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Ad un tratto arrivò un servitore.
“Prego, signori...” disse ai mercenari “... abbiate la compiacenza di seguirmi. Sua signoria desidera che pranziate con la sua corte. Prego, da questa parte.” “Sentito che roba?” Kostor divertito a Clio. “Siamo già diventati signori!” E seguirono il servitore. |
“Davvero” disse la nana a Gwen “avete tutto ciò che vi ho chiesto? Ne siete certa? Voglio dire... siete sicura che ognuno degli ingredienti richiesti soddisfi le condizioni che vi ho detto? Perdonate, ma devo essere sicura. Il mio padrone si indispone facilmente quando si tratta del suo giardino...”
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"Tu non aspettavi altro, eh, canaglia?" risi, divertita.
Risi a quella parole di Kostor. Si mangiava finalmente. Ero davvero curiosa di incontrare questo barone, e di capire che tipo fosse la sua corte. Ne avevo viste molte, dopotutto, anche se nessuna era come la corte ducale di Miral, pensai con una fitta al cuore. Scacciai quel pensiero con un gesto della mano, quasi impercettibile. Perché diavolo mi era venuto in mente? Tornai al presente e seguii gli altri verso la sala da pranzo. "Comportatevi bene, mi raccomando..." guardando i Montanari con uno sguardo divertito che voleva essere serio. "Di certo qui il vino buono non manca.." sorrisi. |
“Mi spiace di avervi fatta rattristare.” Disse Jean a Dacey, che però apparve poi subito insofferente alle ultime parole della ragazza. “Comunque sono certo che il vostro soggiorno qui sarà sicuramente piacevole. Dopotutto siete ospite, non certo prigioniera. Vedrete che non vi occorrerà alcun miracolo.”
Arrivò il servo col sidro di mele e Jean ne offrì un bicchiere alla ragazza. |
<< Un'ospite? Gli ospiti possono decidere quando andarsene... Dubito di avere questo privilegio o mi sbaglio? >> gli risposi seccatamente prendendo il bicchiere senza bere all'inizio.
<< Perché nessuno può dirmi cosa ci faccio qui? Mi avete chiesto della mia isola, stavo camminando sulla spiaggia, senza far male a nessuno e degli uomini mi hanno rapita e sono arrivata qui... E mi chiamate ospite?>> |
"State tranquilla. Raccolgo personalmente tutto ciò che trovate in questa erboristeria, potete starne certa" annuendo.
Giardino... in che senso? Ad un certo punto mi feci coraggio e glielo chiesi. "Perdonate, ma..." esitante "Chi è il vostro padrone? Sì, insomma... voglio dire... ha fatto delle richieste piuttosto insolite, nessuno richiede quelle erbe, infatti ho dovuto attingere alla mia scorta personale e non a quella del negozio, poichè è raro che la gente le conosca..." |
Prima che Jean riuscisse a rispondere a quelle parole di Dacey, ammesso che ci fosse una risposta da dare alla ragazza, una porta del salone si aprì di colpo ed apparve una figura.
Il suo abito era fatto di stoffa assai pregiata. Il mantello con il cappuccio era del miglior tessuto di Fiandra e ricadeva in ampie pieghe aggraziate sulla sua figura robusta, per quanto un po' troppo corpulenta. Come il suo vestire rivelava ben poco disprezzo per le vanità del mondo, così il comportamento mostrava ben pochi segni di privazione. I suoi lineamenti potevano essere definiti semplici, comuni. Per altri aspetti, il rango e l'apparire gli avevano insegnato a controllare i suoi modi, così che poteva assumere un'aria solenne a piacimento, anche se la sua naturale espressione era bonaria e consueta. Eppure molti uomini riconoscevano nel barone una spregiudicata avidità mescolata ad un estremo disprezzo per ciò che non si plasmava alle sue opinioni. Le maniche del suo abito erano foderate e bordate da sontuosa pelliccia, la mantella era chiusa al collo da una spilla d'oro e tutto l'abbigliamento era rifinito e decorato come chi vuol imporre a tutti il proprio lignaggio. “Milord...” disse con un inchino Jean, subito seguito da Betta in questo riverente gesto. Il barone rispose con un cenno del capo, per poi volgere lo sguardo verso Dacey. “Per Giove...” compiaciuto il barone “... questa ragazza greca sembra il modello stesso della perfetta bellezza che ha incantato il più saggio sovrano mai vissuto! Voi cosa ne dite, messer Jean? Pare in tutto e per tutto una bellissima dama degli Uffizi di quel saggio e magnifico Lorenzo, che il nostro ancor più magnifico nemico Taddeide non è stato ancora capace di riconquistare!” “Concordo con voi, milord.” Annuì Jean. “Ma sua signoria” aggiunse con una vaga inquietudine mista a gelosia “deve rammentare che è pur sempre un'infedele.” “Già!” Il barone senza neanche ascoltarlo. In quel momento, guidati dal servitore, nella sala arrivarono anche Clio ed i suoi compagni. “Ed ecco i nostri arditi mercenari!” Il barone ai Montanari. http://1.bp.blogspot.com/-IMJvvbyf3D...in+hood+03.jpg |
Ero ancora lì con il bicchiere in mano, infervorata dalle mie parole all'apparire del barone. Non v'era dubbio che fosse lui. I vestiti e il portamento erano i primi segni rivelatori.
Con deferenza posai il bicchiere e mi impegnai in un leggero inchino, giusto per non partire con il piede sbagliato anche se avrei voluto travolgerlo con le domande che avevo appena rivolto a Jean. Rimasi impassibile mentre il barone mi guardava e non tratteneva i commenti sul mio aspetto, tutto compiaciuto. Scoccai solo un'occhiata al biondo messere quando parlo di me di nuovo con il termine"infedele". Speravo che finalmente il barone mi degnasse di una qualche spiegazione ma la sua attenzione cu attirata dall'arrivo di degli uomini. Mercenari. Nulla di buono sembrava profilarsi all'orizzonte. http://media.ragalahari.com/news/dee...dukone-060.jpg |
Entrammo spavaldi nella sala, a testa alta e con passo deciso.
In pubblico mantenevamo sempre un certo stile, consono alla fama che aleggiava su di noi. Non sembravamo tanto eroici, dopotutto, quando bevevamo insieme nelle taverne più becere. Ma alla mensa di un barone, ci saremmo comportati nel migliore dei modo, come il nostro orgoglio marziale ci imponeva. E sotto sotto la cosa ci divertiva un mondo, ma non serviva che il mondo esterno sapesse chi eravamo davvero. Per loro dovevamo essere solo strumenti di morte, nulla di più. Mi soffermai per un lungo istante sul barone. Concordai con la mia prima impressione, sembrava un uomo convinto che il denaro potesse tutto, almeno a giudicare dal suo abbigliamento. Quando si rivolse a noi, lo salutai con un cortese cenno del capo. "I Montanari ai vostri ordini, barone.. siamo lieti di poter sedere alla vostra tavola.." con voce solenne e distaccata. In realtà avevo una gran fame e non vedevo l'ora di mettere qualcosa sotto i denti, e soprattutto di assaggiare dell'ottimo vino. Da quanto tempo non bevevo il vino di Sygma? Troppo, decisamente troppo tempo! Ma i cerimoniali, seppur noiosi, erano necessari, specialmente all'inizio di un incarico. |
“Il mio padrone” disse la nana a Gwen “conosce i fiori ed ogni loro proprietà. Si può dire che sono il suo unico passatempo, l'unica cosa al mondo capace di scacciare la sua inquietudine e malinconia. Nessuno in questo paese lo conosce, poiché egli vive recluso da tempo nel suo castello oltre il bosco e solo a noi servitori è concesso viverci.”
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Sorrisi. Anche io sapevo ogni cosa, anche minima, su fiori, piante ed erbe, di qualunque tipo.
"Ho un punto in comune col vostro padrone" ridendo piano "Sembra una persona piuttosto particolare." |
“Signori, signore...” disse Jean a Dacey e ai mercenari di Clio “... sua signoria lord Ferico, barone di Monsperon.”
Nella sala erano giunti anche alcuni messi vescovili, incaricati di tentare di ricucire i rapporti con il barone. I servi intanto prepararono la tavola. “Sediamoci, dunque.” Ferico ai suoi ospiti. “Oggi la nostra tavola è più ricca che mai.” Fissando Dacey. “Ma dove andate, bella Medea? Forse volete evitare di sedervi accanto a noi?” Guardò i messi vescovili già pronti a sedersi. “Per la bellezza ed i meriti questa giovane greca deve avere la precedenza. Via da lì, voi!” Ai messi. “Bifolchi chierici! Sedetevi più stretti e fate in modo che questa figlia di Maometto possa accomodarsi accanto a noi!” Sedendosi ed invitando i mercenari di Clio a fare lo stesso. “Faremo capire a questi zotici che è finito il tempo in cui ingrassavano con le rendite ecclesiastiche!” Con uno scroscio di risate il barone. I servi portarono cibo e vino. Arrivò anche il Maresciallo. “Eccovi, nostro buon amico!” A lui il barone. “Prendete posto!” E il pranzo cominciò. |
“Eh, infatti...” disse la nana a Gwen “... molto particolare... eccentrico, lunatico ed inquieto...” annuì “... ditemi, quanto vi devo? Il mio padrone non ama aspettare...”
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La cosa si iniziava a fare interessante.
Finalmente avevamo scoperto il nome del nostro ospite. Notai dei messi vescovili, ma mi limitai a immagazzinare l'informazione senza avere alcuna reazione. Era nostra consuetudine non immischiarci più del necessario nella politica del nostro committente. In quel caso non era molto difficile, certo solo Qurt era cattolico, ma ci vantavamo di essere eredi dell'antica Romanitas, quindi le differenze di qualunque genere non erano un problema per noi, c'era qualcosa di molto profondo ad unirci gli uni agli altri: il rispetto e la fratellanza. Mi stupii di vedere una bellissima ragazza dalle fattezze orientali alla corte del barone. Una sposa esotica? Poteva essere. Una schiava? No, il suo portamento era nobile. Bottino di guerra allora? Chi poteva dirlo, e sicuramente non erano affari nostri. Prendemmo posto relativamente in disparte, e iniziammo a gustare le prelibatezze che il pranzo ci offriva. |
“Il censimento serve a capire se tra gli stranieri vi siano traditori.” Disse Tomas ad Altea. “Ossia simpatizzanti dei Capomazdesi. Vogliono in pratica cancellare ogni possibile presenza filo Taddeide da queste terre. Chierici compresi, visto la Chiesa patteggia per i Guelfi di Capomazda, vassalli di Roma. Ma non pensare a queste cose. Vedrai che ci lasceranno tranquilli. Non sarà certo un po' di cacciagione a metterci nei guai.”
Altea poi andò a dormire. La notte trascorse serena e poco dopo l'alba la donna si svegliò. |
Il pranzo proseguì, col barone che non perdeva occasione di fissare interessato Dacey e di lanciare frecciate sgradevoli verso i messi vescovili.
Tutto ciò sotto gli sguardi dei mercenari che osservavano ed immagazzinavano ogni cosa. Ma ad un tratto proprio Clio notò qualcosa. Un servo entrò e si avvicinò al Maresciallo Fagan parlandogli ad un orecchio. Ed il militare mutò espressione. |
Ecco che scoprii il nome del mio sequestratore, lord Ferico, non lo avrei mai scordato.
Intanto la sala si stava riempiendo e oltre ai mercenari si aggiunsero degli uomini dagli abiti religiosi cristiani. Tutta quella gente era così diversa da me, tutti quanti e tutti potenziali nemici. Ero titubante sul da farsi, non capivo il mio ruolo a quella tavola ma dovetti sedermi, su "invito" del barone, che piuttosto sgarbatamente disse ai vescovi di farmi spazio. Ne rimasi stupita, non mostrava alcun rispetto per i ministri della sua fede. E mi stupiva anche che tenesse alla sua tavola dei soldati che non erano fedeli ad altro che ai soldi. Era davvero una strana tavolata e io mi trovavo nel mezzo. In silenzio e in modo composto alla fine mi sedetti come indicato ma rimasi in silenzio, ancora una volta ignorando le grandi lodi che rivolgeva a me il barone. Nella mia testa c'era sempre e solo una grande domanda che attendeva una risposta. Perché mi trovavi lì e cosa volevano da me. Guardai la tavola, riccamente imbandita e notai subito il vino e una portata con il maiale arrosto. Cercai di non mostrare il mio disgusto per l'odore forte che emanava e mi concentrai sui commensali. E fu con grande stupore che vidi un'altra donna, non una dama ma una donna in abiti mercenari. La fissai nuovamente cercando di essere discreta. Quella si che era una novità per me. L'ultimo invitato prese il suo posto e tutti iniziarono a mangiare di gusto. Tutti tranne me, non avevo alcuna fame e mi sforzavo di mandar giù qualche forchettata. Tanto più che a casa io non usavo le forchette. Le occhiate del barone erano insistenti, cercavo sempre di ignorarle ma erano piuttosto invadenti. |
"Venti Taddei" dissi alla donna.
Particolare, eccentrico, lunatico, inquieto... Avrei voluto saperne di più su quell'uomo, che aveva avanzato una richiesta così particolare, ma la donna aveva fretta e non volevo che avesse problemi facendo tardi per soddisfare la mia curiosità su cose che forse non mi interessavano. "Di qualsiasi cosa avrete bisogno, io sono sempre qui" sorridendo. |
La luce del Sole fece capolino dalla finestra della torre, mi alzai e la aprii affacciandomi al terrazzo ed ammirando il panorama. Il cielo screziato di rosa e giallo si confondeva tra il verde dei boschi, dei vigneti e dei campi e respirai a pieni polmoni l' aria fresca di quel mattino di sole, sebbene fosse ancora freddo.
Misi un pentolone a scaldare mentre bevevo del the per colazione, versai l' acqua in una tinozza e ci versai dei sali da bagno profumati. Erano un dono di una dama, Madame Sibille..era venuta da poco a Montsperon e per la gratitudine per i giorni in taverna mi diede questo dono per me molto prezioso..erano profumati alla rosa e vaniglia. Dopo quel prezioso bagno, mi vestii in fretta e mi pettinai i lunghi capelli, indossai il pesante mantello e cinsi la spada attorno alla vita. Uscii furtivamente dalla rocca e pensai alle parole di Tomas. Lui era già uscito..non mi aveva convinto. Si sapeva tra il popolo vi erano pure dei traditori..cosi loro li chiamavano ma erano persone dalla parte del Giusto. E i nostri genitori erano stati tra quelli solo per aver servito a suo tempo i Signori di Capomazda, solo per aver dato ospitalità per mesi a quel maestro d' armi..e sinceramente se dovevamo avere un padrone avrei preferito di gran lunga il Duca di Capomazda. Detestavo quello sbruffone del Barone, il suo Maresciallo Fagan e tutti i suoi soldati. Presi Cruz per le briglie e scesi lentamente la stradina e una volta arrivata alla via del bosco, salii in groppa e lo spronai. L' anziana Odina era già al lavoro e le sorrisi stavolta con un cenno del capo, come i boscaioli o altra gente del popolo. Dopo un pò arrivai in taverna ed entrai, salutai il padrone e la moglie, e vi era pure la figlia.."Salve, vi sono nuovi arrivi?Novità?" e mi misi a preparare le colazioni per gli ospiti, che presto sarebbero scesi, e per coloro che si fermavano per un ristoro. http://i63.tinypic.com/xmokqq.jpg |
Una pallida luce filtrava attraverso le tende, raggiungendo il mio letto. Era ora di alzarsi, quella mattina avrei dovuto presentarmi al castello del barone per il censimento. Erano circa dieci anni che soggiornavo stabilmente a Sygma, ma ero pur sempre una straniera del sud. Mi alzai e la prima cosa che feci fu aprire le tende e lasciare che la luce inondasse la stanza. Il riverbero del sole sui cipressi li rendeva ancora più verdi e brillanti... la natura rigogliosa di quel posto era uno spettacolo a cui non ci si abituava mai. La maggior parte della mia vita era trascorsa abitando sul mare, un paesaggio che adoravo, ma che non era riuscito a tenermi legata a sé. Né lui, né la mia famiglia, né tantomeno mio marito... tutto era solo un lontano ricordo, che andava sbiadendo nel tempo. Chiamai Ensa, la mia fedele servitrice. "Per favore, Ensa, prendimi l'abito color rame, con il copricapo lungo..."
Dopo essermi vestita, scesi giù per un veloce thè caldo. Faceva freddino, e il liquido bollente fece egregiamente il suo dovere, riscaldandomi tutta. Indossai quindi il mantello e uscii dal palazzo, diretta alla retrostante scuderia. Salutai Pepe, il vecchio stalliere, e feci sellare Elinor, la mia vecchia e fida cavalla. Ne avevamo passate tante insieme! Montai in sella e mi diressi al castello dove, una volta arrivata, trovai delle guardie. "Salute a voi, signori, sono qui per il censimento..." http://i1078.photobucket.com/albums/...pstzcwq1tl.jpg Inviato dal mio Z00D utilizzando Tapatalk |
Mangiammo e bevemmo a volontà, il cibo era davvero squisito così come il vino.
Oh, quanto mi era mancato il vino di Sygma. E dire che non era nemmeno il mio preferito, avevo una passione per il bianco di Lortena, ma c'erano tanti ricordi in quel nettare dal profumo inconfondibile. Sorseggiai il mio prezioso vino ad occhi chiusi, permettendo a quei ricordi di invadere la mia mente e il mio cuore per un solo istante. Un istante, non di più. Riaprii gli occhi e mi inserii nella frivola conversazione dei miei uomini. Per un momento il mio sguardo incrociò quello della bella giovane orientale, le sorrisi e le rivolsi un gentile cenno di saluto. Ma poi la mia attenzione fu totalmente catturata da qualcos'altro. Un soldato si avvicinò al maresciallo, e questo sbiancò. Quell'espressione poteva voler dire una cosa sola: guai. Chissà però se ci riguardavano o meno. Lo avremmo scoperto presto. |
Il pranzo continuava, con i commensali tutti intenti a gustare il sontuoso pasto.
“Ottimo vino.” Disse Tussor. “Ed il cibo non è da meno.” Mangiando Kostor, seduto accanto a Clio. “Per la barba di Belzebù!” Esclamò il barone Ferico guardando Dacey che perlopiù faceva atto di presenza a tavola. “Si direbbe che la nostra ospite non apprezzi la compagnia di questa vivace tavolata!” “Sono infedeli, milord” uno dei messi vescovili “e sono abituati a cibarsi come bestie, visto che non usano forchette e coltelli, ma assaporano i loro intrugli speziati direttamente con le mani.” “Cosa che non impedirebbe a voi chierici” replicò Ferico “di ingrassare comunque, visto non fate altro da secoli, accaparrandovi i frutti della superstizione popolare ed i tributi del vostro conveniente appoggio a noi nobili.” Con disprezzo. “Ma da oggi le cose cambieranno.”Tornò a fissare Dacey. “Forse la nostra bella odalisca non ama i cibi del mondo libero. Avanti, ditemi, cosa vi garba mangiare? E' nostro interesse che voi troviate diletto in questo soggiorno Sygmese.” Intanto il Maresciallo Fagan conversava a bassa voce con il servitore giunto poco prima a riportargli qualche notizia che lo aveva turbato non poco. |
“Grazie, ragazza mia.” Disse annuendo la nana a Gwen. “Siete molto gentile e di certo verrò di nuovo qui da voi in caso di altre particolari richieste del mio padrone.” Lasciò il denaro sul banco. “Eccovi il denaro. A presto e grazie ancora.” Ed uscì.
Ma uscita la nana, Gwen si accorse che aveva perso qualcosa. Uno dei sacchetti appena comprati. |
Non potevo tacere più dopo quello scambio di battute tra il barone e un chierico. Tanto più che ero stata persino interpellata.
<< Perdonate ma al momento sto usando forchetta e coltello esattamente come fate voi perciò non vedo il motivo delle vostre parole dispregiative nei miei confronti e nelle mie tradizioni.>> spostai la mia attenzione sul barone, guardandolo davvero per la prima volta. << Milord la vostra tavola é imbandita senza difetti, semplicemente non ho molto appetito. Quanto al mio soggiorno qui>> e mi morsi la lingua per non dire di più e attirare la sua ira. Piuttosto risposi al sorriso dell'altra unica donna al tavolo, era però un sorriso tirato, che qualunque donna avrebbe letto come forzato. |
Sorrisi alla donna e riposi i soldi nella cassa.
Mentre riprendevo a leggere, mi accorsi che la donna aveva perso uno dei sacchetti. Subito mi precipitai a prenderlo. "Madama! Avete smarrito un sacchetto!" urlai fuori dalla porta. |
Altea arrivò alla taverna, dove subito si mise al lavoro.
I clienti cominciavano ad arrivare alla spicciolata ed il profumo del pane cotto, del latte e lo schioppetto del focale già inebriavano l'atmosfera di quell'ambiente. Monsperon sul suo felice colle era un luogo freddo di questi tempi ed un posto caldo in cui mangiare e scaldarsi era sempre ricercato dalla gente. Ma mentre Altea serviva ai tavoli, ad un tratto, un contadino entrò e si fermò a bere al bancone. E tra un sorso e l'altro conversava con il taverniere. “Brutta storia...” disse il villico “... i soldati del Maresciallo giravano non troppo lontani da qui... e ciò vuol dire solo una cosa... guai per qualcuno... alla salute.” E finì il suo bicchiere. |
Il pranzo continuò, con il barone che punzecchiava i chierici, certo non facevano del loro meglio per mettere a suo agio la ragazza orientale.
Che giustamente sbottò. Compresi che forse non era lì di sua spontanea volontà. E quando mai una donna nobile era libera? Pensai, con una fitta dolorosa. Il sorriso che mi rivolse era forzato, come biasimarla. Io li avrei accoltellati, pensai con un sorriso divertito. Ed era stato proprio quel temperamento a mettermi nei guai. O forse chissà, quel temperamento mi aveva salvato da una vita che non faceva per me. Non avevo l'abitudine di intromettermi nelle conversazioni dei nostri committenti. Più che altro ero sempre più curiosa di capire cosa turbasse il maresciallo. |
La taverna si affollava della gente che aveva preso ristoro dal freddo e dei suoi ospiti, mi affaccendavo tra i tavoli e servendo al bancone.
Presi delle ciotole e le misi nell' acqua per lavarle quando un contadino arrivò al bancone. Come molti parlava col taverniere, un uomo forte e gioviale, e sorseggiava del buon vino dei vigneti di Monsperon ma non potei fare a meno di udire le sue parole. Mi fermai con la pezza in mano e una ciotola nell' altra e pensai subito a Tomas ma prendendomi di coraggio iniziai a strofinarla energicamente ... "E voi che pensate? Chi potrebbe essere nei guai...poichè gli stranieri sono presi dal censimento". |
Gayor lasciò il suo palazzo ed in sella alla fedele cavalla raggiunse il castello baronale.
Il suo portamento e naturalmente i suoi abiti palesavano il censo ed il blasone di questa nobile dama del Sud. E ciò ovviamente impedì ai soldati adibiti ad annotare informazioni per il censimento di oltraggiare la bella Gaynor, come già avevano fatto con Gwen e Marwel. La bellezza di Gaynor dopotutto non passava inosservata in questi luoghi. Il suo era il tipico fascino delle donne di Mezzogiorno. Una bella ragazza, dai capelli di un biondo lieve che avanzava verso un chiarore soffuso simile al fulvo bagliore del Sole su un lago al tramonto, gli occhi piccoli e vellutati, screziati di un verde misto ad un tenero giallino. Le forme erano morbide, come modellate sulle descrizioni di quelle eroine antiche che animavano gli scritti di Plauto, di Terenzio o di Menandro. Vi era nei suoi modi un'innocente eppur chiara sensualità, un'inebriante aria di seducente candore, come Callimaco amava raccontare delle schiave di Alessandria. “Venite pure avanti, milady.” Disse uno dei militari, preparandosi ad annotare il tutto. “Ditemi... il vostro nome, l'occupazione, il luogo in cui dimorate, il vostro Credo Religioso ed eventuali simpatie politiche.” |
“Ah, questa poi...” disse divertito il barone Ferico a quelle parole di Dacey “... sentito come la nostra ospite comprende e parla la lingua di noi battezzati?”
“Milord!” Alzandosi di scatto uno dei messi. “Dovremmo restare qui a farci insultare da una donna infedele? Noi, inviati di Sua Grazia il vescovo? Vi rammento che il nostro arrivo qui è volto a chiarire gli screzi tra voi ed il vescovo!” “Oh, sentite i chierici come manifestano il loro orgoglioso disprezzo.” Sorridendo il barone. “Eppure nei Vangeli il Vostro Pastore ed i Suoi Discepoli manifestavano sovente umiltà, giusto?” Fece un cenno ad uno dei servi e questi gli portò una lettera. “Ecco...” mostrando Ferico la missiva ai due messi “... questa è la risposta che attende il vostro padrone... portatela dunque al vescovo.” I due messi annuirono e presero la lettera. Entrarono due soldati per scortali all'uscita. Ma quando furono accanto alle finestre del salone, i due militari afferrarono di peso i messi e li scaraventarono fuori, facendoli precipitare nel fossato sottostante. “Ah, per Satana e tutta la sua ribelle corte di demoni!” Ridendo Ferico. “Che volo che hanno fatto! La lettera si sarà di certo bagnata, ma tanto non giungerà mai al vescovo!” Tutto ciò davanti ai mercenari di Clio. Fagas, invece, non sembrava stupito di quel duplice e barbaro omicidio, sempre più preso dalla segreta conversazione col suo servitore. |
Uno dei soldati rispose al mio saluto e mi porse delle domande. A quanto pareva, al barone interessavano religioni e politica... "Io sono Lady Gaynor, marchesa delle Flegee, ma dimoro stabilmente nel mio palazzo di Sygma da circa un decennio. Sono cattolica e mi disinteresso totalmente delle questioni politiche. È tutto?"
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Gwen corse fuori per ridare il sacchetto alla nana.
Ma ella non c'era più. Sembrava sparita nel nulla. In strada infatti vi erano solo dei passanti. |
“Di certo qualcuno che avrà violato una delle tante leggi imposte dal barone e fatte rispettare con la forza dagli uomini del Maresciallo.” Disse il villico ad Altea. “Dopotutto ogni pretesto è buono per imporre la violenta volontà di chi comanda.”
“Già.” Annuì rassegnato il taverniere. |
Gli uomini di chiesa si offesero. Ironico dato che avevano iniziato loro con l'offendere me. Il battibecco tra loro e il barone sembrò terminare con la comparsa di una lettera ma quello che accadde dopo non avrei potuto mai prevederlo.
Quasi alla porta infatti i chierici furono fermati dai soldati, sollevati come delle piume e gettati di sotto. Udimmo un tonfo sordo che fu il loro canto del cigno. Mi portai una mano alla bocca per trattenere un urlo. Quale uomo osava uccidere i propri ospiti, l'ospitalità era un principio sacro. In quel momento mi sentii ancora di più in pericolo. Quel barone avrebbe potuto farmi ciò che voleva e nessuno dei presenti avrebbe mosso un dito per aiutarmi. |
La donna non c'era più, c'erano solo dei passanti.
ero indecisa se andarla a cercare o meno. Il fatto era che non avevo idea di dove fosse andata o di dove fosse il castello, sebbene lei stessa mi avesse detto che era nel bosco. Pensai quindi che fosse meglio rimanere qui; le avrei messo il sacchetto da parte in attesa che venisse a prenderselo. |
A quelle parole di Gaynor, i soldati si scambiarono rapidissime occhiate.
“Cattolica...” disse il militare che annotava il tutto “... e ditemi, milady... avete rapporti particolari con il vescovo? Lasciate offerte o doni presso la sua sede? Intrattenete cordiali legami? E' il vostro confessore?” |
Cosa potevo fare..nulla..non potevo lasciare la locanda per cercare Tomas..forse non era nemmeno lui, lo avrei solo saputo tornata a casa.
E il taverniere non sapeva delle scorribande di mio fratello..a dire il vero nemmeno io e chi frequentava ma presi una scusa per vedere se potevo saperne di più. "E' finita l' acqua messer Rion" dissi al taverniere "Vado a prenderne dei secchi fuori, farò presto..e starò attenta". Uscii e arrivai alla fontana dove sgorgava l' acqua del fiume vicino, mi guardai attorno e presi i secchi di acqua per essere più credibile, erano pesanti ma dovevo tirare fuori tutta la forza. Mi guardavo attorno o cercavo di sentire delle voci...o qualcuno delle persone appoggiate sulla staccionata parlare..ero in forte preoccupazione, ma avrei messo a repentaglio il mio lavoro e la vita mia e di mio fratello se mi fossi sbagliata. |
I soldati mi porsero strane domande, che mi fecero capire come il vescovo non fosse visto di buon occhio. Ad ogni modo, non intrattenevo con lui alcun tipo di relazione e lo dissi. "Non conosco personalmente il vescovo e non gli faccio donazione alcuna. Sono cattolica semplicemente perché così sono stata cresciuta..."
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Uno dei servi riempì la coppa del barone e questi subito la alzò per brindare.
“Benvenuta a Sygma, bella principessa.” Disse poi a Dacey. E tutti alzarono i loro calici per brindare. Jean allora guardò Dacey. In quel momento Ferico si accorse però di come Fagan poco o nulla si curasse di ciò che accadeva in quella sala, preso com'era dal parlottare a bassa voce col servitore. “Il nostro ser Fagas” fece il barone “sembra preso da ben altre questioni. Si è dunque perso in che modo abbiamo risolto la questione riguardo la sgradevole presenza di due chierici a questa tavola.” “Milord...” a lui Fagan “... temo vi siano questioni ben più importanti da affrontare.” “Ossia?” Fissandolo Ferico. “Pare infatti che quella banda di fuorilegge abbia assalito il carro di alcuni esattori delle tasse, rubando tutto il denaro.” Svelò il Maresciallo. “Ancora!” Battendo con rabbia il pugno Ferico. “Possibile che volgari fuorilegge spadroneggino sulle nostre terre!” |
Gwen si rassegnò così.
Avrebbe atteso il ritorno della nana per darle il sacchetto dimenticato. Ma mentre stava rientrando nella sua erboristeria, sentì due passanti che parlavano fra loro. “Sembrava avesse molta fretta quella nana.” Disse uno dei due all'altro. |
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