierico..." disse Bumin. "Oh, ma se lei vi ha ricondotto qui" replicò il Cappellano "è perchè conosce come entrare ed uscire dal labirinto... e voi ben sapete quanto ella sia importante per trovare il Minotauro..." "Senza un Teseo difficilmente Arianna sarà liberata ed il Minotauro sconfitto..." disse Bumin, col suo sguardo di ghiaccio. "Teseo, Arianna, Minotauro..." intervenne Dukey "... cosa c'entrano queste storie ora?" "Nulla..." rispose Bumin "... il nostro chierico ama la mitologia... cosa assai curiosa per un uomo di Chiesa..." "Trovate?" Replicò il Cappellano. "Invece io credo che il pensiero degli antichi celi spesso preziosi suggerimenti..." Ad un tratto si udirono dei passi confusi. Bumin e Dukey portarono subito le mani sulle spade. All'improvviso, dai cespugli, emersero due sagome. Erano i cavalieri mandati da Dukey ad ispezionare il bosco con Goldblum. "Milord..." disse uno di questi al suo signore "... siamo stati attaccati da alcuni misteriosi uomini... il nano purtroppo è stato ferito a morte... noi siamo salvi per miracolo... temo stiano arrivando qui quegli uomini..." "Maledizione!" Esclamò Dukey. "Siamo in pochi e mal armati... meglio nasconderci nella chiesa... lì avremo più possibilità di difenderci..." "State in guardia..." disse Bumin con un ghigno a Morven, mentre tutti loro correvano nella chiesa sconsacrata "... siete rimasto solo, senza più compagni... e l'alba è ancora lontana..." |
Belven non riusciva più a chiudere occhio.
Quel sogno lo aveva stravolto. Mille pensieri ora lo tormentavano ed un senso di angoscia gli attanagliava l'anima. Passeggiava nella campagna e fissava quel cielo denso di foschia e senza stelle. Arowhena e Cavaliere25 dormivano poco distanti. Il cavaliere li guardava, mentre cercava nei volti dei suoi amici la tranquillità che quell'incubo gli aveva tolto. Restò a fissarli fino a quando cominciò ad albeggiare. Solo allora si accorse che dalla finestra di casa sua che dava sulla campagna, il capo villaggio li aveva osservati per tutta la notte. |
Gaynor galoppava sulla silenziosa e deserta strada che conduceva verso il centro di Cartignone.
Giunse così presso la locanda. Il locandiere si era appena alzato e preparava il tutto per il nuovo giorno ormai prossimo. "Locandiere, vedo che sei mattiniero! Già, giusto in tempo per quello straniero!" Disse Iodix il giullare. "Credo sia una dama." Rispose il locandiere. E quando Gaynor fu davanti alla staccionata della locanda, il buffo giullare le si avvicinò. "Benarrivata a Cartignone, mia nobile signora! Spero che il viaggio sia stato buono, data l'ora! Cosa vi spinge qui, dove dimorano pianto e lutto? Avanti, non esitate e se vi va raccontateci tutto!" Recitò Iodix. |
Gaynor vide da lontano la luce di una locanda. Albeggiava, ma la bruma mattutina ne rendeva sfocati i contorni. "Su Elinor, ancora un piccolo sforzo... ci sarà di sicuro qualcuno che ci offrirà ospitalità." Si, e con che la ripaghiamo, l'ospitalità? si chiese Gaynor. Nel frattempo, giunse alle porte della locanda e trovò fuori un giullare ad aspettarla, che la accolse con dei simpatici versi.
"Benarrivata a Cartignone, mia nobile signora! Spero che il viaggio sia stato buono, data l'ora! Cosa vi spinge qui, dove dimorano pianto e lutto? Avanti, non esitate e se vi va raccontateci tutto!" Dopo settimane passate a patire fame, stanchezza e a cercare di evitare le insidie della foresta, quell'allegro saluto le toccò il cuore e un grande sorriso le si allargò sul volto. "Sono Lady Gaynor, giullare, e vengo da molto lontano. Io e la mia Elinor abbamo affrontato un lungo viaggio, ma è arrivato il momento di fermarci per un po' a riprendere le forze. Cartignone, avete detto? Non pensavo di essermi spinta così a nord, ma forse è meglio così. Mio buon giullare, sareste così gentile da accompagnarmi dentro? Ho bisogno di un po' di calore..." Così dicendo, Gaynor legò Elinor alla staccionata e si avviò verso l'interno col giullare. |
Mi svegliai e vidi belven non distante da noi e dissi amico mio che avete vi vedo strano c'è qualcosa che non va? vedo sul vostro volto qualcosa che vi inquete se volete parlarne io sono disposto ad ascoltarvi e aspettai una sua risposta mentre lo guardavo
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Camminavo dietro ai miei compagni, arrancavo per quel corridoio buio quasi che ogni passo mi costasse un’immensa fatica... non avevo guardato mentre Gila aveva liberato il corpo della ragazza dal filo spinato: non ne avevo avuto il coraggio; così come ora non avevo il coraggio di guardarla avvolta nella giubba di sir Guisgard... la sua sofferenza silenziosa mi colpiva, intensificando il mio senso di colpa, e mi faceva mancare l’aria...
E intanto, quasi inconsciamente, riflettevo... Mi sentivo strana, come se un’idea terribile stesse tentando di farsi strada nella mia testa, ma la ragione glielo impedisse... immagini continuavano a balenarmi davanti agli occhi... le parole scambiate con Bumin, gli sguardi tra lui e Dukey, la corte di Cartignone... e poi il mio incontro con il capo degli Atari, quella voce camuffata e quegli occhi spiritati, quegli occhi che erano stati l’unica parte di lui che avevo potuto vedere, quella sensazione di deja vu che avevo provato... poi stralci di vita lontana... ma che connessione c’era tra tutto ciò? In modo del tutto inatteso, un ricordo affiorò nella mia mente... Pioveva quel pomeriggio e la nostra piccola casa era insolitamente buia e cupa. Mio padre stava infilando in fretta poche cose dentro una bisaccia, era arrabbiato e lo si vedeva chiaramente dai suoi gesti... “Devi partire proprio adesso?” chiesi “Non puoi aspettare domattina?” “No, non posso!” rispose “Questi sono gli ordini!” “E poi... perché devi andarci tu?” lo incalzai “Tu non sei un ambasciatore, questo non sarebbe il tuo compito. E con quel che sta succedendo qui, poi... Non ha senso che il principe ti abbia ordinato di andar via da Cartignone in un momento simile!” Mio padre smise per un istante ciò che stava facendo e mi scrutò con attenzione: “No, non ha senso, infatti!” disse lentamente “Ma ho la vaga sensazione che non sia stata precisamente un’idea del principe Frigoros, questa!” “Che vuoi dire?” Rimase per un istante in silenzio, poi mi afferrò per le braccia e mormorò: “Ascoltami, Talia... Ultimamente ci sono cose a Cartignone che non mi quadrano! Stanno avvenendo cose che...” si interruppe un momento e inspirò “Devo partire, adesso... ho tentato di far cambiare idea al principe, ma non ci sono riuscito! Però ti prometto che tornerò presto e, quando sarò di nuovo qui, chiariremo questa faccenda una volta per tutte! Queste ragazze che da qualche tempo spariscono nel bosco... non è normale che nessuno sappia che fine abbiano fatto!” “Papà... io non capisco cosa tu voglia dire...” L’uomo rimase per un istante in silenzio, poi scosse la testa: “Lo so! Non lo capisco bene neanche io, ancora... Ma chiariremo tutto al mio ritorno, non ti preoccupare! Intanto... mentre sarò via, tu devi promettermi una cosa: non voglio che tu esca da sola dalla città e non voglio... non voglio che ti fidi di nessuno, mi hai capito? Di nessuno, tranne che di Eileen e del principe! Nessun altro, Talia! Mi raccomando!” L’avevo abbracciato forte e ci eravamo salutati... Avrebbe dovuto tornare entro un paio di settimane al massimo, ma non l’avevamo più veduto... Eileen era scomparsa qualche settimana più tardi! Questo e altri mille pensieri continuavano a vorticare nella mia testa... Confusi... eppure tutti coincidenti, come tessere di un mosaico. E poi improvvisamente, terribile come una doccia fredda, quelle tessere iniziarono a combaciare e quell’idea indistinta che mi stava frullando per la testa, mi si presentò davanti in tutta la sua terribile realtà! Mi bloccai all’improvviso... la bocca aperta in un urlo senza voce, gli occhi sgranati... le ginocchia mi cedettero per l’orrore e, d’istinto, mi aggrappai alla parete. Guardavo il nano e il cavaliere che camminavano davanti a me, ma non li vedevo realmente... Vedevo solo quell’idea, e... Non poteva essere! Eppure aveva senso! Udii di nuovo le parole di Eileen in quel giorno lontano, rividi la partenza forzata di mio padre, quegli sguardi di Bumin e di Dukey... e lui... lui che era sempre stato il solo che tutto sapeva e che tutto manovrava... solo lui poteva aver avuto la possibilità di creare tutto quello nel segreto più assoluto... Tutto aveva senso adesso! Quell’idea rendeva tutto chiaro, tutto comprensibile... E al contempo quell’idea, se si fosse rivelata fondata, rendeva tutto ancora più terribile... ancora più spaventoso! Un brivido mi attraversò tutta mentre, pietrificata dall’orrore, continuavo strenuamente a tenermi al muro... sentivo che se mi fossi staccata da quella parete, se avessi tentato anche solo un altro passo, sarei crollata a terra. “Siamo perduti!” mormorai, con voce tremante. |
I tre camminavano in uno stretto corridoio, con un senso di angoscia e di claustrofobia.
Ad un tratto Guisgard si voltò verso Talia. "Cosa avete detto?" Chiese turbato dalle parole appena accennate dalla ragazza. |
Nello stesso momento, alla locanda di Cartignone, Iodix accompagnò dentro lady Gaynor.
Il giullare fece accomodare la dama davanti al fuoco che da poco il locandiere aveva acceso. "Il generale Inverno comincia a bussare forte..." disse il locandiere "... ed un buon fuoco è il compagno ideale." La dama era molto bella e la stanchezza non aveva intaccato i bei lineamenti del suo volto. "Questo tempo pare di ghiaccio e l'angoscia dal cuore non scaccio! Il caldo fuoco arde forte e si consuma e la speranza di ritrovarlo ormai sfuma!" Recitò triste il giullare. |
Alzai gli occhi sul cavaliere... ero cosciente del brivido incontrollato che mi stava scuotendo dalla testa ai piedi, ma non riscivo a controllarlo. Serrai il pugno nella speranza di fermare almeno la mia mano.
"Triste è il destino di colui che riconosce il volto del male, se non ha i mezzi per combatterlo!" sussurrai, in preda a nero terrore "Io temo di aver compreso... temo di aver decifrato i segni, alla fine... ma, se ho ragione, nessuno potrà aiutarmi. Se ho ragione, il mio destino è già segnato!" |
Guisgard fissò Talia cercando di comprendere ciò che stesse dicendo.
"Ma di cosa parlate?" Gridò il cavaliere. "Perchè sareste spacciata? Su cosa dite di aver ragione?" "Guis, non urlare" mormorò Gila "o ci sentiranno..." Ma Guisgard sembrava non dar retta al suo amico nano, preso e turbato com'era dalle strane parole di Talia. |
Morven rimase per un istante pietrificato, come di ghiaccio. Mentre tutti intorno a lui cominciavano ad agitarsi, a correre, a spostarsi veloci, lui restava immobile davanti all'uscio della chiesa.
Si portò inavvertitamente una mano alle labbra, in un gesto che una volta gli era molto familiare, ma che da tempo non aveva più compiuto. E le labbra gli tremavano, come se fossero state l'unica parte viva e mobile di quel corpo che sembrava non voler più rispondere alla ragione... ferito a morte... "Che vuoi che sia... andrò da solo stavolta!" "Mi dispiace, Cypher... ma non mi piace questo incarico che ci hanno dato!" "Si, hai ragione... ma sono un sacco di soldi... sono davvero tanti bei soldi, e noi non abbiamo un incarico da mesi!" "Sì, però... non mi piace quel Lord Bonsee... e non mi piacciono i suoi scagnozzi... io non voglio prendere parte a questa spedizione, e non dovresti andare nemmeno tu!" Cypher lo aveva guardato con il suo solito sorriso aperto e sicuro. "Be', almeno vieni con noi fino all'accampamento... potresti cambiare idea all'ultimo momento e seguirci... oppure attendi li che io ritorni coperto di gloria e di soldi per inginocchiarti davanti al grande Cypher!" Avevano riso e scherzato a quelle parole, com'erano soliti fare quando iniziavano a sfidarsi con le grasse vanterie da soldati... ... ma Morven non aveva cambiato idea. Aveva seguito il gruppo di cavalieri fino all'accampamento nel bosco, vicino a quella torre che sembrava così importante per il signore di quelle terre, e al contempo così difficile da espugnare. Aveva aiutato Cypher ad indossare le protezioni, aveva scherzato con lui e sellato il suo cavallo... ma non aveva cambiato idea, no! Era rimasto a guardare mentre gli altri si allontanavano. Cypher, in groppa a quel suo elegante puledro... "fortunata canaglia, come fa a fare sempre un mucchio di soldi?!?!"... gli aveva lanciato un saluto con la mano e un sorriso gioviale e aperto, come sempre... Aveva passeggiato tra le tende, senza far caso a nulla... aveva dialogato col tramonto... aveva toccato il fondo dei propri pensieri, il fondo di quella assurda provvisorietà che era la vita... perchè non era andato?... perchè si era tirato indietro?... cosa lo aveva fermato?... forse non era il gran cavaliere che credeva di essere... a ben pensare, non lo era affatto! Aveva lasciato ogni cosa per inseguire quel sogno... ed era finito a fare il mercenario, al soldo di chi potesse garantirgli un nuovo pezzo di armatura o una spada migliore... voleva essere nobile come Parsifal e coprirsi di fama e di gloria, ed invece si stava vendendo al miglior offerente... ormai il suo nome cominciava ad essere famoso tra quelle terre... tutti volevano pagare l'abile spadaccino per questa o per quell'impresa... ma era fama, quella? ed era gloria? Era talmente preso dai proprio pensieri che quasi non si accorse dello scudiero che lo chiamava... "Signore..." Morven si voltò, quasi adirato per essere stato interrotto. Poi incrociò lo sguardo pallido e gli occhi tremanti di quel ragazzino. "Signore... mi hanno detto di portavi queste..." E in tutta fretta, come se avesse paura di lui, il ragazzo gli tese due spade corte, ancora coperte di sangue. Morven le prese tra le mani, senza capire... le spade corte che Cypher portava sempre con sè... "Ma che..." Il ragazzino era già sgattaiolato via, e Morven sollevò lo sguardo a cercare una risposta. Dall'altro lato del campo, gli uomini di Bonsee stavano ritornando, e non c'erano scherzi o frasi gioviali in quel gruppo. Si precipitò in quella direzione con una strana ansia nel cuore... "Che cosa è successo?" chiese con urgenza. Nessuno gli rispose, molti lo evitarono senza dargli molto peso. Morven strattonò uno dei soldati che gli passò accanto. Questi lo guardò con uno sguardo arcigno e alla sua domanda rispose brusco: "Che vuoi, marmocchio senza fegato? Il tuo degno compare è laggiù, che sta morendo come merita gente come voi... sporchi mercenari!" Morven gli aveva tirato un pugno in pieno viso e l'aveva lasciato steso a terra. Il suo unico pensiero era rivolto a Cypher... ... ferito a morte... continuava a guardare la notte... Goldblum... dovevo andare io... toccava a me... stavolta toccava a me... avevo un conto da saldare con la Morte! "State in guardia... siete rimasto solo..." Quelle parole gli risuonarono in mente, facendolo trasalire... siete rimasto solo... che sciocchezza! Io sono sempre stato solo... e solo sarei dovuto restare... non sono certo una fortuna per i miei compagni! "L'alba è ancora lontana..." Sì, era lontana... benedetta notte... forse così salderò quel vecchio conto con la Nera Signora! Si voltò verso Bumin, un attimo prima che questo si voltasse per seguire gli altri dentro la chiesa. "Avete ragione, mio signore... devo stare in guardia! A questo proposito, dunque, fatevi prestare un'arma affilata da qualcuno dei vostri amici, e rendemi quel vecchio gladio che vi diedi in prestito... comprendo dalle vostre sagge parole che stanotte servirà più a me che a voi!" |
Bumin fissò Morven e sorrise con irriverenza.
"Eccovelo..." disse lanciando a Morven il suo gladio "... ma dubito che potrà esservi utile..." "Presto, prepariamoci!" Urlò al gruppo Dukey. "Saranno qui da un momento all'altro." All'improvviso una freccia, scoccata da chissà dove, trafisse al collo uno dei soldati di Dukey. "Sono già qui..." disse Bumin "... siamo tutti sottotiro..." Ad un tratto un gran silenzio piombò intorno a loro. Irreale ed insopportabile. Per poi lasciare il posto a decine di sibili che si facevano sempre più intensi. In un attimo una pioggia di frecce cominciò a cadere su di loro. |
"Shhh..." sussurrai, alzando una mano e fermandola a pochi centimetri al volto del cavaliere.
Socchiusi gli occhi un istante, tentando di riprendere in parte il controllo, poi cercai di spiegare: "Sono stata una sciocca! Sono stata cieca e sorda, fino ad ora... ma finalmente ho capito! Ho decifrato i segni, temo! Ma ora non so come agire. Lui è potente a Cartignone! Lui è il solo che avrebbe potuto far tutto questo... che avrebbe potuto radunare intorno a sé un sì gran numero di esaltati, che avrebbe potuto convincere qualcuno arrogante come Bumin a seguirlo, che avrebbe potuto manovrare a suo vantaggio la mente del principe! Eileen l'aveva capito, io non le avevo creduto e lei è morta! Mio padre l'aveva capito, ha tentato di mettermi in guardia... ma di nuovo io non avevo compreso le sue parole, e ora lui è scomparso! Però... però adesso, finalmente, vedo le cose con chiarezza... adesso tutte le tessere sono andate a posto e io vedo che solo una persona aveva il potere per far questo... solo lui! Guxio!" |
Guisgard restò un attimo in silenzio dopo aver udito il ragionamento di Talia.
"Guxio..." ripetè il cavaliere "... è quindi un membro della corte di Cartignone?... Massì!" Esclamò dopo qualche istante. "Io ho visto il volto del loro capo e mi ricordava qualcuno! Qualcuno visto proprio alla corte di Cartignone! E se due indizi fanno una prova, forse..." Ma le parole di Guisgard furono interrotte dalla delirante risata della ragazza che teneva in braccio. "Ma che diavolo..." mormorò il cavaliere. "Lui conosce ogni vostra intenzione..." disse la ragazza "... e non uscirete mai vivi da qui..." I suoi occhi allora si fecero rossi come il sangue vivo e spalancò la bocca tentando di mordere Guisgard. Questi però riuscì a divincolarsi dal suo abbraccio e la lasciò cadere a terra. "Morirete tutti!" Gridò la ragazza tentando di afferrare ora Talia. Guisgard però tirò a se la dama di Cartignone, sottraendola all'assalto di quella ragazza che sembrava in preda ad una diabolica follia, ma che riuscì comunque a mordere il braccio del cavaliere. "Maledetta..." gridò Guisgard. Ma proprio mentre la ragazza si apprestava ad un nuovo assalto, Gila la colpì alle spalle con la sua scure, mozzandole il capo. "Ma cosa le è successo?" Domandò Guisgard. "Non era più umana ormai..." rispose il nano. "Quel maledetto ha stregato queste ragazze..." mormorò Guisgard "... state bene, Talia?" Chiese poi alla ragazza, mentre si teneva il braccio che cominciava a sanguinare in maniera insistente. |
Entrata nella locanda, Gaynor venne accolta con molta gentilezza dal locandiere, ma furono i malinconici versi del giullare a colpire la sua attenzione. All'improvviso avvertì un brivido lungo la schiena, come una sorta di triste presagio.
Tranquilla, ragazza mia, nessuno potrebbe mai immaginare che tu ti sia spinta fin qui. A quest'ora gli uomini di Duncan saranno arrivati di sicuro a Cesan, pensando che mi sia nascosta dalla zia Gwyneth. Che sciocchi, tutti quanti! Mille volte meglio la foresta, piuttosto che essere costretta a tornare ad Imperion! Scacciata la sensazione di paura, Gaynor chiese al giullare: "Qual'è il vostro nome, mio buon amico? E perchè mai avete l'angoscia nel cuore? Avete forse perso qualcuno che vi era caro?" |
Morven afferrò la corta spada e la strinse. Decise di non dare peso alle parole di Bumin, e ancor più al suo sguardo.
Rimise il gladio alla cinta, e in quel gesto sfiorò l'elsa di Samsagra. L'aveva affibbiato ad una seconda cinta che stava un pò più in basso della prima, più sottile, dove teneva ancora le sue lame più piccole... le spade di Cypher... tutti lo trovavano bizzarro... non erano certo armi da cavaliere, quelle... erano solo due corte spade... da ladro, da mercenario... o da cacciatore! Sorrise suo malgrado, a quel pensiero... col tempo aveva imparato ugualmente a maneggiarle in maniera temibile, sfruttando la loro velocità in luogo della lunghezza che gli consentiva la giusta distanza... e le aveva usate bene, fino al giorno in cui il Destino gli aveva donato Samsagra. Accarezzò la forma di drago che attorcigliava le sue spirali attorno all'impugnatura dell'ama... sentì un profondo respiro levarsi attorno a lui, come un prolungato e lento sospiro, il sospiro di un'anima... e la spada per un istante gli parve che emanasse calore, nell'attimo in cui la sua mano si soffermava in quella carezza... era davvero come una donna, quella spada, pensò... "Ela, Samsagra..." mormorò con dolcezza "stanno arrivando..." E un attimo dopo, una pioggia di frecce cominciò ad abbattersi su di loro. Il soffito semicrollato e le crepe che si aprivano su quei muri corrosi non davano certo sicuro riparo da quegli acuminati araldi di morte, e l'oscurità della notte non permetteva di scorgere nulla... non c'era modo di difendersi. Bizzarramente Morven pensò che Bumin avesse avuto ragione... il gladio non avrebbe potuto essergli di alcuna utilità in quel frangente, nè spada alcuna poteva fargli da scudo contro quella minaccia che cadeva dal cielo a colpire a caso e senza il minimo preavviso. Fu allora che Samsagra cominciò a cantare, rammentandogli quei versi che Morven conosceva bene, ma che quella paura improvvisa gli aveva allontanato dalla mente... "La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza; non temerai i terrori della notte né la freccia che vola di giorno... Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma nulla ti potrà colpire..." E a quelle parole, il cuore di Morven si placò... si, era così... e la fedeltà gli avrebbe fatto da scudo... la fedeltà al suo sogno! In quel momento il suo pensiero, rassicurato e rinsaldato, corse allora a difendere chi gli stava vicino. Prese il Cappellano, che si era riparato poco distante da lui, lo afferrò dall'ampia veste e lo trascinò con se, fin sotto il grande altare di pietra che occupava il fondo della chiesa. "State qui!" gli intimò all'orecchio "Qui sarete al sicuro!" |
"Il mio nome è Iodix di Cornovaglia
e un malessere il cor mi attanaglia. Il mio nobile e bel padrone è svanito e temo che sia stato assalito o rapito!" Recitò il giullare, in risposta alle domande di lady Gaynor. "Egli mi è molto caro, mia signora ed il duca suo zio questo ora ignora. Sento che è in pericolo, il mio signore e ciò mi da la morte in fondo al cuore!" Concluse Iodix. |
La follia della ragazza mi aveva colta di sorpresa... gridai quando ci assalì e gridai di nuovo quando Gila fece volar via la sua testa, coprendomi istintivamente gli occhi con le mani.
Li riaprii lentamente solo quando ci fu di nuovo silenzio e udii la voce del cavaliere vicino a me... “Sì!” dissi “Sto bene... Credo!” Poi mi accorsi che si stava tenendo il braccio e che molto sangue ne usciva... “Vi ha ferito!” mormorai allora “Lasciate che vi bendi, e poi andiamocene da qui! Non voglio rimanerci neanche un istante in più!” |
Il Cappellano sorrise a Morven e lo benedisse.
Un attimo dopo urla e rumore di armi si diffusero davanti alla chiesa. In breve diversi di quegli uomini tatuati aggredirono i cavalieri e sorse uno scontro terribile. Più si combatteva, più sembrava che quegli aggressori aumentassero di numero. Fino a quando Bumin urlò: "Dividiamoci! Verso il bosco!" |
"No, non preoccupatevi, io sto bene..." disse Guisgard a Talia "... e avete ragione... anche io non vedo l'ora di uscire da questo posto maledetto..."
"Sei ferito seriamente?" Chiese il nano. "No, come detto è solo un graffio." "Sanguina un bel pò..." "Non perdiamo altro tempo e proseguiamo..." rispose Guisgard tenendo sempre stretta la mano sulla ferita. I tre allora continuarono, fino a quando si trovarono in una profonda cavità, scavata nella roccia. "Manca ancora molto?" Chiese Guisgard a Gila. "No, qui dentro purificano le loro armi..." rispose il nano "... non manca molto ad una delle uscite secondarie..." |
Gaynor ascoltò con attenzione le rime di Iodix. Dunque il suo padrone, nipote di un duca, si trova nei guai... "Di grazia, potrei conoscere la storia?" disse, rivolgendo lo sguardo prima al giullare, e poi al locandiere. "Mi avete incuriosita..."
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Mi guardai intorno... una profonda cavità irregolare si spalancò davanti ai nostri occhi, dove quella luce incerta proveniente dalle torce appese alle pareti rendeva l’ambiente vagamente sinistro.
“Purificano le loro armi?” chiesi, lanciando un’occhiata sorpresa a Gila... l’idea mi fece rabbrividire, e soggiunsi: “Credo che sia alle loro anime che dovrebbero pensare, invece!” Rimasi per un istante immobile... continuavo a sentirmi a disagio, il pensiero di Guxio mi perseguitava e non riuscivo a togliermi dalla mente la reazione della ragazza, di poco prima, e le sue parole... Infine mi voltai verso il cavaliere: “Ha detto che non saremmo usciti mai da qui...” mormorai “Quella ragazza ha detto che lui conosce tutte le nostre mosse! Non voglio rischiare che abbia ragione: vi prego, andiamo!” |
Nel frattempo, al villaggio dei nani, Belven era rimasto sorpreso dall’atteggiamento di Sausar, il capo villaggio.
Il cavaliere non attese che il villaggio fu del tutto risvegliato dal nuovo giorno e corse verso l’abitazione del capo dei nani. E nonostante le resistenze dei servitori di Sausar, Belven riuscì a vederlo. “Avete passato la notte a spiarci…” cominciò a dire il cavaliere. “Badate a come parlate…” “Allora parlate voi” replicò Belven “e dite tutta la verità, stavolta!” Sausar lo fissò per alcuni interminabili istanti. “Voglio la verità…” ribadì Belven con forza. “Quale verità?” Domandò il nano. “Tutta!” In quel momento entrarono due guardie. “Sono impegnato, ora.” Disse Sausar. “Signore, c’è qualcuno che vuole parlarvi…” riferì una delle guardie “… e credo sia importante che voi lo ascoltiate…” Sausar fissò stupito quella guardia. "E sia, fatelo entrare..." ordinò. |
All'ordine di Bumin tutti gli uomini si precipitarono fuori dalla chiesa, verso il bosco, nella speranza di sfuggire a quell'attacco.
Dall'ingresso giungeva il rumore di spade e le urla di rabbia e di dolore. Morven strinse il braccio del Cappellano. "Venite!" gli disse rapido, afferrandolo per la manica e tirandolo via dal grande blocco di pietra grezza che un tempo era stato l'altare. Approfittando della gran confusione di uomini e di armi,e subito seguito dal religioso, Morven sgattaiolò verso l'angolo più estremo della chiesa, dove un gran cumulo di vecchie assi di legno e pietre crollate dal soffitto stavano ammonticchiate disordinatamente. Lì, protetto dall'ombra della notte, fece nascondere il Cappellano, quindi a sua volta si acquattò al riparo di quei resti, tendendo le orecchie con attenzione ai rumori che provenivano dall'esterno "Restate qui... non vi muovete... non respirate neppure, se potete!", sussurrò al Cappellano, in tutta fretta. Quindi si rimise in ascolto. Il cuore gli martellava nel petto. Aveva fatto una scelta azzardata, e molto, e ancora non era del tutto certo che fosse quella corretta. Tuttavia, aveva pensato, i nemici avrebbero scorto gli uomini di Bumin che si lanciavano verso il bosco, e di certo sarebbero corsi in quella direzione, all'inseguimento delle loro prede. Su questo diversivo aveva fatto affidamento Morven, sull'idea che quegli uomini sanguinari avessero creduto ormai deserta la piccola chiesa, e che si fossero diretti quindi verso la boscaglia. Restare immobili e in silenzio perfetto era vitale. Qualcuno forse sarebbe entrato a dare un'occhiata, e farsi sorprendere in quel luogo significava morte certa, visto il gran numero dei nemici. Dovevano attendere, e vedere. E forse, sperava anche troppo ottimisticamente il giovane Morven... forse, quando l'agitazione di quell'attacco si fosse infine calmata, avrebbero potuto anche avere la fortuna di scoprire qualche nuova informazione, celati com'erano in quell'angolo oscuro, protetti dal mantello della notte e dalla generosa incuria degli uomini e del tempo. |
Nello stesso istante, nella locanda di Cartignone, Gaynor, incuriosita dalle parole di Iodix, aveva chiesto di saperne di più.
"Sangue caldo e testa dura all'uomo portano solo sciagura! Impetuoso ed anche avventato e per questo fu tanto sventurato!" Recitò il giullare. "Basta con queste rime..." intervenne il locandiere "... perdonatelo, milady... ormai racconta a tutti i viaggiatori questa storia... dunque, il suo padrone sembra sia svanito una notte, mentre accompagnava una bella dama verso il bosco. E da quel momento non è più ritornato. Il bosco di Cartignone, infatti, sembra essere maledetto... da tempo ormai spariscono giovani donne... ed alcune di queste sono state ritrovate senza vita, dopo aver subito indicibili torture... qualcuno le ha rese martiri di chissà quale folle visione di morte..." "Povero il mio dolce signore, alla mercè di tale folle orrore. Vorrei essere un gran cavaliere e non uno stolto e inutile ciarliere. Correrei si in quel bosco senza bene e lo riporterei qui, salvo da tali pene." Recitò tristemente Iodix. |
Ascoltata la spiegazione, Gaynor chiese al locandiere: "Perdonatemi se sembro immischiarmi in faccende che non mi riguardano, ma non è stato mandato nessuno sulle loro tracce? Se è vero ciò che raccontate, quei due saranno in pericolo." Si voltò poi verso il giullare: "Mio buon Iodix, voi avete parlato di un duca, chiedete aiuto a lui, ma non potete star qui con le mani in mano a raccontare questa storia a chiunque la voglia ascoltare, senza però intervenire. Il vostro cuore è dunque pavido? C'è di mezzo anche una dama..."
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Intanto, nascosti nella chiesa, Morven ed il Cappellano attendevano che la confusione della battaglia volgesse a loro favore.
"Che beffa..." mormorò il Cappellano "... siamo nascosti in questa chiesa maledetta per salvarci dai nostri nemici, eppure non vi è un posto peggiore di questo per nascondersi dal male..." Sorrise amaramente ed aggiunse: "Una chiesa sconsacrata... un luogo un tempo di luce, divenuto ora dimora dell'oscurità più fitta..." Passarono alcuni interminabili momenti, senza che nulla accadesse intorno a loro. Un silenzio irreale dominava in ogni dove di quel bosco. Ma all'improvviso si udì una voce. "Ehi, dove siete?" Gridò Dukey, sbucato dalla fitta boscaglia. "Siete vivi? Potete venire fuori... abbiamo messo in fuga quegli uomini... non c'è più pericolo..." |
Nel frattempo, alla locanda, Gaynor apprendeva dei fatti che stavano flagellando Cartignone.
"Il duca è lontano dai mali di quella boscaglia. Egli è al sicuro, ignaro di tutto, in Cornovaglia. Eh, ma se lui sapesse si che giungerebbe veloce, che come un figlio l'amava e perderlo sarebbe atroce." Disse Iodix. "Lord Frigoros, signore di Cartignone, ha mandato diversi uomini nel bosco per comprendere quale maleficio attanagli quel luogo..." intervenne il locandiere "... ma sembra tutto inutile... non solo, infatti, il padrone di questo giullare sembra svanito in quel diabolico incanto, ma anche altri, tra cui lady Talia, che dopo la morte della figlia di lord Frigoros è divenuta la pupilla del nostro signore... e proprio lady Talia accompagnò quella notte nel bosco il padrone di questo cantastorie..." |
A sentire queste tristi parole, il cuore di Gaynor si strinse per la pena. Non conosceva quelle persone, ma una sorta di empatia la faceva reagire con sgomento all'idea che li, da qualche parte nel bosco, ci fossero due persone terrorizzate, braccate come conigli, convinte che il mondo si fosse dimenticato di loro. Ancora prima che la mente reagisse, la bocca stava già esclamando: "Ma com'è possibile che siate ancora qui senza far niente? Questo Lord Frigoros dev'essere uno che si arrende presto, ma voi, Iodix, che tanto sembrate amare il vostro padrone, non vi siete preso nemmeno la briga di muovere un dito per lui. Certo che quassù al nord avete uno strano modo per dimostrare il vostro amore..."
Ecco, ora mi cacceranno via a pedate, sempre perchè non riesco a tenere a freno la lingua. Morirò senza imparare cosa significhi essere una vera dama che sa stare al suo posto... |
Intanto, nel ventre oscuro del bosco, Guisgard, Talia e Gila continuavano la loro risalita da quell'Inferno.
"Pensare alle loro anime..." mormorò Guisgard "... dubito che quei maledetti abbiano ancora delle anime..." "Da quella parte..." indicò Gila. I tre allora si incamminarono verso una fessura che si apriva nella parete rocciosa. Ad un tratto sentirono un gemito, un lamento. "Cosa è stato?" Chiese Guisgard. "L'eco dei nostri passi." Rispose Gila. "Proseguiamo..." "Papà..." "L'ho sentito di nuovo!" Esclamò sorpreso Guisgard. "Proveniva da quella parte!" "Io non ho sentito nulla." Rispose il nano. "Papà... papà, non mi abbandonare... Dio, aiutami..." "Nulla?" Chiese Guisgard. "Laggiù c'è qualcuno che chiede aiuto..." "E' stregoneria!" Sentenziò Gila. "Un incanto che cela una trappola... proseguiamo per la nostra strada." Ma fatti pochi metri, i tre sentirono dei passi alle loro spalle. "Qualcuno ci segue..." disse Guisgard. "Non c'è nessuno..." rispose il nano "... continuiamo a camminare... senza più voltarci." Ma ad un tratto quella voce si fece più nitida e Talia la riconobbe. "Talia..." chiamò "... Talia... non mi riconosci? Sono Eileen... Talia, sono io..." "Non voltatevi." Disse Guisgard a Talia. "Talia... perchè mio padre non è venuto a prendermi?" Domandò piangendo. "Perchè? Ho pregato ogni notte... ma lui non è venuto... ero sola... loro erano cattivi... e poi..." "Non voltatevi e proseguiamo." Ripetè Guisgard a Talia, prendendola per mano e tenendola stretta. "Talia..." chiamò di nuovo quella voce "... ti ho aspettata... sapevo che saresti venuta a prendermi... non lasciarmi quaggiù ora... loro torneranno... ho paura, Talia... non andare via... non mi abbandonare quaggiù... Talia... sono io... tu sai che sono io... sono Eileen... Talia, non mi abbandonare da sola.. ho freddo... ho paura... portami a casa con te..." |
Camminavo in fretta, con il cuore in gola e una strana sensazione addosso... papà diceva sempre che avevo il dono di avvertire in anticipo quando c’era qualcosa che non andava, un diffuso malessere che mi coglieva senza un’apparente motivazione e che fungeva come una sorta di campanello d’allarme. Era sempre stato così: non sapevo perché. E tuttavia, da quando ero penetrata nel regno degli Atari, quel diffuso malessere non mi aveva più abbandonata.
Non feci caso, dunque, a ciò che avvertivo dentro di me risalendo quello stretto passaggio... O, almeno, non ci feci caso finché non udii quella voce! Era una voce debole, di giovane donna, una voce che da principio suonò alle mie orecchie assolutamente estranea, tanto insignificante per il mio cuore che non compresi il nervosismo che notai nel nano Gila... E tuttavia, udendola di nuovo, ascoltandola... mi suonava sempre più familiare... era come un canto, un canto dal sapore vagamente ipnotico... Avvertii la mano di Guisgard afferrare in fretta la mia e stringerla, e per un istante tornai lucida... Un istante! Ma quella voce, quelle parole... Eileen... ‘L’hai vista morta!’ disse un’altra voce, da qualche parte nella mia testa. Una voce, questa, che somigliava stranamente a quella di mia madre. ‘Hai visto il suo corpo senza vita!’ Eppure quei lamenti, melodici come un canto, proprio alle mie spalle... Non avvertivo quasi più il contatto con la mano del cavaliere ora, e la voce di mia madre nella mia testa era così lontana ormai... Eileen... tutto ciò che udivo era quel pianto, come un canto di dolore... Combattere... Non potevo più combattere... E molto lentamente, senza quasi che me ne rendessi conto, iniziai a voltare indietro la testa, verso quella voce e quel lamento... |
Nello stesso momento, alla locanda di Cartignone, il temperamento di Gaynor cominciava a farsi vivo.
"Eh, milady..." disse il locandiere "... avete un bel carattere indomito! Ma non siate dura col nostro giullare... egli è uomo di rime e versi, che sogna al massimo una tavola imbandita ed un letto caldo. Non cerca fama e ricchezza. Il suo sogno non è abbattere draghi. Non lui che se la fa addosso se sua suocera alza un pò la voce!" E rise forte. "Eppure io vi dico, mia signora, che certo partirei alla buon'ora! Se però trovassi un buon amico io partirei all'istante e qua lo dico! Un compagno d'armi, sono sincero, animato si da ardore e coraggio vero." Esclamò Iodix. |
"Talia..."riprese a dire la voce "... Talia, non mi abbandonare qui... sono da sola, ho paura... loro torneranno... portami a casa con te... ho paura... li sento... Talia, presto, vieni a prendermi... sono qui... vieni, Talia... Talia..."
Guiagard camminava senza voltarsi, ma cominciò a sentire che Talia lo seguiva più lentamente. A tratti era quasi lui a doverla trascinare con sè. "Non voltatevi, Talia. Stringete la mia mano e camminate guardando solo davanti a voi." La voce di Guisgard si sovrappose a quella di Eileen, fino quasi a confondersi con essa, nella testa di Talia. "Talia... perchè vai via...?" Gridò la voce impaurita. "Talia... Talia... sei venuta a prendermi, lo so... non andartene... Talia, vienimi a prendere e torniamo a casa insieme..." |
"Vi prego, vogliate scusare la mia impertinenza, non avrei dovuto parlare in quel modo."
Uno zio duca, un lord... qui c'è gente che ha da perdere molto se quei due sventurati fanno una brutta fine. Mi chiedevo se... no, ragazza mia, fermati a riflettere, non si offre protezione ad un cadavere, ed è quello che diventeresti gettandoti in quest'avventura... Ma una vocina continuava a ronzare nella testa di Lady Gaynor. C'era qualcosa che la spingeva ad interessarsi della sorte del cavaliere e della sua dama. Non li conosco, non so neppure che volto abbiano o se siano già morti, eppure è come se una voce mi chiamasse e mi spingesse verso di loro... Di nuovo impulsivamente, Gaynor si rivolse al giullare e disse: "Ebbene Iodix, io non sono un uomo d'armi, come potete ben vedere, ma il coraggio non mi manca. Sono scappata da un posto che odiavo, da un signore che mi tiranneggiava, ho attraversato miglia e miglia di boschi e foreste, combatutto tante insidie, e tutto con l'aiuto di nessuno. Solo io ed Elinor, l'amica più fedele che si possa immaginare. Per questo, non ho nient'altro da offrire che il mio coraggio, ma se lo volete, sono pronta ad accompagnarvi alla ricerca del vostro padrone e della sua dama." |
Mentre Belven era dal capo dei nani io iniziai a girovagare per il villaggio per scoprire qualche cosa e trovare qualche indizio importante e riferirlo a Belven
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