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Juventen condusse Dacey ed Amit attraverso un vasto cortile.
Per tutta la larghezza di quel magnifico palazzo correva un alto muro di cinta, intervallato da colonne con vasi fioriti, statue di gusto classicheggiante e inferriate di lance dorate. Dal cortile si giungeva ai giardini e da essi in una piccola saletta privata, preceduta da un padiglione ricco di piante in cui fogliame appariva esotico e profumato. La saletta era arredata con gusto e stile. Le pareti erano vellutate ed i mobili intarsiati. Ambra, giada e madreperla ornavano monili e porte, mentre ricchi tappeti persiani coprivano i pavimenti. Dalle pareti pendevano scimitarre Partiche, pistole turche e scudi Indiani. Tutto in quell'ambiente appariva sfarzoso e bellissimo. “Attendete pure qui...” disse Juventen “... il padrone arriverà tra pochissimo.” Ed uscì. |
I miei occhi studiavano attentamente ogni elemento decorativo e architettonico Che incontravano man mano che procedevano dal cortile ai giardini e poi all'interno, in una sala piccola ma estremamente ricca e sfarzosa.
Non ero certo abituata a nulla di simile. Ogni cosa pareva valere molto di più di ciò che io e Amit potevamo guadagnare in un anno intero. " Va bene..." mormorai distrattamente come risposta e quasi non mi accorsi dell'uscita di Juventen. " Hai visto che roba?" una volta sola con Amit, " deve davvero essere un uomo ricco sfondato!" esclamai ancora intenta a guardarmi intorno. " Ad ogni modo," riprendendo il controllo, " meglio prepararci." Dalla mia sacca tirai fuori alcune stoffe e gioielli ( naturalmente banale bigiotteria) con il quale adornarmi per avere ancora di più quell'aria esotica che tanto piaceva alla gente, se si trattava di vedere lo spettacolo, ma che poi nella vita di tutti i giorni comportava spesso un ostacolo. La stessa famiglia di nostro padre, che ricordavo appena, non aveva mai accettato che il suo matrimonio con la mamma, una straniera. E alla fine lui ci aveva abbandonato a noi stessi. " Amit con che canzone vuoi iniziare?" distogliendo la mente dal passato per concentrarmi sul lavoro. Inviato dal mio iPhone utilizzando Tapatalk |
Fui preparata per uscire e poi mio padre mi fece quella domanda che mi lasciò contenta. "Si, mi piacerebbe molto" dissi sorridendo. "Sempre se per lui non è un disturbo."
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Ascoltai turbata il locandiere..io non ero né una donna di Chiesa né una nobile..Ero una orfana e sebbene ci avessero cacciati non costituivo un pericolo..i miei sogni avevano sempre un significato.."Messer..Oh non conosco nemmeno il vostro nome " rischiarando la voce.."Quindi in carcere vi stanno chierici e nobili" perplessa "Non assassini o altro...di cosa si macchia un prete celebrando Messa..ovviamente i nobili saranno quelli che sono questi sovvertitori..magari gente onesta e perbene." Eppure Frate Nicola mi aveva detto era pericoloso lì..pure il locandiere e poi esclamai.."I miei sogni non mentono..ebbene scommettiamo se ho ragione io..trovatemi un lavoro per alcuni giorni lì in prigione..Devo approfondire questo fatto. E vi darò pure metà del guadagno" guardandolo in modo impassibile.
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La sua passionalità, il suo sapore, le sue mani, era tutto così travolgente.
Tutto ciò che desideravo era essere sua, totalmente e ora che il desiderio si stava avverando mi sentivo in grado di camminare ad un metro da terra, di volare, soprattutto perché sapevo che lui ci sarebbe stato a riprendermi. Ora lo sapevo. Mi ero chiesta se anche lui, così come Ade aveva stretto a sè Persefone quando ella era caduta negli Inferi, mi avrebbe presa e stretta fra le sue braccia e ora mi dicevo che sì, lo avrebbe fatto. Mi faceva sorridere il fatto che ogni tanto schiudesse gli occhi per guardarmi. Il suo sguardo era malizioso, bramoso, ammiccante, ma trovavo quel gesto estremamente tenero. Poi però riprendeva a baciarmi con più foga e passionalità di prima. Lo sentii infatti sussurrare col fiato corto, mentre anch'io ansimavo. Sorrisi e annuii, baciandolo di nuovo, quasi rubando dalle sue labbra quelle piccole stille di fiato e al contempo dandogliene qualcuna del mio, in quel bellissimo scambio ridotto a un intreccio di labbra. Inviato dal mio E506 utilizzando Tapatalk |
La sera, la luna, le parole, gli sguardi e i sospiri.
Tutto indicava una perfetta scena d'Amore, una di quelle immortali che avevo portato sulla scena. Mancava solo un bacio, che consacrasse i due amanti l'uno all'altra per l'eternità. E quel bacio, come da copione, arrivò. Ero abituata ormai ai baci di scena, pallido riflesso della realtà, vago simulacro senz'anima. Chiusi gli occhi e accolsi le sue labbra sulle mie. Le sue labbra che schiusero e sfogliarono le mie come un fiore di primavera. Ci misi un istante a rendermi conto che quello non era un bacio di scena. Un istante di troppo. Un istante era bastato perchè mi perdessi nelle screziature di quel bacio, perchè mi rapisse e mi portasse con sé, senza che potessi o volessi protestare. Quel bacio che era come quella notte, unica, enigmatica, silenziosa. Quel bacio inaspettato, senza senso, istintivo eppure colmo di passione incontrollata. Una passione nutrita dalle ombre della notte, sbocciata come un fiore nella neve, quando nessuno lo avrebbe mai ritenuto possibile. Un bacio in cui lui mi stringeva, mi assaporava, mi faceva fremere. Un bacio che ricominciò mille volte, quasi volesse fermare il tempo. Un bacio, quel bacio, capace di rendere una notte lunga un eternità intera. Un bacio che mi fece battere il cuore in maniera incontrollata, imprevedibile, che accese in me un fuoco ormai morto, nascosto, rinnegato. Un bacio che avrebbe potuto, da solo, far risplendere di nuovo quel castello abbandonato. Un bacio, insomma, di quelli speciali. Un bacio capace di compiere l'impossibile. Un bacio capace di compiere magie. O forse il bacio stesso era la più forte delle magie. http://i67.tinypic.com/2643wbn.jpg |
"Quando mi hai chiesta in sposa, mi avevi promesso ben altro..." gli dissi con amarezza "E riguardo alla tua sorpresa, pensare di poter delegare ad un altro il compito che sarebbe tuo ti rende superficiale ed anche un po' ridicolo, soprattutto nella scelta della persona in questione. Certo che ho piacere a vedere Orkoross, ma di certo non in veste di dama di compagnia..." Delusa come mai in vita mia, mi preparai ad accogliere mio cognato.
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"Che sciocchezze..." disse il padre di Nyoko "... è un valletto ed è al nostro servizio." Chiamando poi una domestica. "Dite a Pavel di prepararsi ed ordinate allo stalliere di governare i cavalli. Usciremo in città."
Arrivarono così due badanti per preparare Nyoko. |
Elv sorrise a Gwen, per poi prenderle la mano e dirigendosi di nuovo verso la camera di lui.
Ma sulle scale ai due andò in contro una servitrice. "Signore, due vostri compagni sono appena giunti..." disse "... ho detto loro di attendere nell'androne..." |
Mio padre chiamò una badante per avvisare Pavel di sistemarmi. L'idea di passeggiare in città mista a quella di stare in sua compagnia, mi rendeva felice in un modo smisurato. Poi delle badanti mi sistemarono, facendomi indossare uno degli abiti più eleganti e comodi che c'erano. Ero pronta e non vedevo l'ora di uscire.
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