Il mare era gonfio, grigio e lanciava con impeto alti e schiumosi cavalloni contro la spiaggia, lasciando nell'aria un intenso odore di salsedine.
Quel moto, quel rumore aveva un che di ritmico, persino di ipnotico e sembrava tranquillizzare i due seduti contro la barca sulla sabbia.
Castiel se ne stava rilassato, con gli occhi chiusi e Diahnne era accanto a lui.
Poi aprì gli occhi di colpo, fissando il mare.
“Io sono nato dove cielo e mare si confondono...” disse “... l'orizzonte è solo una linea immaginaria che fantasticavo di tracciare con una matita invisibile durante i lunghi pomeriggi trascorsi da solo a guardare le onde... di tanto in tanto vedevo una nave salpare e scomparire nella foschia di salsedine e nuvole... mi sono sempre chiesto dove finissero le navi quando sparivano...”

“Non sono pirati...” disse mezzo stordito Hiss a Shushan “... sono dannati mercanti di schiavi... no, non mi daranno alla polizia... frutterei poco... forse mi uccideranno e tu sarai venduta a qualche bordello...” cercando di appoggiarsi al muro.

Restarono così a lungo.
Fino al tardo pomeriggio.
“Sai...” disse ad un tratto Elv senza lasciare Kara “... ho fame... ma sto troppo bene per alzarmi e preparare un panino... ci vorrebbe un bel droide... di quelli che fanno vedere alla tv... peccato che solo chi dirige una fabbrica o fa parte dei quartieri altri può permetterselo.” Ridendo.

Tyson zigzagava agitato fra le auto che rendevano lente le due corsie di marcia, imprecando e suonando col clacson.
“C'è che siamo nei guai, Jennifer...” disse “... guai seri... Lance... Lance ci aspetta in periferia... in un grosso capannone abbandonato... c'è qualcosa che devi sapere e credo debba dirtelo lui...” imboccando una stradina laterale “... sperando di non essere già stati riconosciuti...” guardando nello specchietto retrovisore.

Era un momento così sereno che quasi mi venne sonno.
Poi le parole di Castiel mi fecero tremare. Sembrava così profondo e... E molto tenero.
Mi voltai a guardarlo e sospirai. Era il momento di aprirsi, giusto?
"Io ci andavo spesso, in barca. Con mio padre e i miei fratelli. Andavamo a pescare..." dissi ricordando quei bei momenti.
"Mi sono fatta tante volte la tua stessa domanda, in più avevo paura di scomparire anche io, dietro quella nuvola bianca" dissi con un leggero senso di tristezza.

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Sbiancai..già quel posto era maleodorante e claustrofobico e per di più sentire quella sentenza definitiva era troppo.
"No" piena di rabbia "Non possono ucciderti..e non mi daranno a un bordello..lo so che l' epoca del Romanticismo è finito da secoli ormai ma se ti uccidono mi ammazzo pure io, non mi avranno alla loro mercè, farabutti. Dobbiamo escogitare un piano..e se chiedessimo di far parte di loro? Sarebbe la unica alternativa per salvarci no?" sospirando.."A meno che tu non voglia riprendere quel pugnale" sorridendo malinconicamente.."Sembra il destino non voglia farci stare vicino vero?" mentre una lacrima scendeva dal viso.

Continuammo ancora in quel modo sul divano, fino al tardo pomeriggio, o almeno pensavo lo fosse, ormai avevo perso pure la cognizione del tempo.
Poi lo ascoltai quando parlò e risi insieme a lui.
Sì, anch'io ero nella sua stessa situazione non mi sarei mossa da lì nemmeno sotto tortura.
"Già, appunto, quindi dobbiamo alzarci. Dai, prima che Charlie arrivi prima di te, e lui mangia tanto, ti avviso" ridendo e alzandomi, mentre afferravo dei pantaloncini ed una canotta a caso e legavo malamente i capelli un po' spettinati.
Poi andai in cucina e preparai due sandwich.
"Dovrai accontentarti solo del panino, però, è finita la birra..." constatai, con una smorfia.
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Nei guai... Conoscevo Tyson e sapevo che non gli avrei cavato fuori altro. Ero in agitazione come mai in vita mia, non riuscivo ad immaginare cosa avesse mai potuto fare Lance per cacciarsi nei guai ed essere braccato da qualcuno. Da chi, poi? Non mi restava che aspettare di incontrarlo.
"Guidi lento come un bradipo... Perché non lasci il volante a me, così magari arriviamo prima che faccia notte?" dissi, piuttosto nervosa.

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Il mare mormorava fra la salsedine e la schiuma delle sue onde mosse dal vento, con Diahnne e Castiel che fissavano l'acqua inquieta.
“Chissà...” disse lui “... magari un giorno andremo a vedere cosa c'è davvero oltre l'orizzonte...” si voltò a fissare la ragazza “... ma prima ci converrà scoprire che fine abbia fatto tuo fratello, no?” Sarcastico.

Kara si alzò per vestirsi ed Elv la guardò nuda che si copriva.
Poi lei tornò con due sandwich.
“Faremo a meno della birra...” disse lui divertito “... buono... credo sia il sandwich più buono che abbia mai mangiato...” ridendo.
Poi guardò verso la finestra.
“Tra non molto sarà il crepuscolo...” mormorò “... poi potremo andare... scendere negli inferi di questa nuova Sodoma...”

Tyson guardò Jennifer con uno sguardo a metà tra il confuso e l'agitato.
Allora annuì e fermò l'auto sul ciglio della strada.
“Su, prendi il volante, ma fai in fretta...” disse “... ti dirò io dove andare...” contento di non dover più guidare.

Sorrisi divertita ad Elv ed iniziammo a mangiare, trascorrendo quei minuti in tranquillità e spensieratezza.
Guardai poi lui e dopo la finestra.
Alzai appena le sopracciglia.
"Wow, addirittura?" chiesi, mentre finivo di mangiare.

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Risi a quella battuta e portai lo sguardo verso il suo, che già mi guardava.
"Già... Chissà se magari lui è andato proprio verso l'orizzonte ed io mi sto preoccupando per niente..." dico persa in quel mare di occhi blu.

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Tyson acconsentì ed io presi posto al volante, lieta di avere in mano la situazione. Guidare era una delle cose che mi riusciva meglio e questa mia abilità ci avrebbe permesso di raggiungere mio marito più in fretta. Mio marito, che in quel momento era in chissà quale stato di agitazione.
Mi sistemai e pigiai sull'acceleratore, rimettendomi sulla carreggiata.
"Dimmi dove devo andare, magari è un posto che conosco..."

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Mangiarono i loro sandwich quasi fossero solo loro, appartati, dimenticandosi del mondo intero che dai vetri sembrava un insieme di immagini che scorrevano veloci e silenziose.
“Ehi...” disse con tono scherzoso Elv a Kara “... nel tuo ci sono i sottaceti e nel mio i crauti... facciamo cambio?” Divertito.

Per un lungo istante Castiel guardò Diahnne senza dire nulla.
Un sguardo enigmatico, profondo, come se cercasse di leggerle dentro, nell'anima.
“Magari si...” disse infine “... forse è fuggito davvero... ma noi lo troveremo perchè non si molla una sorella tutta sola, no?” Sorridendo.

Jennifer prese il volante e Tyson la guidò per una serie di stradine secondarie che come un labirinto si disseminavano attorno ad Imperios che appariva muta ed indifferente.
Alla fine si persero nel crepuscolo grigio ed inesorabile della città arrivando dove un tempo sorgeva una fabbrica di dolciumi.
Qui c'era un vecchio capannone abbandonato.
Scesero dall'auto ed entrarono.
Tutto era buio ed un odore di muffa ed umidità avvolgeva ogni cosa.
“Lance...” disse Tyson verso il buio di quel luogo, ma nessuno rispose.

"Magari avrà pensato che un "angelo" si sarebbe preso cura di me" dissi sorridendo senza smettere di guardarlo.

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Finsi un'espressione contrariata e corrucciata.
"No, scordatelo" asserii, scuotendo la testa con convinzione, mentre continuavo a mangiare e lo guardavo con espressione divertita.
Era bello come in ogni momento, qualsiasi cosa facessimo, anche la più semplice, sembrava che il mondo girasse solo per noi.

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Percorrendo stradine intricate della periferia di Imperios, finalmente giungemmo al capannone dove si trovava mio marito.
Una volta dentro, fummo avvolti da buio fitto e da un nauseabondo odore di muffa.
"Lance, amore... Sei qui?"

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Di nuovo quello sguardo di Castiel su Diahnne.
Uno sguardo impenetrabile, enigmatico, misterioso, indagatore.
“Un Angelo...” disse con una carezza sul viso di lei, indugiando su una sua ciocca “... ma attenta ai diavoli...” mormorò.

Elv assunse un'aria fintamente imbronciata, poi scoppiò a ridere.
Finirono i loro sandwich ed intanto il cielo aveva ospitato l'imbrunire vago di un crepuscolo inquieto.
“Credo sia ora di andare...” disse poi a Kara.

Jennifer e poi Tyson chiamarono più volte Lance, ma nessuno rispose.
Poi dei rumori, delle voci ed infine apparvero dei militari.
“Temo il signor Lance non possa rispondervi...” disse il capitano ai due.
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"A quello ci ha pensato mio fratello. So difendermi" dico guardandolo e tramando appena a quel contatto.
Eravamo vicini ma non avevo alcuna intenzione di allontanarmi.
Quegli occhi erano così enigmatici che mi veniva voglia di tuffarmici dentro e raccogliere le parole che teneva segrete.
"Non mi dirai mai chi sei veramente, 'angelo'?" dissi sorridendo leggermente.

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Scossi la testa ridendo e continuammo a mangiare.
Nel frattempo, il cielo aveva oltrepassato il crepuscolo, scurendosi e mutando in sera.
Sospirai poi appena e annuii, non sapendo cosa aspettarmi, vista la premessa di Elv.
Certo era che non sarebbe stato meglio che restare qui noi due.
A quel punto mi preparai e mi andai a vestire per uscire.

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Invece di Lance, all'appello risposero dei militari. Ma in che razza di guai si era cacciato mio marito?
Mi feci avanti, col cuore in gola. "Dov'è mio marito? Cosa gli è successo?"

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Quella carezza.
Continuò, con le dita di Castiel che si intrecciavano fra i capelli di Diahnne.
“Chi sono...” disse piano “... vuoi saperlo davvero?”

Kara si preparò e lo stesso fece Elv.
Era il tardo crepuscolo ed uscirono.
Presero l'auto ed Elv guidò fino alla periferia, poi imboccarono una stradina che conduceva nella zona dei cantieri.
Qui i poliziotti raramente venivano.
Raggiunsero quello che sembrava l'ingresso di un garage abbandonato.
“Ecco la porta degli inferi...” disse lui a lei.

Il militare guardò Jennifer con aria inquisitoria.
“Temo dovrà venire con noi, signora Jennifer.” Disse.
Era ovvio che avevano fatto delle ricerche su di lei.
Allora la ragazza e Tyson furono portati via, alla vicina stazione di polizia
e qui lasciati soli in una stanza umida ed anonima.
“Ci hanno scoperti...” mormorò tristemente Tyson.

"Ma certo che lo voglio..." dissi quasi sussurrando. Non so se era curiosità o qualcos'altro, ma volevo sapere tutto di lui, anche le cose più brutte.

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Raggiungemmo la periferia della città, dove c'erano i cantieri e di fatti lì andammo, passando per una stradina.
Arrivammo poi davanti all'ingresso di un garage.
"Posso sapere, cortesemente, perchè lo chiami così?" con leggero sarcasmo misto a curiosità.

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I militari ci condussero in una stazione di polizia, lasciandoci in una stanzetta umida.
La paura cominciava a farsi strada prepotentemente, alimentata dal fatto che non sapevo assolutamente cosa stesse succedendo.
"Ho freddo..." mormorai sconsolata "Che ne diresti adesso di parlarmi di questa stramaledetta faccenda?"

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Erano vicini.
Troppo.
Castiel continuava a guardare Diahnne ed accarezzarle quella ciocca di capelli.
Allora si avvicinò ancora di più al suo volto.
“E se io...” disse piano “... fossi un diavolo?” E la baciò.
Un bacio caldo, profondo, avvolgente.

“Perchè conduce all'Inferno che si trova sotto questa città...” disse Elv a Kara “... e dall'Inferno non si torna...”

Tyson azò lo sguardo su Jennifer.
Sembrava inebetito, confuso e respirava ansimando, in modo goffo e palesemente impaurito.
“Lance...” disse “... Lance...” scosse il capo “... al diavolo, potrebbero esserci telecamere nascoste... qui...”
In quel momento arrivò un militare che portò via Jennifer, mentre altri due militari entrarono e cominciarono ad interrogare Tyson, per poi pestarlo a sangue.
Lei invece fu condotta in un ufficio, dove c'era un graduato seduto ad una scrivania.
“Prego...” invitandola a sedersi “... che onore avere qui la moglie di un traditore... o forse anche lei è una traditrice?”
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Rimasi a guardarlo, cercando di interpretare le sue parole e alzando poi appena le sopracciglia.
"Beh, speriamo almeno che non faccia troppo caldo" con sarcastica ironia, mentre scendevo dalla macchina.

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Forse, nel profondo, quel bacio lo desideravo.
Un bacio che non pensavo mi sarebbe piaciuto così tanto, o forse sì?
Non importava più di tanto, era abbastanza futile, pensare in quel momento.
"Diavolo... Angelo... Che mi importa... Voglio sapere tutto" dico staccandomi appena dalle sue labbra.
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Traditore..
Sentii una fitta al cuore a quelle parole di Gozzlon.
A me? Veniva a dire una cosa così a me?
Avevano ragione, dopotutto, eccome se avevano ragione.
Cercai di nascondere ogni emozione, di nascondere ogni sensazione che in quel momento mi scavava dentro l'anima.
"In realtà gli ho dato un'opportunità..." guardandoli tutti in faccia, sostenendo i loro sguardi.
Presi un profondo respiro.
Non era facile, non era davvero facile per me.
"Abbiamo bisogno di un pilota, lo sapete anche voi... e Best è il migliore, lo è sempre stato.." sospirando di nuovo.
"Credetemi, non è facile per me, vi assicuro che nessuna si è sentita tradita più di me, e la tentazione di spedirlo a calci fuori di qui è stata tanta..." stringendo i pugni.
"Ma io devo pensare al bene della squadra, e non posso permettere che l'Ateismo abbia anche il nostro pilota migliore, abbiamo già difficoltà con Justin..." sospirai "È ovvio che la cosa mi fa piacere, il solo averlo attorno mi irrita, e..." strinsi i denti per la rabbia.
Restai in silenzio per un momento, poi li guardai in faccia.
"Quello che conta più di tutto è il bene della squadra..." scuotendo la testa "Ho bisogno del vostro supporto, lo so che non vi piace l'idea, e non piace nemmeno a me.. credetemi.. ma al momento è l'unica opzione che abbiamo!".

Elv guardò Kara ed accennò un sorriso senza slancio.
Le tese la mano e varcarono l'ingresso di quel vecchio garage.
Era tutto buio e lui accese il suo sensorphone per illuminare le scale che li portavano giù.
E più scendevano più l'aria era fredda ed umida.
Tutto era buio lì sotto, tranne per il rumore dei loro passi.
Ad un tratto il freddo si fece più intenso e Kara notò delle gelide tubature di ferro che correvano sopra di loro.
“Servono per portare energia ai gironi...” disse lui indicando quei tubi.

Hiss guardò Shushan.
“Non ci prenderanno mai fra loro...” disse “... siamo fonte di guadagno per questi bastardi...” lei piangeva “... su, non è il momento di abbattersi... sei stata coraggiosissima fino ad ora, non cedere proprio adesso... dobbiamo liberarci da queste corde...”