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sono andati lontano dissi pultroppo io ero prescelto per rimanere con un cavaliere finchè non sarebbero tornati ma pultroppo mi sono allontanato dal castello insieme alla figlia del cavaliere anche ella è stata catturata e non so se sta bene se sia viva io mi auguro di si dissi guardando le sbarre di quella maledetta prigione se gli avessero fatto qualcosa di male giuro sulla mia vita che la vendicherò a tutti i costi
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"Uccidine uno per me, Dukey..." mormorò Lyan "... che sia io a scegliere la prima vittima..."
Non può essere, non può essere... la sua voce non è più la stessa, è demoniaca... allora aveva avuto ragione Morven nel sentire il Male in lei... le sue carni delicate, le tenere braccia avvinghiate al mio collo, il suo profumo di bimba nonostante la sporcizia... non può essere vero ciò che sta accadendo... come posso essermi sbagliata a tal punto? Questi erano i pensieri che si agitavano nella mente di Gaynor, quando quelle bestie le si avvicinarono e la strattonarono, allontanandola dal gruppo. Mentre la trascinavano via, il suo guardò si posò su ognuno dei suoi compagni, su Guisgard ancora in terra ed infine su Lyan, la piccola che tanto tenacemente aveva difeso e che invece si era rivelata la personificazione del male... Nel frattempo, erano arrivati ad una cella umida e buia. Bastò meno di un secondo a Gaynor per capire quale sarebbe stata la sua sorte, ma la sua indole combattiva avrebbe avuto la meglio, ne era sicura. Non subirò mai quelle atroci torture! Quant'è vero che il sole sorge tutti i giorni, la mia pelle e le mie viscere rimarranno ben salde al loro posto, dovessi anche buttarmi sulla prima lama di spada che vedo... All'improvviso nella cella si addensò un leggero fumo giallastro ed inodore. "Sii serena..." sussurrò una misteriosa voce "... non hai nulla da temere... ormai sei al sicuro... le tue sofferenze sono terminate... presto incontrerai pace e tranquillità senza fine..." Un istante dopo Gaynor perse i sensi. Quando si risvegliò - non avrebbe saputo dire quanto tempo era passato - si ritrovò vestita di una lunga tunica nera, larga ed informe, ed un diadema di foglie intrecciate sul capo. Il sogno che aveva appena fatto le era sembrato così reale! La sua Imperion... e Duncan... non avrebbe mai saputo nulla, non avrebbe mai potuto immaginare che la giovane, vitale ed impulsiva moglie che era fuggita da lui in cerca di libertà aveva trovato invece la morte per mano di una setta di fanatici assassini. Lancelot... se solo ti avessi seguito... se solo tu potessi sentirmi ora... mi dispiace, mi dispiace così tanto... Il pensiero le corse poi a Guisgard, come sempre succedeva in quegli ultimi giorni quando pensava a Lancelot. Saranno i suoi occhi... pensò Gaynor, quei limpidi e profondi occhi blu che sembrano sposarsi male con l'arroganza dei suoi modi ed il sarcasmo che permea i suoi discorsi... eppure non esiterebbe a morire per me, ne sono sicura, il suo coraggio è pari alla sua bellezza... Signore Iddio, non posso pensare alla bellezza di Guisgard in un momento del genere, se non fossi così disperata ci sarebbe da ridere... Stanno per sacrificarmi sull'altare della loro bestialità e tutto quello che mi viene da pensare è che voglio salvarmi per poterlo rivedere..." Si guardò intorno, ma quella cella spoglia non offriva alcun tipo di arma... Ad un tratto la stanchezza sembrò pervaderle tutto il corpo e lo sconforto ebbe la meglio sulla sua caparbietà. E' finita, non c'è via di scampo. Disarmata, rinchiusa e umiliata... mi hanno spogliata, mi hanno toccata con le loro luride mani... Si lascio cadere sullo scomodo giaciglio dietro di lei, mentre calde lacrime le bagnavano il viso e le salavano la bocca. La sua mente era un turbinìo confuso di pensieri, immagini e suoni... suoni... l'ocarina di Guisgard, malinconica melodia di lontani ricordi, forse di amori perduti... la delicatezza delle sue labbra mentre la suonavano, leggere come un soffio di vento di primavera... Imperion, sua madre, la sua adorata Elinor, regalo di suo padre... Elinor... Il pensiero della sua giumenta sembrò scuotere Gaynor, che aprì gli occhi e rivolse la sua mente a pensieri meno poetici, ma di sicuro più pratici. Se solo riuscissi ad avvicinarmi ad un'apertura! Elinor sente il mio fischio di richiamo da una distanza notevole... Devo uscire da questa maledetta cella, devo trovare i miei compagni... Cosa posso fare? Cosa? Si guardò di nuovo intorno, ma quel posto non offriva davvero nulla. C'era solo lei lì dentro, e nient'altro. Lei... Lei... Un pensierò le attraversò la mente, rapido come un baleno ed altrettanto folgorante. Si tolse il diadema dalla testa e si strappò la tunica all'altezza del seno, lasciandone scoperta una parte. E' la mia unica possibilità. Al di fuori di questo, c'è solo la morte... Si avvicinò alla porta e cominciò a gridare forte: "Dukey! Dukey! Voglio parlare con te!" |
Quella cella, umida e silenziosa.
Avvolta da un silenzio angosciante, solamente interrotto da un gocciolio che ad ogni istante diventava sempre più insopportabile. "E tu hai condotto qui la figlia del cavaliere?" Chiese contrariato Guisgard a Cavaliere25. "Proprio nel covo di questi pazzi? Ma cosa volevi fare, mi chiedo, tutto solo contro questi fanatici?" "Non siate adirato! Egli è già disperato!" Cercò di calmarlo Iodix. "Il buon giullare ha ragione, cavaliere..." intervenne il Cappellano "... è inutile litigare tra di noi..." Guisgard masticò amaramente e restò in silenzio per qualche istante. "Come finirà questa storia?" Fissando poi Morven. "Forse è già finita... anzi, magari lo fosse... forse il peggio ancora deve venire..." Fissò il vuoto di quella cella, come se il suo sguardo fosse attraversato da inquieti bagliori di rabbia e insofferenza. “Voi credete molto nella cavalleria, vero?” Chiese a Morven, con un sorriso malinconico. “E voi?” Domandò il Cappellano. “Io...” mormorò Guisgard “… ho smesso di crederci da tempo…” “E in cosa credete ora?” “In niente…” rispose “… niente che non sia me stesso… è l’unica causa che mi sta a cuore…” “E perché allora siete qui a morire con tutti noi?” Domandò ancora il Cappellano. Guisgard non rispose nulla. “Non esiste nessuno che non crede in nulla!” Continuò il chierico. “Io… la cavalleria… la fama… l’amore… non esiste nulla di tutto questo…” rispose Guisgard poggiando il capo alla parete. “Siete il primo a sapere che ciò non è vero, cavaliere!” “Ho affrontato tante sfide, tanti duelli… e sempre ne sono uscito vincitore, nella ragione come nel torto… ma nei fatti d’amore so che fallirei…” In quel momento la porta della cella si aprì e, accompagnato da alcuni dei suoi, Dukey entrò in quella prigione. “Signori…” cominciò a dire con un ghigno sul viso “… il tempo è giunto… avrete l’onore di purificare il prossimo rito sacrificale!” “Cane, liberami ed affrontami da uomo!” Gridò Guisgard. Dukey accennò un sorriso simile ad una beffa. Si avvicinò poi al cavaliere e lo colpì con un forte calcio allo stomaco. “Mal… edet… to…” ansimando per il dolore Guisgard. “Domani tutto si compirà, amici miei!” Esclamò Dukey. “Milord…” lo chiamò uno dei suoi entrando nella cella “… una delle prigioniere chiede di voi…” Dukey annuì e, dopo aver gettato un’altra occhiata di disprezzo ai prigionieri, uscì, sempre accompagnato dai suoi, da quella cella. |
La porta cigolò e dopo qualche istante si aprì.
Un uomo tatuato, dai lineamenti marcati e dal volto inespressivo, varcò quella soglia. Gettò un rapido sguardo su Gaynor e con un cenno del capo le intimò di allontanarsi. Un attimo dopo apparve Dukey. Era coperto da un lungo mantello ed armato di una spada e di un affilato pugnale. E appena vista la ragazza ordinò al suo fedele: “Lasciaci soli…” L’uomo tatuato annuì ed uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé. Gaynor era lì, davanti al cavaliere rinnegato, Bellissima e sensuale, avvolta da quella tunica e da una chiara inquietudine. “Hai sbagliato a strapparti quella corona…” mormorò sorridendo Dukey “… serve a proteggerti quando attraverserai il lungo ed oscuro Fiume delle Anime… e questa tunica…” sfiorandola con una mano “… non dovresti maltrattarla… è una veste sacra…” La fissò per alcuni istanti con chiara bramosia. “Cosa c’è?” Chiese. “La paura ti ha resa docile e bendisposta?” http://images.allmoviephoto.com/2000...diator_001.jpg |
Un fresco vento soffiò in quel momento sul bosco, facendo scricchiolare la croce di legno che sovrastava la cupoletta della cappella.
Una piccola edicola di gusto latino, risalente forse al periodo della dominazione romana, sorgeva poco avanti all'ingresso. Al suo interno vi era uno sbiadito affresco raffigurante la Santa Vergine col Bambino, ai cui piedi si trovavano San Giorgio e San Giovanni Battista. E appena Bethan fu davanti alla porta della cappella, un cane, dall'interno, cominciò ad abbaiare. "Chi è che interrompe i miei vespri?" Gridò una voce proveniente dall'edificio. "E dopo mi attendono le litanie dedicate alla Vergine, con i suoi innumerevoli appellativi! Non indugiate" aggiunse, mentre il suo cane abbaiava sempre più forte "dunque alla mia porta, poichè non vi troverete nulla di prezioso, se non quel poco che mi occorre per vivere, frutto della carità e della pietà che la Divina Misericordia distribuisce su queste terre desolate e abbandonate!" Ma nonostante la poca ospitalità mostrata da quella voce, era comunque un rischio riprendere il cammino ora che si approssimava la sera. La notte che si stava annunciando sul bosco sembrava accompagnata da sinistri presagi. http://files.splinder.com/bae23e7377...92308bba5.jpeg |
Dissi Guardando Guisgard ho fatto cio che la fanciulla mi chiese di fare mi chiese il mio aiuto e io la aiutai ma non potevo sapere che finiva cosi e tirai un pugno contro il muro di quella cella stringendo i denti dalla rabbia e dal odio che mi stava salendo
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Gaynor guardò Dukey entrare nella cella, ordinando all'uomo tatuato di lasciarli soli. Le si avvicinò, con lo sguardo così lascivo che lei rabbrividì suo malgrado. E' quello che volevi, ragazza mia, non è questo il momento dei ripensamenti e degli scrupoli... fatti forza, pensa ai tuoi compagni che marciscono in chissà quale oscura cella, pensa a Guisgard...
“Hai sbagliato a strapparti quella corona…” mormorò sorridendo Dukey “… serve a proteggerti quando attraverserai il lungo ed oscuro Fiume delle Anime… e questa tunica…” sfiorandola con una mano “… non dovresti maltrattarla… è una veste sacra…” Gaynor non rispose, ma gli lanciò uno sguardo che a Dukey dovette sembrare inequivocabile, tanto che le disse: “Cosa c’è? La paura ti ha resa docile e bendisposta?” La ragazza mosse qualche passo verso di lui, gli occhi sempre fissi nei suoi, e per tutta risposta lacerò ancora di più la nera tunica, mostrando il bianco seno agli occhi acquosi di quell'infame. "Sacra non è una veste, sacra è la vita, ed io non voglio morire..." Ti prego, mio Dio, non abbandonarmi adesso... Nel pronunciare quelle parole, Gaynor prese la mano di Dukey e se la posò sul viso, facendola poi scivolare più giù, all'altezza del cuore. "Senti come batte, Dukey, senti il suo palpito..." |
Citazione:
La porta della cappella cigolò e comparve un vecchio monaco, con una candela in mano. Le disse di accomodarsi dentro, mentre lui avrebbe pensato al cavallo. Quando il monaco ricomparve, Bethan si era già riscaldata vicino al fuoco e aveva osservato l'ambiente spoglio e umile che la cirondava. Il monaco si avviò verso il camino e Bethan lo osservò mentre toglieva, a fatica, un pentolone dal fuoco e dopo averlo riversato in due scodelle di legno, iniziò la preghiera. "Amen" gli fece coro Bethan, appena il monaco ebbe finito la sua orazione, ed iniziarono a mangiare. Solo a quel punto Bethan si accorse della piccola statua in legno, che rappresentava la Madonna con il Bambino, e divenne improvvisamente triste. "Ucciderò il tuo uomo e ti violenterò, maledetta sgualdrina!"E dopo aver affondato la spada nel petto di suo marito, ormai a terra, dopo le percosse del branco di balordi, si avventò su di lei. Ci furono attimi di colluttazione, in cui Bethan tentò di resistere all'uomo con tutte le sue forze. Alla fine, stremata, pregò la Madonna perchè quel martirio finisse in fretta, ed incrociò le braccia sul grembo, per difendere la sua creatura. Poi, all'improvviso, udì un calpestio di cavalli e vide due cavalieri venirle incontro, brandendo le spade. I due cavalieri si fecero addosso al gruppo di balordi, mentre Bethan, fu scagliata in un angolo. I due cavalieri ebbero la meglio sui ladroni, forniti solo di vecchi coltellacci e, probabilmente, anche ubriachi. In tre finiro trafitti per terra e Bethan ebbe un sussulto, poichè uno di loro le finì ai piedi, lasciando cadere un pugnale coperto del sangue di qualche ferita. "Guarda come resistono questi due miserabili!" esclamò uno dei cavalieri, rivolto ai due furfanti che ancora resistevano imperterriti. Nella battaglia, però, nessuno si accorse dell'uomo che voleva violentare Bethan, nascosto dietro un gruppo di cespugli. Quando Bethan sentì il rumore delle frasche e l'urlo selvaggio che lanciò l'uomo, prima di gettarsi contro di lei, con un gesto fulmineo raccolse il pugnale ai suoi piedi e, con la forza della disperazione, lo affondò nella gola dell'uomo, non appena le fu addosso. Con un rantolo spaventoso, il malvivente di accasciò a terra e Bethan si accorse di essere sporca di sangue ovunque. Uno dei cavalieri le si fece incontro per soccorerla. "State bene" le chiese. "Sì, credo di sì... E' solo sangue, io... io credo di averlo ucciso... è solo il suo sangue..." Una fitta lancinante le trafisse il basso ventre e per un attimò si sentì mancare il respiro. Non era solo sangue dell'uomo che aveva ucciso. Bethan aveva perso il suo bambino. Si risvegliò molti giorni dopo, in un convento di monache, che si erano prese cura di lei. Chiese più volte chi fossero quei cavalieri che le avevano salvato la vita, ma le monache non seppero dirle niente. Bethan sopravvisse, con il grembo vuoto, numerose ferite nell'anima e senza la possibilità di ringraziare chi per lei si era battuto con tanto ardore. "Il male è ovunque, Padre!" esclamò Bethan, scuotendosi dal dolore dei ricordi. "sono spaventata e sto cercando pace e conforto!". E detto questo, scoppiò in singhiozzi. |
"Cane maledetto!" Ringhiò Guisgard, ripensando a Dukey ed alle sue parole.
Poi fissò Cavaliere25 e si rese conto nello stato in cui era. "Sta bene, amico mio..." mormorò con un tono più pacato "... alla fine siamo tutti qui... ciò vuol dire che siamo finiti tutti nella medesima trappola... ora non tormentarti più... ormai possiamo fare ben poco per noi stessi e per chi volevamo salvare..." Poggiò la testa sull'umida parete e mille pensieri attraversarono la sua mente. |
Le mani di Dukey.
Il suo sguardo, il suo respiro su di lei. Il cavaliere rinnegato la toccava con bramosia e lussuria. Gaynor sentiva il corpo di Dukey contro il suo. E mille pensieri attraversarono la sua mente. Mille volti le apparvero, quello di Duncan, quelli dei suoi compagni, Iodix, il Cappellano, Morven e poi Guisgard. “Spogliati…” mormorò Dukey mentre le baciava le spalle ed il collo “… voglio vederti nuda…” Ad un tratto la porta cigolò. “Stolto!” Esclamò Lyan varcando la soglia. “Se il maestro ti vedesse, verresti immolato insieme a quei miserabili che abbiamo catturato! Sai bene che le martiri non possono essere toccate! Ora vieni via… manca poco al cerimoniale!” E masticando amaro, come chi vorrebbe ribellarsi ma è troppo vigliacco per farlo, Dukey seguì la bambina. La porta si chiuse dietro di loro, lasciando Gaynor condannata al suo terribile destino. |
Guardai Guisgard e dissi me lo auguro per voi amico mio se cosi non fosse dovrete venirmi a seppellire una volta riusciti da qui ho il collo in un cappio dissi se la fanciulla morisse suo padre mi verrebbe a cercare e mi ucciderebbe poi mi misi seduto sul pavimento a pensare.
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Le due dame camminavano attraverso il lungo corridoio e, tra le due, donna Ines teneva in mano un candeliere.
“E’ giunto oggi a Cartignone?” Chiese Talia, con la voce rotta dall’emozione. “Si, milady.” Rispose donna Ines. “E’ una pazzia…” “Si, mia signora.” “E’ già qui a palazzo?” Domandò Talia. “Sarà ormai giunto.” Rispose donna Ines. “Gilbert lo stalliere lo avrebbe accompagnato attraverso i giardini.” “Che follia…” “Follia e pazzia” replicò la fedele dama “sono ignote ad un innamorato.” “Non sono cose da contemplarsi” la riprese Talia “e voi lo sapete.” La dama annuì lievemente. “E poi non posso rischiare di perdere anche voi…” continuò Talia “… monsignor Guxio ormai ha cacciato ogni mia dama di compagnia, accusandole di tradimento verso la corte… se perdessi anche voi… io resterei sola in questa prigione…” “Eccoci, milady.” Indicò donna Ines. “Gilbert ha detto che l’avrebbe portato in questa stanza.” Nella stanza, in piedi davanti ad una biblioteca gremita di libri c’era Guisgard. Aveva fra le mani il suo cappello piumato ed un lungo mantello scendeva sulle sue spalle. La spada bene in vista, come è usanza per ogni cavaliere di Cornovaglia e un paio di guanti di pelle di daino erano adagiati nel ricco cinturone di cuoio. Sir Guisgard passava a ragione come il più temerario ed affascinante cavaliere di Britannia. Sul suo conto, da quando aveva ereditato il ducato di Cornovaglia, si narravano storie ed avventure di ogni genere. Prediletto del re e favorito dell’arcivescovo di Canterbury, Guisgard aveva fama di essere campione assoluto di cavalleria e cortesia e molti giuravano che Roma gli avesse già strappato la promessa di una sua partecipazione ad una Crociata di Reconquista in Spagna. Ad un tratto la porta si aprì ed il cavaliere sospirò un nome ad alta voce. Era giunta lady Talia. Ancora giovanissima, la signora di Cartignone, era nel fiore della sua bellezza. Guisgard restò a fissarla, come fa il naufrago quando scorge la terra lungo l’orizzonte, o il marinaio quando riconosce nel cielo di un emisfero sconosciuto una stella amica. Talia gli appariva bellissima. Come un sogno. Ancora più bella dell’ultima volta. “Forse è vero” disse “come ciò che è lontano ci appare sempre più bello…” “Sir, io…” tentò di dire Talia. Ma Guisgard non le permise di aggiungere altro, inginocchiandosi davanti a lei. “Sir, sul vostro onore…” riprese a dire la ragazza “… ben sapete che mai io incoraggiai qualsiasi vostro slancio o intenzione.” “Non aggiungete altro, milady…” la interruppe Guisgard “… fui stolto io a credere al contrario…mi illusi che il purpureo tramonto di una sera d’Inverno presagisse cielo terso e azzurro per l’indomani, o che una lieve brezza spazzasse via la calura e l’umidità da un sognante crepuscolo di fine Estate… ma ora che vi vedo nulla più ha importanza per me…” “Continuate a rischiare simili situazioni…” lo riprese lei “… ben sapendo che questa corte ha occhi ad ogni angolo e orecchie dietro ogni colonna... ebbene, ancora una volta vi chiedo di non tornare più qui a Cartignone e dimenticare questa vostra sciocca ed inutile passione…” “Inutile?” Ripetè Guisgard. “Forse… ma questi momenti sono linfa per me… sono i ricordi che conserverò per rendere meno avvilente quanto mi resta da vivere… sorridetemi ora… un vostro sorriso ed il mio scrigno sarà colmo… e sarà il solo tesoro che nutrirà ogni altro attimo che mi sarà concesso in questa vita... da quella prima sera in cui vi vidi proprio qui a Cartignone ad ora… ora che tutto di voi mi dice addio… tutto tranne il tremore della vostra voce e la luce dei vostri occhi che mi accarezza dove le vostre parole mi percuotono…” “Non siate sciocco e sacrilego, cavaliere…” mormorò lei fingendosi indispettita “… non comprendete che tutto ci separa? Due terre ostili, i giuramenti della Fede e quelli della patria! Coi vostri insensati propositi vi ritroverete a sfidare la legge degli uomini e quella della Chiesa!” “La Chiesa?” Ripeté Guisgard. “Ma essa è custode delle sole Leggi Divine, che il Buon Dio fece per rendere felici i Suoi figli! Non capite che nulla è più sacro di quanto io provi per voi!” “Tacete!” Lo zittì quasi con uno sforzo lei. “Tacete e non rendete il tutto più doloroso!” “Cercate, mia signora…” la esortò lui “… cercate un amore più grande del mio… un amore che non chiede o pretende sospiri, baci, carezze… un amore che si nutre di se stesso… un amore che alberga in un solo cuore eppure, da solo, nutrirebbe tutti quelli che pulsano su questo mondo! Cercate, milady, cercate un amore simile al mio ed io allora vi avrò mentito! Cercatelo fin anche nei romanzi o nelle poesie, nelle leggende, nei miti e persino nei sogni! No… non troverete nulla di simile al mio amore… né in passato, né oggi e né in futuro…” E si chinò baciando il lembo del suo abito di raso azzurro. “Andate via, vi supplico…” “Chiedetemi di morire, sarebbe meno doloroso…” “Non capite, qui siete in pericolo…” “Allora siete in pena per me!” Esclamò Lui. “Voi dunque mi amate! Nel bosco… durante la fuga… io sentii il vostro amore...” “Milord…” sospirò lei “… forse gli eventi funesti, il fascino dell’avventura, la forza della vostra audacia… forse io ne fui affascinata…ma non altro…” “Allora celatemi la verità…” disse lui “… lasciatemi con quest’illusione... mi avete rubato il cuore e l’anima, lasciatemi almeno quest’utopia celata da speranza…” “Milord…” quasi commossa lei “… monsignor Guxio vuol rompere ogni legame con la Cornovaglia a causa vostra…” “Non aspetto altro!” Esclamò lui. “Questo vorrà dire guerra! Ed io potrò tornare in queste terre! Non come clandestino, ma come conquistatore! Ulisse conquistò Troia, Rinaldo Gesuralemme ed io farò altrettanto con Cartignone! E la ricompensa non sarà il suo oro o i suoi raccolti, ma voi!” “Una guerra?” Ripetè allarmata lei. “Che pazzia!” “Si, una guerra!” Esclamò lui. “I miei uomini si lancerebbero nell’Ade per me! Ed io, pur amandoli come fratelli, non esiterei a sacrificarli tutti per voi! Sacrificherei tutta la Cornoivaglia, tutta la Britannia ed anche l’Europa intera se dovesse servire! Amatemi, Talia… amatemi come nessuna ha amato mai…” “Milord…” sospirò lei quasi vinta da quell’irrefrenabile ardore “… eppure basterebbe una semplice cosa per mettere fine a tutto questo… a ridarvi la serenità…” “Cosa, mia signora?” “Sposarvi…” sospirò lei con un filo di voce “... sposatevi e dimenticatemi…” “Credete davvero sia così? Come potrei temere ancora la morte? Sono appena morto, milady… e per mano vostra… e sia… è quanto chiedete? Allora lo farò, ma ad una condizione… che siate voi a scegliere la mia futura moglie… per me una donna vale l’altra… finirei per odiarla per tutte le volte che non ritroverei il vostro sguardo sul suo volto...” “Milord…” con un sospiro lei “… una grazia vi chiedo…” “Qualsiasi, milady…” “Lasciate Cartignone… lasciate questa terra e non fatevi più ritorno… giuratemelo... su quanto avete di più sacro... sapervi al sicuro sarà un sollievo…” “Non giurerei mai il falso su di voi…” “Addio, cavaliere…” “Dopo un vostro pegno…” “Non ho più nulla...” rispose lei “… quanto di vivo e bello avevo, si è spento allora in quel bosco quando fui rapita…” Allora, spinto da quell’amore, tanto intenso e travolgente quanto disperato, Guisgard la strinse a sé e la baciò con una passione senza fine. “Tornerò… prima di tre mesi...” disse guardandola negli occhi“…se sarò ancora in vita, tornerò…aspettatemi, milady… come si attende l’aba… aspettatemi...” “E’ ora di andare, milord…” mormorò lo stalliere. La fissò ancora una volta e sospinto quasi a forza dal fedele Gilbert, senza togliere mai gli occhi dal volto di Talia, Guisgard svanì nell’oscurità della stanza. http://www.leggilo.net/wp-content/up...acio-33297.jpg Un leggero alito di vento penetrò da una delle finestre aperte e soffiò nella stanza, facendo quasi spegnere la piccola candela accanto al letto di Talia. La ragazza si svegliò in quel momento. Per un attimo indefinito quel sognò sembrò ancora avvolgerla, per poi svanire tra le ombre di quella notte d'Inverno a Cartignone. |
Mi svegliai all'improvviso... un alito di vento, leggero ma gelido, era entrato da una delle finestre e mi aveva raggiunta.
Aprii gli occhi e mi guardai intorno per un istante... poi, in fretta, li richiusi per tentare di tenere con me quel sogno il più a lungo possibile! Quel sogno... cos'era stato? Continuai a tenere gli occhi chiusi, stretti contro quella realtà che cercava di imporsi e di cacciare via a poco a poco i suoni, la immagini e i profumi di quel sogno... E non so per quanto tempo ci rimasi... immobile, con il viso schiacciato contro la coperta soffice e la mante tutta rivolta ad un sogno... a due occhi, ad una voce e un volto che vivevano in quel sogno e tra mille e mille ricordi, rimpianti e paure... |
Le mani di quel verme si muovevano lussuriose su di lei.
Dio mio, dammi la forza... La sua lingua avida le lambiva l'incavo del collo. Signore ti prego, fa che io resista... La sua voce le chiedeva di denudarsi per lui. Ora, o mai più... Ad un tratto la porta cigolò. “Stolto!” Esclamò Lyan varcando la soglia. “Se il maestro ti vedesse, verresti immolato insieme a quei miserabili che abbiamo catturato! Sai bene che le martiri non possono essere toccate! Ora vieni via… manca poco al cerimoniale!” Di malavoglia, Dukey si ricompose e uscì dalla cella, lasciando Gaynor nella più totale disperazione. Il suo tentativo di fuga era stato reso vano dall'intervento di Lyan... l'umiliazione per quanto appena accaduto era così cocente che lacrime copiose le offuscarono la vista. Sentiva ancora addosso le mani ed il respiro del rinnegato, ed un solo pensiero si ripeteva infinito nella sua mente. E' stato tutto inutile, tutto inutile... Non c'è modo di scampare alla sorte... Ma quei fanatici non mi avranno viva, il mio corpo non sarà profanato dai loro rituali bestiali... Ripensò a Duncan ed al fatto che non avrebbe mai saputo cosa le fosse accaduto... pensò a sua madre, al suo dolce volto e alle sue carezze che non avrebbe mai più ricevuto... rivide i suoi compagni di sventura e si maledisse per aver condotto alla morte anche Iodix e il vecchio, che si erano fidati di lei... e poi ci fu solo un volto, quello di Guisgard, a riempirle la mente e gli occhi. Non lo vedrò più... proprio ora che avrei avuto così tante cose da dirgli... ma ormai è tardi, i giochi si sono conclusi... Gaynor si alzò in piedi, gli occhi ora asciutti, e cominciò a strappare la tunica in tante strisce sottili, di cui legò insieme le estremità con l'intento di formare una specie di corda... |
Nel frattempo, a Cartignone, Guxio si era fatto annunciare presso Frigoros.
"Vi vedo inquieto, mio signore..." disse il chierico "... eppure dovreste invece essere lieto... i nemici del regno sono stati sconfitti... e Cartignone è di nuovo libera..." "Dite il vero..." rispose Frigoros, mentre stringeva ancora in mano il pezzo rotto raffigurante il re bianco "... ma non posso dimenticare gli uomini perduti in questa impresa... hanno dato la vita per la nostra libertà e dimenticarli sarebbe da ingrati..." "Comprendo, mio signore..." "Ed il pensiero corre anche a quelle madri che hanno perduto in maniera tanto assurda le proprie figlie..." "Di più, mio signore, non era possibile fare..." "Lo credete?" Chiese Frigoros. "Io invece no... non bisogna mai essere paghi di combattere le ingiustizie e le barbarie di questo mondo..." Guxio annuì. "E poi" continuò il vecchio principe "i colpevoli avrebbero dovuto subire un processo... così da poter pagare davanti a Dio, alla legge e al popolo per i loro crimini!" "Sono stati sconfitti..." rispose il chierico "... quale altra punizione avrebbero meritato? Dobbiamo, io credo, ritenerci soddisfatti per questa vittoria." "Il popolo" replicò Frigoros "e le generazioni che verranno dopo di noi dovranno sapere chi erano i nostri nemici... e di come il loro nome sarà per sempre coperto d'infamia e bestialità!" Un lampo di rabbia attraversò lo sguardo di Guxio udendo quelle ultime parole del suo signore. "Lady Talia riposa?" Chiese il chierico dopo alcuni istanti di silenzio. "Si, lasciamola riposare..." rispose Frigoros "... avrà visto l'Inferno, povera ragazza... lasciamola ai suoi sogni... che possano ridarle sollievo e gioia dopo le atrocità alle quali è stata costretta ad assistere..." Guxio allora salutò il suo signore con un inchino e si congedò da lui. Ma prima che il chierico uscisse dalla stanza, Frigoros mormorò un pensiero ad alta voce. "Cosa mi nascondi veramente?" E queste parole furono udite dal capo degli uomini tatuati prima di richiudere la porta dietro di se. Ma mentre ripensava a quelle parole di Frigoros, un servitore gli si avvicinò consegnandogli la lettera scritta da Talia poco prima. "Avverti sir Bumin di raggiungermi subito..." ordinò per poi leggere con attenzione quella lettera. |
E mentre Gaynor era tormentata da quei pensieri, si udirono dei passi provenire dall'esterno.
Un attimo dopo la porta si aprì e 5 di quegli uomini tatuati entrarono nella stanza. E Lyan era con loro. "E' giunta l'ora..." disse la bambina con un ghigno "... presto, ricopritela e conducetela nella sala del Grande Altare!" Ordinò poi a quegli uomini. Un lungo velo di seta nera fu allora avvolto attorno al corpo di Gaynor. Dopo ciò, a forza, fu portata via da quegli uomini, per essere poi condotta in una vasta sala, illuminata da centinaia di candele. Qui vi era un grosso altare di granito, circondato da tantissimi uomini tatuati. Recitavano ad alta voce una sorta di litania in qualche sconosciuto idioma ormai dimenticato. Ed appena Gaynor fu portata sull'altare, tutti loro cominciarono a gridare come degli ossessi. Il terrificante rituale sacro agli Atari stava per cominciare. |
Nello stesso istante, altri uomini tatuati entrarono nella cella dove erano incatenati Guisgard, Morven, il Cappellano, Cavaliere25, il Vecchio delle Fosse e Iodix.
Vennero allora condotti anche loro nella grande sala dell'altare. Qui furono legati a delle colonne, con le mani dietro la schiena. Le colonne circondavano il grande altare, sul quale era stata immobilizzata Gaynor, tenuta ferma da quattro di quei fanatici. "E' buffo, non trovi?" Fece Dukey avvicinandosi a Guisgard. "Volevi spaccare il mondo, sconfiggerci e liberare lady Talia..." e rise forte "... a proposito..." avvicinandosi ancor più al volto del cavaliere legato alla colonna "... domani sposerà sir Bumin... ma la prima notte spetterà al nostro maestro e solo dopo sir Bumin potrà vantare i suoi diritti coniugali sulla bella pupilla del vecchio Frigoros..." Guisgard restava in silenzio, fissandolo con vivo odio, e lacerandosi i polsi nel vano tentativo di spezzare le robuste corde che lo legavano. "E dopo di loro..." continuò Dukey "... probabilmente per premiare la mia fedeltà, il maestro mi concederà di entrare, talvolta, nel nobile letto di lady Talia..." E di nuovo si abbandonò a quella sua sgradevole risata. "Sarai daccordo con me..." aggiunse "... che si rivelerà davvero impresa ardua conoscere la paternità del futuro erede al trono di Cartignone!" "Il fatto che tua madre" rispose Guisgard fissandolo diritto negli occhi "sia stata una gran cagna, non vuol dire che lo siano anche tutte le altre donne di questo mondo..." "Cane maledetto!" Urlò Dukey estraendo la spada. "No, fermo!" Gridò Lyan. "Se lo uccidi ora gli avrai risparmiato atroci sofferenze! Sii paziente e tra un momento lo vedrai torturato fino alla pazzia! La morte, per ora, è un misericordioso gesto che non merita." "Già..." disse con un ghigno Dukey "... per un attimo eri quasi riuscito a farmi perdere la testa..." Guisgard continuò a fissarlo con rabbia. "E' finita, grande eroe..." mormorò Dukey "... tu non sei Lancillotto e questo non è un romanzo... abbiamo vinto noi..." Si voltò allora verso i suoi e con cenno diede ordine di cominciare quel sacrilego rituale. |
Cercai di liberarmi in tutti i modi ma nulla da fare le corde che mi legavano erano troppo spesse dovevo riuscire a liberarmi e a salvare tutti quanti in qualche modo dovevo riuscirci
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Gaynor aveva appena finito di annodare l'ultima estremità di un brandello di tunica, formando una specie di corda lunga di cui stava giusto testandone la resistenza, quando alcuni di quegli uomini tatuati e Lyan entrarono nella sua cella per portarla all'altare sacrificale. Alla vista della bambina, il dolore che ne provò fu talmente forte da essere quasi fisico. Un volto d'angelo dal cuore di diavolo... eppure lì dentro, da qualche parte in quel piccolo corpo, doveva esserci la vera Lyan, una normale bambina partorita da un grembo materno e non sputata fuori dalle viscere dell'inferno. Guxio ne aveva plagiato la mente, ma Gaynor era sicura che la sua anima era solo sopita, non morta...
Venne condotta all'altare sacrificale, fatta distendere e tenuta ferma da quattro dei suoi nemici. Pochi minuti dopo vide con stupore i suoi compagni entrare nella grande sala scortati da un gruppo di quei rinnegati, che li legarono ad uno ad uno a delle colonne con delle robuste corde. Con Guisgard e gli altri c'era anche un volto sconosciuto, probabilmente un altro cavaliere finito nelle mani della setta nel tentativo di combatterli. E' finita davvero, siamo tutti qui, immobilizzati e pronti al rituale del sacrificio, senza possibilità di scampo... Non era certo questo che avevo previsto lasciando Imperion, ma forse questa è la punizione che merito per tutto ciò che di sbagliato ho fatto nella mia vita... Signore Iddio, affido a te la mia anima, sia fatta la tua volontà e non la mia... In un mormorio quasi impercettibile, Gaynor cominciò a pregare. Pater Noster qui es in cælis, sanctificétur Nomen Tuum; advéniat Regnum Tuum, fiat volúntas Tua, sicut in cælo et in terra. Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus, et benedictus fructus ventris tui, Iesus. Sancta Maria, mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae. Amen... si, così sia... La voce di Dukey le arrivava come da lontano, sentiva lui e Guisgard litigare, ma non avrebbe saputo ripetere le loro parole. Si sentiva avvolta in una sorta di limbo, solo un gran freddo le impediva di lasciarsi andare, la sua mente non le chiedeva che oblìo... Un ultimo sguardo ai suoi compagni... un ultimo sguardo a Guisgard, che voleva essere come una carezza, ed un sorriso appena accennato rivolto a lui solo e ai suoi limpidi occhi blu... dopodichè Gaynor chiuse gli occhi, lasciando che alcune lacrime le scendessero sulle tempie per poi fermarsi sui suoi capelli, perle trasparenti che in quel momento rappresentavano l'emblema dei suoi rimpianti... |
Guxio entrò come un'ombra nella stanza.
Vide Talia e la fissò per qualche istante. Le mostrò il biglietto che lei stessa aveva scritto. "Milady..." prese a dire, con una strana ed irreale calma nel suo tono di voce "... sarete la signora di Cartignone e non avete bisogno di porre condizioni... per almeno due ragioni... potete chiedere qualsiasi cosa e sarete esaudita, perchè, come ho detto, siete l'erede al trono... e poi... poi io non accetto mai condizioni!" E strappò la lettera sotto gli occhi della ragazza. "Io mantengo sempre ciò che prometto, milady..." aggiunse "... e badate di fare altrettanto... ora raggiungerete il vecchio Frigoros e gli chiederete di sposare damani stesso sir Bumin... e state attenta a non mostrarvi titubante... se tenete al nostro vecchio principe... perchè se dovesse saltare il mio piano, Frigoros sarebbe il primo ad essere ucciso... ed un certo cavaliere il secondo!" Si avvicinò a lei e concluse: "Ora andate dal vecchio principe e tornate da me con la sua approvazione per le nozze di domani!" |
I nostri migliori contro i loro... tzè! Che grande illusione... che immensa finzione!... non ci sarebbe stato alcun combattimento, nè alcuno scontro leale. Non lo aspettava alcuna morte gloriosa, nè alcuna prova di coraggio.
Non poteva far nulla, nemmeno darsi la morte di proprio pugno... Restava lì, incatenato a quella colonna. Vedeva volti e sagome passargli davanti in quella grande sala, mescolandosi in immagini senza significato. Udiva voci, vicine o lontane... sembrava essere il grido di Guisgard o la risata odiosa di Dukey, ma Morven non volse nemmeno il capo per guardare... non avrebbe fatto differenza! Una strana, pesante atmosfera riempiva la sala. Morven lo sentiva. Sentiva salire il panico e la febbre, l'orrore per ciò che stava per accadere e la smania di trovare un modo, un qualunque modo per sfuggire a quella sorte. Quando vide che trascinavano Gaynor nella sala per legarla ad un grande altare, Morven chiuse gli occhi per non vedere. In quello stato, che era vicino al delirio, strane visioni cominciarono a turbinargli nella mente, trascinandolo sempre più nel buio, lontano da quella sala e da quella realtà di morte... "Samsagra..." Morven cominciò a mormorare, ma quasi non sapeva più se avesse parlato sul serio o solo nella sua allucinazione... "Samsagra... dove sei finita? Quale destino attende te, compagna, sorella, amica? Dovrai restare anche tu qui sepolta, perduta, dimenticata?" Chiuse gli occhi, ormai sfinito da tutto quel viaggio, così provato da non riuscire più a restare lucido... e in quell'oblio, Morven sognò... Era ancora legato alla colonna, ma ogni cosa intorno a lui era scomparsa. Era solo, in una sala di cui non scorgeva le pareti, che non possedeva nè porte nè finestre, e che tuttavia risplendeva di una intensa luce. E in quella luce, Morven vide disegnarsi una figura di donna, bellissima ed eterea. Con i capelli sciolti, la ventilata veste, si muoveva con rapidità eccezionale, senza perdere per questo la grazia del movimento. In un battito di ciglia, la donna gli fu davanti, gli prese il viso con una mano e lo baciò dolcemente sulle labbra. Morven chiuse gli occhi, si sentì mozzare il respiro da quel bacio. Istintivamente tese le braccia per afferrare quella bellissima creatura e stringerla a sè, ma ne ottenne solo un dolore lancinante, quando la carne fu tagliata dalle pesanti catene. Morven spalancò gli occhi, e vide che la fanciulla si era ormai allontanata. "Non te ne andare!" disse. Lei rispose con una risata argentina, lieve e vivace. "Io? Io non me ne sono mai andata..." Morven non comprese. La fissò con sospetto, come si guarda qualcosa che non si sa se appartenga al Cielo o all'Inferno. "Ma tu chi sei, che arrivi qui sotto, bella e intatta come un angelo? Non sai che in questo luogo potresti perdere la tua vita? E io sono legato, non potrei nemmeno salvarti!" Lei smise di ridere, e gli sorrise dolcemente. Distese la mano a sfiorargli il viso. "Io sono colei che ti ha scelto... io sono Samsagra. E non temere, Morven, perchè io non posso nè andare smarrita nè essere dimenticata. Io non posso essere spezzata nè posso essere annientata, perchè il mio spirito è forte come la terra, più forte dell'aria che infuria e del fuoco che brucia... e io so che si può uscire da queste viscere... basta desiderarlo, con tutto il tuo cuore..." Morven la fissò stupito, senza quasi poter articolare parola. "Dimmi come..." implorò con un filo di voce. Ma lei non lo guardò, raccolse le vesti e si voltò. "Dimmi come!" urlò. Samsagra non si mosse, non si voltò. Con la stessa eleganza con cui gli era apparsa, si immerse nell'ombra fino a sparire. "... con tutto il tuo cuore..." riecheggiò la sua voce nell'aria intorno... ... Morven spalancò di colpo gli occhi e da quel sogno precipitò nell'incubo. Un incubo in cui la voce di Dukey ordinava ai suoi di iniziare il rito. E a quel punto, svegliato così dolorosamente dalla sua visione, Morven urlò. |
Era il giorno di Pentecoste e due cavalieri erano nella cappella dell'Arcangelo.
Si chinarono per pregare presso l'altare, quando accadde qualcosa. "Morven..." Comincò a dire una voce possente. E quella voce fu preceduta da una luce vivissima. Una spada, avvolta da bagliori sconosciuti all'occhio umano era conficcata in una pietra quasi fino all'elsa. "Morven, Mio cavaliere e servitore..." diceva quella voce "... hai custodito la Fede ed Io ti dono la Mia spada..." Il giovane cavaliere fissava l'altare come rapito. "Questa Altissima Visione" continuò quella voce "è concessa solo a chi è puro di cuore. Fanne tesoro, Mio cavaliere..." Un attimo dopo tutto svanì. "Cos'avete?" Chiese Guisgard a Morven. "La spada, la vedete?" "Non vedo nulla." Rispose Guisgard. "E la luce..." mormorò Morven "... quasi mi acceca..." "La cappella è immutata!" Esclamò Guisgard. "Ho visto e udito qualcosa di divino..." Il fuoco delle candele e le grida di quei fanatici. Tutto questo riportò Morven alla realtà. Era stata una visione. Una visione interrotta dal suo grido. Ed ora si ritrovava di nuovo in quel delirante incubo di morte. Il sacrificio di tutti loro era prossimo. |
Ero di fronte alla finestra e guardavo fuori... guardavo il bosco oltre le mura di Cartignone, scrutavo le cime di quegli alberi lontani come se avessi potuto oltrepassarli con lo sguardo e andare oltre, fin dentro le profondità della terra, là dove sapevo essere colui a cui, con tanta intensità, pensavo...
Il rumore leggero della porta che si apriva mi fece voltare di scatto... "Guxio!" dissi, tentando invano di reprimere un brivido. Lo osservai in silenzio mentre parlava... Quando ebbe concluso, rimasi immobile per qualche istante... poi lentamente mi avvicinai a lui... "Senza Frigoros..." gli mormorai quando gli fui di fronte "Né tu, né io siamo niente! Non potrai avanzare nessuna pretesa su Cartignone se uccidi Frigoros e io non ti servirò più a niente! E lo sai, questo! ...Quanto a Guisgard..." inspirai appena, i miei occhi erano glaciali nonostante la mia anima tremasse "Tu fai in modo che stia bene, o non potrete fare affidamento su di me per mettere le mani su Cartignone! Il mio matrimonio con Bumin non segnerà anche l'ascesa al trono, lo sai! Servirà tempo per questo... E io potrei anche... potrei subire un incidente prima di tale ascesa! Sai, i cadaveri non ereditano i principati! E così ogni tuo piano sarà stato inutile e tu avrai perso comunque..." Lo scrutai ancora per un istante, lo sguardo fermo: "Puoi ricattarmi, puoi spaventarmi e costringermi a piegarmi ai tuoi piani... ma non fare l'errore di sottovalutarmi, Guxio!" Infine lo oltrepassai e mi avviai verso la porta: "Vado dal principe, ora..." dissi, senza più voltarmi "Gli parlerò!" |
Gaynor pregava.
Pregava intensamente, mentre le grida di quei fanatici echeggiavano intorno a lei. Le fiamme delle candele sembravano danzare al suono di quella melodia diffusa nell'aria. Ad un tratto la grande porta si aprì ed un'altra giovane fanciulla fu portata presso l'altare. Era Giselide. Il volto appariva contratto per l'orrore. La ragazza fu legata accanto a Gaynor. Allora un grande calderone fu scoperto e il fumo da esso fuoriuscito invase la vasta sala. Alcuni di quegli uomini raggiunsero le colonne dove erano stati legati i prigionieri ed estrassero dei lunghi coltelli. Dukey si portò davanti all'altare e bagnò una spada cerimoniale in un'anfora contenente acqua benedetta da qualche oscuro rituale. Fissò allora i suoi ed annuì. "Tutto è pronto, fratelli!" Urlò guardando in alto. Ed a quelle sua parole tutti i suoi fedeli gridarono ancora più forte il loro folle fanatismo. |
Intanto, nel bosco, Bethan aveva bussato alla porta di quella cappella.
E pochi istanti dopo le parole della dama, quella porta si aprì. Apparve così un vecchio monaco, di robusta corporatura, con i capelli bianchi e cortissimi. "Ah, entrate, figliola..." mormorò facendo segno di entrare "... vedete, questi sono luoghi solitari..." mentre richiudeva la porta "... attraversati da lupi o da briganti... ed un povero monaco come me, armato solo della sua Fede, sebbene questa permise mirabolanti imprese, come l'apertura del mar Rosso e la caduta delle mura di Gerico, deve essere prudente... voi mi capite, vero, dolce signora?" La condusse dunque in una piccola stanza, riscaldata da un braciere sul quale bolliva una rozza pentola, il cui profumo celava la cottura di una ricca minestra. Nel vedere la dama, un robusto mastino, che stava accanto al braciere, cominciò a ringhiare. "Sta buono, Tuk!" Lo ammansì il monaco. Fece allora sedere Bethan davanti al braciere e le offrì un piatto di quella minestra. "Avete ragione, mia signora..." mormorò mentre riempiva un piatto anche per sè "... il male è ovunque... viviamo in tempi tristi, dove gli antichi valori e gli ideali che reggevano il mondo sembrano andati perduti..." Assaggiò un pò di quella minestra e chiese: "Ma voi da dove venite, mia signora? Cosa vi ha spinto in luoghi tanto remoti e dimenticati, tutta sola ed indifesa?" |
Nel frattempo, a Cartignone, Frigoros era sempre appartato in quella stanza da solo, in balia di dubbi e di pensieri.
Dal passato, sempre troppo idealizzato e rimpianto, giungevano voci e volti lontani. Echi passati, tramutati in fantasmi che ora tormentavano il vecchio principe. Si sentiva inquieto, come se qualcosa si celasse attorno a lui. Qualcosa che stentava però a comprendere. Qualcosa di oscuro che come un velo sembrava voler ricoprire ogni cosa del suo regno. Ma tutti questi pensieri, all'improvviso, furono interrotti dall'arrivo di Talia. "Entra..." disse Frigoros nel vederla "... ti attendevo, ragazza mia..." |
iniziavo a innervosirmi sempre di più cercavo di liberarmi e sfoderavo la mia forza per spaccare le corde che mi legavano a quel pilastro
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"Ho ucciso un uomo e ho perso mio figlio, Padre" disse Bethan al monaco. "Da quel giorno vago di paese in paese, in cerca di pace e redenzione. Avevo tutto, nella vita: ricchezza, un uomo che amavo e un figlio in arrivo. Adesso non ho più niente, solo le mani macchiate di sangue."
E finalmente, dopo tanti anni, Bethan aprì il suo cuore e raccontò la sua storia... "Ucciderò il tuo uomo e ti violenterò, maledetta sgualdrina!"E dopo aver affondato la spada nel petto di suo marito, ormai a terra, dopo le percosse del branco di balordi, si avventò su di lei. Ci furono attimi di colluttazione, in cui Bethan tentò di resistere all'uomo con tutte le sue forze. Alla fine, stremata, pregò la Madonna perchè quel martirio finisse in fretta, ed incrociò le braccia sul grembo, per difendere la sua creatura. Poi, all'improvviso, udì un calpestio di cavalli e vide due cavalieri venirle incontro, brandendo le spade. I due cavalieri si fecero addosso al gruppo di balordi, mentre Bethan, fu scagliata in un angolo. I due cavalieri ebbero la meglio sui ladroni, forniti solo di vecchi coltellacci e, probabilmente, anche ubriachi. In tre finiro trafitti per terra e Bethan ebbe un sussulto, poichè uno di loro le finì ai piedi, lasciando cadere un pugnale coperto del sangue di qualche ferita. "Guarda come resistono questi due miserabili!" esclamò uno dei cavalieri, rivolto ai due furfanti che ancora resistevano imperterriti. Nella battaglia, però, nessuno si accorse dell'uomo che voleva violentare Bethan, nascosto dietro un gruppo di cespugli. Quando Bethan sentì il rumore delle frasche e l'urlo selvaggio che lanciò l'uomo, prima di gettarsi contro di lei, con un gesto fulmineo raccolse il pugnale ai suoi piedi e, con la forza della disperazione, lo affondò nella gola dell'uomo, non appena le fu addosso. Con un rantolo spaventoso, il malvivente di accasciò a terra e Bethan si accorse di essere sporca di sangue ovunque. Uno dei cavalieri le si fece incontro per soccorerla. "State bene" le chiese. "Sì, credo di sì... E' solo sangue, io... io credo di averlo ucciso... è solo il suo sangue..." Una fitta lancinante le trafisse il basso ventre e per un attimò si sentì mancare il respiro. Non era solo sangue dell'uomo che aveva ucciso. Bethan aveva perso il suo bambino. Si risvegliò molti giorni dopo, in un convento di monache, che si erano prese cura di lei. Chiese più volte chi fossero quei cavalieri che le avevano salvato la vita, ma le monache non seppero dirle niente. Bethan sopravvisse, con il grembo vuoto, numerose ferite nell'anima e senza la possibilità di ringraziare chi per lei si era battuto con tanto ardore. |
Le parole di Guxio continuavano a frullarmi in mente mentre mi dirigevo a passi rapidi verso la biblioteca del palazzo, dove ero certa avrei trovato il principe...
La biblioteca... per un attimo le immagini del sogno fatto poco prima mi invasero la mente e la rapirono, ma subito le ricacciai indietro: occorreva esser lucidi in quel momento, occorreva esser totalmente presenti. Mi fermai un attimo di fronte alla pesante porta chiusa... il principe doveva sapere ciò che ci minacciava, su questo non c’era dubbio: dopo tutto quella era la sua città e io sapevo bene quanto egli amasse ogni singola pietra di Cartignone, sì come ogni suo singolo abitante... e tuttavia bisognava esser cauti: probabilmente Guxio possedeva orecchie sparse per tutto il palazzo e di certo sarebbe venuto a sapere ciò che io e Frigoros stavamo per dirci... Cautela, mi ripetei, cautela e circospezione! E poi c’era Guisgard... e poi c’erano gli altri... tutti loro erano in pericolo quanto, e forse più di me e Frigoros... cosa fare per loro? Per il momento, pensai, non c’era che da assecondare il volere di Guxio per cercare di portarli fuori dall’inferno in cui ancora erano segregati... perciò l’avrei fatto! Avrei fatto qualsiasi cosa! Alzai pieno una mano e picchiettai sul battente, poi spinsi la porta e feci capolino dentro... Citazione:
“Mio signore, sono qui!” mormorai, con un piccolo inchino. I miei occhi vagavano sul volto di quell’uomo che era sempre stato tanto buono con me... gli volevo bene, dopotutto, lo stimavo e lo rispettavo... e lo conoscevo abbastanza da sapere che la sua mente onesta e sincera avrebbe faticato ad accettare il tradimento del suo più fidato consigliere! Lentamente mi avvicinai e presi la sua mano tra le mie... “Perché non vi sedete, milord?” proposi, accennando all’ampia poltrona che troneggiava a centro stanza “Vi prego!” In quel momento i miei occhi caddero sulla scacchiera sistemata in bell’ordine su un basso tavolino lì accanto... e sobbalzai: il pezzo del re bianco era stato spezzato in due parti. Posai leggermente le dita sulla ricca cornice di legno che circondava le tessere di lucido alabastro e, distrattamente, ne seguii il contorno... “Gioco interessante, quello degli scacchi...” mormorai “Insegna la strategia! Insegna a prevedere le mosse dell’avversario e a usarle a proprio favore... peccato che io non lo abbia mai imparato bene!” Tornai a guardarlo, con occhi che volevano trasmettere mille cose. Rimai in silenzio solo per un istante, poi soggiunsi... “Una cosa, però, l’ho imparata! Ho imparato che talvolta una situazione che sembra disparata può risolversi con un piccolo sacrificio! Anche se, ovviamente, non tutti i pezzi sono sacrificabili... alcuni sono indispensabili e preziosi... la torre, invece, talvolta è sacrificabile!” Gli sorrisi. Avevo la morte nel cuore, ma ero decisa a concludere quella faccenda in fretta... '...prima lo fai e prima potrai chiedere che Guisgard e gli altri escano da quell’inferno... è la sola possibilità che hai... fallo, fallo e basta!' mi ripetevo. Mi avvicinai al seggio del principe e mi inginocchiai ai suoi piedi... “Concedetemi la grazia di sposare sir Bumin, milord! Vi imploro! Concedetemi di sposarlo domani stesso!” |
Sogno e visione, illusione e realtà, delirio e follia, dolore e morte...
Morven non riusciva più a distinguerli... la sua mente passava ormai da un'immagine all'altra. Quella che prima si era manifestata alle sue orecchie come una voce instancabile, un suono che non dava tregua alla sua mente, adesso si era tramutata in visioni che si susseguivano senza sosta. Per un istante gli parve di impazzire, o forse era già pazzo, e questo era soltanto il frutto del suo delirio… Luce, luce dovunque… e quella donna, che diceva di essere Samsagra… quindi quell’angelica visione si era bruciata in un fascio di luce, e tutto era nuovamente cambiato intorno a lui. Poi aveva sentito una voce… non una voce qualunque… ma quella voce, quella voce del suo sogno di tanti anni prima! E gli parlava di nuovo… "Questa Altissima Visione è concessa solo a chi è puro di cuore. Fanne tesoro, Mio cavaliere..." … farne tesoro… Tesoro perché? Tesoro per quando?... Si voltò, fissò Guisgard che era immobile, al suo fianco, e lo guardava stupito. "La spada, la vedete?" "Non vedo nulla" rispose Guisgard. "E la luce..." mormorò Morven "... quasi mi acceca..." "La cappella è immutata!" esclamò Guisgard. Eppure era tutto così chiaro… perché Guisgard non riusciva a vedere? Morven si passò le dita sugli occhi, ma quella luce non cessava di brillare, e lui, lui desiderava soltanto che Guisgard potesse sentire e vedere ciò che vedeva anche lui… … se solo potessi dargli i miei occhi, le mie orecchie… Ma poi ricordò e comprese… Lancillotto e Parsifal… sì, era davvero andata così… Lancillotto, Parsifal e il Santo Graal! Ricordava ancora quella leggenda, che tante e tante volte aveva letto da bambino… quella cerca che lo faceva restare sveglio la notte, con gli occhi spalancati nell’ombra, a sognare di quei cavalieri! E adesso, ecco qui… era come Parsifal, e le sue visioni non poteva condividerle! Il suo amico Lancillotto, come quello delle leggende, non poteva vedere… e a Morven non restava che una sola cosa da fare… ... un atto di Fede… richiede un atto di Fede! In quel momento, tutto gli fu chiaro… la prima visione, sposata alla seconda, cominciava a disegnare un chiaro messaggio nella sua mente. Entrambe le parti di quel sogno gli dicevano qualcosa, e se fosse riuscito a leggere correttamente… Cominciò a gridare, a gridare… Il fuoco delle candele e le grida di quei fanatici. Tutto questo riportò Morven alla realtà. Era stata una visione. Una visione interrotta dal suo grido, che risuonò per un istante nella sala. Il suo grido… “Guisgard! Guisgaaaaaard!” ... fu come una lancia che tagliava l’oscurità, come un brivido irrazionale sulla pelle... “Guisgard!” continuò ad urlare come un ossesso, in fretta, temendo che quei mostri lo avrebbero messo a tacere prima che riuscisse a dire tutto. “C’è un passaggio… c’è un passaggio da qualche parte! Qualcosa che abbia a che fare con la roccia e con la luce… o una luce e una pietra… non so… ma devi credermi… devi credermi, adesso! Richiede…” e qui la voce gli si mozzò per un istante, così turbato com’era dall’ansia e dalla paura “…richiede un atto di Fede!” |
Gaynor pregava. Quella babele di fanatica follia sembrava solo una lontana eco di incomprensibili suoni. Ma all'improvviso qualcosa la destò da quel torpore mistico... un'altra ragazza fu portata accanto a lei, anch'ella legata e pronta al sacrificio. Il bel viso giovane era una maschera di terrore e Gaynor si sentì stringere il cuore per la pena. Erano così vicine che si sfioravano, così lei le prese la mano e le disse con un filo di voce: "Stringi la mia mano, stringila più forte che puoi. Forse vale poco, ma non sei sola... non sei sola..."
D'improvviso dalle colonne si sentì un urlo... era Morven che chiamava Guisgard, il tono simile ad una supplica disperata. Quel gridò le lacerò l'anima, si voltò verso i suoi compagni e vide presso di loro alcuni uomini tatuati con dei lunghi coltelli in mano. Le ci volle meno di un secondo per capire che avrebbero torturato prima gli uomini e quel pensiero fu il più doloroso che la sua mente avesse mai formulato. Non voleva assistere a quello scempio, non voleva sentire le grida dei suoi compagni, non poteva sopportare l'idea che Guisgard venisse ucciso davanti ai suoi occhi... Troppe volte il suo volto si era sovrapposto a quello di Lancelot nei suoi pensieri, tanto da farle credere che forse c'era ancora qualcosa di bello nella vita per cui valesse la pena sognare. In una situazione terribile e tragica come quella che stavano vivendo, lei si rese conto che in quegli ultimi anni la capacità di sognare era proprio la cosa che più le era mancata. Strinse ancora più forte la mano della ragazza che le giaceva accanto e d'un tratto decise che le restava ancora un'ultima carta da giocare. La partita era ormai persa, ma avrebbe voluto vincere almeno quell'ultima mano... "Lyan!" si rivolse alla bambina che era di fianco all'altare, "Non oso neanche sperare che tu possa provare rimorsi o tenerezza alcuni verso me che pure non avrei esitato a dare la mia vita in cambio della tua, ma per la richiesta che ti farò voglio appellarmi alla magnanimità che in genere contraddistingue chi si trova in una posizione di netto vantaggio. Vorrei che portassi Guisgard qui vicino, incatenato, trascinato, non importa, voglio solo averlo qui per pochi secondi. Ti prego, comanda che me lo portino, dopotutto è l'ultimo desiderio di una condannata a morte..." |
Avvolte nella penombra di quella piccola stanza, il monaco e Bethan sembravano incerte figure che danzavano sui deboli bagliori liberati dal braciere.
Il crepuscolo era ormai giunto e l'oscurità stava vincendo, come ogni notte, sulle ultime luci del giorno morente. Il monaco chiuse allora l'unica finestra aperta, posta in alto sulla parete, ed accese tre candele. Aveva ascoltato in silenzio il racconto della ragazza e quando questa ebbe finito di parlare, il chierico le si avvicinò. "Una volta..." cominciò a dire "... mentre ero in una vecchia missione presso Granada, giunse un moro ferito... alcuni dei miei fratelli avevano timore anche solo di toccarlo, definendolo un infedele... ma alla fine la carità e la pietà conosciute da ogni buon Cristiano, ma che in realtà sono dominio di ogni valore ed ideale umano, ebbero la meglio e così decidemmo di curare le sue ferite... il guerriero si riprese presto e restò allcuni giorni alla missione... e trascorrevo con lui diversi pomeriggi a conversare... era un uomo di grande cultura ed intelligenza, sensibile e pioetoso verso i suoi simili, al di là del credo e della razza... ed un giorno mi raccontò una parabola mussulmana..." Un peccatore giunse al cospetto di Dio per essere giudicato. Il Signore lo trovò colpevole di gravissime colpe e lo condannò alla dannazione eterna. Diede così ordine ai Suoi angeli di gettarlo nel fuoco eterno. E mentre veniva portato via dagli angeli, il peccatore si voltò verso il Signore e restò a fissarLo. Egli allora richiamò i Suoi angeli, affinchè il peccatore fosse condotto di nuovo al Suo cospetto. "Perchè mi guardi?" Chiese l'Altissimo. "Trovi forse ingiusto il Mio giudizio?" "No, mio Signore..." rispose il peccatore "... ma non posso fare altro che invocarTi e fissarTi... ho solo Te..." Dio allora ordinò che la sua sentenza fosse applicata e di nuovo gli angeli portarono via il peccatore. Ma questi continuava a fissare il Signore. E ancora una volta Dio richiamò i Suoi angeli. "Perchè continui a fissare il Signore Dio tuo?" "Perchè Sei il mio solo conforto e la mia sola speranza... e neanche Tu, mio Signore, puoi impedirmi di confidare in Te..." Dio annuì e ordinò ai suoi angeli di gettare il peccatore negli inferi, ma questi non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo Creatore. E per la terza volta Dio richiamò a Se gli angeli. "Continui a fissare il Padre tuo?" Chiese l'Altissimo. "Non ho altri che Te... nei momenti di bisogno non ho mai smesso di cercare il conforto di mio padre... ed egli era solo un uomo... come potrei fare diversamente con Te che sei il Padre mio perfetto... in Te confido e da Te tutto spero..." Dio allora, mosso a pietà dalla Fede di quel peccatore, ordinò agli angeli di liberarlo e di farlo sedere accanto a Se. Il monaco allora, finito di raccontare la storia, fissò Bethan e le sorrise. "Non esiste nulla nel Creato" disse "che sia grande quanto la Misericordia di Dio... Egli perdona perchè ama... e perdonerà anche voi." |
Una risata echeggiò in quel luogo.
Una risata che sapeva di beffa, che sembrava voler schernire tutti loro. Una risata animata da una viva e sadica soddisfazione. Una risata che aveva, per i nostri eroi, l'amaro sapore della sconfitta. "Vorresti qui il tuo amico?" Chiese Lyan a Gaynor, mentre ancora sembrava incapace di trattenere quell'insopportabile risata. "Non sai che voi martiri siete già consacrate? Nessun uomo potrà mai più toccarvi! E quanto alla vita che sembravi tanto ansiosa di voler dare per me... sappi che invece la darai in nome di un valore ben più alto!" E di nuovo si abbandonò a quell'innaturale risata che sembrava essere intrisa di morte. "Maledette canaglie..." mormorò Guisgard. Ma subito le parole di Morven attirarono la sua attenzione. "Un atto di Fede? Cosa intendete dire?" Chiese il cavaliere. "Ormai possiamo solo pregare! Prima che ci inizino a torturare!" Esclamò Iodix, preda della paura. In quell'istante Giselide, quasi bloccata fino a quel momento da un orrore assoluto, ebbe la forza di toccare le mani di Gaynor e di voltarsi poi verso Cavaliere25, cercando il suo sguardo come per invocare aiuto. Ma anche il giovane arciere era bloccato come tutti i suoi compagni ed impotente davanti a quello spettacolo di disperazione, paura e morte. |
Se mai la malvagità avesse avuto un suono, quella risata ne avrebbe incarnato l'essenza.
E' tutto sbagliato, si disse Gaynor... E' tutto sbagliato... Girò il capo in direzione di Guisgard, incontrando i suoi occhi, e gli rivolse la parola con tutta la dolcezza che le era rimasta: "Mi dispiace così tanto... avrei voluto incontrarvi in un altro momento, qui è stato tutto così maledettamente sbagliato... mi dispiace, Lancillotto..." |
"La mia testa... la mia testa..."
La testa gli stava andando in fiamme, e non poteva nemmeno stringersela tra le mani... era un tormento cui non trovava sollievo! E quella luce... quella luce che gli feriva ancora gli occhi, seppure con un lontano riverbero che sembrava ormai doversi spegnere in lontananza, in un'orizzonte che, Morven lo capiva bene, non apparteneva al piano della realtà... non di quella realtà popolata di mostri tatuati e senza cuore, di streghe bambine e di due fanciulle barbaramente legate ad un altare. Udì la voce di Guisgard, che d'improvviso gli veniva incontro, fuori o dentro la sua visione questo ormai non riusciva quasi più a distinguerlo. "Un atto di Fede? Cosa intendete dire?", gli domandò con sorpresa e urgenza insieme. Morven si sforzò di sollevare il capo e di ricacciare indietro il dolore. Temeva che Dukey o uno dei suoi scagnozzi gli avrebbe tappato la bocca se avesse detto troppo, ma in quelle circostanze non poteva di certo tacere. "Guisgard... qualcuno mi ha detto che esiste un modo per uscire di qui... io non capisco... ho visto dei segni... una luce e una pietra... la mia spada è sepolta da qualche parte, però è viva... dobbiamo cercare qualcosa che ci indichi l'uscita... una luce... o forse una pietra... non fissarmi a quel modo, non sto farneticando... ti prego di credermi... un atto di Fede... è questo l'atto di Fede, Guisgard... la vera prova è credere quando non possiamo vedere le prove!" |
Lyan rise ancora più forte, ma nonostante la sua angosciante ed insopportabile risata, le drammatiche parole di Gaynor giunsero a Guisgard.
"Lancillotto..." si ripeteva fra sè e sè il cavaliere. "Sei tornato, finalmente!" Esclamò il duca. "Ti ho aspettato tutta la sera! Dove diamine sei stato?" "In giro..." rispose il piccolo Guisgard. "In giro?" Ripetè adirato il duca. "Sei peggio di un tizzone d'Inferno! Da grande diventerai un bandito, altro che cavaliere!" Il ragazzino non rispose nulla. "Sir Algerion è uno dei miei baroni più fedeli! E tu oggi gli hai malmenato il figlio!" "Si meritava una lezione..." Il duca lo afferrò per un braccio, ma il ragazzino lamentò un forte dolore. "Cos'hai al braccio?" "Nulla..." "Giuarda qui che taglio!" Esclamò il duca. "Le hai anche prese! Dunque il figlio di sir Algerion è più in gamba di mio nipote! Ben ti sta! Prima di fare il presuntuoso ed il superbo accertati almeno di saperti difendere! Ed ora fila a rinchiuderti in stanza! Non voglio vederti in giro!" "Guisgard! Guisgard!" Chiamavano a gran voce alcuni ragazzini appena giunti al castello. "Andate via o le buscherete anche voi!" Tuonò il duca. "Signore, vostro nipote è degno di voi!" Esclamò uno dei due ragazzini. "Si, ha tenuto testa alla grande a quei prepotenti! Aggiunse l'altro. ""Cosa dite?" Chiese il duca. "Prepotenti?" "Chi ha detto che era uno soltanto?" Gridò con rabbia Guisgard. "E' vero, signore..." intervenne il primo ragazzino "... erano tre contro suo nipote... e lui è riuscito comunque ad avere la meglio!" "Quei tre si approfittavano del figlio storpio dello stalliere di sir Algerion..." aggiunse l'altro ragazzino "... ma Guis gli ha dato una bella lezione! A tutti e tre!" "Benedetto ragazzo..." con un sorriso appena accennato il duca "... quando la smetterai di fare il Lancillotto e di cacciarti nei guai?" "Voi mi avete insegnato che i deboli vanno difesi e i presuntuosi puniti!" "Avanti, mio piccolo Lancillotto!" Esclamò il duca con una grossa risata. "Andiamo a farti medicare quel taglio che hai sul braccio!" Le parole di Morven destarono Guisgard da quel ricordo lontano. "Uscire da qui? E come? Come?" Chiedeva Guisgard, quasi implorando una risposta. "Cosa avete visto? Cosa, Morven?" Ma quelle domande furono zittite da un grido di disumano dolore. Iodix era stato marchiato a sangue da uno di quegli uomini tatuati. Sulla sua pelle era stato impresso uno dei simboli di quella sanguinaria setta. "Forza!" Ordinò Lyan. "Marchiate anche gli altri! Sir Dukey!" Gridò poi al cavaliere. "Avanti, diamo inizio al sacrificio!" Dukey annuì, si avvicinò all'altare e sollevò verso l'alto la sua spada. Fissò allora due suoi fedeli che gli stavano accanto e fece loro segno di cominciare. I due presero da un braciere ardente decine di piastre di ferro incandescenti. "Avanti, miei devoti..." disse Dukey "... strappatele il primo strato di pelle... e fatelo lentamente..." "No, maledetti assassini!" Gridò Guisgard, mentre negli occhi di Gaynor prese forma una terribile visione di morte. http://lh5.ggpht.com/_YFTEPHfvXHw/TU...%282005%29.jpg |
Come è strano la vita, pensava Frigoros.
Quando si è giovani si ha la sciocca convinzione che il tempo non trascorra mai veramente e l'insensata illusione di essere immortali. Poi cambiano le stagioni e con esse pure il vento. Tutto scorre, passa, attraversa le nostre vite con la velocità di un fulmine, senza che noi riusciamo ad accorgercene. Come sono rari i momenti di vera felicità. E come è amara la consapevolezza che tentare di stringerli fra le mani sia mera illusione. Questo pensava Frigoros. Al tempo che scorre infinito e che passa. E noi con esso. "Sei sempre stata una ragazza matura..." disse il vecchio principe accarezzando il capo di Talia "... sin da piccola... molto più di Eileen... certo, hai un caratterino per niente facile, a tratti testarda, ma sei solare, luminosa come il Sole di Primavera... ed hai allietato le giornmate di questo vecchio stolto quando Eileen... il tuo sorriso nei giorni più tristi e malinconici è forse il tesoro più grande che mi sia rimasto..." Prese allora il volto di lei fra le sue mani. "Mi stai chiedendo di benedire la tua felicità..." continuò a dire "... eppure il tuo viso è pallido ed i tuoi occhi mi sembrano spaventati... ma immagino sia così, quando una ragazza vuol diventare donna... Talia, ragazza mia... il mio regno è tuo e con esso ogni mio bene e benedizione... e saperti felice è la gioia più grande che può allietare la mia vecchiaia... se davvero sposarti con sir Bumin è ciò che desideri sopra ad ogni cosa, allora ti concedo la mia benedizione... che tu possa essere felice e risplendere per ogni giorno della tua vita come il fiore più bello e prezioso che questa terra possa mai veder sbocciare..." La baciò sulla fronte e la fissò per qualche altro istante. Le sorrise e uscì dalla biblioteca. Un attimo dopo Guxio entrò nella stanza. "Ottimo lavoro, milady!" Esclamò raggiante. "Ora tutto è pronto per il mio trionfo! Adesso andate a riposare... domani sarà un giorno speciale per voi e per tutta Cartignone... e tutti esulteranno per queste nozze!" Chiamò allora un servitore. "Presto, che siano attuate tutte le mie disposizioni per le nozze!" Ordinò. "Oraganizzare questo matrimonio sarà il mio dono al popolo di Cartignone!" "Si, maestro!" Rispose il servitore. E da queste ultime parole, Talia comprese che i fanatici adepti della setta di Frigoros erano penetrati sin nel cuore più profondo del regno. |
Bethan ascoltò con attenzione il racconto del monaco.
"Cosa posso fare per espiare la mia colpa, padre? La sola preghiera non mi basta. Sento il bisogno di lottare contro il male. Mi sembrerà di sconfiggerlo anche dentro me stessa, redimendo la parte di me che ha tolto la vita ad un uomo!". Poi si alzò, quasi di scatto e aggiunse: "Credo sia arrivato per me il momento di proseguire il cammino...". |
Guardavo il volto del principe mentre mi parlava, le sue mani carezzavano piano i miei capelli e i suoi occhi erano fissi nei miei... e io avevo una gran voglia di mettermi a piangere, a piangere e a gridare. Avrei voluto alzarmi e correr via, correre finché le gambe mi avessero tenuta, correre fino a che il fiato non mi fosse venuto a mancare e la stanchezza non avesse avuto il sopravvento, trascinandomi via da quel dolore, sottraendomi a quella frustrazione e a quel senso di vuoto che mi scavava dentro...
All’improvviso un ricordo affiorò nella mia mente... Fasci di una candida luce filtravano dalle alte finestre e bagnavano il lucido pavimento marmoreo del corridoio, ma i miei piedi sembravano sfiorare appena quella superficie mentre correvo a perdifiato verso l’ultima porta in fondo... ero in ritardo quella mattina e probabilmente Eileen mi stava già aspettando... “Hey, Talia!” mi chiamò una voce, verso la metà del corridoio. Mi bloccai e mi voltai indietro, in tempo per vedere un ragazzino di circa la mia età oltrepassare una porta laterale e richiudersela alle spalle... “Ma le dame non dovrebbero essere calme e pacate? Tu corri come una furia!” “Hey Dukey!” ribattei indispettita “Ma i futuri cavalieri non dovrebbero stare nel cortile ad allenarsi? Tu te ne stai sempre a bighellonare in giro!” Un lampo d’ira gli passò negli occhi, mentre in fretta mi veniva di fronte: “Io sono il migliore di tutti e diventerò il più forte cavaliere di Cartignone... e allora la dovrai smettere di parlarmi così e inizierai a temermi anche tu!” Mi tirai indietro di mezzo passo e sfoderai un sorriso sarcastico... Dukey era prepotente e attaccabrighe, ma io non ero disposta a dimostrargli sottomissione... “Buon per te!” ribattei “Ma fino a quel momento, fammi il favore di girarmi al largo...” Mi voltai per andarmene, ma ciò che vidi mi pietrificò dov’ero: Bumin era precisamente dietro di me e mi stava fissando con un’espressione glaciale... Bumin era il cavaliere preposto all’addestramento dei giovani... era presuntuoso e aggressivo, e mi spaventava: un conto era tener testa a Dukey, che aveva pressappoco la mia età, un conto era trovarsi di fronte Bumin... In fretta chinai la testa e mi mossi rapidamente, cercando di aggirarlo... Lui però mi sbarrò la strada, mi afferrò per un braccio e mi trascinò di nuovo indietro, di fronte a Dukey. “Ha ragione lei!” disse dopo un momento al ragazzo, stringendomi con forza i polsi “Se non riesci a farti valere ora, non ci riuscirai mai! Avanti, Dukey, vediamo cosa sai fare...” e mi spinse un po’ più avanti, sempre tenendomi stretta. “Lasciatemi!” mormorai, tentando di divincolarmi. Bumin scoppiò a ridere: “Oh, andiamo... sei la lezione di Dukey per oggi, fai la brava!” “Lasciala!” ordinò ad un tratto una voce alle nostre spalle “Ora!” Ci voltammo tutti, mio padre stava avanzando lungo il corridoio con passo calmo ma deciso. Giunse di fronte a noi, si fermò e, lentamente, ripeté: “Lasciala, Bumin, o ti stacco la testa!” Avvertii le mani di Bumin sui miei polsi esitare un momento, poi la presa si allentò... io sfilai le mani e in fretta mi spostai di fianco a papà. L’uomo seguì il mio movimento con gli occhi, poi li spostò sul volto di mio padre... “Sir Geoffrey... andiamo, stavo solo scherzando!” Il volto di mio padre era impassibile, gli occhi fiammeggianti erano piantati sul volto dell’uomo che gli stava di fronte: “Tu toccala di nuovo e sarà l’ultima cosa che avrai fatto nella tua inutile vita!” Anche Bumin si fece serio: “Non è saggio parlarmi così, sir Geoffrey... sarai pure un fedelissimo del principe, ma io...” “Il principe non c’entra! Tu pensa solo a tenere le tue sudice mani lontane da mia figlia, o ti assicuro che nemmeno il Creatore in persona potrà salvarti da me. Chiaro?” lo scrutò ancora per un istante poi, accennando a Dukey, soggiunse “E ora prendi il tuo galoppino e sparisci!” Il bacio del principe sulla mia fronte mi riscosse da quel ricordo... e mentre lo guardavo uscire dalla stanza una lacrima mi scivolò sulla guancia... Fu in quel momento che entrò Guxio. Inspirai profondamente e mi voltai a guardarlo... “Ho fatto ciò che volevi!” gli dissi “Come vedi anche io mantengo la parola! Ora voglio il mio regalo di nozze! Voglio Guisgard e gli altri... li voglio qui, voglio vederli! Voglio che assistano al matrimonio!” |
Vidi la fanciulla e gridai il suo nome ma non potevo fare nulla ero imprigionato a quel palo dovevo fare qualcosa piu guardavo la scena e piu mi saliva la rabbia
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