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Ecco, complimenti Gaynor, l'aria fredda di questa regione deve averti dato alla testa... Certo che essere venuta qui per scappare alle grinfie di Duncan per poi ritrovarmi impelagata ina una storia del genere non è stato il massimo della saggezza, per non dire peggio. Spero solo che qualcuno di quei signorotti mi offra protezione dopo che tutto sarà risolto, sempre se sarà risolto. Vorrei proprio sapere da dove è saltata fuori la presunzione di riuscire laddove hanno fallito degli uomini addestrati a combattere... che ci sia forse qualcosa che va oltre? Si respira aria di mistero e sortilegi da queste parti, da mettere i brividi...
Questi sono i pensieri che agitavano la mente di Gaynor in quei pochi istanti che occorsero per ricevere una risposta. |
Era troppo per me! Tutto quello, quella voce e quei lamenti, erano davvero troppo per me che già da molto tempo combattevo più o meno strenuamente contro un sordo dolore ed un vile senso di colpa.
Camminare diventava sempre più difficile adesso e le gambe si muovevano più faticosamente ad ogni passo... Contemporaneamente udivo la voce di Guisgard, sentivo la sua mano che serrava la mia e mi trascinava... ciò mi dette coraggio per un po’. Però quel lamento era entrato così a fondo nella mia testa, che la riempiva e presto iniziò a spingere fuori tutto il resto. ‘Non è lei!’ mi ripetevo ‘Non è Eileen! Eileen è morta!’ Eppure continuavo a sentire quei lamenti, percepivo quella voce come un fluido che si insinuava tra le pieghe della mia memoria come fosse un veleno, nocivo ma inarrestabile... tentai di chiudere la mente, ma sentivo che quella voce la forzava e ben presto mi privò di ogni volontà. Mi fermai di botto, stanca, sfinita, svuotata... “Non ce la faccio!” mormorai “Non posso... non posso proseguire!” Mi girai allora indietro, verso il corridoio buio, nell’irrazionale speranza di vedere davvero Eileen, di scoprire che non era morta davvero e che io non ero il mostro che -pur professandosi sua devota amica- l’aveva mandata da sola al macello, restandosene al sicuro a Cartignone. |
Iodix, quasi incredulo nell'udire le parole di Gaynor, scambiò un lungo sguardo con il locandiere.
"Allora, mia signora, dite dunque il vero? Il vostro cuore, quando parlate, è sincero? Davvero volete aiutarmi in questa impresa? Sappiate che ciò è degno di ogni grande contesa!" Recitò entusiasta il giullare. "Perdonatemi, mia signora..." intervenne il locandiere "... ma perchè una dama, che è straniera in questa terra, dovrebbe prendere così a cuore fatti di contrade a lei tanto estranei? Cosa vi spinge a voler cercare persone che neanche conoscete? Quel bosco è stato fatale a molti grandi guerrieri e cavalieri..." |
Nello stesso momento, al villaggio dei nani Cavaliere25 era intento a cercare qualcosa di utile ai fini della loro ricerca.
Ma, improvvisamente, Belven cominciò a chiamarlo da lontano. Il cavaliere era appena uscito dalla casa del capo villaggio e la sua voce tradiva un vivo entusiasmo. |
Ecco uno con i piedi ben piantati per terra, non matto come un cavallo come me...
Gaynor decise che la via della verità era la migliore da intraprendere, così si rivolse al locandiere e gli disse: "Sono scappata da Imperion, mia città natale, per sfuggire ad un uomo freddo e ostile che voleva impedirmi di vivere la vita a modo mio. Da quelle parti è signore incontrastato e la mia fuga sarà stata una vergogna terribile, per cui avrà già messo tutti i suoi uomini sulle mie tracce. Non gli sarà facile trovarmi, ma se e quando accadrà mi piacerebbe avere la protezione di qualcuno d'importante. E questo tipo di protezione si ottiene soltanto offrendo dei servigi. Ed io, servigi di donna non ne voglio offrire a nessuno, per cui ho pensato che trovare vivi quei due sventurati fosse il modo migliore per procurarmi un po' di gloria. E poi, non so perchè, ma c'è qualcosa che mi spinge verso di loro, è una cosa che non so spiegarmi..." Finito ch'ebbe di parlare con il locandiere, Gaynor si girò verso Iodix e gli rispose: "Il mio cuore è sempre sincero, giullare... stolto e irresponsabile, ma sincero. Fossi nata uomo, sarei stato un valido cavaliere, dal carattere ribelle e dal cuore indomito. A volte penso sia un peccato essere intrappolata in queste lunghe vesti... A proposito, ho bisogno di abiti maschili, non posso andare alla ricerca di nessuno abbigliata in questo modo, la veste mi è d'intralcio... Dio solo sa in queste lunghe settimane quante volte avrei voluto strapparmela di dosso! E poi, ho bisogno di dormire qualche ora, e di rifocillarmi con qualcosa di caldo. Anche Elinor è stanca, ed andrebbe strigliata un po'... " Guardò il locandiere e gli disse: "Purtroppo però non ho nulla con cui pagare, nè monete nè oro. Se l'avventura che sto per intraprendere ha un significato anche per voi, allora siate ben lieto di offrirmi ristoro." |
Intanto, nel cuore oscuro e malvagio del bosco, dove i fanatici Atari avevano eretto il loro regno di terrore, Guisgard, Talia e Gila stavano faticosamente tentando di uscire da quell'Inferno.
La luce era appena sufficiente e le ombre dei tre sembravano animarsi sulle pareti di pietra, assumendo la forma di antichi fantasmi giunti a tormentarli. Talia si voltò ancora una volta indietro e quell'immagine alle loro spalle divenne, in quel momento, ancor più nitida. Era Eillen. Era ricoperta da un umile e consumato sacco, aveva i capelli unti e lunghi che le coprivano parte del volto e scendevano disordinati sulle spalle bianche e scheletriche. Appariva magrissima e terribilmente pallida. Sul volto, sulle braccia e sulle gambe, le uniche parti del corpo che si vedevano, vi erano tagli, bruciature e lividi. Tuttavia, la ragazza, accennava un lieve sorriso e tendeva le braccia verso Talia. "Ho pregato tanto, sai..." disse "... ogni notte... pregavo perchè tu venissi a prendermi... tu e mio padre... pregavo sempre... poi, quegli uomini, mi facevano tante cose brutte... io continuavo a pregare, notte e giorno... pregavo sempre di più... pensavo a te... ti sognavo ogni notte, Talia... ma quando mi risvegliavo tu non c'eri... ho pianto tanto, sai?... Ma ora sei qui... vienimi a prendere e riportami a casa... Talia, vieni... sono qui... sono io..." "Quanto manca, Gila?" Chiese nervosamente Guisgard al nano. "Non molto..." rispose questi. Ma il cavaliere sentiva sempre più incerta la volontà di Talia. La ragazza si voltava sempre più spesso e la sua esitazione era palese. E più Guisgard sentiva queste cose, più stringeva la mano di Talia. "Talia..." chiamò di nuovo Eillen "... mi abbandoni di nuovo? Vuoi di nuovo lasciarmi da sola? Non te ne andare... portami con te a casa... non mi lasciare di nuovo... non mi lasciare... sono io... sono io..." |
Passarono alcuni interminabili momenti, senza che nulla accadesse.
Morven e il Cappellano restavano stretti, acquattati dietro il cumulo di pietre e legname, sul fondo oscuro della chiesa. Un silenzio irreale dominava in ogni dove di quel bosco, così profondo e grave che a Morven sembrava che i battiti impazziti del suo cuore dovessero rimbombare tra quelle pareti da un momento all'altro, riempiendo lo spazio attorno con il loro rumore. Cercò ancor più di trattenere il fiato e di calmare il martellare che aveva in petto, mentre con occhi attenti cercava di scutare l'ingresso della chiesa. All'improvviso si udì una voce. "Ehi, dove siete?" gridò Dukey, sbucato dalla fitta boscaglia "Siete vivi? Potete venire fuori... abbiamo messo in fuga quegli uomini... non c'è più pericolo..." Subito, all'udire quella voce, senza nemmeno ragionarci su un istante, ma rispondendo soltanto al suo istinto, Morven afferrò con un gesto rapido il Cappellano e con una mano gli tappò la bocca, per impedirgli di rispondere. Aveva riconosciuto il tono aspro e arrogante di Dukey, e aveva provato uno strano, inspiegabile brivido lungo la schiena. Tenne il religioso in quella stretta per qualche minuto, che in quell'attesa sembrò lunghissimo, pregando col cuore in gola che il cavaliere desistesse infine dal cercarli e tornasse indietro, verso il bosco. E in quel momento percepì il respiro di Samsagra che aleggiava lieve e pacifico intorno a lui. |
Alla locanda, Iodix ed il locandiere avevano ascoltato da Gaynor la sua storia.
"Imperion, ma certo! Un'antica e forte città! Ricordo che il duca la vedeva con viva ostilità!" Recitò il giullare. "Milady..." disse il locandiere "... io non mi occupo di fatti che non mi riguardano... se il padrone di questo stolto e quella dama hanno voluto affrontare il bosco ed i suoi misteri, allora che il Cielo li aiuti! Io penso solo a lavorare ed altro non mi riguarda." "Non ti agitare troppo, mio buon locandiere! La nostra dama non è come altre avventuriere! Ho qui io del denaro appartenente al mio padrone. Pagherò il suo alloggio. Offrile un letto e una colazione!" Intervenne Iodix, che poi, rivolto a Gaynor, aggiunse: "Milady, ho un abito appartenuto a un giovane paggio. Con quello indosso sembrerete un'amazzone di maggio!" Il locandiere allora, intascato il denaro di Iodix, offrii una stanza a Gaynor e le servì un buon pasto caldo. |
Nel frattempo, alla chiesa sconsacrata, Morven ed il Cappellano erano ben nascosti fra quelle antiche e sacrileghe mura.
Dukey chiamò di nuovo i due e fu ancora il silenzio la risposta che ottenne da quel luogo. "Al diavolo..." mormorò il cavaliere, visibilmente stizzito. Restò ancora qualche istante e poi andò via. "Ma perchè non avete risposto al suo richiamo?" Chiese turbato il Cappellano a Morven. |
Dopo aver consumato il primo vero pasto dopo settimane, Gaynor ringraziò Iodix e gli promise che prima di sera sarebbero partiti per la loro incredibile avventura. E che Dio ci assista, pregò la ragazza. Dopo essersi assicurata che anche ad Elinor fosse stato dato ristoro, Gaynor salì nella sua stanza, si tolse il mantello e si addormentò non appena toccò il letto.
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La scogliera era battuta dal vento.
Un vento asciutto e fresco, ma impetuoso. Il mare si infrangeva sugli scogli spruzzando la sua schiuma fin quasi sul lungo vestito di Gaynor. Il vento soffiava forte e la ragazza guardava come rapita l'orizzointe sterminato. Pensava a chissà quali terre lontane, misteriose, inesplorate oltre quel mare che sembrava infinito. Alle sue spalle, in lontananza si vedeva una lunga processione. Era le festa del santo patrono del paese. "San Vito! San Vito!" Esultavano alcuni ragazzini che correvano verso la processione. "Arriva San Vito!" Ad un trattò la ragazza udì un canto malinconico. Si voltò e vide un cavaliere sconosciuto che suonava un'ocarina. Suonava senza accorgersi di ciò che avveniva attorno a sè. Improvvisamente il tempo cambiò. Il cielo terso si riempì di nuvole nere e cariche di pioggia, mentre il vento cominciò a soffiare con una forza ben maggiore. Il mare si gonfiò e la gente che seguiva la processione iniziò a gridare e a disperdersi. Gaynor provò un senso di angoscia e solitudine. Si voltò allora di nuovo verso il cavaliere e si accorse che questi aveva smesso di suonare e fissava il mare. Un momento dopo un rombo sembrò scuote il cielo ed il mare. Una miriade di topi si riversò nelle strade. "I topi!" Gridò un vecchio. "Fuggite che portano la peste!" Gaynor si sentì turbata e tornò a guardare il punto in cui si trovava quel misterioso cavaliere. Ma questi era scomparso. Qualcuno bussò alla porta e destò Gaynor dal suo sogno. "Milady..." disse il locandiere "... ho qui l'abito datomi dal giullare. Lo rimpongo su questo vecchio baule davanti alla vostra porta. Quando sarete comoda uscirete a prenderlo. Se vi occorre qualcosa io sono giù, nella cucina, a preparare il pranzo." |
Mi senti chiamare e mi girai e vidi Belven che mi chiamava allora gli andai incontro e gli dissi che succede amico mio? è successo qualcosa di male? aspettai una sua risposta
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Gaynor si svegliò udendo la voce del locandiere che parlava di un vestito fuori dalla porta. Ancora mezzo addormentata, ripensò al sogno che aveva appena fatto e che era stato bruscamente interrotto. Mio Dio, sembrava così... reale. La scogliera di Imperion, il mio mare... Ma perchè quell'angoscia alla vista del cavaliere con l'ocarina? Aveva uno sguardo così malinconico... non l'ho mai visto in vita mia, eppure il suo viso aveva qualcosa di familiare... Ed i topi, che significato hanno? Forse è un monito, forse mi sto imbarcando in un qualcosa più grande di me... Mio Signore, aiutami, nell'avventatezza che mi è propria fa che io trovi la forza di continuare... la volontà comincia a vacillare, i dubbi e le paura mi assalgono d'improvviso. Ma ho dato la mia parola, e il coraggio che ho dimostrato finora deve pur avere un seguito. Alziamoci, Gaynor, e andiamo a combattere i mostri...
Gaynor, incapace di dormire ancora ed ormai in preda all'adrenalina, si alzò dal letto e aprì la porta, prendendo l'abito da paggio che le era stato dato da Iodix. Era a strisce blu e nere, le avrebbe fasciato il corpo come una seconda pelle, ma sarebbe stato adatto al suo scopo. Si lavò il viso con l'acqua della brocca che era in camera sua, si spogliò dei suoi abiti e indossò quelli da paggio, storcendo leggermente il naso alla vista che le rimandava lo specchio. Sono... ecco, ridicola è la parola esatta... Un sorriso le increspò appena le labbra, finì di vestirsi e scese giù, in cerca del giullare. Questi era seduto presso il camino e Gaynor, senza indugio, gli si accostò e gli disse: "Mio buon Iodix, mi sento ritemprata nel corpo e nello spirito, per cui credo sia arrivato il momento di partire alla volta della foresta... Oltre ad Elinor ed al vostro cavallo, dovremo portarcene dietro almeno un altro, forte abbastanza da sopportare il peso di due persone. Procuratevene uno, io intanto vado a prendere Elinor..." |
Iodix, nel vedere la bella Gaynor con indosso quel vestito che le calzava a penello, saltà su e sorrise.
"Siete incantevole, milady! Davvero! Credetemi se ve lo dico! Sono sincero! Ora corro a procurare un terzo destriero! E partiremo seguendo il verdeggiante sentiero!" Gaynor intanto, giunta nella stalla per prendere Elinor, si accorse di una vecchia zingara che aveva trascorso la notta sulla paglia. "Vuoi che ti legga la mano, figlia mia?" Chiese con uno strano sorriso la vecchia. "Per una moneta ti svelerò ciò che il destino ha in serbo per te... avanti, non aver paura..." |
Intanto, al villaggio dei nani, Cavaliere25 aveva raggiunto Belven.
"Non farmi altre domande, mio giovane amico!" Disse il cavaliere. "Raccogli le tue cose e tieniti pronto... partiremo molto presto! Avanti, fa presto! Io intanto avvertirò lady Arowhena." |
Gaynor ascoltò le parole della zingara, dopodichè le si avvicinò e le rispose: "Io non ho paura, cara vecchina, è solo che non ho monete da darti. Ma di una cosa voglio farti dono, senza volere nulla in cambio, una cosa più preziosa di qualsiasi moneta... è l'amore per la fratellanza, la misericordia di Dio che si posa sul nostro capo e benedice le nostre vite." Detto questo, si chinò sulla zingara e la baciò sulla fronte, carezzandole poi una guancia con mano gentile.
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Eileen... oh Eileen, amica mia...
Quel giorno mio padre fu chiamato dal principe con assoluta urgenza. “Non puoi andare!” protestai, aggrappandomi con tutte e due le manine alla sua giubba “Avevi promesso di stare con me, oggi!” “Lo so, lo so... tornerò presto!” mi disse in fretta, lasciandomi vicino ad una porta secondaria del palazzo che dava nel cortile della guarnigione “Tu aspettami qui! Non allontanarti per nessun motivo, torno tra un istante!” Contrariata, lo guardai sfrecciare via, poi mi voltai e mi sedetti sullo scalino. Avevo appena sei anni e non ero affatto una bambina docile. Ad un tratto, un rumore attrasse la mia attenzione... era un rumore sommesso, come un singhiozzo soffocato. Mi guardai intorno un momento, incuriosita, poi lentamente mi alzai e mi mossi seguendo quel debole sussurro... raggiunsi una sorta di pergolato che fungeva da magazzino per le merci, mi sporsi un poco, poi iniziai a farmi largo tra quella baraonda di roba... finché trovai la fonte di quel curioso singhiozzare. Una bambina, che doveva avere all’incirca la mia età, era seduta a terra, si teneva le gambe strette con entrambe le braccia, aveva la fronte appoggiata sulle ginocchia e piangeva in silenzio... La osservai immobile per un istante... poi chiesi: “Perché piangi?” La ragazzina alzò la testa di scatto e balzò in piedi: “Non sto piangendo! Tu chi sei?” Alzai un sopracciglio e la scrutai, scettica: “A me sembrava che stessi piangendo, invece!” sentenziai, con la testardaggine tipica dei bambini. “Non è vero!” ribatté, poi mi osservò un istante e disse: “Ma io so chi sei: tu sei Talia, la figlia di sir Geoffrey!” Annuii: “Anche io so chi sei!” ribattei, quasi temendo d’esser da meno “Tu sei Eileen, la figlia del principe Frigoros!” Lei non disse niente... sembrava combattuta, indecisa sul tono da tenere in quella conversazione: probabilmente Eileen non doveva aver avuto a che fare spesso con altri bambini fino a quel momento. “Come mai sei qui?” le chiesi dopo un po’. Lei si guardò intorno, alzò le spalle ma rimase in silenzio. Io la scrutai un attimo, riflettendo... infine compresi. “E’ per la tua mamma, vero?” domandai, semplicemente. Di nuovo rimase in silenzio, però gli occhi le si riempirono di lacrime e, in fretta, li riabbassò a terra. E in quel momento anche io mi sentii triste. Mio padre mi aveva parlato di quella disgrazia che aveva colpito il regno, della morte prematura della principessa, ma io non l’avevo ben compresa. Non avevo compreso esattamente cosa ciò significasse. Lo capii soltanto in quel momento, guardando gli occhi tristi e impauriti di quella bambina. Avvilita, mi mossi a disagio e misi le mani nelle tasche del mio abito... distrattamente le dita sfiorarono qualcosa, un oggetto morbido e caldo... lo afferrai e trassi la mano dalla tasca: era una piccola bambola di pezza, così piccola che entrava tutta nel palmo della mia mano... era un oggetto semplice ma mi piaceva, era l’unica bambola che possedevo. D’istinto feci due passi avanti e la porsi alla ragazzina. Lei alzò gli occhi e la fissò un istante, poi fissò me... non capiva. “E’ un regalo!” spiegai “E’ per te! Puoi dare il nome dalla tua mamma a questa bambola se ti fa piacere, così la terrai sempre con te!” Eileen mi fissò basita per un lungo momento... infine sorrise, di un sorriso pieno di gratitudine. Non si separò mai più da quella bambola. Una volta, molti anni dopo, mi disse che quella bambola serviva soprattutto a ricordarle la lezione che aveva imparato quel giorno: sebbene qualche volta il destino ci sottragga ciò che più amiamo, poi non manca mai di offrirci l’occasione di colmare il vuoto... “Io persi mia madre quel giorno!” mi disse “Ma trovai una sorella!” Eileen... oh Eileen, sorella mia... Quella voce fece di nuovo breccia nella mia mente e mi ripostò in quel cupo cunicolo, spazzando via anche quest’ultimo ricordo. Era come un canto ipnotico, una litania che corrompeva e confondeva le idee... Tesi la mano libera indietro: “Vieni!” dissi “Vieni, Eileen! Corri!” Contemporaneamente avvertii la mano del cavaliere scivolare via dalla mia... provai paura per quel distacco, un senso di panico che mi avvolse lo stomaco... ma era come se quel canto mi stesse trascinando altrove... La parte razionale della mia testa lo comprese e mormorai: "Guisgard!" |
"L'oblio è il nemico di Amore..." mormorò la zingara dopo aver preso la mano di Gaynor fra le sue "... come la falsità è nemica della verità... dimenticare... dimenticare è come uccidere... è più che uccidere... il bosco avvolge tutto con i suoi misteri... e la gente dimentica presto... nel bosco vi è il Male... ed è ciò che troverai là, figlia mia..."
Chiuse la mano di Gaynor e la strinse per alcuni istanti. "Il dolore, la sofferenza, la solitudine..." aggiunse la vecchia "... non abbandonarti mai a queste cose... il Male punta ad avvilirci, a sconfortarci... la nostra debolezza è la sua forza... questo ti attenderà in quel bosco..." Detto questo, la vecchia andò via. Un momento dopo giunse Iodix con due cavalli. "Siamo pronti, mia signora! Partiamo che questa è l'ora!" Disse il giullare. |
"Fa freddo qui... ho paura... non lasciarmi di nuovo sola..."
Mormorò Eileen. Quella voce chiamava Talia. La invocava, quasi ad implorare, a scongiurare. Ed un silenzio assoluto avvolgeva quella scena. Guisgard sentì la mano di Talia diventare fredda, mentre cominciava a scivolare via. Il cavaliere avvertì quel distacco e provò un senso di smarrimento, un profondo turbamento. Poi lei chiamò. La voce di Talia sembrò rompere quell'insopportabile silenzio e quell'irreale atmosfera ed echeggiò nella mente di Guisgard. Il cavaliere allora si fermò ed afferrò il polso di lei. "Eileen è morta!" Gridò. "Lo capisci? Quella non è Eileen! Non è reale!" La prese allora in braccio. "Ora non prestare più attenzione a quella voce!" Continuò a dire alla ragazza. Parla... parlami di ciò che più ti piace, dei tuoi sogni, della tua casa, dei tuoi affetti... anche del tuo amato, se vuoi... tutto purchè la tua voce riesca a coprire il richiamo di quel fantasma! Perchè ciò che senti è solo un eco di morte!" Riprese allora a camminare. "Avanti, Gila, amico mio..." fissando il nano "... portaci fuori da questo posto!" |
Gaynor rimase impietrita nel sentire quelle parole. Quella zingara aveva visto giusto? Chi le aveva detto che sarebbe partita per il bosco? Nessuno aveva potuto farlo... Io non ho mai creduto a queste cose, ma questa vecchia sembra veramente aver letto qualcosa nella mia mano. Ho paura, ecco l'inquietudine che mi assale. Sto partendo in cerca di gloria, e se invece trovassi la morte? La zingara parlava del Male, di dolore e solitudine. In cosa mi sto imbarcando? Dio Mio, dammi la forza necessaria a non farmi vacillare, ora più che mai ne ho bisogno. Se è vero che la tua mano verga i capitoli della mia vita, allora anche quest'avventura è frutto della tua volontà. Tu vuoi che io mi parta per quel bosco, ora lo sento, era la tua la voce che mi spingeva verso quest'impresa. E così, sia fatta la tua volontà.
Mentre si faceva il segno della croce, arrivò Iodix con due cavalli sellati e pronti alla partenza. "Siamo pronti, mia signora! Partiamo che questa è l'ora!" Gaynor prese Elinor per le briglie, si avviò verso l'uscita e disse al giullare: "Iodix, sappiate che quest'avventura ci porterà forse verso cose che non vorremmo mai vedere, abbiate il cuore pronto a tutto. Fatevi il segno della croce, Dio è con noi in quest'impresa." Frugando nella sella di Elinor, Gaynor estrasse due oggetti luccicanti e ne porse uno al suo compagno. "Prendete questo, potreste averne bisogno. Io ho il suo gemello." Iodix guardò ciò che Gaynor gli porgeva... un pugnale con la piccola elsa tempestata di zaffiri. "Mio padre ne aveva due identici" spiegò Gaynor "uno era il suo, l'altro lo donò a me quando compì sedici anni. Ora li ho tutte e due io..." concluse con una vena d'amarezza nella voce. Gaynor salì agilmente in groppa ad Elinor e, rivoltasi al suo nuovo compagno d'avventure, gli disse con voce risoluta: "Andiamo, giullare, e restatemi sempre vicino. La nostra avventura ha inizio!" |
Così, in sella ai propri destrieri, Gaynor e Iodix partirono verso il bosco.
Il Sole era alto nel cielo e il bosco, illuminato e verdeggiante, sembrava un luogo idilliaco, incapace di ospitare ciò che invece era avvenuto in quel posto. Il canto degli uccelli, il gradevole sibilo del vento che accarezzava le foglie degli alberi, il fresco scorrere di un ruscello su bianchi e levigati ciottoli, insieme ad un profumo intriso di infiniti ed accativanti aromi ed essenze rendevano quel bosco come un luogo incontaminato e di una bellezza senza tempo. I due cavalcarono per alcune miglia, fino a quando giunsero presso una radura irregolare. Molte fosse erano state scavate nel terreno e diversi cumuli di terra si trovavano tutt'intorno. Le buche erano state scavate da un vecchio che animato da una singolare determinazione continuava in questa sua faticosa opera. |
Va bene dissi guardando Belven dentro di me dissi chissà dove andremo questa volta e andai a prendere le mie cose e aspettai che ci movessimo per un altro viaggio
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Morven rimase con fiato sospeso e con la presa fissa sul viso del Cappellano, fino a quando non fu certo di aver visto scomparire la sagoma di Dukey oltre la porta, verso le ombre del bosco.
Solo allora sembrò rilassarsi. Lasciò andare la stretta sul religioso e si lasciò cadere sul pavimento freddo e muscuso della chiesa, come se solo a quel punto si sentisse libero di respirare. Il Cappellano lo guardò con stupore, ancora troppo scosso dal suo gesto inaspettato e irruente. "Ma perchè non avete risposto al suo richiamo?" chiese allora turbato, mentre Morven continuava a fissare in silenzio il vano della porta ormai vuoto. A quelle parole, il giovane cavaliere si riebbe, e tornò a guardare il suo compagno. "Io..." cominciò. Ma poi comprese di aver agito d'istinto e di avre mancato di rispetto a quel servo di Dio, e un po' ebbe vergogna. "Vi chiedo scusa, mio buon signore..." si affrettò a dire allora "ma quell'uomo non mi è mai piaciuto, fin dal primo giorno in cui lo vidi a Cartignone. Si atteggia a gran soldato, a cavaliere devoto e ad uomo degno... ma io non ho visto in lui altro che boria, superbia e tracotanza! E non mi fido di lui... egli non persegue quel bene e quella fede che professa! Per cui, caro Cappellano, se intendete continuare a seguirlo, andate pure... ma vi prego di non rivelargli di me, perchè io non intendo accompagnarmi a lui, nè a quel suo degno compare che stava qui nascosto a far cosa lo sa solo Dio!" Tacque un istante, guardò fisso il Cappellano per cercare di capire quale effetto avessero sortito le sue parole, che erano venute fuori così dure e dirette, senza che quasi Morven riuscisse a controllarle. Quindi prese fiato e concluse. "Io non so cosa voi conosciate di questa storia, nè perchè giungeste qui in compagnia di quei cavalieri... ma siete un uomo di Dio, e come tale io vi rispetto. E se vorrete restare con me vi svelerò ciò che ho scoperto nel bosco, e voi mi direte cosa è accaduto a Cartignone da quando con il capitano Belven abbiamo lasciato la città" |
Dopo aver galoppato per alcune miglia, Gaynor e Iodix si trovarono di fronte una scena singolare: un vecchio era intento a scavare delle fosse, se ne contavano già molte, e dallo zelo con cui era intento a scavare si sarebbe detto che il lavoro era ben lungi dal terminare. Un brivido salì lungo la schiena di Gaynor, la continuità di un incantevole paesaggio spezzata da macabre fosse... "Seguitemi, giullare!" Così dicendo, si avvicinò al vecchio e gli disse: "Che Dio vi benedica, buon uomo! Ditemi, quale lavoro è mai il vostro, che vi induce a scavare così tante fosse?" Ma mentre pronunciava questa domanda, d'improvviso Gaynor ebbe paura di udire la risposta...
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Il Cappellano fissò Morven.
"E sia..." disse "... vi rivelerò tutto ciò che ho visto e udito a Cartignone... ma voi ditemi... cosa avete scoperto nel bosco?" |
Nello stesso momento, in un'altra zona del bosco, Gaynor e Iodix avevano incontrato quel misterioso vecchio delle fosse.
"Milady..." disse questi "... il mio è un lavoro come un altro... nè più misero, nè più nobile di altri... scavo queste fosse perchè mi furono commissionate da un giovane e bellissimo signore... dovranno custodire chi più mi è caro, mi disse quel misterioso e nobile individuo..." Conficcò la pala nel terreno, si asciugò la fronte sudata e continuò: "Molti nobili cavalieri finiranno in queste fosse... nessuno tra loro potròà sfuggire a questo fato... su ognuna di queste che vedete" indicando diverse lapidi poste lì vicino "è inciso un nome... ed a ciascuna lapide è legata una fossa..." "Morte d'amore, morte di dolore. Piange il valente cavaliere, è un cimitero, non un verziere." Recitò malinconico Iodix. |
Quel brusco cambio di registro mi fece sussultare... fu quello, probabilmente, più di ogni altra cosa a trarmi via da quella sorta di cupo vortice in cui quella litania mi aveva gettata...
“Lo so...” dissi lentamente, sentendomi via via sempre più lucida “Lo so... l’ho vista! Ho visto il suo corpo senza vita quando fu riportato a Cartignone! E poi Eileen non avrebbe mai pianto e implorato così... era forte. Era coraggiosa. Ed era determinata! E’ solo un trucco di Guxio... maledetto! Adesso lo so... adesso lo vedo!” Improvvisamente un altro pensiero si fece strada nella mia testa e un dolore lancinante mi colpì dalle parti dello stomaco: “Guxio...” ripetei “Guxio e i suoi sporchi intrighi! Guxio e le sue macchinazioni! E’ sempre stato lui a dirigere le sorti di Cartignone... è stato lui ad allontanare mio padre dalla città... mio padre che era fedele a Frigoros... Dove sarà mio padre ora? Che ne sarà di lui?” Continuavo a parlare senza un vero perché, parlavo per non badare a quel fantasma che ci rincorreva... che rincorreva me! Ad un tratto, mi voltai verso il cavaliere e sorrisi, realizzando improvvisamente ciò che stava facendo. “Grazie!” dissi. |
Gaynor spalancò gli occhi nel sentire quella risposta, troppo sgomenta per replicare. Mio Dio, nobile cavaliere un corno! Quale individuo può mai ritenersi tale se commissiona tombe prima ancora che ci siano dei morti? Che mistero è mai celato fra questi alberi? Girandosi verso Iodix, Gaynor gli disse: "Andiamo via, giullare, questo posto mi da i brividi... Non voglio sentir parlare di morti, noi siamo alla ricerca dei vivi!"
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Intanto, Guisgard, Talia e Gila continuavano la loro risalita da quell'abisso.
"Si, avete ragione..." disse Guisgard come ad accompagnare le parole di Talia e per coprire i lamenti di Eileen"... appena saremo usciti da questo Inferno, torneremo a Cartignone e smaschereremo quel cane di Guxio. E pagherà così per i suoi delitti!" Ad un tratto però Gila si fermò improvvisamente. "Cosa ti prende?" Chiese Guisgard. Ma a rispondere al cavaliere non fù il nano, ma il ringhio di tre feroci molossi che spuntarono dal buio del corridoio. "Gli antichi pagani" cominciò a dire una misteriosa voce "narravano che il potente Cerbero custodiva la porta degli inferi... e nessun dannato poteva mai abbandonare quelle eterne prigioni..." Un momento dopo i tre furono circondati da decine di uomini tatuati. "La vostra patetica fuga" continuò Guxio che finalmente si mostrò a loro "finisce qui... come le vostre misere vite." "Maledetto..." ringhiò Guisgard. "Mi compiaccio per la tua arguzia, donna..." aggiunse il capo degli Atari fissando Talia "hai ben compreso tutta la verità... ma ora la vostra sorte è decisa.... sarete scaraventati tutti e tre nell'Inferno dei Peccatori Divorati Vivi!" http://ilvideogioco.files.wordpress....god-of-war.jpg |
Nel bosco, proprio mentre Gaynor e Iodix stavano riprendendo il loro cammino, il vecchio delle fosse disse:
"Forse, mia signora... qualcuno di quelli che state cercando arriverà presto qui e prenderà possesso di una delle mie fosse..." Detto questo, riprese a scavare senza più occuparsi della dama e del giullare. |
“Tu!”
Decine di uomini ci avevano accerchiati e lentamente si stavano stringendo intorno a noi... ma io vedevo soltanto Guxio! Guardavo soltanto Guxio! “Tu!” ripetei, e il disprezzo mi segnò il viso “Come osi parlarmi, sporco traditore? Come osi mostrare la tua lurida faccia da doppiogiochista? Tu che ti trastulli tra gli agi della corte di Cartignone... lo sanno i tuoi uomini la bella vita che fai là, mentre a loro qui lasci il lavoro sporco? E tutto per la tua sete di potere! Tutto per questo tuo inutile delirio!” Tacqui per un istante, inspirai... ma ero stranamente lucida. Mi sentivo fredda, gelida. “Io non ho paura di te, Guxio! Nessuno di noi, qui, ha paura di te! Sei un povero pazzo... e la tua anima sta già bruciando tra le fiamme eterne!” |
E mentre Talia gridava il suo odio e la sua rabbia, uno di quegli uomini tentò di colpirla per zittirla.
"Non provarci nemmeno, cane!" Disse Guisgard afferando il braccio dell'eretico prima che potesse colpire la ragazza. Allora da dietro un altro di quegli uomini colpì violentemente il cavaliere che si accasciò al suolo. "Me... me la... pagherete..." mormorò Guisgard. "Ora basta!" Ordinò Guxio. "Soffrirano abbastanza tra un pò... conduceteli nell'Inferno dei Divorati Vivi." "Si, maestro!" Risposero tutti i suoi fedeli in coro. I tre allora furono condotti in un'ampia grotta. Al centro di questa vi era un grande pozzo, il cui interno era buio come la pece. "Che posto è questo, Gila?" Chiese Guisgard al nano. "Non lo conosco..." rispose questi "... io ero il carceriere... i loro segreti non venivano rivelati che agli adepti..." Uno degli uomini tatuati allora si avvicinò al pozzo e vi gettò dentro tre torce. Queste, raggiungendo il fondo, illuminarono un pò quel misterioso ambiente, da quale giungevano strani e curiosi versi. "Che pensiero gentile..." disse sarcastico Guisgard "... ma siamo un pò cresciutelli e non abbiamo paura del buio..." "Quelle tre torce" rispose Guxio "scandiranno la durata delle vostre misere vite... e presto capirete il perchè..." Fece cenno ai suoi ed i tre prigionieri furono calati all'interno di quel misterioso pozzo. http://cdn.wn.com/pd/35/1e/e6e788c50...724_grande.jpg |
"Nel bosco" cominciò allora Morven "incontrammo uno strano figuro. Dietro compenso, quel manigoldo ci rivelò il sentiero per giungere a questa chiesa e ci disse che qui avremmo trovato le risposte che cercavamo circa quegli assassini che insanguinano la foresta di Cartignone. Con i miei compagni..."
Qui Morven tacque un istante, come se il solo pronunciare quella parola gli riportasse in cuore un novello dolore. Poi riprese: "... giungemmo qui. Confesso che in principio non credetti alle parole di quel furfante. Ero scettico, e deciso a frugare ogni angolo di questo posto prima di cadere vittima delle sue menzogne. Ma quando arrivammo, trovammo qui quell'uomo, quel Bumin. Stava nascosto nell'ombra, acquattato, come se ci aspettasse... e il suo atteggiamento, da quando ci vide, fu ostile... come se avesse a cuore di sviarci o di farci perdere tempo. Più volte lo invitai ad andare per la sua strada e a lasciarci ai nostri affari, ma da quando lo incrociammo, tutto cominciò ad andare per il verso sbagliato!" Il giovane prese fiato, dopo quel lungo discorso snocciolato in tutta fretta, e fissò il Cappellano con sguardo serio. "Io non ho ancora trovato nulla qui che dimostri che siamo vicini a stanare quei mostri, ma l'atteggiamento di quell'uomo mi ha convinto che non siamo affatto lontani dal vero! Ora dite voi quel che sapete, e dite cosa ne pensate di questa storia!" |
Il Cappellano fissò Morven e disse:
"La città di Cartignone è avvolta da un qualcosa di oscuro... nelle sue strade, ad ogni angolo, tra la gente, persino tra le mura del palazzo reale si respira paura... come un marchio indelebile, una maledezione, il peccato per un qualcosa di innaturale ed orrendo sembra dimorare in quel luogo... il principe Frigoros è un uomo generoso, ma poco propenso ad imporre il suo potere... egli mi appare come un signore illuminato, incapace di riconoscere il male in chi ama e in chi gli sta intorno... ma il male a Cartignone esiste... e tutta questa storia lo testimonia..." Si guardò attorno ed aggiunse: "Se davvero il vostro viaggio vi ha portato in questo posto dimenticato e sconsacrato, allora vuol dire che questa chiesa nasconde qualcosa... qualcosa che può far luce sul mistero che ci avvolge..." |
Intanto, al villaggio dei nani, Cavaliere25 aveva obbedito agli ordini di Belven, pur non comprendendoli.
Un attimo dopo numerosi nani, ben armati, circondarono la casa di Sausar, dalla quale uscì il capo villaggio. Poco dopo Belven lo raggiunse. |
A quelle parole, Morven sorrise.
Per quanto semplice possa essere il gesto di sorridere, il giovane cavaliere non aveva più avuto molte ragioni per farlo. Anzi, una strana tristezza era scesa su di lui, e un invincibile sconforto... la fuga di Gonzaga, la morte di Goldblum, l'incerto destino di Belven e dei suoi compagni... e insieme a tutti questi eventi, l'insorgere luttuoso dei suoi ricordi di sconfitta, di debolezza e di morte. Morven stava iniziando a perdere la speranza, e insieme alla speranza, la voce si Samsagra si affievoliva pian piano nelle sue orecchie. Ma sentendo le parole del Cappellano, una nuova forza si animò in lui... la forza di cercare ancora, di lottare di nuovo e di non cedere! "Sono lieto di sentire le vostre parole... datemi una mano in questa ricerca, e con l'aiuto di Dio troveremo ciò che cerchiamo!" E detto questo, cominciò a spostare con delicatezza le assi che erano accumulate in quel fondo, alla ricerca di un qualche indizio che li potesse illuminare. D'un tratto, mentre si muoveva cauto nell'ombra, cercando di aiutarsi con il tatto lungo quelle superfici sgretolate e irregolari, Morven fu colpito da un'improvviso bagliore di smeraldo. Era giunto ad esaminare il lato sinistro dell'altare, quando Samsagra cominciò ad emanare un cupo splendore. Il giovane cavaliere subito portò la mano alla spada, e col mantello cercò di nascondere quel lucore, ma presto si accorse che i suoi sforzi erano inutili. Il bagliore di Samsagra si faceva sempre piu pulsante ed intenso, al punto da essere da lume tutto intorno a lui. Così, guidato da quel fascio verde, Morven vide che hai suoi piedi si trovava una strana grata, che non aveva l'aspetto dismesso e cadente del resto della chiesa. Così chiamò a sè il Cappellano. "Padre," disse, sollevando la spada e ponendola tra sè e il suo compagno "questa è Samsagra, una spada forgiata per la giustizia... la sua luce ci guida in questo luogo... guardate... da qui si apre una via!" |
I miei piedi toccarono il fondo di quel pozzo tanto violentemente che barcollai un istante prima di recuperare l’equilibrio. L’aria laggiù era irrespirabile e strani rumori provenivano dalla zona d’ombra che si allargava tutto intorno a noi, oltre la poca luce emanata dalle torce ai nostri piedi. L’oculo da cui eravamo stati calati era un piccolo cerchio di luce, in alto, molto al di sopra delle nostre teste... là intorno a fatica si distinguevano le sagome degli uomini che ci avevano gettati giù, e si vedevano scomparire via via che si allontanavano dall’apertura. Alla fine un’unica figura rimase da sola sul bordo, non potevo vedere la sua faccia ma ero sicura che fosse Guxio ed ero sicura che stesse sorridendo.
Staccai stizzosamente gli occhi da quella sagoma in alto e li spostai sul cavaliere vicino a me... mi dispiaceva infinitamente per il colpo che aveva preso poco prima per causa mia, e tuttavia non lo dissi, limitandomi a sorridergli incoraggiante. Mi piegai, poi, e raccolsi una delle torce ai nostri piedi, alzandola quindi in alto per illuminare una zona più ampia. I miei occhi si spinsero finché quel debole fascio di luce lo consentì e individuarono in parte ciò che ci circondava... rabbrividii, e il sorriso mi si spense sulle labbra. |
Guardai Belven e dissi che sta succedendo amico mio? come mai questi nani sono armati? sta per scoppiare una guerra dissi guardando tutti loro e aspettai una risposta
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Il Cappellano restò a fissare per alcuni istanti Samsagra ed il suo magico fascio di luce.
Poi, vedendo la grata trovata da Morven, corse subito ad aiutare il cavaliere. I due così riuscirono a spostarla ed a liberare il passaggio che si apriva sotto di essa. "Dove condurrà mai questo passaggio?" Chiese il Cappellano. All'improvviso si udirono dei passi. Erano Bumin e Dukey. "Ah, siete qui..." disse Bumin a Morven ed al Cappellano "... vi abbiamo cercato nei paraggi... per fortuna siete sani e salvi..." |
In un altro punto del bosco, Gaynor e Iodix stavano per riprendere il cammino, quando il vecchio delle fosse, improvvisamente, smise di scavare e cominciò a dire:
"Tutto è pronto è qui... ma nessuno giunge... forse dovrei essere io a cercare... dove siete diretti?" "Cerchiamo il mio nobile padrone. svanito nel bosco, verso Settentrione." "Allora, se vorrete, io verrò con voi..." E detto questo, il vecchio si allontanò per un momento. Poco dopo ritornò in sella ad una mula. "Prendiamo il sentiero che va verso nord..." Ed incamminatosi, fece segno a Gaynor e Iodix di seguirlo. |
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