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La paura di subire un processo ingiusto, mi fece imboccare un sentiero di terra battuta.....era talmente stretto che riusciva a passare una persona alla volta.........immagini confuse mi attraversavano la mente,sembravo in preda alla febbre.......una cosa sola avevo ben in mente....due leopardi....in quella zona i leopardi non c'erano...eppure mi richiamavano alla mente qualcosa......accidenti perche' ero in preda all'ansia.....i leopardi e un drappo di stoffa rossa.....rallentai il passo, avevo il fiatone, stava calando la sera e potevo scorgere il sole che con un inchino lasciava il passo alla luna.....l'aria era piu' fresca.....il nord...La Normandia.....io in Normandia.....avevo viaggiato per mare e per terra....le mie visioni mi avevano portato ad Avignone..bene..ora la Normandia.......C'e' qualcuno che mi ascolta ?......potrei comprendere Madre mia perche' mi stai facendo questo ?........chi c'e' in Normandia che io non ho visto nelle mie visioni.....non vi sento piu'.....non riesco ad ascoltare.....e' triste tutto questo.............Giorni di viaggio in quella terra..per tornare e riprendere il cammino, mi sentivo una povera pazza in preda alle allucinazioni........Riposai solo qualche ora, non avevo nulla con me se non la mia miseria....al diavolo tutti......andro' in Normandia..un posto valeva l'altro per chiedere la carita'......avrei letto la mano, tanto il destino era uguale per tutti.....pene d'Amore. Giunsi cosi' a destinazione. Bene Madre se magari tu fossi cosi' generosa con me da mandarmi un segno..magari un fulmine che mi illumini.......c'era una bella chiesa....uomini eleganti entravano e uscivano......cosi' in preda alla fame....mi sedetti sui gradini in alto e tesi la mia mano, che fine avevo fatto.....figlia di un prete benestante...cacciata dallo stesso padre..amata da una nonna e finita sulla strada.......Alzai lo sguardo al cielo.....vi ringrazio Madre...spero che tutto questo valga come penitenza...quando moriro' avro' gia' scontato i miei peccati.....nello sconforto mi venne alla mente Guisgard.....per seguire te..e la mia voglia di giustizia.....prima mi hai ammazzata e poi abbandonata .....ad Avignone avevo perso le sue tracce......forse non ero di suo gradimento.......che il diavolo ti porti via........raccolsi le gonne........" Fate la carita' ad una povera vecchia in preda alla fame e allo sconforto...."
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Nella notte, serena, sommessa, pacificata, il borgo respirava senza nemmeno un sussulto.
La campana della chiesa che scandiva le sue ore, il tintinnare dei campanacci delle greggi che mormorando si avviavano al pascolo, lo zufolare del pastorello che avanzava guardando cercando in cielo i segni dell’alba per poter infine spegnere la sua lanterna. Nella notte, serena, sommessa, pacificata, le lunghe dita di Morrigan si agitarono nell’ombra, poi si contrassero, stringendosi intorno al braccio di Mion. Erano giunti a Capomagnus sul far della sera, e avevano trascorso tutti insieme una allegra serata nella locanda, con Maladesh e i suoi, a brindare sul loro successo, poi si erano concessi il meritato riposo in vero letto, dopo i lunghi giorni trascorsi nella foresta. Ma giungendo il mattino, il suo sonno si era fatto agitato, turbato da visioni oscure. Nel sogno, Mion la baciava e le metteva tra le mani un anello. Morrigan sorrise, guardandolo, ma osservandolo meglio, si avvide che l’anello mutava di colore, diventava rovente e bruciava come il fuoco. Istintivamente la ragazza lo lasciò cadere, ma l’anello si infisse così profondamente nella terra che Morrigan temette di averlo perso. Mion era sparito e lei era rimasta da sola. Si chinò, cominciò a scavare con le mani per recuperarlo, ma c’era troppo buio intorno, e non riusciva a vedere nulla, un buio innaturale come il soffio che sentiva crescersi intorno. Sollevò lo sguardo e vide due eleganti felini che in cerchio si muovevano attorno a lei. Cominciò a seguire con gli occhi il movimento di quelle due belve… sembravano due leopardi! Il suo respiro si fece carico di paura. Si acquattò come un gatto, pronta a balzare loro addosso al minimo cenno di attacco, felino al pari di quegli animali… ma subito l’immagine scomparve, e Morrigan fu di nuovo sola, nel buio. Allora vide crescere in lontananza la luminosità di un fuoco, e avvicinandosi si accorse che era un rogo, come quelli su cui venivano sacrificate le sventurate accusate dall’ignoranza e dalla crudeltà del mondo… immagini di una terra a lei nota le apparvero contorte tra le fiamme… una terra che conosceva bene, perché le sue scogliere sfidavano il biancore delle sue terre natali! Poi tutto divenne confuso dal calore del fuoco e dall’aria impregnata di cenere. Provò una fame terribile, divorante, e dolore, e angoscia, e smarrimento… e sentì la voce di Elisabeth maledire il nome di Guisgard… e sentì il suo spirito abbandonarsi allo sconforto… e in quel momento, dal nulla, una lama squarciò il buio con un bagliore fulmineo e le trafisse il cuore. Morrigan non ebbe nemmeno il tempo di capire. Percepì solamente un dolore violento. Si portò la mano al petto, quindi rimase a fissare le sue dita che tremavano grondanti di sangue, e cominciò ad urlare. L’urlo di Morrigan squarciò la quiete della notte. Seduta sul letto, stringeva le palpebre e si teneva la testa tra le mani. Il dolore era vivo e reale, troppo per poterlo ancora ignorare ancora a lungo… non è finita, non è ancora finita! Morrigan, svegliatevi! Era in preda al panico e alla febbre, come se oscuri fantasmi avessero preso il posto delle immagini reali, e la ragazza, guardandosi intorno, riuscisse unicamente a pensare al modo in cui sfuggire a quelle presenze. Maledisse le sue visioni impefette, che la vicinanza di Elisabeth aveva risvegliato, senza avere tuttavia il tempo di perfezionarle, poi, senza nemmeno capire cosa stesse facendo, in preda a quel tormentoso sentimento, cieca e sorda a qualsiasi altro richiamo, Morrigan si vestì in fretta e si precipitò giù per le scale, correndo fuori fino alla stalla. Vide lì dentro una bella puledra baia, che scalciava nervosa, sollevando la paglia con lo zoccolo fremente. Morrigan si avvicinò, con recuperata calma, e solo allora riuscì a prendere fiato. Carezzò con lentezza il collo e la schiena dell’animale, parlandogli piano all’orecchio, quindi, con gesti svelti, iniziò ad affibbiare la sella. |
la nottata era andata bene mi ero ripreso da tutte le fatiche mi svegliai e guardai fuori dalla finestra il sole sorgeva alto e luminoso allora usci dalla stanza e scesi e mi avvicinai all'oste e gli chiesi gentilmente buon uomo sapreste dirmi dove posso trovare un orafo? non sono di queste parti e non saprei dove cercarlo e gli misi delle monete sul bancone e aspettai una sua risposta.
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Le parole di Alvien mi giunsero in un sussurro all’orecchio, mi voltai e le sorrisi.
“Non lo so… E’ curioso, quanto meno!” mormorai in risposta, senza tuttavia distogliere gli occhi dal funzionario che stava, invano, tentando di placare l’ira del Visconte… Era strana la sensazione che provavo: non ero indignata, come forse avrei dovuto, per quella scortesia… al contrario, mi sentivo decisamente sollevata di non averlo ancora visto… ed ero divertita, irrazionalmente divertita nel vedere mio padre in quella situazione per lui tanto seccante! “Ma probabilmente…” proseguii, protendendomi appena verso Alvien “Questo duca non ha più voglia di incontrarmi di quanta non ne abbia io di conoscere lui!” A quel punto, però, non riuscii più a trattenermi… mi feci avanti e poggiai delicatamente una mano sul braccio del Visconte: “Vi prego, padre mio, non adiratevi con quest’uomo… egli, vedete, non è che un ambasciatore e dunque non riferisce che ciò che gli viene detto!” Sorrisi conciliante, poi mi inchinai appena e soggiunsi: “Ora, vi prego, vorrei avere licenza di ritirarmi!” |
<le vesti di verde velluto frusciavano tra i passi mentre Empi in forma umana si faceva strada tra la folla. Le braccia conserte quasi a volersi riparare dal turbinio di umani che vagavano per quella strada. Con i piedi nudi che sfioravano il terreno, il capo leggermente chino verso la Terra, lo sguardo fisso dinnanzi a sé, la fata camminava spedita verso una chiesa> La Madre ti ascolta <mormorò tra sé e sé in risposta alle parole di Elisabeth. Fermò il suo andare dinnanzi ai gradini della chiesa, lo sguardo liquido color smeraldo si posò su una figura di donna che chiedeva la carità> Ciò che chiedete è dentro di Voi, conoscete già tutte le risposte < sussurrò queste parole ad Elisabeth chinandosi appena> ma il Cervo deve seguirvi, la Foresta l’attende nel luogo che vi ha chiamato <aggiunsè poi cercò lo sguardo di Elisabeth e per un lungo istante non disse altro, semplicemente ed amorevolmente la guardò>
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Se speravo nella generosita' degli uomini sarei morta di fame.....abbassai la mia mano..era intorpidita dal freddo... il freddo , la fame, il sonno....ero ancora troppo umana.
Un bagliore di luce.......una luce verde..come lo era il cuore della foresta......spostai gli occhi verso un caldo pensiero.....mi alzai e scesi le scale....ero difronte a lei....e mi sentivo in imbarazzo.." Empi....siete il fulmine mandato da Madre Terra ?......peronatemi non volevo essere sgarbata con voi......e che io non so' se ho veramente delle risposte in me..non mi sono sentita cosi' confusa come in questo momento, devo condurre il Cervo.....forse non vi siete accorta che ho utilizzato ogni mezzo per proteggerlo e condurlo sulla via della luce...e non ha fatto altro che fuggire da me...........sono qui per una visione, Lo stendardo di Normandia ha preso a sventolare in quelle immagini che apparivano tra i miei dubbi.......Empi...voi che conducete le anime delle donne tra le correnti del tempo, prendetevi cura della mia......"...in quel momento....qualcuno mise una moneta nella mia mano......mi voltai ma non vidi nessuno, guardai la mia mano e vidi impresso il volto di Morrigan.......i suoi occhi mi fissarono..erano spaventati.....l'angoscia le infliggeva dolori atroci.......Morrigan, il mio canto ti giunga perche' tu possa comprendere che il tuo destino di maga era scritto, tutto e' scritto .....non pensare che avermi incontrata sia la causa di cio' che gioia non porta............la mia vita e' quella che e' solo perche' ho il dono di curare con cio' che madre natura ci concede.....ho il dono della vegenza perche' riesco ad ascoltare la musica dell' universo.......cio' che e' stato creato per noi e' ragione di vita.........ma l'uomo teme tutto cio' che per lui non ha un'umana spiegazione.............Accarezza il tuo cavallo...lasciati andare al soffio caldo delle sue narici.....se tu lo ascolti egli ti parlera' di me........ Sotto lo sguardo di Empi.....mi sedetti sul gradino della chiesa.....Madre fatemi la carita' ...il dono della comprensione.... |
Non è da Voi che fugge,ma da sé stesso <pronunciò in un sol fiato la fata, poi sorrise e la sua mano si levò a sfiorar la guancia di Elisabeth> Il recipiente per esser riempito deve essere vuoto <aggiunse quando la visione di Elisabeth si affievolì e le sue parole per Morrigan furono affidate al Vento> Mai come ora siete vicina alla Madre, è al buio che il fiore diffonde il suo profumo migliore. <un fresco profumo di salsedine si diffuse nell’aria mentre la fata ritirava la mano dal volto di Elisabeth> Là dove governa Acqua che violenta si frange sulle rocce, è lì che la Foresta attende il suo Cervo <tacque infine e lentamente agitò le mani nell’aria. Nel cerchio disegnato nell’aria dalle mani fatate apparve una dama con lo sguardo perso nel vuoto mentre si lasciava pettinare i lunghi capelli. Empi affidò quell’immagine ad Elisabeth e avvolta da una pallida luce verde, lentamente scomparve alla sua vista>
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Nel castello in Normandia, il Visconte era sempre più adirato ed offeso per il comportamento del duca.
Ma le parole di sua figlia Talia, che sembrava far buon viso a cattiva sorte, lo calmarono, almeno per il momento. "E sia, figlia mia." Disse. "Ritirati pure. E lo stesso farò io, sperando che domani, a Dio piacendo, il duca si degni di riceverci." "Oh, mio signore, non dubitatene." Intervenne il funzionario del duca. "Sicuramente domani il duca vi riceverà. Egli è il primo ad essere mortificato per gli accadimenti che hanno rimandato il vostro incontro. Vedrete che domani, se Dio vorrà, sarete ricevuti da sua signoria." Ed udite le parole del funzionario, il visconte e sua figlia Talia si ritirarono nei loro rispettivi alloggi. |
Intanto a Capomagnus, Morrigan, dopo quel sogno, era scesa di corsa nella stalla ed aveva iniziato a sellare il cavallo.
Ma ad un tratto una mano si posò sul suo braccio. "Cosa è successo, amore mio?" Chiese Mion. "Perchè stai sellando il cavallo nel cuore della notte? Dove vuoi andare?" |
Morrigan sobbalzò sentendosi toccare. Vide Mion accanto a sè e istintivamente lasciò scivolare via dalla mano la cinghia di cuoio. Si ritrasse, lo guardò con occhi lucidi e alterati, come se fossero ancora pieni di queile visioni notturne. Inavvertitamente si portò la mano sul cuore, come a proteggerlo, proprio nel punto in cui, nel sogno, la spada l'aveva trafitta... e nel sogno, quella lama, era la spada di Mion!
Morrigan non sapeva cosa quel segno potesse significare, e francamente non desiderava nemmeno chiederselo in quel momento, ma vedendoselo di fronte per un istante ebbe quasi paura. Tuttavia l'espressione sul volto di Mion era ancora la stessa, amorevole e sollecita, forse appena velata dalla tensione e dalla preoccupazione, ma nient'altro vi si poteva leggere, che volesse intenzionalmente ferirla. Allora cercò di respirare, per apparirgli calma, quanto più possibile, anche se i suoi occhi inquieti non potevano che trasmettergli l'urgenza e la confusione. "Ho voluto credere in una felicità che non posso avere... non a questo prezzo!" mormorò con la voce che le uscì a stento dalle labbra "Oh, Mion... tu devi lasciarmi andare! Non è finita, non è ancora finita!" Poi, vedendo che gli occhi di lui erano ancora fissi ad accarezzare il suo viso, Morrigan si sentì spezzare da quello sguardo. Si accostò a lui, gli carezzò il viso con il palmo della mano. "Amore,amore... proprio tu, così nobile e giusto... potresti mai tollerare che io costruisca la mia gioia sul torto fatto ad altro? Elisabeth è tutto l'affetto che ho al mondo, come tu sei tutto l'amore... è l'unica madre che io abbia mai avuto, e in questo momento è sola e sta soffrendo... in questo momento ha bisogno del mio aiuto, ed io per forza devo andare!" Lo fissò con occhi sicuri, decisi. Al contempo sentì che ugualmente avrebbe voluto stringerlo a sè, nonostante lo stesse di certo contrariando con quelle parole, ma dal farlo si trattenne, per timore di incontrare in lui il rimprovero per la propria condotta. |
Intanto, a Rouen, una carrozza si fermò poco distante dalla chiesa dove Elisabeth chiedeva la carità.
"Chi è quella donna?" Chiese il duca di Normandia ad un suo servitore. "La conosci?" "Non mi pare, mio signore..." rispose il servitore scrutando da lontano Elisabeth "... forse è una vagabonda, forse una zingara... magari si guadagna da vivere leggendo la mano o facendo le carte..." "Avresti mai detto che il tuo signore crede alla magia?" Chiese il duca. "Non lo immaginavo e devo dire di esserne sorpreso, milord!" "Bene... recati da lei e conducila al castello." Ordinò il duca. "Voglio che mi legga la mano e interpreti i miei sogni... non credi che un duca debba conoscere gli eventi futuri per meglio affrontare ciò che riserva a lui il destino?" "Certo, mio signore!" Rispose il servitore. "Come al solito siete saggio e lungimirante!" "Ora va da lei, mentre io tornerò al castello. Ho affari urgenti da svolgere lì." Il servitore allora scese dalla carrozza, che ritornò al castello, e si avvicinò ad Elisabeth. "Donna, a vederti sembri una zingara... dì, sapresti leggere la mano o interpretare i sogni? Chiese. "Se si, allora oggi è il tuo giorno fortunato. Infatti il duca richiede i tuoi servigi. Seguimi e ti condurrò al suo castello." |
"Lasciarti andare? Andare dove?" Chiese sorpreso Mion. "Non abbiamo altro da fare... Cosimus ed i suoi dovranno rispondere delle loro malefatte davanti al vescovo, lady Talia finalmente andrà in sposa al mio signore e anche per quel Guisgard i guai con la giustizia sembrano terminati!"
Restò poi per un attimo a fissarla ed aggiunse: "Questa storia è finita... ed ora è giusto pensare un pò a noi stessi! Io voglio che tu sia mia moglie e ti voglio qui ora, al mio fianco. Elisabeth è in gamba e riuscirà a cavarsela, vedrai." |
Morrigan abbassò le ciglia per nascondere il suo sguardo e sorrise, con un'espressione che voleva essere dolce, ma che risultò infine pregna di tristezza.
"Dovrà dunque essere questo il nostro primo contrasto?" Tornò a fissarlo, tentò di ridere ma non vi riuscì. "Immagino che l'amore si nutra anche di simili ripensamenti" |
Mion la fissò cercando di comprendere il suo stato d'animo.
"Perchè sei turbata stanotte?" Chiese. "Forse... forse è l'ansia per domani? Forse ti sembra un passo troppo grande quello di sposarmi? Dimmi, ti prego, se hai avuto qualche ripensamento..." |
"Pensavo che nell'amore avrei trovato tutte le risposte sulla mia vita, ma non è così... alcune di quelle risposte potrà darmele solo lei... Mion, io non ti amo di meno perchè dubito, anzi, per me è il contrario! Non dubitare significa non interrogarsi, e non interrogarsi significa smettere di guardare al valore delle cose che abbiamo... quindi su questo punto, sia il tuo cuore tranquillo!"
Si sfiorò con la mano il giubbino di cuoio "Hai messo un sigillo sul mio cuore" Quindi la poggiò su Mion "... ho messo un sigillo sul tuo petto... la fede nuziale che infilerai al mio dito non è per me che la forma esteriore di qualcosa cui io già credo fermamente, e tuttavia la indosserò con gioia perchè so di darti piacere. Ciò che adesso ti chiedo, però, è soltanto di aspettare..." Lo guardò fisso con aria profondamente seria "Potrai e vorrai farlo?" |
"Io... io non ti comprendo..." disse Mion "... non riesco a capire di quali risposte tu abbia bisogno... risposte che dovrei forse darti io, se riguardano il nostro amore..."
Sospirò ed aggiunse: "Ma se senti di dover andare, allora va... non ti tratterò, nè ti impedirò mai nulla... anche la spada non va mai impugnata troppo forte durante la battaglia... perchè una mano troppo rigida renderà meno mobile e letale la sua lama... ma la mia spada è sempre con me, abbiamo la stessa anima... " Fece allora qualche passo indietro e restò a fissarla. |
Dal suo gesto, dal suo allontanarsi, comprese ogni cosa.
"Oh Mion... tu mi spezzi il cuore..." mormorò mentre gli occhi le diventavano lucidi, umidi, trattenuti a stento dalla sua orgogliosa volontà "Più cerco di essere sincera con te, più sembra che tu non mi comprenda!" A quel pensiero una triste rabbia si impadronì di lei, e il suo carattere indomito venne a galla una volta di più. "Sì, è questo che vedo! Alla mia estrema sincerità rispondi sempre dicendo di non capire... ma cos'è che vuoi, cavaliere? Di che genere di donne ti sei circondato quando vivevi con il tuo signore nel suo palazzo? Donne che si imbellettano e mettono crini di cavallo tra i capelli, che hanno un volto e ne mostrano un altro, che usano gli indovinelli e il linguaggio dei fiori per recapitare i messaggi che dovrebbero avere il coraggio di pronunciare con le proprie labbra... forse se anche io iniziassi a mentire," disse, mentre la voce le si calmava, acquistando una nota triste "forse mi amesti di più? Basta chiederlo, ed io lo farò, lo farò per te!" |
Mion restò un attimo in silenzio a quelle parole di Morrigan.
"Io..." disse all'improvviso "... io non ho mai amato veramente una donna... non come amo te almeno... non ho mai cercato nulla perchè, prima di incontrare te, l'amore non aveva interesse per me... la passione ed il piacere era tutto ciò che domandavo ad una donna... io... io..." aggiunse sospirando "... non so... forse non sono nato per l'amore... almeno per quello vero, che ti riempie da solo la vita... io so solo di armi, di battaglie, di morte... l'amore è vita e forse non fa per me..." Chino il capo e fissò il vuoto per alcuni istanti. "Il mio amore non sarà mai una prigione per te... e non vorrei mai spingerti a mentirmi... sei libera di fare come più desideri..." Si voltò ed uscì dalla stalla. |
Morrigan lo guardò andare via, e, inebetita dal subitaneo dolore che le diede quella vista, non riuscì a far nulla.
Era come una statua di sale... e non sentiva più l'odore del fieno e della paglia, e non riusciva più nemmeno a percepire il calore degli animali... è come se morissi... Le balenarono in mente gli insegnamenti di Elisabeth, le frasi con cui la sua maestra aveva iniziato ad istruirla, mentre si allontanavano dal convento per attraversare la foresta... le aveva parlato della Madre e del suo amore... le aveva raccontato di tutte quelle cose che solo una donna può fare... le aveva raccomandato di curare il suo spirito femminile e le aveva promesso che le avrebbe insegnato a far questo nel migliore dei modi... questo e tante altre cose... ma a cosa mai mi servirebbe tutta questa conoscenza, adesso? A cosa vale la mia consapevolezza, se sono persino incapace di parlare con lui? E a cosa serve tutta questa potenza, se non sa legare i cuori? Lui se n'era andato, e il cuore di Morrigan era di nuovo in pezzi. Riprovò la stessa paura che le aveva attanagliato lo stomaco subito dopo la battaglia, proprio quando aveva avuto la certezza di averlo perduto per sempre. Quella volta Mion era tornato sui suoi passi, e le aveva teso la mano, e le aveva dato prova del suo amore costante. Ma quella notte non poteva aspettarsi un simile ritorno. La sua fuga era stata letta come un rifiuto, un rifiuto ad un'offerta che egli non aveva mai fatto a donna alcuna prima di lei... Morrigan comprese allora quale dolore ci fosse nel gesto di Mion... l'aveva ubriacato di dolore! E allora il pensiero e l'azione si fusero in un attimo. Lasciò le briglie e corse fuori. La sua sagoma si disegnava nella prima luce dell'aurora, ma non era ancora troppo distante. Si fermò e prese fiato, e chiese al vento, che le spingeva i lunghi capelli sul viso, di accompagnare le sue parole... "Muoio se te ne vai!" |
Il cielo cominciava a schiarirsi in un rosato alone che sorgeva luminoso da Oriente.
La luce del giorno nascente si posava sulle sagome dei monti addormentati lungo l'orizzonte che circondava Capomagnus, disegnando ogni loro forma. Le stelle pian piano andavano spegnendosi in un cielo che diveniva sempre più chiaro. Mion camminava verso l'ingresso della locanda, ma giuntovi continuò diritto. Raggiunse un albero e si appoggiò con la mano al suo tronco, fissando il nuovo Sole. In quel momento udì Morrigan che lo chiamava e si voltò verso la ragazza. |
Lei aveva ancora il respiro agitato dalla corsa e dall'emozione.
"Muoio se te vai..." ripetè più sommessamente, arrivandogli più vicina, ma mantenendosi ancora a pochi passi da lui. E vedendo che lui non rispondeva nulla, comprese che quella volta sarebbe toccata a lei la parte più dura... la parte in cui doveva ricacciare indietro l'orgoglio, far tacere la parte di lei che le diceva che era tuttavia nel giusto e imbavagliare, almeno momentaneamente, quel richiamo che le diceva di partire... la parte che io farò, perchè la controparte di tutte questo è ancora più grande e più preziosa... sì, quella cosa per me impossibile a credersi, io la farò! "Dovrei... procurarmi un vestito... be', non ha molta importanza il taglio, ma vedi, io ho solo calzoni e giustacuore... e mi servirebbe un vestito, Mion, per poterlo indossare oggi... mi accompagneresti a cercarlo?" |
Mion si avvicinò senza dire nulla e la guardò negli occhi.
Lei stava ancora parlando, quando lui la baciò. Le sue mani svivolarono prima fra i lunghi capelli di lei, per poi accarezzarle il collo, le spalle e stringersi poi sui fianchi di lei. "Ti voglio..." le sussurrò mentre le sue labbra sfioravano il volto di lei. E cominciò a farle scivolare pian piano il giubbino sulla sua morbida pelle. |
Morrigan rise felice, deliziata da quel gioco. Tirò indietro la testa, lasciando ricadere i capelli sulle spalle e lo lasciò fare.
"Vi avevo chiesto di trovarmi un vestito, mio signore," scherzò con voce gaia "non di togliermi quello che ho indosso..." Poi, abbandonando il capo sulla sua spalla, con un gesto seducente che non credeva di aver mai conosciuto prima, continuò il suo scherzo sussurrandogli all'orecchio. "Che direbbe il prete, caro amore, se vi vedesse adesso?" |
"Direbbe..." disse Mion, mentre continuava a baciarla sul volto e sul collo "... quel che Dio ha unito... nessuno osi dividere..."
Le sfilò dolcemente la camicia e la guardò con passione. "Dio, come sei bella, amore mio..." E i due si adagiarono ai piedi dell'abero, con i loro corpi accarezzati dalla profumata erba del prato, resa fresca e morbida dalla rugiada del mattino. |
Quando l'ardore di Mion si fu quietato, Morrigan lasciò che egli riposasse con il capo sul suo petto. Con un movimento lenti e delicati, prese a passargli le dita tra i capelli. Poi, mentre erano persi nell'estasi di quell'abbandono, Morrigan socchiuse la labbra, pensierosa, e lo cullò piano con la sua voce.
"Tu sei prima di tutto. Sei il primo bacio del mattino e l'ultimo della sera, e niente potrà mai levarti questo primato. Resto, e resto per te. Non sai quale prezzo io stia pagando per questo, e non importa in realtà che tu lo sappia, perchè, amore, ti giuro... questo prezzo io lo pago volentieri! Oggi legheremo le nostre vite in un voto che non scioglieremo mai... però, caro, promettimi soltanto una cosa, se puoi... se Elisabeth dovesse un giorno chiamarmi di nuovo e chiedere il mio aiuto, consentimi di partire, ti prego... e se questa mia richiesta ti addolora troppo, sii giusto, come sei sempre stato, e pensa a questo: lei è come una madre per me, e oggi non le verrà nemmeno riservata la gioia di vedere la mia felicità con te promessa con questi solenni voti!" |
Mion restò in silenzio ad ascoltarla.
Le sue carezze, la sua voce, il sapore ed il contatto con la sua pelle, rapirono Mion in un'estasi senza fine. Alzò allora leggermente il capo dal suo petto e la fissò. "Se quella donna è come una madre per te" disse "allora attenderemo il suo ritorno per sposarci... cosi che possa vederti vestita da sposa nel giorno più bello... vuoi, amore mio?" |
E in mattinata, Cavaliere25 venne indirizzato dall'oste alla bottega del miglior orafo di Capomagnus.
"Andate in fondo alla strada" disse "e quando vi troverete davanti alla chiesa di San Michele prendete la stradina a destra del santo edificio. E seguite le indicazioni dell'oste, Cavaliere25 giunse davanti alla bottega dell'orafo. |
Morrigan, a quelle parole, chiuse gli occhi e sorrise felice.
"Forse adesso comprendi la mia urgenza di prima. Non era desiderio di lasciarti o dubbio, il mio... era un pensiero importante per me. Sono molto in debito con lei, e avrei voluto tanto che fosse presente in questo giorno. Ma non temere, non occorre che tu faccia questo per me. Io non voglio che tu rinunci ai tuoi sogni più belli, perchè, amore, sono anche i miei! Ci sposeremo subito, così come abbiamo deciso. Quando Elisabeth tornerà ci sposerà di nuovo, lei stessa, con la benedizione della Madre... metteremo un doppio nodo a questa passione, amor mio... e bada che così facendo, ti servirà ben più della tua bella lama spagnola per spezzarlo!" E rise di nuovo, stringendolo a sè in un caloroso abbraccio, caldo e luminoso come il mattino che li aspettava sulla soglia. |
Entrai nel negozio del orafo e mi avvicinai al bancone e dissi buongiorno signore avrei bisogno due fedi nuziali per due miei cari amici voi potreste aiutarmi? domandai sorridendo e mentre aspettavo una risposta mi guardai in torno al negozio.
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Io e Alvien tornammo nelle stanze a me assegnate: la dama mi lasciò entrare e poi si richiuse la porta alle spalle, io distrattamente mi sedetti su un’ampia poltrona dall’alto schienale, sospirai e poi, involontariamente, scoppiai in un’allegra risata… una risata cristallina che riempì in un istante tutto l’ambiente.
“Oh, Alvien…” dissi, non appena la risata si fu esaurita, notando il suo sguardo un po’ incerto ma che ostentava rimprovero “Alvien… non trovi divertente anche tu che il Visconte abbia trovato finalmente qualcuno che tratta lui con la stessa superiorità con cui lui tratta tutti gli altri?” Mi alzai di nuovo e mi avvicinai alla finestra… la città di Rouen doveva essere molto bella, la luce vibrava tra i tetti che vedevo lontani e piccoli, verdi colline chiudevano il paesaggio all’orizzonte… mi concentrai su quella vista cercando di coglierne i pur minimi dettagli, immaginando ciò che non riuscivo a scorgere… e ad un tratto l’immaginazione prese il sopravvento sulla realtà, così chiusi gli occhi e rammentai: una mattina come quella, eppure ormai tanto lontana che quasi la sentivo scivolare via, una collina come quella, verdeggiante, il vento che portava con sé il profumo dei fiori e di non sapevo cos’altro… Sorrisi. Immaginai che Guisgard fosse di nuovo su quella collina in quel momento, immaginai che stesse di nuovo respirando il vento e mi chiesi a cosa stesse pensando… mi chiesi se… Riaprii gli occhi, quasi temessi che i miei pensieri potessero essere uditi… “Basta!” rimproverai me stessa “Basta con i sogni inutili!” |
L'orafo ascoltò la richiesta di Cavaliere25.
"Ah, bene mio giovane amico!" Disse l'orafo. "Ho qui dei bellissimi anelli... ecco..." mostrò uno scrigno colmo di preziosissimi anelli "... scegliete quello che più vi aggrada... questo per esempio, si narra sia appartenuto alla mitica Elena di Troia... sembra doni la bellezza eterna... e questo poi, qualcuno giura sia stato donato dal nobile Sigfrido alla sua bella Crimilde... ma se poi, amico mio, mirate ad offrire un anello unico al mondo... allora vi offro questo che sembra sia stato offerto come pegno d'amore da sir Erec a sua moglie Enide! Ecco, mio giovane signore, scegliete pure con calma!" |
Guardai gli anelli con molta attenzione poi dissi scelgo il secondo signore a quanto ammonta la spesa? vi potrei lasciare un piccolo anticipo per iniziare a pagarli sempre sia possibile poi aspettai una sua risposta mentre guardavo gli anelli.
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"Ottima scelta, mio buon amico!" Esclamò l'orafo. "Allora, il prezzo è di 9 Taddei d'oro... ammetto che è un caro, ma, guardatelo, farebbe felice qualsiasi donna! Potete darmi un anticipo mentre io lo preparerò e luciderò per voi. E quando verrete a prenderlo mi darete il resto."
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va bene dissi allora misi una mano in tasca e tirai fuori un po di monete vi bastano per adesso? domandai gentilmente mentre aspettavo che mi lucidasse l'anello pensai chissà se saranno felici Morrigan e Mion del mio regalo e sorrisi.
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"Allora... fanno in tutto... 3/4 di Taddeo... un pochino come anticipo, ma mi sembrate un bravo ragazzo e accetterò quanto mi offrite. Il resto lo porterete nel pomeriggio quando sarà pronto l'anello."
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va bene dissi guardai l'orafo e dissi grazie e arrivederci vedrò di procurarmi il denaro restante al piu presto detto questo presi e usci dal negozio e mi riavviai verso la locanda dagli altri.
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Mion sorrise e le sfiorò i capelli con un bacio.
"Una volta un grande samurai disse che la spada è mossa dal cuore e non dalla mano del guerrieo...ed il mio cuore l'ho donato a te... quindi la mia spada non potrà mai dividerti da me..." La baciò con passione e la strinse in un caldo abbraccio. "Decidi tu, vita mia..." aggiunse "... sappi solo che ora o fra mille anni io ti sposerie sempre... davanti a Dio, agli uomini ed a tutto il creato..." |
A Rouen, intanto, Talia era assorta in lontani ricordi.
Com'era lontano l'incanto di Capomagnus. Quando si è lontani da chi si ha nel cuore si è preda di mile pensieri. A chi ama basta un niente per sognare, ma altrettanto poco basta per avvilirsi. Ad un tratto, Talia fu distratta da alcune voci sotto la finestra della sua stanza. Provenivano dal cortile, dove due servi del duca parlavano fra loro. "Il duca sembra restio nel concedere fiducia al visconte dati i suoi trascorsi e vista la sua amicizia col signore di Borgogna, nemico del re." Disse uno dei due. "E ha ragione!" Rispose l'altro. "Fossi in lui farei imprigionare il visconte e tutto il suo seguito!" "Vedrai che il duca farà la cosa giusta!" Annuiì il primo servitore. |
Empi......un conforto grande in quel momento, parlare con lei era come tornare tra le creature del mio mondo.....e io avevo bisogno di ricaricare la mia energia.......la visione di Empi e la carezza sul mio volto.....mi fecero vedere una ragazza bellissima....aveva lunghi capelli...un corpo armonioso ..ma il suo volto era triste e i suoi occhi non avevano alcuna luce....un nome mi venne alla mente......Talia..il suo nome era scritto sul libro del destino.....era lei che dovevo raggiungere....allungai la mano per sentire la forza della fata ancora una volta......ma il verde intenso..piano piano inizio' a sparire lasciando di lei il profumo della lavanda infiore.......La voce di un uomo mi scosse..era fredda e smbrava colma di disgusto......lo ascoltai....essendo ancora seduta..raccolsi un po' di terra con la mano e la baciai tre volte...e la misi in tasca.....grazie Empi........" Sono una zingara mio signore.........leggere la mano.....il destino di ogni uomo per me non ha segreti....se il vostro signore paga bene....posso anche seguirvi......e se volete a voi la mano..la leggero' senza pagare...".....Mi alzai da terra...e con la mano mi sistemai il vestito cencioso che avevo........ Morrigan......per ogni donna il matrimonio e' un giorno che non ha eguali.......sappi che andro' al palazzo del Signore di Normandia.....desidero che tu sappia che faro' ritorno......perche' possa consacrare le tue nozze con rito celtico....Madre non potrebbe mai permettere ad una delle sue figlie di non avere la sua benedizione..............tutto andra' bene......e ricorda.....una madre non abbandonera' mai nessuna delle sue figlie...............Cosi' attesi di essere condotta a palazzo......
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Restavano lì, abbracciati, quasi non avessero voglia di far davvero iniziare quel giorno, pur carico di tante profumate promesse.
Morrigan giocava con i capelli di Mion, restando con gli occhi socchiusi, infliggendogli mille piccoli dispetti con le dita. "Adesso sono io la tua spada", rise "da cingere al fianco e portare sempre con te!" Sembrò riflettere un istante sulle ultime parole di lui, poi proseguì. "I nostri mondi separati possono essere uniti in uno... celebreremo oggi i riti secondo il tuo culto, ma sarai di nuovo mio nei boschi, incoronati dalla luce della Dea... ricordi? E' qualcosa che già conosci, in fondo... sentire le voci vive della foresta, i sospiri del verde, l'odore del timo e della bacca selvatica... sentire il benigno silenzio delle stelle, al mio fianco" Gli sollevò la testa, rimase a fissarlo, perdendosi nei suoi occhi, e prese a cantargli di leggende e immagini care alla sua memoria. "Così vorrei il mio amato..." prese a recitare, mentre passava le dita dai capelli al viso, dipingendolo con quelle parole "i capelli come l'ala del corvo, le gote color del sangue e la pelle candida come la neve" Rise, gli prese infine il volto tra le mani. "Noi possediamo tutto il mondo, adesso... possediamo il tempo e i giorni... è tutto nostro, tutto ci appartiene... si aprono le porte dell'alba, possiamo andare ovunque ed essere qualsiasi cosa, perchè la nostra forza sarà nell'essere insieme... io la tua spada, tu il mio scudo... come le armi di un cavaliere invincibile! Ed ecco, amore, ciò che faremo: ci sposeremo oggi, prima del tramonto, e questa sera ci sarà festa alla locanda per noi e per i nostri amici... birra e vino, e musica e canti... passeremo insieme la nostra prima notte da sposi, e restemo abbracciati fino al mattino... poi domani, saremo liberi di partire ed iniziare il nostro viaggio! Già, tutto il nostro amore è stato legato ad un viaggio, sognato ed accarezzato! Ma adesso che, come tu stesso hai detto, tutto è finito, saremo liberi di sellare i cavalli e partire... e potremmo andare a Nord, per esempio... andare in Normandia!" |
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