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Guardai Simone, non l'avevo mai visto in quello stato.
Così, decisi di evitare i convenevoli. Mi avvicinai e gli mostrai il ritratto che mi aveva dato Sara. Il tragitto era stato stranamente silenzioso, e avevo avuto modo di riflettere su tutta quella faccenda, mettere insieme i pezzi dell'enigma. "Questo ragazzo è la chiave per arrivare a Mirabole... non so perché non l'abbiate capito voi stesso, ma non importa... E' il figlio adottivo dei de' Binardi.." dissi, calma e decisa. Mi accorsi in quel momento di non poter dare un nome a quel volto. "E' questa la morte di cui Mirabole vi accusava... è per questo che i de'Binardi sono sempre coinvolti.. ora vuole liberare Francesco, perché? E' una vendetta... una vendetta contro di voi, e non so chi altri... vi crede responsabile della morte di quel ragazzo... mi è stato detto che ne avete accertato voi la morte... quindi non potete averlo dimenticato.." continuai "...guardate bene questo volto.. non vi ricorda nessuno? Pensateci bene... E' il Cavaliere d'Altaforte... certo, più giovane.. ma è lui! E sapete a chi assomiglia quell'uomo? Beh, credo lo indoviniate... riflettete.. quell'uomo era appena arrivato in città quando sono arrivata io.. poco dopo l'annuncio di Mirabole!" scossi la testa "...si assomigliano troppo... ascoltate.. e se fosse il vero fratello del ragazzo adottato dai de ' Binardi? Magari ha sentito le storie parziali raccontate dalla sua famiglia e pensa che voi siate responsabile della sua morte... così, torna a Sygma per vendicarsi... mi sembra l'ipotesi più plausibile.. perché, beh.. non è possibile che sia lui stesso.." abbozzai ad un sorriso "...i morti non tornano dall'inferno.. per fortuna!". Guardai Simone negli occhi "Voi mi avete chiesto un nome.. ecco, su tutte le persone, io sceglierei lui.. naturalmente è una mia idea e potrei sbagliarmi.." sorrisi, un sorriso freddo "..ma andare a controllare che questo Cavaliere non abbia alcuna ferita sul viso, non può nuocere a nessuno.." sospirai "Andrò io, non temete..immagino che abbiate tutti gli uomini occupati, al momento..". Mi bloccai per evitare di dirgli quanto fossero stati incapaci a farsi soffiare il quadro da sotto il naso. Eppure erano stati avvertiti che il tragitto sarebbe stato il momento migliore. Lo avevo detto persino io! Certo, nessuno avrebbe ascoltato me, ma mi davano l'impressione di essere troppo sicuri di sé per fidarsi di chiunque altro. "In realtà non sono venuta solo per parlarvi delle mie teorie su Mirabole.. a cui vi prego di dare ascolto però.." sospirai "..devo vedere Francesco de' Binardi prima dell'esecuzione.." indicai il disegno che avevo tra le mani "Ho promesso alla sorella di portarlo a Francesco, e di faglielo riavere quando sarà morto.." fissai Simone negli occhi "Non credo che, nemmeno voi.. neghereste questo piccolo conforto ad un condannato a morte..". Sostenni il suo sguardo, altera "Io non ho altro da dirvi, anzi.. ritengo di aver abusato abbastanza del vostro tempo... ma riflettete su quanto ho detto.. vi farò sapere i nuovi sviluppi...". |
L'enigma diveniva sempre più intricato.....ascoltai' con molta attenzione le parole pronunciate dal monaco domenicano. Mi volsi verso la sua persona e chiesi:
"Padre, le porgo i miei più calorosi saluti. Il mio nome è Parsifal....e lui è il mio collega di ventura Emin. Stavamo discorrendo sulla questione del "Verziere Orlesiano", e la ringraziamo per averci illuminato con la vostra spiegazione. Posso chiederle il suo nome?" Emin, era alquanto confuso visto che cercava risposte negli sguardi miei e del monaco. Durante il nostro incontro conobbi il segreto che si celava dietro il dipinto, la sua ricerca conduceva ad un codice antico che per millenni era stato conservato. Si trattava del "Fiore Blu", quando senti' pronunciare tal nome, un dejà vù mi riportò all'avventura che percorsi con il maestro Redentos anni addietro......"quanti ricordi ho vissuto nuovamente quell'istante" |
Avrei voluto portare le mani alle orecchie e non ascoltarla......sarei voluta fuggire per non tornare mai più sui miei passi.....ma ero lì con lei o con quello che era rimasto di lei ...La sua Follia.....c'era poca luce che veniva da fuori....dalle alte grate......ma potevo vederla..era minuta..e spaventata....
" Se Il diavolo vi resa sua amante...perchè non vi ha tirata fuori di qui con un suo sortilegio........credo che voi non abbiate conosciutoil de,onio.....per nostra sfortuna..stiamo conoscendo gli uomini....e questa sarà la nostra ondanna a morte.......ma a questo punto....visto che non abbiamo nulla da fare..perchè non provare a pregare...il tempo passa prima se ci impegnamo in qualcosa.......visto che siete stata Madre....potremmo chiedere a lei...di lenire la nostra anima......io le chiederò di vegliare sui miei bimbi.......non sono madre..ma non per questo lo sono meno di tante altre...."...ed incominciai a pregare...L'Ave Maria....non sentivo lei...ma la mia voce doveva arrivarle bene mi stava scoltanto...... |
Altafonte entrò in casa con Ermiano.
I due passeggiavano attraverso un lungo corridoio, fino a giungere in una sala. Lì arrivò anche Altea. “Dunque” disse il cavaliere ad Ermiano “questo è quanto. Raduna gli uomini e comincia i preparativi per la nostra partenza.” Si accorse della dama. “Salute a voi, milady.” Con un inchino e sorridendole. “Vi trovo bene. E me ne compiaccio. Il buon Ermiano vi ha offerto una delle sue famose colazioni?” Le fece l'occhiolino. In quel momento entrò nella sala anche il Colonnello Antoine. “Bontà Divina!” Esclamò fissando Altafonte. “Dove eravate finito?” “Perdonatemi, Colonnello...” fece Altafonte “... ho dovuto sbrigare affari urgenti.” “Troppi affari, ragazzo mio!” “Già, dite il vero...” “E la nostra battuta di caccia?” “Colonnello...” rispose il cavaliere “... presto lasceremo queste terre... vedrete, vi porterò in un altro luogo e lì potremmo dedicarci alla nostra passione per la caccia.” “Volete andar via da qui?” Sorpreso il Colonnello. “Perchè mai?” “Qui siamo stranieri” mormorò il cavaliere “e non abbiamo amici... nessuno ci rimpiangerà...” accennò un vago sorriso “... troveremo un altro posto in cui stare...” “Siete più enigmatico di uno spettro, ragazzo mio!” “Su, voi siete troppo esperto e troppo conoscitore degli uomini” ridendo Altafonte “per trovare enigmatiche le mie parole.” “Sarà!” Scuotendo il capo Antoine. |
Simone ascoltò ogni parola di Clio.
I suoi occhi erano fissi in quelli di lei. E ad ogni parola della ragazza, qualcosa sembrava accendersi nello sguardo del viceprocuratore. Tuttavia non rispose nulla, limitandosi poi a far cenno ad una guardia di condurre Clio dal prigioniero. Ella infatti doveva dare quel disegno a Francesco. Così, con un militare, Clio raggiunse la cella dove si trovava Francesco de' Binardi. “Solo pochi minuti...” disse il soldato alla ragazza, lasciandola poi sola col condannato. “Cos'altro volete da me?” Fissandola Francesco. |
Ascoltai le parole del Cavaliere...parole di falsa indifferenza..perchè quella partenza improvvisa.
E poi quel dibattito tra lui e il Colonello Antoine... "Milord" avanzai lentamente di qualche passo e mi posi davanti a lui.."Allora partite? Quindi dovrò ora provvedere a me stessa da sola? Ditemi...e predisporro a questo punto il mio ritorno a casa, e cercherò qualche buon convento che mi ospiti prima di tornare a Camelot". Guardai poi Ermiano con aria insoddisfatta...Ermiano...era come mi leggesse negli occhi...capisse cosa vi era dentro di me. In quel momento avrei voluto una sola cosa...mi dicesse di seguirlo in capo al mondo..mi dicesse chi fosse...ma io non ero nessuna, solo una persona a cui aveva dato un aiuto. |
Non una parola!
Quell'uomo era davvero insopportabile! Eppure, le mie parole non l'avevano lasciato indifferente, mi accorgevo del cambiamento nel suo sguardo. Possibile che avessi colto nel segno? Possibile che l'avessi turbato tanto? Scossi la testa, non aveva importanza. Seguii la guardia in silenzio, persa nei miei pensieri. Se avevo ragione, allora doveva lasciar andare Diomede! Certo, dovevo esserne sicura. Ma sicuramente non potevo andare semplicemente a bussare a casa del Cavaliere d'Altaforte e dire: "Buongiorno messere, non è per caso voi siete Mirabole?". Certo se era davvero lui mi avrebbe riconosciuto, altrimenti.. avrei bussato alla porta di un perfetto sconosciuto che avrebbe avuto tutto il diritto di prendermi per pazza. Forse, però, lo ero davvero! No, dovevo escogitare un modo più discreto. Un'idea mi balenò in mente: sì, era davvero geniale e.. appropriata! Ma la voce della guardia interruppe il filo dei miei pensieri. Eravamo arrivati davanti alla cella di Francesco. Avrei messo in atto il mio piano una volta uscita di lì! Annuii alla guardia, e voltai lo sguardo verso Francesco. Tesi la mano verso di lui, lasciando che il disegno attraversasse le sbarre. "Ve lo manda vostra sorella.." dissi, ignorando il tono delle sue parole "Volete che le porti un vostro messaggio? Le ho promesso di farle riavere il disegno..." sorrisi "..anche se, forse sarete voi stesso a farlo.. sapete, siete un prigioniero fortunato.. Mirabole ha promesso di liberarvi.. e, visto che ha appena rubato il quadro, immagino sia solito mantenere le promesse..". |
Elisabeth cominciò a pregare.
E mentre recitava la preghiera alla Vergine Maria, sentiva la folle e delirante risata di quella disperata che divideva con lei la cella. Come se fosse un'insopportabile tentazione, volta a farla distrarre. Come se davvero il demonio fosse giunto in quel luogo, con l'intento di gettare Elisabeth nella più cupa disperazione. Poi dei passi e il rumore della porta che si apriva. “Tu...” disse il carceriere ad Elisabeth “... vieni... devi essere interrogata...” “Anche io!” Gridò l'altra prigioniera, per poi lanciarsi verso il carceriere. Ma questi la colpì, facendola cadere a terra. E con rabbia gli tirò due calci nello stomaco. “Dannata...” mormorò “... andiamo, forza...” rivolgendosi poi di nuovo ad Elisabeth. “Ora incontrerai un vero demonio anche tu...” mormorò la prigioniera colpita ad Elisabeth, mentre il carceriere era fermo sulla porta ad aspettare. |
“Il mio nome non è importante...” disse il monaco a Parsifal “... quando si cerca il Fiore Azzurro null'altro lo è... solo il Fiore è importante... se così non fosse per voi, non riuscirete mai a trovarlo...”
“Cos'è di preciso il Fiore Azzurro?” Chiese Emin. Il Francescano non rispose, limitandosi solo a sorridere. “Lasciando Camelot” mormorò poi il chierico “troverete, andando verso Nord, un antico castello... esso sorge su una piccola montagna... lì vive un vecchio giardiniere... conosce molto del Fiore...” “E il nome di quel castello?” Domandò Emin. “Il Castello Merlato...” rispose il monaco. Si alzò ed uscì. Un attimo dopo era già svanito. |
Francesco prese il disegno dalle mani di Clio e restò a guardarlo.
“Comprendo...” disse poi alzando lo sguardo sulla ragazza “... siete giunta qui per prendervi gioco di me... si, certo... vi diverte così tanto, vero? Del resto mi detestate perchè ho sfidato vostro cugino... per me potete andare al diavolo insieme a lui! Cosa pensavate di fare raccontandomi l'assurda storia di Mirabole? Perchè poi dovrebbe volermi salvare? Mi ignora molto probabilmente! E ora fatemi un favore... ignoratemi anche voi! Guardia!” Chiamò. “La visita è finita! Fate uscire la damigella da qui!” |
Altafonte fissò Altea con un lieve sorriso.
“Si, milady...” disse annuendo “... i miei affari qui sono quasi conclusi e dunque non vi è motivo per me di restare oltre...” prese allora un piccolo sacchetto, versandone sul tavolo il contenuto. Vi erano diverse pietre preziose. “Siete stata una buona amica, milady...” continuò il cavaliere “... e meritate la felicità... queste sono per voi... la Fortuna ha aiutato me ed io ora aiuto voi... queste pietre valgono moltissimo e vi permetteranno di potervi fare una vita vostra, senza dover tornare a Camelot dove per voi lì c'è un destino di infelicità...” “Per Diana!” Esclamò il Colonnello. “Da dove arrivano quelle pietre? Avete forse trovato un tesoro, ragazzo mio?” “No, amico mio...” ridendo Altafonte “... ho trovato la fiabesca Lampada di Aladino.” E rise. |
A quelle parole di Talia, Jacopo sembrò trasalire.
I suoi occhi si fecero ancora più scuri, cupi ed enigmatici. E una smorfia indecifrabile deformò l'espressione del suo volto. Fece un passo verso di lei. “Cosa...” disse piano “... cosa significa tutto questo?” I suoi occhi sembravano prendere fuoco ora per la rabbia. “Cosa significa tutto questo? E cosa significa che è vicino a te ora?” Afferrò con forza i polsi della ragazza. “Parla!” Urlò. “Voglio sapere tutto! Dove si trova ora? Cosa ha osato farti? Rispondimi!” Scuotendola con rabbia. In quel momento entrò un soldato. “Capitano...” “Cosa?” Gridò Jacopo. “Il viceprocuratore chiede di voi.” Disse il soldato. “Dice che è cosa urgente.” Jacopo tornò a fissare Talia. “Mia moglie” rivolgendosi poi al soldato “resterà qui... in questa stanza... in città c'è troppa confusione oggi... sarò più tranquillo nel saperla qui, al sicuro... sorvegliatela...” ed uscì. Il soldato annuì e lo seguì. Un attimo dopo Talia sentì la porta che veniva chiusa a chiave dall'esterno. Ora era rinchiusa in quella stanza. |
Scossi la testa.
"Non vedreste una gentilezza nemmeno se vi si parasse davanti... " dissi, fredda "..e, comunque, se non avete nessun messaggio da dare a vostra sorella, peggio per voi... avrei fatto meglio a non avere alcun riguardo per voi, come voi non ne avete ora per vostra sorella.. non pensate alla sua pena.. certo, non ci avete pensato quando avete avuto la brillante idea di sfidare mio cugino, o di entrare di notte armato in casa sua... Siete un egoista, Francesco.. è tutto.." feci per andarmene, ma poi mi voltai e lo guardai nuovamente "...l'ho detto solo per darvi speranza... non sono affari miei.. Non so cosa si dica in questi casi, probabilmente, solo Addio..". Feci un cenno alla guardia "Ho finito, grazie..". Ero furiosa, ma non sapevo a quale fratello e a quale sorella erano dirette le mie parole. Quella situazione mi ricordava Diomede in ogni momento. |
“Aspettate...” disse Francesco a Clio “... sono un condannato a morte, no? Ho diritto ad un ultimo desiderio, vero?” Le si avvicinò e restò a guardarla negli occhi.
E all'improvviso, senza dire altro, la baciò. La baciò con passione. |
Osservai le pietre cadere sul tavolo...ma dove aveva trovato quel Tesoro.
Mi feci seria e in quel momento buttai fuori la mia rabbia... "Non so che farmene dei vostri gioielli e delle vostre pietre...vi dichiarai il mio Amore...e voi mi lasciate ora qui...come niente fosse e un insensibile sola..il mio futuro..il mio futuro.." guardai Ermiano, le lacrime scendevano calde..."sarà infelice ugualmente senza di Voi e non avete capito di chi vicino vi ha sempre amato...troppo preso nei vostri affari milord". Presi le pietre preziose le rimisi nel sacchetto e le gettai a terra..."Aladino...lui voleva i suoi averi non per le sue ambizioni..ma perchè era l'unico modo per farsi amare dalla sua Principessa..ma poi capì che ella lo amava cosi...per come era...ricordatevi queste parole." Infuriata presi la porta dell' atrio, aprii la porta e uscii camminando sola per la città, dovevo trovare un carro, che mi avrebbe portata a Camelot. |
Non mi resi nemmeno conto delle sue intenzioni, finché non fu troppo tardi.
Sentii le sue labbra che cercavano le mie, implacabili, roventi. Un brivido mi percorse la schiena. Era così diverso dal bacio di Roberto, così carico e intenso. Cielo, non potevo certo subire un simile oltraggio! In un istante, spinsi via Francesco con tutta la forza che avevo. I miei occhi fiammeggiavano di rabbia, intensi e furiosi, fissi nei suoi. Nemmeno sentii la mia mano alzarsi, colpirlo forte al viso, senza mai allontanare lo sguardo. "Come osate, mercante?" tuonai "...avete sbagliato donna da offendere, ve l'assicuro..." i miei occhi ora erano braci ardenti "... avete ragione... domani il boia laverà la mia ira..." alzai una mano verso di lui "..ma se, per sbaglio, Mirabole dovesse davvero salvarvi, state pur certo che vi troverò, e la pagherete cara per questo..." gli occhi gelidi, la voce imperiosa. "Guardia!" chiamai "..portate questa specie di uomo lontano da me... ". Dovevo andarmene di lì, andarmene immediatamente. La rabbia dentro di me era talmente tanta da farmi credere di annegarci dentro. Non era da me, sapevo nascondere bene le mie emozioni. Ma c'erano troppe cose: Mirabole, Missani, quello sconsiderato di Francesco, Roberto e Selenia, Diomede in cella, con i capelli sporchi e le vesti logore. Anche lui non pensava a sua sorella? Anche lui si sarebbe comportato come Francesco? E Roberto? Perché non mi ero indignata tanto con lui? Perché respingere quest'uomo era stata la cosa più semplice e naturale del mondo, mentre con lui sembrava una tortura. Beh, in fondo all'anima conoscevo la risposta a quella domanda. Ma faceva troppo male. Sarebbe stato molto più semplice se avessi schiaffeggiato anche lui, se gli avessi parlato in quel modo. Ma quell'attimo mi aveva donato una felicità che nemmeno credevo esistesse. Ancora? Non era il momento per pensare a quello.. perché continuava a tormentarmi? Chiusi gli occhi, cercando di calmarmi. Avevo una missione da compiere, dovevo smascherare Mirabole. Dovevo restare calma e lucida. Missani aveva ragione, finita quella storia saremmo stati tutti liberi. Dovevo resistere, ero brava in questo. Seppellii la rabbia dentro di me e ritrovai la voce calma e lo sguardo impenetrabile che avevo perso per un momento. |
Piu' pregavo piu' lei rideva e diceva cose senza senso...alle volte mi sembrava di non ricordare piu' le parole di quella preghiera che dicevo da sempre.....ma essa flueva limpida dalle mie labbra senza tentennamento.......poi qualcuno urlò il mio nome...cessai di botto di pregare e vidi una guardia ...dovevo andare con loro....la donna che era con me in quella cella pregò di essere portata fuori e per risposta ricevette due calci che la lasciarono a terra...chiusi gli occhi e la udii rantolare.......le sue parole furono irreali o reali io non so....so solo che avrei conosciuto il demonio......." Io Giuro di non aver fatto nulla e se Dio ha scelto per me la morte....non posso far altro che accettarla.....la giustizia degli uomini, non esiste.....mi spiace per voi se solo potessi aiutarvi lo farei con tutto il cuore...e se questo mi sara' possibile lo farò ve lo prometto ".....fui portata fuori da quella stanza fetida e gelida...mi furono legati i polsi.....e fatti percorrere dei corridoi senza fine, non volevo neanche pensare ....non volevo neanche credere che questo stava capitando proprio a me........e invece eccomi lì........eccomi lì in una sala enorme......
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"Un nome non è importante.....quanto la missione che vi attende": tali parole andarono a stamparsi nella mia mente come un codice indelebile.....quel sorriso di intesa lasciava intender soltanto un unico avvertimento: "il dado è tratto.....come agirai'?"
Ciò che il Fiore nascondeva fra i suoi petali, potrebbe condizionare le sorti del tempo che viviamo. La missione era più importante di quanto ci aspettassimo. Ad un tratto vedemmo il monaco allontanarsi dal loco in cui si trovava, Emin gli corse dietro e in lontananza senti' soltanto il suono di una voce......che sussurava ciò: "Dirigetevi al Castello Merlato. I vostri dubbi diminuiranno ed il percorso vi sarà mostrato.....; ascoltate il giardiniere....." Non conoscevo bene la posizione esatta della rocca, ma le mille voci che si rincorrono puntano ad un solo cardine: il Nord. Era tempo di mettersi in marcia.....bisognava far qualcosa, altrimenti ciò che un doveva esser celato potrà trasformarsi in qualcosa di autentico e reale. |
Osservai Jacopo uscire con il soldato, diretto da Simone...
mi massaggiavo piano i polsi che mi aveva stretto, mi facevano male... nei miei occhi ancora le immagini della sua ira, delle sue grida, il modo in cui mi aveva scossa con violenza... Tremavo. Forse non avrei dovuto dirglielo, pensai... adesso cosa avrebbe fatto Jacopo? lo avrebbe cercato? e se lo avesse trovato cosa sarebbe accaduto? Cercai di non pensare che, se fosse accaduto qualcosa a Guisgard, sarebbe stata colpa mia... si, cercai di non formulare quel pensiero, me esso si presentò ugualmente e mi spaventò... I due uscirono, chiudendosi la porta alle spalle... un attimo dopo sentii la chiave girare nella serratura... "No..." urlai, correndo verso la porta e tentando invano di aprirla. "Non potete chiudermi qui..." gridai ancora, battendo un pugno sul legno "Jacopo, non puoi chiudermi a chiave! Aprimi! Aprite subito questa porta!" Ma non un suono udivo dall'altra parte... era inutile gridare, lo sapevo! Voltai la spalle alla porta, allora e corsi verso la finestra... la aprii e guardai sotto... eravamo almeno al terzo piano... saltare era impensabile... ero in trappola! |
Altafonte guardò Altea uscire e andare via.
“Signore...” disse Ermiano guardandolo. “Lasciamola andare...” mormorò il cavaliere “... qui non sarebbe mai potuta essere felice... non con noi...” fissò le pietre preziose “... dopotutto l'ho sempre saputo... questo tesoro non basta a rendere gli uomini felici... e vale per tutti...” guardò di nuovo Ermiano “... prepara il mio trucco... vado a sistemare l'ultima faccenda in sospeso... poi andremo via da qui...” Intanto Altea, lasciato Palazzo Lorena, era scesa in strada. Qui vi era ancora un po' di trambusto. Ad un tratto la dama notò una bella carrozza ferma ad un angolo di strada. Accanto vi era un cocchiere vestito come si conviene a chi presta servizio presso un gran signore. |
Camminavo per la strada trattenendo le lacrime..poi vidi ferma una carrozza probabilmente di una persona abbiente.
Mi fermai e parlai col servitore.."I miei omaggi...per chi date servigio? Vedete io sono la baronessa Altea Victoria Mac Parker..e avrei bisogno di un passaggio..ovvero devo tornare al mio posto di origine..Camelot...dove mi aspettano i miei genitori e.."esitai un attimo "il mio futuro sposo..le mie nozze sono imminenti, con questa folla non riuscirei mai a tornarci". |
Talia si sentì in trappola.
La porta era chiusa e saltare dalla finestra risultava impensabile. Poi ad un tratto il rumore di una carrozza che entrava nel cortile del palazzo. La ragazza era ancora presso la finestra e la vide. E da essa vide scendere il Cavaliere di Altafonte. Lo vide bene. E non aveva alcuna cicatrice sul volto. Intanto, in un'altra stanza, Jacopo aveva raggiunto Simone. “Allora...” disse questi “... siete inquieto... dunque temete di aver perduto il quadro?” “Non pensavo al quadro ora...” “E invece dovreste!” Scuotendo il capo il viceprocuratore. “Cos'avete? Sembra abbiate visto un fantasma!” “Forse...” mormorò Jacopo “... rammentate Guisgard de' Binardi?” “Cosa c'entra?” “Non morì...” “Sciocchezze!” “Il corpo non lo trovammo mai, no?” Guardandolo il capitano. “E quello fu il nostro errore...” “Vaneggiate!” “Ne ho le prove.” “E quali?” “Talia l'ha incontrato...” con astio Jacopo “... lo so... lui l'ha sempre amata...” “Se fosse in città noi l'avremmo riconosciuto.” Replicò Simone. “Evidentemente è ben camuffato...” “Come sarebbe a dire?” “Che si è travestito per non farsi riconoscere.” “Sarebbe un pazzo se tornasse qui.” Sbottò Simone. “Ammesso che sia vivo davvero.” “Lo è.” Annuì Jacopo. “Ed è qui.” “Perchè allora è tornato dove rischia di morire davvero stavolta?” “Per vendicarsi...” con tono cupo il capitano “... di noi...” "E come?" Con disprezzo Simone. "Guisgard era un poveraccio che non sapeva neanche impugnare un'arma!" "E' qui e ci sta cercando..." sentenziò Jacopo "... e se non lo abbiamo riconosciuto, significa che non è più lo stesso di un tempo..." E istintivamente Simone portò una mano sulla gola. http://www.basilrathbone.net/films/m...orro/mz608.jpg |
Francesco vide Clio e sorrise appena.
“Avete fatto felice un condannato a morte...” disse toccandosi la guancia colpita dalla ragazza “... e comunque ne avevate bisogno... bisogno di essere baciata... siete troppo fredda... e a volte neanche sembrate capace di nutrire sentimenti... ma quel pallore sulle vostre gote tradisce invece la femminilità che con tanta sicurezza nascondete... e siete una bellissima donna... si, è un peccato che debba morire tra poche ore... e non temete, nessuno mi salverà... il vostro onore e il vostro orgoglio saranno soddisfatti...” La guardia aprì la cella e fece uscire fuori Clio. |
Elisabeth fu condotta così in una piccola stanza, arredata solo da un austero tavolo usato a mo di scrittoio.
La guardia la lasciò lì ed uscì. Poco dopo arrivò un uomo. Il suo aspetto era comune, ordinario ed il viso non aveva nulla di particolare. Guardò Elisabeth come se neanche fosse una persona. Neanche avesse un'anima. Si sedette e prese a scrivere. “Siete in un brutto guaio...” disse senza alzare gli occhi su di lei “... siete accusata di appartenere alla banda di Mirabole e le prove sono tutte contro di voi... il diritto del re vi offre clemenza... proclamatevi rea ed avrete una morte onorevole e veloce.” |
Ero vicino alla finestra quando arrivò quella carrozza, impallidii nel vederla entrare nel cortile...
era pazzo! Non sapevo cosa Jacopo pensasse, né se avesse capito che era a lui che mi riferivo... ma sapevo che sarebbe impazzito se lo avesse scoperto. Ero molto in alto e la finestra era chiusa, tentai di picchiare sul vetro per attrarre la sua attenzione: volevo che se ne andasse, volevo fargli capire che era pericoloso e che doveva scappare via lontano da Jacopo e da Simone... ma non mi sentì. Lo guardai con attenzione e vidi che non aveva cicatrici sul viso... possibile? Ma... anche senza cicatrice, quanto ci avrebbe messi Jacopo a capire? Fui colta dal panico... esitai per qualche momento, senza sapere cosa fare... poi mi precipitai di nuovo verso la porta... "Soldato!" dissi forte contro la porta, pregando che Jacopo avesse lasciato qualcuno lì fuori con la chiave "Soldato, apri subito questa porta! E' un ordine!" |
Non avevo mai provato ad avere la mente affollata di cose da dire e la lingua ferma in quella mia bocca paralizzata.....non volevo che la guardia se ne andasse....avevo paura di rimanere da sola.....ma quell'uomo che non sapeva di nulla.....quell'uomo che non credeva fossi un essere umano...con un'indifferenza che non si ha neanche con gli ultimi della terra.............mi diede la sua sentenza........e che potevo dire.... che io non ne sapevo nulla ?......mi avrebbe ascoltata ?...." Io non conosco questo Mirabole ..... non ho fatto nulla.....ma varrebbe a qualcosa che io ve lo dicessi ?....no...non varrebbe a nulla......non mi state neanche ascoltando.........ma visto che il Re mi usa Clemenza.....scelgo una morte veloce ed onorevole........".......cosa si provava in punto di morte.....il vuoto totale........questa era la strada che dovevo prendere......nella mia mente un solo pensiero...Signore abbi cura di loro.....
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Talia bussò alla porta e chiamò.
Un attimo dopo sentì dei rumori. “Milady...” disse da fuori il soldato di guardia “... il capitano ha dato ordine di non farvi uscire... è per il vostro bene. Mi spiace.” Nell'altra stanza, intanto, mentre Simone e Jacopo discutevano, fu annunciato qualcuno. “Signore...” disse un soldato a Simone “... chiede di voi il Cavaliere di Altafonte.” “E cosa diamine chiede?” Voltandosi Simone. “Fatelo passare...” Così il cavaliere entrò. “Salute a voi, signor viceprocuratore...” sorridendo “... capitano...” “Cosa possiamo fare per voi, signore?” Domandò Simone. “Vedete, ho saputo che ci sarà una condanna...” rispose il cavaliere “... io ho viaggiato molto nell'Oriente Mediterraneo e quei popoli hanno modi alquanto ingegnosi per sopprimere la vita dei loro simili... e mi sono sempre chiesto, invero, perchè noi presunti popoli civili invece difettiamo di tanta fantasia...” “Vi diverte vedere la gente mandata a morte?” Fissandolo Jacopo. “Oh, non più di quanto diverta a voi, capitano.” Replicò Altafonte. “Ma mentre per voi è puro lavoro, io ne sono affascinato, diciamo, come profano.” “Comunque l'esecuzione avverrà domani e sarà pubblica.” Mormorò Simone. “Davvero interessante.” Annuì Altafonte. “E come avverrà?” “Per impiccagione.” Sentenziò Jacopo. “La stessa sorte che toccherà a Mirabole quando lo prenderemo.” Aggiunse Simone. “No, lui lo passerò da parte a parte con la mia spada.” Con disprezzo Jacopo. “Ah, vi prego...” sedendosi Simone “... basta parlare di morte... mi angustia...” “Durerà poco.” Replicò il capitano. “Già sono riuscito a ferirlo una volta.” Ad un tratto si udì il rintocco delle ore. “Questo dannato orologio...” sbuffò Simone “... ma proprio accanto a noi doveva essere? Detesto questa torre...” “Secondo gli antichi cretesi” ridendo Altafonte “il Tempo è colui a cui gli dei affidavano le vendette... forse da questo nasce il nostro detto... la vendetta è un piatto che va servito freddo...” http://corrierefiorentino.corriere.i...8--620x420.jpg |
“Milady...” disse il cocchiere ad Altea “... in verità siamo diretti in un reame lontano... tuttavia la strada per Camelot è un passaggio obbligato per noi... sono certo che il mio padrone avrà piacere di avervi ospite e compagna durante il suo viaggio...”
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“Dunque” disse quel magistrato ad Elisabeth “vi proclamate colpevole? Se è così, firmate questa confessione...” mostrandole un foglio da firmare, in cui lei confessava ogni sua colpa “... in caso contrario sarò costretto a mandarvi davanti al viceprocuratore del re... e vi avverto... egli è un uomo alquanto impaziente ed insofferente...”
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Un regno lontano...che stano...."D'accordo, a me basta arrivare a Camelot".
Salii sulla carrozza in silenzio, tenevo un comportamento composto...come diceva mia madre...le belle parole e gli elogi...tutti gli uomini erano in grado di farli...e ingannarti..avevo solo davanti a me il volto di Lui. Scossi il capo...sposare un vecchio anziano e essere infelice...ma almeno non sarei stata presa in giro..aveva ragione mia madre stavolta..il Vero Amore non esisteva e questa a volte era la vita...non sempre quel giardino fiorito che la mia balia mi descriveva invece. Aspettai l'arrivo dei padroni per partire...e speravo di arrivare presto a Camelot dopo quella grande delusione. |
Mi allontanai da quella stanza, furiosa.
Uscii dalle prigioni mentre la rabbia innescava mille pensieri nella mia testa. Mi ritrovai, così, nel cortile del palazzo di giustizia. Mi sedetti su una panchina, ad osservare il cielo. Per quanto cercassi di calmarmi, non ci riuscivo. Come osava parlarmi in quel modo? Non sapeva niente di me! Eppure, le parole di Francesco continuavano a tormentarmi. Era vero? Avevo bisogno di essere baciata? Forse, ma di certo non da lui. Un brivido mi attraversò la schiena, ripensando allo stupore, l'ardore, la passione, la sensazione d'estasi in quei pochi istanti rubati al Palazzo Reale. Sarei mai stata più felice di così? Ma era Roberto, non uno sconosciuto indisponente, era lui.. l'unico di cui mi fidassi, l'unico che mi conosceva veramente, l'unico con cui avrei passato volentieri ogni giorno della mia vita. Sospirai, non spettava a me scegliere, anche se mi chiesi a chi spettasse, con mio padre morto e mio fratello prigioniero! E poi, non avevo molta scelta, lui aveva già una moglie! Infondo, avevo passato i vent'anni, alla mia età mia madre era sposata da tre anni e si struggeva perché non aveva ancora messo al mondo un principino. La mia vita aveva preso una piega decisamente differente. Ormai, mi chiedevo se non fossi destinata a rimanere sola. Rabbrividii, estinguere una dinastia di secoli era un sacrilegio! Come potevo mostrare la mia femminilità se ormai ero padrona del mio destino, quasi fossi un uomo? Chi prendeva le decisioni per me, chi si curava del mio bene? Non c'era nessuno a badare a me, dovevo cavarmela da sola. Non che mi dispiacesse, anzi, ma sicuramente mi rendeva più dura e fredda. Dov'era Roberto? Pensai d'un tratto. Non lo vedevo da quando avevo lasciato la stanza del viceprocuratore. Sorrisi, tra me e me, immaginando la faccia che avrebbe fatto nel vedere Francesco che mi baciava. O, almeno, la faccia che speravo avrebbe fatto.. E quel pensiero spensierato, mi fece dimenticare la rabbia e la frustrazione. Così, tornai a sorridere. |
Altea salì così su quella carrozza.
Dopo un po' giunse un uomo. Era vestito in modo distinto ed i suoi modi erano garbati. Salutò con gentilezza la dama. “Il mio cocchiere” disse “mi ha informato del vostro bisogno di giungere a Camelot. Fortunatamente sarò costretto a passare per quelle terre, dunque non avrò problemi ad accompagnarvi fino alle porte della vostra città.” Aveva la pelle chiara, con barba e capelli di un castano chiaro. Stringeva un bastone di legno di noce, con una grossa pietra rossa ad alveolo sull'estremità. Passarono pochi secondi ed arrivò una donna. Era una monaca, col viso sempre chino, senza guardare mai né l'uomo, né Altea. Il capo era coperto e non era possibile guardarla bene in faccia. L'uomo si limitò così a salutarla con cordialità, senza tuttavia attendere risposta. La religiosa infatti aveva fra le mani un Rosario e subito cominciò a recitare i Divini Misteri. L'uomo fece allora un cenno dal finestrino della vettura e la carrozza partì. “Oggi pare” mormorò guardando fuori “che la città sia caoticamente vivace. Non ho ben capito cosa sia successo. Voi forse siete informata su ciò, milady?” Chiese ad Altea. |
Mentre Clio era su quella panchina, in balia di mille e più pensieri, udì giungere qualcuno.
“Ti stavo aspettando...” disse Roberto “... nel frattempo ho un po' girovagato fra l'androne e il cortile... ho udito alcuni militari conversare fra loro... domani Francesco de' Binardi sarà giustiziato... gli hai portato il disegno? Immagino come starà ora... impaurito e pronto ad elemosinare clemenza... si, quelli come lui hanno paura... infondo è questo che separa gli uomini comuni dai nobili... la paura ed il coraggio... loro credono che siano le rendite e i privilegi a distinguerci... ma si sbagliano... è il coraggio che noi abbiamo... coraggio di vivere, di lottare, di amare... si, il coraggio... mentre invece loro hanno solo paura... paura della loro condizione, dei loro limiti, della loro miseria... paura di vivere...” In quel momento un militare si avvicinò ai due. “Milady, il viceprocuratore chiede di voi.” Rivolgendosi a Clio. “Vuol farvi vedere una prigioniera... uno dei membri della banda di Mirabole.” |
Andato via il domenicano, svanito quasi come una visione in mezzo alla folla che attraversava la strada, Parsifal rimase di nuovo solo con Emin.
“Sembra svanito come un'ombra quel domenicano...” disse questi al compagno “... cosa avrà voluto dire? Il Castello Merlato... che posto sarà mai? La nostra missione puntava ad altro... catturare quel ladro ed intascare la taglia... il quadro, il Fiore e tutto il resto, non so... mi sembra tutto così... come dire? Romanzesco, fiabesco... tu cosa ne pensi? Credi che trovando davvero quel Fiore si possa giungere poi a catturare quel ladro?” Chiese poi a Parsifal. |
Sorrisi alla guardia.
"Arrivo subito, grazie..." Annunciai distrattamente. Alzai gli occhi verso Roberto e sorrisi. Lasciai malvolentieri la quiete di quella panchina, e in un attimo fui davanti a lui. Vicina, molto, troppo.. Potevo quasi sentire il suo respiro. "Hai dimenticato qualcosa.." Sussurrai, gli occhi nei suoi "..la responsabilità e il sacrificio.. Un nobile non vive per se stesso.. Non può semplicemente inseguire i suoi sogni, sentimenti, passioni, se non sono consoni al nome che porta e al sangue che gli scorre nelle vene.. È l'onore che ci distingue Roberto, e il vivere in funzione di esso.. A qualunque costo..". Una fitta dolorosa mi attraversò l'anima e lo sguardo, nel pronunciare quelle parole. Quante volte mi era stato ripetuto? Ma dirlo ad alta voce, in quel momento, con quegli occhi scuri fissi nei miei, sembravano reali e crudeli più che mai. Ma mi ricordavano anche perché non potevo dimenticare tutto, ascoltare il cuore e colmare la breve distanza tra me e lui, e sentire quelle labbra sulle mie. Sembrava una distanza minima alla vista, pochi centimetri, ma a me sembrava una voragine incolmabile. Forse Francesco aveva ragione, pensai arrossedo. Ma, anche volendo, non potevo lasciarmi andare come una ragazza qualsiasi spensierata. "Francesco sta bene.." Dissi, cambiando volentieri discorso, vista la tensione palpabile tra noi "..mi è parso sfacciatamente rassegnato alla morte.. Egoista, indisponente e intrattabile come sempre.." Annuii "...gli ho dato il disegno.. Domani devo ricordarmi di farmelo consegnare, devo ridarlo a Sara.." Sorrisi "Beh, andiamo.. Il viceprocuratore mi aspetta.. Tu che fai, vieni con me o resti qui?" Chiesi. Poco dopo, raggiunsi la stanza del viceprocuratore, chiedendomi chi fosse quella misteriosa donna, e soprattutto se avesse ritrovato la parola dopo il nostro incontro di poco prima. Avevo esagerato? Poco importava, avevo detto ciò che pensavo. |
Guardai il milord che gentilmente mi avrebbe dato un passaggio...eppure non era di Sygma, e neppure doveva essere stato qui ultimamente se non sapeva cosa stava succedendo.
"Milord, vi ringrazio per il vostro gentile passaggio...cosa sta succedendo? Hanno rubato un quadro, si chiama il Verziere Fiesolano, ma io non ho mai avuto occasione di vederlo..e il presunto ladro dovrebbe essere un certo Mirabole, solo mi sfugge se queste persone lo stiano osannando o ricercando..è tutto strano.Posso sapere qualcosa di Voi, invece?" |
A quelle parole mi irritai...
e così il Capitano aveva dato ordine di non farmi uscire, eh? Aveva ordinato di tenermi chiusa lì? Ero furiosa! Ed ancor di più ero spaventata... cosa stava accadendo al piano di sotto? Perché Guisgard era venuto fin lì? Esitai solo per un istante... “E dov’è il Capitano, adesso?” dissi allora, cercando di prendere quel mio involontario carceriere per il verso giusto “Dimmi almeno che cosa sta accadendo di sotto...” |
“Milady...” disse il soldato a Talia “... si sta lavorando per ritrovare il quadro... il viceprocuratore e il capitano staranno interrogando una prigioniera ora... vedrete, appena avrà terminato, vostro marito verrà da voi... qui siete al sicuro... e se vi occorre qualcosa io sono qua...”
Intanto nel cortile c'era sempre la carrozza di Altafonte, con accanto una delle sue guardie orientali. |
Roberto fissò Clio.
“Preferisco restare un po' qui...” le disse “... in questo cortile... comincio a non sopportare più la presenza di Simone Missani...” La ragazza allora lasciò il suo finto cugino e si diresse verso l'ufficio del viceprocuratore. Quando vi giunse lo trovò sprofondato nella sua sedia, con gli occhi fissi nel vuoto. Accanto a lui vi era il capitano Jacopo, con uno sguardo invece cupo. Era a guardare dalla finestra. “Venite, entrate pure...” rivolgendosi Simone a Clio “... ci sono novità... abbiamo catturato una donna... si trovava nel carro che hanno usato per portare il quadro fuori città... ora la sta interrogando uno dei miei magistrati... ma la farò portare qui... così scopriremo cosa sa e chi ha rubato il quadro... se Mirabole o altri...” sorseggiò un liquore, quasi volesse riprendersi da una forte emozione “... poco fa qui vi era il Cavaliere di Altafonte... ha chiesto di poter girare un po' nel palazzo... tra breve credo ripasserà per salutarci... che inutile individuo è quello...” Intanto, nelle prigioni del palazzo, qualcuno, con passo solitario e furtivo, era sceso in quell'Ade di ingiustizia. “Chi è la?” Gridò il carceriere. “La tua fortuna...” avanzando Altafonte. “Chi siete? Qui non potete venire senza permesso!” “Ecco il mio permesso!” Fece Altafonte, lanciando al carceriere un grosso zircone. “Solo pochi minuti, signore...” prendendo avidamente quella pietra il carceriere. Lo fece così entrare da Francesco. “Chi siete?” Guardandolo entrare Francesco. “Un fantasma, Francesco.” Rispose il cavaliere. “Vi ho già visto...” mormorò il giovane “... si, alla festa del banchiere Accio... vi metteste in mezzo... cosa volete ora?” “Quando eravamo piccoli” sorridendo Altafonte “giocavamo spesso ai duellanti... una volta sotterrammo in giardino i nostri tesori... io una mappa del tesoro disegnata da me... tu invece un piccolo flauto... il vincitore avrebbe preso tutto per sé... poi invece la mattina dopo andammo a scuola e niente più duello...” Francesco lo guardò quasi incredulo. “Qualcuno mi ha insegnato a tirare di spada...” riprese Altafonte “... mi ripeteva sempre... la spada è come un uccellino... stringila troppo e soffocherà... troppo poco e volerà via... hai cercato la morte in tanti modi, Francesco... Fiosari ti avrebbe ucciso... lo guardavo prima da una delle finestre... prima ancora alla festa degli Accio e poi al Palazzo Reale... non è un grande uomo... non ha il coraggio di seguire il proprio cuore... forse perchè non è abbastanza grande quel cuore... ma sa tirare di spada e ti avrebbe ucciso subito...” “Tu...” balbettò Francesco. Altafonte lo guardò con i suoi occhi azzurri. “Sei...” a stento Francesco “... sei... vivo...” “Il Giorno del Giudizio è prossimo...” sentenziò Altafonte “... e tu, come tutti i prigionieri, sarai liberato... correrai da loro...” Francesco non comprese quelle parole. Come coloro che leggono ora. Si lanciò allora fra le braccia del fratello e pianse. E Altafonte pianse con lui. Poi il carceriere chiamò. “Dovete uscire, signore...” mormorò. “Aiutami...” in lacrime Francesco. “Dio ti assista, fratello mio...” guardandolo il cavaliere. Ed uscì. |
“Io” disse quell'uomo ad Altea “sono un barone. E venire qui per me non è stata una cosa fortunata, milady. Sapete, quel quadro doveva essere mio. Mi era stato commissionato il furto da un misterioso individuo. Ed io non avevo mai fallito un colpo. E in più, quella che doveva essere la mia prima assistente, una donna molto bella, nobile e furba, ha invece pensato bene di lasciarmi, andare via... e perchè mai, poi? L'ho sempre trattata come una gran dama. E voi, che siete una donna... sapete dirmi dove ho sbagliato con lei?”
La carrozza era riuscita a superare il centro della città e ora, avendo strada libera, prese a correre veloce. |
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