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Voltai le spalle al nano, che presto mi avrebbe accompagnata fuori di lì e mi avvicinai ancora di più alla grata della prigione di Guisgard.
"Avete ragione... questo non è luogo per la poesia. E nemmeno per la misericordia." Era un'amara verità. "Presto uscirete di qui..." sussurrai. Lo guardai, mentre mi domandavo cosa avrei detto al mio signore. Mi avviai verso l'uscita di quella prigione e infilai il corridoio, seguendo il nano. I miei passi rimbombavano nei corridoi, da cui provenivano echi sinistri. Quel luogo era oscuro, degna dimora del male che lo infestava. |
Il nano condusse Melisendra nella stanza del suo padrone.
“Non so quando giungerà…” disse il nano con un ghigno “… ma val sempre la pena attenderlo, milady… e poi” ridendo “deve interrogare quel traditore del mendicante… e noi tutti qui non vediamo l’ora di assistere al suo supplizio! Accadono ben poche cose eccitanti quaggiù e la fine di quel verme proprio non vogliamo perdercela!” Ed andò via ridendo ed imprecando contro il mendicante. La ragazza restò così da sola, davanti al grande specchio ovale, dove si rifletteva la sua immagine, posto proprio di fronte alla porta. Guisgard, intanto, era rimasto a fissare le sbarre, dopo che Melisendra era andata via. E ripensò alle sue ultime parole. “Ti sei rattristato, amico mio?” Chiese il vecchio. “Non è che questo luogo metta poi tanta allegria!” “Si, ti capisco…” sorridendo il vecchio “… una bella donna è sempre simbolo di libertà ed averla vista ti ha messo tristezza, pensando a questa brutta situazione in cui ti trovi…” “Come ti chiami, vecchio?” “Eumeus” rispose il vecchio cieco “e fui fedele chierico al servizio del grande lord Rauger, signore di Capomazda.” |
Passeggiai nervosamente davanti a quello specchio.
Mi domandai se non fosse così che doveva finire fin dal principio: forse non era un caso se, nonostante tutto ciò che avevo fatto per evitarlo, alla fine ero tornata al punto di partenza. Appartenevo a quel mondo fatto di ombre? Mi avvicinai allo specchio e guardai il mio volto. Ero pallida. Forse avevo abusato delle mie forze. Distolsi lo sguardo dal mio riflesso. Era inutile perdersi in quelle considerazioni, quando c'erano ancora tante cose di cui occuparsi. Avevo messo Guisgard in un brutto guaio. Lo avevo infilato in quella situazione ben sapendo che uno spirito avventato come lui avrebbe rischiato di lasciarci la pelle. Quella non era gente con cui scherzare e ora ci trovavamo nella tana del lupo. Sentii gli spiriti agitarsi e sospingermi delicatamente lontana dallo specchio. Erano preoccupati. Non potevo dargli torto. Mi sedetti su un divanetto ad attendere. |
“Sei crucciata, amica mia? Non dovresti, hai tutto invece per essere felice!” Disse una voce a Melisendra. “Cosa ti preoccupa, dimmi? Deve essere davvero molto importante se sei tornata fin quaggiù!”
A parlare era la sua stessa immagine riflessa nello specchio. “Sei in pena per tuo figlio?” Chiese l’immagine. “O forse per il Cavaliere del Gufo? Avanti, confidati pure con me… se non ti fidi del tuo stesso volto, di chi mai potresti?” E si abbandonò ad una risata compiaciuta. “Forse vuoi un pò dell’oro di Capomazda, quando la città sarà caduta? Per garantire un degno futuro a te e a tuo figlio? Su, confidati con me…” http://www.channel4.com/assets/progr...e6_412x232.jpg |
Mi avvicinai nuovamente allo specchio.
"Ma che grazioso giocattolo..." sfiorai la cornice dello specchio. "Sono tornata a casa... sono tornata perchè è questo il luogo a cui appartengo... e anche tu!" scrutai il mio riflesso con curiosità. "E tu? Sei preoccupata per qualcosa? Come hai detto... abbiamo tutto. Quanto al Gufo... sai bene che la sua sorte mi è del tutto indifferente." Picchiettai le unghie sulla superficie liscia dello specchio. "Sei così bello... e così fragile..." |
“Prova a rompermi!” Disse l’immagine di Melisendra. “Qui a Capomazda i suoi bigotti abitanti non oserebbero farlo per paura di essere perseguitati dalla cattiva sorte, ma tu… tu non credi in niente e nessuno, vero, amica mia?” E rise. “Il Gufo ti è davvero indifferente? Allora vedi che ti conosco come nessun altro? Ho sempre saputo che il tuo cuore era incapace di amare! Io preoccupata? E per cosa? Non ho nulla, se non un figlio lontano… ma se non ne sei preoccupata tu, allora neanche io lo sarò.” E rise di nuovo.
“Eh, parlare con la propria coscienza, che fortuna, vero?” Disse all’improvviso qualcuno alle spalle di Melisendra. “Sono lieto, come sempre, di rivederti, mia cara.” Ridendo l’oscuro signore. |
"Sai bene in cosa credo..." dissi, alzando il mento con alterigia. "Ma menziona ancora mio figlio e non riuscirai più a riflettere nulla..." sussurrai accarezzandolo. "Cosa sei?"
La voce alle mie spalle mi interruppe e mi fece voltare. Mi inchinai. Risi. "Ora capisco perché è così impertinente..." L'oscurità che celava il suo volto era qualcosa di sinistramente familiare. "Su una cosa ha ragione: non so amare... e di questo probabilmente dovrei esservi grata... mi avete evitato un sacco di seccature. Sono tornata perché non c'è nulla per me là fuori. Non pensavo che sarebbe arrivato questo momento, ma è giunto il tempo di riconoscere i miei errori." Mi voltai verso lo specchio. "I nostri errori... come il Cavaliere del Gufo, ad esempio... giusto, cara?" |
“O come quello di aver tentato di ingannarci, insieme a quel cavaliere” disse l’immagine allo specchio “col trucco della sua spada spacciata per Parusia!” E Rise.
“Oh, ma il Gufo non è stato un tuo errore…” mormorò l’oscuro signore avvicinandosi a Melisendra “… ma suo. Un cavaliere che fa della malvagità e dell’odio il suo punto di forza, non può cedere all’illusione dell’amore…” la fissò attraverso il buio del suo cappuccio “… tuttavia egli ci serve… conquisterà questa città per me… ed io, come sempre ho fatto, saprò ricompensare la fedeltà nei miei confronti… gli farò impugnare Parusia, con la quale, beffa del destino, trafiggerà l’ultimo dei Taddei…” si sedette su un piccolo seggio “… ormai per Capomazda è cominciato il conto alla rovescia… inesorabile, verso la fine…” |
"Vedo che il vostro senso dell'umorismo è rimasto intatto..."
Rivolsi una malevola occhiata allo specchio, ignorando le sue parole. "Quindi ormai è la fine... è spiacevole, in qualche modo. Questa bella città diventerà uno scenario di morte e distruzione... che tristezza." Ero sinceramente dispiaciuta, ma pronunciai quelle parole con tono neutro e asciutto. "Parusia in mano al Gufo? Questo renderà più complicato per voi eliminarlo, come se non bastasse quella sua maledetta armatura..." sbuffai. |
“Il Gufo è un problema secondario, almeno per ora…” disse l’oscura figura “… nella vita gli avversari o si comprano, o si combattono. Il Gufo, per adesso, fa parte della prima tipologia. I Taddei no. Sinceramente dubito che lo sciocco rampollo dei Taddei tornerà vivo dalla sua amorosa impresa… ma la vita mi ha insegnato ad essere prudente e previdente. La mente è sempre in grado di soggiogare il braccio… non sarà difficile dominare quello sciocco del Gufo…”
“Ma il Gufo non ti aveva imposto un ultimatum?” Chiese l’immagine allo specchio a Melisendra. “Se non erro cercava qualcuno ed era arrivato a minacciare nostro figlio, vero? Cosa aveva chiesto in quell’ultimatum? Forse quel cavaliere che tu, come dici, hai poi eliminato? Non hai finito per mettere in pericolo nostro figlio, con questa tua azione? Avresti potuto consegnare al Gufo quel cavaliere, così da sapere tuo figlio tranquillo…” e rise sarcastica. |
"Non mi sorprende che io non ti dia mai retta, cara la mia coscienza..." la guardai con sufficienza. "Non sei molto sveglia."
Mi voltai verso il mio signore. "Quel cavaliere mi è sfuggito una volta, poi mi ha sottratto Parusia quando ci trovavamo nella cappella e io era priva dei miei poteri, infine ha avuto ciò che meritava... ha tirato troppo la corda e quella si è spezzata." Tornai a rivolgermi allo specchio. "Di una cosa sono certa... Gouf non farà niente di male a mio figlio. Nonostante tutto... ancora mi domando per quale motivo non riesca a uccidere me... eppure ne ha avute molte di occasioni." Rimasi pensierosa. "Bè, meglio così... no, cara? Forse potrei portargli la spada, se il mio signore lo riterrà opportuno..." sorrisi. |
“Parusia gli sarà consegnata quando entrerà a Capomazda, così che potrò controllare sia lui che la spada.” Disse l’oscuro signore. “Ormai manca poco e le sue armate forzeranno ogni blocco… questa città e tutti suoi valori sono ormai condannati.”
“Beh, questo accadeva fino a poco tempo fa, mia cara.” Intervenne l’immagine allo specchio. “Fino a quando, cioè, Aytli era ancora in vita… poi dopo la sua morte l’odio è divenuto il solo nutrimento per il Gufo… quindi attenta… e bada che lo dico nell’interesse di entrambe! Quel bambino è anche figlio mio! Perché… non mi stupirei più di nulla, ormai, da parte di quell’uomo…” “Ora basta.” Alzandosi in piedi l’oscuro signore. “Voglio capire cosa ha spinto quello sciocco mendicante a tradirmi. Gli farò alcune domande, poi lo farò trucidare.” |
Finiwell e Cavaliere25 giocarono ai dadi per tutta la notte.
Riuscirono così ad allontanare un pò di quell’angoscia che ora dominava ovunque a Capomazda a causa dell’assedio. “Scommetto la paga di questo mese che faccio un doppio uno al primo colpo!” Disse Finiwell. “Avanti, che fai? Accetti? E come rilanci? Bada che la tua paga è inferiore alla mia, essendo tu un cadetto! Quindi deve mettere qualche altra cosa come posta in palio!” |
“Abbiamo ormai ben poca scelta, Dafne…” disse Pasuan “… avanti, procediamo verso la luce di quella stanza che vedi in lontananza… e tieniti pronta a tutto…”
I due cominciarono ad avanzare piano. E più avanzavano, più la loro tensione saliva. Giusero così davanti alla porta della stanza. Era socchiusa. “Entriamo, Dafne…” mormorò Pasuan, che, da come la ragazza aveva arrestato i propri passi, aveva capito di aver raggiunto quella stanza. Allungò allora la spada fino a toccare il legno della porta. “Preparati, piccola…” sussurrò a Dafne. Spinse così la punta della spada contro la porta e questa si aprì. La stanza era in realtà un piccolo vestibolo scavato nella nuda pietra. Al suo interno vi era solo un grosso tavolo al centro, tutto unto e maleodorante. A terra e sulle pareti vi erano ovunque schizzi e macchie di sangue. Alcune ancora fresche. E contro la parete più lontana vi era una strana e silenziosa figura vestita con un lungo e nero mantello. Era girata di spalle ed aveva in braccio qualcosa. Si muoveva ed emetteva dei vagiti. Era dunque un bambino. |
“E sia, cavaliere…” disse Layla rivolgendosi ad Echemback “… avrete la possibilità di cimentarvi nella Dolorosa Costumanza.”
“E quando, mia signora?” Chiese il cavaliere. “Subito.” Rispose layla. “Preparatevi, io darò ordine che tutto cominci il prima possibile.” “Voi assisterete, mia adorata?” “No, messere. Odio quella prova… e mai ho assistito al suo svolgimento. Attenderò, come sempre ho fatto, pregando nella mia stanza… che Dio vi custodisca, cavaliere.” Si voltò poi verso Talia e le parlò sottovoce. “Non temere, Yelia. Nessuno può vincere la Dolorosa Costumanza.” Sorrise come a volerla tranquillizzare. “Tu aspetta che tutto sia finito, prima di uscire dal palazzo.” E si ritirò nella sua stanza. Nel frattempo, Echemback si preparò per la misteriosa sfida. Appena fu pronto, alcuni valletti di Layla lo condussero nel verziere. “Seguite il viale segnato dalle lance con gli elmi” fece uno dei valletti al cavaliere “e giungerete nel luogo dove si terrà la sfida.” Echemback allora si voltò verso i suoi compagni e fece un vistoso inchino, al quale tutti loro risposero con altrettanti inchini carichi di goliardica ed improbabile guasconeria. Il cavaliere allora s’incamminò nel verziere, seguendo le indicazioni del valletto. “Giuro che non ho mai visto una masnada più becera e volgare di quella!” Esclamò Icarius fissando il cavaliere e i suoi compagni. “Già e non credo si siano resi conto di ciò che stanno per fare…” mormorò Lho, che nel frattempo lo aveva raggiunto. Passò poco tempo che una sagoma apparve nel verziere. Era il cavallo di Echemback che tornava indietro, senza più il suo padrone in groppa. Il cavaliere infatti era stato disarcionato e rimasto con un piede bloccato in una delle staffe della sella, proseguendo tirato dal suo cavallo nel terreno e nella polvere. Non aveva più le armi ed il suo elmo presentava una vistosa spaccatura all’altezza della tempia destra, dove una scheggia della lancia si era conficcata, uccidendolo. Tutti i suoi compagni gli si avvicinarono, constatando il fallimento dell’impresa. Suonò allora una campana che annunciava la fine della prova. Layla ritornò ad affacciarsi dalla terrazza. “Portatelo via e non tornate più.” Disse ai compagni del cavaliere morto, mentre i suoi valletti conficcavano una nuova lancia nel verziere, accanto alle altre e ponendovi sopra, come ennesimo trofeo, l’elmo dell’ultimo sfidante della Dolorosa Costumanza. Poi si voltò e riconobbe Icarius nel cortile. “Triste fine per quel cavaliere, vero, milord?” Fissandolo con un sorriso compiaciuto, quasi a voler scoraggiare ogni proposito del signore di Capomazda. “Già, triste e misera fine, milady…” rispose il taddeide “… ma io non sono come quel cavaliere… rammentatelo, mia signora… rammentatelo…” http://25.media.tumblr.com/tumblr_l3...d6aso1_500.jpg |
Le parole di Layla suonarono alle mie orecchie in uno strano modo...
“Non temere, Yelia. Nessuno può vincere la Dolorosa Costumanza. Tu aspetta che tutto sia finito, prima di uscire dal palazzo.” aveva detto... La osservai stupita... che cosa significava? Nessuno poteva vincere quella prova? Dunque stava deliberatamente mandando quell’uomo al macello! Layla si ritirò, ma io non potei: rimasi nel salone e, da una delle alte finestre, continuai a sbirciare di nascosto il cortile con un vago senso di nausea alla bocca dello stomaco... vidi il cavaliere di nome Echemback fare un buffo inchino ai suoi e avviarsi per il sentiero segnato dalla lance... passò poco tempo, troppo poco per credere che ci fosse stato un vero scontro, e il cavallo fece ritorno nel cortile, trascinando il corpo morto di quell’uomo presuntuoso. Qualcosa dentro di me si strinse, l’aria mi mancò per un istante e un forte senso di disagio mi colse... quell’uomo era presuntuoso e volgare, era vero, ma nessuno meritava di morire a quel modo, pensai mentre i miei occhi indugiavano -mio malgrado- sull’elmo spaccato e rosso di sangue. Nessuno meritava una fine simile. E nessuno aveva il diritto di dispensare la morte con tanta noncuranza. Eppure Layla lo aveva fatto: aveva lasciato che quel cavaliere andasse a morire senza batter ciglio, aveva gestito la cosa come se si fosse trattato di un affare di nessun conto... Il mio senso di disagio si intensificò, un disagio profondo che giungeva da ben sotto quello strato di nebbia che oscurava la mia mente, un disagio che giungeva da qualcosa che avrei forse potuto definire ‘coscienza’... Poi Layla tornò sul terrazzo. Io abbandonai la nicchia della finestra nella quale mi ero rifugiata e la raggiunsi, proprio mentre lei dava disposizione agli uomini del cavaliere morto di andarsene e non tornare più. Tardi... pensai ...è troppo tardi! Avrebbero dovuto seguir prima quel consiglio! Ma Layla già non si curava più di loro: la sua attenzione si era spostata altrove, adesso. Citazione:
E lo vidi. Se ne stava distrattamente appoggiato ad una scala che qualcuno dei paggi di Layla aveva dimenticato in un angolo del cortile. Lo guardai per un momento e, subito, tutto il resto scivolò via dalla mia mente: il cavaliere morto, lo sgomento e la paura che avevo visto negli occhi dei suoi uomini, il disagio per l’atteggiamento di Layla... tutto quanto. I miei occhi incrociarono i suoi e sorrisi, accennando un piccolo saluto. |
mmmmmmmmmmm dissi guardando Finiwell metto il mio porta fortuna un ciondolo regalatomi da un vecchio saggio vediamo se riesci a vincere al primo colpo e sorrisi simpaticamente
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“Allora preparati a separarti dal tuo portafortuna, ragazzo mio!” Disse Finiwell a Cavaliere25, mentre si accingeva a tirare i dadi. “Ora farò quel doppio uno e ti porterò via il tuo ciondolo in maniera così rapida che non ti sembrerà neanche di averlo mai indossato!”
Lanciò allora i dadi, ma il risultato fu per lui sfortunato: realizzò infatti un due ed un sei. “Che sia maledetto il gioco d’azzardo e chi l’ha inventato!”Esclamò Finiwell. “Dimentico sempre che madonna Fortuna è l’unica donna su cui il mio fascino non funziona!” Sbuffò. “E sia, hai vinto un mese del mio stipendio, amico mio. Ora però, in nome della cavalleria e dell’amicizia, dovrai offrirmi almeno la cena!” |
"A questo proposito... temo che sia stata mia la colpa..." mi guardai l'orlo del vestito, celando un po' di imbarazzo. "Potrei aver pasticciato con la sua mente... per convincerlo a farmi portare qui."
Guardai nello specchio. "Hai qualcosa da dire tu? Ricordati che potremo sbarazzarci di Gouf quando più ci aggrada... se hai qualche scrupolo sappi che non ti ascolterò." |
“Io scrupoli? Ma se fosse dipeso da me sarebbe già morto quel cavaliere! Ed ora Uriel sarebbe senza dubbio al sicuro…” disse l’immagine allo specchio fissando Melisendra con un ghigno.
L’oscuro signore aprì la porta. “Vado ad interrogare quel verme…” fissò Melisendra “… hai ragione… la sua mente è debole… ed i deboli non hanno diritto di vivere. Vuoi assistere con me al suo supplizio?” Nella cella, intanto, Guisgard era in compagnia del vecchio cieco. “Eri dunque un servo di lord Rauger?” Chiese il cavaliere. “Si… e fui precettore di suo nipote, lord Ardoss.” A quel nome Guisgard ebbe un sussulto. “Lo… lo hai conosciuto allora…” mormorò. “Si… aveva quindici anni quando mi fu affidata la sua preparazione… l’ho visto diventare uomo… e l’ho visto morto…” “Che… che uomo era?” “Il migliore che sia mai nato.” Rispose il vecchio. “Di una nobiltà d’animo vera e sincera… chi non lo conosceva poteva facilmente confondere i suoi modi e crederlo un irriverente, un egocentrico o un donnaiolo… niente di più falso. Egli era giusto con i nemici, pietoso cogli amici e misericordioso verso i poveri… e quanto alle donne, egli ne ha amata una per tutta la vita.” “Sua moglie immagino…” Il vecchio esitò. “Nella morte la sincerità è spesso l’unica cosa che resta a noi miserabili condannati…” sussurrò “… non ti negherò dunque questa cosa… la donna che lord Ardross amava sinceramente non era sua moglie… ma un’altra…” Guisgard si voltò di scatto. “Chi era quella donna?” Ma in quel momento si udirono dei passi. Erano alcuni seguaci dell’oscuro signore. Presero Guisgard e lo incatenarono alle sbarre della cella. “Ora comincia il bello, verme…” mormorò il boia. In quel momento giunse l’oscuro signore. |
Citazione:
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"Mio signore, non sarà necessario... è stata mia la colpa, non avrei dovuto privarvi della fedeltà di quest'uomo, forse potrei rimediare... sarà sufficiente che liberi la sua mente da quell'influenza che ho avuto su di lui... vi garantisco che tornerà come prima, anzi... sarà ancor più malleabile ai vostri scopi!"
Avevo seguito il folto corteo di persone che si erano radunate pur di assistere al supplizio. "Inoltre ben sapete che i miei metodi non sono del tutto indolore... se ne ricorderà, ve lo garantisco!" Guardai Guisgard, ancora sotto le sembianze del mendicante, che taceva, incatenato a quei ferri. Mi rivolsi all'oscuro signore. "Lascerete che rimedi a questo sciocco pasticcio?" |
“Ma si, perché no.” Disse l’oscuro signore fissando Melisendra. “Ma prima deve avere una lezione. Mi è costato un paio di servitori con le mascelle rotte ed un altro con la testa spaccata. Ed io ripago sempre con la stessa moneta.”
Fece allora cenno al boia e questo cominciò a far schioccare la frusta. “Maledette canaglie…” mormorò Guisgard. Il boia strappò la tunica del mendicante, quella resa incantata da Melisendra, sul petto di Guisgard e cominciò a frustarlo. Ai primi colpi il cavaliere riuscì a stringere i denti, ma superata la quindicina cominciò ad ansimare ed a gemere. “Lasciatelo stare!” Gridò il vecchio cieco. “E’ un buon diavolo! Possibile che non temiate Dio e la Sua giustizia?” “Zitto, feccia!” Gridò il boia colpendolo con una frustata sul viso. “Se fosse ancora vivo lord Rauger vi avrebbe già strappato da questo mondo…” lamentandosi il vecchio. Ed ancora il boia lo colpì, fino a zittirlo. “Avrei dovuto ucciderti, maledetto e non solo strapparti gli occhi…” mormorò l’oscuro signore “… e forse Belzebù sarebbe riuscito ad essiccare questa tua maldestra fedeltà verso quei cani dei Taddei…” “Signore, devo continuare con questo?” Chiese il boia indicando Guisgard ormai quasi senza forze. “No, per ora basta così.” Rispose l’oscura figura. “Deve essere lucido quando riprenderemo.” E si allontanò dalla cella, affidando al boia la guardia dei prigionieri. |
Pensavo di essere abituata a quei macabri spettacoli, invece avevo sussultato ad ogni colpo di frusta. Appena furono usciti tutti mi rivolsi al boia.
"Lasciami sola col prigioniero..." gli sfiorai l'avambraccio, influenzandone la mente. Quello uscì senza controbattere. Non avevo molto tempo. Mi avvicinai a Guisgard. Fortunatamente la tunica era rimasta a contatto con la pelle, se fosse scivolata al suolo non ci sarebbe stato niente da fare. Cercai di forzare i lucchetti, ma fu inutile. Gli diedi un po' d'acqua e gli asciugai la fronte. "Mi dispiace... mi dispiace tanto... Gavron è al sicuro, l'ho portato da Lady Rachel... presto vi farò uscire di qui!" Lo guardai bene in volto e colsi nello sguardo quello che era il suo vero aspetto. Presto sarebbero tornati. Guardai verso la porta con apprensione. |
Guisgard sorseggiò ad agio quell’acqua datagli da Melisendra.
“Perché…” disse ansimando “… perché siete… tornata?” Alzò lo sguardo e la fissò negli occhi. “Avete fatto… una… cosa molto sciocca…” continuò a fatica. Si voltò poi verso il vecchio cieco. “Presto…” mormorò il cavaliere “… prima che ritornino… occupatevi di lui… guardate… guardate se l’hanno ferito gravemente…” Il vecchio stava col capo chinato su una spalla, mentre del sangue gli usciva dalla fronte e dagli occhi. Respirava a fatica, ma era ancora vivo. “Fate presto…” la esortò Guisgard “… presto ritorneranno… quei cani…” |
Mi avvicinai al vecchio e mi parve respirare, forse era solo svenuto.
"Non potevo certo lasciarvi qui! Credo sia svenuto... non posso fare niente per lui..." Velocemente mi avvicinai a Guisgard e gli presi il volto stanco tra le mani. Velocemente sfiorai la sua bocca con la mia e feci appello alle forze rimaste. Invece di prendermi il suo respiro, soffiai in lui nuove energie. Non troppe, non potevo permettere che le ferite si rimarginassero, se ne sarebbero accorti subito. Inoltre non avevo abbastanza forze per riuscirci. Mi staccai e arretrai verso l'uscio. "Ecco... resistete..." |
Guisgard fissò Melisendra con uno sguardo indecifrabile.
“Ancora uno dei vostri incanti…” disse il cavaliere “… e questo addirittura camuffato da bacio… cosa ci avete soffiato dentro? L’astio, l’odio o il disprezzo che avete per me? D’ora in poi teneteli per voi questi trucchi… baderò io a me stesso.” Si voltò verso il vecchio. “Su, coraggio, resistete!” Il cieco rispose con un lamento. In quel momento i carnefici ritornarono. “Vedo che ti sei già ripreso…” mormorò l’oscuro traditore “… sei più forte di quanto immaginassi, bene…” Il boia, ad un cenno del suo padrone, colpì il cavaliere con un pugno nello stomaco. “Bast… bastard… i…” tossendo Guisgard. “Perché hai disubbidito ai miei ordini, arrivando anche ad aggredire i miei servitori?” Chiese l’oscuro rinnegato. “Perché mi hai tradito?” “E’… è la stessa, sciocca, domanda… che tuo padre fece a tua… madre… vero, figlio di…” Ma il boia lo colpì di nuovo, impedendogli di continuare a parlare. “Sono sincero…” fece l’oscuro ripudiato “… non immaginavo in te tanta rabbia. Ti ho sempre ritenuto una nullità, invece mi accorgo che hai quasi l’orgoglio e la superbia di un cavaliere.” Fece un cenno al boia e questi colpì nuovamente Guisgard. “Ammetto che sarebbe quasi uno spreco uccidere un elemento come te…” con un ghigno l’oscura figura “… ucciderti ora, intendo… chissà che tu non possa servirmi per un ultima volta…” Fissò il boia. “Pestalo a sangue, poi ci penserà lei a rimetterlo in piedi…” ordinò il malvagio traditore, indicando poi Melisendra. Si allontanò e lasciò il boia ad eseguire i suoi ordini. E questi subito cominciò a picchiare violentemente Guisgard. |
“Che miserabile fine…” disse Lho guardando il cavaliere che i suoi compagni portavano via “… ma cosa mai ci sarà in quel verziere?”
“La morte, amico mio…” mormorò Icarius “… la morte…” In quel momento però Icarius si accorse di Talia. Sorrise al saluto di lei. Un sorriso che ben mascherava le angosce e le inquietudini che attanagliavano il cuore dell’eroe capomazdese. “Siete sempre deciso a cimentarvi in quell’oscura impresa, mio signore?” Chiese Lho. “Oh, più che mai, amico mio.” Rispose senza togliere mai i suoi occhi da quelli di Talia. “Se lei è il premio, nessuna prova potrà mai scoraggiarmi o avvilirmi…” Ad un tratto Talia sentì tirare il suo abito. Si voltò e vide un bambino. “Hai visto? Un altro cavaliere è morto.” Disse Morgan. “Questo mese…” contò goffamente sulle sue dita “… sono tre.” Sorrise. “Li conto sempre. A questo di oggi gli si è spaccato l’elmo, l’altra volta, invece, un cavaliere ritornò senza più la testa e tutto il cortile si sporcò col suo sangue.” E annui. Guardò poi nel cortile e vide Icarius accanto a Lho. “Io lo conosco quel cavaliere.” Fece Morgan indicando Icarius. “Secondo me lady Layla l’ha fatto venire perché somiglia all’uomo del suo quadro.” “La cena sarà servita tra poco nella Sala dell’Aurora.” Disse Shezan a Talia. “Prego, milady, seguitemi.” Talia fu così condotta nella Sala dell’Aurora, così chiamata perché volgeva a Levante. Qui tutti avevano già preso posto a tavola, compresi Icarius, Morgana, Lho, Nishuru e Luna. Nel vedere Talia, l’eroe ardeide si alzò, come a volerla far sedere accanto a sé, ma Layla lo anticipò e fece segno a Talia di sedersi vicino a lei. |
Monteguard fissava sempre più incuriosito Llamrei.
Controllò allora di nuovo quel plico, cercando di capire cosa contenesse. “Molto strano, vero, capitano?” Domandò August. Monteguard scosse il capo perplesso. “E sia, vi ascolto…” disse poi il capitano alla monaca “... raccontatemi tutto...” |
Sentii quel pianto. Vidi quella losca figura avvolta nel suo mantello nero. Svenni quasi, dovetti afferrare con due mani il braccio di Pasuan e, per questo, lasciai cadere il pugnale. Mi sembrava la vocina indifesa di Hubert!
"Hubert, è lui... Pasuan... Hubert" Non riuscivo a parlare, quelle poche parole mi uscirono dalla bocca come se fossero un sossurro. Per un attimo non seppi cosa fare, sentivo le gambe molli, la testa pesante, il respiro inesistente e avevo il cuore fermo. Com'era possibile che il mio piccolo fosse lì? L'avevo lasciato al paese, credevo che fosse un luogo sicuro, a quanto ne sapevo non era mai accaduto nulla di significativo in quel borgo. Ma quel pianto mi sembrava proprio quello di Hubert, non ne ero certa però perchè chi lo teneva in braccio era di spalle. Rabbrividii pensando che quella losca figura potesse essere la strega della quale parlava Ludovici. Il terrore che i suoi poteri potessero far del male al mio piccolo bambino mi impedì di saltarle immediatamente addosso per strapparle il bambino dalle braccia e fuggire via con lui. Sapevo che un'azione del genere sarebbe stata impossibile e sarebbe finita nel sangue, cercai allora una soluzione razionale. La trovai: decisi di descrivere a Pasuan quel che vedevo sperando che lui, con la sua grande esperienza potesse far qualcosa. Iniziai quindi a parlare sottovoce "Pasuan, c'è qualcuno a circa 20 passi da noi che tiene in braccio un neonato. Senti il suo pianto? Questa figura mi sembra molto più bassa di te, all'incirca alta quanto me. Ha il corpo completamente ricoperto da un mantello nero di lana e il cappuccio calato sulla testa, non ti so dire se sia un uomo o una donna... e neppure se si tratti... della strega" feci una pausa nominadola, poi ripresi "Non vedo armi qui intorno. E non c'è nemmeno la mobilia, solo un tavolo lurido posto proprio tra noi e quella figura. L'ambiente non è per nulla rassicurante: ci sono schizzi di sangue ovunque" deglutii tentando di respingere la nausea "Che cosa faccaimo Pasuan? Dobbiamo prendere il bambino e portarlo via... e non voglio che gli succeda qualcosa!" Non avrei esistato nemmeno un secondo: per salvare Hubert avrei sascrificato la mia vita! |
"Osate paragonarmi ad una dama di corte?" urlai in preda all'ira a Lady Layla; "Voi non avete la minima idea di chi sia io! Sarò pure giovanissima, ma io sono una Prescelta...".
Non sapevo quanto suonassero minacciose le mie parole a Layla. Non sapevo nemmeno se lei conoscesse la storia dei Prescelti, coloro a cui un Dio dona parte dei suoi poteri. Nishuru, visibilmente preoccupato ed irritato, mi portò via da lì. Io quella l'ammazzo! Appena riusciremo a liberare Lady Talia dall'incantesimo, io la sgozzerò, quell'insopportabile strega!!! Seguii Nishuru e ascoltando le sue parole m'irritai non poco e persi completamente la ragione, lasciando che, per pochi secondi, Theenar prendesse il sopravvento. Urlai, torsi il polso di Nishuru, lo feci cadere e lo bloccai a terra premendogli il mio ginocchio sul suo petto. Il suo respiro si fece pesante. Estrassi poi il mio pugnale e glielo puntai alla gola. "Sta zitto, Nishuru, figlio di Erther! Ricorda chi hai davanti, ricorda con chi parli! Io sono Verdammt la Maledetta, la figlia del tuo Signore! Porta rispetto!!!" gli dissi urlando e dicendo ciò premetti ancor di più la lama sulla sua gola. Un rivolo di sangue gli scese lungo il collo. No! Fermati! Lui è un tuo fedele servo! Mio Signore, risparmiatelo! Theenar si placò e io riacquistai lucidità. Mi sedetti sull'erba e Nishuru scivolò lontano da me, impaurito. "Scusami..." mormorai dispiaciuta. Lo guardai e sorrisi. Mi avvicinai e mi accoccolai tra le sue braccia. "Tu e Luna state insieme." non era una domanda, era un'affermazione. Lui mi guardò, con sguardo interrogativo. Capii cosa cercava di spiegarsi. "No, non me l'ha detto Luna, l'ho capito io, da sola. Ho notato come vi guardate e alla cattedrale, come suo accompagnatore, c'eri tu. Di solito l'accompagna sempre Pardyon..." mi scappò una risatina nervosa. Ma la nostra chiacchierata fu interrotta da delle grida. Un uomo, annunciò di voler vincere la Dolorosa Costumanza. Nishuru si stava alzando per andare a vedere, ma io lo trattenni. "No, ti prego. Restiamo qui. Sono sicura che ci saranno solo inutili spargimenti di sangue. Sarebbe come offrire carne fresca a Theenar. Io ne sarei felice, ma... non ora..." dicendo ciò abbassai lo sguardo e mi sdraiai sull'erba. Nishuru si mise di fianco a me e rimanemmo così ad osservare il cielo, in silenzio. "Spero che Luna non sia gelosa!" sussurrai e risi piano. Dopo un po' Luna ci venne a chiamare dicendoci che era pronta la cena. Raggiungemmo a passo svelto la sala in cui si teneva il sontuoso banchetto e nel frattempo Luna ci raccontò cos'era successo al cavaliere che si era presentato a palazzo. Non dissi una parola. Ci sedemmo a tavola ed io, per tutta la durata del banchetto, guardai minacciosa Lady Layla che ricambiò più volte il mio sguardo, sorridendo malefica. Siete già morta, Mia Signora. Risi piano, gustando appieno quel pensiero. Ritornai poi a fissare Lady Layla. |
"Fermatevi!" riuscii a malapena a replicare, mentre assistevo a quello scempio. "Non potrò fare granchè se continuerete così!"
Quando Guisgard ricadde quasi privo di sensi, il boia si interruppe. "Vi prego... ora lasciate che me ne occupi io... sapete che non amo la vista del sangue. Lasciatemi col prigioniero e ve lo restituirò come chiedete." Mi avvicinai a quel corpo martoriato e feci segno di slegarlo da quella scomoda posizione. "Lo avete ridotto male... ci vorrà più tempo di quanto credessi." |
Il boia smise il suo supplizio e slegò Guisgard, che cadde a terra pesantemente.
Il boia lo riportò nella cella e lo incatenò di nuovo alle catene. “E’ tutto vostro, questo cane.” Disse poi a Melisendra. Il petto del cavaliere era lacerato dalle frustate ed a contatto con la nuda pietra delle pareti quelle ferite gli producevano un dolore fortissimo, a tratti insopportabile. “Come stai, amico mio?” Chiese il vecchio cieco. Guisgard rispose con un gemito di dolore. “Avanti, fatti forza…” “Si…” annuì a fatica il cavaliere alle parole del vecchio. |
Il banchetto era cominciato e tutti avevano preso posto, o quasi.
Più volte Layla fissò tutti gli invitati alla sua tavola. Li scrutava quasi a voler leggere dentro ognuno di loro. E si accorse dello sguardo di Sayla su di lei. “Smetti di fissarla…” disse sottovoce Nishuru alla giovane ragazza “… sembra che tu voglia darle fuoco solo guardandola…” Ad un tratto Layla sollevò una coppa e prese la parola: “Brindo a questa cortese ed amabile compagnia. A noi tutti, a questo luogo ed alle più nobili intenzioni che animano i nostri cuori… ed al giorno in cui saremo chiamati a rispondere di queste nostre intenzioni…” |
“Ora calmati, Dafne…” disse Pasuan, dopo aver udito le parole della sua amata “… ascoltami… ma ascoltami bene… quello non è il nostro Hubert… non può essere lui… non in questo luogo…”
Ad un tratto si udì una risata, sgraziata e stridula. “Un bambino è sempre un bambino…” mormorò la figura avvolta nel mantello “… pensate forse che il mio bambino non abbia gli stessi diritti del vostro?” Pasuan strinse a sé Dafne, come se avesse avvertito un imminente pericolo. “Io amo tanto il mio bambino…” continuò la misteriosa figura “… è così bello…” Si abbandonò di nuovo a quella sua delirante e terrificante risata. “Chi sei, maledetta?” Domandò con rabbia Pasuan, stringendo a sé Dafne e puntando la spada contro quell’inquietante figura. “Sono una donna, una madre…” rispose questa “… proprio come lo è la ragazza che tenti così disperatamente di proteggere, cavaliere… ma chi proteggerà te?” E finalmente si voltò, mostrando il suo terrificante aspetto e quello del suo mostruoso bambino. http://cdn2.maxim.com/maxim/files/20...ntano_main.jpg |
Il Sole batteva forte ed inesorabile sul campo, quasi a voler sciogliere gli scudi e le corazze che già erano pronte per essere indossate.
Lucenti ed inquietanti bagliori si diffondevano tra le tende e i posti di guardia, mentre i vari cavalieri erano alle prese con diversi compiti e mansioni. “Scommettiamo che riuscirò a guadagnarmi la dama più bella di Capomazda? Su, mi gioco la paga!” Disse un cavaliere ad altri suoi compagni che lo ascoltavano. “Io invece voglio qualche giovane fanciullo…” mormorò un altro “… e dopo essermi divertito con lui, gli ficcherò in gola il mio coltello… tagliare la gola di un marmocchio è come entrare con una lama nel burro caldo... un piacere senza paragoni…” “Io invece non vedo l’ora di appiccare il fuoco ad ogni chiesa di quella maledetta città!” Esclamò un altro ancora. “Odio i chierici ed il veleno che vanno spandendo e non vi è altro luogo a questo mondo che pullula di chiese come Capomazda!” E tra questi propositi un’ombra silenziosa attraversava il campo. Giunse ad una delle tende e vi entrò. “Finalmente, sir Gouf.” Vedendolo entrare Ivan de Saint-Roche. “Finito il vostro giro d’ispezione?” “Davvero in gamba i vostri cavalieri…” mormorò Gouf “… stanno già dividendosi la posta in palio… chiese, donne e bambini…” “Sono dei valorosi e meritano il bottino che prederanno.” Gouf gli lanciò un’occhiata senza dire nulla. “Piuttosto, milord, avete già ideato la prossima mossa?” Chiese Ivan. “O resteremo ad attendere qui la resa di Capomazda?” Gouf non rispose ed aprì una mappa sul tavolo. “Sicuramente conoscerete la storia delle inviolabili cittadelle della Grecia antica…” cominciò a dire il Gufo “… e di come le loro mura erano tanto imponenti da essere definite ciclopiche…” “Già, perché solo dei ciclopi avrebbero potuto sollevare i massi che le componevano.” “Molto bene…” mormorò Gouf “… eppure neanche quelle mura riuscirono a salvare il mondo miceneo dall’invasione che gli antichi chiamavano degli Eraclidi…” “Già, i mitici figli di Eracle.” Annuì Ivan. “Ma dove volete arrivare?” “Le cittadelle micenee furono prese per fame…” fissandolo Gouf “… avvelenando i canali con cui si rifornivano d’acqua…” Ivan ebbe un sussulto e sorrise. “Prenderete un drappello di cavalieri e cercherete il canale sotterraneo che rifornisce d’acqua Capomazda…” Ivan, a quelle parole di Gouf, saltò su entusiasta. “Si e dopo sarà un gioco da ragazzi prendere quella dannata città!” E dopo aver radunato il drappello, partì per quella sua decisiva missione. |
Parlai a Nishuru senza smettere di fissare Lady Layla.
"Magari Theenar mi avesse donato anche questo potere! La incenerirei immediatamente..." bisbigliai. Poi gli sorrisi. "Scusa... cercherò di controllarmi." Squadrai tutti i presenti, compresa Lady Talia. Dovevo ragionare sulla situazione, cosa potevamo fare per spezzare l'incantesimo? "Icarius pensa che per riavere la moglie, debba vincere la Dolorosa Costumanza... A parte il fatto che sembrerebbe impossibile, lui non ha mai chiesto a Lady Layla se così potrà riavere la sua sposa..." bisbigliai all'orecchio di Nishuru. "Perciò secondo te, se vincere la Dolorosa Costumanza non servisse a nulla, cosa potremmo fare per liberarla?" era una domanda a cui non riuscivo a trovare risposta. E se l'unico modo per liberare Lady Talia fosse uccidere chi ha compiuto il maleficio? Potrebbe essere... Lo dissi a Nishuru, per sapere cosa ne pensava. Verso la fine del banchetto, Lady Layla si alzò e fece un brindisi, rivolto a tutti coloro che stavano seduti attorno a quella tavola e ai suoi graditi ospiti. Graditi... Non potevo passare un secondo in più in quella stanza, era davvero una cosa insopportabile. Mi alzai. "Mia Signora" dissi rivolta verso Lady Layla " Anche se il banchetto non è ancora giunto al termine, vorrei, con il vostro permesso, ritirarmi nelle mie stanze per riposare, essendo io molto stanca. Quindi, se mi permettete di andare, gradirei che qualcuno mi facesse vedere ove dormirò questa notte..." guardai Schezan, sperando che non fosse lui ad accompagnarmi. Non sapevo quando avrei potuto perdere nuovamente il controllo ed ero sicura che quell'uomo mi avrebbe istigata una volta lontano dalla sua padrona. Devo ragionare... non ho molto tempo. E devo anche informare Icarius che al nostro terzo giorno di permanenza a palazzo, me ne sarei andata. Con o senza di loro... |
Quel bambino che aveva tirato il mio abito...
‘Questo mese sono già tre’ aveva detto, riferendosi ai cavalieri morti in quell’impresa... tre! In un solo mese! Ero rabbrividita. Poi aveva guardato lord Icarius e aveva accennato ad un quadro... un quadro che Layla possedeva e su cui era rappresentato un cavaliere che somigliava a lord Icarius... avevo osservato il bambino con stupore per qualche minuto e subito il folle desiderio di vedere quel quadro si era impossessato di me... La tristezza che ogni tanto affiorava negli occhi di Layla, quella sua freddezza, le sue parole crudeli e rancorose sui cavalieri che avevano nelle vene il sangue di Icarius... A questo e a molto altro pensavo mentre, salutato il bambino con un sorriso e una carezza sui suoi capelli scuri, seguivo Shezan per il corridoio. Mi sentivo come se stessi percorrendo un cammino dalla meta oscura... ero sulle tracce di un enigma... un rebus, cui dovevo dare un senso per poter comprendere Layla e forse -o almeno così speravo- recuperare i miei ricordi... Chissà se c’era Icarius in quei ricordi, mi sorpresi a pensare. D’un tratte Shezan aprì una porta e mi introdusse in un’ampia e luminosa sala, in cui spiccava, proprio al centro, un grande tavolo... tutti erano già seduti lì intorno. Mi inchinai appena e mi scusai per il breve ritardo... Vidi Icarius alzarsi, come a porgermi il posto accanto a lui, e io feci mezzo passo in quella direzione... ma Layla mi blocco e il suo gesto, che mi indicava la sedia accanto alla sua, mi parve quasi un’ingiunzione. Esitai solo un istante... poi ubbidii a Layla e mi sedetti al suo fianco, proprio davanti a lord Icarius. Citazione:
“E alla verità!” soggiunsi piano, alzando a mia volta il calice che avevo di fronte “Che essa possa guidarci ed illuminarci sempre, che possa far luce nelle nostre menti e dare forza ai nostri cuori!” Sollevai gli occhi e inevitabilmente incontrai quelli di lord Icarius, seduto di fronte a me... occhi tanto chiari da sembrare quasi trasparenti, eppure quell’azzurro non aveva niente a che vedere con quello freddo di Layla: erano caldi gli occhi di lord Icarius, profondi, luminosi, erano il principio e la meta di ogni gioia... Citazione:
Battei le palpebre, come a tentare di recuperare la realtà, e mi voltai verso Sayla... si era alzata e se ne stava in piedi, fronteggiando Layla a testa alta... Aveva carattere quella ragazza, pensai... senza dubbio era una ragazzina particolare, la più curiosa che avessi mai incontrato! Quest’ultimo pensiero mi colpì... l’ennesimo senso di déjà-vu... strinsi gli occhi e fissai Sayla più intensamente. |
Mi accinsi a prendere dell'acqua per farlo bere. Con la punta delle dita scostai cautamente i lembi della tunica lacerata e osservai le ferite.
Non c'era molto che potessi fare. "State calmo, presto passerà tutto..." gli rinfrescai il viso con le mani fresche d'acqua e riflettei su quante possibilità avessi di guarirlo. Glielo dovevo. Ma mi sentivo debole. Mi avvicinai a lui. Liberai la mente e sfiorai appena le sue labbra, concentrandomi sul mio e sul suo respiro. Lentamente sentii le forze scivolare via, in una pallida imitazione di ciò che probabilmente provavano le mie vittime. Sentii la sua energia scorrere con tenacia sotto la pelle. Quando mi staccai da lui ero debole e provata. Tossii, mentre il respiro tornava regolare. Non riuscii ad alzarmi, tanto mi girava la testa, quindi mi sedetti lì, vicino a lui. Scostai un lembo della sua tunica e con una spugna lavai via il sangue: sotto, la pelle era compatta e priva di ferite. Appoggiai la testa contro la fredda roccia e aspettai che quella sensazione di debolezza passasse. "Quando verranno a prenderci dovrete essere estremamente collaborativo e docile, altrimenti non usciremo mai di qua... e la spada cadrà nelle mani del Cavaliere del Gufo." La voce mi tremava, così come le mani, mentre armeggiavo con la sua tunica per annodargliela saldamente addosso. Non potevo permettere che l'incanto mostrasse la sua vera identità. Poi lasciai ricadere le braccia e rimasi appoggiata al muro, a occhi socchiusi, respirando lentamente e facendomi forza. Non era tempo per sentirsi debole. |
Nishuru fissò Sayla prima che la ragazzina abbandonasse la sala.
“Bisognerebbe capire cosa centra la Dolorosa Costumanza con i tragici eventi che hanno colpito ormai da secoli i nobili Taddei.” Disse alla giovane. “Questo dovresti scoprire, Sayla, questo è il vero scopo per cui noi tutti siamo qui.” Fissò Layla. “Quella donna… ha qualcosa nello sguardo… un male antico, un odio vecchio come il mondo… e di quell’odio tutto questo luogo ne è intriso.” Luna ascoltò ed annuì. Layla, udite le parole di Sayla, fece cenno alla ragazzina di poter lasciare la sala. Un valletto la condusse al piano superiore dove una stanza era stata preparata per lei. Nella stanza vi erano diversi piccoli ritratti, con soggetti mitologici, pastorali e a tema Sacro. Su tutti si notavano due bellissime icone di gusto bizantino, raffigurante la Vergine col Bambino una e i tre Arcangeli, Michele, Raffaele e Gabriele l’altra. Nella sala, intanto, il banchetto continuava. Icarius fissò per tutto il tempo Talia, senza però aver molte occasioni per poterle parlare. Poi, come vinto dal desiderio di farlo, si alzò in piedi. “Milady…” rivolgendosi a Layla “… poco importa il nome con cui chiamate vostra sorella… io vi chiedo di poterla corteggiare per poi chiederla in moglie.” Un vocio soffuso si alzò dalla tavola, per poi svanire quando Layla rispose. “Se non erro voi avete già una moglie, milord…” “Si, ma come voi stessa mi accennavate ella è andata via, forse per ritornare a Sygma.” “E volete quindi rifarvi una vita con Yelia?” “Si, mia signora.” “Siete volubile, proprio come i vostri antenati, mio signore.” “Milady, vostra sorella mi rammenta in tutto e per tutto mia moglie Talia, l’unica donna che io ricordo di aver amato. Se ella ora è andata via, io sono disposto ad inseguire un sogno, un’immagine, se anche pallida, per poter stare con lei.” La fissò. “Ricordate questo fiore?” Mostrando Mia amata. “Per questo, vi ricordo, mi prometteste ogni cosa. Ed io ora chiedo di poter corteggiare vostra sorella.” Layla fissò quel fiore. “Si, per quel fiore nulla vi negherei…” mormorò la donna “… nulla… ma quanto chiedete non dipende da me… vi è una legge, voluta da mio padre, che impone l’ordine secondo il quale le sue due figlie devono prendere marito… essa impone che spetti prima alla maggiore e poi alla minore.” “Dunque se non vi sposerete non potrà farlo nemmeno vostra sorella?” Domandò Icarius. “Si, milord.” “Quale legge impone questo giogo?” Chiese Icarius. “La Dolorosa Costumanza, milord.” Rispose Layla. |
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