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Mi incamminai lungo i corridoi, ascoltando con attenzione i rumori che provenivano da dietro ogni angolo. Quel reticolo mi confondeva, ma riuscii ad orientarmi fino alla sala dove il mio signore sedeva chino sui suoi preziosi volumi.
Aprii con cautela la porta ed entrammo. "Non penso la troveremo qui..." iniziai a cercare qualcosa di interessante tra le carte appoggiate sul tavolo e ad aprire qualche polveroso manoscritto. Non avevo mai notati i disegni degli arazzi appesi alle pareti, ma illuminati dalla luce dei miei amati spiriti, mi avvicinai per esaminarli. Erano macabri e descrivevano scene a dir poco sataniche di sacrifici e altri orrori. Le immagini di sacrifici di fanciulli ricorrevano quasi in ogni riquadro e mi fecero rabbrividire. |
“Questo luogo è davvero molto allegro…” disse Guisgard, mentre anche lui, come Melisendra, cercava in quella stanza “… mi raccomando, prestate attenzione ad ogni rumore sospetto proveniente da fuori… non vorrei ritrovarmi addosso uno di quei dannati… mi hanno già fatto sentire le loro carezze una volta e non ci tengo che la cosa si ripeta…”
Continuò a cercare, ma della spada neanche l’ombra. “Che sia dannato, quel maledetto!” Esclamò Guisgard. “Ma dove l’avrà nascosta?” Ma, all’improvviso, nascoste in un grosso libro, il cavaliere trovò alcune lettere. “Ma…” mormorò “… queste lettere… sono indirizzate… non ci posso credere…” Lesse quelle lettere incredulo e con uno sguardo stravolto. Si voltò allora verso Melisendra e le mostrò una di quelle lettere. “Anima mia… Ormai sono settimane che sei andata via, amata Rasiel… Tuo marito è un uomo distrutto nell’orgoglio ed accecato dall’odio verso i Taddei. Ma è un inetto, non è mai stato degno della tua bellezza e del tuo spirito. Ha deciso di sfidare il nipote dell’Arciduca, ma non avrà alcuna possibilità di vincere il duello. Dove sei ora tu? Mi manchi come al Cielo manca il Sole e come alla notte i sogni. Maledetti Taddei. Tu vivevi in purezza e candore, lontana dalla bassezza di un puerile e vile sentimento volto a soddisfare le carne! Eri mia e non di tuo marito che mai avevi amato. Poi giunse lui… Maledetto Ardross! Si è portato via ogni cosa! Maledetti Taddei! Ma io so come punirli! So come farli maledire questa vita! Sono al servizio di lord Rauger ora... e se non potrò soddisfare il mio amore, troverò sollievo nella vendetta! Una lunga vendetta che si consumerà solo quando l’ultimo dei Taddei sarà morto e Capomazda distrutta! Porterò astio e caos in queste terre e metterò i baroni contro il potere degli Arciduchi! Rasiel, amore mio e vita mia... se l’amore non potrà più sostenermi, lo farà l’odio. L’odio per i Taddei! Colui che ti ama sopra ad ogni cosa. Izar” |
Lessi con attenzione quella lettera e soffocai una risata. Era incredibile.
"Ma guarda... non lo facevo così romantico... non mentre mi addestrava o mi lasciava in una gabbia a morire di fame..." Finii di leggere quella lettera e frugai tra le altre. Erano tutte simili. "Ora che ci penso mi aveva parlato di una donna... A quanto pare anche il Male può amare qualcuno... e quando lo fa è devastante..." Per un attimo pensai a Gouf, ma scacciai quel pensiero con fastidio. Mi appoggiai a un arazzo e per poco non caddi. "Ehi, c'è un'apertura qua dietro!" |
Guisgard restò pensieroso e visibilmente turbato.
Fissò di nuovo quella lettera ed ebbe un impeto di rabbia. “Ha ideato tutto questo…” mormorò “… solo per vendicarsi… una donna lo rifiuta e lui decide di condannare a morte un’intera città…” scosse il capo “… e poi… perché proprio lei? Perché lei…?” Poi, ad un tratto, la voce di Melisendra lo riportò alla realtà. La ragazza aveva scoperto un’apertura nella parete, un passaggio segreto. Guisgard gettò un rapido sguardo al suo interno e poi prese dal tavolo due candele. “Vediamo dove conduce…” disse porgendo una delle due candele a Melisendra “… seguitemi e state all’erta…” I due penetrarono in uno stretto cunicolo che sembrava, a tratti, volerli soffocare. “E’ talmente stretto che a stento riusciamo a passarci uno alla volta…” fece Guisgard “… fate attenzione, c’è melma a terra… forse vi sono infiltrazioni d’acqua…” E finalmente raggiunsero la fine di quel cunicolo. Davanti a loro, scavata nella nuda roccia, vi era una piccola nicchia. Ed al suo interno vi era una spada. “Parusia…” sussurrò Guisgard accarezzando la lama della spada. Ad un tratto udirono dei rumori in lontananza. “Cosa sarà stato?” Voltandosi Guisgard. “Forse topi…” |
Mi appoggiai per non scivolare sulle pietre scivolose del pavimento, ma sfiorai con la mano delle fitte ragnatele e trasalii di colpo.
Non amavo luoghi come quello. "Non sono i topi a preoccuparmi... potrebbe aver messo una trappola a protezione della spada." Avevo scoperto a mie spese quanto fossero pericolose le sue trappole. "No, non prendetela... non prima di aver controllato la nicchia!" Allontanai la sua mano da Parusia e mi misi a controllare la stretta nicchia. Poi mi accorsi dei cristalli che circondavano il perimetro di quella stanzetta. Mi affrettai a raccoglierli e a frantumarli contro le pareti. "Maledetti i suoi cristalli..." Poi mi avvicinai alla spada e feci per prenderla, ma ricordai che si sarebbe difesa da me, quindi mi voltai verso Guisgard e lo invitai a prenderla. "Perchè proprio lei, domandate?" Rimasi un attimo pensierosa. "L'amore ha forse spiegazioni razionali? Non credo proprio... e proprio per questo è dannatamente pericoloso..." Ad un tratto sentii nuovamente quel rumore in lontananza. "Se sono topi... sono decisamente grossi..." |
Il cunicolo era stretto ed umido e nonostante Guisgard si fosse scostato per permettere a Melisendra di controllare la nicchia, i due rimasero a stretto contatto.
Quell’antro era anche molto basso, tanto da costringere i due a stare chini. E mentre Melisendra guardava i cristalli della nicchia, i suoi capelli sfioravano il petto ed il collo di Guisgard. Il cavaliere era dietro di lei e teneva le braccia contro le strette pareti di pietra, quasi a racchiudere la ragazza in un abbraccio. “Si, l’amore è totalmente irrazionale…” mormorò “… e forse per questo è dannatamente meraviglioso…” poi, per un momento, mutò espressione “… ma di meraviglioso quelle lettere non celavano nulla… quella donna… la donna che quel maledetto chiamava…” esitò “… quella donna… era mia madre…” Prese allora la spada, come gli aveva indicato Melisendra. Ma di nuovo si udirono quei rumori in lontananza. Seguirono alcuni attimi di silenzio. Poi, all’improvvisò alcune sagome apparvero nell’oscurità. “Non topi…” mormorò Guisgard “… ma grossi e viscidi ratti!” Un attimo dopo quelle sagome li aggredirono. “Restate dietro di me!” Gridò A Melisendra. Il cavaliere allora cominciò a menare fendenti potenti e precisi, colpendo i loro aggressori. Riuscì ad ucciderne qualcuno ed a farne scappare altri. “Forse…” ansimando Guisgard “… forse siamo riusciti a respingerli… però dobbiamo uscire da questa trappola, prima che ne giungano altri di questi maledetti…” Ad agio allora cominciarono a tornare indietro, ma qualcosa li spaventò. Un rumore sordo echeggiò nel cunicolo. I due ripresero a camminare, ma giunti al passaggio segreto lo trovarono chiuso. “Maledizione!” Ringhiò Guisgard dopo aver cercato di forzare il passaggio. “E’ bloccato dall’esterno! Siamo in trappola!” |
"No! Non può essere!"
Battei i pugni contro la parete, irrimediabilmente richiusa. Mi feci spazio nel cunicolo, ma in due era davvero difficile. "No, deve essere un trucco! Non c'era porta nè meccanismo!" Mi agitai per nulla, mi chinai a cercare altri di quei maledetti cristalli, ma c'era solo il pavimento di pietra. O forse erano nascosti lì, da qualche parte, ma non potevo vederli. "Dobbiamo uscire!" Sbattei nuovamente il pugno sulla parete, ma inutilmente. "Detesto i luoghi angusti... mi ricordano..." immagini vivide della mia prigionia mi passarono davanti agli occhi. Gettai i capelli indietro e cercai di scacciare quei ricordi. "Vostra madre... non ha nessuna colpa per le scelte di quel pazzo assassino. Forse la sua colpa fu di essere troppo bella e un po' sfortunata... tutto ciò che tocca quel demonio è destinato a perire..." Smossi le pietre a terra con la punta di un piede. "Ci deve essere un modo per uscire di qui!" |
Guisgard tentò di nuovo di forzare il passaggio, ma ogni sforzo si rivelò inutile.
“Maledetti!” Gridò. Ed a quella sua imprecazione si udirono diverse risate dall’altra parte del passaggio. “Bastardi!” Colpendo con forza la porta bloccata. Si voltò allora verso Melisendra e cominciò a controllare quel luogo con attenzione. “E’ inutile…” sbuffando “… sembra che questo maledetto cunicolo sia stato scavato nella roccia senza nessun altro accesso…” Controllò di nuovo la nicchia, cercando un qualche altro passaggio nascosto, ma fu tutto inutile. “Siamo caduti in trappola come degli allocchi…” mormorò Guisgard, poggiando la testa contro la parete “… ora attenderanno la nostra morte e poi verranno a prendersi Parusia…” fissò poi i cadaveri degli uomini che aveva ucciso “… a terra c’è melma e questo cunicolo è intriso di umidità… presto questi cadaveri cominceranno ad attirare insetti e topi…” Tirò una manata sulla pietra per sfogare la frustrazione e la rabbia. “Voi come state?” Chiese poi a Melisendra, accorgendosi del suo stato di agitazione. |
Strinsi i pugni e continuai ad armeggiare con quelle pietre.
"Devo uscire... non sopporto questo posto... e devo andare da Uriel..." Feci un respiro profondo e iniziai a toccare ogni sporgenza sospetta di quelle mura di pietra. "Non intendo morire in uno di questi tranelli... sono sicura che un modo per uscire c'è!" Poi sentii il rumore dell'acqua che gocciolava dal soffitto. "Acqua..." mormorai pensierosa. "Ci deve essere un canale qui vicino!" |
Melisendra era visibilmente scossa.
Era pallida e parlava nervosamente. “Cercate di non perdere la testa…” disse Guisgard controllando ogni palmo di quel luogo “… se c’è un modo per uscire lo troveremo…” Intanto, le candele stavano per consumarsi. “Si, avete ragione…” fece il cavaliere “… dal soffitto gocciola dell’acqua… ma sono solo poche gocce che penetrano da piccole fessure nella roccia… bisognerebbe capire dove la roccia è più debole e friabile…” Si guardò attorno. “Eppure questa melma deve pur formarsi da qualche parte…” mormorò. Poi si accorse che alla base della nicchia, la roccia era abbondantemente bagnata. Avvicinò allora la candela alla nicchia, per sfruttare gli ultimi istanti di luce. “Melisendra, ascoltatemi…” disse all’improvviso “… forse dietro la nicchia vi è un canale o qualcosa del genere… è rischioso ma non abbiamo molta scelta… cercate un arma su qualcuno di quei cadaveri e cominciate a fare come faccio io…” Guisgard cominciò a frantumare, per quanto poteva, la roccia bagnata con la punta di Parusia. “Scegliete un punto e colpitelo senza sosta…” indicò alla ragazza “… anche se vi sembrerà di fare il solletico a quella roccia, voi continuate senza fermarvi… battete con la punta della vostra arma sempre sullo stesso punto… tra qualche istante si spegnerà anche l’ultima candela, quindi cercate di imparare a memoria dove si trova il punto che avete cominciato a frantumare… avanti, forza! Volevate uscire per rivedere vostro figlio, no? Datevi da fare allora!” |
"Sto bene... voglio solo uscire di qui!"
Feci come aveva detto... presi una spada e con tutte le mie forze iniziai a sbriciolare la roccia. Era un lavoro faticoso e tossivo per la polvere che presto riempì l'aria. Poi sentii le pietre cedere. "Potremmo perderci in questi sotterranei... o peggio!" Ero indecisa. Quando la polvere si diradò osservai il punto in cui la parete era crollata. Iniziai a togliere altre macerie. C'era un canale. Avremmo dovuto seguirlo e sperare di non perderci. "Venite qui! Fate luce!" Ordinai agli spiriti. "Dovete trovare una via d'uscita! Forza!" Li osservai girare come impazziti e poi fare cenno di seguirli. "Seguiamoli... loro non si sbaglieranno!" Passammo attraverso il punto in cui la pietra era crollata e ci trovammo a camminare sul bordo di un canale sotterraneo. |
La roccia, sotto i colpi di Guisgard e Melisendra, finalmente cedette.
I due spostarono i detriti a sufficienza per aprirsi un varco capace di far attraversare loro la parete di pietra. Si ritrovarono così sul bordo di un canale sotterraneo. Con prudenza seguirono i segnali emanati dagli spiriti che Melisendra aveva chiamato. “Fate attenzione che questo bordo è scivoloso…” disse Guisgard a Melisendra “… forse questo canale è già stato inquinato dagli uomini del Gufo e caderci dentro potrebbe essere letale…” Ad un tratto il percorso si bloccò. Una parte del bordo era crollata e proseguire era praticamente impossibile, almeno su quel lato. Guisgard fissò il bordo fino al punto in cui era crollato, per poi spostare la sua attenzione sul lato opposto. “Dobbiamo saltare se vogliamo proseguire…” voltandosi verso Melisendra “… ci vuole un bel salto per non cadere in acqua… salto prima io, così da potervi prendere quanto toccherà a voi.” Il Cavaliere allora scelse un punto in cui il bordo era sufficientemente largo e saltò sul lato opposto. I piedi tendevano a scivolare appena toccato il bordo, ma Guisgard riuscì ad afferrare alcuni spuntoni di roccia abbastanza sporgenti e restò ben saldo alla parete. “Avanti, tocca a voi ora…” disse a Melisendra “… saltate dal punto in cui l’ho fatto io… non guardate in acqua, ma guardate me… avanti, saltate che vi prendo…” aggiunse porgendo le braccia verso di lei. |
Morgan era rannicchiato ai piedi della porta.
Aveva il viso pallido e gli occhi stravolti. “Io…” mormorò alle parole di Talia, che gli aveva parlato dall’altra parte della porta “… io ho paura quando si fa notte… loro mi fanno paura… li sento camminare di notte nei corridoi…” sospirò in un tremito “… lady Layla dice che non devo aver paura, perché loro sono come noi… ma a me invece fanno paura… quando arrivano si sente un gran freddo… e poi spesso si arrabbiano… si arrabbiano per un non nulla… e diventano cattivi… lady Layla talvolta parla con loro… lo fa di notte, quando è nella sua stanza e nessuno può sentirla… ma io una notte li ho sentiti parlare con lei… e poi lei è rimasta da sola a piangere davanti al ritratto del cavaliere vicino al suo letto…” si voltò verso la porta “… questa stanza dove ti hanno chiusa… lady Layla dice che è la stanza per punire qualcuno che è stato cattivo… tu sei stata cattiva?” Domandò a Talia. In quel momento arrivò Sayla. Morgan prima resto titubante, poi vinto dalla gentilezza della voce di Sayla si buttò fra le sue braccia. “Ho paura, Sayla…” tremando “… domani ci sarà di nuovo la prova e sarà affrontata dal cavaliere che è venuto con te… e quando c’è la prova loro arrivano in molti di più e si arrabbiano anche con me… e faccio sogni brutti!” Piangendo il bambino. “Per questo non voglio dormire stanotte.” E, dall’altra parte della porta, Talia aveva udito ogni parola. |
Accarezzai piano i capelli morbidi di Morgan, tentando di rassicurarlo.
"Ma questa volta nessuno vuole farti del male ed io non lo permetterei mai, Morgan. Sai, nemmeno io ho molta voglia di dormire..." Ricordai poi la voce che avevo udito poco prima. "Morgan, con chi stavi parlando poco fa? Chi c'è dietro questa porta?" gli chiesi. Morgan sciolse l'abbracciò e mi fissò impaurito. "Morgan, tu sai che io non ti farei mai dal male... Ma vorrei che mi aiutassi. Io sto cercando Lady Talia, la moglie del Cavaliere che domani affronterà la Dolorosa Costumanza. Devi dimmi la verità, piccolo, stavi parlando con lei?" ero triste. Probabilmente non mi dirà la verità. Ha troppa paura. Povero, piccolo, Morgan! Cosa ti ha fatto quella strega? Mi avvicinai alla piccola porta e ascoltai. "C'è qualcuno? Vi prego ditemi... Siete voi, Lady Talia? Colei che Lady Layla chiama... Yelia? Se siete lei, sappiate che tutto ciò che vi dice Lady Layla sono menzogne!" E' lei, dev'essere lei! Devo avvertire Icarius o fare finta di nulla? Oh... non so più cosa fare! |
Tenevo il viso vicinissimo al legno della porta chiusa, ascoltando la voce tremante e impaurita di Margan...
Citazione:
Quella domanda... così semplice eppure così profonda... ero stata cattiva? Me lo chiesi... Lo ero stata? Che cosa avevo fatto di male per venir rinchiusa lì? “Morgan...” mormorai poi, tentando di recuperare un po’ di razionalità “Morgan, chi è che cammina nei corridoi? Con chi è che parla Layla?” Un brivido mi corse giù per la schiena a quel pensiero... e improvvisamente ebbi paura anche io, proprio come Morgan. Poi udii dei passi e una voce provenire dal corridoio. Sentii qualcuno avvicinarsi alla mia porta e parlare con il bambino... mi irrigidii... che fosse stato scoperto? Aguzzai le orecchie per tentare di riconoscere la voce... ma era bassa e io non sentivo bene... coglievo solo qualche parola e le risposte spaventate di Morgan... Poi quella persona si avvicinò al battente e parlò di nuovo... Citazione:
Sayla. Sorrisi... Sayla! Mi accostai di nuovo alla porta sprangata... “Si... Sayla... sono io! Sono...” esitai “Sono Talia!” Una forte scarica provocò in me quel nome... Talia... lo ripetei mentalmente... assaporando la leggera eco che quel nome lasciava nella mia mente... l’eco di voci, di immagini, di momenti felici, la luna pallida che rischiarava un giardino, la voce di Icarius... Inspirai e mi aggrappai alla maniglia con tutta la forza che avevo per non perdermi in quelle immagini... Poi tornai a parlare contro la porta... “Non importa ciò che Layla dice...” mormorai “Ho smesso di crederle già da qualche tempo e ho smesso di rispettarla quando mi ha fatta rinchiudere qui!” Ma era ben altro che mi premeva in quel momento... “Sayla...” chiamai “Sayla, ti prego, riesci ad aprire questa porta? C’è qualcosa che dobbiamo fare... dobbiamo scoprire di chi è che sta parlando Morgan... chi è che cammina per i corridoi la notte?” rabbrividii “E dobbiamo impedire ad Icarius di gettarsi in quella prova domani... potrebbe morire!” Chiusi gli occhi... E io non permetterò che muoia! -conclusi mentalmente- Non sopravvivrei! |
La sua voce era rimasta la stessa. Quanto tempo era passato da quando era stata rapita nelle pieve? Molto...
"Lady Talia! Grazie al cielo state bene! Purtroppo non credo di riuscire ad aprire questa porta, ma andrò immediatamente a chiamare lord Icarius e gli altri. Troveremo il modo di liberarvi." dissi rivolgendomi alla Granduchessa. Chissà se le è tornata la memoria... "Tu resta qui, Morgan. E se vedi arrivare qualcuno che non sia io o uno dei miei compagni, nasconditi, va bene? E non avere paura. Se vorrai, questa notte potrai passarla con me, a chiacchierare..." Corsi il più velocemente possibile e arrivai nel giardino del palazzo. Nishuru se ne stava andando, mentre Icarius osservava il cielo stellato. "Nishuru, aspetta! Va a chiamare Luna e aspettatemi qui." Non gli diedi tempo di rispondermi o controbattere, non c'era tempo. "Nobile Taddei!" dissi rivolta ad Icarius che si girò di scatto, fissandomi. "Sono io, Sayla..." aggiunsi, pensando che al buio non mi avrebbe riconosciuta. "Ho scoperto dove si trova vostra moglie. La tengono rinchiusa in una stanza. Afferma di essere Lady Talia e non Yelia e quindi è probabile che abbia riacquistato la memoria... Dovete andare subito da lei!" |
“Sayla! Sayla aspetta!” chiamai, pensando che sarebbe stata in pericolo se fosse corsa a chiamare gli altri... sarebbero stati in pericolo tutti se Layla avesse scoperto che sapevano dov’ero...
Ma lei non mi sentì... evidentemente era già corsa via. Pregai che non le accadesse nulla. Poi tornai a parlare... “Morgan...” sussurrai “Morgan, sei ancora lì? Stai bene, piccolo? Non aver paura... andrà tutto bene!” Esitai un momento, ma dovevo sapere... “Morgan... ti va di parlarmi di quella cosa che ti spaventa? Chi è che gira per il castello di notte?” Non volevo spaventarlo ancora, ma sentivo che era fondamentale capire che cosa stava accadendo! |
Mi aggrappai a una sporgenza del muro e mi preparai a saltare.
Le gonne mi impacciavano e il terreno era scivoloso si umidità. "Non ce la farò mai..." Strappai faticosamente qualcuna delle mie sottogonne nel tentativo di alleggerirmi. "D'accordo..." Mantenni lo sguardo su Guisgard e cercai di non pensare all'acqua che scorreva sotto di me. Saltai. Trovai un incerto e scivoloso punto di appoggio e dovetti aggrapparmi a Guisgard per non scivolare. |
A quelle parole di Talia, Morgan restò in silenzio a tremare.
Qualcosa di terribile sembrava tormentarlo e spaventarlo a morte. “Sono loro…” mormorò il piccolo all’improvviso “… le figure… che ogni notte passeggiano nei corridoi… una volta, in sogno, una di quelle figure mi disse che anche lady Layla era una di loro… io non volli crederle e quella figura mi picchiò… al mattino mi risvegliai sanguinante… le figure dicono a Layla di andare con loro, ma lei non vuole… dice che deve vendicarsi… lo dice ogni notte… e lo dice giurandolo davanti al ritratto del cavaliere… io ho paura… le figure dicono che quando morirò verranno a prendermi loro… ho paura… aiutatemi, signora…” disse piangendo a Talia. Ma all’improvviso si udirono dei passi. “Perché sei qui, Morgan?” Chiese con tono freddo Shezan. “Sei stato cattivo e lady Layla ne soffrirà per questo.” Il bambino cominciò a piangere a dirotto. “Va via da qui ora.” Morgan obbedì e corse via. Un attimo dopo Shezan entrò nella stanza in cui era rinchiusa Talia. |
A quelle parole di Sayla, Icarius non perse un attimo di tempo e corse verso il palazzo.
“Andiamo Sayla.” Gridò. “Lho, presto, con me!” Ordinò poi al fedele guerriero che apparve in quel momento nel cortile. I tre giunsero nel grande ingresso del palazzo e subito Layla si mostrò loro. “Quanta fretta, milord.” “Avete rinchiuso mia moglie nel vostro palazzo!” Urlò l’eroe taddeide. “Conducetemi da lei o questo luogo sarà dato alle fiamme e tutti voi sgozzati come bestie!” “Che impeto.” Sorridendo Layla. “Non c’è che dire… degno di un novello Alessandro che distrugge Tebe… davvero, impressionante, mio nobile signore.” E rise. “Il grande Arciduca dei Taddei che minaccia un palazzo abitato da donne, valletti e bambini. Davvero cavalleresco.” “Rivoglio mia moglie!” “Cosa vi fa credere che sia stata imprigionata?” Domandò Layla. “Sayla ha scoperto il vostro sporco inganno.” “Date troppo credito a quella ragazzina.” Fissando Sayla con disprezzo. “Mentre voi eravate a sospirare alla Luna, la vostra fedele amica ha aggredito un cervo, per poi nutrirsi del suo sangue.” Rise di nuovo. “Voi, campione della Cristianità che vi accompagnate ad una volgare pagana!” Mormorò con astio. “Ormai anche il Cielo vi ha abbandonato!” “I cristiani come voi infangano il nostro Credo!” Rispose con rabbia il figlio del vento. “Preferirei mille volte essere come Sayla, che somigliare ad una come voi!” Layla lo fissò con odio. “Indicami dove sarebbe nascosta lady Yelia.” Rivolgendosi poi a Sayla. La ragazzina così condusse tutti loro alla stanza della torre. Layla aprì la porta ed entrò insieme a tutti loro nella stanza. “Ecco qui la vostra dama rinchiusa nella torre.” Con sarcasmo Layla. La stanza era vuota e sembrava non essere abitata da tempo. “Forse, mio signore, se davvero ci fosse stata vostra moglie vi avrebbe calato i suoi lunghi e meravigliosi capelli per farsi salvare.” E si abbandonò ad un’insopportabile risata. “Sarebbe stato molto più romantico, non trovate?” E continuò a ridere di tutti loro. |
Melisendra, vinta la paura, finalmente saltò.
Sarebbe sicuramente scivolata sul bagnato e viscido bordo del canale, se Guisgard non l’avesse presa. Per un istante il cavaliere restò a fissarla, tenendola fra le braccia. Arrivò quasi a sfiorarle le labbra con le sue, mentre solo lo scorrere dell’acqua, lento ma costante, rompeva il silenzio intorno a loro. “Non era poi tanto difficile saltare, no?” Disse sorridendo il Cavaliere. L’aiutò a tenersi contro la parete rocciosa e ripresero il cammino. “Risaliamo nella direzione opposta allo scorrere dell’acqua…” mormorò Guisgard “… dovremmo ritrovarci così in breve tempo fuori da questo posto.” E dopo un po’ infatti intravidero una luce. Raggiunta quella luce, trovarono una vecchia grata a sbarrare il passaggio. Era consumata dal tempo e dalla ruggine e non fu difficile rimuoverla. Guisgard si arrampicò fino ad uscire da quel piccolo pozzo e poi aiutò Melisendra a fare altrettanto. “Dobbiamo trovare un posto in cui possiate cambiarvi d’abito…” fece con un sorriso guascone il cavaliere “… avete delle bellissime gambe, milady, ma credo potrebbero attirare un po’ troppo l’attenzione e noi non possiamo permettercelo ora.” Facendole l’occhiolino. Le strade di Capomazda sembravano deserte ed un fetido di marcio era diffuso nell’aria. I due si incamminarono tra strette stradine laterali, per non attirare l’attenzione, fino a quando videro un carro attraversare la strada. Su di esso vi erano cadaveri ammassati gli uni sugli altri. Era seguito da alcuni uomini vestiti di nero e da diverse donne che piangevano e si lamentavano. Erano le vittime delle acque inquinate dagli assedianti. La morte aveva già cominciato ad attraversare le strade di Capomazda. |
Mi slacciai dall'abbraccio con un po' di impaccio e seguii il cavaliere fino in superficie.
Una volta fuori di lì assaporai con sollievo l'aria fresca e non prestai la minima attenzione alle mie sottane strappate, fino a quando non udii il commento di Guisgard. Mi affrettai ad annodarle in modo accettabile. "Devo trovare dei vestiti puliti e richiamare Pandemonio..." Stavo per continuare l'elenco di tutto ciò che avrei dovuto fare prima di partire per la palude, quando mi accorsi dei cadaveri e un corteo funebre ci passò vicino. Era iniziata, dunque. "Dobbiamo andarcene... con tutti questi cadaveri per le strade presto inizierà anche una pestilenza!" Ormai era l'alba e qualche timido raggio di sole si apprestava a illuminare quel tetro scenario. Ci incamminammo per le vie. "Aspettate un secondo... arrivo subito!" Ricordavo una bottega di abiti in quella strada. Dovetti bussare più volte alla porta e svegliare il bottegaio. Sapevo che non avrei dovuto farlo, ma non avevo più nulla con me, quindi lo ingannai e gettai su di lui il mio incanto. Uscii di lì con un vestito nuovo e un aspetto molto migliore di quando ero entrata. Forse era solo la vanità a farmi pensare che non avrei certamente potuto andare da Gouf a implorare per mio figlio senza risistemare un po' il mio aspetto, ma non avevo altre armi che me stessa. "Cosa farete adesso, Guisgard? Ora che avete la spada ve ne andrete?" Un rumore di zoccoli mi fece voltare e vidi apparire Pandemonio, guidato dalle misteriose luci che mi seguivano ovunque. "Io devo andarmene da qui... Uriel ha bisogno di me." Accarezzai il muso di Pandemonio e guardai verso la cinta delle mura. Anche uscire da lì non sarebbe stato semplice. |
Una furia assassina si impossessò di me. Layla aveva appena bestemmiato! Avevo offeso il Mio Signore!
Non è servito a nulla uccidere quel povero cervo... "Come osate definirmi una volgare pagana? Voi non sapete chi sono io, non sapete nulla!!!" le urlai con odio. Layla disse di indicarle dove secondo me avevano rinchiuso Lady Talia. Li accompagnai e vidi che il piccolo Morgan non era più seduto davanti alla porta. E' accaduto qualcosa. Perchè Morgan non c'è? Forse qualcuno è venuto e ha portato via Lady Talia e Morgan è fuggito impaurito... Lady Layla aprì la porta e ci condusse nella stanza, una stanza vuota. La strega rise beffarda e ci ricondusse fuori dalla stanza che chiuse nuovamente a chiave. Rimanemmo tutti in silenzio finchè Lady Layla non si fu allontanata ed io incrocia lo sguardo accusatore di Lho. Mi si riempirono gli occhi di lacrime. Non osavo alzare lo sguardo per paura che anche Icarius mi guardasse in quel modo tanto orribile. "Io giuro, giuro sulla mia anima che Lady Talia era stata rinchiusa qua dentro... Qui davanti alla porta c'era il piccolo Morgan, ma dev'essere fuggito quando qualcuno è venuto a prendere la Granduchessa." dissi con voce tremante. "Voi mi credete, milord?" domandai e alzai lo sguardo su di Icarius. Lo fissai negli occhi, due occhi stupendi. Ora capisco perchè, anche se il loro fu un matrimonio combinato, Lady Talia si è innamorata di lui... |
L’aria era limpida e un leggero vento spazzava la collina, facendo correre veloci le poche nubi candide sopra la mia testa.
Io camminavo lentamente risalendo la china, non avevo fretta. Ad un tratto vidi una figura davanti a me... se ne stava in piedi, le mani annodate dietro la schiena e mi dava le spalle, il vento faceva volare i suoi capelli e il sole li faceva brillare di mille bagliori dorati. Mi soffermai appena, vedendolo... poi sorrisi: ero certa che lo avrei trovato lì. Rimasi immobile per qualche momento, come pensosa, poi mi riscossi e lo raggiunsi... Giunsi così sulla sommità di quella collina e da lì il mio sguardo poté spaziare tutto intorno... la dolce ondulazione della campagna ordinata, le case sparse, i piccoli borghi qua e là, le sagome dei radi gruppi di alberi contro l’orizzonte... Sorrisi e inspirai a pieni polmoni quell’aria fresca e profumata... Poi la figura accanto a me parlò. “Ti ho sempre insegnato ad amare tutto questo... ma forse ho sbagliato!” Mi voltai e scrutai i suoi occhi scuri per un istante... “Perché dici questo?” domandai. “Domani mattina ti guarderò salire su una carrozza e andar via...” rispose dopo un attimo “Forse avrei dovuto insegnarti ad amare Capomazda, dopotutto!” “Beh...” ribattei dopo averci riflettuto su per un istante “Se Capomazda è anche soltanto per una minima parte come la descrivono i poeti, sono certa che l’amerò! Ma questo luogo, Sygma, avrà sempre un posto nel mio cuore! Un posto privilegiato! Sono sempre stata molto felice qui!” Lui tornò a guardarmi... rimase in silenzio per qualche momento, come valutandomi, poi sorrise con aria soddisfatta, come se avessi appena passato un esame... “Hai ragione!” annuì “Ti auguro di amare Capomazda di un amore infinito e felice... ma Sygma è ciò che sei, e lo sarà sempre!” Tornammo entrambi con lo sguardo al paesaggio, abbracciandolo tutto... io lo scorrevo avidamente, tentando di immagazzinare in memoria quanti più dettagli mi fosse possibile, suoni, colori, profumi... Così facendo, distrattamente, portai una mano al collo e strinsi il ciondolo appeso alla mia collana, in un gesto che non sfuggì al mio interlocutore... “Deve racchiudere qualcosa di molto prezioso quel medaglione a giudicare da come lo stringi...” notò, con aria forzatamente distratta. Gli lanciai un’occhiata obliqua e sorrisi appena, ma non risposi. Lui sospirò. “Una stirpe ricca di fama non meno che di gloria, quella dei Taddei... se è vero la metà di quel che si dice di loro!” “Tu non hai mai dato molto credito alle leggende...” gli feci notare. Lui sorrise, poi annuì leggermente... “No... ma ho conosciuto lord Rauger... un uomo interessante! Dominato da un profondo senso di giustizia!” I miei occhi spaziavano lungo la linea dell’orizzonte, li portai il più lontano possibile da lui e poi, con la voce che mi si faceva piccola, chiesi: “E lord Icarius?” Avvertii il suo sguardo su di me per alcuni istanti, ma quando parlò la sua voce non era mutata... “Non ho avuto il piacere, purtroppo! Ma mi dicono che sia uomo dominato da passioni fortissime...” esitò un istante, poi soggiunse più piano “Bene o male che sia!” Spostai gli occhi su di lui di scatto a quell’ultima affermazione, non capivo... ma lui non mi lasciò il tempo di dire altro: sorrise e mi poggiò le mani sulle spalle, baciandomi sulla fronte... “Domani mattina partirai... non dimenticare mai chi sei, figlia mia!” Aprii gli occhi all’improvviso... Il volto di mio padre fluttuò ancora nella mia mente per qualche istante, e le sue parole: non dimenticare mai chi sei... Sorrisi al pensiero di mio padre... gli avevo voluto bene. Moltissimo. Non dimenticare mai chi sei... aveva detto. Lo avevo dimenticato, invece. Ora però tutto era cambiato. Poi improvvisamente tornai ad avvertire il mio corpo... Mi portai una mano alla testa e tentai di alzarmi... cos’era avvenuto? Ero distesa a terra, sul pavimento di pietra fredda e dura, ed ero sola... Tentai di rammentare... ricordavo la stanzetta nella torre, Sayla, Morgan e Shezan che era entrato nella mia stanza... poi il buio. Con fatica mi misi seduta... ripensando alle parole di Morgan, a ciò che mi aveva detto poco prima dell’arrivo di Shezan: le figure che camminavano di notte nei corridoi... le figure avevano detto che Layla era una di loro, ma lei non voleva seguirli... le figure venivano più numerose quando c’era la Dolorosa Costumanza... le figure avrebbero preso Morgan se fosse morto... Il respiro mi si fece affannoso. Morgan aveva detto che Layla non voleva seguirle perché desidera vendicarsi... vendicarsi... Lo giurava davanti ad un ritratto... improvvisamente rammentai il ritratto di cui mi aveva parlato il bambino, quello che somigliava ad Icarius... E improvvisamente capii: Layla voleva vendicarsi di Icarius! Il resto... tutta quella messinscena, persino io, non erano che una scusa... una scusa per vendicarsi di lui. Mi mancò l’aria... Icarius... Oh, Icarius, perché? Tentando di non perdere il controllo, mi guardai intorno... ma dov’ero? |
Icarius fissò Sayla negli occhi.
“Io ti credo, Sayla…” disse sorridendo “… neanche per un momento ho dubitato delle tue parole… ormai è chiaro che quella donna nasconde chissà quale segreto per giustificare il suo odio verso di noi… bisogna ritrovare il piccolo Morgan… lui conosce cose che noi ignoriamo… l’altro giorno ho visto che parlava con te in giardino, Sayla… i bambini hanno una spiccata sensibilità che li porta a riconoscere il buono nelle persone… per questo si fida di te… dobbiamo trovarlo e capire quale oscuro incanto domina in questo luogo.” In quel momento giunse Shezan. “Milord… è tutto pronto… la Dolorosa Costumanza vi attende.” Un brivido corse sulla pelle di Icarius a quelle parole dell’eunuco. L’eroe annuì, per poi rivolgersi al fedele Lho. “Amico mio… qualsiasi cosa accada ti affido Talia e la giovane Sayla… proteggile come stessi proteggendo me…” “Si, milord…” fece Lho “… lo giuro sul mio onore…” Icarius fissò poi Sayla. “Io ho piena fiducia in te, amica mia…” sorridendole “… so che scoprirai dove tengono custodita Talia… lascio nelle tue mani le sorti della persona più cara che ho al mondo…” le accarezzò i capelli rossi “… cerca il piccolo Morgan, Sayla… lui è l’unico che può dirci la verità…” “E’ ora, mio signore.” Con freddezza Shezan. Icarius baciò Sayla sulla fronte e strinse il braccio di Lho. “Sono pronto.” Disse poi a Shezan. |
Guisgard fissò Melisendra col suo nuovo vestito.
“Siete incantevole…” disse con freddezza “… si, immagino che quel vestito sia adatto all’occasione… andrete da vostro figlio e da… dal Gufo… e dovrete pur offrirgli qualcosa per riavere indietro il bambino…” annuì con sarcasmo “… chissà che non riusciate davvero a convincerlo…” sospirò guardando il Cielo che mutava con l’imbrunire “… la spada non è mia, ma dei Taddei… e serve a loro per proteggere questa città e la sua popolazione… si, andrò via… lontano da tutto e da tutti… il vecchio Diacono conosce un passaggio segreto per uscire dalla città senza dover attraversare la Porta dei Leoni… andiamo da lui e così ognuno di noi prenderà la sua strada…” |
Non sapevo cosa dire. Per un attimo abbassai gli occhi e desiderai essere una ragazza come tutte le altre. Basta incanti.
Replicai stancamente. Non volevo addentrarmi nuovamente in discorsi al cui campo non saremmo mai giunti. Non avremmo mai trovato un accordo. Non potevo capire la sua prospettiva, come lui si rifiutava di vedere la mia. "Farò tutto il necessario per salvare Uriel..." mormorai. "Mia madre morì per me... io non voglio lasciare mio figlio da solo. Posso solo usare le armi che ho per salvarci." Presi Pandemonio per le briglie, dopo essermi drappeggiata il velo sul volto in modo da celarlo. Mi incamminai con Guisgard. "Gouf saprà di sicuro che andrò da lui a scongiurarlo di non fare del male a Uriel..." riflettei ad alta voce. "Vorrei averlo ucciso molti anni fa... come credevo di aver fatto... che sia maledetta quella sua armatura!" pronunciai per la prima volta quelle parole ad alta voce e quasi mi ferirono le orecchie, come un assordante cristallo che si frantuma. Giungemmo in un luogo isolato, sotto le mura della città. Lì ci aspettava il vecchio diacono. "Presto non dovrete più preoccuparvi di me, Guisgard... non dovreste avere un'espressione più gioiosa sul vostro volto?" lo punzecchiai. |
Si fida di me... Ma non può comunque affrontare la Dolorosa Costumanza! E' una follia!
"Milord, Voi non dovreste affrontare la Dolorosa Costumanza... Come potete solo pensare che, anche se vinceste, Lady Layla vi ridia vostra moglie?" Sapevo che non mi avrebbe dato ascolto, non gli importava più nulla ormai, se non riavere Talia. E avrebbe fatto qualunque cosa per lei. "Vi prometto che la cercherò e finchè non l'avrò trovata non mi darò pace. E poi torneremo a Capomazda e per Voi tutto sarà come prima, Nobile Taddei." Guardai poi Luna e Nishuru che si tenevano in disparte. "Andiamo, Luna, Nishuru. Non c'è tempo da perdere! Dobbiamo trovare Lady Talia e tentare di liberarla. E dobbiamo trovare anche il piccolo Morgan, non vorrei che gli sia accaduto qualcosa..." Guardai poi Lho e sorrisi. "Se anche il suddito più fedele dell'Arciduca vuole unirsi alla ricerca della Granduchessa... ne sarei più che felice." vidi Lho fare una smorfia ed annuire controvoglia. Non sopporta stare ai miei ordini... Ed io adoro prenderlo un po' in giro. Si arrabbia molto perchè pensa che sono solo una ragazzina! "Beh, allora andiamo! Ci dobbiamo dividere, ognuno di noi perlustrerà una parte del palazzo." dissi loro che zona dovevano controllare e poi ci separammo. Lady Talia, Morgan... Vi troveremo e sarete finalmente liberi! |
Per tutto il tragitto Guisgard ascoltò Melisendra senza dire nulla.
La sua espressione appariva enigmatica. Qualcosa attraversava il suo sguardo, ma sembrava impossibile da decifrare. “Il Cavaliere del Gufo vi ucciderà…” sentenziò quasi “… e ucciderà anche vostro figlio… ciò che è impenetrabile non è quella sua armatura, ma il suo stesso cuore…” fissò l’indefinito Cielo che si contorceva sopra Capomazda “… forse quella donna… quella che uccisi, è stata l’unica persona che abbia davvero conosciuto quell’uomo… a parte voi, ovviamente…” fissando quasi di sfuggita Melisendra “… visto che siete giunta ad amarlo…” Giunsero dove si trovava il vecchio Diacono. Guisgard gli mostrò la spada. “Sapevo che l’avreste ripresa, mio signore.” Raggiante il vecchio. “Indicaci come uscire da Capomazda…” disse al vecchio. Diacono annuì e mostrò loro un passaggio sotterraneo. “Da qui uscirete dietro le mura, dove l’esercito nemico non ha posto nessun controllo.” Spiegò il vecchio. “Bene, siamo giunti alla fine…” mormorò Guisgard “… già, ora potrò smettere di preoccuparmi di voi…” fissando Melisendra e tradendo un certo nervosismo “… e voi non sarete più costretta a sopportare la mia fastidiosa compagnia… addio, Melisendra… vi auguro buona fortuna… per voi e vostro figlio…” |
"Vi ringrazio... A dispetto di tutte le incomprensioni, siete stato un'interessante compagnia!" Gli sorrisi. "Buona fortuna, Guisgard..."
Lasciai le briglie e mi avvicinai al cavaliere un po' imbronciato e lo abbracciai. Poco prima di allontanarmi da lui gli posai un bacio leggero sulla guancia. Mi sorpresi per prima di fronte a quel gesto che non sapevo spiegarmi. Il contatto fisico era un modo per penetrare le difese della mente, ma in quell'occasione era solo un gesto che avevo compiuto senza pensare e, soprattutto, dimenticando i miei poteri. Rapidamente mi ritrassi e sentii Pandemonio soffiare al di sopra della mia spalla. "Andiamo, Pandemonio... andiamo via..." Guidai il mio cavallo attraverso il passaggio, decisa a dirigermi verso la palude. |
Guisgard non disse, né fece nulla.
Restò a fissare Melisendra in sella al suo Pandemonio che svaniva nel passaggio segreto. “Non ho più nulla che mi trattenga qui…” disse poi al vecchio Diacono. “Dove andrete, milord?” Domandò questi. “Tornerete a casa vostra?” “Si…” annuì il cavaliere “… tutto questo lo dovevo a me stesso… ed anche a mia madre… ora non ho altro da fare qui…” “Siete il degno figlio di lady Rasiel.” Guisgard sorrise. “Prendi Parusia e riportala nella cappella.” Dando la spada al vecchio. “Appartiene ai Taddei.” “Si, milord….” “Perché mi guardi in quel modo?” “Avete gli stessi occhi di vostro padre e di vostro fratello.” “Io non ho né padre, né fratello, vecchio.” Scosse il capo. “Quella sciocca ragazza si farà uccidere…” “Ha scelto lei il suo destino.” “Lo credi davvero?” Fissandolo Guisgard. “No, nessuno di noi sceglie davvero il suo destino… può solo accettarlo…” sospirò “… addio, vecchio… io vado…” Diacono allora entrò nella stalla e uscì pochi istanti dopo con un cavallo. “Peogora, bella!” Esclamò Guisgard accarezzando la cavalla. “Ora lasceremo questo posto e torneremo finalmente a casa….” Intanto, Melisendra aveva già preso la via verso la palude. Qui si trovavano gli accampamenti dell’esercito di Gouf. Il grosso dei soldati era sotto le mura di Capomazda, ma il Gufo qui aveva diversi suoi fedelissimi. Con lui vi era anche Ivan de Saint-Roche. |
Non era saggio cavalcare dopo il tramonto, specialmente nella palude, ma avevo molta fretta e Pandemonio era deciso a mettere alla prova se stesso.
Avevamo percorso il bosco a perdifiato e ci eravamo soffermati alle propaggini della palude. Tenevo costantemente d'occhio il calar del sole. Le ombre si allungavano sempre di più e i cupi rumori provenienti dalla palude avrebbero scoraggiato chiunque ad attraversarla. Ritrovai subito il sentiero che la attraversava, l'unica pista sicura che mi avrebbe portata dritta in prossimità degli accampamenti. Inoltre non ero sola. Potevo contare sugli spiriti, oltre che sull'intrepido Pandemonio. Mi diressi verso un canneto e costeggiai l'acquitrino. Al mio passaggio uno stormo di uccelli selvatici si levò nell'aria con molto chiasso. Vedevo in lontananza il fumo di un accampamento. Quale che fosse non ne avevo idea, ma non avevo molta scelta se non quella di avvicinarmi con molta cautela. |
Le luci ed il fumo.
Poi delle voci. Voci di soldati impegnati in diverse attività. Melisendra cominciò ad avvicinarsi con prudenza, mentre le ombre della sera avevano già cominciato ad allungarsi sul quel desolato scenario. Finalmente, giunta a poca distanza dall’accampamento, vide sventolare lo stendardo del Gufo. Era la prova che aveva trovato ciò che stava cercando. “Finalmente ci attende una nottata fresca…” disse una sentinella al suo compagno “… non ne potevo più di notti troppo calde per dormire.” “E’ il clima di queste terre…” replicò l’altro “… ormai sono giorni che non piove in questo dannato paese… fortuna che manca poco e questa guerra finirà.” “Già, anche se fra un po’ a Capomazda farà ancora più caldo!” E risero forte. “Fate meno baccano, voi due!” Li riprese un terzo cavaliere appena giunto. “Col chiasso che fate è impossibile sentire se qualcuno si avvicina! Chiunque potrebbe strisciare qui come una serpe e tagliarvi la gola!” “Perdonateci, signore…” Il cavaliere allora raggiunse una delle tende e vi trovò due uomini a conversare. “Cosa c’è?” Chiese il Gufo al cavaliere appena giunto. “Signore, abbiamo saputo che a Capomazda la gente sta già morendo a causa dell’acqua che abbiamo inquinato.” “Ottimo!” Esclamò Ivan. “Un altro giorno al massimo e quei miserabili ci apriranno loro stessi le porte della città!” |
Senza badare troppo alle sentinelle lanciai Pandemonio al galoppo.
Mi fermai solo all'ingresso dell'accampamento. Gli uomini di guardia mi fermarono e io non usai i miei poteri per impedirglielo. Sarebbe stato uno spreco di energia. "Sono Melisendra, credo che Sir Gouf mi stia aspettando." Dissi solo quelle poche parole e lasciai che le guardie prendessero Pandemonio per il morso e che mi guidassero fino alla tenda del loro comandante. Una volta giunta lì, nello spiazzo principale dell'accampamento, decisi di far fluire il potere. Lo sentivo scorrere nelle mie vene e attraversare ogni singola fibra del mio essere. Mi sentivo come attraversata da una sottile pioggia che portava via ogni oscurità e mi lasciava piena di luce. Splendente. Era la sola difesa che potevo attuare. Un paio di respiri e riuscii ad armonizzare quell'incanto. Sapevo che in quel momento mi stavano osservando tutti. Non si sarebbero accorti di quella malia. Senza attendere istruzioni scostai un lembo della tenda ed entrai. |
Entrata nella tenda, Melisendra si ritrovò in presenza di Gouf e di Ivan de Saint-Roche.
Questi fu profondamente sorpreso di rivedere la ragazza. “Vi credevo morta nell’incendio del castello di lord Cimarow” disse turbato “o lontana chissà dove, milady!” “L’erba cattiva non muore mai, sir de Saint-Roche.” Con indifferenza Gouf. “E la nostra bella Melisendra non riesce a stare lontana da ciò che è marcio o putrido.” La fissò senza tradire emozioni. “Perché sei tornata? Cosa speri di ottenere? La mia compassione per tuo figlio? O forse vuoi addirittura uccidermi? Perché no, poi!” Sorseggiando del vino. “Ci hai già provato una volta, no? Magari stavolta potrebbe andarti meglio.” I suoi occhi neri si inchiodarono in quelli di lei e quel pallore livido sembrava conferire al suo volto un’espressione irreale ed indefinita. “Cosa cerchi qui? Vuoi salvare il futuro di tuo figlio? E perché mai? Tu che razza di futuro potresti dargli? Guardati…” con disprezzo Gouf “… tu stessa non hai un avvenire… vali molto meno di una donna di strada… almeno quella si può comprare col denaro…” |
Salutai con un cenno Ivan de Saint Roche e mi avvicinai.
"Sono sopravvissuta a molte cose, Sir de Saint Roche..." gli risposi con cortesia, catturando il suo sguardo e tessendo i miei incanti. Sorrisi delle parole di Gouf. Non facevano male, scivolavano come polvere senza sfiorarmi. "Cosa vi disturba di più, Gouf? Che non sia qui per voi o che non possiate gestirmi a vostro piacimento come uno dei vostri giocattoli?" Indicai i soldati e gli schiavi che erano fuori da quella tenda. "Oro e terrore... non conoscete altri modi per farvi ubbidire..." lo guardai con sarcasmo, sottintendendo che nè l'uno nè l'altro facevano presa su di me. "Voglio vedere mio figlio." |
Gouf sorrise a quelle parole di Melisendra.
“Oro e terrore…” ripeté il cavaliere “… non bastano a soddisfare il mio odio…” la fissò senza più sorridere “… come non bastano le tue parole per salvare tuo figlio… sai che c’era un’unica condizione per riaverlo… credi forse che il sangue di quel bambino sia tanto importante da lasciare impunito chi ha versato quello di Aytli?” Sorseggiò altro vino. “Vattene, Melisendra…” le ordinò “… vattene ora che ne hai ancora la possibilità… attenderò solo un altro giorno… se non avrò il cavaliere che ha ucciso Aytli, domani il bambino morirà…” e dal suo gelido sguardo di morte, Melisendra capì che Gouf non stava mentendo. |
Sostenni il suo sguardo. Quegli occhi sembravano pozzi neri, vuoti di ogni sentimento.
"Voglio vedere Uriel." Usai l'intonazione di comando. "Portatelo qui!" ordinai alle sentinelle di guardia vicino all'ingresso della tenda. Quelle si mossero, quasi intontite e ubbidirono. "Non me ne andrò senza vederlo..." Richiamai gli spiriti con un gesto e li sentii accorrere. Le fiamme dei fuochi nei bracieri presero a guizzare violentemente. |
Gouf vide muoversi le sentinelle come se animate da un incanto.
Si alzò e impedì loro di proseguire. Le fissò negli occhi e poi, con gesto improvviso e fulmineo, le colpì a morte. Ivan restò impressionato da quella scena. Gouf allora schiaffeggiò violentemente Melisendra, tanto da farla cadere a terra. “Mi sei costata due ottimi soldati…” disse fissandola “… ma non vi è prezzo per il sangue di Aytli… vedrai quanto sangue scorrerà ancora…” Si chinò e la prese per la gola. “Perché non hai usato i tuoi incanti per condurre qui quel cavaliere?” Domandò con rabbia. “Avresti potuto controllarlo tranquillamente… era solo un semplice cavaliere… eh, rispondimi? Ti sei portata a letto anche lui e magari non ti andava l’idea di non poterlo più rifare?” La schiaffeggiò di nuovo. Il labbro di Melisendra sanguinava. “Ti avevo offerto la possibilità di andartene…” mormorò “… di andartene via… a Poggio del Sole sono morti tutti… uomini, donne e bambini… e tu sei stata a portare la morte fra di loro… tu sei stata…” |
"Non mi metterò nè a implorare, nè a piangere..." Sibilai, mentre mi teneva per la gola.
Lo guardai, ma senza odio. Lo guardai con distacco, come se guardassi attraverso il vetro. Non avevo sentito più niente dopo il primo colpo. Il mio lungo addestramento mi aveva insegnato ad affrontare il dolore. Era un grande vantaggio poterlo allontanare dalla mente. Ricordavo il periodo in cui avevo appreso quelle tecniche come il peggiore della mia vita. Era un susseguirsi di punizioni e lauti banchetti per far rimarginare le mie ferite. Il mio padrone mi aveva portata a sfiorare la morte, per non temerla, diceva lui, dovevo conoscerla e imparare che il dolore può essere addomesticato, come un cavallo selvaggio. Tutto ciò che ricordavo era rari lampi di lucidità e poi il dolore diventare lontano e muto come il rumore della risacca tra gli scogli o il fruscio della pelle di una serpe tra l'erba alta. C'era voluto un inverno per insegnarmi quel distacco. Alla fine non ero nemmeno impazzita. Purtroppo, pensai in seguito. In quel momento non c'era nient'altro oltre a me, Gouf e Uriel. La paura non mi avrebbe fatto cedere. Tantomeno quella brutalità. "Colpisci... magari ti sentirai più uomo." Lo guardai con freddezza. Poteva sembrare un suicidio, ma nel contempo si levarono alte fiammate dai bracieri. Sfiorarono il soffitto della tenda, minacciando di lambirla. Rimasi immobile. |
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