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I pensieri di Gaynor furono interrotti dalla parole di Guisgard a lei rivolte: "Milady, avete perso la vostra audacia? Volevate attraversare il bosco da sola senza tradire la minima preoccupazione... ed ora invece vi lasciate intimorire da una stupida musica lontana? Suvvia, sarà stata di certo la mia ocarina ad avervi rattristato! Ora faremo suonare qualche allegro verso al nostro stolto giullare! Vero, Iodix?"
"Milord..." rispose Gaynor quasi sussurrando, "... vi ho raccontato che al mio arrivo a Cartignone Iodix mi offrì ristoro... ebbene, quando mi addormentai feci uno strano sogno. Era la festa di San Vito ed io mi trovavo su una scogliera a guardare il mare. Voltandomi, dietro di me vidi un cavaliere che suonava l'ocarina e, quando lui smise, una frotta di topi invase le strade... Capite ora il perchè del mio sgomento? Vi ho sognato ancor prima di conoscervi e non riesco a spiegarmi come questo sia possibile... voi e i topi... Che sia stato un presagio? Ho paura, Guisgard..." Gaynor si accorse di averlo chiamato per nome, per la prima volta... "... ho paura di ciò che non riesco a comprendere..." In quel momento, il Cappellano parlò: "Cavaliere... nel buio, guardate... sembra una porta..." "Forse ora, cavaliere..." mormorò la piccola Lyan fissando Guisgard "... scoprirai chi suonava quella musica lontana..." |
E mentre Cavaliere25 gridava e si dimeneva, uno dei due lo colpì con un violento calcio alla pancia.
"Tranquillo..." disse uno dei due "... la tua richiesta verrà esaudita e morirai presto!" "Ed anche la tua amica farà la stessa fine..." aggiunse l'altro. "Anche se in maniera molto più lenta e dolorosa!" Concluse il primo. Ed entrambi scoppiarono in una insopportabile risata, davanti alla disperazione ed al dolore di Cavaliere25. |
"I sogni..." mormorò Guisgard "... ho smesso di crederci nello stesso istante in cui ho smesso di farne... milady..." voltandosi verso Gaynor "... questo luogo è ricco di incanti e stregonerie... avete fatto un grosso errore ad avventurarvi in questa storia... quel sogno era solo un oscuro presagio a tutto questo..."
"Lei ha paura..." disse Lyan abbracciando Gaynor e baciandole il capo "... perchè ora non apri quella porta? Forse perchè anche tu ne hai, cavaliere?" Guisgard allora si avvicinò alla porta. Si voltò di nuovo verso i suoi compagni e poi, con un gesto che sembrava dettato solo da cieco istinto, aprì di colpo la porta. Un lungo corridoio si aprì davanti a loro. Due file di torce su ambo i lati illuminavano quel passaggio. E tante celle, chiuse da robuste sbarre di ferro, si affacciavano in quel corridoio. "Cos'è questa puzza terribile? E' disgustosa ed insopportabile!" Si lamentò Iodix. "Questo..." mormorò Guisgard "... questo fetore..." E corse verso quelle celle. E quando fu al centro del corridoio, non ebbe più la forza di andare avanti. "Le hanno..." tentò di dire tossendo per il disgusto "... le hanno uccise tutte... ed ognuna in maniera differente... ma tutte in un modo inumano..." Il Cappellano allora si avvicinò alle prime celle del corridoio e quando si rese conto del loro contenuto chinò il capo segnandosi più volte. "Cosa accade, padrone? Cosa c'è in questa prigione?" Chiese Iodix senza avere il coraggio di avanzare e scoprirlo egli stesso. "Le hanno uccise tutte!" Gridò Guisgard. "Tutte! Macellate come fossero bestie!" |
Nello stesso momento, una carrozza, rapida, correva attraverso il bosco.
Il mondo all'interno di quell'Inferno sembrava essersi fermato, ma fuori il Sole, la Luna e tutti gli astri del cielo continuavano a scandire lo scorrere eterno e perpetuo del tempo. Tra i suoi tre passeggeri regnava un irreale silenzio. Guxio sembrava assorto da oscuri pensieri e guardava costantemente nel vuoto. Bumin invece fissava Talia. I suoi occhi sembravano animati da ambigui desideri. E di tanto intanto accennava un lieve sorriso che pareva nascondere ancor più indicibili bramosie. Ad un tratto il folto bosco terminò e la carrozza giunse alle porte di Cartignone. "Ora arriveremo a palazzo..." disse Guxio a Talia "... ricordate solo ciò che è accaduto... sir Bumin vi ha liberata... della vostra prigionia ricordate ben poco... al resto penserò io... e badate di non tradirvi o basterà un mio cenno ed i vostri compagni saranno cibo per ratti!" Poco dopo la carrozza si fermò davanti al palazzo di Cartignone. I tre scesero e subito furono accolti da una sorta di corteo, fatto di paggi e servitori. E accompagnato da alcuni baroni, lord Frigoros corse incontro ai tre. "Talia, figlia mia!" Disse commosso, stringendo la giovane a sè. "Sarei di certo morto se anche tu mi avessi lasciato come Eileen... tu mi sei cara come una figlia!" |
Quello spettacolo orribile ed inumano.
Decine di corpi mutilati con una rabbia senza eguali, sventrati con una ferocia che sembrava sottostare a qualche oscuro rituale, il tutto a soddisfare un odio che pareva primordiale. Così apparivano quei corpi che tradivano chiaramente i tormenti che avevano accompagnato quelle sfortunate negli ultimi momenti delle loro esistenze. I ratti avevano già invaso quelle celle, facendo di quei corpi i loro pasti. Guisgard si guardava intorno, in balia di rabbia, odio e disperazione senza fine. "Questo... questo incubo..." tentò di dire "... sembra non avere fine... no... non avrà mai fine..." In quello stesso istante, dal lato opposto del corridoio, emersero i responsabili di quello scempio. Armati con i loro lunghi coltelli, i feroci uomini tatuati si lanciarono verso di loro. |
mi accasciai a terra e dissi maledetti qualcuno vi punirà per tutto questo male s rimasi a terra non potevo fare nulla erano piu forti di me ero indifeso e solo non avevo altra via di fuga
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Vi sono momenti in cui ogni gioia e ogni possibile felicità sembrano averci abbandonato, momenti in cui non vediamo niente di fronte a noi che non sia dolore e paura, momenti in cui ci sentiamo sull’orlo di un cieco abisso di disperazione e non osiamo neanche respirare perché si è certi che questo basterebbe a farci precipitare... e io, probabilmente, in quel momento avrei preferito precipitare in quel cieco oblio, avrei voluto semplicemente dissolvermi nell’aria e scomparire dal mondo per non esser costretta a fare alla mia città ciò che, invece, stavo per fare. Ma non potevo! Non potevo perché, se mi fossi gettata nel precipizio, Guxio non avrebbe esitato a mettere in atto le sue minacce...
Il silenzio regnava denso e pesante in quella carrozza, ma io non ci badavo. Avvertivo lo sguardo di Bumin su di me, ma neanche a questo badavo. Tenevo gli occhi fissi fuori dal finestrino e guardavo gli alberi correr via rapidi man mano che ci avvicinavamo a Cartignone... e un solo volto e una sola voce riempivano ogni angolo della mia mente: il volto e la voce di un cavaliere conosciuto per sbaglio in una lontana sera a Cartignone ed entrato nei miei pensieri senza che quasi me ne rendessi conto... Perdonami per averti trascinato in questo inferno... continuavo a ripetere al suo ricordo ...perdonami per averti procurato tanti guai, perdonami per non aver mai ammesso che tu avevi ragione, per non averti voluto ascoltare quando dicevi che era una pazzia avventurarsi in quest’impresa, perdonami per non aver mai avuto il coraggio di ammettere quanto tu per me fossi... Mi bloccai, perché persino il solo pensare a ciò era troppo doloroso ormai. ‘Morirà lo stesso...’ sibilò una subdola vocina nella mie mente ‘Moriranno tutti! Guxio non manterrà mai la parola, lo sai benissimo!’ No... ribattei a quella vocetta ...Non morirà! Ucciderò Bumin, Guxio e chiunque altro oserà anche solo pensare di fargli del male! ‘Non lo farai! Non potrai farlo, perché loro ti terranno in pugno e tu non sarai che un burattino nelle loro mani!’ Non sarò mai un burattino... ‘Lo sarai dopo anni di privazioni, di paura e di abusi... Lo sarai, al punto da non avere più la forza per ribellarti!’ No... ribattei di nuovo, ma sempre più piano. E lentamente una calda lacrima mi scivolò involontariamente sulla guancia. La voce di Guxio, improvvisamente, mi riscosse dai miei pensieri... Citazione:
Il resto successe tutto in fretta: la carrozza che attraversava la città e si fermava di fronte al palazzo, noi che scendevamo, il corteo dei paggi, le grida, la festa, i baroni che uscivano... Finché mi ritrovai stretta tra le braccia di un commosso lord Frigoros. Di nuovo non dissi niente... scivolai però a terra, presi la sua mano tra le mie e la baciai, chinando la testa mentre calde ed inarrestabili lacrime mi bagnavano il viso. Possiate perdonarmi, mio principe, per ciò che farò... fu tutto ciò che riuscii a pensare. |
Alla vista di ciò che si celava dietro la porta, Gaynor rimase impietrita... Nemmeno in mille anni avrebbe creduto che la ferocia umana potesse compiere un tale massacro della carne e della dignità. Ed in nome di cosa, proprio non riusciva a spiegarselo. Si fece il segno della croce, mentre lacrime di pietà e di impotenza cominciarono a rigarle il volto, bagnando i capelli di Lyan che lei teneva saldamente stretta al seno, impedendole di vedere quello scempio. Indietreggiò di qualche passo quando si accorse della miriade di topi riversi nelle celle che, emettendo degli orribili squittii, banchettavano con ciò che restava di quelle povere creature... Eccoli, i topi... Ebbe giusto il tempo di formulare questo pensiero, quando dal corridoio in fondo sbucarono coloro i quali avevano evidentemente provocato quell'orrore, grossi uomini tatuati e armati di coltelli. In un lampo, Gaynor si avvicinò al giullare e gli posò Lyan tra le braccia. "Iodix, svelto, restituitemi il pugnale che vi diedi e badate alla bambina. Se occorre buttatevi in una delle celle, ma copritele gli occhi affinchè non veda. La spada vi è sufficiente, nella mia mano un pugnale in più significa un nemico in meno..."
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Cavaliere25 era a terra, sulle fredde pietre di quella cella.
Il calcio subito faceva male, ma era la disperazione per il destino di Giselide ad essere insopportabile. Ad un tratto un fischio proveniente dal corridoio richiamò i due uomini tatuati. "Presto, ci stanno chiamando!" Disse uno dei due. "Sembra sia giunto il momento di entrare in azione!" "Finalmente! Sento già il richiamo del sangue di quegli infedeli!" Rispose l'altro. "E dopo penseremo anche a questo miserabile!" Aggiunse indicando il giovane arciere. E corsero fuori dalla cella. E rimasto solo, nello sconforto più totale, Cavaliere25 cominciò a sentire qualcosa. Grida miste a pianti. E tante voci di donne sembravano accavallarsi nella sua mente. E fra queste, al giovane arciere parve di udire anche quella di Giselide che lo chiamava disperata. Era davvero lei? O solo i lamenti provenienti da un Inferno che cominciava ad aprire le proprie porte a tutti loro? |
Nello stesso momento, nel Corridoio delle Martiri, si stava per scatenare uno scontro furioso.
"Siamo attaccati!" Gridò ai suoi Guisgard. Allora, estratta la spada, si lanciò nella mischia. In un momento grida e rumore di armi animarono quell'ambiente. "Morven, affiancatemi!" Ordinò Guisgard. "Dobbiamo difendere il resto del gruppo!" Ma il cavaliere non aveva fatto i conti con l'inaspettata abilità di Gaynor. La ragazza con coraggio affrontava gli uomini tatuati, senza tradire paura e mostrando una capacità di maneggiare le armi non indifferente. Ma in quello stesso istante, alle loro spalle, altri uomini tatuati si unirono ai loro compagni, chiudendo i nostri eroi in una morsa. "Siamo perduti..." pensò Guisgard mentre tentava disperatamente di respingere quegli attacchi. Ad un tratto una parete si aprì ed una voce chiamo Guisgard: "Presto, di qua! Porta tutti qui dentro!" Il cavaliere allora, mentre menava fendenti per tenere dietro gli attacchi di quei fanatici, fece segno ai suoi di entrare nel passaggio da cui proveniva quella misteriosa voce. E dopo che tutti furono dentro, anche Guisgard fece lo stesso. Un attimo dopo la parete si chiuse alle loro spalle. "Per un pelo!" Disse Dukey. "Tu? Cosa ci fai qui?" Chiese stupito Guisgard. "Ti credevo a Cartignone!" "Beh..." rispose Dukey "... in verità ho provato ad uscire da questo posto, ma credo di essermi perso e vagando, per caso, ho scoperto questa stanza. E quando ho sentito il rumore dei combattimenti ho cominciato a cercare un varco nella parete... fino a quando ho scoperto il passaggio segreto che vi ha permesso di entrare qui!" |
La musica di Samsagra continuava ad avvolgerlo, e insieme a tenere svegli i suoi sensi. Era come se quella voce lo obbligasse a restare vigile e pronto.
Così li sentì immediatamente. Li sentì arrivare. Sentì il sibilo delle loro lame, come amplificato nella sua testa, e prima ancora che Guisgard si affrettasse a gridare al suo indirizzo, Morven aveva già sfoderato la sua bella spada. "Morven, affiancatemi!" gli stava proprio ordinando Guisgard "Dobbiamo difendere il resto del gruppo!" che già Morven si era lanciato contro i primi nemici che si era trovato davanti. Era la prima volta che combatteva veramente con Samsagra in pugno. La prima volta che usava quella lama per lacerare e affondare. La prima volta che la macchiava di sangue. Eppure ebbe l'impressione di averla sempre tenuta in pugno, come se fosse nato con quella spada, come se quell'arma fosse stata un naturale prolungamento del suo braccio. Morven menava fendenti senza mai guardare in faccia il suo nemico. La spada sembrava così leggera tra le sue dita che il giovane pensò perfino che avrebbe potuto continuare ad affrontare il nemico senza mai sentire alcuna fatica. Ma proprio in quel momento, in cui l'odore del sangue cominciava a stordirlo, Morven si sentì afferrare per un braccio e trascinare indietro, e se in un primo momento un vivo stupore gli impedì di reagire in ancun modo, un attimo dopo il giovane prese a scalciare e a dimenarsi per sfuggire a quella stretta. Gridò di rabbia, non capendo cosa gli stesse accadendo, e quale altro sortilegio lo avesse preso, ma poi udì un tonfo sordo alle sue spalle e la luce già scarsa gli parve ancor più fioca. D'un tratto il rumore concitato dello scontro si smorzò alle sue orecchie, e il braccio di Guisgard lo lasciò andare così d'improvviso che il ragazzo per poco non perse l'equilibrio, tanta era l'opposizione che aveva fatto a quella presa. Si girò di colpo, cercando attorno a sè qualcuno su cui sfogare la sua insoddisfazione per quella scaramuccia interrotta, e si trovò di fronte proprio la faccia di Dukey "Tu? Cosa ci fai qui?" chiese stupito Guisgard. "Ti credevo a Cartignone!" "Beh..." rispose Dukey "... in verità ho provato ad uscire da questo posto, ma credo di essermi perso e vagando, per caso, ho scoperto questa stanza. E quando ho sentito il rumore dei combattimenti ho cominciato a cercare un varco nella parete... fino a quando ho scoperto il passaggio segreto che vi ha permesso di entrare qui!" "Ah, ecco! Avrei dovuto aspettarmelo" esclamò Morven con rabbia malcelata "A chi altri poteva venire in mente di arrivare fin qui per rovinarmi la festa!" Fece qualche passo nervosamente, quindi menò un fendente che tagliò l'aria stantia della stanza con un sibilo. "Dannazione! Adesso non solo non potremo uccidere quei vigliacchi, ma siamo anche andati fuori strada!" |
In quella stanza avevano trovato un'inaspettata salvezza.
Era un'ampia sala, senza nessun mobile, tavolo o sedia. L'unica cosa che la caratterizzava erano i tanti specchi, tutti uguali, alle pareti. "Ho avuto paura..." mormorò la piccoila Lyan stringendosi al collo di Gaynor. "E' questo il modo di ringraziare chi vi ha appena salvato la vita?" Gridò Dukey a Morven. "Signori, vi prego..." tentò di calmare gli animi il Cappellano. "Dite che siamo fuori strada?" chiese Guisgard a Morven. "Siete davvero certo che quella appena lasciata fosse la strada giusta?" "Credevo che..." provò a dire il Cappellano. "Non so..." lo interruppe Guisgard "... ma a me sembrava tanto una trappola..." "Infatti..." intervenne Dukey "... la strada che stavate percorrendo non vi avrebbe condotto che a morte certa probabilmente... di sicuro non da lady Talia..." "Cosa intendi dire?" Domandò stupito Guisgard. "Che lady Talia non si trova in quella direzione." "Come fai a dirlo?" Chiese Guisgard. "Perchè l'ho veduta io stesso..." rispose Dukey "... si trova in un luogo situato più in profondità... è rinchiusa in una piccola stanza... credo sia destinata ad un sacrificio..." "Che tutta la Terra sia oggi stesso fulminata! Lady Talia come le altre verrà a morte torturata!" Esclamò spaventato Iodix. "Non perdiamo altro tempo, maledizione!" Gridò Guisgard. "Portaci dove è imprigionata!" "Calma, cavaliere..." mormorò Dukey "... quella stanza è ben custodita da almeno 4 di quegli uomini... inoltre è situata dopo un lungo corridoio e se andassimo tutti insieme ci scoprirebbero in un attimo..." "Allora andremo io e te!" Disse Guisgard. "Loro" indicando il resto del gruppo "fino a quando resteranno in questa stanza saranno al sicuro!" "E sia." Rispose Dukey. "Morven, li affido a voi!" Si raccomandò Guisgard. E mentre Guisgard pronunciava quelle parole, la piccola Lyan prese a fissarlo con attenzione. Allora il volto del cavaliere apparve riflesso in ciascuno degli specchi alle pareti. |
Nel frattempo, a Cartignone, c'era commozione e gioia per il ritorno di lady Talia.
Lord Frigoros fece preparare una sontuosa tavola con diverse pietanze, per dare ristoro ai tre appena tornati. "Rivedere colei che amo come una figlia" prese a dire il signore di Cartignone "è per me motivo di immensa gioia... benedico il Cielo per aver risparmiato Talia dal destino che toccò invece alla mia povera figlia..." "Il merito, mio signore..." intervenne Guxio "... è di sir Bumin che è riuscito a guidare le nostre truppe contro i responsabili dei rapimenti di quelle ragazze... il nostro cavaliere ha dato prova di coraggio e di altà fedeltà alla nostra città." Bumin si alzò ed accennò un lieve inchino. "Ho solo fatto il mio dovere, mio signore." Disse. "E gli altri temerari impegnati in questa impresa?" Domandò Frigoros. "Per ora risultano dispersi..." rispose Guxio "... ma non abbiamo perso del tutto la speranza di ritrovarli vivi... vedremo, mio signore..." e lanciò un'occhiata a Talia. "Ma, vi è qualche altra cosa che necessita della vostra attenzione" continuò Guxio "e del vostro consenso, mio signore..." "Di cosa si tratta?" Chiese incuriosito Frigoros. "Sarà lady Talia stessa a rivelarvelo, mio signore..." rispose Guxio. Si avvicinò allora a Talia e sottovoce le disse: "Avanti, tocca a voi... riferite a lord Frigoros che sir Bumin vi ha chiesto in sposa e che, amandolo alla follia, avete accettato... e guardatevi dal tradirvi, altrimenti la testa di un certo cavaliere trafitta dalla sua stessa spada vi sarà servita domani a colazione..." http://alicia-logic.com/capsimages/m...noldVosloo.jpg |
Non riuscivo più a distinguere le voci era come se ero stregato le voci venivano da lontano l'unico mio pensiero era di uscire di li e di riabbracciare la fanciulla alzai il capo verso l'alto e dissi se c'è qualcuno da lassù che mi veglia mandatemi un segno ho datemi la forza per uccidere questi miserabili e salvare quella povera fanciulla
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"Guisgard, fermatevi!"
La veemenza con la quale Gaynor pronunciò questa frase stupì anche lei stessa. Poco prima aveva combattuto contro quegli assassini coraggiosamente, senza tirarsi indietro, e il sangue che macchiava i suoi due pugnali ne era la testimonianza. Per la prima volta in vita sua aveva tolto la vita a delle persone, ma non provava rimorso perchè esse non avevano niente di umano, erano soltanto delle feroci bestie. Era stata ferita ad una spalla e, a giudicare dal dolore che provava e dal sangue che ne era sgorgato, il taglio doveva essere piuttosto profondo. Quando Dukey li avevi trascinati in quella stanza, Lyan le era saltata di nuovo in braccio provocandole una fitta alla spalla, ma lei era così felice di vederla sana e salva che non ci badò. Il sollievo per essere scampati al pericolo durò poco, giusto il tempo di udire le parole di Dukey, per poi avere la sensazione forte di essere caduti dalla padella alla brace. C'era qualcosa che non quadrava in quel discorso. Nella personalità di Dukey anche. Fu per quello che intimò a Guisgard di fermarsi. "Vi prego Guisgard, non seguitelo... Morven, sono certa che la vostra sensibilità vi porterà a pensare le stesse cose a cui penso io adesso, per cui vi prego di tenere d'occhio questa sottospecie di rinnegato nel caso gli venga qualche strana idea." Rivolgendosi poi di nuovo a Guisgard, gli parlò col tono di voce più dolce che le sue labbra riuscirono a cadenzare: "Milord, sono sicura che Lady Talia non si trovi dove lui dice. Ricordate l'ocarina e i topi? Il mio arrivo improvviso, la vocina che mi ha trascinato quaggiù... c'è qualcosa che non so spiegarmi, ma è come se io mi trovassi qui per un disegno già stabilito. Non sto farneticando, la mia mente è lucida come mai prima d'ora. E poi la spiegazione di Dukey fa acqua da tutte le parti. Non può essersi perso in questo labrinto e poi essersi trovato per miracolo proprio in questa stanza vicino a noi. Se la porta di sinistra ci ha condotti direttamente nell'Inferno, quella di destra avrebbe dovuto condurre altrettanto direttamente a Cartignone. Ma anche volendo concedere il beneficio del dubbio a questa serpe, com'è possibile che quel gruppo di maniaci ci abbia visti sparire sotto i propri occhi senza seguirci? Queste sotterranee rappresentano la loro casa, devono conoscerla come le proprie tasche e quindi essere a conoscenza di questa stanza. Perchè non ci hanno seguiti? E perchè poi questo cuor di coniglio, che è scappato ancor prima di vedere nulla, avrebbe in seguito corso il rischio di vederseli entrare tutti qui dentro? La risposta è una sola... costui è al soldo del nemico e dirvi di seguirlo da solo è la testimonianza della sua malafede. Finora avevamo detto di non separarci perchè la nostra forza è nel gruppo... se il gruppo perde voi perde la sua forza. Se date ascolto a Dukey le cose si metteranno male, lo so, me lo sento. Voi non mi conoscete, ma vi chiedo di fidarvi di me. In questo momento la mia mente è più lucida della vostra, in voi giocano anche i sentimenti verso Lady Talia, in me adesso giocano la ragione e l'istinto di sopravvivenza. Se ve ne andate, non so se riuscirete ad uscirne vivo, ma di sicuro non ne usciremmo vivi noi. Sono sicura che come varcherete la soglia con questo vile, un altro manipolo di rinnegati entrerà qui dentro e sarà la fine. Non ho paura della morte, anche se mi sento responsabile per il mio fedele amico, per Iodix e per Lyan. Se non fosse stato per me, loro due non si troverebbero qui e, in quanto a Lyan, avrei potuto salvarla andandomene con lei... Ho combattuto con coraggio per una giusta causa, ma morire a questo punto soltanto per fidarsi delle parole di un vigliacco un po' mi brucia... Lady Talia non è qui, o almeno non è dove dice lui, e nessuno al mondo potrà mai farmi credere che un vile come Dukey possa rischiare la sua vita per salvare quella di una dama, che possa io morire impiccata se mi sbaglio..." Dio mio, non ho più argomenti per convincerlo... e il suo sguardo non fa trapelare nulla... Così posò Lyan in terra e si avvicinò al cavaliere, gli prese le mani tra le sue, mani fredde come il ghiaccio, e gli rivolse uno sguardo di supplica: "Guisgard, vi prego, non andate con lui, abbiate fede in me e negli altri compagni... restiamo uniti, altrimenti il nemico avrà vinto... Vi giuro sul mio onore che la mia vita sarà la vostra, non esiterò un solo attimo nemmeno davanti alla morte per ognuno di voi, ma vi scongiuro, non andate via..." |
L’accogliente e sontuoso palazzo di Cartignone stava assumendo per me l’aspetto del peggiore degli inferni... mal tolleravo i sorrisi di tutti coloro che incrociavo e la sola vista della ricca tavola che il principe aveva fatto imbandire mi causò un profondo senso di nausea.
Sebbene, riflettei, probabilmente ciò era semplicemente dovuto alla mia coscienza, che stava urlando e scalciando forte dentro di me. Le parole cariche di commozione del principe furono l’ennesima stilettata al mio cuore... ‘Come puoi farlo?’ ringhiava furiosa la vocina della coscienza nella mia testa ‘Come puoi prestarti al loro gioco? Sei una codarda! Una piccola e inutile codarda!’ Ma Guisgard... tentai di ribattere ...e gli altri! Non posso dimenticarli... Non voglio! La vocina tacque, ma quel logorante senso di colpa non si affievolì affatto. Ad un tratto, uno stralcio del discorso tra Guxio e il principe fece braccia nella mia mente... Citazione:
Fino a quel momento avevo tenuto gli occhi ostinatamente fissi sul pavimento, poiché ero più che certa che non sarei stata in grado di sostenere nessuno sguardo. Tuttavia, ora mi azzardai ad alzare gli occhi verso Guxio... No... pensai, implorante ...non io! Non farlo fare a me, ti prego! Lui, però, sfoggiava uno sguardo quanto mai compiaciuto; lo vidi spostarsi discretamente verso di me e le sue parole mi raggiunsero in un soffio... Citazione:
Riabbassai rapidamente gli occhi sul pavimento e per un istante non vidi e non sentii niente, soltanto quell’orribile minaccia che continuava a rimbalzare da una parte all’altra della mia mente producendo un frastuono assordante. “Mio signore...” mormorai infine, con la voce vagamente tremante e gli occhi fissi a terra “Mio principe... io... io vorrei chiedervi una grazia! Vedete... poco fa, durante il viaggio verso Cartignone, sir Bumin mi ha chiesto di sposarlo...” Esitai, ma avvertivo lo sguardo di Guxio su di me: era tanto truce che quasi lo sentivo bruciare... Mi inchinai ancora di più, abbassai ancora la testa e, stringendo forte gli occhi, mi costrinsi a soggiungere: “Mio desiderio è accettare! Perciò vi prego, mio principe, concedetemi il vostro consenso e la vostra benedizione.” Quando la mia voce si spense, un irreale silenzio calò per un istante nella sala... persino la mia coscienza era ammutolita e, in quel breve momento di tregua, mi sentii se possibile ancora più male. Per un fuggevole istante mi chiesi cosa stesse pensando lord Frigoros, ma non ebbi il coraggio di alzare la testa per scoprirlo: dopo tutto il principe mi conosceva da quando ero nata ed ero più che certa che avrebbe letto la verità nei miei occhi al primo sguardo. Rimasi così dov’ero, in attesa, con il cuore più peso di un macigno. |
Guisgard fissò Gaynor.
Le mani di lei stringevano le sue. "Siete ferita, milady..." disse. La sua camicia era sporca e la giubba consumata. "Non abbiamo stoffa per bendare quella ferita..." aggiunse toccandole la spalla "... nè acqua per pulirla..." "Ho qui questa benda pulita..." disse il Cappellano. Bendò così la spalla di Gaynor, riuscendo a tamponare il sangue. "Non morirà, tranquilli..." intervenne Dukey "... è immune da ogni infezione, visto il veleno che la sua lingua sa sputare!" Guisgard lo guardò accigliato. "Allora? Cosa avete deciso?" Chiese spazientito Dukey. "Volete liberare lady Talia o dar retta a questa pazza visionaria? E poi l'avete sentita, no? L'ha detto lei stessa! Ha abbandonato suo marito ed è fuggita via! Volete davvero dar retta ad una donna simile?" "Io non so chi dice il vero e chi il falso..." disse il Cappellano "... ma anche io penso che gli uomini tatuati conoscano questa stanza... e potrebbero arrivare in qualsiasi momento..." Guisgard restò turbato. "Cosa farai ora, cavaliere?" Chiese Lyan avvicinandosi a Guisgard. E di nuovo il volto del cavaliere apparve su ognuno degli specchi che stavano alle pareti. "Allora andremo tutti insieme a liberare lady Talia!" Disse Guisgard. "Avanti, facci strada!" Ordinò poi a Dukey. "Come desideri, cavaliere..." mormorò questi "... però sappi che verremo scoperti subito e finiremo come pecore al macello..." Detto questo, quasi costretto, Dukey varcò la porta di quella stanza, seguito da tutti loro. Il gruppo si ritrovò così in un altro lungo corridoio. Alla fine di questo giunsero davanti ad una rozza scalinata scavata nella pietra. "Alla fine di questi scalini..." disse Dukey a Guisgard "... c'è la tua dama... ma io non verrò a farmi sgozzare come un maiale... non è affar mio..." |
Intanto, al palazzo di Cartignone, Talia aveva espresso il suo desiderio di sposare Bumin.
Frigoros osservò per qualche istante la ragazza. Il Sole filtrava tra le alte torri del palazzo di Cartignone, mentre dalla campagna circostante intensi bagliori di verde, accompagnati da mille e più colori, generavano un intenso alone che sembrava avvolgere ogni cosa. "Da grande sposerò un principe e diventerò una regina quando lui sarà re!" Esclamò la piccola Eileen. "Io invece" disse Talia "viaggerò per il mondo! Viaggerò e vedrò i posti più belli... ogni giorno dormirò in una città diversa! E' questa la vita che voglio!" "Io non voglio lasciare Cartignone..." mormorò Eileen "... è la mia casa... e poi non c'è un posto più bello di questo al mondo!" "Invece si!" Rispose Talia. "Alcuni soldati di mio padre hanno viaggiato molto e li sento raccontare ogni sera delle mereviglie che hanno visto!" "Ah, siete qui, birbantelle!" Esclamò Frigoros appena le ebbe viste. "Papà!" Gridò di gioia Eileen, correndogli fra le braccia. La piccola Talia sorrise. "Quando tornerà il mio papà?" Chiese la bambina. "Oh, ma il tuo papà tornerà molto presto!" Rispose Frigoros prendendo in braccio anche lei. "E' andato in una città vicina e nel frattempo resterai con Eileen e me. Sei contenta?" Talia allora si avvicinò al volto del signore di Cartignone e gli diede un bacetto sulla guancia. "Ahi..." mormorò poi la bambina strofinandosi la manina sulla bocca "... la barba pizzica..." E il principe Frigoros scoppiò a ridere. Quel lontano ricordo lo raggiunse mentre osservava il volto di lei. "Fino a pochi anni fa" pensava "era una bambina vivace che arrossiva quando giungeva a corte... ricordo ancora quando restava a fissare sognante il cambio della guardia o le parate che aprivano i tornei... e ora invece... mi parla da donna..." Si avvicinò, quasi a cercare il suo sguardo. "Da piccola ricordo" disse il principe di Cartignone "che nulla sembrava intimidirti... neanche quando mi confessavi qualche marachella... ora invece che mi parli di quello che dovrebbe essere il tuo desiderio più grande, la tua gioia più bella, non riesci nemmeno a guardarmi negli occhi..." E le accarezzò il viso con paterna tenerezza. |
La prigionia.
Ignobile condizione per ogni uomo. Cavaliere25 era preda di paure e di incubi. Sognava gli Atari, poi Giselide ed il Cavaliere Vermiglio. Vedeva la dolce ragazza legata ad un altare mentre veniva torturata. Poi gli apparivano lunghe distese di verde. Correva felice, tra i riflessi del Sole, i profumi dei fiori ed il canto degli uccelli. Ma poi, all'improvviso, lo raggiungeva una misteriosa figura. Era il Cavaliere Vermiglio. Chiedeva di sua figlia. Lo inseguiva, lo raggiungeva e lo braccava. E proprio quando la lancia di lui gli spaccava il cuore, Cavaliere25 si destava da quelle visioni. Allora ansimava e si contorceva. E di nuovo sentiva quelle voci. E tra esse quella di Giselide che lo chiamava. |
Non riuscivo più a capire nulla ero in preda alla pazzia dovevo riuscire a trovare il modo per uscire da quella maledetta cella e andare a salvare la fanciulla e riportarla a casa sana e salva
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Quegli scalini.
Scavati nella nuda pietra e consumati dal tempo, sembravano risalire a qualche epoca antichissima, prima ancora che la civiltà giungesse in questi luoghi. In cima agli scalini si apriva un antro avvolto dalle tenebre più fitte. E da esso non fuoriusciva nemmeno un suono, né un lamento, né un sospiro. “Dukey, sei solo un vigliacco!” Accusò Guisgard. “Non vedo per quale motivo dovrei rischiare la mia vita…” rispose Dukey “… se volete farvi sgozzare accomodatevi pure! Io non ci tengo affatto!” “Per me puoi anche andare all’Inferno!” Urlò Guisgard. “E noi ci siamo già in esso! Quello ne è certo l’ingresso!” Esclamò Iodix indicando l'antro alla fine degli scalini. “Io vado…” mormorò Guisgard estraendo la sua spada “… chi ha paura può attendermi qui…” Ma appena il cavaliere fu in cima agli scalini, dal buio di quell’antro emersero delle altrettante oscure figure. “Gli uomini tatuati!” Gridò il Cappellano. Cominciò allora una lotta furiosa tra tutti loro. Grida e rumore di armi cominciarono ad echeggiare in quel luogo che fino a quel momento era sembrato incantato. Ad un tratto però accadde qualcosa. Dukey si avvicinò allora alle spalle di Guisgard, colpendolo alla testa e facendolo accasciare al suolo. Poi prese con sé Lyan ed intimò al gruppo di fermarsi. “Deponete le armi, bastardi! Fatelo subito o la mia spada affonderà nella gola di questa ragazzina come un coltello nel burro caldo!” “Dukey, maledetto traditore! Siete vigliacco ed impostore!” Urlò Iodix. “Siete uno di loro dunque…” mormorò incredulo il Cappellano. “Ho cercato di dividervi” fece con un ghigno Dukey “ma tutto è risultato inutile… vorrà dire che morirete tutti insieme! Ora deponete le armi ed arrendetevi, se vi sta a cuore la vita di questa mocciosa!” |
Intanto, nella cella di Cavaliere25 erano giunti i rumori della battaglia in lontananza.
Il giovane arciere aveva udito grida confuse e un caotico fragore. Aveva cercato di comprendere la situazione, ma senza riuscirvi. Cosa stava accadendo? Era davvero una battaglia? E chi stava combattendo? Poi, all'improvviso tutto si fermò. Come se lo scontro fosse già terminato. E questi dubbi si unirono ai tormenti che già affliggevano Cavaliere25. |
"Siete ferita, milady..."
"Non è nulla..." "Non abbiamo stoffa per bendare quella ferita..." aggiunse Guisgard, come se non l'avesse nemmeno sentita "... nè acqua per pulirla..." "Ho qui questa benda pulita..." disse il Cappellano. Gaynor si lasciò medicare, ma la sua mente era altrove. Si sentiva in preda ad uno strano turbamento che non aveva nulla a che fare con la recente battaglia o con la paura. Si, era turbata e non risuciva a capirne il motivo. "Non morirà, tranquilli..." intervenne Dukey "... è immune da ogni infezione, visto il veleno che la sua lingua sa sputare!" "E tu te ne intendi di veleni, vero? Serpe..." "Allora? Cosa avete deciso?" Chiese spazientito Dukey. "Volete liberare lady Talia o dar retta a questa pazza visionaria? E poi l'avete sentita, no? L'ha detto lei stessa! Ha abbandonato suo marito ed è fuggita via! Volete davvero dar retta ad una donna simile?" A queste parole Gaynor fece per scagliarsi contro Dukey, ma fu trattenuta per un braccio dal Cappellano, che si rivolse poi a Guisgard. "Io non so chi dice il vero e chi il falso, ma anche io penso che gli uomini tatuati conoscano questa stanza... e potrebbero arrivare in qualsiasi momento..." Queste parole fecero riflettere Guisgard che finalmente decise che il gruppo non si sarebbe sciolto. Si mossero tutti nella direzione indicata da Dukey, percorrendo un lungo corridoio fino a trovare una scalinata in pietra grezza. Il cavaliere salì i gradini, ma nella fitta oscurità di quel luogo maledetto sbucò fuori un consistente manipolo di uomini tatuati. Gaynor ebbe giusto il tempo di posare Lyan in terra prima che la battaglia fra loro si accendesse di nuovo. Stava combattendo con un solo pugnale, il secondo era nascosto nel suo stivale e non c'era stato nemmeno un secondo per potersi chinare a prenderlo. Quegli assassini erano forti e feroci, ma per fortuna la stazza impediva loro la stessa agilità di Gaynor, che riusciva così a schivare i loro colpi. D'improvviso la battaglia cessò e il gruppo vide con sgomento che Guisgard era in terra, colpito alla testa da quel traditore di Dukey. Con un rapidissimo gesto, prese Lyan e si rivolse al gruppo. “Deponete le armi, bastardi! Fatelo subito o la mia spada affonderà nella gola di questa ragazzina come un coltello nel burro caldo!” Alla vista della spada che premeva sulla gola di Lyan, a Gaynor si gelò il sangue nelle vene. Madre di Dio, ti prego, fa che non muoia... “Ho cercato di dividervi, ma tutto è risultato inutile… vorrà dire che morirete tutti insieme! Ora deponete le armi ed arrendetevi, se vi sta a cuore la vita di questa mocciosa!” Gaynor capì che circondata da tutti quei nemici e con Guisgard ancora a terra avrebbero potuto fare ben poco per cui, con una calma che stonava in quell'atmosfera carica di tensione, posò il suo pugnale in terra e si rivolse a Dukey. "Ecco, ho fatto ciò che hai chiesto. Gli altri mi imiteranno subito, ma lascia andare la bambina. Prendi me al suo posto. Una vita vale l'altra, o no? Anzi, forse ti conviene, brutto verme schifoso, perchè sappi che se vedrò anche un solo graffio sulla piccola ti ucciderò con le mie mani. Probabilmente circondata come sono sarà il mio ultimo gesto, ma morirò con una soddisfazione che mai ho avuto prima nella vita, per cui attento a come ti muovi con Lyan. E sappi che se mai uscirò viva di qui, te la farò pagare anche per ciò che hai fatto e ancora stai facendo a Guisgard..." |
Avevo perso qualsiasi speranza che qualcuno mi venisse a tirare fuori da quella cella umida e portarmi fuori da quel maledetto posto insieme alla fanciulla chissà dove era mi chiesi ero preoccupato più per lei che per me io se morivo non mi importava ma quella fanciulla doveva rimanere viva per tornare a casa e dimenticare questa brutta storia
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Tenevo il volto basso e gli occhi fissi sul pavimento, ma la mia mente era lontana da lì… anni luce lontana da lì: legata ancora ad un cupo antro, vicina ad un cavaliere testardo e impulsivo che, per qualche oscura ragione, aveva scelto di aiutarmi nell’impresa più folle che io avessi mai intrapreso e al quale, per una altrettanto folle ragione, continuavano a volare i miei pensieri…
La voce del principe mi riportò in quella sala… ‘…il tuo desiderio più grande…’ aveva detto ‘la tua gioia più bella…’ E per un istante la mia mente volò di nuovo via a cercare quella di Guisgard, ormai così lontana… Fu lo sguardo infuocato di Guxio, che mi sentivo addosso, a ricordarmi che era probabilmente proprio per lui se ero finita lì a fare quello che stavo facendo… Così alzai gli occhi sul principe, ma di malavoglia: infatti, se mai ero riuscita a mentirgli, mi chiesi come avrei potuto farlo ora… e tuttavia, incrociando il suo sguardo, un lontano ricordo mi attraversò la mente alla velocità della luce. “E’ così semplice…” mi disse Eileen con un mezzo sorriso “Tutto quello che devi fare è tenere il tuo re lontano dagli avversari!” La osservai muovere rapidamente le mani sulla scacchiera e spostare di qualche casella uno dei suoi pezzi, facendo volare via un pedone nero… Sospirai… quel gioco proprio non faceva per me! “Allora, come va, Talia?” disse ad un tratto una voce alle mie spalle “Stai migliorando?” Mi voltai di scatto e vidi il principe entrare nella stanza, così mi alzai e feci un piccolo inchino: “Temo di no, milord!” mormorai “Nonostante tutti gli sforzi di Eileen, non sono molto abile!” “Ciò soltanto perché si lascia dominare dalle emozioni!” intervenne la principessa, alzandosi per andare a posare un bacio sulla guancia di suo padre “Non riesce a gestire le cose freddamente: vuole muovere in fretta e finisce sempre per lasciare qualcosa al caso!” Il principe sorrise: “Capisco…” “Per aiutarla ad imparare…” proseguì Eileen dopo un istante “Ho anche assegnato dei ruoli ai diversi pezzi! Ad esempio, papà, tu sei questo: il re bianco!” Il principe mi lanciò un’occhiata divertita, poi tornò a guardare sua figlia: “Molto interessante! E tu quale sei?” “Io sono la regina bianca!” rispose lei “A Talia ho assegnato la torre bianca e il cavallo bianco è suo padre!” “Il cavallo bianco?” rise lord Frigoros “Sir Geoffrey ne sarà lusingato… devo dirglielo!” Per un istante restammo in silenzio mentre il principe continuava a studiare la scacchiera con aria ilare, infine chiese a sua figlia: “E questo, tesoro? Il re nero? Quale pericoloso avversario hai scelto per il tuo povero padre?” Io e Eileen ci scambiammo un’occhiata fuggevole… sapevamo entrambe che il principe non avrebbe gradito la risposta e io stavo vivamente sperando che gliel’avrebbe taciuta. Lei, invece, osservò suo padre per un attimo poi, tornando a sedersi con disinvoltura, disse: “Il re nero è Guxio!” Per un momento nella stanza, l’ampia e ricca camera privata di Eileen, non volò una mosca… il principe, apparentemente senza parole, muoveva alternativamente gli occhi tra lei e me, come a cercare conferma di quanto aveva appena udito… “Eileen!” esclamò infine, inspirando forte per l’indignazione “Ma che cosa dici? Come ti vengono simili idee? Guxio è il mio più fedele e più devoto consigliere!” “A me non piace!” sentenziò lei, in tono quasi noncurante “Lo trovo antipatico!” “Basta così!” la interruppe lui “Non ascolterò altre assurdità simili! E stammi bene a sentire: questa conversazione non uscirà da questa stanza. Non voglio che il povero Guxio venga a sapere di questo tuo sciocco ostruzionismo! Inoltre, da adesso in poi…” soggiunse, puntando il dito verso entrambe “Vi proibisco di tornare mai più sull’argomento!” Lì si concluse il discorse e nessuno dei tre ne fece mai più menzione, tuttavia Guxio continuò ad essere ‘il re nero’ nei discorsi bisbigliati tra me e Eileen… ed ero abbastanza certa che il principe lo sapesse. Alzai il viso, dunque, e i miei occhi incrociarono quelli del principe… “Avete ragione, milord…” mormorai “E dovete perdonarmi… temo che le recenti esperienze mi abbiano un poco scossa!” Tenevo i miei occhi fissi nei suoi: “Voi mi conoscete, mio signore, e sapete che talvolta mi lascio dominare dalle emozioni… persino in quel gioco, rammentate? Il re nero mangiava sempre la mia regina bianca, faceva fuori il cavallo e bloccava la torre tenendo sotto scacco i miei pezzi migliori! Difficile batterlo senza perdere qualcuno di quei pezzi, dato che i suoi erano ovunque! Rammentate quel gioco, milord?” Feci una breve pausa, durante la quale i miei occhi in quelli del principe avrebbero voluto dire mille cose… ma in quell’istante notai anche un’incertezza nello sguardo di Guxio, così mi affrettai ad inchinarmi di nuovo… “Vi prego, mio signore, concedetemi il vostro consenso…” dissi… poi, non senza una punta di perfida ironia, soggiunsi “Concedetemelo, così che io possa ricambiare sir Bumin con lo stesso sentimento che egli riserva a me!” |
La lotta era furiosa, e lo stretto passaggio in cui erano stato costretti rendeva il tutto più concitato, drammatico e confusionario.
Il rumore delle spade sembrava amplificarsi in quelle volte, ferire le orecchie, mentre gli sguardi si facevano più attenti, cercando di vedere bene il nemico in quella semi oscurità. D'un tratto Dukey colpì Guisgard a tradimento. Il cavaliere si accasciò al suolo, e per un istante Morven esitò nell'assestare un colpo, distratto da quell'imprevisto, ma non ebbe il tempo di far nulla, perchè, rapido come un lampo, Dukey afferrò Lyan e cominciò ad urlare. “Deponete le armi, bastardi! Fatelo subito o la mia spada affonderà nella gola di questa ragazzina come un coltello nel burro caldo!” Morven arretrò e smise di attaccare, ma teneva ancora ben stretta Samsagra tra le sue mani. Le sue dita si torsero ancor di più attorno all'elsa della spada... non aveva alcuna intenzione di abbandonarla... non aveva alcuna intenzione di arrendersi... no, a quel bifolco, traditore, viscido, arrogante! No! Cominciò ad arrovellarsi attorno ad un pensiero... che posso fare, che posso fare?... quella frase sembrava quasi una litania ossessiva nella sua mente, mentre si sforzava di pensare il più velocemente possibile, e i suoi occhi si spostavano rapidissimi intorno, alla ricerca di qualcosa che potesse fornirgli una possibile soluzione. Fu in quel momento che Gaynor, posò con estrema cautela il pugnale sul pavimento, e con la stessa calma soprannaturale cominciò a parlare a Dukey, fissandolo dritto negli occhi. "Ecco, ho fatto ciò che hai chiesto" aveva cominciato "Gli altri mi imiteranno subito, ma lascia andare la bambina. Prendi me al suo posto..." Sì, era perfetto. Quel lungo discorso pacato avrebbe distratto Dukey almeno per qualche istante, giusto il tempo di poter agire. Se fosse riuscito in qualche modo a lanciare Samsagra contro quel manigoldo, se fosse riuscito anche soltanto a coglierlo di sorpresa e a ferirlo, anche superficialmente, forse il dolore e lo stupore avrebbero spinto Dukey a mollare la presa sulla bambina, e questo avrebbe permesso loro di recuperarla. Questa non era certo una soluzione a quella spiacevole situazione, ma forse avrebbe permesso loro di tenere le armi e di non dover cedere a quel vile ricatto. Era una mossa avventata, ne era ben cosciente, ma d'altra parte, vista la situazione in cui si trovavano, non aveva nemmeno nulla da perdere. Così, mentre la dama continuava a parlare, Morven abbassò il braccio, e fece scivolare giù l'elsa di Samsagra, come se avesse voluto imitare il gesto di Gaynor, e abbandonare a sua volta la spada ai suoi piedi. Ma quando lasciò l'elsa, si fece scivolare tra le dita la lunga dragona e ne attorcigliò le estremità alla mano. Tenendola così legata, con un rapido scatto del braccio, lanciò la spada contro le gambe di Dukey. La lama sibilò rapida e un bagliore tagliò l'aria. La spada colpì con la punta il suo bersaglio, incise la carne, quindi roteando scivolò nuovamente verso il suo padrone, che fu pronto a ghermirla. |
Il grido di dolore di Dukey e la sua gamba ferita.
La piccola Lyan si ritrovò così a terra. Ma la paura la bloccò. Non piangeva nemmeno più. E subito fu presa da uno degli uomini tatuati. "Volete che la sgozzi davanti a loro, mio signore?" Chiese tenendo stretta la bambina. "Grandissimo bastardo!" Esclamò Dukey verso Morven e tenendosi la gamba sanguinante. "Volevi fare l'eroe, vero?" Estrasse la spada e la puntò contro il volto di Lyan. "Mi basta farle penetrare" continuò ansimando per il dolore "la spada di qualche centimetro in mezzo alla fronte ed i suoi occhietti schizzeranno via come palline di vetro! Ma non accadrà... oh, no... lei, come tutti voi, morirà, certo... ma lentamente e con dolore... e ora lascia cadere quella maledettissima spada o davvero sgozzerò come un maiale uno a caso fra voi!" In quell'istante altri uomini tatuati raggiunsero i precedenti ed il gruppo si ritrovò circondato da un nemico cinque volte superiore per numero. "Aiuto! Chiedo pietà! Salvatemi o mi infilzerà!" "Un tuo cenno" disse l'Ataro che aveva preso Iodix a Dukey "e questo buffone si ritroverà la gola lacerata mortalmente!" "Visto, grande eroe? Decidi tu cosa farne di quel goffo giullare..." fece Dukey a Morven "... continua ad impugnare la tua spada e lui sarà scaraventato tanto rumorosamente all'Inferno da svegliare anche il più addormentato dei demoni che lo abitano! Tanto, uno stolto giullare può benissimo perire di spada... sacrificarlo nel rituale sarebbe quasi uno spreco! Avanti, decidi tu, cavaliere..." "Gettate quell'arma, Morven!" Lo supplicò il Cappellano. "Avete tentato... ma sono troppi e ci tengono in pugno..." |
La fattoria sorgeva in un vasto spiazzo, all'ombra di alti alberi, mentre dal vicino ruscello giungevano limpidi bagliori generati dallo scorrere dell'acqua sotto quel luminoso Sole.
Cavaliere25 tornava dalla foresta dove aveva cacciato alcune lepri. Il suo arrivo fu annunciato dall'incessante abbaiare del suo cane. "Dugh, qui!" Gridò il ragazzo. "Smettila e sta buono!" La giovane Giselide si affacciò dalla finestra di casa sorridendo. Cavaliere25 raggiunse allora il ruscello e vi immerse le mani, trovando un tenero refrigerio. Ad un tratto udì una poderosa cavalcata. Il fedele Dugh ricominciò ad abbaiare forte, per poi zittirsi all'improvviso. Una sagoma emerse allora in lontananza e rapida raggiunse Cavaliere25. Era un grosso cavaliere, completamente ricoperto di una spessa corazza. Una corazza dai riflessi Vermigli. "Dov'è mia figlia?" Chiese al giovane arciere. "E' in casa..." indicò questi. Il Cavaliere allora sfondò la porta di casa ed entrò col cavallo al suo interno. E dopo qualche istante lanciò un grido di disumana disperazione. Cavaliere25, dopo un attimo di smarrimento, corse dentro anch'egli. E vide quell'orrendo spettacolo. La giovane Giselide era inchiodata nuda sulla tavola, sventrata e col corpo completamente coperto da tagli e percosse. Aveva il volto stravolto e contratto. "Chi ha fatto questo?" Urlò il Cavaliere Vermiglio. "In Nome del Cielo... chi ha potuto questo?" La ragazza allora si voltò. "E' stato lui!" Indicando Cavaliere25. "Maledetto!" Gridò come impazzito il cavaliere. Ed estratta la spada colpì con violenza il giovane arciere. In quel momento Cavaliere25 saltò su. Il volto era coperto dal sudore ed il suo respiro appariva irregolare. Si guardò intorno e riconobbe la cella in cui era stato imprigionato. Solo dopo qualche istante comprese di aver avuto un terribile incubo. |
Intanto, al palazzo di Cartignone, Frigoros aveva riabbracciato Talia.
L'uomo fissò per un qualche istante la ragazza. I suoi grandi occhi quasi avvolgevano quelli di lei, che sembravano volersi abbandonare in quelli del vecchio principe. “Va tutto bene, piccola mia?” Così era solito chiamarla sin dalla sua infanzia. E col tempo nulla era cambiato per Frigoros. Soprattutto dopo la morte di Eileen. Con la mano accarezzò il volto di Talia e lo sollevò piano, quasi a voler unire ancora di più i loro sguardi. “Milord…” intervenne Guxio “… lady Talia ha assistito a scene terribili… è stata molto provata da ciò che è accaduto… ora deve solo riposarsi…” “E’ vero…” rispose Frigoros senza però smettere di fissare la ragazza “… ora un bel riposo è ciò che occorre… se vorrai parlarmi sai dove trovarmi…” aggiunse baciandola sulla fronte. Fece cenno ad alcuni servitori che subito accompagnarono la ragazza nei suoi appartamenti. E quando vi giunse trovò ad accoglierla un letto morbido per dar sollievo a quella dolorosa stanchezza. Una stanchezza che però attanagliava più il cuore e l’anima, che il corpo stesso. Poco dopo, in un’altra stanza del palazzo, due figure inquiete parlavano fra loro. “Non mi piaceva lo sguardo con cui Frigoros guardava Talia…” mormorò Bumin mentre fissava la campagna di Cartignone da una finestra “… non so… ma mi sembrava perplesso…” Guxio non rispose nulla, restando seduto con le dita incrociate. “Per lui quella ragazza è come una figlia” aggiunse il cavaliere “e la conosce come pochi altri…” “Sta tranquillo…” rispose Guxio, rompendo finalmente quel silenzio in cui sembrava essersi rinchiuso “… il buon Frigoros è afflitto da quella cosa che tutti definiscono bontà, ma che io chiamo solo debolezza… per molti una virtù, certo, ma inadeguata a chi è costretto a regnare sui suoi simili… il nostro Frigoros è incapace di vedere il male nelle persone che ama… egli è convinto che nel suo palazzo dominino lealtà ed onore…” “Intendete dire” voltandosi Bumin “che non potrebbe mai sospettare di noi?” “Mi crede un devoto consigliere…” rispose Guxio “… e questo è un vantaggio non da poco… e che io so sfruttare bene…” “Ma se quella ragazza vuotasse il sacco sarebbe la sua parola contro la vostra!” “La nostra bella dama non è affatto sciocca…” mormorò il chierico con una nota di sinistra sicurezza nella sua voce “… a Cartignone non vi è più un’armata fedele al vecchio Frigoros… i nostri adepti sono ovunque… potrei farlo avvelenare in questo stesso momento, o farlo sgozzare dal barbiere che crede tanto di fiducia, o magari strangolare nel sonno dal suo stesso medico personale… il mio potere è ovunque… abbiamo in scacco l’intera città…” In quello stesso momento, Frigoros era assorto nei suoi pensieri. Passeggiava insolitamente nervoso nella biblioteca e di tanto in tanto si fermava a gettare uno sguardo da una delle finestre. Ripeté questa sorta di rituale più volte, fino a quando il suo sguardo si posò sulla scacchiera che aveva sul tavolo. Prese il pezzo del re nero quando all’improvviso entrò un servitore. Il signore di Cartignone fu colto da un attimo di smarrimento e lasciò cadere la pedina sulla scacchiera. “Cosa vi occorre, milord?” “Ecco…” rispose Frigoros dopo qualche istante “… quando lady Talia avrà riposato fatela venire da me… desidero parlarle…” “Si, mio signore.” E rimasto di nuovo solo, lo sguardo del vecchio principe tornò sulla scacchiera e vide allora che il re nero, cadendo, aveva rotto il re bianco. http://farm4.static.flickr.com/3288/...33d6047017.jpg |
Mi guardai intorno spaventato e capi di aver fatto un bruttissimo sogno i brutti sogni iniziavano a farsi sentire nella mia testa non sapevo più che fare mi alzai e andai davanti alla porta della cella e cercai di aprirla sbattendogli contro prendendola a calci ma nulla non riuscivo a fare nulla le forze mi stavano sempre più abbandonando ero sfinito non dovevo mollare dovevo continuare a sperare che qualcuno mi avrebbe salvato.
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"Non mi sono mai spinta così lontano" pensò Lady Bethan, quasi con sgomento.
Smontata da cavallo si aggirava ormai da ore, per quei luoghi sconosciuti, chiedendosi dove avrebbe potuto trovare un riparo per la notte... Il cavallo, ormai stanco, si rifiutava di proseguire il cammino e, pacifico, si stava abbeverando al torrente dalle acque cristalline. "Non sono mai stata una donna paurosa" pensò Bethan "Eppure... in questo posto avverto qualcosa di ostile". Così dicendo estrasse dal mantello un amuleto, una sorta di lunga collana dai grano rotondi e lucenti e si mise a bisbligliare, sottovoce, in attesa di prendere una deciose prima che calasse il sole... |
Seguì un momento di immediata confusione.
Dukey gridò ed imprecò. Mollò di colpo la bambina, ma Lyan era così terrorizzata da non riuscire a muovere un passo via da lui, come Morven aveva sperato. Nel momento in cui Samsagra ritornò stretta tra le sue mani, il giovane si accorse che il nuovo scenario che gli si era presentato dinnanzi non era di certo migliore. I loro aggressori erano aumentati, l'ira di Dukey, ferito, non faceva altro che aggravare la loro situazione, e adesso anche Iodix era nelle loro mani, pronto ad essere sgozzato al primo passo falso. Le urla minacciose di Dukey gli risuonavano nelle orecchie, mentre le tempie gli pulsavano per la tensione. In quel momento di grande difficoltà, il Cappellano gli andò vicino, gli strinse un braccio e si rivolse a lui con voce accorata. "Gettate quell'arma, Morven!" lo supplicò "Avete tentato... ma sono troppi e ci tengono in pugno..." Quelle parole, dette con quel tono profondo, lo svegliarono e lo stordirono al contempo. Morven si girò lentamente a fissarlo, e i suoi occhi scuri, di colpo, di rivelarono vuoti e spenti, abbandonati da ogni luce. Il giovane guardò il religioso per un istante. Era pallido, e le labbra gli tremavano impercettibilmente... sapete cosa mi chiedete? lo sapete, voi? gettare quest'arma... separamene... quando questa spada è l'unica cosa che abbia davvero un senso nella mia vita... sarebbe molto più facile chiedermi di gettarmi su di essa, come face re Saul... Guardò ancora il Cappellano, con una piega di dolore che gli increspava il viso. "E' finita?" gli chiese con un filo di voce "E finisce così?" Chinò piano lo sguardo, e fissò Samsagra che brillava tra le sue mani... ... Samsagra... mio specchio, mio spada e mio scudo... Samsagra, non ho altra scelta... se ti abbandono, sorella mia, io sono un vigliacco... ma se non lo faccio, divento un assassino! Non per mano mia moriranno questi innocenti, e tu non ti macchierai mai di altro sangue che non sia quello dei tuoi nemici... cerca di comprendermi, Samsagra... io non ti lascio... se perdo te, perdo me stesso... ma alle volte la vittoria è nella sconfitta, il trionfo è nella rinuncia... e tu, mia amata Samsagra, tu non puoi essere impugnata da nessuno che tu stessa non abbia designato! Torna, quindi, nella tua immortale distanza, e sposa questa nuda pietra dove ti poserò. Non scegliere altro padrone, perchè io ho giurato di appartenerti... resta immobile e silenziosa, e se ne sarò degno, verrò io stesso a riprenderti! Così, con un profondo sospiro, Morven si chinò lentamente, e con un gesto delicato face aderire Samsagra alle pietre del pavimento. Quindi si sollevò, con un gesto doloroso e stanco, lanciò un muto sguardo al Cappellano, quindi, a testa alta, si rivolse a Dukey. "Ecco, fatto... siete contento adesso?" |
Dukey rise forte.
"Bravo, cavaliere!" Esclamò fissando Morven. "Scelta saggia!" In quel momento Lyan, ancora fra le braccia dell'uomo che la teneva in ostaggio, si voltò verso il gruppo degli eroi giunti da Cartignone. "Uccidine uno per me, Dukey..." mormoro "... che sia io a scegliere la prima vittima..." La sua voce era orribilmente mutata. Come se fosse generata da più voci sovrapposte. "No, dobbiamo sacrificarli per il rituale." Rispose Dukey. Lyan fissò ancora il gruppo e si abbandonò ad una profonda risata. "Attendiamo i vostri ordini per eseguire le disposizioni del maestro, milord." Disse uno degli uomini tatuati a Dukey. Questi annuì. Allora il gruppo fu separato. Gaynor fu strappata dai suoi compagni e condotta in un luogo segreto. Morven, il Cappellano, il Vecchio delle Fosse e Iodix invece, insieme a Guisgard trascinato da alcuni di quegli uomini tatuati, furono portati in una cella umida e legati con catene alle pareti. Ma non erano da soli. A quelle pareti infatti, e già da tempo, era stato incatenato anche Cavaliere25, che subito riconobbe alcuni di loro. |
Gaynor, separata dai suoi compagni, fu condotta in una cella semibuia.
All'improvviso nella cella si addensò un leggero fumo giallastro ed inodore. "Sii serena..." sussurrò una misteriosa voce "... non hai nulla da temere... ormai sei al sicuro... le tue sofferenze sono terminate... presto incontrerai pace e tranquillità senza fine..." Un istante dopo Gaynor perse i sensi. I prati di Imperion. Verdeggianti e attraversati dai colori dei fiori più belli. Gli stessi colori della giovinezza. Quella mattina Gaynor aveva indosso un magnifico vestito, con il quale era corsa al vecchio mulino. Le grandi pale scricchiolavano sotto l'impeto del vento. Quello stesso vento che gonfiava il suo vestito e che quasi le portava via il variopinto capello che avava sul capo. "Com'è bella la natura..." pensava mentre un grande sorriso illuminava il suo bellissimo volto. "Francesca" disse il bardo seduto sul grande sasso davanti all'ingresso del mulino "non aveva colpa... il suo amore per Paolo era puro ed innocente..." "Ma era Giangiotto il suo legittimo consorte!" Replicò il monaco che gli stava accanto. "Messer Amore non tira mai un dardo contro un bersaglio negato..." "Amore non ha limiti" mormorò il chierico "se non nella Fede, che sola ne legittima ogni diritto." "Io non voglio sposare Duncan..." sospirò rattristata Gaynor. Il bardo allora si alzò e salutò con un delicato inchino la ragazza. "Amor, ch'a nullo amato, perchè tu m'hai lasciato? Amor, che amar perdona, questo mai m'abbandona!" Recitava mentre svaniva nella sterminata campagna. Un sussulto, un ricordo, un sordo dolore. Gaynor aprì gli occhi e si alzò lentamente. Riconobbe dopo alcuni istanti la cella in cui era stata rinchiusa. Non aveva più i suoi abiti da paggio. Una lunga tunica, larga e nerissima, copriva ora il suo corpo ed un diadema intrecciato con foglie di mandragora cingeva il suo capo. http://www.moviefans.de/gladiator/lucilla.jpg |
Nello stesso istante, in un'altra cella, i nostri eroi erano incatenati a delle umide pareti.
"Ah..." mormorò Guisgard mentre riprendeva i sensi "... la testa... sento che mi scoppia..." "Vi siete ripreso, mio signore! Che gioia mi sento nel cuore!" Esclamò Iodix. "Ah... ma perchè diavolo urli tanto...?" Lo riprese Guisgard. "Ho la testa che sembra un tamburo... ma dove siamo...?" Chiese tentando di guardarsi intorno. "Siamo stati catturati..." rispose il Cappellano "... Dukey vi ha colpito alle spalle ed in breve ci hanno circondato, costringendoci alla resa..." "Dukey?" Ripetè stupito Guisgard. "Cane maledett... ah... la testa..." "Non sforzatevi..." si raccomandò il Cappellano "... avete ricevuto un bel colpo..." "Quel maiale sa colpire bene a tradimento..." mormorò Guisgard massaggiandosi la testa. Si guardò poi di nuovo attorno con più attenzione. "Dove sono lady Gaynor e la piccola Lyan?" "Lady Gaynor è stata portata via..." rispose il Cappellano. A quelle parole Guisgard sentì il sangue gelarsi. "Dove?" Chiese. "Dobbiamo fare qualcosa o quei maledetti..." E a quelle parole del cavaliere un sinistro silenzio scese nella cella. "E Lyan?" Domandò Guisgard. Il Cappellano lo fissò. "Era una di loro..." rispose "... qualcosa di malefico è stato sempre insieme a noi, sotto le sembianze di quella bambina..." "Maledetti assassini!" Gridò Guisgard, tradendo rabbia mista a disperazione nelle sue parole. "Messer Morven aveva ragione e noi torto..." a capo chino il Cappellano "... egli aveva ben compreso la natura malvagia di quella bambina..." "Padrone, rammentate ora questo ragazzo? Era anche lui insieme a sir Belven al palazzo!" Fece Iodix indicando Cavaliere25. "Si, ricordo..." rispose Guisgard fissando il giovane arciere "... hanno preso anche te... che fine hanno fatto gli altri?" |
Bethan fissava il suo amuleto.
Silenziose parole uscivano dalla sua bocca, il cui suono sembrava ora confondersi, ora accompagnarsi al dolce scorrere delle acque del ruscello. Ad un tratto si udì il rintocco di una piccola campana, come se qualcuno stesse salutando l'avvento del crepuscolo. A giudicare dal rintocco, il luogo da dove quella campana suonava non doveva essere molto lontano. Infatti, dall'altra parte del ruscello, immersa nel folto fogliame del bosco, sorgeva una cappella diroccata. E da una delle finestre si scorgeva una lieve luce. http://img227.imageshack.us/img227/3245/img03512.jpg |
Una luce nell'oscurià.
Il suono di una campana. "Forse per stanotte siamo salve, Verbena!" disse stringendo a sè le redini del cavallo e dirigendosi verso la cappella. "Il Signore ascolta sempre le preghiere dei suoi fedeli, anche se peccatori!" Le ripeteva sempre il Vescovo, durante le sue frequenti confessioni. "Oh, se solo riuscisse a farmi dimenticare... Questa croce è troppo pesante da sopportare!" "Donna di poca fede!" le ripeteva il Vescovo, sovente "Nessuna croce sarai mai abbastanza pesante, in terra, come quella che Nostro Signore portò sulle spalle! Non perdete dunque la fede ed offrite ogni spina del vostro cuore per espiare i vostri peccati!" Bethan allontanò da sè i ricordi. La croce era ancora sulle sue spalle e la lunga cicatrice che le solcava metà della fronte e una tempia, era ben visibile, adesso che il vento le aveva mosso i capelli. Con Verbena al seguito si incamminò verso la luce, sperando di trovare ospitalità.... |
Entrai in quella stanza... era ampia e riccamente arredata ma io non vi feci caso, tanto ero immersa in cupi e dolorosi pensieri...
Mi chiedevo se il principe avesse compreso il mio velato appello... ero certa che quel ricordo, che aveva attraversato la mia mente, fosse da qualche parte celato anche nella sua, ma sarebbe stato questo di aiuto? Guxio ci teneva in pugno e se, come credevo, i suoi adepti erano molti e disseminati ovunque, cosa avremmo potuto fare io e lord Frigoros da soli? Eravamo soltanto due ostaggi in una gabbia dorata! E in quel momento sentii più forte che mai la mancanza di mio padre... dov'era? Cosa gli era successo? Sospirai... perché non avevo chiesto a Guxio cosa ne aveva fatto di lui? Quella domanda mi era bruciata sulle labbra a lungo, eppure non l'avevo posta... probabilmente, riflettei, soltanto perché la paura di scoprire che gli avevano fatto del male mi era sembrata più orribile di quella dolorosa incertezza. Mi aggirai per la stanza per qualche tempo, come in gabbia... infine mi sedetti allo scrittoio, presi un foglio e stappai l'inchiostro. La mia mano dondolò a mezz'aria per qualche momento mentre riflettevo, poi iniziai a scrivere rapidamente... ' Guxio, ho fatto ciò che volevi, chiedendo al principe di poter sposare Bumin. Ho dimostrato buona disposizione, per cui desidero vedere questa buona disposizione al nostro accordo anche da parte tua. Per tale motivo, voglio che liberi alcuni degli ostaggi. Voglio vederli, lontani dai tuoi uomini e in buona salute... dopo di che, avendo visto la tua fedeltà al nostro patto, celebreremo quel matrimonio e libereremo anche gli altri. Questa richiesta mi sembra assolutamente legittima e non prevede rifiuti. Talia ' Rilessi quelle poche righe ancora una volta, chiedendomi se non stessi tirando troppo la corda... ebbure conoscevo abbastanza bene Guxio da sapere che la situazione era già sufficientemente disperata. Così piegai il foglio e lo sigillai, poi chiamai uno dei servitori e gli chiesi di consegnare quella missiva al chierico Guxio. Fatto ciò, mentalmente spossata, mi accostai al letto e mi sdraiai sulla coperta soffice, scivolando immediatamente in una sorta di grigio torpore. |
Si pultroppo hanno preso anche me ma devo uscire subito immediatamente da qui devo andare a salvare una fanciulla a me cara la devo salvare a tutti i costi se no la mia vita sarà in pericolo dissi guardando gli altri dobbiamo trovare un modo per uscire di qui e anche in fretta se non vogliamo morire in questa umida cella.
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"Lo sapevo... lo sentivo... se solo fossi riuscito a spiegare..."
Quello di Morven non fu che un mormorio appena accennato. Non sollevò nemmeno il capo, ma continuò a fissare la scura pietra che lastricava il suolo di quella ignobile prigione. Non aveva più voglia di pensare a nulla... gli sembrava che ogni sua azione, ogni suo pensiero, ogni suo slancio... tutto, tutto, tutto in questa viaggio, fin dal principio... fosse stato inutile. Persino il pensiero del suo amico Guisgard e della sua salute, che tanto lo aveva preoccupato quando Dukey lo aveva colpito, persino quell'ansia non riusciva a risollevarlo dal suo sconforto. Soltanto vedendo Cavaliere25 in quella cella ebbe un bagliore di interesse... "Cavaliere..." disse, con appena un accenno di gioia nella voce "Siete vivo... dov'è il capitano Belven? Dove sono gli altri?" Ma subito la sua espressione ricadde nella malinconia. "Ma che importa... se sono morti almeno la sorte ha risparmiato loro una simile tortura... noi stessi, noi che siamo vivi... a che giova?" Fissò Guisgard in silenzio per un istante. Quando l'aveva incontrato, aveva subito provato grande ammirazione per quell'uomo, e aveva sperato di poter combattere al suo fianco, per imparare qualcosa da un cavaliere che sembrava nascondere molte virtù, sotto la dura corteccia della sua guasconeria. Fissò Guisgard perchè per un istante sperò che egli sapesse trovare ancora una volta le giuste parole, quelle parole in grado di dare una volta ancora un senso a quell'avventura, o almeno un senso alla loro morte. "Ditemi, Guisgard... è così che finisce? Nelle storie che ci raccontano, i maestri d'arme ci insegnano che dovremo affrontare il nemico... i nostri migliori contro i loro, e vincano quelli che più l'hanno meritato... ma questa posto, questa battaglia, non somigliano affatto a quei racconti... ditemi, dunque... come finisce questa storia?" |
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