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“Beh, se io posso fidarmi di voi…” disse Guisgard a Melisendra “… potete benissimo fare altrettanto con me, milady.” Sorrise di nuovo, con fare irriverente. “Dopotutto, i nostri precedenti incontri dovrebbero scoraggiare me, più che voi, non trovate?”
Lucidò la sua spada con un lembo del suo mantello, per rendere più credibile il suo stratagemma, qualora fosse riuscito a convincere la ragazza a seguire il suo piano. “Il mio nome poi lo conoscete, no?” Aggiunse ironicamente. “O forse, per soddisfare le regole della cavalleria e della cortesia, volete che mi presenti come si conviene davanti ad una dama? Dite che dovrei?” Sorrise e mostrò un vistoso inchino. “Il mio nome è sir Guisgard, mia signora! Cavaliere errante, senza titoli, senza terre e, in questo momento, senza più neanche una spada! Sono vostro campione, nella ragione e nel torto, in qualsiasi contesa e a costo della vita! Per servirvi!” La fissò e le fece l’occhiolino. “E quanto allo scopo che mi ha condotto in questa nobile terra, mia bella compagna di avventure, sappiate che, ahimé, non è più nobile della mia già abbondantemente umile condizione…” continuò “… come ricorderete fu la perdita del mio cavallo a spingermi in questo venerabile luogo… spiacente dunque di non potervi offrire un qualche segreto, romantico ed avventuroso, per giustificare la mia presenza in questo ducato.” Indicò la sua spada. “Ora sono riuscito a guadagnarmi la vostra fiducia, milady? Darete credito al mio piano? E, vi prego, non continuate a fissarmi in quel modo…” fece ironicamente “… altrimenti finirete col turbarmi ed io non voglio che audaci pensieri attraversino il mio cuore mentre siamo in questo santo luogo.” Sospirò, per poi ridere di gusto. “Allora, siamo soci? Divideremo in parti uguali i rischi di questa storia?” Domandò. “E, credetemi, non aspiro ad essere il vostro nuovo padrone. Anche perché, da quel che vedo, difficilmente un uomo riuscirebbe a domarvi, mia signora!” Mentre quel suo solito sorriso guascone attraversò il suo volto. |
Tamburellai con la punta delle dita sulla panca e accennai a un sorriso. Ma quando parlai gli chiesi: "Cortesia... cavalleria... a quanto pare lasciarmi in mezzo a una palude e trascinarmi via da quell'altare rientra in quella concezione. Non l'avrei mai detto!"
Lo soppesai con lo sguardo e valutai le sue parole. "E sia... ma mi state nascondendo qualcosa." Cincischiai con il mio scialle e finalmente glielo porsi. "Tenete. Impacchettatela a dovere. Dopo che l'avrò consegnata penseremo a Parusia. Mi incuriosisce..." Avevo percepito qualcosa, mentre sfioravo la spada con le dita. Mi avvicinai all'altare, indecisa se toccarla di nuovo. Poteva farmi del male? Per quella ragione mi aveva mandata a prenderla al suo posto? Esaminai la lavorazione dell'elsa e il riflesso della lama, senza toccarla. Provai a prenderla avvolgendola nel velo, ma quella sensazione tornò, indescrivibile, quindi allontanai la mano. |
Rimasi in silenzio per qualche momento, osservando la donna di fronte a me...
“Voi non mi incantate, mia signora!” dissi poi in tono mite, quasi stessi conversando del più e del meno “Le vostre parole sono fredde, disincantate... la vostra voce è dura e severa... ma i vostri occhi no! Essi tradiscono dolore, rimpianto e lontani pensieri...” Lentamente mi alzai da tavola, dove comunque non avevo assolutamente toccato cibo, e mi avvicinai alla finestra, con passo lieve, quasi passeggiassi... Per qualche momento rimasi ferma, fissando il verziere. Una lancia scintillò oltre la vegetazione e quel lampo, che mi parve quanto mai minaccioso, colpì i miei occhi, costringendomi a socchiuderli. “Io non so quale sia la vostra storia, non so cosa vi abbia ferita a tal punto... e probabilmente a voi non interessa né la mia comprensione, né tantomeno il mio sostegno...” voltai quindi le spalle al vetro e tornai a guardarla “Ma vi ripeto quanto vi ho già detto: attenderò Icarius! Lo attenderò anche fino al giorno del Giudizio Universale, se sarà necessario! E non posso, purtroppo, far niente per liberare il mio cuore da questa attesa, poiché quel cuore non è con me adesso ma con lui. E’ lui che lo ha conquistato ed è a lui appartiene!” Sorrisi leggermente, quasi divertita, e soggiunsi: “Mercanteggerò, milady! Potete star certa di questo! Ma non ora e non per le mie pene... mercanteggerò quando sarà il momento e lo farò per il bene di mio marito!” Probabilmente non c’era più molto da dire... sospirai, ostentando serenità e quiete, e tornai ad osservare il giardino, oltre la finestra. |
Guardai Finiwell e gli corsi in alito e dissi come stai amico mio domandai tutto preoccupato dobbiamo andarcene di qui non ce la faremo siamo solo tre contro chissà quanti
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Osservai Nishuru mentre, avvicinandosi ad Icarius, gli parlava, mettendogli ancora più ansia.
Lho era sempre più preoccupato e nervoso. Poi Nishuru tornò vicino a me e Luna e un innaturale silenzio scese nella cattedrale. Non sapevo cosa fare. Mi guardai intorno, gli occhi di tutti i presenti erano puntati su di noi. Mi sentivo osservata ed in pericolo. La mia mano scivolò istintivamente sul pugnale dall'impugnatura lavorata a mano; sentii la sua lama affilata sfiorarmi la mia pelle delicata. Un terribile ricordo, si fece breccia dentro di me. Il cielo era limpido, sereno. L'albero su cui mi ero arrampicata era molto alto e dalla sua cima potevo vedere tutto il villaggio. Dalle capanne si alzava pigro del fumo, che andava a scurire la meravigliosa luce emanata dal globo luminoso che dominava il mondo dal cielo: esso viene chiamato Sole. Osservai il sole in tutta la sua magnificenza e lo immaginai come un re ingordo e avido, dalla pancia sempre piena di pietanze prelibate. Poi il vento scompigliò i miei lunghi capelli rossi e sentii una fredda lama posarsi sul mio collo. Era la stessa sensazione che stavo provando in quel momento, quando ero in equilibrio sulla cima di quell'immenso albero, pronta a scattare al minimo cenno di pericolo. Non avevo sentito nessuno arrampicarsi e non ero riuscita a proteggermi. Poi improvvisamente sentii l'uomo urlare e dimenarsi, cercando di liberarsi da chissà cosa. Mi girai e vidi due corpi cadere nel vuoto. Scesi di corsa dall'albero e ispezionai i due corpi. Lanciai un urlo d'orrore e mi gettai vicino al mio caro compagno, ormai in fin di vita. "Hai visto, Verdammt? Ti ho protetta. Ora, spero di essermi guadagnato la tua fiducia...Dimmi, come ti chiami in realtà? Tanto non credo di poterlo rivelare a qualcuno" mi chiese Ksajel, tossendo. "Sayla...Il mio nome è Sayla." gli risposi io piangendo silenziosamente. Quella volta non ero riuscita a proteggere chi amavo, ma non sarebbe successo ancora. Mi portai davanti ad Icarius e feci segno a Luna, Nishuru e Lho di circondarlo; poi gli parla. "Forza, Nobile Taddei, scegliete una dama con il cuore, senza crucciarvi. Nessuno farà voi del male. Io vi proteggerò... Noi vi proteggeremo!" e dicendo ciò sfilai il pugnale dalla cintura. |
Mi spaventai vedendo quel luogo, mi aggrappai con tutte le forze (e con entrambe le mani) al braccio di Pasuan. Era un luogo terrificante, sembrava essere stato creato per terrorizzare quanti l'avessero visto. Mi avvicinai a Pasuan "Caro, è un luogo bruttissimo non ho difficoltà a supporre che dovrebbe anche essere stragato" nessuno parlò. Mi rivolsi alla ragazza
"Amelya, non dovremo entrare lì dentro vero? Ma soprattutto, ditemi come mai i vostri fratelli hanno portato proprio qui il vostro innamorato, non possedete delle segrete nel vostro castello? Perchè riscoprire un posto tanto terrificante? E poi, come mai i vostri fratelli sono tanto ostili verso questa unione?" domandai. Mi guardai intorno con circospezione, mi ero appiccicata a Pasuan quasi come se volessi proteggermi anche solo dall'aria gelida che usciva dall'entrata di quel posto. C'era uno strano odore di macabro e di morte. |
“Ah, milady!” Disse Guisgard avvolgendo la sua spada nello scialle di Melisendra. “Io vi avrei abbandonata nella brughiera?” Sorrise come suo solito. “Veramente, tecnicamente parlando, sono solo fuggito via prima di essere consegnato, da voi, a quel fanatico cavaliere!”
Strinse bene lo scialle attorno alla spada. “Sapete, la vita mi ha dato molte lezioni” aggiunse “ed una di queste mi ha insegnato che non bisogna mai immischiarsi tra una donna ed il suo amato. Ma non temete…” aggiunse “… non vi porto rancore. Quella scelta per voi era scontata. Del resto io sono solo un estraneo, mentre lui… beh, lui è il padre di vostro figlio. Ecco, il pacco per il nostro amico è pronto.” Le consegnò la spada avvolta nello scialle. “Ricordate…” si raccomandò “… è ancora giorno e le strade sono ancora frequentate… lui prenderà il pacco ed andrà via… consegnata la spada ci ritroveremo alla locanda…” |
Icarius fissò teneramente Sayla e le accarezzò i capelli.
“Compagna di viaggio migliore” disse “non avrei potuto avere…” sorrise malinconicamente “… ora è tempo che compia la mia scelta… non so cosa accadrà… se sbaglierò molto probabilmente mi ritroverò addosso tutti questi cavalieri e non avrei alcuna possibilità di uscirne vivo… ascoltami, Sayla…” fissandola negli occhi “… se io dovessi morire in questo luogo, molto probabilmente quell’oscura maledizione che ci perseguita si estinguerebbe… ed a quel punto io voglio che tu e Lho continuiate a cercare Talia, per liberarla e riportarla a Sygma, dove sarà al sicuro e dove potrà…” esitò per un istante “… ricominciare una nuova vita… a Capomazda vi è un giovane di Sygma… Matthias è il suo nome… so per certo che ama anch’egli Talia… affiderai a lui Talia una volta che l’avrai ritrovata… questo ti chiedo, Sayla… solo questo…” la baciò teneramente sulla fronte e si avviò verso l’abside per compiere la sua scelta. |
Si narra che gli spiriti del male frequentino luoghi spettrali ed orridi, maledicendoli con la loro sola presenza.
Molti sono i luoghi maledetti in cui si riuniscono le potenze oscure. Ma ai tre ragazzi quella tomba apparve come il più malefico e terribile di tutti. Abbandonata sotto un pendio, quella tomba emergeva a fatica nella selvaggia vegetazione, tra alberi secolari che congiungevano, come in un diabolico sabba, i loro rami quasi a voler imprigionare in quel demoniaco scenario quella dimenticata costruzione. “I miei fratelli” disse Amelya fissando Dafne “hanno rinchiuso qui il mio Ludovici perché questa tomba è inaccessibile. Come una spaventosa prigione, in essa sono racchiuse orride storie di morte e di spaventosa malvagità.” Fissò quasi disperata i suoi due compagni di viaggio. “I miei fratelli odiano Ludovici perché è povero. Loro vogliono che io sposi un vecchio barone, ricco e potente. Ma io preferirei la morte!” “Già, la morte…” intervenne Pasuan “… è sembra attenderci proprio lì dentro… entriamo ora e non indugiamo oltre… Dafne…” rivolgendosi alla sua amata “… conosci il mito di Euridice? Tu devi fare come lei. Quando entreremo in quella tomba tu dovrai cominciare a parlarmi. Parlarmi continuamente. Non importa di cosa, l’importante è che io senta la tua bella voce. Parla del tuo colore preferito, di ciò che desideri per il tuo compleanno o per Natale. Parlami della piccola casetta in periferia di cui mi accennavi stamattina… parlami dei tuoi sogni. Di tutti i tuoi sogni. Parlami senza sosta, Dafne.” Ribadì. “Parlami e tieniti stretta a me. Non lasciare mai il mio braccio.” Fece poi cenno ad Amelya ed i tre entrarono nella tomba. |
"Quelle sono sottiliezze.. per quello che mi è valso andare all'accampamento avrei fatto meglio a rimanere nella palude."
Osservai di nuovo la spada. "Come si suppone che io debba afferrarla se non riesco nemmeno a toccarla?" Provai nuovamente. "E' come se non volesse essere presa." Provai di nuovo e la afferrai, ma mi scottò la mano. Urlai per la sorpresa e mi osservai il palmo. Nessuna scottatura. "Divertente..." Le rivolsi un'occhiata malevola. "Oggi non è decisamente la mia giornata." Presi l'involto con la spada e mi risistemai il velo sul capo. "Torno a palazzo... potete seguirmi. Se riuscite a prendere quella spada, portatela con voi, poi le daremo un'occhiata..." Riflettei un attimo. "E poi ho fame! Ci vediamo alla taverna!" Aprii la porta e uscii per strada. Camminai attardandomi, di tanto in tanto. |
“Si, sono d’accordo, milady!” Disse divertito Guisgard, mentre Melisendra si avviava verso l’uscita della cappella. “Dovevate restare in quella palude. C’era una Luna incantata ed il firmamento era costellato da luminose stelle. Ed io avrei fatto faville!” E rise di gusto.
Uscita, la bella incantatrice si ritrovò in una strada con ancora diverse persone ad attraversarla. L’oscura figura, però, sembrava essere stata inghiottita dal crepuscolo che pian piano si faceva strada nell’imbrunire. Ad un tratto le si avvicinò un mendicante. Aveva un aspetto deforme ed emanava un odore rivoltante. “Fate la carità ad un povero figlio della miseria, bella signora…” mormorò “… siate generosa al pari della vostra bellezza, milady… chiedo poco… una moneta o anche un pezzo di pane… una spilla, un monile o una spada per il mio padrone…” disse fissandola con un enigmatico sguardo “… una bella spada per il mio buon padrone e vedrete che la sorte vi ricompenserà… a voi ed al vostro bel bambino…” aggiunse con un ghigno. |
Non appena quella patetica figura si avvicinò a me e pronunciò quelle parole, un moto di rabbia impotente mi fece fiammeggiare gli occhi, ma mi trattenni.
Feci scivolare il pacchetto tra le sue mani ruvide e nodose. "Digli che questo è il mio regalo di addio... ci rivedremo all'Inferno, qualora l'Inferno esista." Mi allontanai bruscamente, scomparendo tra le stradine piene di gente. Mi domandai se avrebbe mantenuto la parola. La sua parola, però, sapevo bene quanto poco valesse. Entrai nella taverna e mi sedetti in un angolo. Ero preoccupata. Non avrei mai saputo proteggere Uriel da lui. Era ancora troppo forte. Forse avrei dovuto mandarlo più a nord, magari in un convento. Quel pensiero svanì subito, appena mi resi conto della sua assurdità. Non potevo fare una cosa del genere. Sarebbe stato crudele. Feci un cenno a una ragazza che si aggirava per la taverna, servendo boccali e piatti di carne fumante. Le chiesi di portarmi lo stufato. Un profumo delizioso riempiva la sala, insieme all'odore delle erbe profumate appese alle travi. Mi massaggiai le tempie e esalai un profondo sospiro. |
"Lo conosco il mito di Euridice, me lo insegnò mio padre. Farò come mi dici ma lascia che vada io davanti, potrò vedere se ci sono degli ostacoli ed eventualmente potrei aggirarli. Tu non potresti accorgertene, caro" mi avvicinai al viso di Pasuan, lo accaezzai e lo baciai sulla bocca, un bacio casto per non avvilire troppo Amelya.
Mi voltai poi verso la ragazza "Avremo bisogno di una torcia, sapete dove trovarla?". Guardai l'entrata della tomba, mi vennero i brividi ma mi feci coraggio "Forza andiamo! Troviamo Ludovici e leviamoci il pensiero! Sapete cosa vi dico Amelya? Noi avremo bisogno di un aiuto, stiamo pensando di ricostruire una casetta per andarci a vivere, il vostro amato potrebbe lavorare per noi e guadagnare qualcosa. Così potrete sposarvi..." cercavo di pensare a cose positive per respngere il senso di vomito che mi assalì una volta entrati nella tomba. C'era un olezzo terribile di chiuso, muffa e non so che altro, feci come mi aveva detto Pasuan, strinsi la sua mano ed iniziai a parlargli "Pasuan, sono sicura che il piccolo Hubert crescerebbe felice in quella casetta, mi piacerebbe riempirla di fiori, anche d'inverno! Poi vorrei che fosse tanto luminosa, e mi piacerebbe che fosse accogliente. Per aiutare con le spese potrei lavorare come sarta per le signore del nostro borgo e di quelli vicini, sono molto brava con ago e filo, lo sai vero? E potrei anche dare delle lezioni ai bambini, potrei insegnare loro a leggere e a scrivere in cambio non di denaro, non ce ne serve! Lo farei facendomi pagare con i frutti della terra: grano per fare il pane, ortaggi, qualche cacciagione, uova. Anche se le galline potremmo tenerle anche noi, di quello potresti occupartene tu.... anzi, perchè non pensi a mettere su una scuola di cavalleria lì alla casetta? Avresti tanto da insegnare ai giovani e, se trovi qualche cadetto di buona famiglia, potresti anche guadagnare qualcosina!" mi fermai un momento per riprendere fiato, ma mi venne nuovamente un capogiro quando mi resi conto del luogo nel quale eravamo. Decisi quindi di continuare "E poi, una volta sistemati potremmo mettere in cantiere un fratellino per Hubert, che ne dici? Te la senti? Non necessariamente vorrei che fosse un maschio, sarebbe bellissimo avere anche una femmina! Ne voglio tanti di bambini, almeno quattro, anche cinque se vengono... però non lamentarti se poi divento un po' cicciotta! E poi vorrei avere un ca...." Non potei finire la frase, sentii un boato. Soffocai un urlo in gola e di scatto mi voltai verso Pasuan rifugiandomi tra le sue braccia "Che cos'è stato? Pasuan..." |
“Oh, si, mia signora…” disse l’orrendo mendicante appena Melisendra gli passò lo scialle nel quale era avvolta la spada “… credetemi, l’Inferno esiste…” ed una grottesca risata avvolse poi la sua voce mentre si allontanava nel buio della sera.
Melisendra allora raggiunse la taverna. Si sedette ad uno dei tavoli ed ordinò uno stufato. La taverna era colma di gente ed ovunque era possibile vedere cavalieri, soldati di ventura e semplici avventurieri impegnati al gioco, o in compagnia di avvenenti donne. Erano in attesa di ordini, visto che ormai le voci dell’assedio si erano ampiamente diffuse in tutta la cittadella e cercavano di allentare la tensione proprio negli svaghi che offriva quel luogo. “Stasera deve essere la mia serata fortunata, a quanto pare!” Esclamò all’improvviso uno di quegli uomini avvicinandosi al tavolo di Melisendra. “Mi sono sempre chiesto che volto avesse la Dea Bendata ed ora finalmente lo so! Stasera, milady, ho capito che sareste stata voi la mia fortuna! Sapete, io sono di quegli uomini che non attendono la buona sorte, ma vanno invece a cercarla!” Rise compiaciuto. “Madonna Fortuna è una donna e come tale va conquistata! Permettete che mi presenti, milady… sono Gerom de Gayardeff! Ragazza!” Chiamando poi la fanciulla che serviva ai tavoli. “Portaci del vino! Di quello buono! Stasera bisogna brindare alla mia fortuna!” http://images.hitfix.com/photos/6796...story_main.jpg |
Ero talmente assorta nei miei pensieri che non avevo fatto caso a quell'uomo, se non quando non aveva interrotto le mie meditazioni.
Intorno l'aria era piena di chiacchiere e risate. Sembrava quasi che non dovesse esserci nessuna guerra. In realtà cercavano distrazione nel vino, nel gioco e nelle veneri. Non mi mostrai particolarmente interessata, anzi, degnai quell'uomo di un rapido sguardo appena. "Gerom, vi consiglio di cercare la vostra fortuna altrove... troverete a un altro tavolo una compagnia più adeguata. Non sono in animo di brindisi e risate, perciò vi inviterei a lasciarmi sola." Detto ciò lo guardai aspettando che se ne andasse. Lanciai un'occhiata alla porta della taverna. |
“Sono sincero, mia signora…” disse Gerom “… anche a me comincia a dar fastidio questo posto. Il frastuono, le risate e le imprecazioni di chi perde al gioco mi danno sui nervi! Perché non lasciamo questo posto e raggiungiamo l’altra parte della cittadella? Conosco un luogo che sembra fatto apposta per far sospirare i cuori degli innamorati. E voi, milady, siete troppo bella per restare qui tutta sola. Io dico che…”
“Ehi, voi, vi spiace cedermi il posto?” Chiese all’improvviso qualcuno interrompendo Gerom. “E perché mai dovrei?” Domandò questi. “Ci sono altri tavoli liberi! Dunque sceglietene uno e lasciateci in pace!” “E’ qui che voglio sedere, amico.” Replicò Guisgard. “Quindi alzatevi e lasciatemi il posto.” “Davvero? E perché?” “Perché voglio sedere accanto a mia moglie.” Rispose seccato Guisgard. “Quindi alzatevi e toglietevi di torno.” “Ah…” mormorò stupito Gerom “… ecco, io… non potevo immaginare che… si, chiedo scusa… non sapevo… i miei omaggi, milady.” Salutando Melisendra ed alzandosi. “Vi chiedo ancora scusa, messere.” E si allontanò. “Chissà perché, tipi del genere non mancano mai.” Disse Guisgard sedendosi. “Questo stufato sembra squisito. Ragazza, ne porti un pò anche a me?” “Si, messere.” Rispose la fanciulla che serviva ai tavoli. “Com’è andata?” Chiese poi a Melisendra. “Avete consegnato la spada?” |
Ero ben lieta del suo tempismo. Lo osservai sedersi e ordinare.
"Moglie? Carino... almeno non è peste. Forse inizio addirittura a starvi più in simpatia che durante il nostro breve viaggio nella brughiera. Voi state guadagnando punti." Gli sorrisi, per una volta senza ironia. "Non l'ho consegnata a lui, ma uno dei suoi servi... un orrendo mendicante che mi ha fermata lungo la strada." Infilzai un pezzetto del mio stufato. "Peccato... non mi sarebbe dispiaciuto mandarlo al diavolo di persona..." Assaporai il sapore della carne. Deliziosa. Ero parecchio affamata. Stavo usando i miei poteri più del solito e ciò mi metteva appetito. "Avete preso la spada?" mi sporsi verso di lui. |
“Mia moglie, già.” Disse sorseggiando del vino. “Perdonatemi, ma non sono riuscito a trovare di meglio. La voce di quel tipo mi irritava ed avrei detto qualsiasi cosa per togliermelo di mezzo.” La fissò ed accennò un sorriso. “Davvero guadagno punti? Ah, bene, allora vuol dire che non rischierò più di farmi prendere a colpi di pigne!”
Assaggiò un pò di quello stufato. “Era ovvio che mandasse qualcuno a prendere la spada…” mormorò “… non poteva rischiare di essere visto… meglio così. Questo ci ha dato un certo vantaggio. La spada? Certo che l’ho presa. Ora è in un luogo sicuro." |
Inzuppai il pane nel mio piatto e a quelle parole sollevai lo sguardo.
"Come? Ma vi avevo detto che avrei voluto esaminarla!" Bevvi un sorso di sidro di mele. Per un attimo la diffidenza prese di nuovo il sopravvento: che ne sapevo io di quell'uomo. Fidarsi di qualcuno era mai stata una buona idea? "Immagino non mi direte dove l'avete nascosta... e questo ci rimette in disaccordo, caro il mio maritino." Appoggiai il bicchiere e lo guardai mentre la ragazza gli serviva il suo piatto. Non mi ingannava quell'aria leggera... era a Capomazda per un motivo e prima o poi lo avrei scoperto. "Che fine a fatto l'onestà?" mi domandai tra me e me, prima di addentare un pezzetto di pane. |
“Siete sempre in malafede, milady!” Disse Guisgard scuotendo il capo. “Non sapete che fra marito e moglie non ci sono segreti?” Facendole l’occhiolino.
Intanto la ragazza gli serviva lo stufato. “L’hai preparato tu?” Le chiese Guisgard. “Si, messere.” Annuì la ragazza. “Con le mie manine!” “Ecco perché ha un sapore così dolce!” Esclamò lui. La ragazza sorrise ingenuamente. “Sapete, ho preparato anche una torta di mele ed una crostata alle fragole!” “Eh, adoro la crostata!” Sussurrò lui. “Ne porteresti un pò anche alla mia mogliettina?” Indicando con lo sguardo Melisendra. “Sai, è in collera con me ed io sto cercando di farla addolcire un pò.” “Si, vado a prenderne una fetta.” Tornò poi indietro. “E voi, messere? Non volete assaggiarla?” “Ovvio!” Sorridendo lui. “La spada, come detto è al sicuro, milady.” Disse a Melisendra appena la ragazza si allontanò. “E nessuno vi impedirà di analizzarla.” Sorridendo con quella sua solita irriverente espressione. |
Lo guardai con l'espressione di un gatto pigro e annoiato.
"Oh dei... e quello cos'era?" sollevai gli occhi al cielo e poi finii il mio stufato. "Non è sfiducia... è semplice circospezione. In fondo dubito che voi affidereste la vostra vita nelle mie mani, quindi non biasimatemi se cerco di stabilire se quello che sto calpestando sia un terreno privo di insidie." Posai il cucchiaio, soddisfatta della cena. "Sarò una brava mogliettina, ma vorrei sapere dove si trova la spada, prima di abbassare le armi e diventare collaborativa..." Mi versai ancora abbondante sidro. "Ah, niente dolce. Sono carnivora." |
Fermò la sua mano e le versò lui il sidro nella coppa.
“Lo credete davvero? Eppure lo sto facendo, milady.” Disse lui. “Sto affidando la mia vita nelle vostre mani, stando qui con voi ora. Nelle mani di una donna che ha cercato e che forse cercherà ancora di consegnarmi nelle mani di un cavaliere che si è proclamato mio carnefice.” La fissò. “Smettetela di stare in guardia ed abbassate, almeno per una volta, le difese.” Continuò. “I vostri nemici sono altri, non io. Quanto alla spada… essa è in un posto sicuro, che possiamo visitare in qualsiasi momento. Anche se forse non è proprio adatto ad una signora…” In quel momento arrivò la ragazza con le due fette di crostata. “Assaggiatene un pezzetto…” disse Guisgard a Melisendra “… forse davvero vi addolcirà un pochino… come le albicocche dell’altra sera nel giardino… immagino abbiate un meraviglioso sorriso ed è un peccato tenerlo nascosto così a lungo…” aggiunse per poi assaggiare un pò di quella crostata. |
Rimasi in silenzio.
Forse aveva ragione. Abbassare le difese per una volta non mi avrebbe fatto male. Chinai il capo per un attimo. Cos'era quell'atteggiamento? Soprattutto rivolto a qualcuno che non mi aveva fatto niente. Respirai profondamente. "Ecco... appunto... non desidero avere la vita di nessuno tra le mie mani... ho già la mia e quella di Uriel. E io di mani ne ho solo due." Bevvi un sorso e guardai la crostata. "Sono abituata a pensare solo a me stessa da così tanto tempo che vi ho trattato ingiustamente", ammisi. Quindi assaggiai la torta. "E' davvero gradevole..." Sorrisi. "Come le albicocche." |
“Già” disse sorridendo Guisgard “e non a caso fragole ed albicocche sono i miei gusti preferiti per la crostata di frutta.”
Restò a fissarla. “Mi chiedevo…” mormorò “… come avete potuto innamorarvi di quell’uomo… al punto di dargli un figlio? Un uomo che non prova scrupoli nel minacciare il sangue del suo sangue…” esitò “… perdonatemi, sono uno sciocco… vi giuro che non toccherò più quest’argomento… vi chiedo di scusarmi…” Sorrise come a voler scacciare quella strana sensazione che sentiva dentro di sé. “Comunque avevo ragione…” disse “… avete un bellissimo sorriso… anche se è tutto merito della crostata, lo so.” Aggiunse divertito. |
"Non vi dispiacete... è una domanda che mi sono posta anch'io." Mi sistemai una ciocca di capelli scivolata davanti al viso e continuai. "All'epoca non era così implacabile... e io commisi l'errore di intravedere qualcosa. Quando lo conobbi fu per ucciderlo, per conto del mio signore."
Posai il pezzo di crostata. "Forse è stata la speranza che un giorno qualcuno avrebbe fatto lo stesso per me... voglio dire... intravedere la mia umanità dopo una vita come quella. Sapevo che c'era del buono in lui. Per un po' andò tutto bene." Bevvi nervosamente un sorso di sidro. Guardai il vuoto, pensierosa e persa in quei ricordi che sembravano quelli di un'altra persona o di un'altra vita. "Ora penso che sia stata solo un'illusione. Quella persona che ricordavo non esiste e forse non è mai esistita. Era solo il mio desiderio di sfuggire alla mia gabbia. Quando si pensa di essere felici, tutte le catene sembrano più leggere... ma sempre di catene si tratta." Addentai l'ultimo pezzetto di torta. "Avevate ragione a insistere... aveva un sapore di casa e bei pomeriggi di sole." Sorrisi. |
Guisgard ascoltò il racconto di Melisendra, senza fare altre domande.
“Si…” disse “… l’uomo ricerca l’amore e la felicità che ne deriva da esso… ma spesso questa ricerca diventa solo una lunga ossessione… per poi ritrovarsi solo con un pugno d’illusioni…” Un lampo di malinconia attraversò in quel momento il suo sguardo. Nella taverna tutto era immutato. Tutti parlavano ad alta voce, ridevano, cantavano, amoreggiavano o giocavano. “Perché vi interessa tanto la spada dei Taddei?” Chiese all’improvviso. “Avete detto di volerla vedere, analizzare… perché?” |
Ero ben felice di cambiare argomento, quindi risposi al volo.
"Perchè se la vuole lui... allora deve avere certamente qualche dote incredibile! O almeno vantaggiosa per chi la possiede. Inoltre, non so se lo avete notato nella cappella, ma non riuscivo a toccarla... più che sufficiente a stuzzicare la mia curiosità!" Lo osservai con un placido sorriso a fior di labbra. "E voi? Cosa facevate in quella cappella? Eravate lì per cercare Parusia?" |
Quel luogo era appestato da un fetido di morte.
L’odore di ossa, di corpi decomposti sembrava salire dalle profondità della terra ed affliggere ogni angolo di quella tomba. Era come scendere nei meandri dell’Ade. E proprio come Orfeo ed Euridice, Pasuan e Dafne sfidavano lo spettrale dominio della morte. La voce di lei guidava il cavaliere e gli infondeva coraggio. Le loro mani erano unite proprio come quelle del mitico cantore e di sua moglie. Quelle mani erano un legame forte, capace di intimorire anche le forze del male che sembravano aver scelto quella tomba come loro naturale dimora. Come il leggendario filo di Arianna guidava Teseo nel terribile labirinto di Crosso, così Pasuan si affidava alla voce della sua amata, nell’attesa di sfidare la minaccia che sembrava attenderli nel ventre di quella tomba. Poi quel boato improvviso che sembrò squartare l’irreale silenzio di quel luogo. L’eco della calda voce di Dafne sembrava ancora vibrare fra quelle antiche murature, quando quel sordo boato raggelò il loro sangue. Pasuan strinse a sé Dafne e cercò con la voce la ragazza che li precedeva. “Questo boato…” disse “… cosa è stato?” “Non lo so…” mormorò spaventata Amelya. “Aiutatemi!” Gridò all’improvviso qualcuno. “Aiutatemi, non resisto più!” “E’ la voce di Ludovici!” Urlò Amelya. “E’ lui! E’ in pericolo!” “Ne siete certa?” Chiese Pasuan. “Si, la riconoscerei tra mille!” “Restate calma e non allontanatevi!” “No, non posso! Forse è in pericolo! Ludovici, arrivo da te!” E corse verso quella voce. “Fermatevi!” Gridò Pasuan. “Restate qui, può essere pericoloso!” Ma la ragazza svanì in quelle tenebre. “Accidenti!” Imprecò Pasuan. “Dafne…” disse poi estraendo la spada “… ora guidami nella direzione in cui è andata Amelya… mi raccomando, cammina lentamente e dimmi tutto ciò che vedi...” |
“Si, ho notato qualcosa quando eravamo nella cappella…” disse Guisgard “… eravate come inquieta… giravate attorno a quella spada con una strana espressione sul volto… un misto tra rabbia e curiosità… però attenta che la vostra curiosità non vi metta nei guai!” L’ammonì scherzosamente.
Sorseggiò ancora dalla sua coppa. “Cosa ci facevo nella cappella? Se vi dicessi che pregavo mi credereste?” Accennò una risata. “Beh, ad essere sinceri… e dobbiamo esserlo, da buoni coniugi…” facendole l’occhiolino “… ero lì proprio per vedere quella spada… Parusia…” sussurrò “… volevo sapere cosa si provava ad impugnarla… e toccare con mano quella leggendaria arma… vedete, sin da piccolo ho ascoltato storie su quella spada e sulle sue incredibili imprese… e nei sogni di un fanciullo che brama sopra ad ogni cosa diventare un cavaliere, la spada è sempre un qualcosa di speciale… e Parusia rappresentava, per quei miei sogni di allora, il più alto simbolo di cavalleria…” sorrise quasi a destarsi da quei ricordi “… e quindi non potevo resistere alla tentazione di vederla una volta giunto qui a Capomazda.” La fissò divertito. “Ho soddisfatto la vostra curiosità, milady?” |
“Hai ragione, amico mio!” Disse Finiwell a Cavaliere25. “Sembra che neanche l’Inferno voglia accogliere questi maledetti! Più ne ammazziamo, più ce ne ritroviamo contro!”
Diede uno sguardo alla ferita e, strappatosi un lembo del mantello, tentò di fasciarla per arrestare il sangue. “E’ un taglio profondo, ma la fasciatura mi aiuterà a sopportare.” Mormorò. Spronò allora i suoi due compagni, Morrigan e Cavaliere, a tener testa, insieme a lui, ai loro nemici. Ma lo scontro sembrava sempre più impari. “Forse è davvero la fine…” ansimando Finiwell. In quel momento una botola, a pochi passi da loro, si aprì presso l’ingresso del vecchio mulino. Finiwell si accorse subito di quella possibile ed insperata via di fuga. “Presto, entriamo lì dentro!” Disse ai suoi due compagni. “E’ la nostra unica via d’uscita!” La botola, che probabilmente conduceva ad un piano segreto e sotterraneo del vecchio mulino, era stata aperta da un misteriosa figura, avvolta nel suo lungo abito nero, accorsa, forse mandata dall’Alto, in loro aiuto. Era una monaca: Llamrei. |
Layla fissò quasi indispettita Talia.
“Vi ricordo, milady, che qui siete ospite.” Disse con tono severo. “E che quindi siete sottoposta alle regole di questa casa. Non osate mai più rivolgermi a me in quel modo. Cosa celano i miei occhi e il mio passato è affare che non vi riguarda. Badate che non vi ammonirò più per questo. La prossima volta che accadrà, vi farò pentire amaramente della vostra insolenza e scortesia. Forse fra le colline della vostra Sygma è uso comportarsi così, ma qui vi comporterete come richiedono le regole della cortesia.” Si avvicinò alla finestra e fissò il verziere. “Per quanto mi riguarda potete attendere vostro marito anche in eterno.” Aggiunse. “Ma fino ad ora le vostre sono solo parole.” Si voltò a fissarla. “Avete rifiutato di bere da quel calice… forse perché un pegno del cuore è per voi un onere troppo grande, abituata come siete a vedere ogni cosa attraverso la ragione, a vivere con distacco e sobrietà le passioni della vita.” Sorrise enigmatica. “Vostro marito, qualora riuscisse a raggiungerci, troverebbe solo la morte qui ad attenderlo. Come tutti coloro che lo hanno preceduto.” La servitrice si avvicinò di nuovo al calice. “Devo ordinare di far portare via il calice, milady?” Chiese Layla a Talia. “Avete deciso di non voler sapere cosa cela davvero Il Pegno del Cuore? Che forse è un rischio troppo grande per lady Talia di Sygma, la dama che crede solo in ciò che può vedere e toccare? Un rischio che non vale la pena correre neanche in nome di quell’amore che con tanta passione avete ribadito? Un rischio che non vale la pena correre neanche per vostro marito?” http://content7.flixster.com/photo/1...923029_gal.jpg |
"Non morirete, Nobile Taddei. Troveremo Lady Talia e torneremo a Capomazda, che ha bisogno di una guida. Voi siete il duca e anche se io non sono un vostro suddito, vi proteggerò come meglio posso." esitai per un momento, poi lo seguii lentamente e anche Lho, Luna e Nishuru, con le armi in mano, fecero come me.
"Per Ksajel..." sussurrai piano, per farmi forza. Quado raggiungemmo l'abside, da cui potevamo vedere ogni singola persona all'interno della cattedrale, lo vidi. Era lì, in mezzo a tutta quella gente. Sapevo che era solo un fantasma del mio passato, ma lo salutai. Alzai una mano e lo salutai. Ksajel, il mio Ksajel... Non riuscii a trattenermi e piansi. Una lacrima scese lungo il mio viso, lentamente. Mi dispiace, mi dispiace tanto... sei morto a causa mia. E così com'era apparso, Ksajel, sparì ed io ritornai bruscamente alla realtà, quella in cui Icarius stava rischiando la vita. |
Citazione:
"Seguitemi e non aprite bocca. Tanto non risponderò alle vostre domande" Mi avviai verso i stretti cunicoli fino a giungere davanti ad un portone pesante. Estrassi la chiave da sotto il mantello e aprii la serratura. La torcia che reggevo in mano emanava abbastanza luce da intravedere i volti stanchi dell'allegra brigata. "Entrate, forza". Uno ad uno entrammo. La stanza era satura di aria polverosa e quasi irrespirabile. Sopra ad un tavolo malconcio vi erano delle vivande ricoperte da un telo di lino bianco. "Non potete uscire di qua ora. Dovete attendere un mio segnale. Io uscirò e tornerò fra qualche ora, quando la via sarà libera. Faccio questo non perché mi siete simpatici, ma per un voto che ho fatto...non a Dio ma ad un uomo" Detto questo mi lasciai la combriccola alle spalle ed uscii. http://i53.tinypic.com/kbae09.jpg |
Ero incuriosita da quell'uomo e forse potevo davvero fidarmi di lui, ma qualcosa mi dava la sensazione che non mi avesse detto tutto.
"Capisco..." tamburellai lievemente con la punta delle dita. "Anche Uriel è molto sensibile al fascino delle armi dei cavalieri... temo che un giorno vorrà impugnarle. Spero solo che..." lasciai quel pensiero in sospeso. Finii il contenuto della mia coppa e la posai nuovamente davanti a me. "L'unico motivo per cui non ho ucciso il Gufo e sono restia a farlo..." sussurrai, perdendomi con lo sguardo tra le venature del legno del tavolo, "è che un giorno mio figlio mi chiederà di suo padre... e non potrei mai dirgli che l'ho ucciso io. Sarebbe... imperdonabile." Tamburellai nuovamente, sovrappensiero. "Tornando a Parusia... ha avuto una reazione strana quando ho cercato di prenderla. Mi ha come scottata... per questo sono incuriosita..." Le candele tremarono, nella taverna. Osservai bene i movimenti delle fiamme e sorrisi... erano tornati. "Qualunque cosa pensiamo di fare, dobbiamo avere un piano... non è il momento di improvvisare. Cosa suggerite? Siamo bloccati tra queste mura." |
Alzai la testa, cercai di guardare Pasuan, non lo vedevo. Lo cercai con le mani, sentii il suo viso, individuai il suo naso e la sua bocca. Poi abbassai le mani cercando le sue.
"Pasuan, non ti posso descrivere quel che vedo perchè non vedo! Amelya è corsa via con l'unica torcia che avevamo" avevo la voce tremante e le lacrime iniziarono a scendermi lungo le guance. Piansi in silenzio, non volevo essere udita da Pasuan, non volevo spaventarlo ulteriormente. "Io, io non so dove sia andata, credo laggiù... ma è tutto buio, non filtra nemmeno la luce dall'entrata, l'abbiamo lasciata alle nostre spalle molto tempo fa. Pasuan, moriremo qui, me lo sento". Avevo un terribile presentimento, l'avevo sempre avuto, e ora diventava sempre più reale. Sarà stato l'odore, sarà stato lo sconforto, sarà stato lo stomaco che avevo sottosopra da quando avevamo iniziato il viaggio 'nell'oltretomba', ma non mi resi conto che le forze iniziavano a lasciarmi. Senza accorgermene caddi tra le braccia di Pasuan come un peso morto e persi conoscenza. Vedevo una luce verde chiaro intorno a me e tutto era immerso in una sorta di vapore acqueo che profumava di erbe aromatiche. Sentivo delle voci ma non riuscivo a vedere nessuno, d'un tratto le nebbie si aprirono. Davanti a me si palesò un enorme prato abbellito da cascate, alberi secolari e fiori; vi erano anche molte persone, cercai dei visi conosciuti, ma non riconobbi nessuno. D'un tratto una voce alle mie spalle "Benvenuta! Lo sapevo che ci saremmo ricongiunti" mi voltai "Friederch, che cos'è tutto questo? Dove sono? Ma... ma tu sei vivo..." ero stupefatta "No tesoro, io sono morto" "Ma allora perchè ti vedo?" "Perchè anche tu sei morta! Questo è l'aldilà! Non stupirti, dovresti saperlo dove sei, ci sei venuta tu stessa entrando nelle vecchia tomba. Ora staremo insieme per l'eternità. Anzi, guarda... ti ho fatto un regalo, ho chiamato qui con noi anche Hubert, nostro figlio..." Vidi allora il piccolo Hubert corrermi incontro, era più grande della sua età e mi chiamava "Mamma, mamma, sono venuto anch'io! E' stato questo signore a dirmi che era un bel posto e che mi sarei divertito, guarda che bello..." "Non gli hai nemmeno insegnato a chiamarmi 'papà', sono molto adirato con te, Dafne! Il bambino è morto per colpa tua, per stare con il tuo nuovo amante non hai curato il bambino, vergognati!" "Sì mamma, sei cattiva, cattiva, cattiva! Mi hai lasciato solo mentre stavo male!" Friederch e Hubert diventavano sempre più grandi, e le loro voci sempre più gravi. Io rimpicciolivo e tutto intorno si faceva nero, ebbi solo la forza di urlare forte "Hubert! Hubert non andare, resta qui, resta vivo! Hubert!" |
La cattedrale era colma di dame e cavalieri.
Un’atmosfera solenne dominava quel luogo, mentre la luce arcana delle sue candele ne illuminava ogni angolo. Icarius fissava il giglio nelle sue mani, quasi ad invocare aiuto per quella disperata impresa. In un momento che sembrò infinito, l’eroe taddeide vide ogni attimo trascorso con Talia attraversare il suo cuore. Ne sentiva la vivace voce e rivedeva il suo solare sorriso. Gli occhi di lei, così luminosi e pieni di vita, lo fissavano sospirando come in quelle indimenticabili notti trascorse al Borgovecchio. E un angosciante senso di solitudine scese sul suo cuore. Si sentì perduto e stanco. Poi, alzando gli occhi, vide i suoi compagni di viaggio. Il fedele Lho e la giovane Sayla. E ripensò alle ultime parole della fanciulla. “La più bella…” disse fra sé “… chi è mai la più bella fra queste dame?” Icarius doveva decidersi. Il crepuscolo era ormai prossimo ed avrebbe sancito la fine di tutto. Come Bassanio, anche lui doveva compiere una scelta estrema ed assoluta. Il ritratto di Porzia non appariva diverso da quella di Talia. Era celato tra gli incanti di quel luogo, come quello della bella ereditiera in uno dei tre scrigni. Ma che scelta fare? Icarius allora ripensò a tutto ciò che era accaduto dal momento in cui avevano messo piede nella cattedrale. E gli tornarono alla mente i versi di Nishuru. Allora si voltò e fissò l’abside alle sue spalle. “Non può essere che così…” sussurrò “… a Dio piacendo…” Alzò allora il giglio come a volerlo mostrare a tutti i presenti. “Alla più bella!” Esclamò. E lo posò ai piedi della statua della Vergine Maria. http://www.terrediaquileia.it/docebo...R-07-017_1.jpg |
“Che io sia investito dei più alti onori riconosciuti ad un cavaliere!” Disse Finiwell sorpreso dall’apparizione e dalle parole di Llamrei. “In vita mia non ho mai conosciuto una monaca tanto singolare nelle parole e nell’atteggiamento!”
Fissò poi Morrigan e Cavaliere25. “Beh, almeno ci ha tolto dai guai!” Aggiunse. “Ora non ci resta che attendere il suo ritorno. Voi due come state?” Chiese poi ai suoi due compagni. “Siete tutti interi?” E si tenne forte la ferita, che continuava a perdere sangue. |
Guisgard si guardava intorno, tra il chiasso ed i profumi della taverna.
“Per il momento l’unica cosa da fare è tenere Parusia al sicuro dalle mire dei suoi nemici.” Disse. “Quella spada custodisce un potere che non è di questo mondo” continuò “ed è sconosciuto ai più. Per questo ha reagito in quel modo quando avete cercato di toccarla.” Finì il contenuto della sua coppa. “E comunque non mi sento sicuro a tenervi qui, in questa taverna.” Mormorò. “Presto si accorgeranno del trucco della spada… come la tela di Penelope, ricordate il mito?” Sorridendo. “Meglio uscire di qui e cercare un posto sicuro in cui rifugiarci. Così da poter pensare anche ad un piano.” Fece tintinnare tre monete sul tavolo e si alzò. “Siamo stati abbastanza qui.” Disse “Ora possiamo andare via senza il rischio di attirarci sospetti.” Sorrise col suo solito modo da guascone. “Del resto chiunque al mio posto non vedrebbe l’ora di tornarsene a casa con una moglie come voi.” Le fece l’occhiolino. “Piaciuta la cena, signori?” Chiese la ragazza venuta a prendere le monete. “Ottima, amica mia!” Rispose Guisgard. “E poi quella costata! Eh, credo abbia un potere afrodisiaco! E’ per questo che ora io e mia moglie ci ritireremo nel nostro nido d’amore!” “Vi auguro una dolce notte, signori!” Sorridendo maliziosa la ragazza. Un attimo dopo, Guisgard e Melisendra lasciarono la taverna. |
“Dafne!” Disse Pasuan. “Dafne, svegliati!” Scuotendola.
Il cavaliere aveva la ragazza fra le sue braccia e cercava di farle riprendere i sensi. Finalmente Dafne riprese conoscenza. Le accarezzò i capelli e la baciò. “Va tutto bene, piccola…” le sussurrò lui dolcemente “… non ci accadrà nulla e torneremo da Hubert molto presto… ti ho promesso una vita di felicità, ricordi?” Sorridendole. “Ed un cavaliere mantiene sempre le sue promesse.” “Aiuto!” Gridò all’improvviso una voce dall’oscurità che li avvolgeva. “Aiutatemi, cavaliere! Vogliono uccidere me ed il mio amato! Aiutateci!” Era la voce di Amelya. “Dafne, hai sentito? Era quella ragazza!” Disse Pasuan. “Presto, guidami nel punto in cui proveniva la sua voce!” |
"Sono quasi sicura che saremmo una coppia più credibile se litigassimo..." mormorai mentre camminavamo lungo la via.
"Avete una strana concezione del matrimonio..." lo guardai con ironia. Poi riflettei sulla situazione. "Appena capirà che la spada è una comunissima arma, mi cercherà... a palazzo. Quindi non posso tornare là... peccato, c'era una fantastica tinozza!" Alzai gli occhi al cielo come se fosse stata una tragedia... una parte di me rimpiangeva quella comodità. Sentivo gli abiti ancora impolverati dalla cavalcata. "Dove stiamo andando?", domandai. |
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