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Nel frattempo, in un'altra parte del bosco, a quelle parole di Cavaliere25 tutti si destarono.
"Ormai l'alba è prossima" disse il misterioso Cavaliere Verde "ed allora saremo pronti per ripartire. La luce renderà meno oscuro questo bosco." "Bene, mio signore..." intervenne Goldblum "... con la luce del giorno non tarderemo a giungere in quel luogo." "Parlami del luogo che ci attende." Disse il Cavaliere Verde. "E' una chiesa sconsacrata." Prese a raccontare il nano. "E' molto antica... secondo qualcuno fu edificata da alcuni monaci bretoni. Ora però è diventata il covo di quei maledetti assassini." "Assassini?" Ripetè il Cavaliere Verde. "Avanti, raccontaci tutto ciò che sai." Goldblum raccontò tutto al misterioso cavaliere e alle sue truppe. Poco dopo l'aurora cominciò a tingere di un alone rosato il cielo di quel primo mattino. E proprio in quel momento il nutrito drappello si mise in marcia secondo le indicazioni di Goldblum. http://1.bp.blogspot.com/_URIAyVxY7Z...aven_INLAY.jpg |
I sogni...
Qualcuno pensa siano legati alla giovinezza... Quando si comincia a conoscere il mondo... E tutto appare magico perchè lo si vive per la prima volta... E forse quello era un sogno. La Cornovaglia. La sua campagna battuta da un vento che sembrava vecchio quanto il mondo. E quella stradina che Guisgard attraversava ogni giorno, circondata da alte querce che parevano giganti addormentati a guardia di quell'antico mondo. Qui il Sole sembrava più forte, più bello, più luminoso che in qualsiasi altro posto. Si riversava sulla fitta vegetazione, generando un trionfo di mille e più colori, come a rinvigorire i fiori ed i frutti di questa terra. Tutto ciò riempiva di gioia il cuore di Guisgard e rendendolo indifferente a quella lontana sagoma nera che camminava verso di lui. Il cavaliere così continuava ad attraversare quella stradina, assaporando i sapori che quella terra gli sussurrava. Come quell'odore di campo che si diffondeva ovunque dopo un temporale. L'odore dei giochi più belli, dei desideri più ambiti. L'odore di casa. Guisgard correva su quella stradina verso il castello ducale che si ergeva proprio davanti a lui. Ad un tratto squilli di trombe si levarono alti dalle torri del maniero, echeggiando per tutta la campagna, quasi portati dal vento. Guisgard allora cominciò a correre ancora più forte. "Ehi, signore!" Chiamò una voce. "Milord, sono qui!" "Shell!" Gridò Guisgard, riconoscendo lo stalliere di suo zio. "Shell, amico mio!" I due si strinsero forte. "Il duca vi attendeva, mio signore!" Disse Shell. "Al castello è tutto pronto per ricevervi con tutti gli onori! Andiamo, vi accompagno io!" Ad un tratto Guisgard sentì qualcosa. Come un senso di malinconia, come quando si sta smarrendo qualcosa. Si voltò allora indietro e in fondo alla strada vide una figura immobile. Il vento le soffiava tra i capelli che il Sole rendeva luminosi e chiari. Era una ragazza che fissava Guisgard. Lo fissava andar via in silenzio. "Ma quella..." "Dove andate, padrone?" Chiese Shell. "Vai tu..." mormorò Guisgard, facendo segno al suo stalliere di andare. "Ma il duca vi attende!" "Vai tu, ti dico..." e cominciò a correre verso quella ragazza. "Padrone!" Gridava Shell. "Padrone, tornate qui, vi scongiuro!" Ma Guisgard, incurante, correva verso quella ragazza. "Talia!" Disse quando l'ebbe raggiunta. "Perchè sei qui da sola?" La ragazza non rispose nulla e guardò a terra. Poi, delicatamente, portò la sua mano sul petto di Guisgard. "Come batte..." sussurrò. "Vieni, ti condurrò al castello con me..." disse lui. "Scappate, cavaliere!" Gridò all'improvviso un contadino che correva per i campi. "E non prestate fede a questa donna!" "Cosa vuoi dire, villano?" Chiese il cavaliere. "La madre di costei" rispose il contadino "era una strega! Vi condurrà alla rovina, mio signore!" "Taglia la corda o ti taglio la gola, bifolco!" Minacciò Guisgard. "Fuggite, mio signore! Gridò il contadino mentre scappava via. "Fuggite, sta arrivando!" Guisgard allora si voltò indietro e si accorse che quella sagoma vestita di nero che lo seguiva sin dal principio si era avvicinata ad entrambi. E dal velo nero che copriva interamente il suo corpo, si potevano vedere solo due occhi. Due occhi visionari e deliranti, intrisi di una primordiale malvagità. La malvagità più oscura e terribile, quella che esiste solo per tormentare gli altri. Tutto questo mentre il cielo diveniva sempre più scuro. "Talia..." ansimava Guisgard nel suo sonno confuso, tra i deliri della febbre e i malefici incanti del demoniaco potere degli Atari "... Talia... attenta... Talia..." Gila, che assisteva impotente, a quel nuovo sussulto del suo amico fu tentato di avvicinarsi, ma per non distrarre Talia, che era accanto a Guisgard, restò al suo posto nonostante le sue preoccupazioni. http://feiyuir.up.seesaa.net/image/T...lde-705488.jpg |
mi misi in viaggio per arrivare a quel luogo dove il nano ci stava portando guardai Belven e gli dissi amico mio speriamo di risolvere questa storia nei migliori modi possibili ho gia visto troppo sangue scorrere speriamo di non perdere nessun uomo dei nostri poi mi misi a guardare la natura e il cielo
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Appena vide Bumin dirigersi verso la grata, intenzionato finalmente ad intraprendere quel cammino, di colpo Morven si levò in piedi.
La luce di Samsagra che lo aveva avvolto, lambiva ancora ai suoi occhi gli angoli di quella sala, e la voce di lei echeggiava soffusa intorno, ma il giovane cavaliere era improvvisamente stato sbalzato fuori da quel suo sogno, e la sua solerte custode lo aveva riportato al mondo e ai suoi compagni proprio nel momento propizio. Così, quasi con ritrovata forza ed energia, il cavaliere si avvicinò al Cappellano e al resto della compagnia. "Sì, mio buon Cappellano," esordì a quel punto "lasciate che egli scenda per primo, e dietro di lui andrà sir Duckey!" Lanciò un rapido sguardo di fiamma a Bumin, poi con un sorriso appena accennato, come a voler giustificare le sue parole: "Voi siete armati, miei signori, e siete nobili e coraggiosi cavalieri... è giusto che siate voi ad andare avanti, proteggendo chi nel gruppo non può vantare così lunga amicizia con le armi..." Poi, mutando la voce in un lieve tono ironico: "Sono sicuro che con voi in testa al gruppo nulla ci colpirà!" A quel punto, per la prima volta, Morven osò avvicinarsi a Lady Gaynor e al suo piccolo seguito. Così facendo, il suo sguardo cadde su Iodix, e subito la sua memoria lo riportò indietro... la locanda, la birra, Lady Elisabeth... e quel cavaliere, e quello strano dialogo notturno avuto con lui, quel dialogo così carico di oscuri presagi! "Ma io vi conosco..." disse a quel punto, di slancio. Poi abbassò il tono della voce per farsi udire da Bumin e Duckey, e si accostò quasi all'orecchio del giullare. "Voi siete il giullare di sir Guisgard, se l'ombra non mi inganna... perchè siete qui senza il vostro padrone?" Ma un istante dopo quasi si pentì di aver domandato, perché nel suo cuore aveva subito immaginato il peggio. Erano tempi, quelli, in cui il male appariva in ogni forma e colpiva in mille modi differenti ed imprevedibili, anche coloro che desideravano sottrarsene. Morven allora non attese nemmeno la risposta del giullare, e senza por tempo in mezzo estrasse dalla cinta una delle sue spade corte, una delle spade che erano appartenute a Cypher, e la tese all'uomo. "Lo so che ne uccide più la lingua che la spada, mio buon giullare… ma forse questa volta vi converrà fare un’eccezione e sforzarvi di fare del vostro meglio con l’una e con l’altra!” Poi, per la prima volta da quando aveva fatto il suo ingresso, Morven osò posare lo sguardo su Gaynor. Era bella, di una bellezza altera e delicata insieme. In lei si mescolavano curiosamente fragilità e coraggio, dolcezza e risolutezza… Morven la fissò incantato… era già esistita una, un tempo, che gli aveva ispirato quella sensazione… una a lui così tanto cara che tornava ormai troppo spesso nei suoi sogni e nei suoi incubi… - L’amore per l’ordine è una buona qualità… La ragazzina gli sorrise, in un misto di affetto e civetteria, e gli schioccò un bacio sulla guancia. Morven sorrise di rimando, ma subito dopo finse di assumere un’aria che voleva esser dura. - … ma non è sufficiente per maneggiare bene un’arma! La ragazzina allora sbuffò. - Ma io mi annoio, Morven! E così dicendo si lasciò cadere sull’erba morbida dal prato e incrociò le braccia al petto, mostrando la fiera intenzione di non proseguire in quell’attività. Per un istante Morven pensò di poter adirare contro la testardaggine della sua sorellina. Zulora era sempre stata così, caparbia e sicura di sé. Sebbene fosse ancora una ragazzina, mostrava sempre di sapere con precisione ciò che voleva. La sua dolce indole femminile, che la portava il più delle volte ad obbedire a ciò che le veniva chiesto di fare, non era tuttavia scissa da una certa irrequietezza di spirito, che di certo le veniva dalla sua vivace intelligenza. Fu proprio seguendo questo ragionamento che Morven decise di abbandonare il tono di aspro rimprovero che gli era salito alle labbra, e mutò espressione, pensando che avrebbe potuto piuttosto discutere con la sorella, piuttosto che imporle qualcosa senza darle una ragione. Così si inginocchiò di fronte a lei e le si accostò con delicatezza. Prese da terra la spada che lei vi aveva gettato e gliela mise tra le mani. http://img211.imageshack.us/img211/7458/65358196.png - Hai ragione, - disse allora, con fare condiscendente – quello che ti chiedo di fare è molto noioso, e di certo molto più stancante rispetto alle tue normali attività… ma tu, Zulora, sorella mia, devi promettermi che non desisterai. Noi vivamo in un tempo non cui non ci è stato dato di poter decidere di noi stessi... noi viviamo in uno stato in cui la nostra vita è posta interamente in mano nostra, e nessun aiuto ci verrà da alcuno, se non da Dio... e in un simile stato, una spada può fare la differenza! Una spada è la sottile linea che può separare la vita dalla morte, la felicità dal dolore… e se tu impari a maneggiare quest’arma, tua sarà anche la capacità di recidere questi opposti! Zulora, all’udire quelle parole, non disse nulla. Non lo interruppe e non respinse il suo gesto, ma si fece guidare nello stringere le piccole mani attorno all’elsa della spada. Era rapita da quel discorso, e lo seguiva con gli occhi sgranati. - Hai compreso quello che intendo, mia piccola? E lei chinò il capo lentamente, quasi con aria assorta in quel gesto di assenso. - Sì, fratello… - rispose dopo un attimo – ho compreso… terrò quest’arma e imparerò ciò che mi insegnerai… Poi lo fissò serissima, con un’espressione presaga di cupi eventi. - E la userò… in qualsiasi caso… per difendere la mia vita, in un modo o nell’altro! Quegli occhi, non li avrebbe scordati. Morven guardò Gaynor quasi con tristezza. Estrasse lentamente il secondo gladio dal suo fodero. Lo porse alla fanciulla. “Vi prego, milady… prendete questa con voi… stiamo per scendere in luoghi oscuri… usatela, vi prego…” e qui la voce gli si incrinò un attimo, come spezzata dal peso delle parole che stava per pronunciare, “in qualsiasi caso… per difendere la vostra vita, in un modo o nell’altro!” Disse questo in fretta, e quasi sfuggì il suo sguardo. Si voltò verso il Cappellano facendogli cenno di proseguire. “Io resterò indietro e vi guarderò le spalle, non abbiate paura” Carezzò l’elsa di Samsagra e guardò il Cappellano con fare allusivo, prima di concludere: “Io ho già di che difendermi!” |
Gli occhi di Guxio erano tutto ciò che vedevo... ero spaventata, impietrita... mi sentivo piccola e impotente di fronte a quegli occhi che riempivano totalmente tutto il mio orizzonte. Stavo ancora fluttuando da qualche parte, ma non sapevo dove mi trovavo poiché soltanto buio c’era intorno a me, tanto buio che non riuscivo più a vedere Guisgard... e ciò mi spaventò ancora di più: non dovevo perderlo, non potevo... se l’avessi perso sarebbe stato spacciato... anzi, lo saremmo stati entrambi!
Iniziai a sentire freddo... molto freddo... troppo freddo... Poi, improvvisamente, una mano si posò sopra la mia. Era una mano piccola e delicata ma che strinse la mia con forza... e il mio cuore tornò a battere, mentre lentamente riprendevo a respirare... ‘Mamma!’ pensai... e quel solo pensiero mi riempì di nuovo coraggio. Il buio iniziò pian piano a diradarsi e io potei scorgere la sagoma luminosa della donna vicino a me... sorrideva e non mostrava di aver paura... ‘L’ho perso...’ pensai sentendo in me il panico crescere ‘L’ho perso!’ La vidi scuotere piano la testa ed indicarmi un punto appena al di sotto di me... e Guisgard era là! Era così vicino, eppure il terrore che Guxio aveva scatenato nel mio cuore aveva fatto sì che non lo avessi visto più... ‘Non avrò più paura!’ dissi, in modo da imprimermi bene la lezione nella memoria. Gli occhi di Guxio, tuttavia, erano sempre di fronte a me... Così mi voltai verso mia madre, in cerca di aiuto. Lei era immobile e mi sorrideva, poi lentamente la vidi spostare gli occhi verso il cavaliere, osservarlo per un istante e tornare, poi, a guardare me... Anche io spostai gli occhi su di lui... sembrava così tranquillo... non udivo più il rumore del mare, ora, il che mi faceva supporre che il suo sogno fosse cambiato... udivo, invece, il fruscio del vento e un profumo a me sconosciuto, profumo di grano al sole, profumo di libertà... Doveva essere un bel sogno quello che stava facendo, pensai con un filo di rammarico per non avere anche io un sogno così in cui rifugiarmi, lontana da Guxio e da quegli occhi che continuavano a fissarmi e a cercare di riportarmi nel loro buio... E fu forse proprio per questo desiderio inatteso e incontrollato che, prima che me ne rendessi conto, mi sentii trascinare verso il basso. Cercai allora di riportare subito la mia mente in equilibrio, ma era tardi... e iniziai a vorticare a tutta velocità. Mille colori mi giravano intorno, mille immagini, volti che non avevo mai visto prima... chiusi gli occhi, chiedendomi cosa mi attendesse... Ad un tratto avvertii che i miei piedi erano ben saldi a terra, il sole mi stava inondando il viso, il vento mi soffiava tra i capelli e quel profumo, che prima avevo soltanto intuito con la mente, adesso poteva essere respirato a pieni polmoni. Sorpresa aprii gli occhi... e Guisgard era là, di fronte a me. Intorno a noi la campagna nel pieno del suo splendore, in lontananza un antico castello... ero certa di non esser mai stata in quel posto prima. Mi guardai intorno un attimo, incerta, poi compresi: quello doveva essere il suo sogno... forse, un suo ricordo! Stavo per dirgli qualcosa... quando, improvvisamente, il cielo iniziò a scurirsi e un forte vento gelido prese a soffiare... e allora lo vidi: una sagoma nera si era avvicinata a noi, una sagoma della quale si distinguevano soltanto i fiammeggianti occhi malvagi... Guxio era lì! Immediatamente, prima che fosse tardi, invocai mia madre... la donna non era più vicino a me adesso, ma avvertivo la sua presenza dentro di me... Poi, con la sua forza nelle mie mani, sperando che la mente di Guisgard fosse ancora troppo scossa dall’ingresso mio e di Guxio per opporre resistenza, alzai le braccia e chiusi gli occhi... la mia mente produsse un’idea e quella subito prese forma... si alzò un vento fortissimo, mi concentrai e cercai di far sì che lambisse appena me e il cavaliere per poi abbattersi su Guxio e scaraventarlo lontano. Senza pensarci oltre, poi, forte del piccolo vantaggio ottenuto, afferrai la mano di Guisgard e iniziai a correre più veloce che potevo... Nasconderci, intanto, era la sola cosa da fare... Nasconderci ci avrebbe, speravo, dato il tempo per comprendere... e comprendere, forse, ci avrebbe aiutati a battere Guxio. |
Gaynor vide il bel cavaliere che fino ad allora si era tenuto in disparte avanzare verso di loro. Costui si rivolse a Iodix, e a quanto pare i due si conoscevano già. Lo sentì pronunciare a fil di voce il nome di colui che erano venuti a cercare, Sir Guisgard... ecco, adesso sapeva anche come si chiamasse. Il cavaliere alzò poi lo sguardo su di lei, guardandola come rapito. Dopo qualche istante, le si avvicinò e le porse una spada, dicendole queste parole: “Vi prego, milady… prendete questa con voi… stiamo per scendere in luoghi oscuri… usatela, vi prego… in qualsiasi caso… per difendere la vostra vita, in un modo o nell’altro!”
Gaynor rimase stupita dall'emozione che lesse negli occhi del giovane cavaliere, non seppe decifrarla. Quando poi vide che lui e il Cappellano si erano finalmente decisi ad avviarsi alla grata, Gaynor lo fermò per un attimo e gli parlò: "Vi ringrazio per questo gesto che vi fa molto onore, ma in caso di bisogno mi sentirei più sicura con un arma che sappia usare... un'arma piccola, ma che può essere letale come una spada..." E così dicendo aprì il suo mantello per mostrare un piccolo fodero di cuoio, che spiccava sul suo fianco fasciato dal ridicolo vestito di paggio. Nel fodero c'era il suo pugnale. "Per questo, cavaliere, vorrei poter dare questa spada al mio anziano servitore, che senza alcuna arma sarebbe troppo indifeso... me lo consentite?" |
"La lingua colpisce senza esitare,
ma la spada lo fa senza perdonare!" Recitò Iodix, nascondendosi poi nella cintura l'arma offertagli da Morven. "Ormai il mio padrone non lo vedo da troppi giorni e son qui perchè spero che a casa con me ritorni." Concluse con una smorfia che palesava angoscia e paura. "Basta con le chiacchiere!" Intervenne Bumin. "Guiderò io il gruppo e non perchè l'avete suggerito voi..." fissando Morven "... ma perchè il mio rango lo impone!" Si voltò poi verso Dukey ed ordinò: "Voi invece chiuderete il gruppo, in modo da proteggerci le spalle." "Si, milord!" Rispose lesto Dukey. Il gruppo allora, sceso il passaggio della chiesa, si ritrovò in uno stretto corridoio. E dopo diversi metri si ritrovarono davanti ad una grossa porta di ferro. Su di essa vi erano incise diverse immagini. "Strane figure..." disse il Cappellano cercando di comprenderne la natura "... forse sono legate all'antica mitologia celtica..." "Qualsiasi cosa rappresentino" lo interruppe Bumin "non credo possano dirci molto! Siamo qui per scoprire cosa nasconde questo posto, non a tentare di decifrare antichi linguaggi!" E detto questo, fece forza contro quella porta, finendo per aprirla e spalancando davanti a tutti loro una stanza semibuia. Dentro vi erano strane figure scolpite nel legno, teschi e pelli di diversi animali appesi alle pareti ed al centro della stanza ardevano alcune candele su di un tavolo. |
La campagna era bellissima durante quei limpidi pomeriggi d'Inverno.
Quando il vento soffiava su di essa, rendendo l'aria asciutta e diffondendo ovunque quel fresco profumo che solo la campagna invernale sa dare. I due correvano lieti per quei campi. Guisgard rideva forte e teneva Talia per mano. "Dove mi porti?" Chiese lei. "Hai paura?" Rise lui. "A Cartignone giocavi in casa... ma qui il padrone sono io!" "Non ho bisogno di essere a Cartignone" rispose lei "per tenere a bada le tue velleità di comando su di me!" Guisgard rise ancora più forte, continuando a correre e a tenere Talia per una mano. I due allora giunsero in una grande casa con uno spiazzo molto vasto. "Da piccolo" disse lui "passavo spesso da queste parti e sognavo che un giorno questa casa sarebbe stata mia." "E' molto bella..." sospirò Talia. Ad un tratto i due sentirono delle voci. Erano alcuni bambini che giocavano. Guigard fissò Talia sorridendo. "Massì!" Disse lei divertita. I due allora raggiunsero i bambini e si unirono a loro per giocare. "Ma perchè io?" Chiese Guisgard. "Perchè loro sono bambini ed io una dama..." rispose Talia "... quindi, cavalier cortese, tocca a te contare! E, mi raccomando, non sbirciare!" "E sia..." sbuffò Guisgard "... uno, due, tre..." "Dove siete?" Gridò una volta finito di contare. "Ma tanto vi troverò!" Ma il vento era cambiato ed il Sole era prossimo a tramontare. "Ma dove si sono cacciati...?" Mormorò guardandosi attorno. Il cavaliere cercò ancora, ma sembrava non esserci più nessuno. "Sei rimasto solo?" Chiese l'ombra. "No, non sono solo." Rispose il cavaliere. "Dov'è lei?" "Non è andata via..." "Credi?" Chiese l'ombra. "Si, lo so! Lo sento!" "Solo io sono rimasto con te." "Non è vero." "Ti sono amico e lo sai... e tu lo sarai per me..." "Ora devo andare..." disse Guisgard "... è il crepuscolo e devo cercare Talia..." "Ti sono amico... e lo sai..." "Amico?" Ripetè il cavaliere. "Certo..." "Allora aiutami a cercare Talia!" "Come vuoi... è lì, guarda..." indicò l'ombra. Talia era seduta su una fontana. Era triste e malinconica e giocava, quasi senza badarci, con una mano nell'acqua. "Dove vai?" Chiese l'ombra a Guisgard. "Da lei!" "Sei sicuro che voglia te?" Domandò con un ghigno l'ombra. "Non mi importa..." rispose il cavaliere e si avvicinò alla ragazza. "Andiamo, Talia..." disse prendendo di nuovo la mano di lei "... è quasi buio, meglio andare..." "Andiamo, Talia..." mormorò Guisgard nel sonno, rigirandosi nervosamente sotto gli occhi di un sempre più preoccupato Gila. |
Giunta l'alba, tutti i cavalieri e i nani si misero in marcia.
Il bosco, con le prime luci del nuovo giorno, cominciò a tingersi di mille e più colori, che pian piano iniziarono a far scorrere via l'oscuro manto delle tenebre che per tutta la notte erano state le incontrastate signore di quel luogo. La vegetazione, fatta di alberi secolari, sterpi, rovi, avvolgeva e stringeva ogni passo di quel bosco. I rami dei poderosi alberi sembravano tendere fin verso il cielo, intrecciandosi tra loro, come a voler oscurare la luce che a fatica tentava di riprendere possesso di quel mondo fatto di mistero e paura. L'umidità della notte appena trascorsa si ritirava a fatica, lasciando sulle corazze di quegli eroi un leggero alone fatto di infinite goccioline. Il terreno era pesante e i robusti cavalli, lanciati con vigore in quella possente corsa, affondavano con i loro zoccoli nel terreno fangoso e viscido. Ad un tratto Goldblum lanciò un grido che arrestò la corsa dell'intera compagnia. "Cosa accade, nano?" Domandò il Cavaliere Verde. "Non rammenti più la strada?" "Mio signore..." rispose confuso il nano "... conosco questo bosco sin dalla mia infanzia e posso giurare di non aver mai visto questo sentiero così come ci appare ora..." Infatti, il sentiero che stavano seguendo improvvisamente si era aperto in un bivio. "Destra o sinistra..." mormorò Belven "... quale sarà la direzione giusta?" "Che sia un incanto, milord?" Chiese turbato uno dei cavalieri al proprio comandante. "Questo bosco è dimora del demonio..." rispose questi fissando quel bivio "... egli stesso sembra averne piantato ogni albero... ed il demonio è signore della menzogna... si, è un incanto "continuò a dire, senza però smettere di guardare la doppia strada davanti a loro "ed è fatto per confonderci e farci smarrire la retta via..." |
guardai i due sentieri e dissi l'unica soluzione è dividerci che ne pensate dissi guardando il resto della compagnia? caso mai ci si puo ritrovare qui alla fine come punto di riferimento e aspettai una loro risposta
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Guisgard stava guarendo in fretta, me ne accorgevo dalla difficoltà crescente che trovavo nell’agire all’interno della sua mente... certo, ciò sarebbe stato un bene, se solo non avessi temuto che Guxio non si sarebbe arreso fino all’ultimo!
E tuttavia mi lasciai sospingere dal sogno del cavaliere... non sapevo perché, ma mi piaceva quella sensazione di tranquillità che ciò mi donava. Mi ritrovai infine seduta sul bordo di una fontana, con appena un’idea molto vaga di come ci ero arrivata... In quell’istante Guisgard comparve di fronte a me, alzai gli occhi e lo scrutai un istante... notai una strana espressione sul suo volto, ma non la seppi decifrare. Citazione:
Balzai allora in piedi, trattenendo la mano di Guisgard... “Lui è qui!” mormorai, guardandomi intorno con circospezione. Ma non c’era nessuno intorno a noi, non c’era niente... tranne quella casa alle spalle del cavaliere, che ormai stava proiettando verso di noi un’ombra sempre più fitta... Puntai gli occhi in quell’ombra ma non vidi niente, sebbene provassi un forte senso di disagio. “Lui è qui!” ripetei pianissimo a Guisgard “E’ vicino! Siamo in pericolo... non lasciare la mia mano!” |
Il Cavaliere Verde guardò Cavaliere25, per poi tornare a fissare il bivio davanti a loro.
"Se seguissimo quanto detto dall'arciere" disse uno dei cavalieri al suo comandante "il gruppo si dividerebbe, risultando più debole, milord!" "La penso come Cavaliere25..." intervenne Belven "... dividendoci saremmo comunque sicuri che almeno una parte di noi giungerà alla chiesa sconsacrata." Il Cavaliere Verde restò in silenzio per alcuni istanti. "E sia!" Esclamò all'improvviso. "Dividiamoci in due parti, dove ciascuna prenderà uno dei due sentieri." Si formarono così due gruppi. Il primo, guidato da Belven e Cavaliere25, prese il sentiero di destra, il secondo, con in testa il Cavaliere Verde e Goldblum che conosceva la chiesa sconsacrata, scelse invece quello di sinistra. "Chi fra noi" disse il Cavaliere Verde parlando a Belven e Cavaliere25 "giungerà alla chiesa, manderà poi indietro qualcuno a cercare l'altro gruppo!" "Si, milord!" Rispose Belven. Un momento dopo i due gruppi si divisero, prendendo ciascuno il sentiero prescelto. Così, Belven, Cavaliere25 ed i loro uomini cominciarono ad attraversare quella parte di bosco, fino a giungere ad un piccolo laghetto. "Fermiamoci un momento per abbeverare i cavalli!" Ordinò Belven. E quando tutti furono scesi dai cavalli, uno dei cavalieri notò un pozzo in muratura a pochi passi dalle acque del laghetto. "Chi mai avrà scavato un pozzo nel bel mezzo del bosco?" Chiese uno dei cavalieri. "Non lo so..." rispose Belven "... ed è molto strano..." Ad un tratto però si udì qualcosa nell'aria. Una giovane voce che canticchiava. http://www.ilcannocchiale.it/blogs/b...i_10-genn..jpg |
La dama aveva scostato il mantello con circospezione. Nell’ombra Morven riuscì a scorgere il bagliore sottile di un pugnale. Si fermò un istante, quasi dovesse riflettere… purchè sia sufficiente a togliervi la vita in fretta se doveste cadere nelle loro mani! pensò, anche se si guardò bene dal palesarle quel pensiero così apertamente. Al contrario, si affrettò a nascondere i suoi pensieri e annuì.
“Datela pure al vostro servitore, se egli vi è fedele” Quindi le fece un lieve cenno di riverenza col capo e si staccò da lei, per permettere al gruppo di precederlo. In quel momento Iodix gli passò accanto. "La lingua colpisce senza esitare, ma la spada lo fa senza perdonare!" Morven gli vide nascondere l’arma che gli aveva dato nella cintola, poi lo udì proseguire pià sommessamente: "Ormai il mio padrone non lo vedo da troppi giorni e son qui perchè spero che a casa con me ritorni." Il giovane cavaliere lo fissò turbato… sparito da giorni? Che ne era stato di quel cavaliere? Che si fosse inoltrato anche lui nel bosco e fosse caduto vittima di qualche sanguinoso agguato? Eppure, quando lui stesso lo aveva pregato di unirsi alla loro spedizione, egli aveva rifiutato, schernendo il suo invito! E poi, pensò Morven dopo un istante… perire lui? No… non lo avrebbe creduto! Per un istante rivide riflettersi nei suoi occhi il bagliore della spada di Guisgard, quando quel giorno nel bosco lo aveva visto combattere per liberare quella dama in pericolo… quel giorno in cui era rimasto così colpito dalla sua abilità di spadaccino… no, non è per lui una simile morte! In quel momento la voce brusca e sarcastica di Bumin giunse ad interrompere i suoi pensieri. Morven quasi non riusciva a credere alle sue orecchie! Sembrava che quell’uomo aprisse bocca all’unico scopo di irritarlo sempre più! All’udire l’ordine imparti a Dukey, poi, il fastidio che provò gli parve quasi insopportabile! Quel Bumin stava quasi facendo scomparire lo schivo cavaliere di ventura che Morven era stato in quegli ultimi anni, per far emergere di nuovo, e dopo tanto tempo, quello che era stato il giovanissimo duca di Cassis, quel nobile ragazzino senza freni abituato ad imporre il suo volere. “Signore,” rispose di rimando a Bumin, senza più alcuna premura di essere cortese “sebbene voi continuiate a trattarmi come il vostro stalliere senza conoscere i miei natali, e sebbene questo non sia né il tempo né il luogo per farvi una lezione di araldica, tuttavia vi rendo noto che potete pure comandare a piacimento il vostro scagnozzo, ma io non intendo obbedirvi in alcun modo!” E detto questo, si fece da parte e attese che tutti fossero scesi nel cunicolo, e nonostante gli sguardi in cagnesco che scambiò con Dukey, non si mosse fino a quando questi non si decise a scendere giù, precedendolo di qualche passo. Ma dopo pochi metri di quell’angusto cammino, Morven dimenticò Bumin, Dukey e tutta la sua irritazione. Quando Bumin forzò la grande porta che si erano trovati davanti, lo spettacolo che si presentò ai suoi occhi lo costrinse a dimenticare le sue preoccupazioni di qualche minuto prima. L’aspetto funesto della sala in cui erano giunti non prometteva nulla di buono. Morven strinse Samsagra al suo fianco e una volta di più mormorò una preghiera alle schiere celesti. |
"Sono curioso di vedere" mormorò Bumin voltandosi verso Morven "di quale morte perirete qui sotto... io credo moriremo tutti, magari nello stesso modo in cui sono state uccise le ragazze scomparse... allora vedremo il vostro vero coraggio... quando vi ritroverete faccia a faccia con la morte e la vostra spada vi sarà stata strappata!"
Dukey accennò una risata che sapeva di beffa. "Miei signori..." pregò loro il Cappellano "... non perdiamo la calma... litigare fra noi non porta a nulla e voi lo sapete bene... piuttosto, cerchiamo di capire dove siamo finiti..." Poi, avvicinatosi al tavolo posto al centro della stanza, il chiericò notò un grosso libro. "E' orrobile..." disse sfogliandolo "... qui sono illustrati i diversi modi con cui quegli assassini torturano a morte le loro vittime..." Ad un tratto si udirono dei passi lontani. "Qualcuno sembra si stia avvicinando..." mormorò Dukey e portando la mano sulla spada. In quel momento Samsagra si illuminò e cominciò a vibrare intensamente. Nel frattempo quel rumore di passi si era fatto più vicino. |
Il giorno volgeva al termine ed un alone rosato si posava delicato sulle cime delle montagne lontane, rese quasi turchine dalla foschia che cominciava a scendere sulla campagna.
Ma il cielo, chiaro per la fresca aria di quel giorno, era ancora abbastanza luminoso e rendeva limpido il paesaggio circostante. "Io so cosa farò domani e domani l'altro ancora!" Disse Guisgard lanciando lontano il sasso che aveva nel pugno. "So cosa voglio fare della mia vita! Non resterò ad ammuffire agli ordini di qualche arrogante e decaduto signorotto locale, o a prestare servizio militare presso qualche legione di mercenari!" "Tu sei il nipote di sua grazia" intervenne Casses "e sicuramente avrai un avvenire già deciso." "Io vivrò a modo mio!" Replicò sicuro di se Guisgard. "Io sono il padrone di me stesso!" "Ragazzi!" Chiamò da lontano qualcuno. "Presto, tutti in caserma! C'è l'ispezione generale!" I tre corsero dentro e trovarono l'intero gruppo dei cadetti riuniti nella sala delle armi. "Fortuna che siete giunti..." mormorò Graous "... hanno già punito Hunz... ora è lì..." indicando l'angolo più lontano da loro "... si regge a malapena in piedi..." Dovrebbe starsene in un letto!" Esclamò Casses. "Alzati, amico mio..." disse Guisgard facendo passare il braccio di Hunz attorno al suo collo "... ti accompagno nel tuo letto..." Ma Hunz ebbe un sussulto. "La sua schiena...” indicò Casses alzandogli la camicia "... l'hanno... l'hanno frustato..." "E' stato sir Darriel..." mormorò Graous "... l'ha punito come monito a tutti noi..." "Dove vai, Guis?" Chiese preoccupato Casses. "Da quel bastardo!" Rispose Guisgard col volto teso per la rabbia. "E' stata l'ultima volta che ha trattato uno di noi come fosse una bestia! Ritorneremo ad essere uomini! Ad ogni costo!" "Non essere sciocco!" Cercò di trattenerlo Graous. "Non capisci che è proprio ciò che vuole lui? Aspetta solo che uno di noi arrivi a toccarlo per sbatterlo fuori dall'accademia!" "Quandò avrò finito con Darriel" urlò Guisgard quasi incurante degli ammonimenti dei suoi compagni "sarà lui a non poter più restare qui!" Guisgard scosse lievemente il capo sotto gli occhi vigili di Gila. Il nano fissò allora Talia che era lì, accanto al cavaliere, con gli occhi chiusi ed il volto racchiuso dai suoi lunghi capelli. Di tanto in tanto un’espressione indefinita attraversava, come un velo, il suo bel volto. Un’espressione che sembrava racchiudere infinite emozioni e stati d’animo contrastanti. Gila allora gettò lo sguardo in fondo a quel passaggio che stavano attraversando, preoccupato che qualcuno potesse raggiungerli. Tornò poi a fissare i suoi due compagni, che stavano là, uno accanto all’altra, uniti dal contatto delle loro mani e dai meandri di un luogo che stavano attraversando insieme. “Ti tiene la mano perché ha paura.” Mormorò la figura. “E tu lo sai…” Guisgard fissava l’orizzonte sterminato. “Come è bella la Cornovaglia…” disse mentre il vento gli accarezzava il volto e soffiava tra i suoi capelli “... a volte sembro dimenticarlo…” “Siamo tristi quando avvertiamo qualcosa…” continuò la figura “... quando in noi vi è la consapevolezza che qualcosa ci manca…” Anche Talia sembrava perdersi nel guardare la sconfinata campagna. La sua mano era in quella di Guisgard e questo sembrava darle serenità. Aveva lo sguardo disteso, con un sorriso appena accennato sul volto, mentre i suoi capelli, mossi dal vento, sfioravano il viso di Guisgard che stava accanto a lei. Il cavaliere la fissava, cercando di scorgere nel suo sguardo pensieri e sensazioni. “E’ bella, vero?” Chiese la figura a Guisgard. “Tanto bella che fa quasi male guardarla…” “Verrai in chiesa con me, domenica?” Domandò Guisgard. “Se vuoi ci verrò…” rispose la figura. “Davvero?” “Certo, perché non dovrei?” “I frati mi hanno detto che occorre una nuova lancia per il San Michele della cappella.” “Lo so.” Disse la figura. “Ti piace qui?” Domandò Guisgard a Talia. “Si, è molto bello” rispose lei voltandosi e sorridendogli “e poi c’è una pace…” “Da qui potremo vedere un meraviglioso tramonto… e tutta la campagna si vestirà di un velo purpureo…” Talia sorrise e chiudendo gli occhi si abbandonò a quella fresca brezza. “Voglio condurla in un posto qui vicino.” Intervenne la figura. “Non la lascerò venire con te!” Rispose lesto Guisgard. “Ritorneremo qui prima che faccia totalmente buio.” “Non la toccherai!” “Perché mi dici questo?” Chiese la figura. “Sai che devo farlo…” Guisgard gettò lo sguardo sulla sua cintura. “Cerchi la spada?” Domandò la figura. “Se vuoi ti darò la mia…” Guisgard non rispose e strinse ancora più forte la mano di Talia. “Tornerò presto…” continuò la figura “… per ora verrà il nano con me…” Guisgard lo fissò turbato. “E poi verrò a prendere la ragazza… e tu sarai finalmente libero…” “No, non voglio!” Urlò Guisgard nel sonno. “Non la toccherai!” Gila ascoltò in silenzio le parole del suo amico. Un freddo alito di vento percorse in quel momento quel passaggio, costringendo il nano a stringersi addosso il suo mantello. |
Senti quella voce e dissi state tutti in ilenzio e ascoltate non sentite anche voi una voce che canta seguiamola e arriveremo alla fonte dissi e mi incamminai seguendo quella voce
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Ero inquieta... mi ero lasciata ancora una volta guidare dalla mente di Guisgard, sperando così di individuare quella nota stonata che mi segnalasse la presenza di Guxio... perché ero certa che Guxio fosse lì da qualche parte: lo avvertivo, eppure non riuscivo ad individuarlo.
Lasciai che la mente di Guisgard vagasse, dunque... lasciai che mi trasportasse con sé... lasciai che formulasse immagini e parole... ma niente di tutto ciò mi fu del pur minimo aiuto. Cominciai ad avere paura: come potevo, infatti, tenere Guxio lontano da lui se non potevo vederlo? E perché, poi, non potevo? Dov’era? Mi voltai e scrutai il volto del cavaliere... Sorrideva e sembrava sereno, cosa che mi confuse ancora di più. E poi notai l’anomalia... A tratti infatti Guisgard guardava me e con me parlava, poi però -senza un motivo per me riconoscibile- si voltava e guardava altrove... si muoveva come se vi fosse qualcun altro lì, come se conversasse anche con qualcun altro, sebbene io non vedessi niente e non sentissi voci. E allora compresi! Compresi che Guxio, dimostrando un’astuzia pari solo alla sua malvagità, stava tentando la via più subdola e più terribile che si potesse immaginare... Compresi che se io non lo vedevo non significava che anche per Guisgard fosse così... Compresi che c’era poco tempo, persino meno di quanto avessi pensato! Ma cosa fare? Cosa stava dicendo Guxio al cavaliere? Poi, improvvisamente, la risposta... Citazione:
Mi si gelò il sangue: Guxio voleva me! Voleva me perché, se io non ci fossi stata, sarebbe stato più facile convincere il cavaliere a seguirlo... Voleva me perché, se lui avesse ceduto e mi avesse consegnata, sarebbe stato spacciato e sarebbe rimasto per sempre in suo potere... E allora c’era un’unica cosa da fare... occorreva sorprenderlo! Occorreva sconvolgere la sua mente a tal punto da spingerlo a reagire e a trovare in sé la forza di cacciare Guxio... perché -e lo capii in quel momento- quella era la sua mente, era il suo sogno e nessuno se non lui stesso poteva opporsi al male che voleva entrarvi... E l’idea mi balenò in mente come un lampo! ‘No!’ urlò, immediatamente la voce di mia madre nella mia testa, tanto forte che mi fece sobbalzare. ‘Devo farlo!’ le risposi. ‘E’ una pazzia... non dimenticare che tutto ciò che fai alla tua mente si ripercuoterà inevitabilmente sul tuo corpo!’ ‘Se tutto va come credo...’ replicai ‘ci sveglieremo entrambi prima che sia troppo tardi!’ ‘Non puoi esserne sicura!’ mi ammonì la voce della mamma ‘Dipenderà solo da questo cavaliere, e se lui non ne fosse capace... se non si rivelasse abbastanza forte per...’ ‘Lo sarà!’ la interruppi ‘Io mi fido di lui!’ Così la voce di mia madre tacque. Io, allora, concentrai tutta me stessa in quell’idea, vi entrai e la resi chiara, palpabile... tanto palpabile che un istante dopo una fitta lancinante di dolore mi colpì al fianco sinistro, tanto da farmi mancare l’aria per un lungo istante. “Guisgard!” dissi, poi, allungando una mano verso il suo volto, in modo che tornasse a guardare me e non qualunque altra cosa fosse al suo fianco “Guisgard... lui è qui vicino e vuole farci del male! E’ Guxio! Devi ascoltarmi, devi sforzarti di credere alle mie parole... lui si dirà tuo amico, forse, ma non lo è! Guarda... guarda cosa vuole fare...” Così dicendo sollevai l’altra mano, che avevo tenuto stretta sul fianco ferito e la mostrai al cavaliere... era piena di sangue, così come il mio abito, sul quale una macchia rossa si stava allargando rapidamente. “Solo tu puoi combatterlo, Guisgard! Non cedere alle sue lusinghe, ti prego, non credere a quello che ti dice...” La terra tremò appena sotto i miei piedi e per un istante vacillai... probabilmente la ferita doveva essersi aperta anche sul mio corpo, proprio come aveva detto la mamma, rendendomi più debole... ora sarebbe stato più difficile mantenere quel contatto, più sangue perdevo e più sarebbe stato difficile... “Non abbiamo molto tempo...” mormorai, la voce leggermente tremante “Rifletti... Ricorda... Ricorda la nostra fuga... Ricorda le martiri... Ricorda Gila... Tu puoi sconfiggere Guxio, io so che puoi! Io credo in te!” |
"Sono curioso di vedere" mormorò Bumin voltandosi verso Morven "di quale morte perirete qui sotto..."
Se non foste anche voi della stessa pasta, sono certo che quegli assassini vi ucciderebbero in un sol colpo pur di non sentirvi predicare tutto il tempo! Si girò di colpo, udendo la risata beffarda di Dukey, proprio vicino a lui... e questo qui? cosa avrà da ridere così, adesso? E avrebbe anche detto qualcosa all'indirizzo di Dukey, se le parole del Cappellano non lo avesso ricondotto all'ordine. Si sforzò di tacere e seguì con sguardo attento lo sguardo del chierico, che si era spostato verso il centro della sala e aveva preso a sfogliare uno strano libro che troneggiava su un largo tavolo. Il volto del Cappellano si contrasse per il disgusto. Morven fece per ansargli accanto, ma proprio in quel momento si udirono dei passi in lontananza. Nello stesso istante Samsagra si illuminò e cominciò a vibrare intensamente. Morven si fermò, come se non riuscisse più a muoversi. Chinò lo sguardo verso la sua spada ed istintivamente ne accarezzò l'elsa, e un attimo dopo cominciò nervosamente a guardarsi intorno, alla ricerca della fonte di quel mutamento. Il rumore di passi si andava vacendo sempre più vicino... la voce di Samsagra cominciò a distendersi come un urlo sottile, stridulo e soffocato... un urlo che stava diventando sempre più insopportabile alle orecchie di Morven... straziante e impossibile da allontanare! Morven si girò di scatto verso il punto da cui sembrava provenire il rumore e si parò davanti al Cappellano e ai suoi compagni, ansioso di vedere cosa stava per accadere loro in quel luogo d'inferno. |
Quella sala, tanto misteriosa quanto angosciante.
La debole luce delle candele, le sbiadite ombre sulle consumate pareti, il rumore delle vecchie pagine di quell'antico libro sfogliato dal Cappellano. E poi quei passi. Sempre più vicini. Tutti furono colti dall'ansia. Un attimo dopo comparve sulla porta una piccola figura. Era una bambina. Aveva indosso abiti consumati ed i suoi piedi erano nudi. Lunghi capelli scuri come la notte avvolgevano il suo piccolo volto, sporco e spaventato. "Mammina..." mormorò fissando tutti loro "... dov'è la mia mammina...?" |
Una bambina! Quei passi, che per alcuni istanti avevano angosciato il cuore di tutti i presenti, erano i passi di una bimba... il faccino sporco e gli occhi bagnati di lacrime mentre chiedeva della sua mamma straziarono l'animo di Gaynor, che per un attimo dimenticò tutto il resto. Di slancio le si inginocchiò davanti e se la strinse al seno, accarezzandola e mormorandole parole di conforto. "Non aver paura, piccola mia, la tua mamma la troveremo presto... Qui sei al sicuro, non c'è nessuno che vuol farti del male... piccola cara, adesso ti portiamo fuori da qui..." Gaynor si alzo in piedì e prese la bambina in braccio. I suoi compagni non avevano ancora pronunciato parola, forse troppo stupiti dall'aver trovato una bambina in un luogo infestato dal male. E in un luogo così, magari dopo essere anche scampata alla morte per chissà quale miracolo, quella piccina non doveva starci nemmeno un minuto di più. Bastarono pochi secondi affinchè Gaynor prendesse una decisione. Si rivolse al giullare e gli disse: "Iodix, questa bambina non può restare oltre in un posto maledetto come questo. Bisogna portarla via, ed io mi fido completamente di voi. Lo so che il vostro scopo era quello di trovare il vostro padrone, ma come io mi fido di voi, voi dovete fidarvi di me ora che vi dico che farò quanto posso per trovarlo e riportarvelo sano e salvo. In questo momento, però, bisogna pensare alla bambina e riportarla in un luogo sicuro dove possa essere accudita come merita. Non posso certo ordinarvi nulla perchè non è mio potere farlo, ma ve lo chiedo con il cuore, accompagnatela voi e assicuratevi che le sia dato conforto."
Detto questo, si rivolse alla bimba con tono dolce e rassicurante: "Adesso ti riportiamo a casa e nessuno ti farà piangere più... cercherò io la tua mamma, vedrai che tutto andrà bene, stai tranquilla... Piccola cara, qual'è il tuo nome? Vuoi dirci qualcosa prima di andare a casa?" |
"Admeto, nonostante il dono di Apollo, non trovò alcuno disposto a morire per lui..." recitava il bardo accanto al fuoco"... e mestamente se ne tornò nel suo palazzo, rassegnato ormai a morire di li a poco...”
Il suono della sua lira vibrava delicatamente, accompagnato dal fuoco lento che ardeva nel camino. “E quando il re di Fere fu nel suo palazzo” continuò il cantore “vide sua moglie Alcesti sulle scale che l’attendeva… la donna era bellissima come non mai ed aveva in mano un calice pieno di veleno… io muoio per Admeto... sussurrò, sorridendo all’amato marito, prima di bere il mortale contenuto del suo calice…” Il duca applaudì, insieme a tutti i baroni presenti e lodò il racconto di quel bardo. E per tutta la notte nel castello ducale si festeggiò, tra canti, balli e motti gagliardi. Ma i festeggiamenti erano solo all’interno del castello. Fuori vi era un deciso assedio, che cingeva come una morsa l’intero maniero. E tra una pioggia di dardi incandescenti, i due correvano verso il bosco. “Sono stanca, Guisgard…” ansimava Talia, tirata per una mano da Guisgard. “Manca poco, dai…” rispose lui. “Ma dove stiamo andando?” “In una grotta nel bosco. Lì saremo al sicuro…” “Fermiamoci solo un istante, ti prego…” chiese lei stravolta. “Va bene… ma solo per qualche momento…” Guisgard allora si accostò ad un albero tentando di vedere a che punto fosse la battaglia, quando un sibilo tra i rami fu notato da Talia. “Attento, Guisgard!” Gridò, spostando il cavaliere dal tronco. “Qui non siamo al sicuro…” disse lui “… dai, riprendiamo la via per il bosco.” “Ah… Guis… gard…” “Talia!” Gridò lui, prendendola fra le sue braccia prima che la ragazza cadesse al suolo. Fu allora che il cavaliere si accorse del suo fianco ferito. Una macchia di sangue si allargava sul vestito, mentre la Talia perdeva a poco a poco il suo bellissimo colorito. Un lungo corteo attraversava il borgo, pregando e lamentandosi per il dolore. Al castello ducale lunghi teli neri scendevano dalle merlature e dai bastioni e la campana della cappella annunciava una messa solenne. Guisgard era fuori la stanza, col viso basso e le mani fra i capelli. “Quella freccia era destinata a me…” mormorava. “Chi può dirlo…” rispose la vecchia. “Sarei dovuto morire io…” “E perché mai?” Chiese la vecchia. “Si è sacrificata per me…” “Questo cosa vuol dire?” Domandò la vecchia. “Anche un amico darebbe la vita per salvare un compagno.” “A maggior ragione allora!” Rispose quasi con fastidio il cavaliere. “Non voglio essere debitore verso nessuno per ciò che non mi appartiene!” Si alzò allora di scatto e cominciò a passeggiare nel corridoio. “Non volevo alterarti…” si scusò con un ghigno la vecchia. “Dimmi…” voltandosi Guisgard verso di lei “… si salverà?” “Perché vuoi saperlo?” Domandò la vecchia. “Tanto, anche se così fosse, non resterà con te…” “Cosa devo fare?” Chiese il cavaliere. “Per farla vivere o per averla?” “Cosa devo fare affinché si salvi?” “Non resterà con te, lo sai…” “Dimmi cosa devo fare!” Esclamò, quasi incurante, Guisgard. E la vecchia si abbandonò ad una delirante risata. |
"Io..." mormorò la piccola visibilmente impaurita "... io mi chiamo Lyan..."
"Nessuno uscirà di qui!" Sentenziò Bumin, prima che Iodix potesse rispondere alla richiesta di Gaynor. "E mandare qualcuno a perdersi nel bosco è escluso! Siete tutti sotto i miei comandi, in nome di lord Frigoros, signore di Cartignone!" "Sir Bumin ha ragione, credo..." intervenne il Cappellano "... mandare qualcuno indietro può essere molto rischioso... questo bosco pullula di nemici..." "E poi, per quanto ne sappiamo, la madre di questa bambina potrebbe essere già morta!" Esclamò Bumin. La piccola Lyan allora, a quelle parole del cavaliere, si strinse al collo di Gaynor e cominciò a piangere forte e a tremare. |
Morven seguì quella scena sempre più turbato.
Gettava rapide occhiate a Gaynor, quindi a Samsagra, come se fosse un oggetto diviso tra due forze di attrazione uguali e contrarie. Samsagra continuava a gemere e a lanciare intorno cupi bagliori di smeraldo, ma nessuno poteva nè vederla nè sentirla, e questo Morven lo sapeva bene... ... il male era vicino... ma da che parte? Morven fissò la bambina... possibile? è mai possibile? Eppure Samsagra era infallibile, e quindi il male era presso di loro! Si girò verso Gaynor, ben cosciente che la reazione della dama sarebbe stata di certo fiera e risoluta, ma si ripetè che non poteva tacere. "Signora," disse "lasciate quella creatura e non permettetele di starvi così vicina! Non sappiamo cosa possa essere, nè quale aspetto il male abbia deciso di assumere! Lasciatela subito, vi dico!" |
Nello stesso momento, in un'altra zona del bosco, Belven, Cavaliere25, Goldblum ed i loro uomini erano giunti presso quel misterioso pozzo.
"Di chi sarà questa voce?" Chiese Belven. "Resta con noi, Cavaliere25!" Gridò poi all'amico. E ad un tratto dalla vegetazione apparve una ragazzina. Canticchiava e si avvicinava al pozzo. "Chi siete, miei signori?" Chiese appena si accorse di quegli eroi che la fissavano. |
I topi.
Scappavano in massa seguendo la corrente del canale. Correvano verso l'uscita. Verso la libertà. O una possibile libertà. Gila li guardava, stringendosi nel suo mantello. Il freddo infatti era aumentato. Era solo il nano. Guisgard e Talia erano li vicini, eppure lontani, in un mondo fatto da illusioni, di inganni, un mondo fatto per confondere e smarrire chi osava attraversarlo. Gila si alzò per camminare. Muoversi l'avrebbe aiutato a riscaldarsi. Fissava Guisgard. "Svagliati..." pensava, anzi invocava "... svegliati ed usciamo da questo posto..." Ma il cavaliere sembrava dormire, incurante di tutto il resto. I ragazzini correvano spensierati verso il lago. "Chi arriva prima allo Scoglio del Capitano" gridava Guisgard agli altri che tentavano di stargli dietro "potrà esprimere il desiderio!" Lo Scoglio del Capitano. Era li, a pochi metri dal piccolo molo. Una roccia informe e consumata dall'acqua, annerita dalle torce notturne dei pescatori e raschiata dalle catene dei galeotti che si rifugiavano sotto di essa per sfuggire ai loro carcerieri. La roccia aveva una crepa, nella quale, talvolta, finiva per incastrarsi qualche pesce. Liberarlo, secondo un'antica credenza, dava diritto ad esprimere un desiderio. Guisgard giunse per primo e saltando in acqua infilò il braccio nella crepa, gridando verso il Cielo: "Troverò ciò che cerco?" Ed un attimo dopo tirò fuori il braccio, stringendo nella mano un piccolo pesce che si dimenava. "Evviva!" Esclamò. Tutti gli altri esultarono con lui. Guisgard sorrise e poi ripose in acqua quel pesciolino. "Cosa hai chiesto?" Domandò uno dei ragazzini. "Non rivelarlo, Guis!" Ammonì un altro. "Altrimenti non si avvererà!" Ma Guisgard era troppo felice per ascoltarli e restò a fissare le acque dello sterminato lago fino a quando il Sole non finì per spegnersi dentro di esse. http://commenti.kataweb.it/commenti/...age/270250.jpg |
Nel sentire le parole del cavaliere che si proclamava a capo della piccola spedizione, Gaynor sentì montare la collera dentro di se. "Io non obbedisco agli ordini di nessuno! Io non appartengo a Cartignone e Lord Frigoros per me non è altro che un nome. E in quanto a voi, Cappellano, preferisco risparmiare le parole, non è mio costume offendere uomini di chiesa. Questa bambina uscirà da qui, e per farlo non ho bisogno dell'approvazione di nessuno. Se non andrà il giullare, allora ci penserò io stessa e voi non potrete impedirmelo in alcun modo. O forse volete uccidermi pur di far rispettare un vostro ordine?" Gaynor si rivolse poi al bel cavaliere che le aveva intimato di lasciar andare Lyan: "In voi io leggo bontà e coraggio, ma dovrei leggervi anche chiaroveggenza per esaudire la vostra richiesta. Se continuando quest'avventura incontrassimo dei nemici, Lyan sarebbe troppo vulnerabile ed io non riuscirei a salvare entrambe. Se pensate che io possa lasciarla da sola in un posto come questo soltanto per il dubbio che possa essere la personificazione del male, ebbene, in questo caso vi siete sbagliato. Se il male alberga in lei, allora ne pagherò io le conseguenze, ma il giorno in cui io abbandonerò una bimba sola e impaurita in un bosco insidioso, questo giorno ancora non ha visto la sua alba." Mentre parlava, Gaynor non aveva smesso un solo istante di stringere Lyan, che le si era aggrappata al collo in cerca di protezione.
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Aprii gli occhi e subito dovetti schermarli con una mano contro la forte luce candida che riempiva l’ambiente. Sbattei un paio di volte le palpebre, perché gli occhi si abituassero e mi consentissero di guardarmi intorno... fu allora che notai una figura di fronte a me. Inizialmente ne distinsi appena gli esili contorni in controluce, poi lentamente la riconobbi...
“Mamma!” dissi, sorpresa “Dove siamo? Cos’è successo? Che ci fai qui? Dov’è Guisgard?” Lei mi sorrise: “Una domanda alla volta!” disse con voce calma, come faceva quando ero piccola. Mi guardai intorno un istante, poi scelsi un compromesso: “Non sono più nella mente di Guisgard?” chiesi. Lei sorrise di nuovo: “Talia... Talia... che significato ha la tua domanda? Non si entra e si esce dai pensieri delle persone come da un edificio, perciò una mente bene organizzata può essere in molti posti e contemporaneamente in nessuno di essi. Credevo di averti insegnato almeno questo!” La osservai un attimo, ma rimasi in silenzio... ero molto confusa! “D’altra parte...” proseguì lei dopo un istante “La tua mente non è più così bene organizzata, non è vero? Ultimamente sei stata molto confusa, e poi hai perso molte delle tue certezze... tutto questo, credo, ti ha resa più vulnerabile!” “Non so di cosa parli...” dissi in fretta, troppo in fretta. Lei mi scrutò per un istante: “Lo sai benissimo, invece! Perché hai ferito la tua mente e di conseguenza il tuo corpo?” “Dovevo scuoterlo!” replicai “Quello era l’unico modo!” “Non era l’unico modo!” mi riprese “E’ stato semplicemente il primo che ti è venuto in mente! E’ stata un’azione emotiva, quindi... in altre parole, è stata un’azione dettata dal cuore e non dalla testa! E Guxio, ovviamente, se n’è accorto!” Abbassai gli occhi in fretta e rimasi in silenzio... ciò che mi bruciava maggiormente era riconoscere nelle sue parole quel fondo di verità che non volevo ammettere neanche con me stessa! “Che cosa devo fare adesso?” domandai, dopo un momento. “Mi chiedi che cosa devi fare?” le sue parole mi giunsero leggermente irritate “Non hai seguito i miei consigli fino a qui, cosa ti fa pensare che io possa aiutarti adesso?” Sollevai lo sguardo e la fissai: “Mi dispiace!” mormorai “Ma io credevo... Volevo... Il fatto è che lui... lui è...” “So che cosa volevi!” mi interruppe la donna in tono più mite, poi mi scrutò con infinita dolcezza e soggiunse: “So che cosa pensavi, che cosa pensi e so che cosa desideri... ma hai fatto una scelta e adesso devi affrontarne le conseguenze!” “E tu non lo puoi aiutare?” “Aiutare il cavaliere?” mia madre si strinse nelle spalle “E’ la sua mente: se non vi fa chiarezza da solo, nessuno può farlo per lui! E di certo non io!” mi osservò ancora un momento, poi soggiunse “Io potrei portare fuori te, tuttavia... Se lo desideri potrei farti uscire, in modo da poter curare quella tua ferita!” “Puoi far uscire me?” “Certo! Usciresti dalla sua mente e ti sveglieresti... prima che sia troppo tardi!” Rimasi per un istante immobile, poi scossi con forza la testa: “No!” dissi “Non lo posso lasciare da solo! Non voglio! Ci sveglieremo insieme... vedrai!” Mia madre sorrise: “Te lo auguro! In ogni caso... sono fiera di te!” Le sue ultime parole si dissolsero lentamente e io mi sentii scivolare via... Aprii gli occhi e mi guardai intorno: ero in una stanza riccamente arredata, adagiata su di un letto soffice e caldo... la mia ferita era di nuovo aperta ed era stata tamponata, tuttavia il fianco continuava a far male insistentemente, dal che compresi di esser tornata nel suo sogno. ...anche se in uno scenario diverso! Mi sollevai con fatica e cercai con gli occhi il cavaliere, ma non c’era. Il panico mi assalì... dov’era finito? Era con Guxio? Per quanto tempo era rimasto da solo con lui? “Guisgard!” chiamai a pieni polmoni, con la voce intrisa di quella viva agitazione “Guisgard... dove sei? Corri! ...Ti prego!” |
Gaynor appariva determinata.
Stringeva a sì la piccola Lyan, come a volerla proteggere da tutto e tutti. "Milady..." disse il Cappellano "... ragionate... nessuno vuol far del male a questo angelo del Signore..." e posò una mano sul braccio di Morven "... ma rimandondola indietro attraverso il bosco, anche se accompagnata da uno di noi, correrebbe comunque molti più rischi che restando qui... il nostro numero è anche la solo nostra unica forza... meglio restare uniti..." "Lord Frigoros" intervenne Bumin fissando Gaynor "è il signore di queste terre ed anche voi, fino a quando le calcherete, sarete sua suddita!" "Guardate! Nel libro cosa c'è... è un disegno! Sembra una mappa! E' della sorte un pegno!" Gridò Iodix, mostrando al gruppo ciò che aveva trovato tra le pagine del vecchio libro. |
Il Sole penetrava nel grande cortile, inondando quel vasto spazio ed illuminando ogni cosa con i suoi raggi dorati.
I grandi alberi che correvano lungo i muri di quel recinto proiettavano lunghe ombre che sembravano intrecciarsi fra loro, generando strane immagini di chiaro scuro sulle quali era facile fantasticare. Il cavaliere passeggiava svogliato, tirando via con dei calci i sassi che incontrava davanti a sè. Poi si voltò verso il portone e lo trovò aperto. "E' l'ora di uscita!" Gridò la sentinella. "L'ora di uscita!" "Ma tornate tutti presto, cavalieri." Si raccomandò il monaco. "Perchè il corteo parte domani all'alba." "Vedrete che io e Ermaus saremo puntuali." Rispose Guisgard. "No, lui no!" Sentenziò il monaco. "Solo i cattolici possono partecipare e portare sulle loro spalle la statua del santo!" "Ma lui è sempre stato un devoto cavaliere!" Esclamò Guisgard. "E' ortodosso e non è degno!" Concluse il monaco. "Ecco, questi sono i cattolici..." intervenne l'ombra. Guisgard non rispose e si incamminò per le strade. Qui c'erano festeggiamenti con canti e balli. Mercanti, bardi, attori girovaghi e mercati di ogni genere. "Bel cavaliere..." sussurrò una donna gettandosi al collo di Guisgard "... stanotte farà freddo, vuoi scaldarmi?" E rise forte. "Guisgard!" Chiamarono alcuni cavalieri da una taverna. "Siamo qui, vieni anche tu!" "Arrivo, amici!" Poi ad un tratto si arrestò di colpo. "Cosa c'è?" Chiese l'ombra. "Questa voce..." mormorò Guisgard "... è la sua..." "Ti sei sbagliato... qui c'è troppo chiasso per udire una voce e riconoscerla..." "Ecco... di nuovo... è lei... è Talia... mi sta chiamando..." "E' quello che vorresti sentire..." disse l'ombra "... è ciò che desideri... ma ti stai ingannando..." "No, è lei..." rispose il cavaliere "... è lei e mi sta chiamando... devo andare..." "Fermati ti dico!" Fece l'ombra prendendolo per un braccio. "Lasciami andare da lei!" "Non chiama te!" "Lasciami andare dalla mia..." "La tua cosa?" Domandò con un ghigno l'ombra. "Lasciami andare!" E si liberò dalla presa dell'ombra. Corse allora tra la folla, cercando di farsi largo, ma incontrava la resistenza di mille braccia. "Resta con noi, cavaliere..." dicevano diverse donne mischiate tra la folla. "Vedrai che ti divertirai con noi..." "Lasciatemi passare..." dimenandosi Guisgard "... toglietevi di mezzo..." Ma più lui cercava di avanzare, più quelle donne tentavano di ostacolarlo. "Lasciatemi, passare!" Urlava. "Lasciatemi passare!" "Lasciatemi passare!" Gridava nel sonno Guisgard. "Lasciatemi passare!" Gila allora si avvicinò al suo amico ed a Talia. E fu in quel momento che si accorse della fianco sanguinante di lei. "Che incanto è mai questo...?" Mormorò spaventato. |
E un attimo dopo la stanza si dissolse intorno a me...
I sogni di Guisgard si susseguivano frenetici, ormai, e mi sbalzavano da un luogo all’altro sempre più rapidamente. Questa volta mi sentii la testa girare forte: probabilmente -riflettei- ero diventata troppo debole per cercare di manovrare i suoi pensieri, ma ero ancora troppo lucida per non coglierne i radicali cambiamenti... Questo mi disorientava leggermente... Ad un tratto mi ritrovai in un’ampia strada affollata di persone... nessuno sembrava far caso a me, ma tutti mi camminavano intorno rapidamente, venendomi a sbattere addosso e sballottandomi dappertutto... Mi guardai intorno, ma del cavaliere ancora nessuna traccia... Eppure doveva essere lì da qualche parte... dopotutto quello era il suo sogno! “Guisgard!” chiamai di nuovo. A quelle parole notai alcune figure voltarsi verso di me... erano figure diverse dal resto dei passanti in quella strada: avevano un aspetto diverso e un’aria vigile... ciò che mi colpì, però, fu che ciascuno di loro, chi per un tratto e chi per un altro, mi ricordava Guxio! Mi si strinse lo stomaco... in fretta mi voltai e presi a correre nella direzione opposta... “Guisgard...” gridai di nuovo “Guisgard... presto!” |
Il Sole volgeva al tramonto e gli ultimi bagliori si ritiravano verso Occidente, lasciando mestamente l’altra parte del cielo.
La gente cominciava ad andare via e le strade si sfollavano lentamente. “E cucinerò per tutti loro!” Esclamò entusiasta Talia. “Per tutta la corte, suppongo…” rispose distrattamente Guisgard. “Certo e non sai che faticaccia mi toccherà fare!” “Allora non ti invidio.” Talia sorrise. “Vuoi venire anche tu?” Chiese poi. “E perché dovrei?” Rispose lui meravigliato. “Non vedo perché dovrei unirmi a voi… odio il chiasso e preferisco starmene da solo…” Lei chinò il capo e restò in silenzio per qualche momento. “Perché fai cosi?” Domandò senza alzare la testa. “Così come?” “Sei ombroso, schivo…” rispose lei “... freddo e distaccato…” Lui si voltò a guardarla senza rispondere nulla. Camminarono per un lungo tratto di strada senza dirsi nulla, fino a quando imboccarono una stradina laterale. “Ecco…” disse lei “… io abito poco più in la… grazie per la compagnia…” “Va bene…” mormorò lui guardando la stradina davanti a loro “... vuoi che ti accompagni?” “No, grazie…” con un sorriso lei “… mio padre sarà già ritornato e non ama gli sconosciuti… sai, ne vede tanti ogni giorno e…” “Va bene, va bene…” minimizzò lui “… allora va pure… a domani…” “Guisgard, volevo dirti…” sussurrò lei “… che sono stata bene stasera… grazie…” “Anche io…” sorridendo lui “… ora va, io aspetterò di vederti svanire in fondo alla stradina…” “E perché mai?” Domandò lei. “Ah, si… dimenticavo… tu sei il Primo Cavaliere!” Ridendo di gusto. “E sia, messere… vi concederò di soddisfare il vostro alto senso cavalleresco! Vegliate pure sui miei passi mentre mi allontano! Il mio strascico, per favore…” e fingendosi una gran dama si allontanò divertita. “Resterò qui perché non voglio essere io a lasciarti per primo…” disse fra se il cavaliere. “A voi, milady.” Rispose con un inchino Guisgard. “A domani, se Dio vorrà!” E restò a fissarla fino a quando non svanì nel buio della notte. “Guis…” “Gila, amico mio!” Disse il cavaliere. “Che ci fai qui?” “Io sono sempre con te…” rispose il nano sorridendo “… dimentichi che siamo come Orlando e Morgante!” “Ricordi ancora quella vecchia cosa che ti dissi!” Il nano sorrise di nuovo. “Resta con Talia…” disse “… non lasciarla sola…” “Veramente è lei che mi ha lasciato da solo…” rispose con un sorriso malinconico il cavaliere “…eh, già… andiamo a berci un goccio?” “Devo andare, Guis.” “Andare dove?” “Mi aspettano e si è fatto tardi… una vecchia amica…” “Noi siamo inseparabili!” Esclamò Guisgard. “Vengo con te… andiamo!” “No, devo andare da solo…” rispose con un sorriso il nano “… va da Talia…” In quel momento si udì una voce che chiamava il cavaliere. Era Talia che lo chiamava dal fondo della stradina. Guisgard corse verso di lei e la trovò accasciata a terra, sanguinante ad un fianco… “Talia! No!” Gridò nel sonno Guisgard. Gila lo fissava preoccupato, quando ad un tratto sentì dei passi che si avvicinavano. “Eccoli…” pensò il nano “… stanno arrivando… e non devono trovare Guisgard e Talia…” |
"Milady... ragionate... nessuno vuol far del male a questo angelo del Signore... ma rimandondola indietro attraverso il bosco, anche se accompagnata da uno di noi, correrebbe comunque molti più rischi che restando qui... il nostro numero è anche la solo nostra unica forza... meglio restare uniti..."
Alle parole del Cappellano, Gaynor si rese conto che con tutta probabilità egli aveva ragione... il bosco pullulava di nemici, se ne avessero incontrato anche un solo piccolo drappello sarebbero state perdute entrambe. Sentì poi il Cavaliere Nero (così aveva soprannomimanto fra se l'arrogante individuo che affermava di essere il capo) rivolgersi a lei con queste parole: "Lord Frigoros è il signore di queste terre ed anche voi, fino a quando le calcherete, sarete sua suddita!" e subito dopo udì anche Iodix esclamare: "Guardate! Nel libro cosa c'è... è un disegno! Sembra una mappa! E' della sorte un pegno!" Sempre stringendo a sè Lyan, Gaynor si rivolse dapprima al Cappellano: "Vogliate perdonare la mia irruenza, a volte l'impulsività mi porta a non ragionare. Credo abbiate ragione, sarebbe imprudente uscire da qui senza scorta... vediamo cosa ha trovato Iodix, poi decideremo come muoverci. In quanto a voi" disse poi indirizzando le sue parole al Cavaliere Nero "il discorso è diverso, non è certo l'impulsività a farmi affermare che io non ho padroni e non sono la suddita di nessuno. Vi pregherei dunque di non dimenticarlo quando vi rivolgerete a me la prossima volta, e mi auguro di non doverlo ripetere più in futuro." |
Guardai quella ragazzina e presi la parola e dissi non avere paura non vogliamo farti del male abbiamo sentito canticchiare e ci siamo incuiositi io sono cavaliere25 e ti come ti chiami dissi gentilmente guardando la ragazzina
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Era sempre più difficile riuscire ad interagire con Guisgard all’interno dei suoi sogni... la mia ferita bruciava sempre più ed il dolore spesso mi annebbiava la mente e mi rendeva difficile la concentrazione, lui al contrario sembrava diventare di momento in momento più forte e con sempre maggiore facilità mi trasportava da un sogno all’altro...
Inevitabilmente mi chiesi dove fosse Guxio e se anche lui trovasse qualche difficoltà nell’agire nella mente del cavaliere. Tuttavia, in quel momento, battei le palpebre e mi sforzai di restare in quel sogno... Lui era sempre di fronte a me, lo vidi inginocchiarsi e osservare con orrore la mia ferita... i suoi occhi mi sembravano spaventati, sconvolti perfino... e mi resi conto che, probabilmente, era soltanto colpa mia: in fondo avevo tirato molto la corda e forse avevo preteso fin troppo da lui, che non poteva esser preparato a simili interferenze nei suoi pensieri... Quel cavaliere che aveva dimostrato un grande coraggio, era vero, ma discernere nella propria mente tra un sogno vero ed uno manovrato da Guxio era ben altra cosa... chiunque avrebbe potuto venirne confuso: non era colpa sua. E poi io, che avrei dovuto esser la sua guida, forse non ero stata affatto all’altezza. Sorrisi debolmente al cavaliere, tuttavia, e presi la sua mano nelle mie... “Non temere...” mormorai “Non è niente! Va tutto bene... e andrà tutto bene, in qualche modo. Guxio non vincerà su di te, io non glielo permetterò!” Lentamente mi sollevai e posai un bacio sulla sua mano, ancora stretta tra le mie... “Andrà tutto bene!” ripetei, con voce carica di fiducia. |
Morven ascoltò in silenzio e con profonda attenzione le parole che Gaynor aveva rivolto a lui e subito dopo al Cappellano.
Quando infine la sentì rispondere con decisione e fierezza alla rude inposizione di Bumin... Brava ragazza! pensò... dategli ciò che si merità! E guardò la nobile dama con uno sguardo pieno di simpatia e di rispetto al contempo. Tuttavia, nonostante le parole della fanciulla l'avessero profondamente colpito, Morven, insieme a Gaynor, fissava anche la ragazzina che la dama stringeva ancora tra le braccia, e non riusciva ad allontanare da sè quel sentimento di angoscia e di ansietà che lo attanagliava. Samsagra continuava a pulsare e a lanciare intermittenti bagliori di smeraldo che solo lui poteva scorgere. Il pensiero di non poter condividere quel segno con nessun altro da una parte lo consolava, ma dall'altra lo abbatteva, chè sapeva che qualsiasi rivelazione Samsagra gli avesse fatto, non c'era modo di mostrarne i segni ai suoi compagni e di essere creduto. Quando udì l'asclamazione di Iodix e subito dopo l'invito di Gaynor che concentrò l'attenzione di tutti verso il giullare, Morven pensò che quell'istante avrebbe potuto essere quello propizio... propizio per mettere in atto l'idea rischiosa e avventata che gli era balzata in capo... rischiosa e avventata di certo, ma l'unica che avrebbe potuto dargli qualche risposta! Si avvicinò a Gaynor con discrezione e osò avvicinare le labbra al suo orecchio: "Milady, purtroppo non posseggo alcuna chiaroveggenza che possa consolare il vostro cuore... ma le vostre buone parole per me mi spingono a chiedervi anche la vostra fiducia! Lasciatemi, vi prego, fare una prova, e non indietreggiate e non stupitevi, per quanto bizzarre vi potranno apparire le mie azioni!" Così dicendo, si scostò appena da lei, guardò il visino spaventato della bambina per un istante, quindi estrasse Samsagra dal fodero. Sollevò la lama e la tenne dritta davanti agli occhi della piccola. "Non temere, piccina..." mormorò con voce tranquilla "Tocca questa lama... stai tranquilla, non ti accadrà nulla... metti le tue dita qui..." E così dicendo, avvicinò la lama di Samsagra alla mano della bambina. |
Gaynor vide il bel cavaliere avvicinarlesi e lo sentì sussurrarle delle parole all'orecchio. Dopo averlo ascoltato, la dama decise di accordargli fiducia poichè aveva da subito avvertito la bontà d'animo del giovane, per cui non gli si oppose quando fece la bizzarra richiesta di far toccare la sua spada a Lyan.
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La sala era illuminata appena a sufficienza e l'umidità aveva consumato le sue pareti.
Ma oltre a ciò, vi era altro che rendeva l'atmosfera insopportabile e sgradevole. Era quel senso di oppressione ed inquietudine che sembrava trasmettere quel luogo. Inoltre, la faccenda della piccola Lyan aveva fatto nascere malumori e sospetti fra loro. "Ascoltami, donna..." prese a dire Bumin a Gaynor "... questa non è la corte, nè qualche altro posto frequentato da effeminati cavalieri o rammoliti vari... ed io non sono mai stato portato per quegli atteggiamenti sdolcinati che si scambiano i vari parassiti che si vedono presso i vari potenti! A me delle regole cortesi e cavalleresche interessa ben poco! Io non ho altri valori o altra causa che non sia me stesso! Dunque, diciamocelo ora per non ripeterlo più in futuro..." aggiunse dopo un istante "... qui sono io il capo! La legge del più forte mi concede tale titolo! E chi intende negarlo, che sia uomo o donna, dovrà assaggiare la mia spada!" "Messere..." intervenne il Cappellano "... vi prego... la situazione è delicata e cerchiamo di restare lucidi! E poi, la nostra dama" indicando Gaynor "come tutte le donne è sensibile alle lacrime di una bambina indifesa... e sono certo che voi non volevate mancarle di rispetto, anche perchè..." "Taci, chierico!" Lo interruppe Bumin. "Conserva i tuoi sermoni per i bigotti e i fanatici che vengono ad onorarti nella tua chiesa! Io non perdo mai la testa, neanche quando la morte affila la sua lama sull'acciaio della mia spada! Ciò che ho detto è vero! Vero come il disprezzo che nutro per tutte le ipocrisie che rendono falso e vile questo mondo! Ed ora cerchiamo di capire dove siamo finiti e cosa dobbiamo fare!" Nel frattempo, a pochi passi di distanza, Morven pose la spada verso la piccola Lyan. Samsagra fino a quel momento aveva brillato in maniera costante ed ossessiva, ma appena la piccola toccò la sua lama quel verde riflesso di giada si spense all'improvviso. Morven in quel momento sentì un gran freddo nel suo cuore, senza capirne il motivo. |
Nello stesso momento, in un'altra zona del bosco, Belven, Cavaliere25, Godblum ed il loro uomini erano giunti presso un misterioso pozzo.
Pochi istanti dopo era comparsa una fanciulla. La ragazzina fissò per alcuni istanti quegli uomini, come impaurita dalla loro presenza, poi, tranquillizzata forse dalle parole di Cavaliere25, sembrò rasserenarsi. "Io..." mormorò "... io sono Anmery... vengo qui ogni giorno per raccogliere erbe aromatiche da portare ai miei genitori..." "Che posto è questo, Anmery?" Chiese Belven alla fanciulla. "E' la radura detta del Pozzo, cavaliere." "Capisco..." disse Belven "... e immagino che l'acqua del pozzo serva a lavare le erbe che raccogli, vero?" "No, mio signore!" Esclamò la fanciulla. "Non mi è permesso raccogliere acqua da quel pozzo! A nessuno in verità è consentito ciò!" "E perchè mai?" Chiese stupito Belven. "Perchè..." esitò la fanciulla "... perchè quel pozzo è... è maledetto!" |
Il mercato, con i suoi schiamazzi e le sue grida invadeva le stradine del vecchio borgo.
Il martedì mattina non era tale se il colorito e folcloristico trambusto di quel mondo non si diffondeva in ogni dove del centro abitato. “Frutti così dolci” disse la vecchia mentre metteva nel sacchetto quella frutta matura“non si trovano facilmente, ecco perché costano tanto.” “Non importa, buona donna…” rispose Guisgard “… era quello che cercavo! Ecco a te le monete che mi hai chiesto!” “Ci tenevate proprio tanto ad avere questa frutta, vero?” Chiese divertita la vecchia. “Si, assolutamente!” Esclamò raggiante il cavaliere. La vecchia sorrise intuendo il motivo di quella spesa dalla luminosità dello sguardo del cavaliere. Questi allora, presa la frutta, corse fuori dal borgo, verso il castello ducale, che come un gigante vegliava sul borgo e sulla campagna che lo circondava. Il fiero cavallo divorò la distanza che separava il centro abitato dal maniero del duca e Guisgard fu annunciato proprio dal nitrito del suo fedele destriero. “Bentornato, padrone!” Lo salutò un servitore. “Si è svegliata?” Chiese Guisgard. “Come sta?” “Credo si sia svegliata!” Rispose il servo. “Oggi c’è il Sole… ed è buon segno!” Guisgard fece le ampie scale di corsa, saltando a due a due i vecchi gradini, fino a giungere davanti alla stanza in cui era accudita lei. “Si è svegliata?” Domandò il cavaliere. “Si, milord…” rispose la suora proprio mentre usciva dalla stanza. “Come sta?” Chiese Guisgard. “Dite… ha chiesto di me?” La suora sorrise. “Sta meglio…” rispose “... controllate voi stesso…” Guisgard allora entrò nella stanza e trovò Talia sveglia. Guardava fuori verso la verde campagna, mentre un a lieve brezza da una delle finestre accarezzava i suoi lunghi capelli. La luce di quel soleggiato giorno sembrava adagiarsi come un velo sulla sua bianca pelle, donandole un tenero spruzzo rosato segno indiscutibile di una salute ritrovata. Il volto era sereno e lo sguardo rilassato. Guisgard restò fermo a fissarla, senza dire nulla. “Buongiorno, cavaliere…” disse lei voltandosi all’improvviso. “Come stai?” Chiese lui. “Meglio, il fianco non mi fa quasi più male…” sorridendo lei “… ma cosa hai lì?” “E’ frutta fresca…” rispose lui stringendo fra le mani quel sacchetto che sembrava possedere, per quel cavaliere, un valore inestimabile. “Te ne sei ricordato!” Esclamò lei, felice come una ragazzina. “Io ricordo tutto…” “Come è bella la campagna...” sospirò lei “… resterei a fissarla per giorni…” “D’Inverno è ancora più bella... soprattutto quando si ha la fortuna di giornate come questa… quando il vento soffia e spazza via l’umidità dall’aria…” “Ieri sera mi sono addormentata guardando il crepuscolo che l’avvolgeva... e ho visto le lucciole…” “Si…” fece Guisgard avvicinandosi alla finestra “… ricordo una volta ti parlai delle lucciole…” “Quando?” Chiese lei. “Tempo fa…” rispose lui fidando fuori dalla finestra “… ma forse ora tu non ricorderai… o, chissà, forse era un’altra storia... o un altro sogno…” Lei sorrise. “E cosa mi raccontasti riguardo alle lucciole?” “Nulla di che…” rispose lui con un sorriso malinconico “… ora mangia, così potrai riposarti ancora un po’…” “Le lucciole!” Gridava il bardo nel cortile salutando il crepuscolo. “Le lucciole conoscono l’arte di Amore, mio signore!” Guisgard, insieme agli altri cavalieri, lo ascoltava sorseggiando dal suo calice. “Le lucciole, amici miei…” continuava il bardo “… sapete come fa la femmina ad attirare il maschio? Semplice… comincia ad illuminarsi e poi a spegnersi! E’ questo il suo richiamo d’amore! Ah, se imparasse l’uomo dalla natura! Ah, Amore, mio signore!” Ad un tratto Guisgard si sentì chiamare. Era Talia, affacciata dalla sua finestra. Gli sorrideva e giocava con la luce di una candela. “E’ notte” mormorò l’ombra nell’orecchio di Guisgard “ecco perché ha quella candela… non per altro, amico mio…” Ma all’improvviso si udirono delle grida. “Aiuto!” Gridava Talia! Aiutami, Guisgard!” “Qualcuno è entrato nella stanza di Talia!” Gridò un servitore. “Allarme! Tradimento!” Guisgard corse rapido fino alla stanza della giovane, ma la trovò vuota. E dalla finestra vide che la portavano via. Solo l’intervento dei suoi cavalieri evitò che saltasse giù da quella finestra. “Lasciatemi, cani!” Gridava contro i suoi stessi compagni. “Calmati, Guisgard!” Gli dicevano questi tenendolo quasi a fatica. “Calmati, o cadrai dalla torre!” “Lasciatemi o sarà tardi!” Si dimenava il cavaliere. “Lasciatemi o vi infilzerò! Talia!” “Talia!” Urlò con rabbia e dolore Guisgard. Ma Gila fissava ormai il fondo di quel passaggio. “Arrivano…” pensò. Ad un tratto un nutrito gruppo di Atari apparve, lanciandosi sui tre. Uno di loro tentò di infilzare Guisgard con la sua lancia, ma il nano difese il suo compagno con ardore. Ma erano in troppi ed uno di loro lo trafisse alle spalle, facendolo accasciare proprio sul suo compagno. “Maledetto nano traditore!” Inveì uno di quelli, dando a Gila altre due coltellate. “Che l’Inferno ti inghiotta!” “Prendiamo la donna” disse un altro di loro “e portiamola al maestro come ci ha ordinato!” “E questo?” Chiese uno indicando il cavaliere ferito. “Ormai è spacciato! Probabilmente non si sveglierà nemmeno più dal suo sonno di morte!” E sparirono nel buio di quel passaggio, portando Talia con loro. |
Ascoltai la discussione tra la fanciulla e Belven e dissi come sarebbe a dire che è maledetto domandai guardando la fanciulla poi continuai non devi aver paura di noi Anmery siamo delle persone buone noi non malvage raccontaci la storia di questo pozzo aggiunsi e aspettai
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