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Cavaliere25 si batteva come un leone.
Le sue frecce colpivano rapide e silenziose, senza dare scampo ai nemici. "Sto bene, ragazzo! Lo rassicurò Mion. "Tu bada a mandare all'Inferno più bastardi che puoi con le tue frecce!" Ma proprio in quel momento un cavaliere si lanciò dal suo cavallo sul carro e con rapido gesto tolse l'arco dalle mani di Cavaliere25. Lo afferrò per il collo e tirò un violento fendente con la sua spada... Ma in quello stesso istante, uno degli assistenti di Maladesh si lanciò sul ragazzo, facendo scudo con il suo corpo. La spada del cavaliere gli trafisse il petto. Mion, davanti a quell'eroico sacrificio, cieco per la rabbia, si avventò sul cavaliere e con un colpo gli lacerò il petto. Si accasciò poi sullo sfortunato assistente di Maladesh e pose il suo mantello dietro il capo del ferito. "Mil... milord..." tentò di dire il moribondo "... dite... fui... buon guerriero...?" "Si..." rispose Mion "... se vinceremo, sarà grazie a voi..." Il moribondo sorrise e poi spirò. Mion gli chiuse gli occhi e dopo un attimo di silenzio si lanciò di nuovo nella furia della battaglia. |
Vedendo quella scena mi si bloccò il cuore e vedendo morire quel uomo che alla fine era diventato mio amico mi scese una lacrima sul viso pensai non si puo morire cosi dissi rimanendo fermo a fissare il suo corpo immobile, mi venne una irrefrenabile voglia di uccidere mi alzai presi la spada che giaceva a terra a fianco di quel poveretto e corsi contro quei maledetti dovevo vendicare la sua morte mi aveva salvato la vita non mi importava se morivo anche io dopo ma almeno la sua anima era stata vendicata.
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"Fermati, ragazzo!" Gridò Mion a Cavaliere25. "Non essere avventato!"
Ma Cavaliere25 era ormai lanciato nella mischia e come un novello Patroclo cominciò a far vibrare la sua spada tra il ferro e la polvere della battaglia. Ma il giovane passerotto non può lanciarsi con troppa audacia nel primo volo, poichè le sua ali non potrebbero tener testa a quelle del Nibbio. Un colpo di scudo lo stordì. Barcollò e cadde a terra, alla mercè dei nemici. Ma il sibilo di una lama, elegante, rapida, luminosa, lo salvò. "Sei uno sciocco!" Lo rimproverò Mion, prendendolo per la tunica. Lo portò poi verso il carro e lo affidò a Morrigan. "Bada a lui, Morrigan!" Disse Mion. "E' troppo impetuoso!" E si rilanciò in battaglia. |
Quello scudo mi fece cadere a terra svenuto mentre ero a terra sognai di essere in una verde vallata piena di fiori e vicino c'era un lago io ero sdraiato sul erba fresca di quella vallata e guardai il cielo ed era pieno di nuvole e di un sole che ti accecava gli occhi facevo a fatica a tenere gli occhi aperti era bello stare in quel posto si sentiva un aria fresca che ti accarezzava il viso e ti imbrividiva il corpo ad un certo momento senti una voce gentile che mi diceva svegliati cavaliere svegliati devi aiutare i tuoi compagni a quelle parole apri gli occhi di colpo e mi guardai intorno e mi ritrovai sul carro e chiesi cheè successo dove sono?
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Intanto, poco distanti, in un angolo inaccessibile della foresta, Guisgard era in balia di demoni e fantasmi.
Appena colpita, la falsa Talia svanì come un incanto. "Elisabeth..." sussurrò Guisgard... non ce la faccio... è troppo per me..." E ripensò al suo maestro... Solo il vento dominava in quella radura... L'antica cappella con l'immagine di San Cristoforo sembrava vegliare su di loro... "Non vi è un solo nemico, ragazzo mio..." disse il vecchio maestro mentre menava colpi col suo bastone di legno "... e tu devi sempre saperli riconoscere..." "Cosa intendete, maestro?" Chiese il giovane Guisgard, intento ad evitare i suoi colpi. "I tuoi nemici" rispose il maestro "possono essere di questo mondo... o dell'altro..." "E come farò a riconoscere il mio nemico?" "Se potrai vederlo allora potrai batterlo... ma se si celerà in te, allora dovrai prima cercarlo per poi vincerlo..." "Cosa vuol dire?" Ma nel chiedere, l'apprendista cavaliere si distrasse ed un colpo di bastone lo spinse a terra. "Mai abbassare la guardia!" Lo rimproverò il maestro, tendendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi... "Elisabeth..." disse Guisgard "...devo trovare Cosimus..." Cominciò allora ad avanzare tra la nebbia, quando intravide qualcosa. Una figura. Era di nuovo Talia. Gli sorrideva. Aprì le braccia e con un delicato gesto lo chiamò a sé. Guisgard si avvicinò alla ragazza. In quel momento il volto di Elisabeth fu quasi visibile ed una scia luminosa, per un attimo, illuminò quella nebbia. Era la fatina Empi. Talia si avvicinò, ma Guisgard, all'improvviso, le puntò la spada al petto. "Non sei lei..." disse. Un attimo dopo quell'illusione svanì nel silenzio della nebbia. |
"Bada a lui, Morrigan! E' troppo impetuoso!", le aveva gridato Mion, prima di affidarle il corpo privo di sensi di Cavaliere25... Bada a lui, è troppo impetuoso? Uhmmm, come affidare la pecora al lupo!, pensò Morrigan, ma non obiettò.
Lo trascinò sul carro e, non sapendo come meglio svegliarlo, gli tirò un sonoro ceffone. Poi, temendo di essere stata un po' troppo brusca, si chinò verso il ragazzo cercando di riportarlo a sè con la sua voce... "Cavaliere, svegliati devi aiutare i tuoi compagni!" "Che è successo dove sono", balbettò il giovane, ancora stordito. "Ti hanno colpito, ragazzo, ma grazie agli dei hai dalla tua la fortuna dei principianti!" Cavaliere25 si tirò su. Morrigan lo fissò ancora un secondo. Stava bene, era solo un po' stordito. Guardandolo, Morrigan ebbe un'idea. Si sfilò dal polso la dragona e mise l'arco e la faretra con le frecce nelle mani del ragazzo. "Ti hanno strappato l'arco" gli disse "Prendi il mio, distenditi sul carro e falli fuori, quei bastardi!" Quindi sorrise, estrasse la sua spada e la guardò luccicare nell'ombra. "Adesso è giunto anche per me il momento di divertirmi un po'!" E con un sorriso minaccioso, scese dal carro con balzo e subito fu al fianco di Mion. "Sono in ritardo, mio signore?", esclamò vicina al suo orecchio, mentre spalla a spalla con lui, infliggeva una stoccata al primo dei soldati che le venne a tiro. |
guardai quella donna e presi il suo arco e la sua faretra mi sdraiai come mi aveva consigliato e iniziai a lanciare frecce a raffica dovevo farmi giustizia e cosi mi misi di impegno e presi la mira mentre facevo quello mi ritornò in mente quel uomo che mi aveva fatto da scudo dovevo ammazzarli tutti non potevo lasciarne neanche uno di quei maledetti in vita dovevano morire tutti.
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I due combattevano spalla a spalla nella furia della battaglia.
L'abilità di Morrigan con la spada non sfigurava nemmeno davanti alla maestria del formidabile Mion. I loro colpi, come i loro sguardi, sembrava riflettersi l'uno sull'altro. Combattendo spalla contro spalla, l'uno proteggeva l'altra e viceversa. Erano come un unico corpo, un'unica spada, un unico cuore. E sentendola così vicina a lui, anche nel cuore di quella crudele battaglia, Mion avvertiva una forza immensa dentro di sé. Avrebbe potuto sfidare e battere il mondo intero. E due simili spadaccini non potevano non pesare sull'esito della battaglia. I cavalieri avversari cominciarono a contare i loro morti e quello stretto ed angusto passaggio stava diventando, dopo essere stato una trappola, la loro tomba. Anche Maladesh, Tisson, e l'assistente sopravvisuto si battevano come leoni. E Cavaliere25, dal carro, ne trafiggeva un buon numero con le sue frecce. Ma la battaglia viveva ancora una fase incerta. Il valore dei nostri eroi riusciva, come detto, a tenere a bada il numero superiore di nemici, ma la vittoria restava comunque difficilissima da raggiungere. "Spuntano come funghi, questi dannati..." mormorò Mion "... sembrano saltare fuori da ogni parte di questa foresta!" Si voltò poi verso Morrigan, come a cercarne lo sguardo. Non disse nulla e le sorrise. Un attimo dopo riprese a combattere. |
Poco distanti, in un angolo della foresta avvolto da un'innaturale nebbia, Guisgard sembrava, con l'aiuto di Elisabeth, essere riuscito a dissolvere gli incanti di quel luogo.
Svanita la falsa immagine di Talia, la nebbia cominciò, pian piano, a perdere d'intensità. Ed una sagoma, fiera e minacciosa, prese forma. "Attendevo questo momento da tempo..." disse Cosimus estraendo la spada. "Finalmente..." mormorò Guisgard. "Ho ucciso molti cavalieri in vita mia..." si vantò Cosimus "... e tu ora sarai uno di loro..." "E' tutto da vedersi..." rispose Guisgard. I due si fissarono come due animali prima del fatale attacco. Ed un attimo dopo cominciarono il mortale duello. http://www.poster.net/flynn-errol/fl...nn-6229745.jpg |
Sentirlo così, accanto a sè, le stava trasmettendo una forza che non ricordava nemmeno di avere, ed al contempo sentiva di trasmettere a Mion una eguale energia... fusione... intesa... scambio... cuore nel cuore... respiro che inseguiva respiro... colpo di spada che invitava il successivo a superarlo in destrezza! L'arte della guerra, che negli ultimi tempi Morrigan aveva persino pensato di ripudiare, di schivare, ridiventava così esaltante ai suoi occhi! Non più bieco e crudele esercizio di morte... ma vero esercizio di virtù!
Ma non era soltanto per restare accanto al suo Mion che Morrigan era saltata giù dal carro. Ella, infatti, non aveva dimenticato nemmeno per un istante le parole che Elisabeth le aveva rivolto prima dello scontro, e in quel momento la situazione l'aveva resa particolarmente inquieta. Non riusciva più a scorgere Guisgard. Così, quando la contesa le lasciava uno spiraglio di libertà, dopo aver accarezzato gli occhi di Mion, il suo sguardo si spingeva da una parte o dall'altra, tra gli alberi, alla ricerca dell'altro cavaliere. Ma intorno era solo nebbia e polvere sollevata dall'impeto dei cavalieri. La sua unica certezza era che, se fosse stato necessario il suo aiuto, ella di certo avrebbe udito Elisabeth. E l'aveva udita, in effetti, poco prima, gridare disperata all'indirizzo di Guisgard... ma poi una luce dorata, come una goccia d'ambra che splende al sole, era sfrecciata davanti ai suoi occhi e le aveva detto che andava bene, andava tutto bene, e non occorreva ancora che lei si inoltrasse nel bosco... allora era rimasta lì, vicino a Mion, a Cavaliere25 e agli altri combattenti rimasti, pensando di servire al meglio quella causa con la sua spada. |
La battaglia infuriava sempre più.
Ad un tratto un grido e Tisson si accasciò ferito al suolo. Maladesh allora gli si avvicinò, cercando di proteggerlo dai colpi avversari. "Presto!" Urlò disperato al suo assistente. "Io ti copro le spalle, mentre tu lo porterai sul carro! Sbrigati però, è ferito!" Ma ad un tratto, consumati dal fuoco delle frecce incandescenti che li avevano colpiti, gli alberi che circondavano quell'angusto passaggio crollarono miseramente, facendo venir meno la copertura dei nostri eroi. In un momento furono tutti circondati. "Ed ora come la mettiamo, cani!" Disse ridendo uno dei cavalieri. "Il padrone ci ha detto di sterminarli tutti..." prese a dire un altro di loro "... cosa aspettiamo dunque?" "Aspetta, hai visto quella?" Intervenne un terzo cavaliere indicando Morrigan. "Stasera potremmo spassarcela con un simile bocconcino! Accoppiamo questi idioti e poi ci divertiremo a turno con lei!" E tutti esultarono con versi lascivi. "Il primo che oserà avvicinarsi a lei lo infilzerò come un maiale!" Minacciò Mion, stringendo Morrigan a sé. |
D'un tratto uno strano vento si sollevò nella radura, insieme alla polvere. Le fiamme divamparono e divorarono le fronde, aggredendo con violenza la natura, che fino a quel momento si era schierata, alleato aggiunto, al fianco di quella ardita spedizione.
I rami si piegarono, come se non potessero sostenere più il loro peso, e i tronchi si squarciarono, negando ai cavalieri la loro protezione. Morrigan avvertì con sgomento il cupo schiocco del legno che si spacca al crepitare del fuoco, e l'istante dopo vide che erano scoperti. Tutti gli uomini di Cosimus, armi alla mano, li avevano circondati! Le ci volle un attimo per studiare la situazione e comprenderne l'intima disperazione. Guisgard era sparito nella nebbia... Tisson era caduto... erano rimasti solo in cinque, e tra loro, soltanto lei e Mion potevano vantare una lunga familiarità con la spada e con la guerra. Ciò che vide l'istante successivo, la fece rabbrividire ancor di più, se questo era possibile. Sentì gli sguardi di quegli uomini che le scivolavano addosso... brutali... sconci... scivolavano su quelle forme che i suoi abiti, seppure comodi in battaglia, facevano intuire come loro non erano avvezzi a vedere in una donna... ascoltò con un brivido le loro intenzioni... non voleva nemmeno figurarsi una simile scena! In quel momento sentì accanto a sè la stretta di un corpo, di un corpo che, al contrario, non le faceva paura. "Il primo che oserà avvicinarsi a lei lo infilzerò come un maiale!" gridò Mion. QUel contatto la riportò in vita e la rincuorò, facendole ritrovare immediatamente quella foga che per un istante la paura aveva appena sbiadito. Si voltò verso Mion, gli lanciò uno sguardo che mescolava fierezza, ammirazione e riconoscenza. "Ammazziamoli, Mion!" disse al suo orecchio con voce tesa "Ammazziamoli tutti... anche a costo della nostra stessa vita! Quando tutto sarà finito, in un modo o nell'altro, nessuno qui avrà nulla da festeggiare!" |
Mion la strinse ancor più forte a sé.
Aveva udito le sue parole ma non avevo tolto lo sguardo da quei cavalieri. "Il primo che si avvicinerà sarà un uomo morto..." Disse Mion. "Sgozziamolo!" Gridò uno di loro. Allora cominciarono ad avvicinarsi. Erano almeno una quindicina. "Moriresti per niente, grande eroe..." disse uno di loro a Mion "... è solo una donna..." "Solo una donna..." ripetè fra sé Mion. Due cavalieri si avvicinarono a Morrigan. Mion Chiuse gli occhi per un istante... per poi aprirli un attimo dopo e colpire con due rapidi fendenti i due cavalieri. "Addosso!" Gridò uno di loro. In breve tutti furono su di loro. Il carro venne capovolto dalla foga di quei cavalieri. Maladesh e gli altri ripresero a battersi, ma furono in breve disarmati. Mion lottò come un leone ferito, restando sempre davanti alla sua Morrigan. Ma nella battaglia, uno dei cavalieri lo colpì con lo scudo sulla spalla ferita. Un grido di rabbia e dolore si udì. E quell'attimo di distrazione fu fatale. I cavalieri si avventarono su di loro e li separarono. E nel vedere Morrigan confusa tra quelle corazze, mentre lui veniva spinto via, fece sorgere in Mion una cupa disperazione. "Morriogan!!!" Chiamò con tutte le sue forze. |
Incrociarono le loro spade con rabbia e con disperazione insieme, cercando di respingerli. Ma erano almeno una quindicina, ed erano assetati di sangue e bramosi di conquista. In un istante furono loro addosso e una lotta caotica e confusa prese vita, tanto più confusa in quanto era sopravvenuta in loro la necessità di restare in vita ad ogni costo, ed il timore di perderla, e di perdersi, è il peggior nemico per un guerriero in battaglia.
Maladesh e gli altri ripresero a battersi, ma furono in breve disarmati. Mion continuava a lottare cercando di farle scudo con suo corpo contro quell'assalto, ma poi, di colpo, tutto divenne indistinto. Sentì un grido, poi sentì che l'afferravano e la trascinavano via. Mion non era più al suo fianco. Sentì la sua voce che invocava il suo nome con disperazione. Morrigan si guardò intorno, smarrita per un istante appena, e vide solo i volti osceni di quegli uomini, e sentì le loro mani che la afferravano e la trascinavano... una nausea violenta all'idea di quel contatto si sposò ad una rabbia sorda al pensiero che tutto potesse concludersi in quel modo. E allora Morrigan decise... si abbandonò! Si arrese a se stessa! Allontanò il pensiero che l'aveva tenuta in catene in quell'ultimo periodo, e decise di affondare nel suo lato oscuro... quel lato di lei che, dopo quell'ultima, fatale battaglia combattuta, aveva rifiutato, dimenticato, esiliato dal suo stesso pensiero. Ma l'idea di annegare nuovamente nel lato oscuro del suo essere, di certo non poteva mai essere così oscura quanto la fine che l'attendeva! Allora si sforzò di allargare le braccia, lasciò scivolare la spada al suo fianco e chiuse gli occhi. Lasciò sfuggire il suo spirito, in un sospiro, e il corvo nero della battaglia sfrecciò dalle volte celesti e si precipitò dentro di lei, come tante altre volte aveva già fatto. Morrigan aprì gli occhi e con uno sguardo fece scoppiare il cuore dell'uomo che la teneva stretta. Il soldato si fermò, come se fosse stato passato da una lama da parte a parte. La fissò con gli occhi sbarrati di cupo stupore per un istante, quindi dalla sua bocca uscì un fiotto di sangue rosso e guizzante, un attimo prima che l'uomo si accasciasse davanti a lei. E lei, con aria distante e indifferente, come una divinità ctonia, volse allora il suo sguardo freddo e tagliente verso il soldato che le era più prossimo. |
"Che il diavolo ci danni tutti!" Urlò uno di loro, mentre il silenzio scese su quell'angolo di foresta.
La morte di quel cavaliere fece sorgere un vivo terrore in loro. "E'... è... una strega!" Si udì dal gruppo dei cavalieri. Anche Mion restò impressionato da quelle scena. Fissava Morrigan con uno sguardo incredulo, stentando a credere a ciò che aveva visto. "Hai visto, cane? Volevi difendere una strega!" Disse uno di loro afferrandolo per il mantello. Ma Mion era troppo sconvolto per opporre resistenza. Restava in silenzio, continuando a fissare Morrigan. Gli puntarono allora le loro armi contro e fissarono Morrigan. "Ecco, strega!" Gridò con disprezzo uno di loro. "Il tuo difensore è alla nostra mercè! Usa di nuovo i tuoi diabolici poteri e lo infilzeremo!" Poi, guardando il fuoco che consumava gli alberi, aggiunse: "Il Fato ci ha donato anche un bel rogo... ora comincerà la festa!" E tutti loro si abbandonarono a volgari risate di vittoria. |
Le urla di quegli uomini strapparono Morrigan dalla sua trance e da quella strana estasi che si impadroniva di lei in quei momenti. Sentì grida di vivo terrore... "E' una strega! E' una strega! Hai visto, cane? Volevi difendere una strega!"
E sulla scia di quelle parole, Morrigan si voltò indietro. Mion, che era riuscito a lanciarsi dietro di lei dopo che li avevano separati, restava lì, a pochi passi, circondato dai loro assalitori. Stava in silenzio e la fissava con occhi colmi di stupore, come se non potesse o, peggio, non volesse credere a ciò che aveva visto accadere. La guardava con uno sguardo così colmo di dolorosa consapevolezza da aver dimenticato tutto ciò che lo corcondava, persino del suo nemico, cui avrebbe dovuto opporre resistenza. Invece restava lì, immobile, lasciandosi colpire dal loro scherno e minacciare dalle loro spade, come se su quello spiazzo non ci fossero che loro due. A quella vista, Morrigan fu colpita dal medesimo, immenso dolore... un dolore così forte che pensò per un istante che il suo cuore potesse esplodere come era accaduto a quel soldato... ecco, è accaduto... sapevo che sarebbe accaduto... perchè non si può sfuggire a ciò che si è, nemmeno desiderandolo... Mion, mi dispiace... sapevo che sarebbe accaduto... ho provato a dirtelo, ma tu non mi hai creduto... e adesso vedi chi è davvero la donna che amavi e che volevi salvare? Hanno ragione loro, Mion, hanno ragione... non ne vale la pena... dare la vita per una strega! Tu sei nella luce, e io nell'ombra, e mai potrai amare ciò che sono, mai! E adesso, che il tuo cuore così ferito non potrà più amarmi, nulla ha più senso per me... e non ci sarà più l'Oriente, nè i rami di ciliegio... dove vanno i sogni, quando sorge il sole? Lo fissò con la morte negli occhi. "Perdonami, Mion...", disse soltanto, mentre i suoi occhi si sforzarono di trattenere una lacrima. Quindi passò lo sguardo su quegli uomini che li corcondavano, lo sguardo più altero che riuscì a mostrare. "E sia, signori..." disse "Ammetto la vostra vittoria" Fece scivolare la mano lungo i calzoni, tirò fuori dallo stivale il suo fido stiletto e lo puntò di fronte a sè. "Ma chi di voi vuol essere il primo, dovrà essere anche colui che tra tutti voi riuscirà a disarmarmi... avanti!" E dicendo questo, sfidò tutti a farsi avanti, contando sulla loro brama e distogliendo così l'attenzione delle loro armi da Mion. |
"Adoro le donne ardimentose!" Disse uno di loro facendosi avanti.
"Vai, Gawrosh, è tutta tua!" Lo incitavano gli altri. Mion restò ancora a fissare il corpo senza vita di quel cavaliere ucciso dal solo sguardo di Morrigan. "Alza la testa, cane!" Gli disse uno dei cavalieri. "Vuoi scommettere che le piacera? E tu che volevi difendere le sue virtù!" E rise forte. Mion allora, finalmente, rialzò lo sguardo e fissò Morrigan. Appariva determinata, coraggiosa, fiera e forse indifferente. Ma non era così. Mion sapeva leggere nei suoi occhi, l'unica via che conducevano al suo cuore. Gli occhi lucidi ed inumiditi da un sordo e temuto dolore. Un dolore che nasceva dal cuore. Dolore e paura. Questo Mion vide in Morrigan. Il cavaliere si avvicinava a lei, facendo versi e gesti osceni, mentre tutti già pregustavano la scena. La mano di Mion allora afferrò la sua spada e silenzioso si alzò da terra. Un attimo dopo il cavaliere accanto a sé era a terra, in un lago di sangue. Si lanciò allora su altri due e li trafisse. Ma in quel momento tutti si voltarono verso di lui. "Uccidetelo!" Urlò uno di loro. Una freccia di balestra trafisse la sua mano disarmandolo. "Accoppalo, a questo bastardo!" "Fermi tutti!" Ordinò una voce. "In nome di sua grazia il vescovo di Avignone, deponete le armi!" |
Morrigan fissava quell'uomo che con un ghigno si stava avvicinando a lei, incitato dalle grida dei compagni. Respirava con affanno, aveva gli occhi lucidi, allertati dal timore, e la gola asciutta. Era come un animale stretto ormai dai lacci del cacciatore e braccato dalla sua muta, senza più un luogo dove sfuggire.
Mion, non lo guardava più! Il suo cuore non avrebbe retto ad un altro sguardo. Gli aveva già detto addio, aveva dovuto farlo. Dentro di sè pregava soltanto perchè lui, almeno lui, si potesse salvare... perchè, ormai libero dal pensiero di dover salvare lei, riprendesse in mano la spada e combattesse per la sua vita e per quella degli altri compagni! Ma proprio mentre quegli uomini le si stringevano attorno, e la sua mente offuscata dal dolore non sentiva più che la confusione delle loro grida, una voce squarciò di netto quel folle brusio che le incalzava le orecchie. "Fermi tutti!" ordinò quella voce. "In nome di sua grazia il vescovo di Avignone, deponete le armi!" E sentendo quelle parole, Morrigan credette di sognare. Trasse un profondo sospiro, chiuse gli occhi, abbandonò il capo, come accade dopo una fatica che ci ha svuotato il corpo e l'anima, mentre la sua mano, nonostante un vivo tremore che l'aveva assalita, continuava a brandire il pugnale, come se, nonostante l'ordine udito, fosse ancora incapace di allontanare quell'ultimo baluardo da sè. |
Nel frattempo, la compagnia di Carcassonne era ormai giunta a destinazione.
Le mura della città, che dominavano sulla campagna, già si potevano vedere chiaramente. Uno dei cavalieri suonò il corno per far apprendere a tutti che Lady Talia era tornata a casa. Poco dopo, la compagnia fu fatta entrare all'interno della città. Al suo passaggio, tutti si inchinavano salutando Talia e rallegrandosi per il suo ritorno nella terra natia. Le campane della città suonavano a festa e dal palazzo reale si vedevano sventolare numerosi stendardi. Giunti al palazzo, furono accolti dai paggi che andarono loro incontro. "Oh, sia ringraziato il Cielo!" Esclamò la nutrice di Talia, nel rivedere quel volto che le era caro come quello di una figlia. "Milady, sapeste quanta pena e paura ho avuto nel cuore! Ma ora siete qui, sana e salva e questo è ciò che conta!" L'abbracciò e la baciò. "Venite, sarete stanca per il viaggio..." aggiunse "... seguitemi nella vostra stanza, dove potrete rinfrescarvi e cambiarvi d'abito." "Milady..." prese a dire Gerard "... io vado ad avvertire sua signoria. Quando sarete pronta raggiungerete vostro padre." Mostrò un devoto inchino e si diresse dal visconte. |
Ringraziai Empi per aver invocato Madre terra, nel corpo di un uomo non avrei potuto farlo.......quell'attimo di luce rinvigori' la mia energia.......quell'uomo ne aveva di forza......." Guisgard, ascoltatemi, in questo luogo neanche la figura di Cosimus potrebbe essere reale.......la magia non e' illusione..essa e' reale quanto la vostra spada......l'amore che provate per Talia e' talmente grande che vi proteggera'......Amare non vuol dire essere ricambiati.......amare vuol dire aver avuto il dono Divino di ricevere un sentimento che non ha spiegazione sul piano umano.....amatela, amatela anche con la consapevolezza di averla persa.......sara' questo il vostro scudo nei confronti di un uomo che e' pieno di odio........il mio cuore battera' insieme al vostro e la mia forza sara' unita alla vostra.......abbiate Fede mio signore........".....Trovarmi difronte Cosimus......fu come se qualcuno mi avesse dato un pugno allo stomaco......Lui poteva aver ucciso migliaia di uomini.....ma la resa dei conti arriva per tutti.......guardai l'anello al dito di Guisgard....sembrava brillasse di luce propria...Fu solo un attimo e la mia mente ando' a Morrigan la potevo vedere fiera e instancabile....e con orgoglio percepii l'arrendersi al suo essere maga aveva rischiato di perdere Mion....se fosse stato vero amore....nulla, neanche la magia avrebbe potuto dividere due persone che si amavano.........la visione di Morrigan svani' come nebbia al sole.....l'arrivo dello scontro........fu un primo colpo di spada....e poi un susseguirsi di colpi assestati e schivati......ogni colpo scuoteva tutto il mio essere.....Guisgard era veloce...ma Cosimus sembrava una roccia........cosi' padrona della luce........feci in modo che Guisgard assestasse i suoi colpi con una velocita' tale.....da lasciar senza fiato il suo avversario........ feci uscire dalla mia bocca un soffio di vento caldo.......che colpì Cosimus........lo vidi cadere e contorcersi in preda a fiamme invisibili ad occhio umano........sino a quando tutto sembro' calmarsi anche Cosimus........una strana sensazione...mi sentii come sospesa....guardai istintivamente l'anello....era a meta' dito nella mano di Guisgard la furia del duello stava facendo scivolare il mio legame di vita.........
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Sentendo quella voce rimasi fermo non capivo chi poteva essere rimasi con il mio arco teso pronto a scoccare le frecce iniziavo a sentire la stanchezza della battaglia non riuscivo piu a capire che stava accadendo mi domandai perchè tutto quel sangue sparso e tutti questi morti mi auguravo che finisse tutto in quel istante e che i miei compagni di avventura fossero tutti vivi ma in un momento mi guardai in torno e cercai Guisgard non riuscivo a vederlo allora mi rivolsi a Maladesh e dissi dovè Guisgard lo hai visto io non riesco a vederlo dobbiamo sapere se è ancora vivo e se a bisogno del nostro aiuto.
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Carcassonne! Le alte e ruvide mura di pietra grezza si avvicinavano rapidamente mentre la mia piccola compagnia procedeva al trotto lungo l’ampia strada che portava in città. Com’era bella Carcassonne, così imprendibile e fiera sulla cima della collina! Quel fulgido sole mattutino la inondava di luce, carezzando gli alti bastioni e indugiando tra le irregolarità delle mura… e allora pensai a Guisgard: avrei tanto voluto che fosse lì in quel momento, lui che così a lungo mi aveva parlato dello splendore della sua terra, avrei voluto fosse lì perché potesse vedere la magnificenza della mia, il suo calore, la sua joie de vivre… Guisgard… oh sì, avrei voluto che fosse lì! Avrei voluto rivederlo un’ultima volta! O anche, soltanto, sapere che stava bene! Ma scacciai quell’idea… era un’idea da sciocca, mi ammonii.
Uno dei cavalieri suonò il corno e allora vidi gente dai campi correre verso di noi, salutando ed esultando… ne fui intenerita, rendendomi conto quanto in fondo amassi quella terra e quella gente. Ero stata una stupida, pensai, ad identificare Carcassonne con mio padre… perché il visconte non era Carcassonne! Carcassonne era pietra e terra, era il cuore di quelle persone, era il loro calore, i loro sguardi, la loro fatica quotidiana, la loro vita… Quelle persone che sembravano ripagarmi con lo stesso affetto e devozione. Quanto dovevo apparire felice ai loro occhi! Quanto dovevo apparire fortunata a loro, che probabilmente non potevano vedere quella gabbia di parole e compromessi in cui ero chiusa! Entrammo nella prima cerchia di mura ed attraversammo il portone della seconda, per poi prendere la strada lastricata in salita che portava verso il palazzo. Quante e quante volte prima di quel momento avevo percorso quella strada, eppure mai mi era sembrata tanto lunga e faticosa: quella strada ora somigliava alla scala del patibolo per me. Di fronte al palazzo c’era un gran fermento di paggi e guardie… ma la mia attenzione fu attratta da Alvien, la mia buona nutrice. Le sorrisi. Fu lei che mi prese non appena smontai da cavallo, che fece uno sbrigativo cenno di assenso a Gerard e poi mi spinse via, dentro il palazzo, al riparo e lontana dalla confusione. Lasciai che l’amorevole braccio di Alvien mi conducesse fino a quelle che erano sempre state le mie stanze, parlava ma io non ascoltavo… ero affranta, mentalmente sfinita. |
La furia del duello.
La forza data all'odio. Non è poi tanto diversa dalla forza che può dare l'amore. Chi lo so sa. Cosimus era forte ed animato da vivo odio. Guisgard lottava per liberarsi. Liberarsi dall'odio di Cosimus, ma anche dai suoi fantasmi. Vincere quel duello. Ma poi? Ma lo scorrere degli eventi era implacabile. La vita non si ferma davanti a noi. Un romanzo. Qualcuno ha detto che la vita è come un romanzo. Ed il finale non è mai scontato. Ed ora come ora tutto appariva come un immenso dramma. Il braccio di Cosimus era saldo, la sua spade temibile. "Val la pena per te vivere?" Chiese in un attimo di viva esaltazione. Guisgard lo fissava senza rispondere nulla. E quel duello sembrava interminabile, tanto, quasi, da fiaccare Elisabeth ed il suo potere. L'anello, simbolo di fiducia, legame e fedeltà, sembrava voler scivolare via. Come la gioia, la felicità. La gioia di vivere... "Quando diventasti cavaliere" gridò Cosimus proprio nel bel mezzo della battaglia "sognavi per te un giorno una morte gloriosa? Ebbene, sappi che morirai in questa foresta e sarai ricordato come un vile assassino!" "Come te?" Rispose Guisgard. "Si, come te..." E rispose con vigore ai suoi colpi. Ma ad un tratto la nebbia cominciò a diradarsi. Tutto all'improvviso. Il Sole iniziò a scaldare ed illuminare quell'angolo di foresta. E i due combattenti apparvero di nuovo agli occhi del mondo. Quello reale. |
Tutti si fermarono a quelle parole.
Il sigillo vescovile fu mostrato e come la luce sembrò illuminare e disperdere quel caos. Come se fosse il Giudizio di Dio su tutti loro. "In nome di sua grazia il vescovo" gridò solennemente Boise "la legge giunge in queste lande! Chi è fra voi che ha nome Guisgard di Capomagnus?" Ad un tratto si udirono i tipici suoni di un duello. Tutti si voltarono e riconobbero, poco distanti, Guisgard e Cosimus, che per la foga non si erano accorti di nulla. Boise fece un gesto ai suoi e questi raggiunsero e circondarono i due contendenti. "Fermi, in nome di sua grazia il vescovo!" Ordinò uno dei cavalieri di Boise. "Cosa accade?" Chiese Cosimus ansimando per la fatica del duello. "Chi fra voi è Guisgard di Capomagnus?" "E' questo marrano, cavaliere!" Rispose Cosimus indicando Guisgard. "Io l'ho riconosciuto! E' un assassino! Prendetelo e fate giustizia!" "La giustizia spetta ad altri, non a voi!" Intervenne Boise. Poi, fissando Guisgard, cominciò a leggere: "Sua grazia il vescovo concede la grazia, per l'intervento di sua signoria il visconte di Carcassonne all'uomo chiamato Guisgard di Capomagnus!" "Cosa?" Intervenne Cosimus. "E' assurdo!" "Silenzio!" Lo richiamò uno dei cavalieri. "Chi fra voi ha nome Cosimus di Provenza?" Chiese Boise. "Io... sono io. Perchè?" Chiese turbato Cosimus. "Cosimus di Provenza, sua grazia il vescovo vi impone di presentarvi al suo cospetto per chiarire la vostra posizione davanti ad alcune testimonianze che gettano ombra sul vostro operato negli accadimenti che portarono al processo di Guisgard di Capomagnus!" "Cosa? Siete folli!" Urlò Cosimus. "Disarmatelo e prendetelo con voi!" Ordinò Boise ai suoi. "Per intercessione del marchese di Carcassonne..." ripetè Guisgard. |
Intanto, a Carcassonne, nella sua stanza Talia si preparava per incontrare suo padre.
Ma Alvien, che ne conosceva ogni sospiro, vedendola così afflitta, prese a dire: "Ricordo quando uno dei fagiani reali si nascose nel cortile del palazzo. Voi piangeste una settimana nel vederlo preso e portato nelle dispense. Ogni sera, in quei giorni, era un'impresa farvi mangiare o anche solo sorridere. O anche quando Raphael, Dio l'abbia in gloria, partì per la giostra di Arles. Voi, per paura che si ferisse, attendeste il suo ritorno restando chiusa qui e scutando notte e giorno la strada da quella finestra." Si avvicinò e fissandola aggiunse: "Non siete mai stata brava a nascondere i vostri stati d'animo. Soprattutto la tristezza. Cosa avete, milady?" |
Intanto, nella foresta, mentre i cavalieri di Boise disarmavano quelli di Cosimus, Mion si allontanò, appartandosi sotto un albero.
Qui si fasciò la mano ferita. Appariva silenzioso e turbato, con lo sguardo perso nel vuoto. |
Scutai per un istante la cara immagine di Alvien attraverso lo specchio... era dietro di me, la spazzola tra le mani e mi scrutava con quel suo tipico sguardo apprensivo... sospirai.
"Quando partii da qui, Alvien, ero certa che mai più sarei tornata. Non ne avevo alcuna intenzione! Non pensai a te, in quel momento... solo dopo mi resi conto che non ti avevo neanche salutata e che forse saresti stata in pena... mi dispiace per non averti detto mai il bene che ti voglio, per non averti mostrato la riconoscenza per essermi stata sempre vicina!" Abbassai gli occhi sulle mie mani posate sulle mie ginocchia, erano inquiete e continuavano convulsamente a tormentare il bordo dell'abito. "Tante cose sono successe dalla sera che fuggii... sono stata tanto felice in questo tempo, Alvien, tanto quanto non credevo possibile... ma per tutto c'è un prezzo da pagare e da adesso in poi, temo, la tristezza sarà la mia croce!" |
Nel frattempo, nella foresta la battaglia era ormai conclusa.
Maladesh portò le cure a Tisson, ferito nella battaglia. Guisgard raggiunse il carro e fu accolto da un Tisson raggiante, nonostante la ferita. "E' finita, Guis!" Disse. "Sei libero!" Guisgard rispose con un sorriso. Poi chiese: "E' grave quella ferita?" "No, solo un graffio." Rispose Maladesh, mentre medicava Tisson. Poi, guardando il corpo del suo assistente morto, aggiunse: "Ora pensiamo a seppellire i nostri morti..." Ma prima che Boise ed i suoi ripartissero, Guisgard si avvicinò al cavallo di quel cavaliere. "Sono dunque libero?" Chiese. "Lo siete." Rispose Boise. "Come il vento." "A chi devo quindi la mia salvezza?" Chiese Guisgard. "Alla vostra innocenza, suppongo." Rispose Boise. "Il giudizio di sua grazia è infallibile!" "Cosa accadrà a Cosimus?" "Sarà processato davanti al vescovo. Voi cosa farete? Ho sentito che avete lasciato un buon ricordo nella guardia vescovile." "Non so..." Rispose Guisgar. "Ora noi andiamo" disse congedandosi Boise "ma fossi in voi passerei per Avignone quando sua grazia tornerà dalla Borgogna." "Borgogna?" Chiese Guisgard. "Si, parteciperà alle nozze del duca con lady Talia!" A quelle parole Guisgard sentì il sangue gelarsi. Restò in silenzio, come trafitto a morte da un nemico implacabile. Non sentì più il dolore per le ferite, nè la stanchezza per il duello. Rimase da solo a fissare il vuoto, mentre la foresta riprendeva i suoi colori e ed i suoi suoni.http://content9.flixster.com/photo/6...550703_gal.jpg |
Camminava come perso tra i cadeveri dei cavalieri e le loro corazze rotte e spezzate dalla furia delle battaglie, mentre un tiepido Sole riscaldava la foresta che sembrava finalmente destarsi dopo quell'infernale tumulto.
Ma lui era indifferente a tutto. "Ora cosa farai?" Chiese Maladesh avvicinandosi. "Non so..." rispose Guisgard "... in fondo il mio mondo è qui... coloro che mi amano davvero vivono qui... forse non avrei mai dovuto lasciare Capomagnus... ma ora so che vivere qui sarebbe un tormento per me... tutto mi parlerebbe di..." "Era impossibile..." disse Maladesh "... lei appartiene ad un altro mondo... va via da qui e rifatti una vita..." Guisgard sospirò. "Temo che non mi basterà..." mormorò "... né un solo mondo da percorrere... né una vita sola per dimenticarla..." "Devi farlo..." rispose Maladesh. Guisgard non rispose nulla e fissò la sua spada. |
Intanto, a Carcassonne, a quelle parole di Talia, Alvien restò profondamente turbata.
"Cosa avete?" Chise rattristata. "Confidatevi con chi vi ha nel cuore come una madre, milady... in questa vostra fuga cosa è accaduto? E perchè siete tornata a Carcassonne?" |
Quei cavalieri, venuti fuori dal nulla, mentre la luce violenta che sorgeva ad Est avvolgeva le loro sagome nobilmente erette sui destrieri bardati, sembrarono agli occhi di Morrigan simili a dei.
Udi più volte ripetere il nome di Avignone e l'ordine di abbassare le armi, ma solo quando vide che tutti gli uomini intorno a lei obbedivano ed indietreggiavano, riuscì finalmente ad abbassare il suo pugnale. Ancora li seguì con lo sguardo, mentre si allontanavano per ascoltare i bandi e comprendere infine ciò che stava accadendo. Ma lei non si avvicinò, no. Rimase lì, in disparte, ascoltando i frammenti di quelle voci che le giungevano nel vento... Guisgard innocente e libero... Cosimus in catene... ce l'avevano fatta! Qualunque fosse stato l'ampio giro del Fato, esso era planato infine sulle loro teste, dispensando la giustizia per cui tutti loro di erano battuti. Ma nonostante l'affetto che nutriva per Elisabeth, la devozione che le aveva promesso per quella missione, e la simpatia che Guisgard le aveva ispirato fin da principio, Morrigan non riuscì a provare per lui quella felicità e quella soddisfazione che il cavaliere di Capomagnus si sarebbe meritato dopo tante vicissitudini. Con un gesto stanco si chinò e raccolse la sua spada da terra. Quindi approfittò della distrazione degli altri, della gioia che cominciava a circolare in quel gruppo di compagni, ma che lei non riusciva, suo malgrado, a sposare del tutto, e si trascinò oltre il carro, nella boscaglia retrostante. Si gettò ai piedi di un albero. Strinse le ginocchia contro il petto, come se cercasse riparo in quell'abbraccio. Tremava ancora, scossa dalla paura che aveva provato, dalla tensione di quello scontro, e da tutte quelle emozioni che si erano susseguite. Tremava perchè alla gioia del trionfo si stava sostituendo il timore di non sapere più cosa farne di sè. Ma soprattutto tremava perchè non riusciva a liberarsi del dolore che le era piombato sul cuore. Così, sapendo che in quel riparo nessuno degli altri avrebbe mai potuto scorgerla, Morrigan, per la prima volta da quando era bambina, nascose il viso tra le mani, e pianse. |
Tornai a guardarla attraverso lo specchio... era più facile sostenere il suo sguardo apprensivo con l'intermediazione di quella superficie.
"Sono tornata perché era la cosa giusta da fare!" mormorai "Sono tornata perché desideravo che mio padre facesse una cosa per me e il mio ritorno era la sola cosa che avevo da mettere sul piatto come contropartita! Sono tornata perché..." esitai, ma poi sospirai e, con un nodo alla gola, distolsi lo sguardo "Raccontami di tuo marito, Alvien, che il Cielo preservi la sua anima... Era un uomo buono, ricordo! Quando hai capito che l'amavi?" |
Morrigan piangeva.
Nulla è peggio del tormento d'amore. Ad Amore non si sfugge. Perchè Amore è un sogno. E noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, come scrisse un grande che più di una volta ispirò le atmosfere di questa nostra avventura. Quell'albero faceva ombra e dava una docile frescura in quella mattinata di Settembre. Ad un tratto Morrigan sentì dei passi alle sue spalle. Era Mion accanto all'albero che in silenzio la fissava. |
Alvien comprese.
Si avvicinò a Talia e prese le mani di lei nelle sue. "Quando vidi Armand la prima volta..." cominciò a dire "... ero sulla strada per il paese con le mie sorelle... ci incrociammo quando lui era con altri cacciatori. Lavorava nelle terre di vostro nonno... ricordo che mi fissò... mi fissò senza dire nulla, ma cose avesse voluto dirmi tutte le cose del mondo... ogni mattina, dall'ora, ci incrociammo... e lui mi fissava senza mai dire nulla... i suoi sguardi erano diventati per me come mille parole d'amore... ed attendevo quelle mattine come il momento più bello dell'intera giornata... fino a quando, finalmente, mi parlò per la prima volta..." In quel momento qualcuno bussò. "Milady..." disse il paggio "... vostro padre vi attende..." |
Nel sordo silenzio del suo cuore, Morrigan riuscì ad udire dei passi che si avvicinavano.
Sollevò il viso di scatto e vide Mion, accanto all'albero, che la fissava in silenzio. Cercò di cancellare in fretta, con la mano, i segni delle lacrime e si sforzò di atteggiare il viso ad un espressione tranquilla, per nascondere, quanto più le fosse possibile, quel turbamento agli occhi di lui. "State bene, signore?", disse, con voce che voleva esser calma. |
"La mia mano..." disse Mion "... sono ferito ma è solo un taglio... uno sciocco, insignificante taglio..."
Fissò allora l'orizzonte lontano. "Bene..." riprese a dire "... finalmente è tutto finito... lady Talia sposerà il mio signore ed i miei compagni sono stati vendicanti... non ho altro da fare qui..." Si voltò poi e fissandola chiese: "E voi? Voi cosa farete ora?" |
"Sono felice che tutto si sia risolto per voi nel migliore dei modi", rispose, schivando il suo sguardo.
Tutto era freddo, intorno a lei. Lui era freddo, ormai distante come se fosse già scomparso oltre quell'orizzonte... freddo, distante... ma non avrei potuto aspettarmi altro! "Io? Forse seguirò milady Elisabeth, se mi vorrà con sè per insegnarmi le sue arti, o forse... forse, più semplicemente, tornerò alla mia vita di un tempo" |
Mi voltai verso di lei e le carezzai il viso...
"Sei fortunata, Alvien!" dissi "Anche se lui adesso non c'è più, sei fortunata ad aver avuto un matrimonio così. Ad aver avuto un uomo che tanto amavi..." La abbracciai forte, e mormorai: "Ti voglio bene!" Il quel momento bussarono alla porta, ci voltammo mentre un paggio si affacciava sulla porta. Chiusi un momento gli occhi alle sue parole, inspirai profondamente e placai la mia anima, così che quando li riaprii ogni traccia di emozione era sparita dal mio volto. "Bene!" dissi, alzandomi elegantemente "Conducetemi da lui, dunque!" |
"Capisco..." disse Mion, stringendo nervosamente la fasciatura attorno alla sua mano "... immagino abbiate una famiglia... un uomo che vi attende..."
E ritornò allora a fissare l'orizzonte. |
Nel frattempo, a Carcassonne, Talia fu condotta da suo padre.
E fatta entrare in una grande sala, la ragazza vide suo padre intento a fissare il cortile da una finestra. "Bene..." esordì con una voce che non sembrava tradire emozioni "... il buonsenso alla fine ti è ritornato... del resto sei sempre mia figlia... sei come tuo fratello... per voi l'onore del nostro casato non è mai contato nulla... fortuna che questa scandalosa vicenda si è conclusa..." |
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