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Non avevo avuto il coraggio di guardare quella figura, quando Pasuan mi trasse a sè abbandonai il viso nel suo abbraccio nascondendomi. Quando lo sentii sussultare non resistetti e, temendo che il bambino fosse in realtà il nostro, mi voltai.
La prima cosa che notai era che in effetti quello non era Hubert e mi rasserenai. Guardai poi la donna, era terrificante, brutta e malvagia allo stesso tempo. Anche il piccolo che aveva tra le braccia era brutto ma non riuscii a provare antipatia per lui. Era comunque un bambino e a me i bambini facevano tanta tenerezza e poi aveva ragione Pasuan, quello non era il posto per un neonato. Mi stupii delle parole che mi uscirono dalla bocca, ma mi vennero direttamente dal cuore! "Il nostro e il tuo bambino sono uguali per me, entrambi sono piccoli e indifesi ed entrambi hanno una madre che li ama. Ma, questo cavaliere ha ragione, questo non è il posto adatto per un bambino. Qui è buio, non entra il sole e manca pure l'aria. Se tu lo portassi all'aperto prenderebbe colorito" sorrisi quasi. "Nessuno deve essere protetto da nessuno, come hai detto tu: sei una donna e una madre. Abbi un po' di cuore, non siamo qui per combattere e, se ci permetterai di uscire chiederò a questo cavaliere di abbassare la sua spada". Cercai di mostrarmi tranquilla e dolce, sperai che queste fossero le armi giuste. |
Ben presto le forze cominciarono a scorrere di nuovo nelle membra di Guisgard.
E tornato lucido, il cavaliere si accorse subito di Melisendra che era senza forze accanto a lui. Era pallida e visibilmente fiaccata. Guisgard scosse il capo, come a volersi riprendere e si guardò attorno. Realizzò allora ogni cosa: presto sarebbero ritornati. “Melisendra…” disse “… come state?” “Credo abbia curato le tue ferite, amico mio…” mormorò il vecchio. “Non fatevi trovare in questo stato, Melisendra…” tentò di darle forza Guisgard “… altrimenti ci scopriranno…” Ad un tratto si udirono dei passi. Giunsero così il boia ed il guardiano. “Ah, vedo che l’avete rimesso in sesto, questo maledetto!” Esclamò il guardiano rivolgendosi a Melisendra. Guisgard lo fissò senza dire nulla. “Avanti, liberalo, il padrone lo aspetta.” Ordinò il guardiano al boia. “E attende anche voi, milady.” Guisgard si voltò verso il cieco. “Farò di tutto per tornare a prenderti…” sussurrò “… resisti, vecchio mio…” |
Mi alzai in piedi e, conservando un'espressione austera, mi spazzolai lievemente la gonna con una mano svolazzante.
"Sto bene..." riuscii a sussurrare a Guisgard, poco prima di seguire il guardiano per i corridoi. Appena ci introdusse alla presenza dell'oscuro signore di quel luogo, mi inchinai e presi la parola. "E' tutto risolto... ora è a vostra completa disposizione, qualunque pasticcio avessi creato nella sua mente, ormai essa è bianca come un foglio intonso." Non riuscii a trattenere un colpo di tosse. "Chiedo scusa..." sussurrai. |
L’oscuro signore fissò con attenzione prima Melisendra, poi il mendicante.
I suoi occhi sembravano sussultare dall’una all’altro, quasi a voler penetrare dentro di loro e carpire ogni intenzione e stato d’animo. “Dovresti riguardarti, mia cara.” Disse a Melisendra. “Se ti accadesse qualcosa a farne poi le spese sarebbe tuo figlio…” e un inquietante sorriso, per un attimo, prese forma sul suo volto. Si alzò e si avvicinò poi al mendicante. “Vi è un corso d’acqua sotterraneo, che scorre in alcune gallerie scavate nelle mura.” Mormorò. “Tu raggiungerai quel luogo e troverai un emissario del Gufo. Ascolta attentamente cosa ti dirà, per poi venirlo a riferire a me. L’incontro è per la mezzanotte di domani.” Si voltò verso Melisendra. “Ricorda che tu hai garantito sulla fedeltà di quest’uomo. E tu sarai responsabile di ciò che farà. E’ tutto, potete andare.” http://www.jimbo.info/weblog/archives/Palpatine.jpg |
"Sarà fatto, mio signore..." respirai a fatica, ma mantenni l'autocontrollo.
Avevo così tanta fame... mi sarei dovuta nutrire e anche in fretta. Avevo abusato delle mie forze e non c'era altro rimedio che trovare qualcosa con cui scacciare la tremenda sensazione dei morsi della fame, quelli che precedevano la perdita di me stessa, di ogni mia facoltà e infine... l'oblio. Mi inchinai, un po' rigidamente. Feci segno a Guisgard di seguirmi e uscii dalla sala. Una volta in superficie mi aggrappai a un muro e cercai di reggermi in piedi. Sentivo l'istinto che reprimevo ogni volta che venivo presa dai morsi della fame emergere sempre più violentemente. Avevo imparato a nutrirmi solo per necessità e il più raramente possibile, ma in quello stato ero come un lupo in mezzo a un pollaio. Avrei potuto nutrirmi di chiunque. Ricacciai indietro quella sensazione e asciugai il sudore freddo che mi scendeva dalla fronte. |
Usciti da quel luogo, Guisgard e Melisendra si ritrovarono in superficie, nelle deserte e buie strade di Capomazda.
Ma Melisendra stava palesemente male. “State davvero male…” disse il cavaliere avvicinandosi a lei. Con gesto improvviso, ma deciso, la prese in braccio e la condusse via. Ad un tratto qualcuno bussò con forza alla porta della piccola casa. “Apri, vecchio!” Disse qualcuno da fuori. “Chi è la?” “Non riconosci nemmeno più la mia voce?” “Padrone, siete voi!” Ed aprì subito la porta. “Perché ci hai messo tanto tempo!” Disse Guisgard entrando con Melisendra in braccio. “Presto, questa donna sta male.” “Chi è, mio signore?” “Non sono il signore di nessuno!” Con fastidio Guisgard. “Cosa è accaduto?” “Non so, sta male…” rispose Guisgard “… dammi una mano…” Il vecchio Diacono, che i nostri lettori hanno già incontrato tempo fa, indicò a Guisgard dove far coricare Melisendra e subito cominciò a far bollire alcune erbe. Le toccò la fronte e controllò il suo pallore. “Come sta?” Chiese il cavaliere. “Questa donna è una succube o qualcosa di simile, mio signore…” mormorò Diacono “… consegnatela ai chierici e liberatevene… ella è cattiva fortuna per voi…” “Ascolta, vecchio idiota!” Prendendolo per la camicia Guisgard. “Ora farai del tuo meglio per aiutarla o giuro che t’infilzo come uno spiedo!” “Si, mio signore…” Prese allora quelle erbe che aveva messo a bollire e preparò un estratto. “Questo le darà un pò di sollievo, ma dovrà nutrirsi prima o poi, mio signore…” Guisgard allora, sedendosi accanto al letto, fece sorseggiare a Melisendra un pò di quell’essenza e attese il suo risveglio. |
La donna fissò Dafne e si abbandonò ad una delirante risata.
E ad udirla Pasuan strinse con ancora più forza Dafne a sé. “Chi sei, maledetta? Lasciaci andare!” Urlò il cavaliere. La donna li fissò e spalancò la bocca, alitando un fumo denso sui due giovani amanti. “Hubert sorride! Guarda, Pasuan, sorride!” “Sono lieta che siate ritornati a casa...” disse la madre di Pasuan “... ora finalmente saremo una vera famiglia.” “Ehi, il piccolo ha detto mamma! L’ha detto, ho sentito!” “Questo luogo è magico, amore mio...” sussurrò Pasuan a Dafne “... ed è per questo che ti ho portata qui...” e le mostrò l’anello. Un gran mal di testa ed un forte senso di nausea. Così riprese i sensi Dafne. Pian piano cominciò a recuperare lucidità e si guardò intorno. Era in una piccola cella, chiusa da alcune robuste sbarre. Alzò la testa e vide Pasuan. Era come stordito, legato con le mani dietro la schiena ad un grosso palo. Davanti a lui c’era un forno acceso, dentro il quale bruciava qualcosa. E qualsiasi cosa fosse emanava un fetido da togliere il respiro. Ad un tratto qualcosa si mosse fra le fiamme. Qualcosa che era ancora vivo, mentre il fuoco lo consumava. E nel fissarlo, finalmente, Dafne comprese la verità: nel forno c’era un essere umano. |
Seguì in silenzio il valletto, che mi accompagnò nelle mie stanze.
"Grazie, ora potete andare." lo congedai. Osservai la grande stanza. Nel mezzo c'era un bellissimo letto a baldacchino, con le coperte color porpora, sulle pareti erano appesi diversi quadri. L'aria però era stantia. Scostai le tende, anch'esse color porpora ed aprii una finestra. Osservai il cielo, punteggiato di stelle luminose; abbassai poi lo sguardo sul giardino: era quasi interamente occupato dagli elmi dei cavaliere che hanno tentato di vincere la Dolorosa Costumanza. Quante vite sprecate... Tutto era silenzioso. Poi un rumore, improvviso. E una figura. Una piccola figura stava in piedi sotto la mia finestra e mi fissava,. quando si accorse che anche io la guardavo mi salutò e per un momento, grazie alla luce argentata della luna, la vidi chiaramente. E' un bambino... Ma cosa ci fa lì fuori, di notte? "Ciao. Io non ho sonno... Ti va di parlare un po'?" Tornò il buio più totale e il bambino sparì. Dopo poco sentii bussare alla porta ed andai ad aprire. "Entra pure." dissi al piccolo. Lo osservai. Sembrava molto stanco, vissuto. Mi rattristai. "Allora... Io sono Sayla, tu come ti chiami?" |
Naturalmente Guisgard dovette faticare non poco per far comprendere al vecchio Diacono di essere davvero lui.
Il suo aspetto, infatti, era quello del fedele e grottesco mendicante dell’oscuro signore, che di Guisgard non aveva nulla. Alla fine, il cavaliere, riuscì a persuadere il vecchio della bontà delle sue parole e questo convinse del tutto il buon Diacono degli straordinari ed oscuri poteri di Melisendra. “Dunque, senza questi panni” disse il vecchio “recuperereste all’istante il vostro aspetto, mio signore… incredibile… ecco perché dovete consegnare questa donna ai chierici.” “Sta zitto, vecchio ed aiutami piuttosto a farle riprendere le forze.” Diacono prese altri suoi intrugli e preparò una tisana con erbe rarissime. E nel preparare questo nuovo rimedio si segnò tre volte alla maniera degli Ortodossi di Grecia. “Ecco…” fece Guisgard “… le ho dato un pò di quest’essenza… spero riprenda presto conoscenza…” Il cavaliere allora, per scaricare la tensione accumulata, cominciò a camminare nervosamente nella piccola stanza, fino a quando la sua attenzione cadde su un vecchio ritratto. “Chi sono le persone ritratte qui?” Domandò al vecchio. “La famiglia ducale di Capomazda.” Rispose Diacono. “Il ritratto risale alla vigilia dell’invasione di Sygma.” ”E’ molto vecchio, dunque…” mormorò Guisgard “… questo è lord Ardeliano, vero?” “Si, mio signore.” “Non chiamarmi così, vecchio…” voltandosi di scatto Guisgard “… questa donna accanto a lui immagino sia lady Gyaia…” “No, solo una volta conquista Sygma lui incontrerà e sposerà la principessa di quelle terre.” “Allora chi è questa bellissima ragazza bionda che sta accanto al futuro Arciduca?” “Non conosco il suo nome…” rispose Diacono “…era una ragazza amata in gioventù da lord Ardeliano… poi la Ragion di Stato ebbe il sopravvento e lui sposò lady Gyaia per assicurare la pace tra Capomazda e Sygma.” “E lei che fine fece?” “Qualcuno dice che si chiuse in un convento, altri che suo padre la murò viva dopo essersi rifiutata di sposare un nobile cavaliere… altri ancora narrano che impazzì nell’attesa di veder ritornare il suo amato Ardeliano…” Guisgard restò per alcuni istanti a fissare la bella ragazza del ritratto. |
Seguii Sayla con gli occhi mentre usciva dalla sala a testa alta... era fiera quella ragazzina, e causava in me un curioso senso di déjà-vu.
Il banchetto riprese quando lei fu uscita... avevo la sensazione che Layla fosse contrariata, e tuttavia non lo dette a vedere, continuando a mangiare come se niente fosse accaduto. Ma io non ero come lei, non avevo il suo autocontrollo e non riuscivo a dare un nome all’atmosfera inquieta che, sentivo, aleggiava su tutti noi... c’era silenzio in quella sala, un silenzio che premeva forte contro le mie orecchie, un silenzio che mi sembrava quasi assordante. Era un silenzio teso, un silenzio agitato... E continuavo ad avvertire lo sguardo di lord Icarius su di me... contemplai quella sensazione per un istante, poi alzai lo sguardo e gli lanciai un’occhiata, proprio nel momento in cui lui si stava alzando in piedi... Poi parlò. Citazione:
Avrei giurato che il mio cuore avesse saltato qualche battito prima di iniziare a correre freneticamente e probabilmente le mie guance erano diventate inevitabilmente rosse... Continuai a guardarlo, mentre parlava con Layla... lui, pur gentile, parlava tradendo impazienza e, forse, mal sopportazione, lei non aveva mosso un muscolo alle parole del cavaliere, limitandosi a rivolgergli uno sguardo gelido e a rispondere senza scomporsi... Io seguivo la conversazione con impazienza... cercavo gli occhi di Icarius ma non riuscivo a trovarli, preso com’era dalle parole di mia sorella... E presto iniziò ad irritarmi questo loro discorrere su di me come se non fossi presente, o come se non potessi capire: mi mossi a disagio sulla sedia... Le ultime parole di Layla, tuttavia, mi gelarono il sangue... 'La Dolorosa Costumanza' disse... Mi sentii male. |
Quando vidi quella persona bruciare tra le fiamme credetti di essere veramente scesa all'inferno! Non vomitai, non piansi, non svenni, non feci niente di quel che una damigella avrebbe fatto in un'occasione simile. Carcai piuttosto di ragionare. Avrei dovuto trovare una soluzione immediata e avrei dovuto farlo da sola, Pasuan oltre che essere intontito aveva l'aria di essere stato malmenato. Sarei riuscita a portarlo fuori di lì. Mi guardai attorno, la strega non c'era. Rimasi in silenzio e smisi di respirare per ascoltare ogni piccolo rumore attorno a me. Non sentivo nulla il che significava che la strega doveva essere lontana. C'era tempo per agire, ma bisognava farlo subito.
Mi tastai la gamba destra con la mano, sorrisi quando scopersi che avevo ancora il pugnale nascosto sotto la gonna, l'avevo recuperato da terra appena mi era caduto. "Bene, se questo coltello è fatto della stessa fattura della spada di Pasuan, dovrei riuscire senza problemi a rompere il lucchetto che tiene chiusa questa cella" pensai pregando di avere ragione. Inspirai tutta la fetida aria che c'era, alzai la mano e mollai un rapido e deciso fendente sopra il lucchetto che, come previsto si ruppe immediatamente. Mi levai il vestito prima di uscire e cercai di ricomporlo sul pavimento della cella tentando di dare l'impressione che fossi accucciata, quasi svenuta. Rimasi in sottoveste. Uscii dalla cella e mi diressi verso Pasuan, ruppi le corde che lo legavano. Gli diedi un piccolo schiaffetto sul viso e aperse gli occhi "Vieni Pasuan, ce la fai a camminare? Dobbiamo fuggire, dobbiamo farlo subito!". Non rispose ma mi parve che annuisse. Non sarebbe stato molto sensato obiettare. "Fidati di me Pasuan, tentimo la fuga o moriremo!" Guardai il suo braccio destro, mi sembrava rotto, non avrebbe potuto usare la spada. La spada. Mi sarebbe stata molto utile, almeno avrei provato a difendermi. Guardai intorno, non la vidi, guardai meglio "Eccola!" Era stata legata al soffitto proprio sopra il punto nel quale Pasuan teneva la testa poco prima mentre era legato al palo. Notai che era attaccata ad un meccanismo strano, intuii a che servisse, abbassando una leva lì vicino sarebbe caduta sopra la sua testa senza lasciargli scampo! Una sorta di Spada di Damocle della morte. Spostai Pasuan e abbassai la leva, la spada scese veloce senza ferire nessuno. La slegai e la impugnai. "Pasuan, seguimi, dammi la mano e corri via con me. Bisogna far presto!" riposi il pugnale sotto la gonna che strappai fino alla coscia per facilitare il recupero dell'arma in caso di bisogno. Apersi la porta di quella stanza in modo deciso e senza guardare da nessuna parte iniziai a correre su per il corridoio che avevamo percorso all'inizio. Pasuan era dietro di me. Corremmo non so quel quanti metri, risalimmo la chiocciola. Vidi la luce aumentare. Vidi l'uscita. Riuscimmo ad oltrepassare la prorta... |
Aprii a malapena gli occhi e vidi due volti sopra di me.
Li richiusi, cercando di ignorare quella fitta che sentivo dentro. Mi sentivo debole, come se avessi avuto mille lividi in ogni parte del corpo, e confusa, come se stessi precipitando senza mai arrivare al fondo. Poi sentii un frammento di discorso, mentre le voci nella mia mente urlavano. "...dovete consegnare questa donna ai chierici.” Spalancai gli occhi e rotolai rapidamente giù dal giaciglio in cui mi trovavo. L'equilibrio non era dei migliori, barcollai e mi aggrappai al muro. Li guardai in cagnesco, cercando di richiamare gli spiriti a proteggermi, ma non li sentii. Non potevo. |
Incredibilmente Pasuan e Dafne erano riusciti a liberarsi ed a raggiungere quasi l’uscita.
La porta d’uscita da quell’Inferno era lì, davanti a loro. A pochi passi vi era la libertà. Ma ad un tratto Pasuan arrestò la sua corsa. “Dafne…” disse “… non possiamo andare via così… tu sei stata fantastica, una degna eroina, ma il mio onore mi impone di tornare indietro e tentare di salvare quei disperati…” sospirò, come a voler trarre forza proprio da quei valori cavallereschi a cui disperatamente tentava di aggrapparsi “… ma non posso obbligarti a seguirmi... già ho messo più volte in pericolo la tua vita… Dafne…” stringendole le braccia “… sei la cosa più bella che ho e un giorno…” esitò “… un giorno, a Dio piacendo, voglio che tu…” sospirò “… ma devo essere degno di questo… sarò cieco, si, ma questo non toglie nulla al mio valore di cavaliere e tu ed il piccolo Hubert meritate un vero uomo al vostro fianco… Dafne, è per voi che lo faccio… voglio vivere senza rimorsi, senza fantasmi… voglio essere un uomo libero… libero di amarti… perdonami, ma devo tornare indietro per aiutare quegli uomini imprigionati dalla strega…” http://www.spiegel.de/img/0,1020,469035,00.jpg |
Melisendra saltò su tanto rapidamente, quanto inaspettatamente.
“Melisendra!” Disse Guisgard voltandosi di scatto. “Dio sia lodato!” Esclamò sorridendo. Si avvicinò al letto e tentò di farla stendere di nuovo. “Non sforzatevi…” disse “… siete ancora debole… avanti, prendete un altro sorso di questo…” porgendole l’essenza alle erbe preparata da Diacono “… vi farà bene… e cercate di riposare dopo…” sorrise, tradendo sollievo per il risveglio della ragazza “… mi avete fatto prendere una bella paura, sapete? Su, sorseggiate adagio un altro pò di questo estratto…” Tutto questo sotto gli occhi sospettosi del vecchio Diacono. |
Presi la tazza col suo contenuto, tenendo d'occhio il vecchio che mi guardava con altrettanta diffidenza. Lo annusai e mi salì la nausea. Conoscevo quella pozione. Poteva prolungare la mia resistenza alla fame, ma senza placarne i morsi e nemmeno evitare una ben misera fine, se non fossi riuscita a placarla. Il risultato sarebbe stato uno solo: lucidità durante tutto quel calvario. Ed era così che il mio signore la utilizzava, così come se ne servivano certi Inquisitori.
Sospinsi la tazza su un tavolino e mi raddrizzai bene, cercando di ignorare il mio corpo dolorante. "Lasciatemi andare..." dissi in un soffio. "Lasciate..." Conferii a quella parola un'intonazione di comando, ma i miei poteri si erano affievoliti e non riuscii a mantenere a lungo quel tono e la voce mi morì in gola, diffondendo nell'aere solo un comando a metà. Mi schiarii la voce e nel frattempo osservai la porta. "Sapete bene che non potete farci niente... quell'intruglio può solo prolungare questa pena..." Il mio sguardo andava da Guisgard al vecchio austero che gli stava accanto. "Andate a prendere Gavron...", cercai di rimettere ordine nei miei pensieri. |
“Non siete in condizione di preoccuparvi per gli altri.” Disse Guisgard a Melisendra. “Siete troppo debole…” cercò di assicurarsi se avesse o meno la febbre “… chi vi dice che io non possa fare niente per voi? Conoscete qualche rimedio, non so, qualche erba rara o sconosciuta, il nettare di qualche albero, o la pelle di qualche animale? Deve pur esserci un modo per farvi riprendere le forze.”
“Si, mio signore…” intervenne il vecchio, mentre distrattamente rimetteva a posto pentolame ed erbe “… porgetele il collo e vedrete che subito si rimetterà in forze…” “Sta zitto, vecchio.” Gridò Guisgard. “Avanti, ditemi cosa posso fare per voi…” tornando a rivolgersi a Melisendra “… io mi sono fidato di voi, mettendo nelle vostre mani la mia vita… per una volta, una soltanto, vi chiedo di fidarvi di me…” "E' inutile, mio signore, inutile." Mormorò Diacono. "Quelle come lei si fidano solo di loro stesse e del demonio a cui sono devote. Magari aspetterà che il sonno ci prenda, per aggredirci e nutrirsi col nostro sangue e con le nostre anime. Dobbiamo liberarcene." E si segnò tre volte. "Apri di nuovo quella tua vecchia bocca e ti ritroverai a segnarti davanti a San Pietro, vecchio!" Minacciò il cavaliere. |
"Non è il sangue... che cosa dovrei farmene del tuo sangue?" risposi al vecchio con un'espressione disgustata. Odiavo il sangue.
Cercai di allontanarmi da Guisgard e riuscii a prendere il mantello, gettato su una sedia in un angolo. "Non si guarisce... non è un morbo, un demone o qualunque altra cosa quella mente perversa vi suggerisce... è un istinto, come per voi quello di respirare. Provate a chiedergli come conosce l'uso di quelle erbe..." indicai la tazza. Con una mano slegai il borsello dalla vita e controllai di avere ancora qualche pezzo d'oro. Ne trovai uno e con un po' di sollievo lo riposi al suo posto. Ero quasi sicura che sarebbe stato inevitabile uccidere qualcuno e un po' quel pensiero mi angosciava. Avevo una rigida disciplina: mai prendere più di quanto mi servisse. Il problema era che ero quasi completamente svuotata. "Non temete, non diventerò folle e non vi assalirò..." mormorai stancamente. "Scelgo sempre con molta cura...", l'ironia riaccese i miei occhi e mi sfuggì un sorriso. "Nelle prigioni, per esempio." |
Guisgard si avvicinò a Melisendra e le afferrò le braccia da dietro.
“Istinto? Davvero dite? Anche amare è un istinto, eppure voi stessa mi diceste di volerne fare tranquillamente a meno.” Disse fissandola negli occhi. “Vostro figlio vi ha mai visto mentre vi… nutrite? Immagino di no… e quando vivrete insieme? Come farete? Vi nutrirete di notte quando dorme? Visiterete prigioni alla ricerca di qualche miserabile quando nessuno potrà vedervi?” Scosse il capo, come a voler reprimere un forte senso di rabbia che aveva dentro. “Che sciocco, vero? Si, lo sono… ho creduto che potevate essere diversa, vincere questa vostra natura ed essere una donna normale, capace di amare qualcuno che non sia un sanguinario assassino ed essere felice… e invece anche stavolta ho sbagliato… e sia… vi porterò dove potrete nutrirvi…” Le coprì le spalle col mantello ed aprì la porta. “Avanti, andiamo…” disse alla ragazza. “Fate attenzione, padrone!” Preoccupato il vecchio. “Quella donna è il diavolo!” |
"Diversa? Vincere questa mia natura? Una donna normale!" per un attimo tutte le mie sensazioni passarono in secondo piano.
Sospinsi via le sue mani, oltremodo offesa. "Una donna normale vi avrebbe lasciato dove eravate! Questo è ciò che sono e queste sono le mie armi. La vostra è la spada e nessuno con un po' di sale in zucca vi chiederà mai di rinunciarvi." Lo guardai imbronciata, stretta nel mio mantello. "Amore? Se vi piace tanto, pensate al vostro di cuore." Lanciai un'occhiata di fuoco al vecchio che aveva nuovamente biascicato un insulso quanto superstizioso avvertimento e, facendo appello a tutte le mie riserve, spinsi la porta e uscii. |
Guisgard sentì l’impulso di abbandonarsi all’ira.
Quella donna riusciva ogni volta ad irritarlo, a farlo arrabbiare come nessun’altra. Ma perché? Perché ci riusciva? Si chiedeva il cavaliere. Tentò allora di scacciare quell’impeto di rabbia e frustrazione. “Si, avete ragione…” disse “… il vostro cuore non è affar mio… e state tranquilla che non me ne occuperò più…” scosse il capo “… però su una cosa vi sbagliate… una donna normale non mi avrebbe lasciato in quel luogo… magari sarebbe tornata per motivi diversi dai vostri, ma l’avrebbe fatto…” la fissò per un istante senza dire nulla “… ma vi sono comunque debitore…” riprese a dire “… ma saprò sdebitarmi, non temete… non voglio debiti con voi…” Fece un cenno al vecchio ed uscì in strada insieme a Melisendra. Per tutto il tragitto non disse nulla, limitandosi a gettare qualche occhiata alla ragazza che camminava a fatica. Avrebbe voluto avvicinarsi, sorreggerla, aiutarla, ma avvertiva l’ostilità nei suoi confronti da parte di lei. Alla fine giunsero in strada isolata e malfamata. E in una bottega maleodorante e sporca trovarono alcuni mendicanti. Erano storpi, malati e deformi. “Ecco, la vostra corte dei miracoli…” mormorò il cavaliere mostrando quei miserabili a Melisendra “… scegliete chi vi piace di più e cibatevi pure… il prescelto sarà comunque un fortunato, visto che gli farete un gran favore mettendo fine alle sue miserie… io vi attendo sul ciglio della strada…” disse allontanandosi con indifferenza. |
Mi guardai intorno e la mia nausea crebbe.
Non avevo intenzione di consumare lì il mio pasto. Passai oltre e mi incamminai lungo altre vie. Le stradine erano piccole, mi sedetti su una piccola scalinata e attesi che dalla stradina di fianco qualcuno svoltasse. La taverna era proprio lì dietro, da qualche parte. Non sapevo quanto ci sarebbe voluto, ma mi fermai lo stesso. Attesi pazientemente, riflettendo su come riuscire a fermarmi prima di causare la morte del mio piccolo pasto. Forse la voracità mi avrebbe sopraffatta. Sentii rumore di passi sulla ghiaia. Passi incerti. Sbirciai, scostando il mantello e vidi la sagoma di un uomo. Mi alzai e lentamente gli andai incontro. Non era necessario dire niente, non ci sarei riuscita. Mi sentivo debole e pallida. Gli occhi, mi concentrai disperatamente su quelli e quell'uomo rimase in silenzio, mentre mi dissetavo. Ad ogni respiro che prendevo per me, ogni sensazione di una serata, forse passata a giocare a dadi e forse a correre dietro a una servetta, mi sentii più forte. Era una sensazione di potere straordinaria. C'era tutta la sua vita in quella interminabile cascata di emozioni. Mi staccai appena in tempo. Barcollai indietro, come ubriaca. Agli occhi del mondo non era stato più di un bacio appassionato. Trascinai l'uomo, a terra svenuto, in un angolo e gli imposi di dimenticare. Per un attimo tutto acquistò colore. Mi incamminai zigzagando verso le strade appena percorse, fino a quando non mi fermai a osservare il cielo stellato. Ero di nuovo in me. Sospirai per il sollievo. |
Guisgard, visto il tempo impiegato da Melisendra a ritornare, si affacciò nella bottega ma non vide la ragazza.
Si guardò intorno e cominciò a cercarla per quella strada. Fino a quando vide una figura che scrutava il cielo. La riconobbe subito. “L’ha fatto…” disse fra sé il cavaliere “… l’ha fatto… si vede da come sta in piedi…” Restò qualche istante a guardarla sotto quel cielo e sotto la luce della Luna pallida di Capomazda. In quel momento gli tornò alla mente una vecchia poesia che gli recitava sempre sua madre da piccolo. Rammentò così, per quel breve istante, quei versi nei quali si cantava della magia della Luna e di come sotto la sua luce ogni cosa acquistasse la propria vera bellezza. E Melisendra lo era davvero. Era bellissima. Di una bellezza non comune. Ma come poteva una creatura tanto bella nascondere una natura così oscura? Questo si chiedeva, tormentandosi, Guisgard. Perché? Domandava interpellando tutti i Santi del Cielo. Perché? Poi, come a voler destarsi da quei pensieri, cominciò ad avvicinarsi a lei. “Immagino ora vi sentiate meglio…” mormorò una volta che le fu accanto “… non eravate nella bottega… dove avete… si, insomma, dove avete…” esitò “… ma in fondo che importanza può avere…” sorrise malinconico e beffardo “… meglio pensare a Gavron… dove si trova?” |
Il piccolo Morgan bussò alla porta di Sayla e la ragazza lo fece entrare.
Il bambino non tradiva nessun imbarazzo o timidezza. Anzi, con molta naturalezza sorrise a Sayla e si sedette su uno dei grandi cuscini vermigli che facevano da divani. “Io sono Morgan…” disse sorridendo “… sei molto bella, sai? Ti ho vista quando arrivasti qui con quel cavaliere. Domattina ti piacerebbe giocare con me nel cortile? Ci sono anche altri bambini.” Tossì. “Sai che ho anche un pony? E’ stata lady Layla a regalarmelo. Si chiama Behm. Vuoi vederlo?” Ma la tosse, prima solo accennata, cominciò ad aumentare vistosamente. “Quando…” ansimando il piccolo Morgan “… quando fa caldo, la tosse diventa più forte…” tossì per qualche altro istante, per poi riprendersi pian piano. “Hai visto quel cavaliere che ha sfidato la prova?” Chiese poi a Sayla. “Anche altri che si sono presentati questo mese sono stati uccisi in quel modo. E’ sempre la testa dei cavalieri che viene colpita.” Fissò fuori nell’oscurità, in direzione del verziere. “Se vedi gli elmi sulle lance sono tutti ammaccati o perforati.” |
La Dolorosa Costumanza.
Quelle parole echeggiarono su tutti i presenti, lasciando un velo d’inquietudine ed angoscia nell’aria. “Spiegatevi meglio, milady…” disse Icarius a Layla. “Non sono stata sufficientemente chiara, milord?” “Nulla in tutta questa stramaledetta storia è mai stato chiaro!” Intervenne Lho. “Ci avete fatto giungere qui per riprendere con noi lady Talia e poi invece ci fate trovare il giochetto della perdita della memoria! Ed ora salta fuori anche questa misteriosa prova che sembra far più vittime di un mordo mortale! Chi siete veramente?” Chiese con rabbia il guardiano dei Taddei. “Da dove vi deriva tanto odio verso il sangue del mio signore? Da una vita precedente forse?” “Ora basta, Lho!” Lo zittì Icarius. “Una vita precedente…” sorridendo in maniera beffarda Layla “… chissà… forse davvero una sola vita non basta per contenere sentimenti così forti…” Il guerriero scosse il capo nervosamente. “Lho, potete uscire a calmarvi.” Fece Icarius. “Nel frattempo saprò fare a meno della vostra compagnia.” “Grazie, milord!” Quasi come una liberazione Lho. Uscito Lho, Icarius tornò a fissare Layla. “Cosa c’entra la Dolorosa Costumanza col chiedere la vostra mano?” “Essa mi impedisce di prendere marito, milord.” Rispose lei. “E solo vincendola io sarò sciolta dal voto che feci anni fa.” “Che voto, milady?” “Quello che feci quando giurai di non prendere mai marito.” Fissandolo Talia. “Volete forse divenire mio campione e tentare di spezzare quel giogo, milord?” Chiese con un sorriso di sfida. Ma in quel momento alcuni valletti le si avvicinarono, sussurrandole qualcosa ad un orecchio. Layla si scusò con i presenti e si allontanò. Icarius restò per un attimo pensieroso, dopo aver udito le parole di Layla. Ma poi subito cercò di destarsi da ogni altro pensiero che non fosse la sua Talia. Layla si era allontanata e finalmente Talia era rimasta da sola. L’eroe taddeide doveva approfittarne. “Posso invitarvi a passeggiare nel verziere al chiaro di Luna, milady?” Domandò a sua moglie. “E’ una bellissima serata ed è un peccato sprecarla restando in casa..." |
Layla era uscita in fretta, mormorando appena qualche parola di scusa.
Stavo proprio per alzarmi a mia volta, quando quella voce mi bloccò... Citazione:
Infine sorrisi, annuii con un leggero movimento della testa e mi alzai, precedendolo verso la porta vetrata che dava sull’ampio terrazzo. L’aria era fresca e profumata quella sera e la luna piena diffondeva una candida luce tutto intorno, vi era silenzio e quiete lì e io mi sentii meglio. Sempre restando in silenzio, attraversammo a passo lento il terrazzo e raggiungemmo l’ampio scalone di marmo che da qui, con un’ampia ed elegante curva, scendeva in giardino. Fu solo quando giungemmo ai piedi della scala e ci inoltrammo per qualche passo tra gli alberi del verziere che mi decisi a parlare... molte sarebbero state le cose da dire, molte le cose da chiedere... Invece sospirai, annodai le braccia dietro la schiena e sollevai il viso, portando gli occhi al cielo... “Avete mai visto così tante stelle?” mormorai “Io... io purtroppo non ne ho memoria! Non ricordo niente... il mio ricordo più lontano risale a qualche giorno fa! Se voi sapeste cosa si prova... vedete, tutto è nuovo per me, ogni pur minima cosa mi sorprende perché è la prima volta che la vedo... è come tornare ad essere bambini, dove tutto assume un colore e un valore speciale!” Feci una breve pausa, scrutando il cielo ancora per un attimo, poi spostai lo sguardo su di lui... “Ma voi... voi siete diverso! Ogni volta che vi guardo mi sento confusa... vi è mai capitato di sentire di aver dimenticato qualcosa? Qualcosa di importante? E più che il tempo passa e più che quella sensazione si intensifica, ma quando vi ponete tutta la vostra attenzione sentire che quel qualcosa vi sta sfuggendo sempre più...” Scossi la testa, quasi con rassegnazione, e mi allontanai di qualche passo... “Layla dice che non devo fidarmi di voi!” confessai dopo un attimo, quasi con noncuranza, dandogli le spalle “Dice che mentite e che cercate solo di ingannarmi! Ciò è vero, milord?” |
Icarius sollevò lo sguardo su quel meraviglioso firmamento, quasi guidato dalla voce di Talia.
“Raramente in questa stagione è possibile vedere così tante stelle…” disse “… almeno in queste terre che sono pianeggianti ed avvolte dall’umidità di questi lussureggianti boschi… ma vi è un luogo dove invece le stelle sono numerose anche nelle calde sere d’Estate…” si voltò a fissarla, mentre la ragazza guardava il Cielo “… questo luogo si chiama Sygma… io non lo conosco, o almeno non ricordo di averlo mai conosciuto… perchè, vedete, milady… anche io come voi ho perso il bene della memoria… come voi non ho passato, né più sogni… se non uno soltanto… ed è per inseguire quel sogno sono giunto fino a qui…” Le si avvicinò, quasi ad imporle il suo sguardo nel suo. “Quel sogno siete voi, milady...” sospirò “… vostra sorella dice tante cose su di voi e su di me… vi chiama con un nome diverso da quello che io sospiro ogni notte nella mia solitudine… che siate Talia, Yelia o Isotta a me poco importa… voi siete la mia Amica, la mia compagna, la mia musa, il mio bene più grande e prezioso… siete l’unico sogno che mi è rimasto… quello che neanche l’oblio del mio passato è riuscito a strapparmi… quello che neanche gli oscuri incanti di questo luogo possono togliermi…" Allungò allora la sua mano sulla leggera e raffinata scollatura del suo vestito, sfiorandole ed accarezzandole la pelle bianca e profumata, per poi scendere a toccare il ciondolo che Talia aveva al collo. “Non vi chiedo di credere alle mie parole, milady...” continuò “… ma di credere a ciò che avete sul cuore… aprite questo ciondolo ed apparirà un volto… e quel volto sarà la verità e la risposta a tutto questo…” “Milady, vostra sorella chiede di voi.” Disse all’improvviso Shezan interrompendo i due. “Prego, vi condurrò io da lei…” http://static.cinemagia.ro/img/resiz...1l-imagine.jpg |
"Non so che idea vi siate fatto di come sopravvivo... e in tutta sincerità siete libero di pensare ciò che preferite."
Mi spolverai l'abito e calai il cappuccio sul volto. "Andate a prendere il piccolo Gavron... lo troverete presso Lady Rachel... ormai è il tramonto e il tempo che mi ha dato sta per scadere." Gli passai accanto, in un turbinio di gonne. "Ora potete andare via da Capomazda, come desideravate, no? Seguite i consigli del vostro... prete..." Mi voltai appena. "Buon viaggio, cavaliere." Mi ricordai che a mezzanotte avrei dovuto raggiungere i sotterranei. Avevo svolto gli ordini del mio signore per molto tempo, farlo ancora per un po' non avrebbe comportato una grossa differenza. Tanto più che in quel modo avevo l'occasione di liberarmi per sempre sia di lui che di Gouf. |
A quelle parole di Melisendra, Guisgard si voltò e scalciò un sasso per la rabbia.
Si voltò poi a fissarla mentre si allontanava. “Si, andrò via da questo posto!” Disse avvicinandosi ed afferrandola per le braccia. “E via da tutti voi, Arciduchi, chierici e streghe! Si, perché sono stanco di tutto questo! E voi siete una sciocca! Volete fare un favore ad entrambi, milady?” Chiese con un impeto d’ira. “Prendetevi la mia vita! Ora subito! Tanto che importanza fa per voi se ora il mio volto non è più il mio ma quello di questo grottesco mendicante! Avanti, nutritevi, tanto detestate entrambi, no?” E la baciò con passione, stringendola a sé, senza darle la possibilità di respingerlo. http://images.zap2it.com/images/movi...f-heaven-0.jpg |
Morgan era davvero un bambino strano.
"Grazie per il complimento, sono onorata." dissi accennando un inchino e ridendo piano. "Il Cavaliere dite? Vi riferite forse, a Lord Icarius? Egli è un uomo molto importante, sai? E' qui per riavere sua moglie. Comunque... Sì, mi piacerebbe molto giocare con te!" Forse questo bambino, innocente ed ingenuo, potrebbe darmi delle informazioni importanti, senza nemmeno rendersene conto... Poi Morgan cominciò a tossire, prima piano, poi sempre più forte. Poco dopo la tosse si placò e il bambino riuscì a parlare nuovamente. "No, non ho visto il cavaliere che ha tentato di vincere la Dolorosa Costumanza, ma mi è stato detto cosa gli è successo." mi rattristai ripensando a tutti coloro che erano morti, solo per avere la mano di quella strega! "Ma in cosa consiste la Dolorosa Costumanza? Tu ne sai qualcosa? Ma che sciocca che sono, fare certe domande ad un bambino..." gli dissi. Istintivamente guardai gli elmi, illuminati dalla luce tenue della luna. "E' tardi, ora, Morgan. Dovresti andare a dormire. Domattina giocheremo insieme e mi farai conoscere il tuo pony! Buona notte!" gli dissi, accarezzandolo sui capelli. Quando se ne andò mi sdraiai sul letto, sperando di non avere incubi e di riuscire ad estorcere qualche informazione dal piccolo Morgan. |
Fui colta alla sprovvista. Non mi aspettavo che reagisse in quel modo.
Riuscivo a malapena a respirare tanto stringeva. Per un attimo dimenticai ogni cosa, percependo un caleidoscopio di emozioni che mi sopraffecero. Si liberavano da lui e mi inebriavano. Non la assorbii, ma rimasi ferma, quasi inerme a lasciarmene travolgere, come se si fosse trattato di una brezza marina. Poi tornai in me e protestai. "Cosa pensate di fare?!" Riuscii a spingerlo via e mi basto un lieve strattone per prendere con me la tunica del mendicante, ormai a brandelli. La nascosi sotto il mantello. Dovevo provare la sua morte al mio signore. "Siete impazzito?" Il cappuccio mi era ricaduto sulle spalle e avevo le gote accese dall'indignazione e dall'imbarazzo. |
"No Pasuan, non andare! Ascoltami, torniamo al villaggio, prendiamo due cavalli freschi e andiamo fino a Capomazda. Lì chiederemo aiuto a qualcuno dei cavalieri tuoi amici. Rispettare gli obblighi e gli ideali cavallereschi è corretto ma, rischiare di essere ammazzati non lo è". Lo guardai fisso negli occhi e gli presi le mani, lui emise un gemito
"Hai pure un braccio rotto, non puoi combattere così. Non contro una strega. Fai come ti dico, Pasuan. Torniamo al villaggio e chiediamo rinforzi...." |
Guisgard la fissò con un lieve sorriso sulle labbra.
Il suo sguardo era su di lei, quasi ad assaporare ancora quelle emozioni provate fino ad un attimo fa. “Potevate uccidermi, nutrirvi della mia essenza…” disse “… perché non lo avete fatto? E ditemi, sono riuscito a farvi dimenticare, almeno per un istante, il Gufo?” Sorrise beffardo. “Pensavo mi avreste schiaffeggiato… beh, almeno sarebbe stata una reazione da donna, finalmente…” Restò a fissarla per alcuni istanti, senza dire nulla. “Abbiamo un appuntamento con qualcuno sotto le mura di Capomazda, ricordate?” Riprese a dire. “Meglio essere puntuali… dopo andrò a riprendere Gavron… o forse avete un piano migliore?” |
Irrigidii la mascella a quelle parole. Piegai con cura la tunica strappata e la strinsi a me sotto il mantello.
"Siete più stupido di quanto pensassi se credete che voglia prendermi la vostra vita, quando sono in forze a sufficienza da poterlo evitare... ho più rispetto per la vita di quanta ne abbiate voi, sembra... inoltre, credo mi sareste indigesto." Socchiusi gli occhi e lo guardai nel modo più torvo possibile. "Avete due possibilità... o andate da solo a prendere Gavron o dovrò ordinarvelo... e vi assicuro che lo farete e vi accorgerete di avermi ubbidito solo una volta fuori dalle mura di questa città!" Incrociai le braccia e lo guardai freddamente. "Sono certa che, là dove ho lasciato il bambino, troverete compagnia meno recalcitante e più consona a voi della mia... ecco, la strada è quella mi pare." Indicai alcune stradine che conducevano nella direzione giusta e lanciai un'occhiata alle finestre delle case che ci circondavano. Sperai che quella discussione non avesse attirato troppa attenzione. |
Guisgard scosse il capo, con un sorriso di beffa.
“Già… dimenticavo…” disse “… voi potete controllare la mente di tutti coloro che vi circondano… brava… dovreste esserne fiera…” masticò amaro, sempre celando le sue emozioni sotto quel sorriso “… peccato che non siete riuscita a farvi amare dal Gufo…” Si voltò verso la direzione che conduceva alla casa di piacere. “E state tranquilla…” continuò “… non ho mai pensato di godere della vostra compagnia… se avessi voluto davvero compagnia, avrei cercato in qualche angolo di strada… almeno di quel genere di donne potrei di sicuro fidarmi…” la fissò senza più quasi tradire emozioni “… vado a riprendere Gavron… e quanto alle ragazze della casa di piacere, fossi in voi non farei poi tanti paragoni… ognuna di loro è più donna di quanto possiate esserlo voi… loro infatti non uccidono…” e s’incamminò nella stradina. |
Era impossibile parlare con quel tipo.
Invece di mantenere la consueta freddezza, qualcosa scattò. Lo spintonai, mentre accennava ad allontanarsi. "Come osate presumere di conoscermi? Chi diavolo pensate di essere per sputare sentenze su di me?" Continuai a spintonarlo a dispetto della differenza di forza fisica e del mio corpo ancora dolorante per il rischio corso. La sensazione che avevo dappertutto era quello di essere caduta giù da un burrone ed essere riuscita a strisciarne fuori. Sembravo una formica che spinge un sasso. Un'angolo della mia mente si domandò dove avessi dimenticato la cautela. Mantenevo la calma pensando alle acque di un lago silenzioso, ma in quel momento la superficie era increspata, anzi... decisamente furiosa. |
Guisgard restò immobile ed in silenzio mentre Melisendra lo spintonava e gli scagliava contro la sua rabbia.
Restò a fissarla e ad ascoltarla mentre gridava. “Finalmente una reazione da donna…” disse all’improvviso “… avanti, continuate pure a sfogare la vostra ira… cosa vi ha fatto arrabbiare tanto? Perché vi ho baciata? Perché ho osato attentare a quella sorta di campana in cui vi siete chiusa? O forse perché ho accennato al Gufo? Eh, è per questo? Perché ci soffrite ancora? Perché vi ha respinta?” Ad un tratto, dopo l’ennesimo spintone, Gisgard l’afferrò con forza. “E per questo,vero? Per quel maledetto cavaliere!” Portando la sua mano a stringere il suo volto. “Siete una sciocca… una sciocca… vi schiaccerei la testa come si fa con una noce, se bastasse a far uscire l’immagine di quel maledetto… si, lo farei in questo stesso istante…” per un attimo la sua bocca fu sul punto di sfiorare nuovamente le labbra di lei “… ma so che non servirebbe a nulla…” allontanandosi “… no, quel cavaliere maledetto, come un pensiero, un’ossessione, un morbo è dentro di voi…” La lasciò e riprese la strada verso la casa di piacere. |
Allontanai le sue mani dal mio viso e rimasi in silenzio a guardarlo andar via.
Respirai profondamente più di una volta. Perchè me la prendevo tanto? Che me ne facevo della sua disapprovazione? Assolutamente niente. Non cambiava niente. Sistemai nervosamente il mantello e mi incamminai verso il luogo dell'appuntamento. I sotterranei. Ci misi un po' ad orientarmi e a trovare il punto esatto. La maggior parte di quei cunicoli era buio e tetro, ma gli spiriti erano tornati da me e mi guidarono su strade sicure. Giunta al punto prestabilito mi sedetti, osservando l'acqua scura che scorreva sotto di me e attesi. |
L’acqua scorreva lenta, echeggiando tra i cunicoli e donando a quel luogo una strana sensazione di calma piatta.
Ad un tratto Melisendra sentì dei passi. Una figura, lenta ed austera, si avvicinava a lei. Era coperta da un lungo mantello ed aveva un cappuccio sul capo. Giunta a pochi passi dall’incantatrice, fece un cenno col capo e si tolse il cappuccio. Era un uomo dal volto scarno ed i capelli argentati. Gli occhi erano racchiusi in due strette ed inespressive fessure ed un ghigno comparve sul suo volto nel vedere Melisendra. “Tra tre giorni l’acqua di Capomazda sarà come quella del fiume Stige…” disse “… ed allora questi cani ci apriranno loro stessi le porte della loro città…” fissò Melisendra “… sir Gouf sta preparando una sorpresa con i fiocchi… probabilmente nel giorno del nostro trionfo non si sacrificheranno solo cervi e capretti…” Portò una mano nella sua cintura ed estrasse una lettera. Era sigillata col simbolo del Gufo. “Datela al nostro uomo…” fece il cavaliere, riferendosi all’oscuro signore. Un attimo dopo scomparve nello stesso modo in cui era apparso. |
Le parole del messaggero mi fecero rabbrividire. Gouf era davvero impazzito se credeva di poter mettere in atto una simile mattanza. Era pazzo d'odio.
Annuii. Non c'erano parole adatte da pronunciare dopo un simile messaggio. Presi la lettera e la infilai nel borsello. Uscii da quei sotterranei più disperata che mai: la città sarebbe caduta. Non c'era modo di impedire che avvelenassero le acque. Mentre camminavo per le strade, riflettendo su quelle parole, sentii per la prima volta una nuova determinazione a sbarazzarmi di tutto ciò che faceva parte del mio passato. Ormai non c'era niente da fare: Gouf andava fermato e a qualunque costo. Ma prima dovevo pensare a quel male più antico e profondo che chiamavo "mio signore". La lettera andava consegnata. Mi affrettai verso la dimora del mio signore. |
Melisendra raggiunse il luogo d’accesso al covo sotterraneo dell’oscuro signore.
Giunta alla cappellina col Cristo Redentore trovò ad attenderla il nano incontrato in precedenza. “Avete fatto presto, milady.” Disse con un ghigno quella grottesca figura. “Dov’è il povero mendicante? Non era con voi?” La fissò con più attenzione. “Immagino abbiate qualcosa per il mio padrone…” Azionò allora il passaggio che permetteva di scendere nel covo sotterraneo. Poco dopo Melisendra fu portata in presenza dell’oscuro nemico di Capomazda. “Ben tornata mia cara…” mormorò “… hai svolto la tua missione? Hai incontrato l’emissario di sir Gouf” Rise. “Ma certo che si… non hai mai deluso le mie aspettative… sei sempre stata la più fedele tra i miei devoti…” |
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