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Ero rimasta seduta e in silenzio in quella sala, mentre ai nostri ospiti veniva offerta frutta e ogni sorta di prelibatezza. Tenevo gli occhi bassi, alzandoli soltanto di tanto in tanto su lord Icarius... e per tutto il tempo avevo continuato ad avvertire gli occhi di lui su di me, percepivo il suo sguardo fisso su ogni mio pur minimo gesto e respiro, su ogni mia espressione... eppure ciò non era affatto spiacevole: al contrario, era come una carezza quello sguardo silenzioso e, stranamente, esso infuse un’estrema calma nella mia mente piena di incertezza.
Poi uscimmo sulla terrazza. Seguii in silenzio lo scambio di battute tra Layla e gli altri... Lord Icarius continuava a chiamarmi ‘Talia’... ‘Talia’ mi ripetevo mentalmente, nel disperato tentativo di rammentare qualcosa... Talia, sua moglie... Un brivido mi corse lungo la schiena e qualcosa di potente si mosse dentro di me a quel pensiero, ma mi sforzai di non farmi travolgere. Le loro parole si facevano sempre più aspre, intanto, e i loro atteggiamenti secchi e definitivi. Citazione:
“E’ più che giusto ciò che dici...” dissi gentilmente, sorridendo a Layla “Tutti loro sono ospiti qui! E niente è più sacro e prezioso dell’ospite che giunge ad impreziosire la nostra casa. Che siano qui per scelta o per caso, sono i benvenuti. Sono certa che sarai d’accordo anche tu!” Dissi quelle parole quasi senza pensarci, senza sapere da dove erano giunte... Un’altra immagine indistinta si fece allora largo nella mia mente, tra quella nebbia... “Ricordalo sempre, figlia mia, l’ospite è sacro, egli è ciò che rende preziosa la nostra casa. Offrirai sempre tutto ciò che di meglio possiedi a colui che giungerà a chiederti ospitalità, offrirai un tetto, un giaciglio, del cibo...” “Si, padre!” annuii. Socchiusi gli occhi un momento... Mio padre... per un istante avevo visto il volto dell'uomo che doveva essere mio padre, ma poi la nebbia l’aveva subito portato via... Misi da parte quell’idea per il momento e mi voltai verso il cavaliere che aveva chiesto di parlarmi... “Vi prego, milord...” dissi a lord Icarius, sorridendogli e sollevando appena una mano verso di lui perché la prendesse “Sarò felice di seguirvi dove volete e di vedere ciò che desiderate mostrarmi!” |
“Per certe donne” disse Guisgard a Melisendra “la bellezza può essere una maledizione… e così è stato per mia madre…” sorseggiò altro vino “… come può esserlo per certi uomini l’abilità con la spada…” la fissò anche lui negli occhi “… un cavaliere spesso non possiede casa, meno ancora affetti… i cavalieri erranti e romantici dei poemi e dei romanzi non esistono nella realtà… come molte altre cose racchiuse nei versi e nella prosa dei cantastorie…”
Restò un attimo in silenzio e poi si alzò. “Uriel è un bambino fortunato perché è amato sopra ad ogni cosa… com’è giusto che sia…” Sorrise all’improvviso, come era solito fare col suo sorriso che usava come arma, come se fosse una corazza o uno scudo “… beh, io non credo chiuderò occhio stanotte e forse voi dovreste dormire, milady… e siccome un cavaliere non può compromettere una dama, non potrò, credo, invitarvi con me a vedere la meravigliosa Luna di stanotte.” Le fece l’occhiolino.” Mi farò dunque un giretto in questo pittoresco luogo… col vostro permesso, s’intende…" |
Risi.
"Sono già abbastanza compromessa! Avete forse dimenticato che mi avete portata in una casa di piacere? Questa formalità non è necessaria... inoltre la reputazione è una cosa di cui si preoccupano altre dame... non io." Sorrisi. "Non temete, qui sarò al sicuro." Stropicciai i cuscini e li sistemai meglio. "Tenterò di chiudere gli occhi, anche se temo che Orfeo si farà attendere... Buona passeggiata al chiaro di luna!" |
Guisgard sorrise e mostrò un vistoso inchino a Melisendra.
Lasciò allora la ragazza a riposare e lui raggiunse uno dei balconi del palazzo. “Sei l’unico a restare da solo, stanotte…” disse qualcuno alle sua spalle “… cosa insolita per questo luogo…” aggiunse Rachel. “Anche tu lo sei…” sorrise Guisgard “… ma forse non lo siamo per gli stessi motivi.” “Ah, no?” Sorrise anche lei. “Chissà, non si potrebbe mai dire…” “E’ facile a dirsi…” fece Guisgard “… dimmi perché lo sei e vedremo.” “Sono sola perchè posti come questi” rispose Rachel “sono i più insopportabili per chi è solo…” Guisgard si voltò a fissare la luna. “Stasera sei anche tu enigmatica come la Luna…” “Credi? Eppure tu dovresti comprendermi meglio degli altri…” “E perché mai?” “Fino a quando resterai qui?” Chiese la donna, cambiando discorso. “All’alba ripartiremo… dopo aver preso la spada…” “Guis…” si voltò a fissarlo lei “… sta attento, ti prego… ho fatto un brutto sogno l’altra notte…” “Schhhh…” posandole dolcemente la mano sopra le sue labbra “… sai che non amo le parole di cattivo auspicio…” “Guis, la lascerai qui?” “No, ovvio che no…” “E dove la lascerai allora?” “Spero in un mondo più sicuro…” “Perché?” “Ti ho già raccontato di come mia madre mi parlava sempre di Lancillotto, vero? Ecco, non posso fare a meno di aiutare i deboli.” Scherzò lui. “Guis… ti prego… raccontami una delle tue storie… fa che sia bellissima… bellissima, tanto da illudermi che possa essere vera… almeno fino all’alba…” “Conosci la storia di Aifa?” Domandò Lui. Lei lo fissò. “Già, immaginavo…” sussurrò rientrando dentro. “Dove vai?” Gridò lei. “A cercare gli spiriti…” sorrise “… ma non capiresti…” Melisendra sentì la porta aprirsi e vide Gavron correre verso di lei. Ad un tratto un grido e qualcuno afferrò il bambino. “Dov’è la spada!” Chiese Gouf portando la spada al collo del piccolo. “Dimmelo e farà la stessa fine dell’altro bastardo!” Ed indicò Uriel a terra in una pozza di sangue. “Dimmi dove si trova la spada!” Urlava delirando Gouf. “Dimmelo!” Melisendra si destò di colpo, gridando per la paura. “Ehi, è solo un brutto sogno, su!” Disse Guisgard accanto a lei, attratto nella saletta dalle grida della ragazza. |
Annaspai, cercando di riemergere da quell'incubo.
Aprii gli occhi e trovai Guisgard accanto a me, che mi fissava. Mi tirai su e ripresi a respirare normalmente, ma ero ancora scossa. "Come vorrei che fossero solo incubi, a volte temo che siano... messaggi. Mi dispiace avervi messo in allerta..." Presi una coppa e mi versai dell'acqua. La bevvi lentamente. "E' già l'alba?" chiesi. Mi diressi verso una tenda e la scostai. Si vedeva un chiarore lontano. "Devo vedere la spada al più presto..." mormorai, persa nei miei pensieri, mentre cercavo di tenere a bada le paure che quel sogno aveva risvegliato. |
Guisgard annuì.
Fece segno a Melisendra di seguirlo e raggiunsero una camera intrisa di fortissime essenze di gusto orientaleggiante. Ad attenderli vi era una bellissima donna. “Sembra dobbiamo dirci addio…” disse Rachel a Guisgard. Spostò allora un pannello da una delle pareti e scoprì una sorta di piccolo vano, appena sufficiente per conservare una spada. “Ecco…” porgendo la spada a Guisgard “… il mio compito è finito… fissò per un momento Melisendra. Guisgard prese l’arma dei Taddei. “Grazie, Rachel…” mormorò “… ti sono debitore…” e si avvicinò come per darle un bacio, ma la donna scostò il viso. “Sai bene che questo mestiere richiede due semplici regole…” sussurrò lei “… mai un bacio…” “Già…” sorridendo malinconico Guisgard “… e mai innamorarsi… spero di rivederti, un giorno…” “Addio, Guisgard…” mormorò lei con voce ferma. “Ora andate via…” aggiunse fissando Melisendra, poi la spada ed infine di nuovo Melisendra. |
Ero rimasta in disparte, fino a quando la spada non fu consegnata a Guisgard.
Poco prima di andarcene mi rivolsi alla donna che l'aveva custodita e che continuava a lanciarmi occhiate insistenti. "Vi ringrazio per averla custodita... vi sono grata per tutto quello che avete fatto... questo luogo è stata un'insperata oasi di pace." Le rivolsi un cenno di saluto e ce ne andammo. Mi trattenni a stento dal prendere la spada, soprattutto perché ne temevo gli effetti. Sempre che fosse ancora tenacemente decisa a respingermi. "E ora dove andremo? I miei spiriti non sono ancora tornati, staranno seguendo quel mendicante... e ora dobbiamo aspettare che torni da noi per indicarci il luogo dello scambio." Eravamo in strada e la luce del sole si rifletteva sulle pietre degli edifici. Guardai Guisgard, aspettando una risposta. http://www.costumersguide.com/kingdom/kiss1a.jpg |
“Torneremo da Gavron” disse Guisgard “perché lì è isolato e si sentono al sicuro… vedrete che in breve si mostreranno per lo scambio…” fissò nervosamente la strada “… è ovvio che non ci lasceranno in vita, né noi, né tanto meno Gavron… sappiamo che Parusia finirà in mano loro e quindi avranno già deciso di ucciderci…” strinse la spada.
“Sto vendendo Capomazda ai suoi carnefici…” pensò “… ma non ho altra scelta, per ora…” “Ecco la casa di Gavron,.” Indicò. “Se davvero i vostri spiriti tengono a voi, allora che si mostrino ora.” |
Durante tutto il tragitto tacqui.
Non mi rispondevano. Pensai che fossero semplicemente indaffarati col compito che avevo loro affidato. Ma, una volta vicini a casa di Gavron, li sentii. Qualcosa mi avvolse, come una coperta, un amorevole brezza estiva o un raggio di sole che illumina una stanza. Erano lì. Non erano nè inquieti, nè preoccupati. Ma non erano soli. "Li sento... e non sono soli..." Mormorai, fermandomi. "Non possiamo dargli la spada... dobbiamo tentare... io non posso usarla, ma voi sì!" Avvicinai la mano alla spada, ma la sentii respingermi. "Posso pensare io a proteggere Gavron, ma voi dovrete usarla, quando se ne presenterà l'occasione... e senza sbagliare il colpo..." Presi un respiro profondo e mossi un passo in direzione della casetta. L'uscio era accostato. Non ricordavo di averlo lasciato così. |
Guisgard annuì a quelle parole di Melisendra.
Aveva Parusia che scendeva lungo il fianco sinistro. “Perchè quella spada pende così? Tirala giù!” Disse il maestro. “Perché?” Chiese Guisgard. “Perché la spada deve scendere naturale, in modo che il braccio non si tenda del tutto per estrarla.” Rispose il maestro. “Questo è essenziale quando hai la possibilità di menare un solo fendente... da come porterai la spada dipende la tua sopravvivenza...” Si avvicinarono alla casa. L’uscio era aperto. Guisgard fissò Melisendra ed entrò. “Ottimi questo pane e questo miele!” Esclamò l’orrendo e deforme mendicante, che stava ad attenderli nella loro cucina. “A saperlo vi avrei raggiunto prima. Avete con voi la spada?” Chiese mentre masticava a bocca aperta il suo indegno pasto. “Dov’è Gavron?” Domandò Guisgard. “Voglio prima vederlo!” “Oh, non è molto lontano… datemi la spada!” |
"Ti dirò... questa volta il tuo arrivo non è del tutto sgradito..."
Gli girai attorno. Non sentivo un briciolo di potere di lui. Era vuoto e inutile, come una marionetta. Era ora di tagliarne i fili. "Ambasciator non porta pena... bè nel tuo caso faremo un'eccezione..." meditai su come eliminarlo. Presi il pugnale che portavo appeso alla cintola, ma ci ripensai. Non potevo pugnalarlo o semplicemente tagliargli la gola. Il sangue avrebbe sporcato ogni cosa, soprattutto i suoi vestiti. E quei vestiti mi servivano. Quindi lasciai cadere la mano dal pugnale al fianco. Lui si voltò, guardingo. "Ma forse potresti fare qualcosa..." e con un gesto rapido della mano gli ripulii la bocca sporca dal miele e dalle briciole. La sola idea era semplicemente nauseante, ma sarebbe bastato avvicinarmi a sufficienza da percepirne il respiro. Velocissima, come se stessi afferrando al volo una gallina nel pollaio, chiusi il suo volto tra le mie mani. "Sssh... silenzio!", ordinai. Mi avvicinai e il suo respiro si congiunse col mio. Ci misi un po'. A un certo punto capii che era agli sgoccioli: il suo cuore, che prima batteva forte e rapido come un tamburo, batteva sempre più lentamente. Si stava quasi fermando. Scacciai indietro ogni scrupolo e terminai. Ricadde pesantemente sulla sedia. Mi ricomposi. "Ci servono i suoi vestiti, non potevamo semplicemente... infilzarlo..." biascicai, tentando di spiegarmi. Detestavo che qualcuno mi vedesse nutrirmi. |
“Avrei potuto strozzarlo o rompergli l’osso del collo…” disse Guisgard “… perché avete fatto questo?” Fu sul punto di dire altro, ma tacque e si chinò a raccogliere i vestiti del grottesco mendicante.
“Hanno un odore nauseante…” mormorò “… ma forse poco fa ho visto di peggio… come faremo a sapere dove hanno nascosto Gavron?” Chiese senza alzare lo sguardo su di lei. Spero per voi che abbiate un piano serio…” Indossò allora i panni del mendicante. |
“Questa monaca è completamente pazza!” Disse Finiwel, che ancora si appoggiava a Cavaliere25 per via della ferita, indicando Llamrei. “Crede che il veleno di cui è intrisa la sua bocca basti a metterla al sicuro!”
“Sorella…” fece Monteguard, zittendo Finiwell con un cenno “… credete davvero che la vostra tonaca ed il Crocifisso che avete al collo possano rendervi immune dall’odio di quegli uomini? Quella è gente che i Crocifissi li sradica dalle chiese per oltraggiarli e bruciarli. Per loro i chierici sono il male del mondo, solo perché mettono limiti alla loro ambizione ed alla loro malvagità. Non starò qui a raccontarvi cosa fanno dei nostri monasteri una volta attaccati, né cosa riservano agli orfanelli che vi trovano dentro… ma delle monache si, voglio parlarvene… il Cavaliere del Gufo è solito usarle come premio per i suoi fedeli… vengono così violentate per giorni, forse settimane le più sfortunate… fino a quando non muoiono per sfinimento e per le torture… un testimone una volta rivelò di aver udito il Gufo in persona di vantarsi di aver strappato le donne destinate a Dio, per concederle ai suoi cavalieri… se Dio E’ un dio, affermò, allora lo sono anche io, visto che vado a rubarGli le donne fin dentro il Suo gineceo.” |
Icarius prese la mano di Talia ed insieme scesero nel cortile prima e nelle scuderie poi.
Layla li seguiva qualche passo più indietro. “Talia…” disse lui all’orecchio di lei “… possibile che tu non riesca a riconoscermi? Talia, guarda i miei occhi, tocca il mio volto, i miei capelli…” portando le mani di lei su di lui “… Talia, vita mia… le sere al Borgovecchio, al ballo in maschera! Ricordi il pane caldo e la frutta fresca? E i nostri vestiti per l’incoronazione? Non puoi non ricordare!” Layla, infastidita dal comportamento di Icarius, fece qualche passo verso di loro. Il Figlio del Vento allora riprese a camminare, conducendo Talia alle scuderie. “La vedi?” Indicando un bellissimo cavallo. “E’ Matys! E tu sai cavalcarla come nessun altra! E’ incredibile, sai?” Fissandola con gli occhi lucidi. “Si è lasciata cavalcare da me fino a qua! Senza mai scalciare!” Fissò di nuovo Talia. Accarezzò i suoi capelli chiari come quando la Luna illumina i fiori di un verziere e sfiorò quel viso che, ai suoi occhi, rendeva anche la bellissima Layla una semplice dama di corte. Ed in quel momento, allora, vinto dall’amore e dalla disperazione, la strinse a sé e la baciò con passione. |
"Bè... loro lo sanno... ci guideranno da Gavron." Erano vivaci e pieni di brio. La simbiosi che si era sviluppata con loro faceva sì che le nostre rispettive forze si equilibrassero vicendevolmente.
"Quella... bè, qualcuno la chiama colazione... ma senza volere essere sarcastici, visto ciò che stiamo per fare, il fatto è che non posso permettermi di rinunciare nemmeno alla più piccola e immonda fonte di energie." Lo osservai bardarsi con i panni di quell'uomo. "Temo che siate troppo diverso per costituzione da quell'uomo... questo vi rende riconoscibile e farà saltare il piano... a meno che..." Mi agitai, quasi impacciatamente. "A meno che non mi permettiate di trasformarvi in lui... e prima che diciate qualunque cosa, l'illusione è reversibile, sarà sufficiente che vi leviate di dosso l'oggetto che incanterò e tornerete quello di sempre." Guardai la spada. "Così porterai me e la spada da lui... e mentre lui sarà impegnato a punire me per l'affronto, voi potrete tentare il vostro unico colpo." |
Scendemmo nel cortile, Layla ci seguì...
Citazione:
“I vostri occhi...” iniziai, ma subito mi interruppi e, dopo una breve pausa, mi corressi “I tuoi occhi hanno qualcosa di speciale... io...” Volevo spiegare quella sensazione che avevo provato fin dal primo momento nell’osservare i suoi occhi, quel senso di déja-vu, quell’emozione indistinta e inspiegabile... ma era difficile da esprimere ciò che non capivo bene nemmeno io. Poi Layla si fece avanti, mostrando palese scontento per quell’atteggiamento. Icarius le lanciò un’occhiata obliqua e subito riprese a camminare. Così giungemmo alle scuderie... Citazione:
E in quell’istante per me non esisté nient’altro tranne noi, non importava dove eravamo, non importava chi eravamo... Fu tornando, infine, a guardare i suoi occhi che qualcosa si mosse con tale forza dentro di me da stracciare e vincere quella densa nebbia che mi avvolgeva la mente... E allora rammentai... Ricordai Icarius e tutti i momenti trascorsi con lui, la sua partenza e il ritorno, il suo incidente e la nostra fuga, Capomazda e l’Incoronazione, Pascal e il draghetto Kodran, Matys e il Borgovecchio, gli abiti per la festa in maschera e quella sera nel giardino del palazzo, il pane caldo che lui aveva fatto preparare per me alla maniera di Sygma... ricordai la Pieve, il cavaliere con la tunica rossa, Layla, Gyaia, la maledizione... ricordai i profumi e i colori di Sygma, ricordai il sole e le stelle di Capomazda... I miei occhi si allargarono spropositatamente mentre tutto questo e molto altro mi attraversava la mente il un lampo. La testa mi girò forte, le ginocchia mi cedettero e dovetti aggrapparmi alla sua camicia con entrambe le mani per non cadere... “Icarius...” mormorai “L’incidente, la fuga, il Borgovecchio, il pane di Sygma...” Ma fu un lampo fulmineo... Avvertii quella nebbia farsi di nuovo avanti, tentai di concentrare la mia mente su quei ricordi, tentai di aggrapparmi a quelle immagini con tutta la forza che avevo... ma quell’incanto crudele era forte, molto più forte di me... Chiusi gli occhi... “Icarius...” mormorai “Icarius, aiutami!” Presi qualche respiro profondo, sentivo che la mia mente si stava facendo sempre più fragile e quella nebbia premeva forte, sempre più forte... ed io divenivo sempre più stanca e debole... Sollevai un’ultima volta lo sguardo su di lui e mi sforzai di sorridere... “Oh, Icarius...” mormorai “Ti amo tanto, cuore mio!” Opposi un’ultima strenua resistenza contro quella nebbia, finché quella stanchezza non divenne insostenibile e mi avvolse fino a sopraffarmi. Tutto divenne buio, allora, e io persi conoscenza, afflosciandomi tra le sue braccia. |
Quando i miei occhi si abituarono alla luce mi guardai intorno, eravamo in uno strano ambiente circolare illuminato da numerose torce alimentate ad olio che emanavano un odore quasi insopportabile. Intorno a noi le pareti erano ricoperte di marmo bianchissimo. La stanza dava su di un corridoio ampio e rivestito anch'esso di marmo, ma non era completamente bianco, aveva alcune striature nere. Compresi che le urla provenivano da lì, avremmo duvuto percorrere quel corridoio. Presi la mano di Pasuan
"Vieni, c'è un corridoio davanti a noi, dobbiamo percorrerlo! E' ampio, puoi camminare al mio fianco se vuoi". Ci incamminammo. Dopo un primo tratto il corridoio iniziò ad avvolgersi su sè stesso, era una chiocciola, più avanzavamo più scendevamo. Tutto quel vorticare mi fece venire la nausea ma non ci badai, presi una delle torce che erano appese al muro e continuai ad avanzare. Arrivammo ad un cancello di ferro "C'è un cancello qui Pasuan, non possiamo avanzare". Mi voltai sentendo un gemito. Appese a dei grossi anelli c'erano delle enormi catene... e ad esse era legato un giovane uomo. Era ricoperto di sangue ed irriconoscibile, immaginai subito che fosse Ludovici. Non vidi Amelya invece... "Pasuan, Ludovici è qui! Sta male, è grondante di sangue... non so nemmeno se sia ancora vivo..." |
“E sia, trasformatemi in quel bozzolo fetido e deforme…” disse Guisgard a Melisendra “… quanto a ciò che avete fatto…” esitò un momento “… non è affar mio, ma…” la fissò “… mi chiedo quando vi deciderete a smettere con questo genere di cose… poco fa… poco fa avete dato a vita ad uno spettacolo, beh… lasciamo perdere, come detto non è affar mio…” scosse il capo contrariato “… avanti, trasformatemi in questo obbrobrio e finiamola il prima possibile questa storia… voglio solo liberare Gavron ed andare via da questo posto il più in fretta possibile…”
Guardò il corpo senza vita del mendicante e fissò di nuovo Melisendra. “Però non mi sento sicuro a portarvi con me…” fece, quasi a voler parlar d’altro “… preferirei sapervi al sicuro, mentre io sistemo la faccenda…” |
"Bene capitano, allora che aspettate a mettere freno a tutta questa violenza? Credete che star qui a parlarne possa sortire un effetto positivo? Dite, signore, avete qualche idea migliore della mia o debbo raccontarvi anch'io cosa accade nei monasteri quando i cavalieri trovano ristoro dopo una lunga giornata di viaggio? Trovano rifugio e consolazione tra le braccia e le preghiere dei monaci. Se vi garba vi posso indicare qualche monastero in particolare"
Senza attendere risposta chiesi: " Ho bisogno di ristorarmi. Un bagno caldo. E' possibile averlo o è un'operazione troppo difficile da espletare?" |
“Cerchiamo di liberarlo, Dafne!” Disse Pasuan. “Portami vicino alle sue catene e cercherò di spezzarle con la mia spada! Ma fa attenzione.”
Ludovici alzò il capo e fissò i due amanti. Sanguinava ed aveva ferite ovunque. Cercò di parlare, ma non sembrava in grado di poterlo fare. Allora cominciò ad indicare qualcosa alle sua destra ed alla sua sinistra. Dafne voltò il capo e si accorse di un qualcosa di orribile. Altri uomini erano incatenati alle pareti, nelle stesse condizioni di Ludovici. Come tanti martiri, erano lasciati a morire dopo essere stati torturati a sangue. “Cosa c’è, Dafne?” Chiese Pasuan. “Perché non parli più? Cosa sta succedendo?” |
Monteguard fissò Llamrei e diede ordine ad uno dei suoi di condurla al palazzo.
“Questa è una caserma ed è frequentata da soli uomini, sorella.” Disse. “Nel palazzo ducale troverete il modo per sistemarvi e riposarvi. Seguite il mio cadetto ed egli vi condurrà da Izar e monsignor Ravus. Loro sapranno offrirvi degna accoglienza.” Giunse il cadetto e pregò Llamrei di seguirlo. http://www.kataweb.it/tvzap/wp-conte...la-ponce/9.jpg |
Guardai Finiwell e dissi amico mio non è meglio se andate a riposare non siete ancora ripreso vi conviene mettervi a letto e cercare di guarire e rimasi fermo ad aspettare una sua risposta
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“Si, il ragazzo dice bene, dovresti riposare un pò.” Disse Monteguard a Finiwell. “E vai a riposare anche tu, Cavaliere25. Presto bisognerà essere in forze.”
“Si, andiamo a stenderci un pò, amico mio." Fece Finiwell a Cavaliere25. "E passa per l'infermeria a farti controllare quella ferita." "Si, capitano." Rispose Finiwell. |
lo presi sotto braccio e lo condussi verso l'infermeria e dissi ora vediamo di sistemare la tua ferita e a rimetterti in piedi quando sarai in forze andremo a combattere spalla a spalla fianco a fianco nessuno ci potrà dividere
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"Izar dite? E' un nome che mi sembra di ricordare..." dissi pensierosa guardando MOnteguard.
E seguii il cadetto che mi precedeva di qualche passo. Ad un tratto fui investita da una specie di premonizione: rimasi immobile per alcuni istanti finché non riuscii a riprendere la ragione. Mi voltai di scatto e come d'istinto mi misi a camminare velocemente verso Monteguard. "Signore" dissi concitata "Vi devo consegnare questo" e gli porsi il plico che conservavo nascosto. "sono certa che voi ne farete buon uso. Devo venire con voi, assolutamente. " |
"Quel genere di cose è il mio sostentamento. E' inevitabile... anche se cerco di non uccidere più del necessario. Direste a un lupo di non dilaniare la preda?" replicai con tono asciutto.
Scossi il capo, mentre mettevo sottosopra il contenuto di un cassetto, alla ricerca di una candela. Posai la candela accesa davanti a me e presi un braciere, all'interno del quale posai delle erbe odorose che avevo trovato appese al soffitto. Iniziai a bruciare le erbe secche, da cui scaturì un fumo grigio. "Non rimarrò qui ad aspettare, lo sapete bene... da solo non ci riuscirete... con un po' di fortuna riuscirò a farlo irritare abbastanza da distrarlo il tempo sufficiente per farvi agire! Ho passato quasi tutta la mia vita con quell'uomo... penso che la mia presenza non vi sarà di intralcio." Presi il pugnale e mi ferii la mano. Quando sgorgò il sangue, con attenzione a non sprecarne nemmeno una goccia, lo feci cadere sulle braci ardenti. Questo li avrebbe attirati. Infatti arrivarono. La stanza era piena e volteggiavano intorno a noi come lucenti pesciolini argentati in un laghetto. Descrissi un cerchio intorno a noi, lasciando cadere al suolo qualche goccia di sangue. Avevo pasteggiato due volte in poche ore e non mi sorprese vedere la ferita alla mano rimarginarsi in pochi istanti. La ripulii dal sangue e osservai la pelle liscia e compatta. "Venite...", invitai gli spiriti ad avvicinarsi a noi. Sfiorai il corpo del morto e gli dipinsi il segno dell'illusione sul petto. Poi mi avvicinai a Guisgard e, con lo stesso carbone gli disegnai quel simbolo sul petto. Presi la veste del mendicante tra le mani e la posai in mezzo a loro. Mi punsi nuovamente col pugnale e la consacrai. "E ora fate ciò che vi ho chiesto..." Il fumo delle erbe ci aveva avvolti del tutto. Presi quella veste tra le mani e feci segno a Guisgard di prepararsi a indossarla. Appena gliela misi li sentii avventarsi su di me e usarmi come un ponte per arrivare al cavaliere. Vidi le sue fattezze mutare, poco prima di sentire la mia testa esplodere in un abbagliante sfolgorio di luci. Poi più nulla. Barcollai e caddi al suolo, ma rimasi tenacemente aggrappata alla realtà. Quando tutti i miei sensi tornarono normali, sventolai via il fumo e gettai le braci. Appena l'aria fumosa intorno a noi si diradò, lo vidi. Di fronte a me c'era lo stesso orribile mendicante che giaceva al suolo. "Perfetto..." dissi in un soffio. Mi sembrava di aver corso a perdifiato. Andai in camera e presi uno specchio, quindi glielo porsi. "Basterà che vi togliate quello straccio e tornerete voi stesso all'istante..." presi un respiro profondo e poi lo guardai con un mezzo sorriso. |
Guisgard si guardò allo specchio e vide la sua immagine mutata nel grottesco e disgustoso mendicante.
Il cavaliere allora annuì, alle parole di Melisendra. “Voi non siete un lupo, almeno per quanto mi riguarda…” disse mentre sistemava Parusia sotto le vesti “… ma una donna… continuerete a fare queste cose anche quando sarete con vostro figlio? O forse per quel tempo vi sarete specializzata nel trarre linfa vitale da animali come agnelli e capretti?” Sorrise amaramente. “Ma che sciocco, vero? Pretendere di farvi comprendere… del resto cosa ci si può aspettare dalla donna innamorata del Cavaliere del Gufo… forse dovreste tornare da lui, sapete? In fondo non siete poi così diversi… amate uccidere e non potete farne a meno… davvero una coppia perfetta. Da romanzo.” Si avviò allora verso la porta. “Si, sapevo che sarebbe stato inutile chiedervi di restare qui.” Aggiunse. “Fate come volete… ma vi avverto…” fissandola “… non intralciatemi. Non voglio mettere in pericolo Gavron solo per le vostre manie di protagonismo.” Aprì la porta. |
"Non amo uccidere, ma questo è ciò che sono... se non mi nutro muoio. E questo è tutto." Ricordai una delle punizioni afflittemi dal mio antico padrone, quando mi aveva negato il nutrimento per farmi capire quanto fosse inutile combattere la mia natura. In un certo senso aveva avuto ragione.
Mi sentii meglio, anche se gli occhi e le tempie mi dolevano un po'. "Continuate a confondermi con una dama, una delel tante dame che sono felici di indossare nastrini rosa e lanciare fazzolettini ai cavalieri, si occupano della casa e muoiono circondate dai figli e dai nipoti, invece io sono solo un'incantatrice: questa è la mia natura. Mia e della mia stirpe." Mi alzai e uscii. "E ora seguiremo loro." Due bizzarre luci azzurrine si materializzarono davanti a noi e subito iniziarono a correre, soffermandosi talvolta ad attenderci. Li seguimmo. |
Guisgard scosse il capo a quelle parole di Melisendra e sorrise sarcastico.
“Allora dovevate pensarci prima…” disse “… prima di mettere al mondo un figlio, per poi abbandonarlo in mano a degli estranei… ma voi tanto neanche le capite queste cose…” Seguirono i segni lasciati dagli spiriti. “Questa donna riesce continuamente ad irritarmi…” pensava “… nessuna ci riesce come lei… idiota io che continuo a darle spago… che vada al diavolo! Tanto, per quanto mi riguarda, tra un pò lei e questo posto saranno solo lontani ricordi!” Ad un tratto gli spiriti imboccarono una stradina isolata ed avvolta nelle tenebre della notte. Poco dopo, Guisgard e Melisendra, si ritrovarono nei pressi di un bivio dissestato che sembrava perdersi nell’incolto e desolato spiazzo circostante. Lì vicino vi era una piccola cappellina nella quale si trovava il Cristo Redentore. Ad un tratto, dal buio, emersero alcune figure avvolte in lunghi mantelli. Dopo un momento comparve tra loro un uomo, che usciva gradualmente dall’ombra che avvolgeva quel luogo. L’uomo fissò il mendicante e poi Melisendra. “Perché hai condotto con te la donna?” Chiese al mendicante. “Non erano questi gli ordini del padrone… e cosa è accaduto al cavaliere che era con lei?” Guisgard lanciò un’occhiata a Melisendra, cercando di trovare una degna risposta a quelle domande. |
"Il cavaliere ha avuto ciò che meritava... una volta recuperata la spada ho lasciato il suo corpo senza vita in un vicolo..." Chinai il capo. "Credo di avere molte cose da farmi perdonare..."
Lanciai un'occhiata a Guisgard e poi mi rivolsi all'uomo che ci aveva fermati con tono deciso. "Ma credo anche che questi non siano affari che ti riguardano, desidero incontrare il mio signore." Gli spiriti tornarono al mio fianco e svanirono nell'aria. |
L’uomo fissò Melisendra per qualche istante, poi si avviò verso la penombra che racchiudeva quel luogo.
Toccò un punto preciso della cappellina e questa si spostò verso sinistra. Apparve allora un cunicolo sotterraneo e l’uomo fece segno di seguirlo. Così Guisgard e Melisendra si calarono in quell’oscuro luogo che sembrava assumere sempre più i tratti dell’anticamera degli inferi. Uno di quegli uomini aveva con sé una torcia che a stento illuminava la loro discesa. Quando l’aria si fece più densa e viziata, giunsero in un piccolo antro. Era semibuio ed umido. Davanti a loro si mostrò allora un corridoio. Lo imboccarono. All’improvviso apparve una leggera luce in lontananza. Proveniva da una piccola cella. Giunti, vi trovarono un uomo dal capo coperto, intento a scrivere qualcosa su un grosso volume. Nel vederli si alzò e si avvicinò al mendicante. Lo fissò per qualche istante, per poi spostare il suo sguardo su Melisendra. “La spada” disse rivolgendosi al mendicante “dov’è?” Guisgard spostò le vesti e la mostrò all’oscuro signore. “Dammela.” Guisgard allora obbedì. “Non ho più bisogno di te.” Fece l’oscura figura. Guisgard restò sorpreso e si mostrò titubante sul da farsi. “Vieni via con noi.” Disse uno di quegli uomini al mendicante. L’oscuro signore cominciò ad esaminare Parusia. “Si… è lei… è Parusia…” ammirando la perfezione del suo acciaio “… dov’è il cavaliere che era con te?” Chiese improvvisamente a Melisendra. |
"Il cavaliere l'aveva nascosta... ho dovuto aspettare che l'andasse a prendere per liberarmi di lui."
Mi avvicinai a lui. "Avevate ragione voi..." chinai il capo, "Non posso sopravvivere da sola... per questo ho insistito per riportarvi la spada. In fondo siete la cosa più simile a una famiglia che potrò mai avere..." Lo guardai come se fossi stata realmente pentita di tutto ciò ce avevo fatto. Mi concentrai per non lasciar filtrare nemmeno un po' delle emozioni che provavo. Non avrebbe sentito nè il mio odio nè la mia paura per la sorte di Gavron e di mio figlio. Di sicuro il bambino si trovava lì sotto da qualche parte. |
“Eppure avevi tentato di ingannarmi insieme a quello sciocco cavaliere…” disse tornando al libro su cui stava scrivendo prima del loro arrivo.
Riprese a scrivere. “Queste formule che sto trascrivendo sono potentissime…” mormorò l’oscura figura “… possono invocare alcuni degli arcidiavoli più potenti… secondo una tradizione molto antica, attraverso questo testo gli abitanti di Nolya invocarono il terribile demone Lanzarath per difendere la loro città dagli afragognesi… altri rituali sono capaci invece di dominare la mente degli uomini, tanto da far ammettere loro anche i più intimi pensieri…” alzò gli occhi e la fissò “… potrei adoperarli per leggerti dentro e sapere se posso o meno fidarmi ancora di te…” un ghigno apparve sul suo viso “… ma fortunatamente abbiamo un’occasione che ci permetterà di svelare questa cosa, senza il bisogno di scomodare le forze degli inferi…” Suonò il piccolo campanello di ottone che aveva sul tavolo e subito lo raggiunse uno dei suoi. “Prepara quel piccolo bastardo…” ordinò al suo fedele, senza alzare mai gli occhi da Melisendra “… la nostra incantatrice ne farà il suo prossimo pasto…” |
"Mi stavo giusto domandando cosa ne avreste fatto, ora che non vi è di alcuna utilità..." sospirai. "Bè, è un piccolo prezzo per tutto ciò che è avvenuto in questi anni..."
Mi rivolsi a Guisgard. "Portate qui il bambino." Mi domandai cosa stesse pensando. Forse stava pensando che ero fin troppo a mio agio in quel mondo oscuro e contorto. Mi sedetti sulla sedia di fronte al mio signore e posai una mano sui libri. Ne presi uno e lo sfogliai. "Vedo che continuate a collezionare queste opere... vi serviranno per liberarvi di coloro che stanno assediando la città, una volta che avranno portato a termine il loro compito di distruzione..." |
“Può darsi…” disse l’oscura e malvagia figura fissando Melisendra “… può darsi…”
Guisgard, intanto, era con gli altri per portare Gavron al loro signore. “Dove si trova?” Chiese all’uomo che gli era a fianco. “Dove l’abbiamo rinchiuso dopo averlo portato qui.” Giunsero in una stanza semibuia, dove vi era una piccola figura che mangiava avidamente. “Andiamo, forza!” Ordinò uno di quegli uomini. Subito quella smise di magiare e uscendo dall’ombra si mostrò a loro. Guisgard lo fissò con un impeto che gli scosse il cuore. Era Gavron. Appariva stanco ed affaticato. Aveva le mani legate ed i vestiti sporchi e maleodoranti. Poco dopo si presentarono all’oscuro signore. Nel vedere la ragazza, Gavron sgranò gli occhi ed ebbe un sussulto. Ma non disse nulla. Forse era troppo stanco e fiaccato nello spirito per poter parlare. “Bene, lasciateci soli.” Disse l’oscuro signore. Melisendra restò così sola con Gavron ed il suo antico padrone. |
Appena lo vidi barcollare verso di noi sentii una morsa al cuore.
"Fate rimanere il vostro servo... qualcuno dovrà portarlo via quando avrò finito..." Mi avvicinai a Gavron e gli accarezzai il volto stanco e sporco. Lanciai un'occhiata nervosa in direzione della spada. Presi Gavron in braccio, era così debole. Posò la testa sulla mia spalla e poi guardai la figura incappucciata. "Ricordate la storia di Aifa?"tergiversai, tornando ad accarezzare il piccolo Gavron, esausto "Fin dove può arrivare la fame d'amore e di libertà..." Radunai gli spiriti. C'erano delle fiaccole appese ai muri e una candela sul tavolo. Ero quasi pronta. Guardai Gavron e lo sentii esausto. |
“Decido io cosa ne sarà del suo cadavere.” Disse l’oscuro signore a Melisendra.
Fece allora cenno agli altri di uscire, ma Guisgard restò perplesso ed immobile. “Cosa fai?” Chiese uno degli uomini. “Andiamo, via!” Ma Guisgard restò immobile. L’oscuro signore lo fissò. Il falso mendicante tradì allora nervosismo. “Cosa fai ancora lì? Ti ho detto di andare via con gli altri!” Guisgard fissò allora prima Melisendra e poi Gavron. “Forse il tuo stesso fetido ti ha dato alla testa!” Prendendolo per un braccio uno di quegli uomini. “Lasciamoli soli!” “Al diavolo!” Esclamò Guisgard, tirando a se quello che gli teneva il braccio e colpendolo forte. Un attimo dopo tutti furono su di lui. Il cavaliere allora cominciò a divincolarsi, tentando di avere la meglio sui suoi assalitori. Ad un paio fracassò la testa, mentre ad altri due ruppe una sedia di legno sulla schiena. Ma nel bel mezzo della rissa, uno di loro lo colpì alle spalle, facendogli perdere i sensi. “Maledetto…” ansimò colui che l’aveva colpito, mentre gli dava un forte calcio nello stomaco, nonostante fosse ormai a terra senza conoscenza “… ma cosa gli è preso?” L’oscura figura si chinò sul mendicante, ma l’incanto di Melisendra celò il suo vero volto. “Un pezzente che si batte come un cavaliere…” mormorò un altro di loro “… che il diavolo lo porti!” “Rinchiudetelo.” Ordinò il loro padrone. “Mi occuperò di lui dopo.” Portarono allora via il falso mendicante. L’ultimo però di quegli uomini, col volto coperto da tatuaggi e con indosso una lunga tunica chiara, avvolse Parusia in un velo, come gli era stato ordinato dal suo signore e la prese con sé. “Molto strano…” mormorò l’oscuro signore fissando Melisendra “… mettevo in dubbio la tua fedeltà ed invece a tradirmi è stato uno dei miei più fedeli servitori…” di nuovo quel ghigno “… avanti, cibati di questo bambino e dimostrami la tua lealtà…” le disse. |
Accarezzai il bambino e mi voltai, dando le spalle a quell'uomo malvagio.
"Dormi... " gli sussurrai. Sentii il suo corpo diventare molle tra le mie braccia e appesantirsi. Invece di sottrargli la vita guardai verso le ombre dei miei spiriti e gli chiesi aiuto. Soffiai dentro a Gavron un po' delle mie energie. Il suo volto sereno ricadde all'indietro. Se respirava era impercettibile. Non sapevo cosa avessero fatto, ma avrebbe potuto sembrare morto. Lo posai sul pavimento e rimasi a guardarlo. |
Il malvagio signore fissò Melisendra ed ogni suo piccolo gesto.
“Molto bene…” disse appena l’incantatrice lasciò a terra il corpo di Gavron “… ora ti sentirai sicuramente meglio… hai tratto la giusta energia da quell’insignificante essere… molto bene…” chiamò di nuovo i suoi servitori e diede ordine di condurre via quello che credeva essere il cadavere di Gavron. “Cosa ne facciamo, signore?” “Datelo in pasto ai ratti.” Rispose il signore. “E tu, mia cara, se vuoi, puoi andare via… come vedi io le mantengo sempre le mie promesse.” Diede allora ordine ad un paio dei suoi di accompagnarla fuori da quel posto. |
"Grazie, mio signore..." mi inchinai e poi presi in braccio il piccolo Gavron.
"Penserò io a lui... lo seppellirò lontano da qui." Sembrava una bambola di pezza. "Una volta sistemata questa faccenda tornerò e sarò ai vostri ordini..." Pensai a Guisgard, rinchiuso chissà dove, e alla spada, che era stata avvolta in un drappo e portata via. Ero concentrata sul mantenere la vita nel corpo di Gavron celata agli occhi di tutti. Mi incamminai lungo il corridoio, ma non dimenticai di guardarmi intorno. C'erano cunicoli e porte. Dove diavolo era Guisgard? |
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