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Alle sue parole posai la forchetta sul piatto. Un giovane nella nostra villa? Sorrisi alle parole di mio padre, aveva ragione, servivano braccia maschili in quella villa. "Si, per me va bene" dissi sorridendogli sincera. "Ovviamente se voi lo ritenete all'altezza" dissi ricomponendomi. Ero sempre felice quando mio padre mi comunicava l'arrivo di un nuovo, non servo, io li chiamavo 'ospiti', mi piaceva instaurare con loro un buon rapporto, era così anche con i maggiordomi. Quindi diedi il mio consenso e ripresi a mangiare, ancora più contenta.
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Amit sorrise a quel gesto di Dacey, mentre lei, allontanandosi, si voltò verso la folla per vedere se lo strano tipo fosse ancora lì.
E lo vide. Infatti quell'ometto era sempre lì a fissarla. |
Gwen prese il suo cavallo ed uscì per una galoppata.
Il cielo era velato e freddo, il vento si alzava a folate e la debole luce del Sole lambiva appena la vegetazione invernale. Ad un tratto la ragazza vide due figure a cavallo lungo un pendio. Una di esse riconobbe essere Elv, il suo padrone, o almeno colui che poteva decidere della sua giovane vita. |
La giornata era un po' velata e fresca, ma per me era il clima ideale, non tolleravo facilmente il caldo.
I miei occhi scorsero il pendio, distinguendo due figure. Una di quelle era il padrone della magione, monsieur Elv, anche se io non utilizzavo mai quel nome, nemmeno nella mia testa, sebbene non ne capissi il perché. Mi avvicinai un po', ma restando sempre a debita distanza per capire chi fosse l'altra figura. Inviato dal mio E506 utilizzando Tapatalk |
Clio voltò la pagina del suo libro, continuando così a leggere...
Il fuoco del camino zampillava lento attorno ad un robusto ceppo che si consumava sulla brace ardente. Ardente come le lenzuola che avvolgevano i due amanti, mentre sospiri e gemiti si confondevano nel calore di quel luogo. A lungo si amarono, mentre la pioggia batteva forte sui vetri, tintinnava copiosa tra le tegole del tetto ed i suoi scrosci radevano intensi le mura della casa. Durò tutto il giorno la pioggia. Come la loro passione. A sera, con la brughiera tutta bagnata, i due amanti erano stretti ancora l'uno all'altra fra le lenzuola. Lui aveva in una mano il regalo di lei, guardando la margherita ricamata sulla stoffa. “La margherita” disse in un sussurro “è un fiore particolare, magico... nel linguaggio dei fiori simboleggia l'attesa...” giocando con l'altra mano fra i suoi capelli “... oggi le ore mi sembravano infinite ed insopportabili... tutto ciò che tardava il mio arrivo qui, il mio raggiungerti, mi rendeva irrequieto, persino intrattabile... eppure una cosa non abbandonava i miei pensieri... il tuo saperti qui ad aspettarmi, ad attendermi... magari a guardare la brughiera dalla finestra, giocando col tuo alito sui vetri umidi... a camminare scalza per casa... a pensarmi, a desiderarmi... come io pensavo e desideravo te...” erano stretti e nudi l'uno contro l'altra “... si, questa margherita è speciale... ed io posso quasi sfogliarla, sai?” Guardandola negli occhi e sorridendole. “Sfogliarla... come potrei fare con le tue labbra, simili ad infiniti petali di un fiore di campo bagnato di brina...” si avvicinò alla sua bocca e la baciò. Un bacio che iniziò come una carezza e finì per penetrare fra le sue labbra, assaporando il suo sapore, il suo calore, il suo ardore. Un bacio che schiuse le loro bocche come i boccioli di fiori nuovi, intrisi di passione e di Amore. “Ti amo...” sospirò lui su quelle labbra “... qualunque cosa accadrà... ovunque saremo...” stringendo le mani di lei nelle sue “... ti amo... e tu sii solo mia...” mentre la pioggia riprese ad andare a spasso tra le tegole del tetto ed i frondosi rami degli alberi circostanti. Ad un tratto il carrozzone si fermò di colpo, destando Clio dalle pagine del suo libro. |
“Beh, naturalmente” disse il padre Nyoko “dovrò esaminarlo io, rendermi conto che sia un ragazzo apposto, di cui ci si possa fidare e che sia in grado di soddisfare le mansioni che gli saranno affidate.” Mangiando. “Ma del resto se godeva della fiducia del mio buon amico, beh, non può che essere un tipo perbene.” Bevendo. “Su, appena finita la colazione mi recherò a casa di monsieur De Bonnet per conoscere quel suo servitore.” Sorridendo alla ragazza.
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Altea, presa la sua spada, andò ad aprire la porta, trovando una suora visibilmente agitata sulla soglia.
“Dobbiamo andarcene...” disse impaurita “... ci sono i soldati... sono armati e stanno circondato l'intero orfanotrofio... dobbiamo andarcene o prenderanno tutti i bambini...” stringendo le mani di Altea. |
Elisabeth arrivò in città nel pieno di un mattino chiaro e freddo.
Le strade erano affollate e le botteghe pullulanti di clienti. Qui e là si vedevano dei soldati svogliati che buttavano distrattamente lo sguardo ai vari passanti. E mentre Elisabeth si avviava tra la folla, ad un tratto sentì qualcuno avvicinarsi. Era stato il suo sguardo ad attirarla. “Madame...” disse sfiorandole appena il braccio per attirare la sua attenzione “... permettete?” Si trattava di un uomo abbigliato con un certo stile, la voce ben impostata ed una grossa borsa a tracolla. I capelli erano appena lunghi, il volto senza barba e ben fatto, gli occhi vispi e penetranti. “Perdonate, ma sono appena giunto in città” fissandola “e credo, per quanto sia imbarazzante, di essermi perso.” http://img.mypopulars.com/images/les...ne-Down-35.jpg |
Gwen, riconosciuto quel giovane uomo che aveva in mano il suo destino, si avvicinò, sebbene senza raggiungerlo.
Elv era indaffarato ad osservare i fagiani appena cacciati. “Sono ottimi esemplari...” disse mostrandoli al suo compagno “... stasera arrostiranno ruspanti attorno ad uno spiedo.” Ridendo. “Già.” Annuendo l'altro, per poi accorgersi della ragazza ed indicandola ad Elv con un cenno della mano. “Portali a casa.” Elv dando i fagiani al suo compagno. Raggiunse allora la ragazza. “Non è una giornata un po' fredda per cavalcare?” A Gwen. |
Non riconobbi l'uomo con cui Elv stava discutendo dei fagiani, ma quando quest'ultimo si accorse di me, diede gli animali all'uomo per portarli a casa.
Seguii appena con lo sguardo lo sconosciuto andare via, per poi guardare di nuovo lui quando mi raggiunse. "Mi piace il freddo, è corroborante, il caldo è afoso, opprimente..." risposi, accarezzando appena il capo del suo cavallo. http://uploads.tapatalk-cdn.com/2017...340ebf3159.jpg Inviato dal mio E506 utilizzando Tapatalk |
L'aria era fredda e tagliente, con la campagna circostante intrisa di un verde pallido, appena lambita dalla debole luce del Sole.
“Dubito che questo freddo sia quello a cui eri abituata a casa tua...” disse Elv a Gwen guardandola accarezzare il suo cavallo “... potresti prenderti un malanno... detesto avere per casa gente malata...” rimettendo nel fodero il suo fucile ancora fumante “... sei stata avvertita per stasera? Che non richiederò la tua presenza a tavola con me?” |
Casa mia...
Sembrava un concetto così lontano, vago... "Non vi preoccupate, sto bene" dissi tranquilla, riprendendo le redini del mio cavallo. Poi mi chiese se ero stata avvertita. Non fu il modo, ma quello che disse, che non avrebbe richiesto la mia presenza a tavola con lui. Certo, se dovevo rientrare prima e aveva ospiti era ovvio che non avrebbe richiesto la mia presenza, ma sentirglielo dire mi aveva gettata nello sconforto, anche se non ne capivo il motivo... "Sì, mi hanno avvisata" mormorai "Beh, sarà per le prossime sere..." aggiunsi abbozzando appena un sorriso. Inviato dal mio E506 utilizzando Tapatalk |
“Si, per le sere in cui vorrò.” Disse Elv fissando Gwen negli occhi. “Perchè sei uscita a cavalcare? Cercavi me?” Accomodando le redini del suo cavallo. “Può essere pericoloso arrivare così all'improvviso. Su questo territorio si viene per cacciare e tu potresti essere ferita accidentalmente.” Mentre il vento soffiava fra i loro capelli.
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A quelle parole mi si gelo' il sangue e dissi alla suora di radunare tutti ed andare alla uscita dietro al bosco. Mi vestii in fretta e presi la mia sacca e uscimmo verso il bosco..ma dove saremmo andati..chi ci avrebbe salvato. Quei maledetti non potevano fare una strage degli innocenti.."Suor Matilde..andate avanti..portiamo i bambini al monastero dei frati..io controllo la situazione qui dietro" ma mi sentivo inerte e non protetta. La mano era sulla spada.
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Scrutai l'uomo, ora iniziava a infastidirmi e a voce alta, in modo che anche mio fratello udisse,
" Voi, avete bisogno di qualcosa che ve ne state lì impalato?" Con il fare un po' rude di chi aveva vissuto per strada troppo a lungo. Inviato dal mio iPhone utilizzando Tapatalk |
Sorrisi ancora alle sue parole. Ero emozionata. Conoscevo anche io monsieur De Bonnet, veniva spesso a trovarci e avevo avuto modo di incontrarlo anche alle feste stupende che mio padre organizzava. Un uomo per bene, rispettoso e buono. Mi sentivo fiduciosa anche io. "Non vedo l'ora, padre" dissi cercando un altro pezzo di focaccia.
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"Già" mormorai solamente, perdendomi in quegli occhi che sembravano quasi la soglia per l'abisso.
Un abisso profondo di pece, in cui perdersi e ruzzolare in una caduta senza fine, come quella di Persefone per raggiungere gli Inferi e al cui termine aveva trovato Ade a prenderla. E lui? Lui mi avrebbe presa? Mi avrebbe stretta a sè nel momento in cui io mi fossi irrimediabilmente persa in quell'abisso? Mi riscossi alla sua domanda. "Oh, no... No, ero solo uscita a fare un giro e ho sentito parlare" risposi "Avete ragione, sono stata incauta, starò più attenta" annuendo e seguendo con la coda dell'occhio i movimenti dei suoi capelli neri al vento. Tutto era così... Attraente e magnetico in lui, tutto, ogni suo piccolo dettaglio, fisico e non. https://uploads.tapatalk-cdn.com/201...0bcf918ee8.jpg Inviato dal mio E506 utilizzando Tapatalk |
Monsieur De Gagliarden aveva decisamente scelto il momento meno opportuno per farci visita. La voglia di incontrarlo era pari a zero, ma l'ospitalità mi obbligava a riceverlo.
"Digli che scendo subito..." dissi al domestico "Nel frattempo di' a Stewart di farlo accomodare e offrirgli da bere..." Stewart era il nostro impagabile maggiordomo, affezionato e fedele come pochi servitori sanno essere. Uscito il servitore, mi allontanai dalla finestra e mi sedetti alla toeletta per acconciarmi i capelli, che in genere lasciavo sciolti quando ero sola o in presenza di mio marito. Mi tolsi la vestaglia e mi vestii in fretta, sperando che la visita di De Gagliarden fosse breve. Scesi nel salone e mi imposi un sorriso ed una cortesia che non provavo affatto. "Buongiorno, Monsieur..." https://uploads.tapatalk-cdn.com/201...3aacba1f25.jpg Inviato dal mio P00C utilizzando Tapatalk |
Lo guardavo con gli occhi sognanti, il mondo mi sembrava sempre meraviglioso quando era con me.
Perché lui era tutto il mio mondo. I miei occhi si velarono di lacrime a quelle parole, era esattamente così, l'attesa era la mia vita ormai, ma quando era con me quell'attesa mi appariva poca cosa rispetto alla felicità che ci avvolgeva in quegli attimi insieme. Quel bacio, quelle labbra sfogliavano le mie che calde e avvolgenti lo lasciavano fare, lo esortavano, lo volevano, lo avvolgevano a loro volta. Ero immersa e persa in quel bacio infinito, e per poco non sobbalzai. Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. Spalancai gli occhi immediatamente, trovandovi i suoi che mi fissavano, quanto erano belli quegli occhi. Ed erano per me, solo per me. Quante dame avrebbero cercato invano quegli occhi nei loro amanti senza mai trovarli. Non esisteva uno sguardo uguale al suo, non esisteva un azzurro che fosse lontanamente paragonabile. Ed era lì, nell'intimità nostra casetta, e non a Palazzo Ducale con il suo sfarzo, era mio, mio soltanto, ed io ero la donna più fortunata del mondo. E mi amava. Mi amava. Mi amava. Non riuscivo a credere che l'avesse detto davvero, ad alta voce. Lui, su cui gravava il peso della maledizione, che rischiava la vita anche solo a pensarlo. Non riuscii a trattenere le lacrime, lacrime di intensa e pura felicità. L'emozione fu forse la più forte che avessi mai provato. Un'emozione che diede compimento a tutto: all'infinita attesa, al tira e molla sulla nave, ai dubbi, alle lacrime, ai battibecchi da bambini. Dapprima non riuscii a parlare, limitandomi a baciarlo con tutto l'Amore che mi consumava da sempre, mentre il mio cuore continuava a battere irregolare, impazzito di felicità. Poi presi il suo viso tra le mani, con gli occhi luccicanti di lacrime e Amore. Allora annuii. "Sono solo tua.." sussurrai, con la voce tremante "Da sempre e per sempre..." con gli occhi nei suoi "Vita dopo vita, ti cercherò, e ti amerò ancora... per sempre!". Chiusi gli occhi e mi abbandonai ad un nuovo bacio. Un bacio dal sapore diverso. Un bacio che sapeva di Eternità e Amore. Sospirai, quelle pagine erano sempre cariche di emozioni. Poi qualcosa fece bloccare il carrozzone, chiusi il libro e guardai gli altri. "Che succede?" Chiesi. |
Suor Matilde annuì ad Altea ed in breve radunarono tutti i piccoli ed innocenti ospiti dell'orfanotrofio di San Giovanni.
Uscirono poi da una porta secondaria che dava sul vasto bosco, mentre all'ingresso principale i soldati della libera e democratica repubblica di Agnonone cercavano di entrare con la forza. Suor Matilde, ormai l'unica suora rimasta nell'orfanotrofio visto che nel paese ogni istituzione religiosa era stata messa fuorilegge, guidava il piccolo gruppo di orfani con Altea che li seguiva e sempre con la mano sull'elsa della sua spada. Il Sole era sorto da poco e nel bosco la luce del nuovo giorno lottava contro le ultime ombre della notte. Ma non tutti i demoni si erano ritirati nelle tenebre. |
A quelle parole di Dacey, dette ad alta voce senza badare troppo all'apparenza, l'ometto occhialuto sorrise.
"In verità" disse senza scomporsi e senza perdere l'espressione bonaria sul suo volto "oggi sembra essere il mio giorno fortunato visto ho trovato due degni artisti come voi. E credo sia anche per voi così." "Che intendete dire?" Chiese Amit visibilmente seccato. "Beh, che potreste, esibendovi, guadagnare un bel po' di denaro." Gaio l'ometto. |
Eravamo fuggiti per miracolo, prima le guardie entrassero nell' orfanotrofio..immaginavo lo stessero distruggendo, ma non eravamo al sicuro..assolutamente no.
Sicuramente ci davano la caccia...volevano eliminarci perchè Suor Matilde era una figura importante qui per il Clero.."Presto, presto...dobbiamo andare al monastero..sta albeggiando.." mi guardavo attorno guardinga e cercavo di dare ottimismo.."Abate Nicola ci aiuterà...". Non potevo mandare nessuno avanti ad avvisarlo e avvisare gli altri chierici e io non potevo lasciarli soli...dovevamo solo confidare in un miracolo. |
Poggiai le mani ai fianchi e guardai l'uomo aggrottando la fronte.
Anche Amit aveva esternato la sua perplessità. " Dovremmo esibirci per lei? " dubbiosa," non vogliamo padroni noi!" Inviato dal mio iPhone utilizzando Tapatalk |
Il padre di Nyoko sorrise compiaciuto a sua figlia, per poi passarle un'altra focaccia dal vassoio a centro tavola.
La colazione terminò poco dopo e lui diede ordine alla badante di far preparare il loro calesse. "Io e mia figlia" disse "ci recheremo in visita da monsieur De Bonnet." |
Finimmo la colazione ed io mi lasciai poggiare sulla sedia a rotelle, per poi essere condotta insieme a mio padre a comunicare la nostra prossima visita da monsieur De Bonnet. Dire che 'non vedevo l'ora' era ironico nelle mie condizioni... Non la vedevo veramente, a volte mi piaceva ironizzare sulla mia condizione e mi piaceva che gli altri mi trattassero normalmente. Ero pronta ed emozionata all'idea di incontrare il mio nuovo badante.
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"Sarà meglio tornare al palazzo ora." Disse Elv e Gwen, mentre il vento era cresciuto per intensità e la temperatura era calata sensibilmente.
Tiro' le redini del suo stallone e con un cenno del capo invitò, anzi ordinò, la ragazza a seguirlo. Galopparono così per la fredda e verde campagna, fino a raggiungere il palazzo. "Si dice" mormorò ad un tratto lui "che le ragazze dai capelli rossi portino guai, sfortuna." Smontando giù da cavallo e fissando la giovane. "È una fortuna per te che io non sia superstizioso, nè che abbia avuto una degna educazione religiosa." Accennando un sorriso impertinente. "Forse non rispettero' le donne altrui, ma almeno non le mando a bruciare sul rogo. Specie se belle." Ridendo piano. |
Annuii e galoppammo verso il palazzo.
Smontai da cavallo mentre lo ascoltavo. Risi divertita alle sue parole. "Io invece so che nell'antichità le persone dai capelli rossi si diceva possedessero poteri particolari e che le schiave con quei capelli costassero di più nell'antica Roma, poiché avevano qualcosa in più degli altri" dissi a mia volta, con un sorriso altrettanto impertinente "Comunque, sta a voi stabilire se sia vero che le donne rosse portino guai e sfortuna..." aggiunsi, quasi lasciando la frase in sospeso e fissandolo negli occhi neri. https://uploads.tapatalk-cdn.com/201...990c1c6814.jpg Inviato dal mio E506 utilizzando Tapatalk |
Monsieur De Gagliarden era un gentiluomo non troppo giovane e neanche troppo vecchio.
Di aspetto piacevole e dai modi cortesi, era ritenuto a ragione un libertino, nel senso più ampio e prossimo con cui possiamo immaginarlo noi oggi. Essere un Don Giovanni ad Agnonone era forse quanto di più noioso ed avvilente possa rappresentare per un qualsiasi gentiluomo o nobile Afragolignonese. L'uomo cacciatore o predatore, per adoperare un'espressione poco elegante ma efficace, si sarebbe stancato ben presto dell'indole delle donne Agnononesi. La rivoluzione aveva portato ad una drastica e sconcertante caduta dei valori e dei principi che per secoli avevano reso le donne così affascinanti ed irraggiungibili. L'apparire e l'avere le attenzioni dei maschi era tutto ciò a cui le femmine di questo paese sembravano ambire e ricambiavano offrendo poi, sovente, la loro merce più preziosa. Gli editori non pubblicavano più romanzi d'avventura e d'amore, ma solo novelle dove si esaltava il sesso libero e la promiscuità. Spesso non si faceva distinzione tra uomo e donna ed in nome della libertà dei costumi essere maschio o femmina cominciava ad essere relativo. "Madame, ogni volta che ho il privilegio di essere al vostro cospetto comprendo cosa provò Marte nel vedere Venere nascente." Disse De Gagliarden a Gaynor baciandole la mano. "No mi stupisco voi siate la donna più corteggiata di Agnonone. Fortunato è vostro marito." Con un cavalleresco inchino. |
Il carrozzone si era fermato di colpo, destando Clio da quella sognante lettura.
"La strada è bloccata." Disse Lione. "Proseguire è impossibile per di qua'. Dobbiamo cercare are un'altra via per arrivare in città." "Che mi venga un accidente tra la lingua ed il terzo dente!" Invei' Ozillonne. "Il tempo è denaro per noi! Occorre una licenza per sostare in città e oggigiorno un qualunque pezzo di carta costa! Ah, dannati Smeri che inventarono la moneta!" Con fare ampolloso. "La settimana è già cominciata ed ogni documento parte come convalida dal Lunedì! In pratica stiamo già pagando il nostro soggiorno in città pur non esserci nemmeno arrivati!" |
Era impossibile proseguire, a quanto pareva, e ci mancava solo di dover pagare ancora di più.
Restai pensiero ad osservare gli altri. Però poteva essere un'occasione per me, dopotutto se ci fossimo fermati prima avrei avuto modo di andare in città, o comunque di analizzare il territorio circostante, per mettere in atto il mio piano. "Non possiamo fermarci fuori le mura e intanto chiedere una licenza per la settimana prossima?" azzardai a chiedere. |
A fatica le due donne riuscirono a portare il gruppetto di orfani fino al convento dei frati.
Giunti però davanti al Santo ed austero edificio capirono subito che i religiosi non vi erano più. Infatti il monastero sembrava essere stato abbandonato. Ad un tratto Altea notò un contadino non lontano da loro. |
"Temo siate in errore, monsieur..." risposi di fronte all'impudenza di De Gagliarden, mantenendo a stento il sorriso sulle labbra "Nessuna è meno corteggiata di me ad Agognone, forse perché tutti sono a conoscenza dell'Amore e della lealtà che nutro per mio marito. Gli uomini non gradiscono continui rifiuti..."
Ritirai la mano e mi accomodai su una poltrona abbastanza distante da quella in cui sedeva il mio ospite. I suoi apprezzamenti, come sempre poco opportuni, guastarono ancora di più il mio umore già grigio. "Vedo che vi hanno già servito da bere... Qual buon vento vi porta a palazzo? Spero che mio marito torni presto, così potrete incontrarlo..." Inviato dal mio P00C utilizzando Tapatalk |
La città era sempre in fermento....amavo i mille volti che si susseguivano mentre andavo alla bottega di Gerom se ero fortunata avrei trovato anche qualche vecchio libro che nessuno voleva più....quando mi sentii sfiorare delicatamente il braccio......uscii dalla mia nuvola rosa fatta di pensieri spensierati e mi fermai di scatto.....vidi un uomo era ben vestito......anzi per essere sincera.....era un bell' uomo.....aveva una tracciolla era forse un insegnante o uno studioso.....ma quante domande......intanto ne fece una lui a me......" spero di esservi d'aiuto....anche se non sembrate affatto qualcuno in grado di perdersi...".....già sembrava essere molto sicuro di se.....
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Camminavamo nella foresta con fatica e raggiungemmo il convento ma era desolato..abbandonato..e guardai suor Matilde senza dire nulla, in quella radura..vidi un contadino e feci loro cenno di aspettare.
Mi avviai verso di lui.... "Non può essere...la nostra bambina..guarda che bella, ora sembra una principessa...chi la salverà." "Corinne...il destino...è predestinato ..si è bella..qualcuno la salverà da tutti e da se stessa..noi non ti abbiamo dimenticato figlia nostra, presto la tua strada la troverai..". Mi guardai la veste...elegante, sontuosa..."Padre, madre, siete voi..". Ma perchè ero vestita così..."Quello lo avresti indossato al tuo debutto in società figlia mia...e lui...lui ti avrebbe portata via..rapita e tenuta con te per l' eternità come fece tuo padre...spera sempre...guarda le stelle". http://image.nanopress.it/donna/foto...are-foggia.jpg Mi destai, mi guardai attorno...il mio vestito era quello scarlatto..una delle solite visioni ma stavolta non dormivo..ero spaventata..il sogno di prima era divenuto vero. Sospirai e mi tenni ad un albero, mi girava la testa ma mi feci coraggio.."Messere, scusi..ma i frati quaggiù..aiutateci dove possiamo andare e cercare riparo?". |
"Beh, ciò è un gran peccato, per voi." Disse l'ometto occhialuto a Dacey ed a suo fratello.
"È perché mai." Amit. "Per il medesimo motivo per il quale vi esibite al freddo qui in strada." Fece l'ometto. "Il denaro, giusto?" "Allora volete pagarci?" Fissandolo Amit. "Oh, non io naturalmente..." ridendo l'ometto "... io sono solo un modesto servitore." "Servitore di chi?" Chiese Amit. "Del mio padrone naturalmente." Rispose l'ometto. "Permettete mi presenti? Sono Juventen." Con un cenno del capo. |
Rimasi a fissarlo ancora diffidente.
Non ero sicura se le sue parole fossero vere ma notai quando la parola denaro avesse interessato ad Amit. " Si piacere di conoscervi..." scocciata da quei convenevoli. " E chi sarebbe il vostro padrone? Quanto ci pagherebbe? E che dovremmo fare di preciso?" Apostrofai l'uomo sempre rigida bella figura e diffidente. Inviato dal mio iPhone utilizzando Tapatalk |
Il calesse lasciò la ricca abitazione e si diresse verso la casa di monsieur De Bonnet.
Vi arrivò dopo un breve tratto di strada e subito uno dei maggiordomi giunse ad accogliere Nyoko e suo padre. La ragazza fu aiutata a scendere dalla vettura è con suo padre raggiunsero un elegante salottino al pianterreno, dove De Bonnet era indaffarato con alcuni documenti. L'uomo fu naturalmente molto felice di vedere i suoi ospiti e fece subito portare tè e pasticcini. "Siamo qui per quel ragazzotto di cui mi diceste, monsieur." Disse il padre di Nyoko. "Oh, sono lieto che abbiate preso in considerazione l'idea di averlo al vostro servizio, amico mio." De Bonnet. "È un giovane robusto ed in salute, ottimo per ferrare i cavalli o andare nei campi." "In verità" mormorò il padre di Nyoko "l'idea era quella di averlo come valletto." "Oh..." dubbioso De Bonnet "... però in tutta sincerità non so quanto il giovane possa essere adatto a tali mansioni..." |
"Qui però non siamo nell'antica Roma" disse Elv a Gwen, tenendo le redini dei due cavalli "ed io personalmente non ho mai creduto che una donna, specie se bella, possa portare sfortuna." Ridendo. "Solo un idiota potrebbe aver paura di una bella ragazza." Guardandola. "Finché farai la brava e sarai ubbidiente allora non credo ci saranno eventi sfortunati. Per te ovvio." Fissandola con uno sguardo ambiguo e profondo. "Ma forse per te la sfortuna è quella di essere qui, vero?"
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Partimmo e arrivammo dopo un lungo tratto all'abitazione di monsieur De Bonnet e alcuni servitori mi aiutarono a scendere con la mia carrozzella. Non era la prima volta che venivo in quella abitazione, da bambina ci venivo spesso, mi piaceva giocare con gli animali della fattoria mentre mio padre sbrigava affari con il suo caro amico. Non potevo vedere se vi erano dei cambiamenti, ma nella mia mente la villa risplendeva di un bellissimo color vaniglia. Entrammo nell'abitazione e monsieur De Bonnet ci accolse con calore. Presero subito a parlare di questo giovane, ed io ero sempre più curiosa. Quando mio padre espresse il desiderio che aveva per questo giovane, monsieur De Bonnet fu un po' dubbioso. "Potrebbe sbrigare comunque quelle mansioni..." dissi timidamente cercando di non sembrare per l'ennesima volta un peso insopportabile.
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"Si, credo sia opportuno." Disse annuendo Ozillonne a Clio. "Cercheremo una strada alternativa per entrare in città e nel frattempo guadagnerete te po e denaro."
Così il carrozzone riprese a muoversi, in cerca di un'altra strada per raggiungere le porte della capitale. Ripresero il sentiero che tagliava in due la campagna circostante e cercarono una nuova direzione da prendere. Intanto era già pomeriggio ed il freddo si faceva sentire ancora di più. Poco dopo, però, durante il tragitto udirono dei passi di cavallo. Qualcuno li seguiva. |
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