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Poiché è stato il Palazzo delle Arti a convincermi a trattenermi qui a Camelot e sebbene non sia molto portato per la prosa (preferisco la poesia e la canzone), proverò a contribuire con un mio racconto a questa bellissima iniziativa, che non merita di essere abbandonata. Ho letto i profili dei cittadini di Camelot che hanno dato il consenso e ne ho tratto l'ispirazione per un raccontino che coinvolgerà tre dame e un cavaliere. Mi conceda, Lady Dafne, un paio di giorni per tentare. A presto! (profondo inchino) |
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Perché non provate allora, dato che il mezzo pare essere a voi più congeniale, ad offrire il vostro contributo agli Annali in forma di canzone (o di poesia)? Pensate che sarebbe possibile? Io non credo che questo costituirebbe una violazione di alcun tipo e sarebbe oltremodo stimolante! Una vera rarità! :smile: Infine, ma non come ultima cosa, mi scuso con Dafne... so che mi ero impegnata a trascrivere una delle nostre avventure cittadine, ma purtroppo questo periodo non è dei migliori... :rolleyes: portate pazienza, vi prego! :smile: |
Milady, accetto di buon grado il suo suggerimento. E poiché amo le sfide (calmi, calmi, cavalieri, intendo quelle intellettuali!:D) continuerò l'idea del raccontino e lo integrerò (o lo alternerò) con contributi in versi.
Naturalmente, se beneaccetti all'ideatrice degli "Annali"; e se non disturbano i gusti altrui (Sapete? C'è una certa Dea che non ama questo genere di composizione... speriamo che non mi fulmini!). I miei ossequi, Milady (umili, profondi, doverosi come i miei inchini)! |
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La sera, davanti al fuoco, o si gioca ai dati, o al massimo si motteggia con filastrocche da taverna! E devo dire che un cantore di illustre doti sarebbe davvero ben accetto! Se accettate vi inviterò qualche volta a seguirmi in qualcuna delle mie nobili ed eroiche imprese, in modo che possiate poi mettere il tutto in versi :smile_lol: Già immagino il tutto... "Storia di sir Guisgard di Camelot, Primo Cavaliere, maestro d'Amore e cortesia", di Emrys il bardo! :laughing_lol1: E ovviamente useremo proprio gli Annali del regno di Camelot per lasciare ai posteri il ricordo e l'eco di tutto ciò :misc_write: |
Messere, non posso che sentirmi onorato per il vostro invito e soprattutto per avermi chiamato "Amico", pur conoscendomi così poco!
Finché mi sarà possibile frequentare Camelot, sarò vostro umile servitore! |
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Ed io farò lo stesso con la mia penna d'oca (anche se in realtà è quella di un corvo). Lady Dafne, mi sto impegnando per mantenere la mia promessa... Tuttavia, Voi saprete, e meglio di me, quant'è capricciosa l'ispirazione. Ero concentrato sulla mia storia, quando una vocina m'ha suggerito che ai Vostri Annali manca il prologo, un canto d'introduzione. Vi prego, perdonate l'ardire (la presunzione), e prestatemi, senza impegno, un po' del Vostro tempo per leggere quanto mi ha dettato: Non è dell'armi, né degli incanti; né della pugna accesa, né dell'opera dei grandi - eppure, di tutto questo! - che vi sarà narrato, ma dell'ingegno di una dama, che, dove Artù e il grande Merlino, con leggi, pietre ed un poter divino, ne posero, solidi, li fondamenti, tessendo lei parole, ordite ai filamenti, l'immortalità si assicurò per Camelot e per le sue intrepide genti. Qui giunta con l'amor per un cavaliere - che, a lungo, il Fato le negò di coronare - Lady Dafne, tra le torri altère, trovò riscatto da malefiche trame, redigendo gli Annali di codesto Reame. |
Mamma mia, grazie infinite Emrys per questi versi che sono un ottimo prologo!!:o :smile_clap:
Riverisco e mi inchino alla vostra arte mentre mi sorge una domanda: l'avrò realmente meritata? :neutral_think: |
I versi sono bellissimi, e... Dafne, certo che li avete meritati! Siete voi l'artefice e il mecenate di questi Annali! :smile_lol:
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E vi chiedo perdono, perché, rileggendoli, alcuni versi del prologo sono un po' forzati ed altri un po' confusi... conto di rivederli e di accettar contributi esterni, ovviamente! Con stima, vi porgo il mio saluto (e un profondissimo inchino)! |
I miei omaggi, Lady Dafne!
Sono qui, perché ho finalmente terminato il raccontino per i vostri Annali. Ho impiegato un'eternità per questo misero contributo, lo so! Ma come accennavo a Lady Morrigan, in un altro luogo di Camelot, ho temuto di fare la fine di Niggle (personaggio tolkieniano), perdendomi in continue modifiche a piccoli dettagli e rischiando così di non terminare il mio compito in questa vita! (e a causa di quell'accenno, nel luogo sbagliato, ho attirato su di noi il rimprovero di Lady Llamrei). Ma bando alle ciance! Come avevo preannunciato, il raccontino coinvolge tre dame ed un cavaliere del regno. Per quanto riguarda le tre dame, il loro benestare per essere inserite nei racconti è esplicito, mentre per il cavaliere ho ritenuto che fosse implicito. Sarete voi, Lady Dafne, a giudicare se ho violato le vostre regole (non solo in merito a questo punto). Nel racconto si accenna anche a Merlino, quello famoso, che non va confuso con l'omonimo viandante che vive a Camelot (come lui stesso conferma). Chiedo preventivamente perdono se ho mal rappresentato lo spirito, la personalità dei partecipanti; ma son qui solo da una settimana e vi conosco ancora poco (dove era possibile, mi son basato sul loro profilo e ho "ascoltato" qualche loro intervento). Nel testo c'è un riferimento a storie già incluse negli Annali, ma qua e là si accenna vagamente ad eventi e situazioni non ben definite. Considerateli degli stimoli per tutti noi, degli spunti attorno ai quali costruire una nuova storia per gli Annali. Aggiungerei che non si tratta di un racconto allegro, né "impegnato": direi che la trama subisce l'influenza della mia predilezione per la magia e la mitologia, nonché l'influenza dei temi affrontati nei discorsi a cui ho partecipato, qui a Camelot, e della lettura dei vostri racconti, Milady. Bene, mi sa che ho scritto più qui, in questa premessa, che nel racconto stesso. È ora che ve lo legga, sperando che non vi siano troppi errori... [L'INCHIOSTRO, L'ARPA E IL FUOCO] L'inverno a Camelot è una vera noia! Pensò tutt'ad un tratto Lady Morrigan, avvicinandosi al camino della sala grande, nel Palazzo delle Arti. È una noia mortale solo per le donne, naturalmente! Gli uomini, almeno, un po' per scaldarsi, un po' per tenersi in movimento, e un po' per evitare il menage familiare, riescono a trovare delle ottime scuse per scorazzare nei dintorni della città: un giorno simulano azioni di guerra e un'altro giorno organizzano una battuta di caccia (caccia al nulla, visto che la selvaggina scarseggia!). Ad onor del vero, quasi tutti gli uomini si dedicano anche a lavori di manutezione o di costruzione: i cavalieri, però, partecipano volentieri solo a quelli che riguardano il restauro e l'ampliamento delle difese. E le donne, come al solito, relegate (per sicurezza!) alle loro attività; recluse all'interno delle case o dei palazzi, nonostante in molte di loro alberghi la forza e il coraggio di una combattente o l'ingegno di un'abile stratega o di una mente ricca di innovazioni architettoniche o semplicemente l'impegno e la costanza, abbinata a volenterose braccia in grado di portare a termine gli stessi incarichi degli uomini. Quand'è, si chiese Lady Morrigan, che le popolazioni di questo pianeta capiranno che, per accelerare il loro sviluppo e la loro evoluzione, dovrebbero attingere a tutto il loro potenziale? La domanda era retorica, ovviamente, perché a lei era ben nota la risposta! È così difficile per i poveri mortali comprendere la natura degli dèi. Per esempio, loro si limitano a vedere Lady Morrigan, qui, davanti ai loro occhi, eppure, lei vive contemporaneamente in altri luoghi e in altri tempi o al di fuori di ogni luogo, al principio o alla fine del Tempo (che è un concetto umano, non divino!). Lady Morrigan pensò a sé stessa, lì, nel Palazzo delle Arti, e al motivo che la tratteneva ancora a Camelot. Pensò alla sua scelta di vivere per un po' come una mortale tra i mortali, violentando facilmente la sua natura e limitando i suoi poteri. Più difficile, invece, le risultava contenere il suo spirito battagliero. Anche se, in realtà, vi era riuscita spesso: come quando si trattenne dal volare sulla costa, per fare a brandelli con le nude mani quell'essere abominevole di nome Virno. Era certa, invece, che non avrebbe mai potuto trasformarsi in una dama mansueta e dedicarsi, magari, alla preparazione di golosi manicaretti, per far venire l'acquolina in bocca a qualche cavaliere. Cercò di pensare ad altro, mentre arrotolava e gettava nel fuoco il misterioso messaggio recapitatole qualche ora prima, quando lei, Lady Dafne e Lady Talia, si stavano dirigendo verso la sala, per trascorrere un po' di tempo assieme. Ed eccole lì, le sue compagne! Lady Morrigan le osservò con affetto: con l'affetto di una madre, per le creature che contribuì a creare, e con l'affetto dell'amicizia che legava tutte e tre. Si soffermò ad osservare Lady Dafne, seduta allo scrittoio, vicino ad una delle finestre della sala. Lady Dafne aveva promesso una nuova storia per le sue amiche e se non fosse stato per l'ipnotico andirivieni della penna d'oca sulla pergamena o per il rapido volo della mano dal foglio al calamaio e viceversa, la si poteva scambiare per una statua. E il suo sguardo... Non stava osservando il dipanarsi dei pensieri e delle immagini, mentre seguivano il filo colorato dell'inchiostro che le registrava in astratte parole su quella superficie che, lentamente, le assorbiva e le faceva proprie. Il suo sguardo si spingeva oltre; sembrava scandagliare l'intero universo, alla ricerca del punto d'origine; e lì, in quel luogo minuscolo, in una luce accecante, contemplava le immagini e i suoni di ogni evento o di ogni possibile evento: del passato, del futuro, di questo universo o degli universi alternativi (alcuni dei quali creati da lei stessa, a sua insaputa). E una piccola scintilla, di quello stesso puntino luminoso, brillava anche in Lady Dafne e, a dire il vero, in tutti gli esseri: un dono che Morrigan, la dea, elargì all'inizio dei tempi, assieme agli altri dèi e per volontà di un entità superiore e sconosciuta: anche a lei. Un dono che gli esseri umani non sono ancora coscienti di possedere. E un'altra scintilla brillava in Lady Talia che si trovava poco più in là, con la sua arpa, nella posizione che lei stessa individuò tempo addietro e che permetteva di sfruttare l'orditura lignea del soffitto e delle pareti, per assicurare un suono avvolgente ed una percezione acustica omogenea ed estremamente chiara in ogni punto della sala. Lady Talia era seduta sul suo sgabello a tre piedi, con gli occhi chiusi e l'arpa appoggiata nell'incavo della spalla sinistra. Le sue mani si muovevano con grazia squisita: flessuose, morbide, anch'esse ipnotiche. Sfioravano appena le corde dello strumento, ricavandone una melodia straordinaria: una sua composizione, naturalmente! Lady Morrigan si rilassò; si lasciò trasportare dalle note e si accomodò nuovamente davanti al camino, osservando le fiamme danzare. Non ci volle molto tempo, prima che queste cominciassero a prendere vita e forme. Dapprima, un drago... Tuttavia, vedere un drago tra le lingue di un fuoco è normale, quasi banale. Ma vederlo sputare altre fiamme, d'un bianco incandescente bordato di rosso, e, lì accanto, dove queste giungevano, vedere altre lingue infuocate dare forma e vita ad un cavaliere, che si proteggeva con uno scudo e contrattaccava con una lancia: no, questo non era né banale, né normale! E il tutto sembrava vibrare all'unisono con le note di Lady Talia. Di più: sembrava prendere vita da quelle note. E Lady Morrigan, che poco prima aveva ricordato la creazione di questo universo, si ritrovò nel coro degli dèi, intenta a contribuire a tutto ciò che è, che è stato e che sarà. A fondere o a sovrapporre le sue note a quelle degli altri suoi simili e a quelle dell'entità superiore, fonte di tutto. Oppure in una pausa di silenzio, per riprendere fiato, mentre ascoltava il canto della creazione. Quelle note. Quello strumento. Quell'arpa era unica. Non esisteva nulla di simile in tutto il regno. A dirla tutta, non esisteva nulla di simile in tutto il pianeta: non ancora! Era un dono di Merlino per Lady Talia. Quell'irritante essere (Morrigan ne era sicura: non era figlio delle sue note!) l'aveva costruita sul modello di una visione. Una visione del futuro, naturalmente! Uno strumento così esisterà solo tra un migliaio d'anni. Un'arpa più grande di quelle in uso in questo tempo, con più corde e, soprattutto, sottilissime: di metallo, non di budello di pecora. Lady Morrigan stava ancora chiedendosi se le immagini che danzavano nel camino non fossero il frutto di qualche incantesimo, quando le fiamme pulsarono, pretendendo la sua attenzione... Lady Morrigan si protese in avanti e si concentrò sulla scena. Cercava di comprendere la natura di quella visione. Era simbolica? Forse il drago rappresentava i sassoni e il cavaliere Camelot. Oppure era una visione della realtà? E di quale universo? Di questo o di una delle dimensioni parallele ad esso? Il cavaliere, nel frattempo, aveva perso la lancia ed arretrava, rintuzzato dai colpi di coda del drago. E il suo volto... A Morrigan, la dea, sono noti i volti di tutti gli esseri umani, di ogni tempo e di ogni luogo. E il volto di quell'uomo le era ancora più familiare. Quando lo riconobbe, trattenne il fiato, sgomenta: una sensazione inusuale per lei. Quel giovane! Il giovane cavaliere giunto dal lontano Tirolo! Il solo ed unico amore di Lady Dafne! Sir... Stava per pronunciare il suo nome, quando un grido disperato attirò la sua attenzione, mentre tra le fiamme, nel camino, il cavaliere veniva ferito ad una coscia da un colpo di coda del drago e dai terribili aculei all'estremità della stessa. Lady Dafne! Pallidissima. La mano sinistra premuta sul petto e la destra sulla bocca, a trattenere un altro grido... Durò solo pochi istanti: il tempo necessario affiché le sue compagne accorressero da lei. "Lady Dafne, non vi sentite bene?" - chiesero all'unisono. "Che sciocca!" - esclamò lei, riprendendo fiato e colore. "Perdonatemi! Ero così immersa nella trama del mio racconto, da farmi coinvolgere e spaventare". "Dev'essere davvero avvincente, allora!" - cercò di sdrammatizzare Lady Morrigan. "Oh, vi prego, vi prego, Lady Dafne, leggeteci la vostra storia..." - supplicò Lady Talia, che non si accorse di quanto Lady Morrigan fosse tesa, in realtà. "Ma non è terminata!" - protestò Lady Dafne. "Oh, suvvia, la terminerete a voce. E nei vostri Annali la registrerete più tardi: io non resisto più!" - aggiunse Lady Talia, fingendosi sul punto di piagnucolare! "E sia!" - disse, arrendendosi, Lady Dafne. Si disposero in cerchio davanti al camino e Lady Morrigan procurò di volgere le spalle al fuoco. Quindi, dopo una calcolata pausa di silenzio, Lady Dafne iniziò a leggere: "L'inverno a Camelot è una vera noia! Pensò tutt'ad un tratto Lady Morrigan..." |
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Messere, sono senza parole... i miei complimenti! La vostra narrazione è stata intensa, viva e bellissima... avete saputo narrare molte cose in modo mirabile! Il prodigo impegno della nostra Dafne e la delicata armonia della cara Talia, nonchè lo stima e l'affetto che ci legano sono davvero ben raffigurate... e per quel che riguarda la mia persona... be', a parte il fatto che non mi lascio costringere in casa da niente e nessuno, nonostante la mia natura femminile, per il resto avete prodotto un ritratto davvero eccellente della Morrigan! :smile: Un'ultima riga per il finale... complimenti, non me l'aspettavo... fa un po' Calvino, un po' Escher... molto bello! Lieta di essere stata parte di questo racconto degli Annali :smile: |
Ohhh... messer Emrys, sono senza parole! Sembra davvero che voi abbiate assistito ad uno dei nostri pomeriggi per poter scrivere tale racconto... :smile_lol:
Una narrazione meravigliosa, la vostra, e descritta con una tale vivacità da renderla unica! :smile_clap: ...e ovviamente vi ringrazio per aver voluto rendermi partecipe di tale delicata esperienza insieme alle mie care amiche! :smile_wave_lady: |
Ben fatto Emrys... ben fatto. :smile_clap: :D
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Emrys, non mi sono dimenticata di voi ma oggi non sono riuscita a trovare il tempo per leggere il vostro racconto... promesso che domani lo faccio!! :o
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Siete un bardo d'eccezione, Emrys!
Mi ripeterò, ma ne vale la pena: vi voglio con me nella mia prossima impresa :smile_lol: I miei complimenti, amico mio :smile_clap: |
Grazie! Davvero troppi complimenti per un così misero contributo!
Grazie davvero! Sono commosso! :o @Lady Morrigan e Lady Talia Mie Signore, sono io che devo complimentarvi con voi per aver accettato di mettervi in gioco. E ringraziarvi per il rivolgermi ancora la parola! @Lady Dafne Signora, attenderò pazientemente, non preoccupatevi. Ammetto, tuttavia, giacché siete voi l'anima degli Annali, che tengo molto anche al vostro giudizio. @Sir Hastatus77 Mio Signore, voi mi onorate! E devo ringraziarvi di cuore, perché da grande mecenate, quale dimostrate di essere in molti luoghi di questo reame, avete dato vita ad uno spazio per raccogliere in modo ordinato gli Annali ideati da Lady Dafne. :misc_hail: @Sir Guisgard Sarà un onore partecipare alla vostra prossima impresa. Credo che, sebbene io sia un po' anzianotto, di poter partecipare alle vostre avventure... Anche perché vorrei che il mio prossimo contributo agli Annali fosse tutto al maschile. Vi parteciperei da osservatore, ça va sans dire!, poiché non potrei comparire nel racconto. Grazie ancora, a tutti voi! P.S. - Dimenticavo... E' giusto che anch'io dia il benestare per essere incluso in eventuali storie. |
Eccomi qui, quando faccio delle promesse di solito le mantengo e malgrado sia tornata solo un'ora fa dal lavoro (quello della vita vera) ho appena letto il vostro racconto!
Bellissimo!!! E in effetti mi avete anche descritta bene: certe volte mi faccio di quei viaggi mentali che paiono veri :p. Bravissimo!!! Quasi quasi un nuovo vostro racconto ci sta tutto ;)... |
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[/QUOTE]Quasi quasi un nuovo vostro racconto ci sta tutto[/QUOTE] In effetti, ci sto già lavorando. Sto raccogliendo informazioni sui cavalieri del regno (che sono un riservati, devo dire!)... Attendo però di leggere anche un'altra delle vostre storie! A presto, mia signora! (Con stima, mi inchino ed esco di scena). P.S. - Acc... dimenticavo... avete visto che bel lavoro a fatto Sir Hastatus77, nel raccogliere gli Annali e le regole? |
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@Emrys Contraccambio con voi i ringraziamenti... perché siete voi che mi avete dato lo stimolo. |
Emrys,messere!!! Veramente interessante il vostro racconto, interessante e sorprendente.
Uffi troppi pensieri e troppe domande che nascono , si rincorrono e si accavallano... appena riuscirò a fare chiarezza vi sommergerò di domande, con vostra licenza s'intende...:smile: Mi inchino a voi messere e prendo licenza...:18015: |
Grazie infinite, mia signora!
Sono a vostra disposizione per ogni chiarimento. Forse ho messo troppa carne al fuoco in poche righe. Il prossimo racconto sarà meno presuntuoso. Sto tentando di rimanere coi piedi per terra (beh, pur rimanendo in questo fantastico reame), però la trama mi ha un po' preso la mano! Ci vorrà ancora un po'! |
Dopo tanto tempo, ecco uno nuovo racconto per gli Annali del Regno di Camelot. Per chi non li conoscesse o li avesse dimenticati, qui http://www.camelot-irc.org/forum/showthread.php?t=1591 li troverete in bell'ordine, grazie al nostro amatissimo Sir Hastatus77. E vi troverete anche il regolamento per potervi partecipare o per dare il vostro benestare per comparire in una storia. Questo nuovo racconto è diviso in tre parti (per la seconda dovrete aspettare qualche giorno; la terza seguirà abbastanza rapidamente, perché già scritta in gran parte). La narrazione fa riferimento ad alcune vicende occorse nelle precedenti puntate (quelle scritte da Lady Dafne e da me), quindi se non le ricordate, fareste bene a rileggerle. Bene, spero lo gradirete e, per semplificare la vita a Sir Hastatus77 — almeno spero! —, pubblico la prima parte in un “post” separato.
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[L'ARPA E LA SPADA] "Il coraggio non è la grande quercia che vede la tempesta arrivare e passare, ma è il fragile fiore che si apre nella neve." Alice M. Swain PARTE I Il cielo color del piombo, il forte vento, ancora freddo ma non gelido, e il mare agitato, che ancora rendeva impossibile la pesca, lasciavano intendere che l'inverno non fosse ancora passato. Eppure, ad un occhio attento, gli indizi che annunciavano il cambiamento della stagione non sarebbero passati inosservati: piccoli ciuffi di un verde intenso si facevano largo tra rocce e zolle grigiastre; qualche insetto si muoveva nervosamente alla ricerca di qualcosa; altri sembravano intontiti dal freddo e come in attesa, sorpresi e speranzosi, di un sole che tardava ad arrivare. E alcuni uccelli erano già tornati e riempivano l'aria di richiami. A Cerdic non era necessario osservare tutto questo. Alla sua giovanissima età, la primavera, la si sente arrivare in anticipo: il corpo freme, impaziente di movimento e, nel suo caso, di lotta e di avventura. A undici anni, se il sole latita, ci si scalda da sé o con l'immaginarne uno già carico d'estate. E la fantasia a Cerdic non mancava di sicuro. La fantasia gli era necessaria. Necessaria per alimentare i suoi sogni, perché lui ne era certo: un giorno sarebbe diventato un cavaliere! Avrebbe difeso la sua terra. Avrebbe salvato un damigella in difficoltà. Avrebbe servito fedelmente Re Artù e, forse, avrebbe trovato posto alla Tavola Rotonda. La fantasia gli era necessaria anche per sopravvivere ai momenti di sconforto. Se, in precedenza, farsi accettare dai suoi coetanei non era stato facile, in quei giorni, quando era fortunato, veniva ignorato o allontanato dai giochi comuni. Altre volte veniva bersagliato con pietre e insulti. Tutto era cambiato, da quando, sei mesi prima, era morto suo padre... Tredici anni erano trascorsi, da quando Horad, il padre di Cerdic, arrivò a Chilfach Cudd aggrappato ad un asse di legno, in un mare ancora in tempesta: unico sopravvissuto di una piccola flotta di sassoni alla ricerca di una nuova terra dove stabilirsi. In quei giorni, i rapporti tra i due popoli non erano ancora diventati così burrascosi, ma la diffidenza verso gli estranei era già radicata negli abitanti del piccolo villaggio. Tuttavia, soccorsero lo straniero in difficoltà. Lo curarono. E col tempo, vista la sua intenzione a trattenersi presso di loro, visti il suo carattere socievole e l'abilità con cui svolse ogni lavoro in cui si impegnò, riuscirono ad accettarlo e ad accoglierlo all'interno della loro comunità. Dopo un paio d'anni, solo le sue caratteristiche fisiche lo distinguevano dagli altri. I capelli biondi, così chiari da sembrare bianchi, spiccavano tra capigliature nero corvine, castane o rossicce. Spiccava anche a causa della sua statura, di una testa più alto di chiunque altro. Gli occhi azzurri, invece, non erano rari da queste parti; ma le sue iridi non ricordavano il colore del cielo, piuttosto sembravano scaglie di ghiaccio. In molti si domandarono cosa attirò l'attenzione di Gwen, la madre di Cerdic, e perché s'infiammò d'amore per quello straniero; ma lei non lo confidò mai a nessuno. Neppure ad Horad, che non glielo chiese mai, ma ne ricambiò il sentimento come un dono insperato, vivendo la loro relazione come se gli fosse concessa solo per poco tempo. Di tempo, invece, gliene venne concesso; seguirono più di dieci anni di gioie e soddisfazioni: la nascita di un figlio; la stima degli abitanti di Chilfach Cudd; il riconoscimento dei suoi meriti, sia per le sue capacità di pescatore e cacciatore, sia per la sua abilità di guerriero; soprattutto, gli furono riconoscenti quando difese il villaggio dai tentativi di invasione del suo popolo d'origine, quando i sassoni divennero più ostili o si unirono alle scorribande dei pirati. Già, i pirati! Sei mesi prima, il demone biondo, Virno il Guercio, sassone pure lui, a capo di sette galee, attaccò il villaggio e uccise quasi tutti gli uomini: tra questi, il padre di Cerdic e i padri dei suoi amici, che da allora, nonostante il rispetto che ancora provavano per suo padre Horad, mal sopportarono le sue origini, i suoi lineamenti e, soprattutto, quei capelli biondi, che ricordavano loro l'aspetto di quegli assassini. Il ricordo di quella notte era ancora vivo in tutti loro. E non meno in Cerdic: il buio del nascondiglio in cui l'avevano spinto i suoi; le urla della madre; l'agonia di suo padre, inchiodato con due arpioni alla parete della loro camera da letto, e da cui, nei suoi ultimi istanti di vita, tentava inutilmente di porre fine alle violenze che subiva Gwen. Cerdic ricordava gli scherni dei sassoni; le risa dei sassoni; e ancora i sassoni che lo tiravano fuori dal suo nascondiglio. Poi, il lungo e penoso viaggio verso Camelot... e, dopo tutta quell'oscurità, finalmente un raggio di luce, di speranza, di giustizia: il castello; l'affetto e la dolcezza delle dame; i cavalieri che partivano per liberare il villaggio dai predoni del mare! E due giorni dopo, quando riabbracciò sua madre, quando dovette tornare a Chilfach Cudd e abbandonare le dame, i cavalieri e le torri di Camelot, Cerdic ne fu ancora più convinto: vi sarebbe tornato! E avrebbe combattuto a fianco del suo idolo: il vendicatore, l'uccisore di Virno il Guercio... Cavaliere25! Cavaliere25, ogni dieci giorni, circa, disponeva di una giornata tutta per sé. Libera dagli impegni ufficiali, ma non dagli impegni cavallereschi: fare la corte alle dame, andare a caccia, allenarsi con gli altri cavalieri, bisbocciare alla taverna. Insomma, le tipiche attività di un giovane cavaliere in libera uscita. Per meglio dire, queste erano le sue attività preferite fino a sei mesi prima. Infatti, in molti notarono che Cavaliere25, da qualche tempo, in quelle giornate libere, usciva sempre di buon'ora, molto prima dell'alba, per una meta ignota, da cui faceva ritorno soltanto nel primo pomeriggio. Le premature illazioni sulle sue cacce sfortunate — visto che rientrava sempre senza prede —, lasciarono subito il posto ad ipotetiche fanciulle di qualche vicina contrada. Ma nessuno poté immaginare dove realmente si recasse e in quali attività fosse impegnato durante quelle sue assenze. La gelosia, il disappunto, le battute, i pettegolezzi di alcune dame sarebbero cessati all'istante, anzi il loro cuore sarebbe esploso d'amore, se avessero saputo... Come difatti avvenne, quando si seppe! Né pioggia, né neve, né le minacciose tempeste, come quella di quel giorno, gli impedirono nei mesi precedenti di raggiungere la costa per tener fede ad una sua promessa, al suo nuovo impegno. In realtà, non aveva ancora capito cosa lo spinse, in quei lontani giorni autunnali, ad interessarsi della sorte di un particolare ragazzo e del suo sogno — del suo impossibile sogno! — di diventare un cavaliere. Qualche giorno dopo l'uccisione di Virno e la liberazione di Chilfach Cudd, Cavaliere25 tornò al villaggio per accertarsi di persona che, nonostante la terribile sciagura, i sopravvissuti fossero in grado di superare la crisi. Per assicurarsi che le donne e i pochi uomini scampati alla strage — perché lontani dal villaggio, a caccia o per commerciare —, grazie anche all'aiuto giunto dai villaggi vicini, si stessero preparando all'inverno, ormai non troppo lontano. Accadde al termine di quella prima visita, mentre salutava il nuovo capo-villaggio e lasciava Chilfach Cudd per ritornare a Camelot. Accadde sulla cima della collina alle spalle del villaggio, dove gli si parò dinanzi un ragazzino biondo, a gambe divaricate, pugni stretti e lo sguardo inchiodato su di lui. Rimasero a fissarsi per un tempo che parve lunghissimo. Poi, anticipando la domanda già sulle labbra di Cavaliere25, il ragazzo sbottò: "Sono Cerdic, figlio di Horad, e voglio diventare cavaliere!". Un'altra lunga pausa di silenzio. Poi, Cavaliere25 sorrise, allentando la tensione del ragazzo. "Tra una settimana... All'alba... In questo stesso luogo!". Il viso di Cerdic esultò, gli occhi lucidi. Il ragazzo non disse nulla, non riusciva a parlare dalla gioia; emise solo una specie di singhiozzo e corse via, verso il villaggio. Iniziò così il loro strano rapporto. Ogni sette o dieci giorni, a seconda degli impegni di Cavaliere25; in ogni sua giornata libera, senza eccezioni; con qualsiasi condizione atmosferica o stato di salute; dall'alba a mezzogiorno; sulla cima di quella collina. Né pioggia, né neve. E neppure l'immane stanchezza di quel giorno. Stanchezza dovuta al cattivo riposo dell'ultima settimana; dovuta agli incubi ricorrenti che, ogni notte, da sette notti, gli impedivano di riposare. Sogni. In realtà, si trattava sempre dello stesso sogno, che si ripeteva in continuazione. Dapprima fiamme; fiamme che si trasformavano in immagini. Un drago e un cavaliere che l'affrontava e ne veniva sconfitto. Poi, voci. Quella di una donna e quella di un vecchio, che recitavano una sorta di cantilena. Nelle notti precedenti era solo una di quelle voci a recitarla... o almeno così gli sembrava di ricordare. Ma nella notte appena trascorsa c'erano entrambe e si alternavano: iniziando da quella femminile, ognuna recitava un verso, per così dire. E come nelle notti precedenti, risvegliarsi una prima volta dall'incubo non era servito: appena richiudeva gli occhi, si ripeteva. Così, Cavaliere25 finì con l'imparare a memoria quella sorta di filastrocca. Anche nella luce incerta di quella mattina, mentre si arrampicava lungo il fianco della collina — sulla cui cima, sicuramente, l'attendeva Cerdic —, quella maledetta cantilena riecheggiava nella sua mente: "Cavaliere, Un drago? Un drago bianco, per giunta! I sogni sono proprio strani. Un drago non l'aveva mai visto in vita sua. Bianco, poi... Eppure aveva la sensazione d'aver già sentito parlare di draghi bianchi, ma era troppo stanco per cercare di ricordare. E stanco di quello stupido sogno che lo perseguitava anche ad occhi aperti. Stanco di tutte quelle fiamme. Stanco di quella litanìa di sconfitte, di sangue e di morte. Ed eccolo! Il rimedio che già stava esorcizzando quell'incubo: un ragazzino che gli correva incontro, col viso illuminato dal sorriso; un ragazzino che lo ritemprava appena compariva all'orizzonte, riempiendolo di nuova forza — come un sonno ristoratore, come una bevanda corroborante. Cavaliere25 ne era sempre più convinto: quel che provava per Cerdic era un affetto vero; simile, immaginava, a quello di un padre per il proprio figlio. Provava gioia nel rivederlo; nel passare con lui quei ritagli di tempo; nell'ascoltare i racconti delle sue giornate; nell'ascoltare i suoi sogni e le sue paure; nel dargli consigli; nel contribuire alla sua evoluzione di uomo con aneddoti, storie, rimproveri e, naturalmente, con i loro esercizi di combattimento, con i loro finti duelli. E quanto era cresciuto, quanto si era irrobustito negli ultimi mesi e quanti progressi con la spada. Se fosse cresciuto a corte, se fosse stato figlio di un nobile, sarebbe già paggio da un paio d'anni e, tra altri tre, sarebbe diventato scudiero; e, un giorno, cavaliere! Non voleva illuderlo. Presto o tardi avrebbe dovuto affrontare l'argomento e fargli capire che il suo sogno era destinato a rimanere tale. Il suo futuro sarebbe stato diverso. Sarebbe diventato un grande combattente — questo, sì! —; avrebbe difeso la sua gente e, magari, avrebbe potuto aspirare al titolo di capo-villaggio. Horad, il suo vero padre, ne sarebbe stato altrettanto fiero! Sì, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare anche questo discorso, ma non oggi. Oggi era il giorno del duello. Oggi avrebbero esorcizzato i loro incubi con la fatica, il sudore, il ritmo dei colpi delle loro spade di legno, dei loro scudi, e con il fragore delle loro risate. Risate portate lontano dal vento, che cominciava a farsi impetuoso e a schiaffeggiarli con mani d'acqua gelida, complice la pioggia. Lo stesso vento che spingeva le nuvole a correre più veloci delle Furie; e, come furie, fondersi con le onde del mare e infrangersi contro gli scogli. Lo stesso impeto dei colpi che si scambiavano Cerdic e Cavaliere25, dimentichi del tempo e delle intemperie; lo sguardo dell'uno fisso negli occhi dell'altro: intenso, concentrato e... felice! La fine della pioggia coincise con quella del duello. Cerdic, la spada impugnata saldamente con entrambe le mani, parò un colpo laterale, che dal basso verso l'alto, tentava di forzare la sua guardia. Bloccò ed attirò verso di sé la spada di Cavaliere25 e lo sorprese, roteando la propria lama intorno alla sua e, con uno strappo veloce e con forza insospettata, gliela fece volar lontano, dall'altro lato, facendo perdere l'equilibrio al suo maestro, mentre questi poggiava incautamente il piede su una pietra malferma. Il cavaliere piombò a terra, pesantemente, in un piccolo avvallamento del terreno. Nessun danno, solo l'orgoglio un po' ammaccato. Rise. Una risata di gusto, liberatoria; gli occhi lucidi per la gioia, mentre guardava Cerdic ancora saldo nella sua posizione, con la spada puntata verso il naso di Cavaliere25. Poi, anche il ragazzo scoppiò a ridere e abbassò l'arma. Ridevano ancora, quando uno squarcio tra le nuvole liberò un raggio di sole, alle spalle di Cerdic. I capelli sfolgorarono d'oro e dell'accecante biancore della neve. Cavaliere25, abbagliato, fece scudo con la mano e girò lo sguardo verso il terreno, alla sua destra, dove lo stesso raggio illuminava un ciuffetto di trifoglio, tra i quali ne spiccava uno con quattro foglioline. Improvvisamente, a squarciarsi fu il velo che annebbiava la mente. "...combatterete il figlio del drago bianco, E un altro ricordo si fece strada, seguendo il primo. La leggenda sull'adolescenza di Merlino. La sua profezia per re Vortigern. Il drago bianco,... cioè il popolo sassone! Profezia. Questa parola incupì Cavaliere25. Si preoccupò per le implicazioni di ciò che andava congetturando la sua mente; si preoccupò della sua sanità mentale, perché lui non credeva a queste cose; si preoccupò, perché, se mai ci fosse stato del vero, l'aspettava un lungo viaggio e, da qualche parte, sangue e morte. Ma non poteva essere vero! Quello doveva essere stato solo un caso. E checché andasse cianciando quel vecchio bardo, a Camelot, sull'inesistenza del caso, quella era assolutamente una pura coincidenza. Pensare al vecchio bardo, gli fece tornare alla mente il dono che, ogni volta che si recava a trovare Cerdic, gli giungeva da parte sua, tramite Dysgor, il ragazzo che serve alla Taverna dell'Orso Stanco. Quel mattino aveva con sé due focacce d'orzo, un paio di mele, fichi secchi, formaggio e del latte di capra. Cavaliere25 si rese conto di avere una gran fame; e la fame scacciò tutti i cattivi pensieri. Lui e Cerdic scesero alla spiaggia, si sistemarono su una barca capovolta e, godendo degli intermittenti e tiepidi raggi, mangiarono, chiacchierarono e risero ancora, fino a quando il sole, dopo aver raggiunto il punto più alto dell'arco tracciato nel cielo, cominciò la sua discesa verso l'orizzonte. Come al solito, il tempo era trascorso troppo velocemente per loro. Ma cominciava a farsi tardi e Cavaliere25 risalì sulla sua cavalcatura e riprese il cammino già percorso, per rientrare a Camelot: non prima, però, di aver rinnovato il suo impegno, con la promessa di tornare presto. Ma non si sarebbero rivisti tanto presto! A tutto questo stava ripensando Cavaliere25, quando, quattro giorni dopo, si ritrovò nei pressi di Caer Wrygion, la Viroconium dei romani. Alle spalle tre giorni di viaggio e di pioggia ininterrotta, immerso in una oscurità perenne che, anche di giorno, non aveva nulla da invidiare alla notte. Lasciata Camelot, s'era diretto dapprima verso Caerllion (che i romani chiamavano Isca Silurum), per recapitare un messaggio urgente per il re, che, per impegni ufficiali, si trovava nella fortezza che tutti consideravano l'altra Camelot. Cavaliere25 aveva attraversato lo stretto braccio di mare — primo ostacolo sul suo cammino —, a bordo di una grossa chiatta carica di merci, il mattino successivo al duello con Cerdic. C'era ancora il timido sole del giorno precedente e non ebbe problemi durante la navigazione. Môr Hafren, il Mare dell'Hafren, così chiamano questa vasta insenatura. Solo le sue acque salate e le incredibili maree — capaci di risalire l'estuario e invertire il corso del fiume Hafren — ne rivelano la natura; altrimenti sembrerebbe solo un enorme canale, prolungamento ideale del più grande fiume del regno. Era sbarcato nei pressi di Venta Silurum, la città-mercato voluta dai romani e che gli abitanti del luogo ribattezzarono Caer Went. Poi, raggiunta Caerllion, l'aveva lasciata immediatamente, prendendo un antico cammino sfruttato anche dai romani, che l'utilizzarono per collegare Isca Silurum a Deva, poi nota semplicemente come Caer: la città-fortezza da loro costruita nel nord del Dyfed. La pioggia era iniziata subito dopo: ancora visibili le mura del castello di Caerllion. Nel procedere sull'antica via, deserta da giorni, continuava a chiedersi per quale insano impulso avesse preso quella folle decisione. Condizionato da un sogno, poi, che, da quando era partito, aveva smesso di perseguitarlo. Invece, quella maledetta cantilena gli tornava alla mente ogni volta che ripensava a tutta la vicenda e, soprattutto, ogni volta che pensava a Cerdic. Le coincidenze di quella giornata e un'altra notte di tormenti, lo convinsero a confidarsi con Sir Guisgard, che in quei giorni era già Comandante dei Cadetti, ma non sedeva ancora alla Tavola Rotonda. Meno di due ore dopo attraversava le porte della città, con il beneplacido di Sir Hastatus77, che gli affidò il messaggio per re Artù e il compito di tornare con un rapporto sulle condizioni dell'antica via e dei punti di ristoro. Non sapeva quanto tempo sarebbe stato lontano da Camelot e da Chilfach Cudd. Quindi, aveva chiesto a Dysgor di portare un suo messaggio a Cerdic. Dysgor aveva accettato di buon grado, anche se tra i due evidentemente non correva buon sangue. Orfano di entrambi i genitori (sua madre s'era suicidata dopo quella maledetta notte), da quando era andato a vivere a Camelot — accolto da Hynaws, l'oste, e da sua moglie Claudia, che pensavano di adottarlo —, Dysgor sembrava più sereno; e felice del suo lavoro alla taverna. Di tanto in tanto, poi, si recava al villaggio natale per qualche commissione per conto di Hynaws e per far visita ai suoi compagni rimasti laggiù. Ricordando il desiderio di Claudia e Hynaws di adottare Dysgor, Cavaliere25 tornò a pensare a Cerdic. Durante il viaggio, più volte, aveva preso in considerazione questa idea. La legge, quella militare, glielo avrebbe permesso: adozione militare! Al compimento dei suoi quattordici anni, Cerdic poteva essere adottato da Cavaliere25, che gli avrebbe trasmesso così i privilegi della sua casata. Dopotutto, volendo darle un minimo di credito e volendo interpretarla, anche se era restìo a farlo, la maledetta litanìa non recitava forse: "Mentre sarà seduto al vostro fianco, "Tre anni... Sarà questo il tempo che trascorrerà prima del mio ritorno a corte? Prima dei decantati giorni di gioia?" — così rimuginava Cavaliere25, mentre una parte di sé rifiutava a priòri ogni riferimento a sogni e profezie. All'improvviso, con il riforzare del vento, la pioggia prese a rovesciarsi con più violenza, sferzandogli il viso con acqua gelida. Non durò a lungo, ma quando diminuì d'intensità, ebbe l'impressione che l'assordante scrosciare della pioggia persistesse nelle sue orecchie. Proseguendo sul suo cammino, il suono cambiò timbro e si trasformò in un rombo continuo e minaccioso: erano le acque tumultuose dell'Hafren, il grande fiume. Finalmente! Tra poco avrebbe avuto un rifugio; un luogo dove ristorarsi e asciugarsi da tutta quell'umidità. Era mattino inoltrato, ma il mondo era immerso in una luce fioca, crepuscolare. Nonostante la pioggia, che cadeva di nuovo fitta, riuscì a vedere il ponte. Oltre, vide le prime abitazioni di Caer Wrygion e la taverna dove si sarebbe fermato. Fuori dalla Taverna dei Corni c'era movimento. Gli sembrò che fosse giunta una piccola comitiva. Vide le finestre e l'ingresso della taverna illuminate dall'interno. Sull'uscio un uomo con una lanterna, che osservava un gruppetto di persone e dei cavalli. Di lì a poco, proprio mentre Cavaliere25 iniziò l'attraversata del ponte, il gruppetto si congedò dall'uomo sulla porta e si diresse a nord. "Per mettersi in viaggio con questo tempo," — pensò Cavaliere25 — "devono avere davvero qualcosa d'urgente da fare". L'uomo sulla soglia, che stava chiudendo la porta, mentre rientrava, lo vide arrivare e si apprestò a riaprirla e ad accogliere il nuovo cliente. Cavaliere25 si rilassò di colpo e già pregustava un bagno caldo, un fuoco, del cibo e un'intera giornata di riposo. (continua) |
:eek: eravate in vena di buttar giù due righe, Emrys?;)
Lodevole operato direi! Devo stampare il tutto per poterlo leggere e lo farò domani o al più tardi dopo domani....sapete...i miei poveri occhi...fanno i capricci;) |
Citazione:
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Citazione:
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Ho letto questa prima parte con vera emozione!! Davvero tantissimi complimenti Emrys! E' bellissima!!!
Non vedo l'ora di leggere il seguito.... :surprised_drool: p.s. avete dato una bellissima immagine di Cavaliere25, sono sicura che ne sarà contento!! |
bellissimo inizio ringrazio sir Emrys per avermi messo nel suo racconto :smile:
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@Lady Dafne:
Mia signora, grazie! La vostra approvazione, in qualità di musa ispiratrice degli Annali, è importante e mi lusinga assai. @Cavaliere25: Ehm... forse, prima di ringraziarmi, vi conviene aspettare di vedere come va a finire! :D Scherzi a parte, sono io che devo ringraziare voi, mio signore, per esservi messo in gioco e per aver la pazienza di sopportare le tramucce di questo vecchio scribacchino! |
@ Emrys:
bellissimo il vostro racconto..ho già trovato un immenso talento nelle vostr rime, adesso scopro che come scrittore di racconti siete eccellente:smile: |
Finalmente sono riuscito a leggere, con la giusta calma, tutto questo primo racconto.
E che dire? Eh, ce ne sarebbero di cose da dire, mio buon bardo! La bella ed ispirata ambientazione, i vari personaggi che animano il tutto, le incisive descrizioni che trasformano in immagini le vostre parole. Poi il ruolo di Cavaliere25! Davvero bello il personaggio che avete raccontato. Il nostro aspirante cavaliere ne andrà senz’altro fiero! Insomma, davvero una storia gradevole ed avvincente! E poi c’è pure il buon sir Guisgard come ciliegina sulla torta :smile_lol: Emrys, mio buon bardo e cantore di mondi, volti e passioni che forse albergano ormai solo nei nostri sogni e nostri cuori, vi rendo omaggio. I magnifici ritratti, le poderose armature e gli splendidi arazzi che adornano la nobile corte di Camelot, al suono delle vostre parole, come degno scenario prendono vita ed illustrano a meraviglia l’avventura che ci avete regalato. Attendo il seguito, amico mio :smile: |
Citazione:
Citazione:
Sorvolo su le bellissime parole che avete speso per onorare questo vecchio bardo, vostro servo, non per falsa modestia, ma perché davvero immeritate. Non c'è paragone con le storie che sento raccontare in altre stanze di Camelot: da dame e cavalieri molto più fantasiosi; e da voi, ovviamente. E spero di non impiegare troppo con la seconda parte della storia (mentre sono sicuro di impiegare meno per la terza, perché già abbondantemente scritta). E di "ciliegine" o meglio di "sorprese" (credo di poterle definire così) ce ne saranno! :D Grazie infinite, mio signore! (inchino per la mia signora) (inchino per il mio signore) |
@Emrys
Noto con piacere che le vostre capacità di scrittore sono veramente buone. Molto ricercata e ben strutturata l'ambientazione. La storia è interessante, e sono sicuro che cavaliere25 sarà contento del racconto che avete creato con il suo personaggio. Buona continuazione. :smile_clap: |
Mio signore Hastatus, voi siete decisamente troppo magnanimo.
Sono particolarmente contento di come mi sia riuscito il racconto, finora, e credo (o forse mi illudo) di migliorare ogni volta che mi cimento con la prosa narrativa. Ma da qui a dire che sia davvero buona, non saprei. Forse i modelli di riferimento (a cui aspiro) sono molto al di là delle mie capacità, ma proprio paragonandomi a loro, non riesco a definire buono il mio lavoro. Beh, non ho nemmeno le velleità di raggiungere il livello di Borges (il massimo per me) o di un Somoza o della nostra amatissima Stewart e di tanti e tanti altri, non ultimi alcuni abitanti di questo regno; tuttavia, il paragone con loro è mortificante! Ma prendo i vostri complimenti, mio signore, e quelli degli altri nostri amici e concittadini, come stimolo per tentare di migliorare ancora un po' e, comunque, di continuare a divertirmi nel farlo! :D Grazie, ancora! P.S. - E GRAZIE ancora per l'impegno con cui raccogliete con ordine le nosgtre storie per gli Annali del Regno! |
Giungo qui, oggi, per fare ammenda... si, perché fino a questo momento, lo confesso, vuoi perché son sempre di corsa vuoi per distrazione, non avevo ancora avuto occasione di leggere il nuovo racconto del nostro buon bardo...
Emrys... chiedo venia! Tanto più che sono rimasta letteralmente estasiata da 'L'arpa e la spada'. Ogni singolo paragrafo mi ha colpita, coinvolta, emozionata... l'ambientazione, il modo in cui descivete i personaggi, il modo in cui ci rendete partecipi dei loro pensieri e sentimenti, la vostra capacità nel descivere e raccontare, le vostre rime ad hoc... Non so spegarvelo, Emrys... meraviglioso! :smile_clap::smile_clap::smile_clap: Ah... e ovviamente adesso bramo assolutamente la parte due! Mi spiace, non vi è concesso tempo! Fuori il rospo!! :D ;) |
Citazione:
Mia signora, non dovete scusarvi! So di aver - come dire? - esagerato un po' con questo racconto, ma i personaggi e le loro vicende mi hanno preso la mano. Non mi aspettavo che riusciste a dedicargli del tempo così in fretta. E sono lusingatissimo dell'attenzione con cui avete letto il mio racconto e mi riempite di gioia nel manifestarmi quanto vi abbia coinvolta nonostante la mia scarsa attitudine con questo genere di composizione. E spero, davvero, di riuscire a terminare in breve tempo la seconda parte e di non deludere le vostre aspettative. Grazie infinite, mia signora! (profondissimo inchino) |
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