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Mentre continuavamo a parlare tranquillamente Betta venne ad avvisarci.
<< Molto bene, arriviamo subito>> Fui felice che anche Svevos e sua madre Dauna fossero al tavolo quella sera, erano decisamente ospiti che gradivo molto di più dei soliti. Chiesi solo qualche minuto da sola per prepararmi, cercando di superare me stessa quella sera, sperando che questo a Jean facesse piacere. Una volta pronta e più che soddisfatta, insieme ai due pellegrini mi recai nella sala da pranzo.http://41.media.tumblr.com/1b15daabc...lhxoo1_500.jpg |
"Una figura incappucciata..." disse pensieroso Solo "... forse era un bandito, magari uno dei miei compagni che mi cercava... oppure, chissà, sarà uno dei tanti traditori che sfuggono ai soldati del Maresciallo..."
Poi Altea lasciò la rocca e raggiunse la taverna. Qui trovò l'ambiente pullulante di clienti. "Alla buon'ora!" Esclamò il taverniere nel vedere la dama arrivare. "Ci siamo presi una lunga vacanza, eh!" |
Le parole di Solo confermarono i miei sospetti..meglio di lui, nessuno poteva sapere chi fosse la persona misteriosa.
Entrai in locanda sospirando...si respirava odore di alcool..ovvio a quella ora vi stavano uomini dal ritorno del lavoro ma pure viaggiatori per fortuna. Alle parole del taverniere abbassai la testa, mi spiaceva mentire ma non avevo altra possibilità "Sono caduta e mi ero slogata un polso e sola a casa non potevo fare nulla...vi chiedo scusa...stasera lavorerò sodo fino all' albeggiare cosi avrete pronto pure per domani mattino". Poi sorrisi a Milla, la figlia del padrone, eravamo quasi coetanee e forse la unica donna amica. Presi le comande ai tavoli e iniziai a servire. |
Mi destai da quel sogno con la sensazione che fosse vero... già, perché erano le stesse sensazioni che avevo provato quella notte, quando più e più volte avevo tremato, mi ero lasciata andare oltre ogni limite, quando il piacere mi aveva travolto rendendomi schiava. Mi chiedevo se l'avrei mai rivisto, se davvero sarebbe venuto a cercarmi come aveva detto o se aveva visto in me un'occasione da cogliere. E certo non avrei potuto biasimarlo, l'avevo provocato io, provocazioni alle quali un uomo di solito non resiste. Ero dubbiosa, ma il cuore sperava.
Mi alzai dalla tinozza e mi avvolsi nel telo da bagno, guardandomi allo specchio... Inviato dal mio Z00D utilizzando Tapatalk |
La misteriosa figura incappucciata prese a camminare nella sacrestia, mentre Frate Roberto appariva oltremodo pensieroso.
Clio, intanto, era sempre nascosta ad ascoltare. "Comunque" disse con tono divertito la figura "un po' mi secca..." "Cosa?" Chiese il frate. "Che abbiano messo una taglia così bassa sulla mia testa." Ridendo l'uomo misterioso. "Ah, benedetto figliolo..." scuotendo il capo Frate Roberto "... io non ci trovo nulla di divertente in tutto questo." "Fortuna che il tiranno sia uno spilorcio, oltre che un assassino..." sorridendo la figura "... altrimenti avrebbe potuto assoldare anche un incisore per mostrare sui manifesti il mio viso... pensate che mi avrebbero fatto bello come sono? O magari per invidia ne usciva fuori un volto brutto?" Ridendo di gusto. |
Dacey restò da sola per prepararsi, mentre Betta condusse i due ospiti nella sala grande.
Dopo un po' arrivò anche la principessa egea. E subito nella sala tutti i presenti ne apprezzarlo la bellezza ed il portamento. Jean le andò incontro, per poi condurla a sedersi tra lui ed il barone. "Siete bellissima come sempre..." disse il cortigiano alla sua futura sposa. Alla tavola del barone, tra gli invitati, c'erano anche Dauna e suo figlio. "Domani" disse Ferico "Monsperon sarà pullulante di araldi che diffonderanno la notizia del torneo. I migliori cavalieri della regione giungeranno per giostrare e farsi valere. Non credete, messere?" "Certamente, milord." Annuì Jean. "E ditemi..." il barone "... visto siete così arguto ed intelligente, come pensate potrà partecipare al torneo il nostro valoroso ser Guisgard? Dopotutto non ha più nulla... nè terra, nè denaro e neanche più amici qui." "Io credo" bevendo Jean "che un uomo come ser Guisgard troverà il modo per giostrare in questo torneo, milord." "Quanta fiducia in quell'uomo..." fissandolo Ferico. "Affatto, milord." Senza tradire emozioni Jean. "Solo la consapevolezza della stoltezza di certi uomini." "Che insulsa testardagine..." seccato il barone "... non ha più nulla, neanche più la sua donna ad aspettarlo, eppure continua ad ostinarsi... dannati Capomazdesi..." con un moto di rabbia. |
"Si e badate che non accada più" disse il taverniere ad Altea "o la prossima volta vi ritroverete senza un lavoro."
La dama si mise allora al lavoro e poco dopo nella taverna arrivarono alcuni soldati che avevano appena staccato dal loro turno di guardia. Si sedettero ad uno dei tavoli e ridendo presero a parlare fra loro di un imminente torneo. |
Mi avvicinai sorridendo a Jean, lasciando per un attimo che i miei occhi si specchiassero nei suoi.
<< Vi ringrazio >> presi amabilmente il suo braccio andando al tavolo. Trovavo piacevole la sua compagnia, senza dovermi sforzare e i suoi complimenti, che erano sinceri e semplici, erano sempre graditi. Presi posto ascoltando con interesse le notizie sul torneo. Avevo deciso che avrei cercato di agevolare Svevos che pareva tanto desideroso di parteciparvi. Lui e sua madre erano persone gentili, che mi trattavano con rispetto, mio e della mia religione, e questo mi piaceva. Io potevo solo sperare che Guisgard partecipasse e che il piano di Jean avesse successo. Ne andava della mia vita. Guardavo il cortigiano con un certo orgoglio mentre sosteneva le sue idee davanti al barone e di tanto in tanto gli sorridevo, a sostegno della mia stima |
Sospirai..accidenti..aveva rischiato troppo, speravo questi accadimenti non avrebbero compromessero il mio lavoro...altrimenti..mi avrebbe trovato il buon frate un altro lavoro onesto.
Poi entrarono dei soldati...parlavano di un torneo e rimasi a sentirli quasi entusiasta. Mi avvicinai al tavolo.."Buona serata...cosa vi porto? Ma ho sentito bene...vi sarà un torneo qui a Monsperon? Di cosa si tratta?" sorridendo..avevo sempre sognato di andare a un torneo, solo per vederlo..quale cavaliere avrebbe mai portato i miei colori. |
Gaynor uscì dalla tinozza e restò a guardarsi allo specchio.
La pelle bianca, i lunghi capelli lisci e di un chiarore accennato, intriso di biondo e di rosso. Gli occhi di un verde pallido e trasparente, quasi ambrato, in cui si specchiavano e si riflettevano i suoi desideri e le sue sensazioni. "Milady..." disse Ensa arrivando dalla cucina "... venite, la cena è pronta." E tornò giù. Ma un attimo dopo, Gaynor sentì qualcosa. Un rumore che giungeva da fuori. |
Ero tranquilla a mangiare in un angolo, quando vidi entrare un servo, il quale cacciò un urlo e io subito mi avvicinai a lui, bloccandolo e coprendogli la bocca con la mano.
"Ascoltate..." dissi sottovoce "Non sono una ladra, non è come pensate. Una donna della servitù mi ha fatto entrare, mi sta aiutando a cercare una persona, potrà confermarvelo lei stessa. Giurate che non fiaterete, e se dovessero farvi domande direte che avete visto un topo o qualsiasi altra cosa. Giuratelo" dissi con tono duro, determinato e che non ammetteva repliche, guardandolo dritto negli occhi. |
Ensa venne a chiamarmi, distogliendomi così dai miei pensieri. Stavo per rivestirmi, quando sentii un rumore provenire da fuori. Con indosso ancora il telo da bagno, aprii la finestra e mi affacciai.
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Portai una mano davanti alla bocca per non ridere, scuotendo appena la testa.
Non era cambiato, pensai, con un vago sorriso. Neanche nell'aspetto. Bello... Eccome se lo era (e lo sapeva bene), era la prima cosa che avevo pensato nel vederlo quel giorno lontano. Col sole Sygma appariva ancora più bella, le sue vie scandite dal vivace via vai dei passanti la rendeva incredibilmente gioiosa e viva. Quel giorno poi, i suoi colori erano amplificati dal temporale del giorno precedente che aveva lasciato il cielo pulito e velato di un roseo bagliore. Camminavo veloce, come ero abituata a fare nella mia città dove tutti andavano sempre di fretta, e superavo spesso i passanti chiedendomi perché diavolo dovessero camminare così piano. Pochi pensieri riempivano la mia mente quel giorno, Fria, che mi aspettava, il libro che avevo trovato nella biblioteca della zia che dovevo assolutamente prestare alla mia amica per poterne poi fantasticare insieme. Quel racconto mi aveva fatto sognare mondi lontani, avventure senza pari, e un amore infinito e vero, di quelli che ti sconvolgono l'anima a tal punto da incontrarlo vita dopo vita, un amore per il quale valeva la pena conquistare il mondo intero. Ed è buffo pensare che i miei ultimi pensieri lucidi fossero rivolti all'Amore. Forse io non lo sapevo, non potevo saperlo, ma messer Amore era lì che mi osservava, e probabilmente rideva. Per anni mi ero chiesta quale torto gli avessi fatto per essere punita in quel modo atroce. Ma io avanzavo, immersa nei miei pensieri, ignara, senza guardare dove stessi andando come al solito, la testa persa ad osservare quella strana sfumatura del cielo di Maggio. D'un tratto qualcosa, o meglio qualcuno, mi urtò e sentii un tonfo. Il mio libro! "Maledizione.." imprecai mentalmente, chinandomi a prendere il libro. Una mano però fu più lesta della mia. Fu allora che alzai gli occhi su di lui. "Perdonate damigella.." con un cortese inchino. Probabilmente arrossi. "No.. io.." balbettai poi "Colpa mia.." con un timido sorriso. "Questo dev'essere vostro.." gentilmente il ragazzo porgendomi il libro, e nel prenderlo la mia mano sfiorò la sua per un brevissimo istante. "Grazie.." dissi soltanto. "Buona giornata.." con un gentile cenno del capo. Risposi soltanto con un sorriso luminoso e un inchino a mia volta, osservandolo riprendere la sua strada alle mie spalle. Per mia fortuna non si voltò, o avrebbe incrociato il mio sguardo. Il mio sguardo vagava nel vuoto ricordando quel giorno. Ricordavo persino i profumi che avevano accompagnato quella mia passeggiata, ricordavo ogni cosa. Avevo pensato a quel giorno mille e mille volte. Era un ricordo dolce, e non ne avevo poi molti. Già, quello era prima, quando ancora non era altro che un sogno senza nome, uno di quelli che ti scaldano il cuore, un sogno colmo di speranza. Prima, quando ancora il mio cuore non sanguinava, quando ancora non sapeva quanto potesse fare male. Prima che mi consumasse. Prima che mi entrasse fin nelle ossa per distruggermi dall'interno. Prima che spegnesse la luce dai miei occhi. Prima che uccidesse ogni speranza di felicità. Prima di.. Basta! La voce imperiosa e furibonda di Clio mi destò da quei pensieri autolesionisti. Lila abbassò gli occhi e tornò a rintanarsi nell'angolino di anima che le avevo concesso che aveva le sembianze di una stanza buia con una finestra simile a quella da cui lei spiava continuamente il via vai da dietro la tenda, sperando di vederlo passare. Serrai la mascella. Non gli avrei permesso di distruggermi di nuovo, di indebolirmi come accadde anni fa. Mi ero liberata di quel sentimento e ora non doveva tornare a tormentarmi per nessuna ragione al mondo. Chiusi gli occhi per nascondere la rabbia che mi ribolliva nelle vene, e strinsi forte la candela che avevo ancora in mano. Quando riaprii gli occhi essi erano carichi di lucida determinazione. Dovevo liberarmi di lui, in un modo o nell'altro. La sua sola presenza mi stava debilitando, quei ricordi mi facevano solo male. E io non potevo permetterlo! Sapevo che cosa dovevo fare: catturarlo e consegnarlo al barone. "Ma... morirà.." con una flebile voce terrorizzata, Lila. "Appunto.." guardandola torva Clio "Almeno avrò pace.." sentenziò. Presi un profondo respiro. Mi serviva un piano, e in fretta. |
La cena continuava in modo amabile e cortese, nonostante Ferico non facesse nulla per celare o limitare il disprezzo con cui parlava di Guisgard.
Ed in breve, inevitabilmente, il nome del cavaliere divenne l'unico motivo di conversazione a tavola. “Eh, il nostro amabile dignitario” disse il barone riferendosi a Jean “riuscirebbe a convincere un prete a portare fede ai suoi voti. Avete il dono della lingua e della persuasione, messere. Ascoltandovi sembra che la cattura di Guisgard sia cosa fatta.” “Non ho detto questo, milord.” Fece Jean. “Ah, no?” “No, mio signore.” Fissandolo il cortigiano. “Non esiste un piano perfetto. Il tutto dipende dalla bravura di coloro che lo attuano e da una discreta dose di buona sorte.” “Beh...” Ferico “... sperate dunque di essere bravo e fortunato, messere... infatti solo quando avremo catturato e giustiziato quel cane di Guisgard vi sarà concesso di prendere in sposa la bella berbera.” Fissando poi Dacey. |
Il servo, con la mano di Gwen a tappargli la bocca, annuì alla ragazza.
Ed i suoi occhi sembravano sinceri. |
Se esisteva davvero una Giustizia allora io sarei dovuta essere libera senza che ciò prescindesse dalla cattura di Guisgard.
Ma la giustizia in queste terre era amministrata da Ferico e dalla sua mente ottusa. Capivo benissimo ciò che il barone disse in modo neanche tanto velato. Sfiorai con discrezione la mano di Jean, sembrava certo che il suo piano funzionasse e io non potevo che fidarmi |
Udito quello strano rumore, Gaynor, ancora stretta nel suo telo, si sporse dalla finestra.
Era ormai il crepuscolo inoltrato e la campagna appariva silenziosa e calma. Le sagome delle colline avvolgevano quello scenario che l'imbrunire stava ora consegnando alla sera, con le forme dei dritti cipressi che si stagliavano negli ultimi bagliori del cielo prossimo a spegnersi. Qualche lucciola vagava leggera tra i cespugli e le prime stelle si accendevano soffuse e lontane nell'acerbo firmamento. Fu in quel momento che la dama vide un'ombra attraversare le piante sottostanti alla sua finestra. |
Il servo annuì. Sembrava sincero.
"Molto bene. Spero davvero per voi che siate sincero" sibilai, sempre con gli occhi fissi nei suoi, poi tolsi la mano e lasciandolo andare. |
Clio, in balia dei suoi ricordi, dei suoi sogni e delle sue paure, tornò a concentrarsi su quanto udiva provenire dalla sacrestia.
“Sygma non è più casa vostra...” disse Frate Roberto, zittendo così la risata dell'uomo incappucciato “... e di nessuno altro viva ora a Capomazda.” La figura incappucciata lo fissò. “E farsi catturare così” continuò il chierico “è un modo sciocco per morire.” “Degno padre...” fece la figura “... San Pietro forse lasciò Roma quando sognò Nostro Signore che tornava nella capitale per farsi crocifiggere di nuovo? Scappò, salvandosi, oppure tornò indietro per morire in Croce come il suo Maestro?” “Voi non siete San Pietro.” Rispose il frate. “San Pietro è un uomo” replicò la figura “come lo siamo io e voi. Ed un uomo non può scappare davanti alla paura, alla verità ed alla giustizia.” “Siete folle ed incosciente.” Scuotendo il capo Frate Roberto. “Forse...” mormorò la figura incappucciata. Ad un tratto si udì un rumore di passi all'esterno della Pieve. |
Alla luce del crepuscolo, dalla finestra vidi un'ombra muoversi attraverso il giardino. "Chi è la?" gridai in direzione della figura, sperando non fosse qualcuno con cattive intenzioni.
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Ascoltai attentamente la conversazione tra i due, che si faceva sempre più interessante.
In realtà lo capivo bene, avevo sognato anche io di tornare nella mia città, ma non potevo. Ma avrei rinunciato alla mia nuova vita se fosse stata in pericolo, avrei combattuto per lei, fino alla fine. Poi udii dei passi fuori dalla Pieve. Alzai gli occhi al cielo, che i soldati fossero già tornati? Potevo cogliere l'occasione ed entrate in sagrestia chiedendo aiuto. Ma lui mi aveva visto la sera prima, non potevo rischiare che mi riconoscesse. Così, a malincuore, uscii dalla Pieve per controllare. |
Dacey sfiorò la mano di Jean e lui sorrise appena alla sua futura moglie.
“Perdonate...” disse Svevos “... sembra che questo Guisgard di cui dite sia un lestofante.” “Della peggior specie.” Annuì Ferico. “Perchè” Svevos “allora permettete che un simile gaglioffo partecipi al torneo? Non è aperto solo ai cavalieri?” “Perchè” rispose il barone “egli è un cavaliere. Ma purtroppo indossare una corazza non rende un uomo degno.” “Allora” deciso Svevos “permettetemi di partecipare alla giostra e sarà mio dovere e piacere partecipare alla dipartita di un simile marrano.” “Svevos...” avvicinandosi Dauna all'orecchio del figlio in modo che solo lui udisse “... non prestarti a giudizi troppo avventati... hai veduto come il barone parla degli uomini di Chiesa? Chi ti dice che anche quel cavaliere di cui infangano il nome non sia vittima della faziosità di questa corte?” Ed essendo vicinissima ai due, Dacey udì le parole della donna pronunciate sottovoce al figlio. |
Gwen lasciò il servo e quello si allontanò di qualche passo, balzando all'indietro.
“Ora però ditemi chi diavolo siete e cosa ci fare in questo castello...” disse sospettoso il servo “... davvero è solo la fame ad avervi spinto qui? O siete una ladra?” |
La pellegrina giustamente avvertì il figlio e dimostrò di aver inquadrato piuttosto bene la corte del Barone, non aveva tutti i torti a voler fermare il figlio ma probabilmente non lo avrebbe convinto.
Era giovane e desideroso di mettersi in mostra. Forse avrei dovuto dire qualcosa ma... Ma la cattura di Guisgard equivaleva alla mia libertà. Me lo ripetei come un mantra fino a che non mi convinci a tenere la bocca chiusa, anche se a malincuore |
A quelle parole di Gaynor nessuno rispose e quell'ombra vista un momento prima ora sembrava svanita nel nulla.
Poi, ad un tratto, si udì una risata. Allora sotto un cipresso la dama intravide una figura. Era seduta ai piedi dell'albero, avvolta in un ampio mantello. Un cappello da cacciatore copriva il suo capo ed il buio della sera ne celava i tratti del viso. |
Clio uscì dalla Pieve e vi trovò un uomo.
Era abbigliato come uno dei tanti contadini del posto. “Frate Roberto...” disse alla ragazza “... sta confessando? O posso parlargli?” |
Appena lasciai libero il servo, quello subitò si allontanò.
Alzai gli occhi al cielo. "Siete forse sordo o stupido?" A voce bassa, ma alterata "Vi ho detto che una donna della servitù, la nana di cui ignoro il nome, mi ha fatta entrare e mi sta aiutando a cercare una persona" e gli raccontai tutto, da ciò che era successo nel bosco fino al mio arrivo al maniero. "Avete capito, adesso? O devo rispiegarvelo?" con tono scocciato. |
Niente soldati, solo un contadino.
Gli sorrisi e aprii la porta. "Prego, temevo fossero i soldati.." Con un sorriso. "Frate Roberto, credo stia confessando in effetti.. Ma sono sicura vi riceverà.." Rientrando |
Chiunque fosse lì sotto non si prese la briga di rispondermi, anzi, si mise sfacciatamente a ridere. "Non nasconderti' dissi rivolta alla figura, che adesso era seduta sotto un cipresso, il viso celato da un grosso cappello. "Vieni avanti, mostrati!
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“Bene.” Disse alzando la sua coppa Ferico. “Questo cavaliere normanno” fissando Svevos “si dimostra non solo coraggioso, ma anche saggio. Alla vostra salute.” Per poi bere, imitato subito da tutti i presenti.
“Milord...” uno dei cavalieri presenti “... chi sarà la madrina del torneo? Ogni giostra che si rispetti deve vantare una degna regina. Colei insomma che cingerà con una corona la testa del vincitore.” “Dite bene, cavaliere.” Annuì Ferico. “Si dovrà scegliere una dama adatta per tale servigio.” “Milady Dacey” intervenne Svevos “mi sembra degna per tale onore. E' bella e di alto lignaggio.” “Per Agrippina, Poppea e Messalina!” Ridendo Ferico. “Si potrebbe mai imporre una berbera infedele come madrina di cavalieri? Forse nelle sue terre di mori e saraceni! Ma non certo in codeste nobili contrade!” Guardando poi Dacey. “Tali parole” mormorò Svevos “sono ingiuste da pronunciare, milord. Non davanti a colui che sarà di milady suo futuro sposo.” “Avete udito, messere?” Ferico a Jean. “Trovate che le nostre parole siano forse ingiuste o indegne, come afferma il nostro cavaliere normanno?” “Milord...” rispose Jean “... non da me saranno giudicate tali le vostre parole, poiché milady Dacey è ancora vostro ostaggio e non ancora mia moglie. Dunque sta a voi custodirne l'onore e la dignità.” Ferico scoppiò a ridere. “Buon cavaliere...” fissando poi Svevos “... vi perdoniamo l'infelice uscita solo perchè siete forestiero ed ospite. Ma badate che l'onore di qualunque donna di questa città viene dopo la nostra autorità.” Svevos fu tentato di rispondere, ma lo sguardo prudente di sua madre gli consigliò di non replicare. |
Povero ingenuo Svevos. Era stato tanto gentile a propormi come madrina e lo apprezzai molto, come apprezzai il suo tentare di convincere Ferico mettendomi sullo stesso piano delle loro donne.
Quello che mi fece male però, non furono le parole del barone ma quelle di Jean, che non fece nulla per difendere il mio onore ma abbassò la testa, assecondando il barone. Quello fu davvero difficile da mandare giù e dovetti sforzarmi di tenere la voce salda quando decisi di parlare. << Il barone ha ragione. Non spetta a me questo onore. Voi pensate a farvi valere e a portare i colori di vostra moglie alla vittoria>> dissi a Svevos sperando che capisse. Le mie parole furono anche supportata da un'occhiataccia di sua madre |
“Chi mi dice” disse il servo a Gwen “che affermate il vero?”
In quel momento arrivò la nana. “Bontà divina, cos'è questo casino?” Rivolta al servo ed alla giovane. “Su, va a prendere acqua fresca al pozzo.” Fissando il servo. Quello annuì ed obbedì. “E voi...” la nana a Gwen “... mi ero raccomandata di non fare chiasso ed invece scoppia il pandemonio.” Scuotendo il capo. “Comunque il padrone credo abbia bevuto la bugia di un topo in cucina. Appena si ritirerà nella sua stanza vi riporterò nella mia camera. Così almeno fino a domattina staremo tranquille.” |
Clio tornò nella Pieve, seguita dal contadino.
E nella navatella videro Frate Roberto che arrivava dalla sacrestia. “Ho udito dei rumori...” disse il religioso. “Ero io, padre.” Il contadino. “Sono qui per ringraziare la Vergine Maria e Sant'Andrea... mia moglie ha partorito ed ora abbiamo un bel bambino maschio.” “Ne sono lieto.” Sorridendo il chierico. “Ecco, padre...” offrendo una moneta il contadino. “Non preoccuparti...” scuotendo il capo Frate Roberto “... tieni questa moneta e compra del latte per tuo figlio.” “No, padre...” sorridendo il contadino “... è per la chiesa... grazie ancora...” e si avviò verso l'uscita “... ah, avete udito del torneo?” Voltandosi verso il religioso. |
Padre Roberto uscì dalla sagrestia, chissà se lui era ancora lì o se aveva lasciato la Pieve.
Dovevo scoprirlo, uscire immediatamente. Stavo per farlo, quando sentii quelle parole. "Torneo?" Chiesi al contadino "Quale torneo?". Era una novità, forse sarei dovuta tornare subito al castello. |
Per fortuna arrivò la nana; sarei stata seriamente intenzionataa strozzarlo, quel tipo.
"Dovete prendervela con quel servo. Ero nascosta in un angolo, a mangiare in silenzio, lui è arrivato e ha iniziato ad urlare, non è colpa mia" dissi, indignata. Ad un certo punto risi, una risata appena accennata. "Scusate... È che solo il vostro padrone può bersi la storiella di un servo che urla come una damina alla vista di un topo... da veri uomini..." sempre con una leggera risata. |
La figura rise di nuovo, per poi alzarsi ed avanzare di qualche passo, fino a raggiungere l'alone lunare e mostrare così il suo aspetto a Gaynor.
“Beh, avrei preferito avanzare a colpi di note per una serenata” disse Adespos “ma visto come eri seccata al nostro saluto allora magari ho pensato non fosse il caso... e forse ora pretenderai che ritorni a darti del voi...” sorridendo. |
Svevos annuì a Dacey, mentre il barone rideva forte.
La cena proseguì così, tra le battute di Ferico, il suo disprezzo per gli uomini di Chiesa e per Guisgard, l'ostentazione del suo potere ed i propositi riguardanti l'imminente torneo. Ad un certo punto alla cena si aggiunse anche il Maresciallo Fagas, che subito promise di partecipare anch'egli al torneo, con la superba promessa di voler egli stesso infilzare Guisgard. Poi la cena terminò, con Svevos e sua madre che si congedarono dai presenti. Un servo li condusse ai loro alloggi, mentre Jean riaccompagnò Dacey ai suoi. |
Adespos. Adespos era lì, sotto la mia finestra. Il cuore cominciò a battere all'impazzata e un moto di gioia mi pervase tutta.
"Dio del cielo!" esclamai "Che ci fai lì sotto come un ladro... vieni su, riesci ad arrampicarti?" Era tornato, per me... "E comunque l'idea della serenata non era da scartare..." Inviato dal mio Z00D utilizzando Tapatalk |
“Il barone Ferico” disse il contadino a Clio “vuole indire un grande torneo, capace di richiamare i migliori cavalieri della regione. Domani i suoi araldi ne diffonderanno la notizia in tutta Monsperon.”
“Tu come fai a saperlo?” Chiese Frate Roberto. “E' stato un accattone a dirmelo...” spiegò il contadino “... era a mendicare al castello, udendo del torneo da alcuni servi...” |
Non ascoltai più niente. Erano solo un mucchio di chiacchiere che uscivano dalla bocca del barone e tutti gli altri annuivano come scimmiette ammaestrate. Come le scimmiette che stavano nel parco vicino al palazzo di mio padre e che per una nocciolina erano disposte a fare capriole e salti.
Gli uomini alla tavola non erano poi così diversi, disposti a tutto pur di compiacere Ferico. Finalmente la cena finì e ne fui tanto sollevata. Fu però con un po' di rammarico che salutai Dauna e suo figlio prima di seguire Jean. Quando fummo soli decisi di affrontarlo ma non sapevo da dove iniziare. Senza pensarci troppo sbottai quasi davanti alla porta della mia stanza, << Avreste potuto prendere le mie difese...almeno un po'... Lo ha fatto invece uno sconosciuto al posto del mio futuro marito>> |
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