Camelot, la patria della cavalleria

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Melisendra 31-05-2011 18.49.40

L'uomo col cappuccio... raggelai. Come era possibile?
Mi scossi quando sentii la voce di Adele.
"Ma certo..." le risposi e mi rivolsi a Uriel, "Dormi bene, piccolo..." mi avvicinai per dargli un bacio sulla guancia e gli sussurrai "mi prometti di non pasticciare troppo con i sogni?"
Mi rialzai e strinsi le mani di Adele. "Non so come ringraziarvi, mia signora... è... davvero meraviglioso!"
Ero agitata, in realtà. Poteva averci trovato. Certamente, se era entrato nei sogni di Uriel, ormai sapeva dove si trovava. In quel momento poteva trovarsi là fuori in agguato, ad attendere di prenderci tutti e due.
Ma gli piacevano elaborati giochetti con le sue prede, perciò era altamente improbabile un attacco diretto. Forse aveva in mente qualcosa di più macchinoso. Oppure quello era solo il sogno di un bambino... e io ero inutilmente paranoica. Eppure, qualcosa, una sorta di istinto, dentro di me percepiva il pericolo.
Mi avvicinai a Gouf, nervosamente. Lo guardai negli occhi e probabilmente lui vi lesse la mia preoccupazione e la mia incertezza. Per un attimo mi sentii di nuovo in trappola. Scrutai il sole che calava dietro l'orizzonte con un misto di ansia e desiderio di vendetta. Se lo avessi trovato gli avrei cavato gli occhi e strappato il cuore prima di permettergli di toccare mio figlio o me.

Guisgard 01-06-2011 00.56.18

Adele prese con se il piccolo Uriel e ritornò in casa.
Il bambino si voltò più volte per sorridere a Melisendra ed al cavaliere che era con lei.
Un vento asciutto, improvvisamente, si alzò dalla campagna circostante ed attraversò, per un attimo, il Poggio del Sole, lasciando dietro di sé un sinistro eco d’inquietudine.
Ad un tratto due mani strinsero le spalle di Melisendra, quasi destandola dalle sue angosce.
Gouf non disse nulla, ma la fissò negli occhi per un istante che sembrò infinito.
I suoi occhi neri e penetranti apparivano insolitamente caldi ed accoglienti, quasi a voler avvolgere e proteggere lei e tutto il suo mondo.
Quel soffio di vento improvviso e spettrale gonfiò per un attimo il mantello di Gouf, per poi racchiudere in esso il cavaliere e la sua donna.
Ed in quel breve ed etereo istante Melisendra si sentì, forse per la prima volta in vita sua, al sicuro da tutto e lontana dal male che da sempre l’aveva perseguitata.
“E’ quasi buio ormai…” disse lui “… te la senti di ritornare al castello, o preferisci che prendiamo una stanza per la notte?”
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Morrigan 01-06-2011 01.28.55

Sentendo quell'esclamazione amara di Guisgard, Morrigan volse rapidamente lo sguardo nella sua direzione e gli occhi le caddero sul foglio che lui stringeva tra le mani...

... alcuni cavalieri stanno giungendo da Capomazda e ad essi consegnerete quella donna ed il suo bambino.
Saranno poi condotti a nord, in una località segreta e sconosciuta per restarvi fino al dì della morte.

Abate Ravus."

"Ravus!" esclamò "Allora è lui il nostro uomo!"

Guisgard continuava a fissare la pergamena con sguardo cupo, mentre le dita della sua mano si serravano nervosamente in un pugno minaccioso. Morrigan allora gli strappò il foglio di mano, rimettendolo al suo posto. Lo strinse per un polso e cercò di scuoterlo, obbligandolo a guardarla.

"Andiamo, Guisgard..." lo chiamò con voce dolce, ma ferma "Adesso almeno conosciamo il nome di qualcuno che conosce delle risposte... risposte che forse sono state troppo a lungo taciute... Andiamo! Dobbiamo tornare a Capomazda, al più presto!!

Melisendra 01-06-2011 01.40.37

Sorrisi e salutai con la mano Uriel che rientrava in casa. Adele ci rivolse un cenno e lo condusse dentro.
Mi girai verso Gouf e sospirai. Gli strinsi la mano.
"Se non ricordo male c'è la locanda dell'Orsa, in un vicolo qui dietro... se non ti dispiace preferirei fermarmi stanotte... io... mi sembra di percepire qualcosa..."
Chiusi gli occhi per scacciare la paura.
"E' così cresciuto..." sorrisi tra me e me. "Ed è così curioso!"
Mi strinsi a Gouf. "Ha i tuoi occhi..." Sussurrai.
Ci avviammo tra i vicoli, mentre la luce sfioriva all'orizzonte e spuntava un cielo stellato.

Guisgard 01-06-2011 01.58.59

Guisgard fissò Morrigan ed annuì alle sue parole.
“Perdonatemi…” disse una voce alle loro spalle “… ecco, potrei approfittare della vostra cortesia?” Chiese un frate appena entrato.
“Cosa vi occorre?” Domandò Guisgard.
“E’ presto detto… io ed un mio fratello abbiamo appena pulito la statua di San Michele, ma ora abbiamo difficoltà a rimettere la lancia dell’Arcangelo al suo posto…”
Guisgard si voltò verso Morrigan e sorrise.
“Certo, vi aiuteremo noi…” annuendo.
I due allora seguirono il frate che li condusse nell’androne dove su un piedistallo si trovava la statua di San Michele.
Un altro frate teneva invece fra le mani la bella lancia lunga del Primo Angelo di Dio.
Guisgard allora, salendo su una scaletta di legno, raggiunse il braccio dell’Arcangelo e vi sistemò la lancia.
“Ecco!” Esclamò raggiante il frate. “Ora San Michele è pronto per la battaglia contro il maligno!”
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Guisgard 01-06-2011 02.27.39

La notte era ormai scesa sull’intero Poggio del Sole e dalle luci delle case si alzava un delicato alone che sembrava rendere il borgo una piccola e luminosa visione, in mezzo alla sterminata oscurità che aveva avvolto l’intero bosco.
Negli stretti e pittoreschi vicoli si udivano, di tanto in tanto, canti e musica, mentre il buon profumo di carne, pane e verdure risaliva tra le stradine e le costruzioni più alte.
Quel breve soffio di vento era cessato e la campagna circostante appariva ora come incantata e silenziosa.
L’oscurità regnava ovunque, solo interrotta da qualche isolata luce che brillava, incerta e sfocata, in quel fitto manto di misteri e leggende.
Gouf e Melisendra scesero attraverso una stradina laterale, lontana dal clamore e dalla vivacità della parte centrale del borgo, dove una fila di salici pendeva i propri rami fino quasi a raggiungere il parapetto della stradina, racchiudendo quel camminamento sotto una naturale e verdeggiante galleria, nella quale l’odore delle foglie ed il loro brusio alla fresca brezza della sera donavano un tenero e riposante incanto.
“E’ un bambino molto bello…” disse Gouf “… ti somiglia… si, a parte gli occhi, ha il tuo viso… sei stata davvero coraggiosa… sei riuscita in tutto questo da sola… dovresti essere fiera di te stessa… quel ragazzino non poteva avere una madre migliore…”
Sembrava però, in quelle parole, voler tacere e celare qualcosa.
Forse per non farla preoccupare oltre, o forse per tentare di scacciare qualcuna delle sue paure.
Ad un tratto si udì un formicolio sui salici che racchiudevano quel loro passaggio e dalle foglie cominciarono a filtrare tante goccioline.
“Sta piovendo…” mormorò Gouf “… un attimo fa c’era un cielo stellato ed ora invece è tutto coperto…”
Alzò allora il suo mantello su di loro e fece cenno a Melisendra di stringersi a lui.

Guisgard 01-06-2011 03.14.16

Lho scese da cavallo e raggiunse Sayla.
Osservò allora con attenzione lo stemma indicatogli dalla giovane.
Una donna vestita di nero portava in mano una spada avvolta dalle spine di una rosa.
“Strano stemma…” disse Lho “… non appartiene a nessun ducato del regno… mi chiedo chi sia la misteriosa dama che ha spinto questi due cavalieri a battersi fino alla morte…”
Ad un tratto udirono qualcuno cantare.

“La rincorrono baroni, duchi e sovrani…
la bramano per stringerla a piene mani...
E’ la Gioia, perduta senza neanche lottare
ed ora il suo ricordo ritorna a tormentare.
Oggi si vive felici e sereni solo in apparenza,
la Gioia è celata nella Dolorosa Costumanza!”

Era un menestrello sbucato tra i cespugli.
“Salute a te, giovane cantore.” Salutò Lho. “Stiamo cercando due sposi… forse sono giunti per questo sentiero… li hai visti?”
“Si, li vidi l’altro giorno…” rispose il menestrello “… erano diretti al borgo vecchio.”
“Conosco quel luogo… ma questa strada sembra non condurre in nessun posto… sapresti indicarci un’altra via?”
“Sono diretto proprio al borgo vecchio” fece il menestrello “e se volete posso accompagnarvi.”
Lho accennò un sorriso ed annuì alle parole del gentile menestrello.

Guisgard 01-06-2011 03.36.21

Il medico entrò nella stanza di Pasuan e vi restò diversi minuti.
Minuti nei quali mille pensieri e timori invasero i cuori di tutti loro.
Quando poi finalmente il medico uscì dalla stanza, tutti gli si fecero incontro.
“Come sta? Perché non riesce a vedere? Diteci la verità!” Disse Finiwell visibilmente agitato.
“La ferita alla schiena va meglio…” cominciò a spiegare il medico “… e grazie al Cielo è scongiurato qualsiasi rischio d’infezione…”
“Ma gli occhi?” Domandò Finiwell. “Cosa diavolo c’entrano con la ferita alla schiena?”
“Ha dei segni sugli zigomi e sulla fronte…” rispose il medico “… probabilmente causati dall’aver battuto la testa in seguito al ferimento… e deve essere questo il motivo della sua cecità…”
“Ma è grave?” Chiese la madre di Pasuan.
“Generalmente questo genere di situazioni sono momentanee…”
Finiwell esultò.
“Cavaliere, la situazione resta però grave…” precisò il medico “… potrebbe passare molto tempo prima che riacquisti la vista…”
“Quanto tempo?” Chiese Finiwell.
“Non si può dire con certezza…” scuotendo il capo il medico “… può trattarsi di giorni, come di anni…”
“Anni?” Ripeté Finiwell. “Come sarebbe anni? Il mio amico dunque dovrebbe trascorrere la giovinezza come un cieco?”
“Dipende da lui, dalla sua capacità di reagire…”
“Per quanto tempo dovrà restare qui?” Domandò la madre.
“In realtà può lasciare l’infermeria oggi stesso… qui ormai possiamo fare ben poco… ora tocca a lui, alla sua voglia di vivere e di affrontare questa difficile situazione… ovviamente occorrerà anche il vostro aiuto… siete le persone più care che ha… ora ha bisogno di voi…”
“Possiamo dunque riportarlo a casa?” Chiese Finiwell.
“Si, certo.”
“Direi di portarlo in un luogo tranquillo…” disse Finiwell a Dafne e agli altri “… un luogo in cui possa stare sereno… magari al suo villaggio…”

Guisgard 01-06-2011 04.00.53

Amor, ch'a nullo amato amar perdona...
(Divina Commedia, Inferno, Canto V, 103)

La misteriosa lady Layla lanciò uno sguardo enigmatico verso Talia.
“Una maledizione…” disse con un sorriso compiaciuto “… certo, essa è reale come lo è questo luogo, come lo siamo noi… la maledizione esiste da sempre, come il peccato, come il dolore, come la morte stessa… essa è evocata dalle miserie e dalle debolezze umane e ne condanna l’infima natura davanti agli occhi di Dio…”
Fece qualche passo in avanti verso i due sposi, senza che quel sorriso indecifrabile abbandonasse il suo bellissimo volto.
“Tutto attorno a voi è intriso di quella maledizione…” continuò “… ma voi fate finta di ignorarla…” fissò allora il bellissimo costume di Talia “… Ragione…” sussurrò “… siete colta e raffinata, milady… i vostri occhi sono luminosi ed acuti ed i vostri modi sono impregnati dei più alti principi della cortesia… siete una splendida Ragione… ma, ahimé per voi, la ragione non può nulla in tutto questo… ecco il vostro dramma…”
“Parlate con parole oscure e sfuggenti, milady…” intervenne Icarius.
“Siete voi che non le comprendete!” Lo interruppe lei.
“Sembrate ben conoscere la maledizione di cui parlate…”
“Si… la conosco…” mormorò lei, come se le parole le morissero sulla bocca.
“Di cosa si tratta?” Chiese Icarius. “In nome del Cielo, ditecelo!”
“La maledizione altro non è che il peccato e la sua pena…” sussurrò la donna.

“Questo ritratto è… è magico...” disse Gyaia, rapita dalla bellezza di quel quadro “… resterei a fissarlo per ore… forse per sempre...”
Ardeliano lo fissava invece in silenzio.
“Raccontami di nuovo la sua storia...”
“E’ in realtà una leggenda…” mormorò lui “... fu voluto per rappresentare un sogno... il sogno più grande che un uomo possa fare… e come tutti i sogni appare indefinito, mutevole, etereo... proprio come i sogni sembra sfuggire ai desideri umani... è rimasto incompleto... ma secondo la leggenda chi riuscirà a terminarlo conoscerà l’amore vero, la felicità senza fine, la gioia eterna...”
Gli occhi dei due erano persi e rapiti dall’incanto di quel ritratto.
I due amanti raffigurati, fissati per sempre in quello spazio assoluto ed indefinito, sembravano sul punto di prendere vita, di animarsi e rendere vero quel ritratto.
“Adoro questa leggenda...” sussurrò Gyaia, per poi stringersi al marito.
Amava poggiare la testa contro il petto di lui e giocare col suo mantello, nascondendosi il volto.
“Amore santo...” fissandolo e sorridendo “... lo completeremo noi due, vero? Daremo finalmente un volto ai due amanti del ritratto… i nostri volti… e dopo aver completato il Ritratto del Bacio saremo felici per sempre...”
Ardeliano non disse nulla, restando a fissare quel quadro mentre mille inquietudini attanagliavano il suo animo...

“Cosa significano queste vostre parole, milady?” Domandò Icarius.
“L’amore è il ben più prezioso” rispose lei “e come tutte le cose di valore ha un prezzo… una vita senza amore è come il cielo senza il Sole, la Luna e le stelle… è come un uomo senza cuore, un verziere senza fiori, uno scrigno senza più gioielli… l’amore rende vivi… e la vostra stirpe l’ha rifiutato, maledicendo se stessa, questa terra e tutti coloro che vi abitano…”
“Non comprendo…” scuotendo il capo Icarius “… perché continuate a fare giri di parole? Voglio conoscere tutta la verità!”
Layla lo fissò con un inquietante sorriso.












cavaliere25 01-06-2011 14.45.53

Corsi a chiamare un medico a tutta velocità ci tenevo che Pasuan tornasse in forze avevamo bisogno di lui e lui aveva bisogno di noi

Melisendra 01-06-2011 16.08.55

Procedemmo lungo la stradina. Mi strinsi a lui, sotto la pioggia.
"Vorrei poter dire di avere coraggio... ma credo sia solo istinto." Mormorai.
Ero pensierosa.
In fondo alla via vidi l'insegna della locanda dell'Orsa. Entrammo e ci scrollammo di dosso le gocce di pioggia.
Mi rilassai solo quando, dopo aver preso accordi con il locandiere, ci chiudemmo alle spalle la porta di una modesta, ma accogliente camera. Rimasi a lungo in silenzio a guardare fuori dalla finestra.
Il bosco si estendeva poco lontano dalle mura che proteggevano il borgo. Lo lambiva, accogliente come una conchiglia che avvolge una perla, ma quella notte il temporale aveva conferito alla macchia un aspetto tetro.
Non avevo aperto bocca da quando mi ero seduta accanto alla finestra. Non avevo voglia di parlare.
Come facevo di solito quando ero preda di qualche tormento, iniziai a sciogliere la treccia e a pettinare i capelli con le dita.
"E' colpa mia... quando gli facevo visita nei sogni..." sbuffai. "E ora ogni volta che Uriel gioca con i suoi poteri... lui lo sente..."
Mi alzai dalla sedia e presi il mio mantello.
Era da molto tempo che non scomodavo gli spiriti, perchè ogni volta che li evocavo lui poteva sentirmi. Per lo stesso motivo non avevo mai usato appieno i miei poteri, da quando ero riuscita a scappare. "Sono stanca di fuggire." Mi diressi verso la porta e la aprii.
Fuori dalla finestra enormi gocce di pioggia cadevano dal cielo.
Mi sarei inoltrata nella foresta.
Percepii gli spiriti e li sentii favorevoli, pronti ad ubbidirmi. Nessun sentimento come l'odio attirava la loro attenzione. Cercavano il caos.
Se li avessi evocati lui mi avrebbe sentita e forse avrebbe risposto alla mia sfida.

Lady Morgana 01-06-2011 18.19.46

Lo stemma dei due cavalieri era davvero molto strano... io conoscevo tutti gli stemi esistenti, ma quello, non l'avevo mai visto.
Anche Lho non sapeva di quale ducato facessero parte i due uomini.
Mi stavo incamminando quando sentii cantare. Mi guardai intorno e vidi un menestrello; lo vide anche Lho e gli chiese indicazioni.
Ci disse che aveva visto una dama e un messere diretti al borgo vecchio.
Decidemmo di seguirlo, anche se io avevo una diversa sensazione; non saprei come spiegarlo, ma ebbi il presentimento che i due si trovassero nella chiesa costruita per Gyaia.
"Signore... sono successe cose molto strane ultimamente. Credete sia saggio fidarsi di quel menestrello?" gli mormorai.

Devo riuscire ad andare alla pieve! Devo farcela... sono quasi sicura, che sono in chiesa, anche se non so perchè... oh, sono troppo strana, anche per me!!!

"Ma forse è solo una mia impressione, signore..."
Squadrai il menestrello dalla testa ai piedi, per scoprire se ci fosse qualcosa di strano in lui.
Poi lo vidi. Nella cintura aveva un pugnale e dei barattoli pieni di strane poltiglie, con delle etichette attaccate.
Riuscì a leggere un'ettichetta e quel che c'era scritto non mi rassicurò affatto: veleno mortale.
Un brivido mi percorse la schiena e scossi la testa, come per scacciarlo.
Lo fissai e allora me ne resi conto.
I suoi occhi... color cioccolato, così profondi...

Come quelli di Nashiru...

Lady Dafne 01-06-2011 18.38.36

Fui felice di sentire la diagnosi del medico: nessuna infezione, il che voleva dire aver salva la vita. Era questo quello che importava, la cecità passava in secondo piano: lui era vivo.

Guardai Finiwell
"Sono d'accordo con voi, deve stare in un posto salubre e tranquillo. Io sono disposta a trasferirmi al suo paesino per assisterlo, posso partire subito appena avrò radunato alcune cose per me e per il bambino. Anzi, farà bene a tutti lasciare la città, soprattutto a Hubert che sta iniziando lo svezzamento" mi voltai e presi in braccio il piccolo che dormiva tranquillo dentro una cesta di vimini lì vicino. Appena lo presi in braccio si svegliò ma non pianse, guardò invece con sguardo indagatore tutte le persone che erano lì riunite e fece una smorfia buffa proprio a Finiwell. Ripresi a parlare
"Signora, Mian, ricordo che al vostro paesino c'è un piccolo casolare abbandonato, credete che si possa ristrutturarlo? Sir Finiwell se poteste chiedere a qualche cavaliere se ci aiutasse con qualche piccolo lavoro di carpenteria credo che tra pochissimi giorni potremmo portare laggiù Pasuan".

Talia 01-06-2011 18.44.10

Rimasi in silenzio durante quello scambio di battute, riflettevo...
La donna aveva accennato al mio costume... Ragione, lo aveva chiamato. Lo stesso nome con cui la vecchia moglie del sarto me lo aveva descritto...
Ragione...
Stavo riflettendo su questo quando, improvvisamente, quel lontano ricordo fece breccia nella mia mente...

Il sole stava iniziando a calare sulla campagna e anche nella stanza circolare in cima alla torre la luce iniziava a farsi meno chiara. Ombre via via più scure si stavano allungando a partire dalle colonnette che ornavano le alte finestre a bifora, l’aria si era fatta un poco più pungente e quel delicato profumo di primavera saliva dalla terra fino a me...
Io tuttavia non ci feci affatto caso. Inclinai appena la testa da un lato, come sperando che da quella diversa angolazione il mio lavoro sarebbe risultato migliore, la inclinai ancora, poi la addirizzai di nuovo ed emisi un piccolo sbuffo di scontento: era orribile. Nonostante avessi passato tutta la giornata su quel lavoro, nonostante vi avessi posto tutto il mio impegno e la mia attenzione, il risultato era decisamente deludente.
Con stizza, dunque, afferrai la tavoletta e la misi malamente da parte, poi mi avvicinai ad una delle finestre.
“Qualcosa vi turba, mia giovane signora?” domandò una voce alle mie spalle.
Mi voltai e vidi il maestro sorridermi dalla soglia di quella sala... mi chiesi da quanto tempo fosse lì, ma non glielo domandai.
“Ho fatto ciò che mi avete chiesto!” risposi, tornando a guardare fuori “Ma temo che non ne sarete soddisfatto... forse la vostra arte è troppo complessa per me!” soggiunsi con rammarico.
Il maestro era un uomo alto e robusto, i suoi modi erano sbrigativi ed essenziali ma sempre gentili, la sua voce era profonda ma mai priva di quella nota leggera che lo faceva sembrare costantemente di buon umore, era cortese ma mai lezioso.
Si avvicinò al tavolo e prese tra le mani la tavoletta che poco prima io avevo tolto dal treppiede, poi venne verso di me...
“...mmm...” mormorò quando mi raggiunse “E’ interessante... e dimostra ciò di cui vi parlavo l’altro giorno! Ditemi, milady...” soggiunse, mostrandomi la tavoletta “Dove avete sbagliato?”
Io osservai a mia volta quel disegno...
A Sygma era tradizione consolidata che ad ogni bambino, pur nobile, venisse insegnato uno dei mestieri tipici della nostra cultura. Per me era stata scelta la pittura e mio padre aveva scelto quel maestro, il fondatore della più grande bottega cittadina, come mio insegnate perché tra tutti lo considerava il migliore. Avevo iniziato a dipingere con lui da piccola e ormai mi conosceva bene.
Osservai la tavoletta che mi porgeva, sopra vi avevo dipinto una raffigurazione di San Luca, patrono dei pittori, realizzata a partire da un disegno preparatorio che il maestro stesso mi aveva fornito... ma la mia opera non era risultata affatto all’altezza delle aspettative.
Rivedendolo, storsi il naso contrariata...
“Beh...” mormorai “La realizzazione del profilo...”
“Non è questo!” mi interruppe lui.
“La tecnica...”
“La tecnica è buona!” intervenne di nuovo.
Sollevai gli occhi e gli lanciai uno sguardo truce.
Lui mi sorrise, poi si voltò e mi fece segno di precederlo di nuovo di fronte al treppiede...
“Non c’è niente che non vada nel disegno o nella tecnica!” disse, ponendomi di fronte una nuova tavoletta “Il vostro problema, milady, è che dipingete con le mani e con gli occhi... e nulla più! Ma è il cuore, milady, la sede del sentimento. Lasciate che sia il vostro cuore a concepire l’immagine, la mente a formarla... allora il lavoro che farete risulterà vivo! Vedete...” soggiunse dopo un istante, in risposta al mio sguardo perplesso “Voi siete Ragione. Voi agite con logica, siete attenta e precisa... però non tutto si risolve con la ragione, milady! Essa vi dà la forza, vi conduce sulla giusta via, ma non arriverete mai a destinazione se non sarà il cuore a guidarvi! Seguite il cuore, ascoltatelo... Giungete infine, se sarà necessario, a sacrificate la ragione per il cuore, poiché esso è la cosa importante: esso è tutto!”
Lo guardai stupita e ammirata...
“Chiudete gli occhi, adesso, mia signora...” sussurrò “E lasciate che sia il cuore a guidarvi... Vedete di nuovo quel San Luca? Vedete che è vivo, adesso?”
Lentamente mi mise tra le mani la tavola con i colori...
“Dipingetelo così, milady!”
Quello fu il primo dipinto davvero buono che riuscii a realizzare.

Uscii da quel ricordo con un vago senso di benessere e il sorriso sulle labbra...
... voi siete Ragione...
...però non tutto si risolve con la ragione...
... giungete infine, se sarà necessario, a sacrificate la ragione per il cuore, poiché esso è la cosa importante: esso è tutto...
Quelle frasi risuonavano nelle mie orecchie, rimbalzando ovunque nella mia testa.
Lentamente spostai gli occhi su Icarius e lo osservai, osservai il suo costume... e piano piano iniziai a prendere coscienza di ciò che eravamo, di ciò che eravamo stati e di ciò che eravamo diventati, cominciai a capire che niente era successo per caso...


Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 31492)
“Non comprendo…” scuotendo il capo Icarius “… perché continuate a fare giri di parole? Voglio conoscere tutta la verità!”
Layla lo fissò con un inquietante sorriso.

Quelle parole mi riscossero...
Spostai lo sguardo da mio marito a quella donna, poi lo portai di nuovo su di lui...
“La verità...” mormorai, fissandolo come mai prima “La verità... c’è niente di più delicato e di più temibile allo stesso tempo?”
Gli sorrisi, mentre i miei occhi carezzavano ogni centimetro del suo volto, poi mi voltai e fronteggiai la donna...
“Avete parlato di ‘prezzo’, milady... ebbene, desidero pagare io quel prezzo! Desidero esser io a scontare quella pena in nome di entrambi, poiché mio marito ha già espiato le sue colpe ai miei occhi! Ora ditemi, se lo sapete, come poterlo fare! Vi prego!”

Guisgard 01-06-2011 19.22.51

Gouf vide Melisendra uscire ed inoltrarsi nella vegetazione che, lussureggiante, circondava lo spiazzo della locanda.
Restò a fissarla mentre inquiete immagini attraversavano la sua mente.
Dopo un pò la pioggia cessò, lasciando nell’aria, nonostante fosse cominciato Giugno, un vento freddo che soffiava tutt’intorno senza pace.
Esseri della notte, creature tormentate.
Queste erano loro due.
Gouf lo sapeva bene.
Per un attimo l’idilliaco incanto del Poggio, il candore e i sogni del piccolo Uriel, la vicinanza di Melisendra avevano quasi fatto credere al Cavaliere del Gufo un qualcosa di nuovo, di diverso.
Un qualcosa che non fosse tinto dall’oscurità e dalla colpa.
Ma quel cielo grigio e tormentato, il vento freddo ed il silenzio che accoglieva il crepuscolo fecero svanire in un attimo quella pallida illusione.
Fissò di nuovo Melisendra, mentre la donna si apprestava ad evocare un qualcosa di arcano ed oscuro, prezzo forse troppo alto da pagare per preservare ciò che restava dei suoi sogni.

Guisgard 01-06-2011 19.55.18

Lho fissò Sayla.
“Tranquilla, lo seguiremo fino al borgo vecchio e poi continueremo le nostre ricerche da soli.” Disse, cercando di tranquillizzarla.
Seguirono così quel menestrello, che più di una volta, durante il tragitto, recitò quei suoi versi uditi in precedenza.
Poco dopo i tre giunsero al borgo vecchio.
Il grigiore del tempo aveva reso come assopito il centro abitato ed il bosco circostante appariva stranamente silenzioso.
Le strade cominciavano ad essere deserte, mentre la gente rimasta terminava le ultime faccende prima dell’imbrunire.
Lho ringraziò e salutò il misterioso menestrello che poi, dopo averli lasciati, raggiunse la locanda del posto.
“Buonasera a voi, messere…” fece Lho ad un passante “… noi stiamo cercando due giovani sposi… devono essere passati da queste parti…”
“Non ricordo di averli visti…” rispose il passante “… ci sono stati i festeggiamenti per l’incoronazione nei giorni scorsi e molte persone si sono riversate nelle strade… forse dovreste chiedere al Mastro delle Feste… lo troverete laggiù…”
Lho e Sayla allora raggiunsero l’abitazione indicata dal passante e vi trovarono il Mastro delle Feste.
“E’ passata qui molta gente e non saprei dirvi…” disse questi “… e poi erano tutti travestiti per il ballo in maschera…”
“Loro non avevano costumi, di questo ne sono certo.” Replicò Lho.
“Non ne avevano? Allora forse ricordo… erano due giovani sposi, riccamente abbigliati… si, certo, li ricordo!” Esclamò. “E consigliai loro di procurarsi i costumi in quella bottega in fondo alla strada. Forse lì sapranno aiutarvi.”
Lho ringraziò e con Sayla si recò alla bottega indicata dall’uomo.
Un attimo dopo si ritrovarono in un pittoresco ambiente, animato da marionette, maschere e coloratissimi costumi di ogni specie.

Guisgard 01-06-2011 20.09.51

“Ma non dirlo neppure!” Disse meravigliata la madre di Pasuan a Dafne. “Voi verrete a stare a casa con me e Mian! La casa è grande e c’è spazio per tutti!”
“Ben detto, mamma!” Esclamò Mian.
“Allora prepariamo le cose di Pasuan, così da poter lasciare l’infermeria domani stesso! Dammi una mano, ragazzo!” Disse poi a Cavaliere25.
“No, voglio preparare da me le mie cose…” mormorò improvvisamente Pasuan.
Tentò di scendere dal letto, ma avvertì un capogiro.
“Tu devi restare tranquillo, chiaro?” Rimproverandolo Finiwell. “Penseremo noi a tutto!”
“Non sono un relitto!” Esclamò Pasuan.
“Si, ma hai da poco ripreso conoscenza, perciò non devi agitarti troppo.”
“Ora sono cosciente e…”
“Si, ma i tuoi occhi…”
“Pensi che io sia finito, vero?” Lo interruppe Pasuan. “Credi che io sia un invalido? Sii uomo e dimmelo in faccia! Lo credete tutti, vero?” Urlò nella stanza. “Ma io non ho bisogno di nessuno! Andate via tutti!” Gridò.
“Ora cerca di calmarti, Pasuan!” Tentando di farlo ragionare Finiwell.
In quel momento entrò un cavaliere.
“Il capitano Monteguard vi sta cercando.” Disse a Finiwell e Cavaliere25.
“Cercate di farlo stare calmo…” Finiwell a Dafne “… è ancora troppo agitato… noi intanto andiamo dal capitano, ragazzo.” Rivolgendosi poi a Cavaliere25.

Lady Morgana 01-06-2011 20.39.26

Seguimmo il menestrello fino al borgo vecchio, poi egli se ne andò per la sua strada. Lo seguii con lo sgurdo e anche lui mi fissò per un lungo istante per poi sparire dentro la locanda.

Almeno, so dove trovarlo... deve averlo mandato Lui...

Chiedendo poi informazioni ad un passante, entrammo in una bottega che vendeva costumi per i balli in maschera.
Guardai incantata i bellissimi costumi che riempivano la stanza, poi vidi due spazi vuoti. Due ganci ove erano appesi due costumi, erano vuoti.
Mi rattristai e guardai in un'altra direzione.
Sentii poi un rumore, provenire dalla stanza affianco e vidi sbucare dauna porta una anziana donna indaffarata a sistemare pile di costumi.
"Mi scusi, signora. Sapreste dirmi se due givani sposi ben vestiti sono giunti qui per avere dei costumi per un ballo in maschera?"
Mi girai poi verso Lho e gli feci cenno di avvicinarsi, quella donna doveva saper qualcosa. O la nostra ricerca si sarebbe conclusa lì.

Lady Dafne 01-06-2011 20.44.24

Annuii col capo alla richiesta di Finiwell e guardai la madre e la sorella di Pasuan sossurrando
"Potreste lasciarci soli un momento? Pasuan ha bisogno di riordinare le idee, raccolgo io le sue cose qui..."
Poi mi avvicinai al letto del cavaliere, mi sedetti vicino a lui e gli baciai la guancia
"Nessuno qui pensa che tu sia un relitto, tutti vogliono il tuo bene! Siamo stati in pensiero per te. Io ho visto i loro visi quando tu non eri coscente. Ti vogliono tutti tanto bene". Gli presi una mano e me la portai al viso, mi scese una lacrima che si fermò sul suo indice
"Ho temuto di perderti per sempre, Pasuan. Il problema alla vista non mi sembra nulla in confronto a ciò che poteva capitare e poi il medico ha detto che è una condizione transitoria, devi solo pazientare e riguardarti. Io mi fido di te e so che sai badare a te stesso e infatti ti affido un compito molto importante: devi custodire un importantissimo tesoro, il più raro e prezioso che ci sia..." spostai la sua mano dal mio viso al mio grembo, l'appoggiai sulla testina di Hubert, sentii la mano di Pasuan fremere
"Lo senti? Lui è il nostro tesoro! Lo puoi tenere tu in braccio finchè io raccolgo un po' le nostre cose qui?" senza attendere una risposta gli misi il bambino in grembo.
"Nè i tuoi nè i suoi occhi vedono bene, lui è troppo piccolino ancora..." iniziai a sfasciare Hubert poi levai la camicia a Pasuan che rimase solo con la vistosa fasciatura sul petto. Mi avvicinai al suo orecchio
"Usa il tatto Pasuan, comunica con tuo figlio attraverso la pelle, lui capirà tutto ciò che vorrai dirgli!"
Mi alzai per lasciar loro un po' di intimità e intanto iniziai a raccogliere le cose di Pasuan. Presi in mano la spada con il fodero e la cintura, non mi passò nemmeno un secondo per la testa che poteva non poter più impugnarla. Sapevo che non sarebbe stato così!

Morrigan 01-06-2011 22.20.04

Morrigan seguì Guisgard e i due frati fino al basamento della statua, e studiò con attenzione il cavaliere mentre, tendendosi sulla scala, armava con cura il bell'angelo scolpito con grande maestria.
Mentre seguiva quel gesto, i suoi occhi non poterono non restare impressionati dalla bellezza di quella figura solenne, e seguendo le pieghe della veste e la fierezza del volto, alla sua mente affiorarono di colpo molteplici ricordi che le infiammarono il cuore.
Cosi, improvvisamente, sentì crescerle dentro il desiderio di accostarsi a quella statua, e appena Guisgard ebbe collocato la lancia, Morrigan ne strinse con slancio l'estremità inferiore...

... un lampo le attraversò la mente, un lampo di luce che accecò ogni pensiero... Morrigan dovette chiudere gli occhi... i colori erano tanti, erano troppi, e ruotavano intorno a lei, a lei che era troppo piccola per dominarli con un gesto della mano...
Davanti ai suoi occhi, su una grande pala d'altare finemente disegnata, uno splendido angelo reggeva una grande spada di fuoco. Aveva uno sguardo bello e terribile al contempo, e Morrigan lo fissava incantata, mentre ancora nella mano stringeva con impeto la lancia, che improvvisamente divenne incandescente. La lasciò cadere al suolo, ma l'arma non produsse alcun rumore, perchè era di colpo scomparsa, e in quel momento Morrigan si rese conto che era tornata bambina, senza capire come ciò fosse stato possibile.
Alzò gli occhi nuovamente verso la pala d'altare, e la figura alata adesso non impugnava più la spada, ma proprio quella lancia che lei aveva lasciato cadere. E la spada, invece, giaceva di fronte a lei, poggiata su una basamento di pietra liscia e scura.
"Che cosa vedi?" chiese alle sue spalle la voce di suo zio Morven.
Ma Morrigan ebbe paura di dire il vero, temendo che le sue parole sarebbero state prese per sciocca fantasticheria.
"Nulla," mentì "solo una spada"
A quelle parole la sala piombò nel buio più profondo, e la bambina sentì che qualcuno l'afferrava da un braccio e tentava di trascinarla via...
"Sei posseduta dal demonio..." borbottò una roca voce maschile, minacciosa e scura, una voce che Morrigan non stentò a riconoscere.
La stretta attorno al suo braccio si faceva così forte da farle male.
"Vi prego," supplicò la piccola Morrigan, tentando inutilmente di sfuggire a quella morsa "vi prego, lasciatemi andare, signor..."
"Sei posseduta dal demonio, come quella strega di tua madre!" la interruppe, accompagnando quell'esclamazione con una viscida risata "Avete tutti il sangue marcio... il sangue dei Cassis... sangue di uomini vili e di donne dedite ai commerci demoniaci! Non mi sorprende che tuo zio sia così vigliacco... chissà quale maleficio fate agli uomini della vostra famiglia! Ah, ma io saprò ben ripulire questo ducato... lo vedrete, sì... lo vedrete, tu e quella strega di tua madre!"
Allora Morrigan cominciò ad urlare, ma dalla sua bocca non usciva nessun suono. Stupita, si sforzò di espellere ancora più fiato dai suoi piccoli polmoni, ma il suo urlo rimase muto. Allora si ricordò dell'angelo che aveva visto e nell'oscurità le parve ancora di scorgere la luce che emanava da quell'immagine. Allora si voltò, stese la mano nel buio fitto, e il suo pugno si strinse attorno all'impugnatura di una spada. Morrigan la sollevò con straordinaria facilità, come se fosse leggera come una piuma, e ruotando quell'arma al di sopra della sua testa, recise di netto la testa dell'uomo...


Morrigan spalancò gli occhi, e la statua di San Michele incombeva su di lei, con la sua lancia e lo sguardo fiero.
Samsagra lanciò un urlo straziante che le ferì le orecchie, che ancora non erano avvezze a sentire quella voce angelica e sovrumana, mentre un lampo di luce si condensava sulla sua lama.

"Lui è vicino..." mormorò Morrigan, con gli occhi sbarrati dalla paura, come se avesse veduto un fantasma.

Ma appena detto questo, dovette stringere ancor più forte la lancia, quasi a sostenersi, e si poggiò contro il basamento della statua, come se si sentisse venir meno, mentre una goccia di sudore freddo le scendeva sul volto fattosi improvvisamente pallido.

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Melisendra 01-06-2011 22.52.49

Infilai rapidamente la porta e mi calai il cappuccio sul volto. Una volta in strada seguii una strada che mi avrebbe condotta là fuori dalle mura del borgo, nell'oscurità di un mondo che l'uomo non dominava. Camminai nel sottobosco, in mezzo all'erba umida, scostando i rami che mi impedivano il cammino e inzuppandomi l'orlo della veste.
Mi trovai presto circondata dal bosco. Una civetta lanciò il suo grido poco lontano. La luce della luna filtrò attraverso le foglie degli alberi e ne disegnò il profilo. Qualche movimento tra le fronde mi faceva indovinare la presenza di piccoli animali, mentre in lontananza un lupo ululò.
"Dove siete?" Bisbigliai.
Il vento scostò le fronde e mi aprì un varco. Seguii quel sospiro e giunsi in mezzo a una radura coperta di felci, in cui l'odore del muschio umido era così intenso da stordirmi.
"Mi sentite?" sussurrai nuovamente. E tutto intorno a me tremò. Mi sentii avvolgere, tirare e accarezzare, mentre il vento faceva fremere le felci come un mare in tempesta.
"Avrete ciò che chiedete..." sussurrai, sollevando un pugnale, pronta a scalfirmi la mano e far sgorgare quello che più li allettava. "Ma prima mostratevi."
Intorno a me il buio si strinse e balenò la luce. Una danza di luci, di fuochi azzurri. Il loro calore non bruciava. Danzavano in attesa della loro soddisfazione, quasi festosi, ma non dovevo ingannarmi, potevano diventare malevoli in un lampo.
Uno di questi sfiorò il mio viso, un altro lambì una mano. Stavano giocando.
Mi punsi appena e sgorgò una goccia, che cadde sul terreno. Le luci vi si precipitarono.
"E ora scatenatevi... chiamatelo! Fatelo venire da me!" gridai, pungendomi nuovamente e facendo scendere altre gocce. La pietra appesa al mio collo brillò nel buio.
I fuochi si scatenarono, mentre nell'aria echeggiavano risate d'ogni genere che sembravano portate dal vento. Le felci si agitarono fameliche mentre le luci continuavano la loro danza folle. Non c'era malvagità, non si preoccupavano di nulla, nè del bene, nè del male, solo di se stesse.
A un certo punto si posarono, quasi quiete, curiose tra le felci, illuminando flebilmente la notte e lambendo l'aria con le loro fiammelle.
Il cuore mi batteva forte. Strinsi il pugnale e lo tenni al mio fianco.
Osservai l'oscurità, ogni movimento della vegetazione che mi circondava. Il vento mi portò sensazioni conosciute e un tempo temute. La paura era scomparsa.
"Dove sei?" sibilai. "Dove sei, maledetto bastardo?" Mi scostai il cappuccio dalla fronte e sentii la mia voce echeggiare nella notte.
Qualcosa si muoveva, qualcosa era stato chiamato e presto sarebbe comparso davanti ai miei occhi, impalpabile come una nebbia sottile. Non avrebbe potuto nuocermi. I fuochi mi si strinsero intorno, come una barriera.
"Rispondi!!" Gridai furiosa. "Lo so che mi senti! Rispondi!"

Guisgard 02-06-2011 00.50.37

La notte.
Era giunta silenziosa ed inesorabile.
Calata sul bosco, con la sua alchimia aveva mutato quel verdeggiante sfondo in una massa informe ed indefinita, i cui intensi ed ancestrali odori di terra e di umidità sembravano capaci di ammaliare i sensi.
In un simile scenario la mente e lo spirito abbandonano l’abituale visione del mondo e delle cose, per calarsi in una realtà incantata, dove il tempo e lo spazio assumono contorni irreali ed indefiniti.
Qui l’umana condizione conosce una dimensione differente, dove la cognizione di se stessa si altera inesorabilmente.
Stadi di conoscenza profondi e mutevoli si aprono, ospitando l’anima di chi vi approda e penetrando nei più reconditi meandri della coscienza umana.
Ad un tratto Melisendra avvertì qualcosa.
Un’angosciante sensazione di paura e morte.
Una sagoma, una figura prese forma nell’oscurità.
Due occhi si accesero in un volto celato dal buio.
Due occhi feroci che la fissavano.
Poi una smorfia, grottesca e terribile, simile ad un delirante ghigno.
“Uriel… è mio…”
Poi un eco lontano sembrò perdersi nell’immensità della notte, per mutare e svanire al passaggio di un lieve e freddo soffio di vento.
All’improvviso il caldo contatto di una mano le strinse il braccio.
“Non dovresti farlo…” disse Gouf giunto improvvisamente “… non più… altrimenti non ti libererai mai del tuo passato e delle sue miserie… non riesci a capirlo?”

Guisgard 02-06-2011 01.27.37

La donna fissò Lho e Sayla.
“Si, ricordo i due sposi…” disse “… presero in prestito dei costumi, lasciando i loro abiti in pegno… ma non sono ancora tornati per riprenderseli.”
In quel momento entrò un anziano uomo, marito della donna.
Questa spiegò al marito il tutto e lui si voltò verso Lho e la sua giovane compagna di viaggio.
“Venite forse a nome di quei nobili sposi?” Chiese. “Si, i loro modi, il loro portamento ed il loro aspetto non potevano certo ingannare… erano di alto lignaggio e nobile sangue.”
“Infatti…” fece Lho “… essi erano l’Arciduca di Capomazda e la sua giovane sposa.”
“Per tutti i diavoli!” Esclamò sorpreso il vecchio, per poi fissare sua moglie. “Sua signoria e la Granduchessa nella nostra bottega!”
“Si, proprio così.” Annuendo Lho.
“Allora è ancora più imperdonabile la mia trascuratezza…”
“Di cosa parlate?”
“Ecco… l’altra notte un ladruncolo è penetrato nella bottega, fuggendo poi proprio col vestito di sua signoria… sono mortificato, perdonatemi…”
Lho lo fissò.
“Ora capisco il cadavere ritrovato con indosso gli abiti di lord Icarius…” rivolgendosi a Sayla “… ma chi sarà stato ad uccidere ed a ridurre in quello stato quel ladruncolo?”
In quel momento il menestrello che li aveva condotti nel borgo vecchio entrò nella bottega.
“Buonasera a voi, buon uomo!” Salutò.
“Finisco di parlare con queste persone e sono da voi, menestrello.” Disse il vecchio.
“Solo per chiedere, poi attenderò, non temete…” sorridendo il menestrello “… sto preparando una ballata e mi occorrono due marionette… ma non due marionette comuni… ecco, io devo rappresentare la storia di una celebre coppia, quindi mi occorrono un Admeto ed un’Alcesti, oppure un Tristano ed un’Isotta, o un Erec ed un’Enide, o anche un Lancillotto ed una Ginevra…”

Guisgard 02-06-2011 01.35.43

Guisgard, messa a posto la lancia nella mano di San Michele, balzò giù e sorrise soddisfatto.
“Ecco, l’Arcangelo è ora armato come si conviene!” Disse ai due frati.
Si voltò poi verso Morrigan e vide quell’espressione stravolta sul volto della ragazza.
“Cos’hai?” Chiese. “Sembra tu abbia visto un fantasma!”
Si rivolse poi ai due frati:
“Fratelli, possiamo avere qualcosa di forte? Forse mia moglie non si sente tanto bene…” e aiutò la ragazza a sedersi su una panca posta lì vicino.
“Ecco, questo le farà bene…” disse uno dei frati, porgendo una piccola coppa a Morrigan “… è un liquore che facciamo noi qui… sono generazioni che noi frati conosciamo la formula… bevete e vi sentirete meglio, milady.”

Melisendra 02-06-2011 01.40.40

Eccolo, davanti a me, con la sua risata beffarda e il consueto ghigno.
"Non sarà mai tuo! Hai capito, viscido verme? Mai!"
I fuochi intorno a me fiammeggiarono di furore, eccitati da tutto quel fluire di emozioni. Lo stavo sfidando apertamente.
Aprii nuovamente la bocca per gridargli la mia rabbia, ma lo sentii scivolare via. Cercai di trattenerlo.
"Dove credi di andare?!"
Sentii qualcosa sfiorarmi il braccio e percepii gli spiriti agitarsi e fuggire. Il cerchio si era rotto.
La visione evocata si dissolse e gli spiriti tornarono nel loro mondo con una forte folata di vento che mi lasciò al buio, mentre a poco a poco mi riabituavo alla luce fioca della luna.
"Torna qui!! Devi ascoltarmi!" Gridai. Il mio sangue aveva nutrito gli spiriti e loro avevano nutrito me. Gridai la mia rabbia col vento. Ogni sferzata di vento mi faceva sentire più leggera. La mente si stava perdendo in quel sollievo. Feci tremare le fronde degli alberi.
Mi accorsi che era stato Gouf a parlare, comparso da chissà dove. Mi stringeva il braccio.
Placai i venti e mi scrollai dalla sua presa.
"Lasciami! Che cosa ci fai qui?" lo scrutai, agitata come una gatta selvatica.
"Non scappo più dal passato."
Mi osservai la mano al chiaro di luna. Scintillava di sangue rappreso, ma di ferite nemmeno il segno. Avrei dovuto versare sangue ogni luna per preservare la benevolenza degli spiriti.
Il pugnale mi cadde di mano. Finii seduta in mezzo alle felci, respirando come se avessi fatto una lunga corsa. Osservai Gouf di sottecchi, quasi risentita. Non avrebbe dovuto seguirmi.
Lontano una civetta lanciò il suo grido nella notte.

Guisgard 02-06-2011 01.55.50

Gouf la fissò Melisendra per alcuni istanti senza dire nulla.
“Perché sei venuta qui? Quel bambino non ha bisogno di te…” disse poi Gof “… a lui occorre una madre che lo curi, che lo protegga, che lo ami… non una come te, capace solo di metterlo in pericolo… sei venuta dunque fino a quaggiù per coinvolgerlo nei tuoi incanti? Una gatta sarebbe miglior madre di te!” Aggiunse con disprezzo. “Non avevi il diritto di entrare così nella sua vita… dovevi portargli amore e gioia, non le tue stregonerie… lascia questo luogo e torna nelle strade, a compiacere e servire i potenti ed i malvagi che fino ad ora ti hanno offerto protezione e ricchezza… va, torna da loro e ripagali con l’unica cosa che possiedi… dona loro il tuo corpo e la tua bellezza… vattene, perché non hai il diritto di far soffrire quel bambino…”
Un eco sordo ed inquieto sembrò ingoiare le parole di Gouf, mentre i suoi occhi neri e vivissimi si confondevano con le tenebre che avvolgevano entrambi.

Melisendra 02-06-2011 02.41.57

Mi sdraiai tra le felci, cercando di placare l'affanno. Sopra di me solo gli scuri occhi accusatori di Gouf e una volta di foglie che sussurravano una leggera brezza.
Improvvisamente tutto passò. Il respiro si fece regolare.
Socchiusi gli occhi per il sollievo.
Pensai alle dure parole di Gouf. Come osava giudicarmi? Cosa gli dava il diritto di scegliere per me o per Uriel?
MI rimisi a sedere e mi alzai. Scrollai il mantello e mi voltai verso Gouf.
"Preferisco essere la cattiva madre di un bambino vivo e libero, piuttosto che la brava, buona e amorevole madre morta di un bambino destinato a vivere di orrori per il resto della sua vita..." esitai "ma forse... questa parte non ti è nuova." Lo guardai con rammarico. Le sue parole mi avevano ferita.
"Se non fossimo venuti qui non avrei mai saputo che l'aveva trovato."
Raccolsi il pugnale e lo consegnai a Gouf. In fondo glielo avevo sottratto.
"Ora sa che prima di prendere Uriel dovrà uccidere me. Non gli basterà arrivare qui e mettere a ferro e fuoco ogni cosa, come fece quando prese me. Non ci sono solo pedine intorno a lui e proprio lui mi ha insegnato questo gioco."
L'aria della notte mi sfiorò i capelli come in una carezza. Potevo sentirli, nascosti da qualche parte che ci osservavano, come timidi bambini curiosi. Quasi sorrisi.
Tornai a guardare Gouf negli occhi. Ero più delusa che arrabbiata.
"Se questo è quello che pensi di me... non vedo cos'altro abbiamo da dirci."
Mi voltai in direzione del borgo e iniziai a scostare rami per aprirmi un varco.

Guisgard 02-06-2011 02.58.13

Gouf la seguì e la raggiunse.
Le afferrò un braccio per fermarla e la schiaffeggiò.
“Credi davvero di poterlo fermare o intimorire con questi giochetti di prestigio? No, sai bene che non puoi…” disse “… lui è troppo potente… ma è lontano … ormai sono anni che non si mostra… forse sarà morto, chi può dirlo… ma tu continui a vivere con questa paura… l’hai reso un fantasma… un fantasma destinato a tormentarti in eterno… e vuoi rendere vittima di questa ossessione anche tuo figlio…” la fissò con durezza “… sei una sciocca, Melisendra… una sciocca… se anche quell’uomo fosse vivo… se dovesse ritornare dall’Inferno, non potrebbe mai far del male a te ed al bambino… perché io non lo permetterò…”
Prese il pugnale dalle sue mani e lo fissò.
Il simbolo del gufo sembrava scintillare in quell’inquieta notte senza sogni.
Tornò a fissarla per qualche altro istante, poi scosse il capo e tornò verso la locanda.

Guisgard 02-06-2011 03.08.45

Pasuan restò col piccolo Ubert in braccio senza dire nulla.
Lo cullava dolcemente ed il bambino sembrava tranquillo fra le sue braccia.
Avvertì un senso di pace e per un momento tutti i suoi pensieri più tristi e le sue preoccupazioni svanirono.
Ma durò solo un istante.
Qualcosa attraversò la sua mente e lo turbò.
“Riprendi Ubert con te…” disse “… potrei farlo cadere… riprendilo! Hai sentito? Devi riprenderlo! Hai affidato il tuo bambino ad un povero cieco… che razza di madre sei!”
A quei suoi urli, la madre e Mian rientrarono nella stanza.
“Cosa succede?” Domandò sua madre.
“Mamma…” mormorò Pasuan “… voglio andar via… voglio tornare a casa… e voglio tornarci ora…”
“Si, tranquillo…” sussurrò sua madre “… il medico ha detto che puoi lasciare l’infermeria… Dafne sta raccogliendo le tue cose, così potremmo tornare a casa tutti insieme…”
“No, non voglio che lei venga con noi…” disse Pasuan “… non mi servono i suoi sensi di colpi e la sua pietà… non voglio vederla mai più… mai più…” e nel pronunciare queste parole strinse con rabbia le lenzuola fra le sue mani.

Melisendra 02-06-2011 03.27.51

Mi sfiorai la guancia e mi adirai.
"Gouf!" Lo seguii.
Gli sbarrai la strada e feci qualcosa di cui non credevo di essere capace.
L'edera rampicante che si era avvolta lungo i tronchi e i rami degli alberi iniziò a crescere, rapida e sinuosa come un serpente. Avvolse le gambe e le braccia del Cavaliere del Gufo, immobilizzandolo.
Ero stupita. Osservai l'edera senza nascondere la mia sorpresa. Gli aveva avvinto i polsi e strisciava verso il petto. Accarezzai le foglie, che smisero di crescere.
"Non ti azzardare a rifarlo..." Gli sussurrai, avvicinando il mio volto al suo.
Lentamente presi la sua spada e il mio sguardo si spostò da lui alla lama e viceversa.
Mi avvicinai nuovamente a lui e lo baciai. Un lungo bacio. Quindi mi allontanai di un passo sollevai la spada e quando la riabbassai tranciai di netto i rampicanti. Caddero a terra, immobili.
"Non puoi farci niente... non è morto. Non è nemmeno così lontano..." appoggiai la pesante spada e mi massaggiai un polso.

Guisgard 02-06-2011 03.51.29

Gouf osservò i rami cadere mozzati a terra.
Fissò poi Melisendra, con ancora il sapore della bocca di lei sulla sua.

“Cosa cerchi ancora qui, cavaliere? Dimmelo!” Disse quell’uomo avvolto nel suo nero mantello.
“Sono qui per prendere la donna e…” Gouf lo fissò con odio “… la tua vita!”
“Stolto mortale…” ridendo l’oscuro signore “... credi che quell’armatura possa davvero proteggerti in eterno? Se il mio piano è fallito è solo perché questa sciocca donna è stata incapace di attuarlo! Ma presto me la pagherà...”
Gouf spostò in un attimo lo sguardo verso Melisendra, per poi portarlo di nuovo su quell’uomo.
“Voglio quella donna…” mormorò il cavaliere.
L’uomo si abbandonò a quella sua delirante ed agghiacciante risata.
“E’ stata lei a tentare di ucciderti, cavaliere…” disse “… lei ti ha tradito...”
Gouf lo fissava senza tradire emozioni.
“Ed ora sarà lei a dirti cosa vuole…” continuò l’uomo “… avanti, Melisendra… diglielo… digli che verrai con me di tua spontanea volontà…”
In quel momento un volto, un nome attraversò la mente ed il cuore di Melisendra… Uriel.
“Si… verrò con te, mio signore…”

Quel ricordo, come un lampo, tornò ad infiammare per un attimo Gouf.
Le si avvicinò allora e prese il polso di lei fra le sue mani.
“Una donna non dovrebbe mai maneggiare la spada di un uomo…” mormorò massaggiandole il polso “… essa è la sua più fedele compagna… forse l’unica di cui un uomo possa fidarsi… forse l’unica che non tradisce mai…”
Un attimo dopo riprese la strada per la locanda, lasciando Melisendra alle sue inquietudini.
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Melisendra 02-06-2011 04.37.28

Lo guardai precedermi. Rallentai il passo e respirai nuovamente l'aria della notte. Ogni respiro sembrava purificarmi da tutte quelle sensazioni di rabbia che mi avevano accecata prima.
Qualche stella brillava sopra di me.
Svoltai nel vicolo della locanda e vi entrai. Salii nella camera e silenziosamente aprii la porta.
Mi sfilai il mantello e mi pulii versando acqua fresca da una brocca. Iniziai a slacciare i lacci della veste. Ero un po' infreddolita.
Mi avvolsi in una coperta che era adagiata sul letto e improvvisamente lo sconforto mi investì come un uragano. Iniziai a piangere.
Grosse lacrime scendevano lungo le guance e io non riuscivo a fermarle. Frenai i singhiozzi, ma le lacrime continuavano ad annebbiarmi la vista. Strinsi le ginocchia al petto e chinai il capo.
Appoggiai la testa tra le mani e cercai di scuotermi di dosso la tristezza, la stanchezza.

Guisgard 02-06-2011 05.14.33

Ardeliano galoppava nell’oscura brughiera, seguito dai latrati dei suoi cani.
Tirava con vigore le redini ed affondava gli speroni nei fianchi del suo destriero, mentre il cielo sopra quella landa si contorceva e tormentava, tra il sinistro sibilo del vento e lo spettrale boato dei tuoi in lontananza.

In quella maledetta notte sembrava che le forze del male si fossero date appuntamento in quel delirante scenario di rocce e tenebre.
Ad un tratto i cani apparvero impauriti, come se un’oscura presenza li intimorisse.
Ardeliano li chiamò, li incitò, li maledisse, ma essi restarono fermi come inchiodati da una paura primordiale ed innaturale.
Ma non dirò oltre del terrore che attanagliò i cani.
Dirò soltanto della tomba...
Apparve ad Ardeliano, sul lato più remoto ed oscuro della collinetta che si formava sul sentiero, una tomba misteriosa ed abbandonata.
Sembrava appartenere ad un’antica e nobile famiglia.
Era di marmo pesante, scolorito e corroso dal tempo e dalla furia della natura.
Era scavata nel ventre di quella collinetta e solo la porta, un’antica e spessa lastra di granito bloccata da cardini ormai consumati dalla ruggine, sembrava capace di emergere dagli sterpi e dai rovi.
L’arciduca si avvicinò a quell’antica costruzione, cercando di scorgere il nome e lo stemma dei proprietari.
Ma quando fù a pochi passi dalla tomba riuscì a leggervi un nome.
Anzi, due nomi: il suo e quello di sua moglie.
Ad un tratto la lastra si spostò, liberando l’ingresso della tomba.
“Sono qui, Ardeliano...” disse una voce proveniente dall’interno.
Era la voce di sua moglie Gyaia.
Ardeliano allora si avvicinò all’entrata della tomba, ma prima che potesse attraversarla vide una figura emergere dalla desolata landa circostante: era Gyaia che lo fissava con due occhi intrisi di folle dolore e disperazione.
Il volto e gli occhi erano i suoi, ma quella donna non era Gyaia, pensò subito Ardeliano.
“Dov’è mia moglie?” Gridò l’Arciduca. “Dove?”
Ma nessuno rispose a quella disperata invocazione.
In quel momento qualcosa emerse dall’entrata della tomba e lo raggiunse.
Ardeliano ebbe solo il tempo di voltarsi e vedere, per un breve istante, l’orribile visione di morte che lo assaliva.

Layla restò un attimo in silenzio, dopo aver raccontato dell’orribile maledizione.
“Essa è detta Gioia dei Taddei…” mormorò “… poiché col suo demoniaco incanto nega alla vostra stirpe la gioia che nasce dall’amore.”
“E’ dunque a causa della colpa di Ardeliano che ancora oggi noi Taddei siamo perseguitati da quest’orrore…” disse Icarius.
Layla annuì.
“E non vi è modo per vincere questa maledizione?” Chiese Icarius.
“Solo quando la vostra stirpe si estinguerà, la maledizione avrà fine.”
Si voltò poi verso Talia.
“Il prezzo, milady?” Chiese. “Il prezzo è troppo alto perché è legato alla vita stessa… e voi, come vostro marito, potete definirvi vivi? No, non lo siete… siete simili a marionette dalle movenze grottesche… marionette senz’anima e senza cuore… i Taddei hanno rifiutato l’amore e questo li ha condannati per sempre… ora lasciate questa pieve… i miei cavalieri hanno già ucciso un ladruncolo che si aggirava nella brughiera… ora attendono voi…”
“Tu non pagherai nessun prezzo…” disse Icarius a Talia “… hai già sofferto abbastanza a causa mia… milady…” rivolgendosi poi a Layla “… amo la vita, ma non temo la morte… vi chiedo solo una grazia… il modo per risparmiare mia moglie… voglio che ritorni sana e salva a Capomazda… il resto per me non conta…”
“Siete uno dei Taddei” replicò freddamente la donna “e non vi importa nulla di questa ragazza… il vostro è solo un disperato tentativo di salvarvi la vita…”
“Siete tanto bella, eppure avete il cuore tanto arido… perché? Chiedo solo che a mia moglie sia risparmiata la vita… prendete pure la mia… ma risparmiate quella di Talia…”
Layla lo fissò.
“Amate davvero vostra moglie?”
“Si.”
“Tanto da non separarvene mai?”
“Il giorno e la notte sono solo sbiaditi riflessi di vita se lei non è con me… lei scandisce ogni attimo della mia vita… senza di lei sono morto…”
“Cosa avete nella cintura?” Chiese la donna.
Icarius fissò la rosa che il vecchio dei costumi gli aveva dato.
“E’ l’arma del mio costume…” prendendola Icarius.
“I fiori hanno un nome…” disse la donna “… quello di quel fiore?”
“Colui che mi ha dato questo fiore lo ha chiamato Mia Amata… ora che è mio esso ha dunque nome Talia, la donna che amo…”
“Donatemi quel fiore e vi lascerò andare…” sorridendo Layla “… lasciatemelo e tornerete sani e salvi a Capomazda…”
http://3.bp.blogspot.com/_XbXGepCsOR...tratte3727.jpg

Lady Dafne 02-06-2011 11.43.07

Stavo tranquillamente infagottando alcune poche cose quando sentii Pasuan alzare la voce
Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 31576)
“Riprendi Ubert con te…” disse “… potrei farlo cadere… riprendilo! Hai sentito? Devi riprenderlo! Hai affidato il tuo bambino ad un povero cieco… che razza di madre sei!”

Mi spaventai, Hubert si mise a piangere disperato; lo presi immediatamente in braccio e cercai di calmarlo senza dire nulla. Sentii Pasuan parlare con sua madre, non intervenni, alla fine non facevo parte della famiglia. Ma poi fui coinvolta nei discorsi

Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 31576)
“No, non voglio che lei venga con noi…” disse Pasuan “… non mi servono i suoi sensi di colpi e la sua pietà… non voglio vederla mai più… mai più…”

Speravo di non aver sudito bene, quelle parole mi fecero più male di un pugno allo stomaco. Mi si riempirono gli occhi di lacrime e ribollì il sangue nelle mie vene. Istintivamente avanzai verso Pasuan e gli diedi un sonoro ceffone sul viso. Non parlai e mi limitai a correre via, volevo andarmene a casa, dimenticarlo. Mi fermai invece appena fuori dalla porta dell'infermeria e, vinta dalla rabbia, dal dolore e dalla stanchezza, mi accasciai al suolo abbandonandomi ad un pianto nervoso. Non riuscivo a fermarmi e anzi le lacrime aumentavano sempre più! Ero arrabbiata con Pasuan per come mi aveva trattata, ero arrabbiata con me stessa per aver schiaffeggiato un uomo che non vedeva e che non poteva difendersi, ed ero disillusa: con questo brutto carattere Pasuan non sarebbe guarito mai.

Lady Morgana 02-06-2011 19.48.06

Parlammo con la donna e con suo marito, che avevano dato ad Icarius e Talia i costumi per il ballo. Ci dissero anche che un ladro aveva rubato i vestiti di sua signoria e così si spiegava il cadavere ritrovato nel bosco.
Stavamo ancora discutendo, quando una voce ci interruppe.
Il menestrello entrò nella bottega e disse di voler rappresentare una ballata con due giovani innamorati come Tristano e Isotta o Lancillotto e Ginevra..
Lo guardai stupita: ora stava esagerando.

Perchè non è rimasto nella locanda?

Non volevo che mi seguisse per spiarmi, così cercai feci un po' l'ingenua, ma nello stesso tempo la persona seccata.
"Non credo troverete qui ciò che cercate, menestrello. Dovrete chiedere aiuto da un'altra parte. La prego signore" dissi poi riferendomi all'anziano signore con cui stavamo parlando "continuate. Sapreste forse dirci dove potremmo trovare l'Arciduca e sua moglie?"
Diedi le spalle a Nishuru. Ero arrabbiata con lui, ma cercai di non darlo a vedere o Lho avrebbe iniziato a fare dinuovo domande su chi fossi in realtà.

Io sono la migliore! Perchè ha mandato Nishuru a controllarmi? Manderà a monte tutto...

Guardai speranzosa il proprietario della bottega. Dovevamo trovare il prima possibile Icarius e Talia, per poi, in un qualche modo, avvicinarmi al tanto temuto Cavaliere del Gufo, colui che indossa un'armatura impenetrabile da qualsiasi arma o magia.
Tirai Lho per una manica e bisbigliai in modo che solo lui potesse sentirmi.
"Credete che li ritroveremo, signore? Io non so più cosa pensare... forse sono morti! Inoltre si sta facendo buio e il bosco è già abbastanza strano e pericoloso di giorno."
Mi strinsi a lui per fare un po' di scena.
"Voi continuate se volete, ma io preferirei stare alla locanda questa notte, sono successe così tante cose, oggi..."
Lo fissai speranzosa.

Se mi lascia alla locanda e continua le ricerche da solo, io potrei inanzitutto parlare con Nishuru e convincerlo ad andarsene, e poi... poi andrei alla pieve, ho ancora la strana sensazione che Icarius e Talia siano là...

Talia 03-06-2011 19.28.53

Rimasi affascinata dal racconto di Layla... spaventata, sconvolta, terrorizzata, ma affascinata.
Poi le sue parole... sapevo qual era il prezzo, Gyaia stessa me lo aveva detto... ma non mi importava: io volevo solo che Icarius stesse bene!

Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 31580)
“Tu non pagherai nessun prezzo…” disse Icarius a Talia “… hai già sofferto abbastanza a causa mia… milady…” rivolgendosi poi a Layla “… amo la vita, ma non temo la morte… vi chiedo solo una grazia… il modo per risparmiare mia moglie… voglio che ritorni sana e salva a Capomazda… il resto per me non conta…”

Mi voltai di scatto verso di lui, lo fissai un momento poi sollevai una mano a sfiorargli il viso...
“Non dire così!” mormorai “Non essere impulsivo...”
Improvvisamente un nodo mi strinse il petto e la gola...
“Non puoi dire sul serio...” mormorai quindi al suo orecchio “Tu mi hai fatto una promessa, ricordi? Mi hai promesso di non lasciarmi mai più sola! Mai più, Icarius! Mai più, per nessun motivo!”
Mi ero aggrappata al suo braccio con entrambe le mani, ero agitata, tremavo...
Ma fu la donna a trovare un’altra soluzione.

Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 31580)
“Cosa avete nella cintura?” Chiese la donna.
Icarius fissò la rosa che il vecchio dei costumi gli aveva dato.
“E’ l’arma del mio costume…” prendendola Icarius.
“I fiori hanno un nome…” disse la donna “… quello di quel fiore?”
“Colui che mi ha dato questo fiore lo ha chiamato Mia Amata… ora che è mio esso ha dunque nome Talia, la donna che amo…”
“Donatemi quel fiore e vi lascerò andare…” sorridendo Layla “… lasciatemelo e tornerete sani e salvi a Capomazda…”

Senza lasciare il suo braccio né allontanarmi da lui, i miei occhi vagarono da Icarius alla donna, al fiore, poi di nuovo a Layla e infine di nuovo a mio marito...
Una strana sensazione mi stava invadendo... una sensazione curiosa e indefinita... ma avevo bisogno di credere a quella via di fuga, ne avevo bisogno assoluto... e ci credetti con tutte le mie forze.

Guisgard 03-06-2011 19.50.36

Le lacrime hanno mille volti ed infiniti significati.
Una volta un poeta scrisse che il più grande dolore era rappresentato dalla Passione di Cristo.
Poi vi erano le pene d’amore.
E cosa invece tormentava il cuore di Melisendra?
La paura per il piccolo Ubert?
O quella per il ritorno del suo oscuro padrone?
O forse c’entrava anche Gouf in quel pianto disperato?
Il Cavaliere del Gufo si sdraiò sul letto e restò in silenzio avvolto nei suoi pensieri.
Trascorsero così diversi momenti, fino a quando lui sfiorò i piedi nudi di lei con una carezza.
Non disse nulla, ma quel leggero tocco stava a significare la sua presenza, la sua vicinanza a lei.
E per qualcuno questo è il tesoro più grande…
Il giorno giunse presto, tra inquietudini e malinconie antiche.
E quando il Sole fu visibile oltre i monti del nord, Gouf e Melisendra ripresero il cammino verso il castello dei Cimarow.

Guisgard 03-06-2011 20.22.24

Dafne piangeva.
Calde e grandi lacrime scendevano sul suo tenero viso.
In quel momento una volto tornò ad animare i suoi ricordi… era quello di Friederich.
Quando restiamo soli il passato torna con i suoi incanti, le sue illusioni.
Torna con i sogni rubati, mai svaniti eppure eterei, lontani, sbiaditi.
Come uno spettro, il passato torna a confonderci, ad ammaliarci.
Il futuro allora, unica vera dimora dei sogni ancora vivi e reali, della nostra felicità, della nostra gioia, assume l’immagine di un castello incantato, dalle mura altissime ed invalicabili.
In quel momento qualcuno si avvicinò a Dafne: era Mian.
La ragazza le sorrise e l’abbracciò forte.

Guisgard 03-06-2011 20.30.33

Lho fissò Sayla senza risponderle nulla.
“Buon uomo…” disse Lho all’anziano padrone della bottega “… sapreste dirci dove potrebbero essere ora sua signoria e la Granduchessa?”
Il vecchio scosse il capo.
“Ma torneranno per restituire i costumi…” mormorò poi il vecchio “… lord Icarius mi ha dato la sua parola…”
Lho annuì.
Accompagnò poi la giovane Sayla alla locanda, dove prese due stanze.
Lasciata là la ragazzina, come lei stessa aveva chiesto, Lho uscì di nuovo nel borgo vecchio per cercare altre notizie su Icarius e Talia.

Melisendra 03-06-2011 20.46.38

La stanchezza mi aveva colpita più profondamente di quanto pensassi.
La situazione era frustrante.
Uriel era al sicuro, ma non avevo idea per quanto tempo ancora sarei riuscita a distrarre il mio signore. Gouf non riusciva ad allontanare da sè il sospetto. Quello che aveva detto in preda all'ira mi aveva dato una chiara idea di cosa pensasse realmente.
Cavalcammo silenziosamente per un po'.
Continuai a tenere il cappuccio calato sul volto e a pensare la mia prossima mossa. Nel frattempo sentivo le mie nuove forze agitarsi dentro di me, come una marea oscura e tremendamente allettante. Sentivo che avevo messo a rischio qualcosa, una parte della mia anima forse, per avere il dominio su quelle forze. Ma avrei potuto difendermi, col tempo sarei diventata abbastanza forte da contrastare il pericolo. Averlo sfidato poteva essere una condanna a morte, ma forse avevo qualche possibilità.
Iniziai a domandarmi se non avesse qualcosa a che fare con l'assalto a Capomazda. Era nel suo stile servirsi di pedine per ottenere quel che voleva. La caduta di Capomazda avrebbe inferto un duro colpo alla Fede e avrebbe creato il Caos. Avrei dovuto pensarci su e valutare quell'ipotesi.
Dovevo impedire quella guerra. Prima che fosse troppo tardi.
"Gouf..." mi schiarii la voce "Perchè volesti portarmi via, dopo che avevo tentato di ucciderti?"
Quel ricordo era riapparso improvvisamente. Non avevo idea che fosse succcesso. L'ultima immagine che avevo sempre avuto di Gouf era quella di lui immobile e accasciato sul pavimento davanti a me.
Aggiunsi. "E perchè io non ne ho memoria?" sussurrai.


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