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Le Florealiche
“Ma io nella tua fedeltà ho confidato;
esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore, che mi ha beneficato.” (Salmo 13) Prologo Nel giro di qualche miglia la terra era divenuta pianeggiante, di un verde tenero, le costruzioni in pietra, sparse qui e là per le campagne, avevano ceduto il posto a quelle in mattoni e abbondanti pascoli brulicavano in campi dalla vegetazione rigogliosa che tradiva un clima più generoso e più umido. I fertili appezzamenti coltivati erano ben disegnati da riquadri regolari che richiamavano l'antica struttura della centuriazione romana sorta secoli prima in quelle felici campagne, circondati dal ridente bosco che conferiva al paesaggio un profilo vago e sfumato, simile allo scenario fantastico di un sogno. La carrozza cigolata proseguiva il suo tragitto quando ormai le montagne circostanti avevano assunto quell'aspetto fiero, indomito e selvaggio dei tipici scenari che dominavano la natura tra la costa e l'entroterra, culla millenaria della civiltà Afragolignonese. La pesante vettura imboccò un brullo e solitario sentiero laterale, ai cui margini si snodavano dolci pascoli verdeggianti e lungo il folto profilo della vegetazione si stagliavano vecchie case dal tetto piano. Ma dietro quel paesaggio screziato di idillio pastorale sorgeva, silenzioso ed enigmatico dall'oscuro ventre del crepuscolo, il profilo tetro della sterminata brughiera Capomazdese, attraversato dalla sinistra sagoma di inquietanti ombre. La carrozza prese a risalire profondi sentieri solcati sin dalla notte dei tempi da attività umane oggi ignote o dimenticate, fiancheggiati da margini sassosi ammantati di muschio ed erbe selvatiche. Tutt'intorno dominavano sterpi intrecciati, rovi spinosi, alti pini e robuste felci che si stagliavano in un crepuscolo che sembrava infinito. “Ormai manca poco...” disse messer Avevola, Ciambellano di Corte “... fra un'ora saremo a Capomazda.” “Già...” annuì ser Pietro, cortigiano della corte ducale “... tutti attendono i risultati della nostra inchiesta...” “E noi gli riveleremo tutto, ogni cosa.” Fece Padre Bravo. “Dopotutto l'intelletto umano, Dono dell'Altissimo, deve illuminare le ombre dell'ignoranza e della superstizione.” “Quando si hanno predecessori morti in situazioni a dir poco misteriose” mormorò Avevola “c'è ben altro oltre l'ignoranza e la superstizione.” “Noi” Pietro “abbiamo raccolto documenti ed informazioni importanti, tanto da poter racchiudere tutta la questione in tre teorie. La prima perfettamente spiegabile ed ahimè altamente probabile... la seconda invece la definirei possibilistica, ma non assurda... la terza infine...” esitò “... magari potrebbe soddisfare il popolo, ma dubito che susciterebbe uguale sentimento nella scienza e nella ragione umana.” “Voi, messere, parlate della ragione come se fosse un dio pagano.” Fissandolo Padre Bravo. “E' l'arma più forte che possediamo, padre.” Rispose Pietro. “In pratica...” guardando fuori dal finestrino Avevola “... dobbiamo rivelare al futuro Arciduca che il misterioso e secolare flagello conosciuto come la Gioia dei Taddei può spiegarsi attraverso tre teorie... di cui una logica, una audace ed un'altra... beh, del tutto assurda...” Ma il rintocco delle campane interruppero i loro discorsi. La carrozza cigolata intravide infatti le mura e le guglie di Capomazda. http://images.vanityfair.it/Storage/...de_980x571.jpg LE FLOREALICHE AVVENTURA I: I misteri della brughiera nera “Erano magnanimi re, nati d'altissima stirpe, audaci nella loro potenza, famosi e prodi guerrieri.” (I Nibelunghi) Era ormai giunta la sera quando la carrozza cigolata varcò le porte della città. La temibile brughiera pareva arrestarsi contro le monumentali ed invalicabili mura della capitale, restando tuttavia quasi appostata, come una fiera famelica, in attesa. Tutto ora appariva conosciuto, luminoso, civile, come se un mondo selvaggio cedesse adesso il passo ad uno evoluto, umano ed intellegibile. Una docile curva si alzava appena dopo l'ingresso cittadino, fatta di casupole, stradine e muretti di cinta che davano un senso di ordine ed armonia a quella che veniva chiamata Città Bassa. In verità non perchè fosse situata in un punto inferiore rispetto a quella invece definita Città Alta, ma solo per distinguerla dalla parte nobile della Capitale, quella in cui si ergevano i palazzi, le torri, le cappelline e la chiesa che come una cintura sembravano cingere l'agorà, ossia il complesso aristocratico del secolare e magnifico Palazzo Ducale. La struttura, tradendo il suo originario impianto di castello fortificato, inglobava, oltre a quella conosciuta da tempo come Domus Ardeliana, il cuore del potere Taddeide, botteghe, fabbriche, una grossa taverna e naturalmente la Cappellina dell'Immacolata, dov'era custodita la spada Parusia. La Porta dei Leoni, sebbene oggi sprovvista delle due statue dei fieri felini scudati, fungeva da grandioso ingresso a questa cittadina fortificata, detta anche Proibita, dove nel suo centro sorgeva la Domus e dunque il palazzo vero e proprio. Tutt'intorno la città brulicava ancora di persone, tra le botteghe, le stradine e le case. Un'umanità vivace ed attiva riempiva quel mondo nobiliare dove ad ogni passo si potevano riconoscere segni e simboli della Fede Cattolica, da sempre linfa dei Capomazdesi. Le questioni interne che avevano scosso la famiglia ducale, prima afflitta dalla misteriosa ed improvvisa morte del vecchio Duca Anione e poi dalle tensioni sorte tra i suoi eredi e pretendenti al seggio Taddeide, sembravano però non scuotere più di tanto la popolazione che invece continuava come sempre la sua vita e le sue attività nel vivo della Settimana Santa che portava alla Santa Pasqua. https://c1.staticflickr.com/1/642/23...5020abe4_b.jpg +++ |
La sera era calata ormai su Capomazda.
Nonostante fosse una cittadina devotamente cattolica mi piaceva; c'era quel giusto equilibrio fra la civiltà così raffinata, aristocratica ed intellettuale e quello spirito inquieto e selvaggio al di là delle mura, nella brughiera. Era come se questi due lati di una sola città rispecchiassero i due aspetti della mia personalità, in parte legata alla nobiltà, in parte avvinta dallo spirito antico e primordiale del paganesimo. I miei genitori, un conte ed una contessa appartenenti a due delle famiglie più influenti del Nord, non avevano accolto di buon grado la mia scelta di partire e lasciare la mia città natale, soprattutto perchè la prima causa della mia partenza era stata la libera professione della magia, pratica che loro mi avevano caldamente sconsigliato di intraprendere, sebbene mia madre sapesse che era una cosa a cui non potevo rinunciare, era una parte di me; tuttavia non la biasimavo, poichè era stata la magia, soprattutto secondo mia madre, a portarle via sua sorella, ovvero mia zia, la persona con cui condividevo ogni mio segreto o progresso relativo alla magia. In preda a questo diluvio di pensieri, mentre ero intenta ad osservare la Luna piena e grande stagliarsi sulla città, finii di prepararmi e scesi nella grande ed elegante sala del palazzo per la cena. http://uploads.tapatalk-cdn.com/2016...6a7f840217.jpg |
Gwen scese le scale che la condussero poi al pianoterra.
Imboccò un corridoio immerso nella penombra, dove dalle pareti gli sguardi enigmatici degli antichi duchi Taddeidi parevano osservare chiunque attraversasse quei luoghi. Un vago silenzio era calato, tra il tremolio delle candele e il basso chiarore che a stento penetrava dalle finestre in fondo al corridoio. Inquieti e curiosi giochi di chiaroscuro allora sembravano aver imprigionato misteriose ombre, mentre il fruscio del lungo abito della ragazza rasentava il pavimento. Oltrepassato il corridoio, Gwen fu immersa nel mormorio dei servi e dalla voce squillante e petulante di un vecchia servitrice che dava indicazioni dal tono simili ad ordini perentori. Infine la ragazza entrò nella Sala Grande, col suo pavimento intarsiato di marmi antichi e le pareti tappezzate di prezioso raso. Attorno alla tavola stavano il cortigiano Pietro ed il parroco Bravo. Entrambi rivolti verso un uomo dagli abiti sfarzosi e l'espressione divertita. Si trattava di lord Rovolin, nipote del defunto Arciduca Anione e pretendente al seggio Capomazdese. |
Scese le scale, mi ritrovai in un corridoio in cui dominava la penombra. Non ci avrei mai fatto l'abitudine agli sguardi che i duchi Taddeidi mi lanciavano dai loro austeri ritratti.
Superate le ombre del corridoio e la sua inquietudine, rotta solo dal fruscio delle preziose stoffe del mio vestito, trattenni una risata alla voce squillante della servitrice che impartiva ordini ai servi, quasi fosse un condottiero in guerra al suo esercito. Mi ritrovai poi nella luminosa e lussuosa sala, alla cui tavola erano già seduti Pietro, il cortigiano, e Padre Bravo. Entrambi discutevano con un uomo dagli abiti sfarzosi e l'aria divertita, un aspirante al seggio Capomazdese, lord Rovolin. ''Buonasera, signori'' li salutai, con un sorriso cortese, sedendomi. |
Alla voce di Gwen i tre interruppero i loro discorsi, per poi volgersi verso la giovane, salutandola con cortesia.
“Venite pure avanti, milady...” disse Rovolin, facendo segno agli altri di cedere il posto alla ragazza “... tra breve sarà servita la cena...” sorseggiando dal suo calice “... e di certo ci dedicheremo a discorsi ben più piacevoli, vista la vostra deliziosa presenza con noi a tavola. Dico bene, signori?” I due uomini annuirono. “Anche perchè storie di morte poco possono essere affini agli interessi di una giovane dama.” Aggiunse Rovolin. http://40.media.tumblr.com/tumblr_ly...m79oo1_500.png |
Sorrisi e presi posto a tavola.
''Io credo nella vita, Milord, e la morte è solo una parte inscindibile di essa, ma accetterò qualsiasi discorso con cui vorrete intrattenerci' dissi con un cenno del capo, sorridendo e sorseggiando del vino. Inviato dal mio Archos 90 Copper utilizzando Tapatalk |
Che strana notte questa.
Una notte colma di misteri, di sospiri nascosti dietro una finestra illuminata, una notte di pace, una notte d'attesa, una notte indecifrabile. Non sarebbe toccato a me il giro di ronda, questa sera. Eppure in una notte come questa sentivo il bisogno di guardare il mondo dall'alto, la brughiera e le colline avevano un'aria rassicurante viste da lassù, come se il solo poterle abbracciare con lo sguardo potesse bastare a proteggerle. Nemmeno sentivo la pioggia scorrere leggera e impertinente sulla mia pelle, come una gelida ed umida carezza. Sentivo il vento, quello sì, sfiorare le mie gambe lasciate libere dalla corta gonna delle divisa verdeaurea, valido compromesso tra il desiderio di femminilità e la necessità di una tenuta pratica per il combattimento. Sento il freddo dei pugnali sulle cosce, quasi che le le gocce di pioggia fossero le loro lacrime, ad ogni passo sempre più invadenti. Fortunatamente gli alti stivali reggono bene la pioggia di primavera, e il cappuccio del mantello calato sul viso cela bene i miei capelli, proteggendoli dall'umidità, dunque non ho di che preoccuparmi. No, non è certo la pioggia a preoccuparmi in questa notte, sembrava dire il mio sguardo perso nella brughiera, uno sguardo indagatore, vigile, attento. Restai immobile per un lungo istante, fissando un punto indefinito nella brughiera. Un lungo istante in cui mille pensieri attraversarono la mia mente. Poi un sospiro. Non potevo passare tutta la serata sulle mura. Così, a malincuore per quella solitudine perduta rientrai, lasciando ricadere all'indietro il cappuccio. Subito mi accolse il tepore del camino acceso, anche in quell'ala del palazzo, spesso lontana da sfarzi e luccichii. Eppure a volte mi sentivo più a casa lì che al mio palazzo. Un giovane snello, dai riccioli scuri e lo sguardo pulito mi attendeva. Lanciai un'ultimo sguardo alla notte sparita dietro la finestra sbarrata, e tornai a concentrarmi sul presente. "Novità, Elas?" chiesi al ragazzo, con un leggero sorriso. http://images5.fanpop.com/image/phot...23-500-281.jpg |
Rovolin rise a quelle parole di Gwen, per poi sorseggiare altro vino.
“Quanta saggezza” disse “in una così giovane dama.” Divertito. “Dite dunque che la morte è una parte della vita? Si, plausibile, logico, coerente. Eppure esiste morte e morte... una morte naturale forse, ma non certo una traumatica, violenta, persino terribile... non credete?” |
Sorrisi a Rovolin.
''Una morte traumatica, violenta, persino terribile'' dissi, citando le sue parole ''E' solo l'accelerare i tempi di qualcosa che sarebbe comunque accaduto naturalmente. Vedete? Si ritorna sempre allo stesso punto'' con un sorriso enigmatico. Inviato dal mio Archos 90 Copper utilizzando Tapatalk |
“Tutto tranquillo, signore.” Disse Elas a Clio. “Magari tutte le sere fossero tranquille come questa.” Gettando uno sguardo oltre le mura, verso la brughiera silenziosa ed indefinita.
Il tono del militare tradiva l'angoscia ancora viva per gli accadimenti che avevano portato alla morte misteriosa e terribile dell'Arciduca.” |
Rovolin guardò Gwen, poi i due uomini che erano con loro ed infine di nuovo la ragazza.
“Accidenti...” disse con un vago sorriso sorpreso “... cosa rende una ragazza così bella incline a discorsi tanto macabri? Ditemi, milady... amate forse la morte più della vita?” “Sono discorsi peccaminosi e contro la vita.” Osservò il parroco Bravo. |
Risi piano all'osservazione di Rovolin.
Poi le parole di padre Bravo mi infastidirono un po'. ''Oh padre, non dite così, stavo solo rispondendo al nostro commensale. E poi, non è forse detto dalla vostra religione che Gesù Cristo risorse tre giorni dopo la sua morte? Dunque, forse, essa non è la fine, ma solo un nuovo inizio. L'inizio di qualcosa che non è stato ancora esplorato a dovere'' dissi rivolta al parroco, per poi guardare Rovolin, curiosa di sapere cosa avrebbe risposto, con un sorriso enigmatico. Inviato dal mio Archos 90 Copper utilizzando Tapatalk |
Annuii ad Elas: "Ottimo" dissi soltanto.
Non erano giorni facili per le Guardie Ducali, o per chiunque non vedesse in quella situazione un'opportunità ma una disgrazia. Uno di quegli eventi capaci di sgretolare un muro solido e massiccio. Capomazda senza un Arciduca. Di nuovo. Ora ci aspettavano tempi duri, tempi in cui la nostra fedeltà sarebbe stata messa alla prova. Ma la nostra prima lealtà andava alla terra, a Capomazda e l'avremmo difesa anche da se stessa, anche dalle sue guerre interne, dai tumori che potevano dilaniarla più di un nemico esterno da combattere sul campo. Controllai che i capelli non si fossero bagnati e appoggiai il mantello bagnato distrattamente su una sedia. "Bene.." sospirai, pensando a cosa portavano le parole del mio secondo. "Quindi se qui non c'è niente che richieda la mia presenza..." con una punta di delusione "Vorrà dire che dovrò far presenza a cena..." sbuffai appena. Ultimamente cercavo di scantonare gli eventi mondani, rifugiandomi nella routine della caserma, così regolare e rassicurante. Tra i miei soldati, dove gli sguardi erano sinceri e le parole semplici. Stai invecchiando, signorina... Nascosi un sorrisetto divertito a quel pensiero. "Allora vado..." ripetei, come a volermi convincere, come sperando che succedesse qualcosa in quel momento che mi trattenesse. Ma sapevo bene di dover andare, in quel momento buio più che mai la mia presenza era importante. Per tutto ciò che ero, per tutto ciò che la mia divisa significava. Era bene che nessuno dimenticasse che noi vegliavamo sempre su Capomazda. |
“Beh, padre, non c'è che dire...” disse sorridendo Rovolin “... la ragazza è sveglia.”
“La morte è si parte della vita” il religioso a Gwen “ma l'omicidio è un peccato verso Dio e verso gli uomini.” “Padre...” intervenne Pietro “... non è detto che la morte del duca sia stato un omicidio... vi rammento le tre ipotesi...” |
“Bene, signore.” Disse Elas a Clio. “Se ci saranno novità vi farò avvertire subito.” E salutò il suo superiore.
Intanto il rintocco di una campana indicava l'imminente cambio della guardia. |
Stavo per rispondere, quando il cortigiano intervenne.
''Bene, credo sia il momento di uscire fuori quegli argomenti piacevoli di cui accennavate poc'anzi, lord Rovolin'' dissi con un sorriso all'uomo ''O Capomazda rischia di perdere il suo parroco'' scherzando. Avrei voluto approfondire il discorso sulla morte dell'Arciduca, ma il fatto che si fossero interrotti al mio arrivo mi faceva capire che non avrebbero indugiato oltre. Inviato dal mio Archos 90 Copper utilizzando Tapatalk |
Annuii ad Elas, e lasciai l'ala del palazzo riservata alle Guardie Ducali, per immettermi in quella più leggera e frivola della corte.
Quel palazzo aveva sempre avuto un fascino particolare su di me, fin da ragazzina, così austero ed imponente, eppure così raffinato ed elegante. Passavo pomeriggi interi a immaginare avventure da vivere tra passaggi segreti e stanze nascoste. Ora non era poi così divertente, dato che passaggi segreti e stanze nascoste erano a mia conoscenza, privilegio della mia carica. Ma mi ero sempre chiesta se l'arciduca non avesse tenuto per sé alcuni segreti, cosa che sarebbe stato nel suo diritto, naturalmente. Dopotutto, nemmeno noi eravamo riusciti a proteggerlo dalla Gioia. Ed era facile ripetersi che non potevamo fare niente per evitarlo. Rifugiarsi in superstizioni e maledizioni perché non avevamo una spiegazione più logica a quanto accaduto. Presi un profondo respiro, il senso di angoscia non mi abbandonava. Così arrivai nella sala, dove già altra gente era arrivata. "Buonasera, signori.." dissi soltanto, genericamente, cercando un posto dove potermi sedere e stare più in pace possibile. Poi vidi lei, e sorrisi nel sentire uno stralcio di discorso. Eppure bastava. "Non mi dite.." avvicinandomi "La giovane Gwen che tiene testa a quattro dotti uomini.." sorridendo "Perché la cosa non mi stupisce?" con un inchino alla giovane "Siete splendida, stasera, mia cara..". Mi rivolsi poi ai quattro uomini. "Signori..." con un cenno del capo. Ero ansiosa di scoprire cosa avessero scoperto, ma immaginai che fosse meglio tacere, dopotutto davanti a Rovolin era sempre meglio stare attenti. |
Ad un certo punto nella Sala Grande arrivò lady Clio.
Risi divertita alle sue parole. ''Finalmente una donna a darmi manforte!'' esclamai ''Niente ronda, stasera, milady?'' le chiesi, sorridendo ''Meglio così, vi godrete la serata'' con una strizzata d'occhio, mentre sorseggiavo il vino. Inviato dal mio Archos 90 Copper utilizzando Tapatalk |
I tre uomini salutarono Clio, che subito prese posto a tavola dopo aver elogiato la giovane avvenenza di Gwen.
“Il vostro tono” disse Ravolin all'ufficialessa “non è consono a quello che dovrebbe tenersi davanti all'Arciduca. Tecnicamente non lo sono ancora, è vero, ma la cosa è alquanto probabile e voi dovreste tenerne conto, capitano.” Sorseggiando tranquillamente del vino. “Comunque damigella Gwen ha ragione...” continuò “... meglio dedicarci a discorsi più frivoli... anche perchè immagino si dovrà attendere messer Avevola per saperne di più circa la vostra missione, vero?” Al cortigiano ed al parroco. “Temo di si, milord.” Annuì Pietro. |
Alzai leggermente un sopracciglio e sospirai appena alle parole di Rovolin, ma soprattutto alla sua arroganza e preferii tacere, giocherellando col bordo del tovagliolo.
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Per poco non strabuzzai gli occhi a quelle parole di Rovolin.
Si era decisamente montato la testa. Mi morsi la lingua per non ricordargli quanto non gli convenisse farsi nemici tra le Guardie Ducali, ma sarebbe suonata come una minaccia, così evitai. Mi limitai a sorridere appena. "Il mio tono è sempre lo stesso, milord.." rispettosamente "Sua Signoria non si è mai lamentato, anzi.." con lo sguardo che vagò per un momento nella stanza. "Ma se quando sarete arciduca lo riterrete ancora inappropriato, vi prometto che lo cambierò.." con un leggero inchino. Ci mancava solo quello adesso, come se non fosse una situazione abbastanza complicata. Mi concentrai sul cibo e sul vino, a quanto pareva mancava un uomo della delegazione per poter sapere qualcosa. Se poi la conversazione stava per spostarsi su argomenti frivoli, era il caso che me ne stessi in silenzio. |
In quel momento nella sala fu annunciato qualcuno.
Un attimo dopo entrò Avevola, Ciambellano di Corte. L'uomo salutò Rovolin, per poi sedersi al tavolo dove vi erano anche Clio e Gwen. “Attendavamo voi, messere...” disse Rovolin “... e voi sapete per cosa...” Ad un tratto la porta si aprì all'improvviso ed entrò una figura che con fare arrogante si avvicinò al tavolo. “Forse mi sono perso qualcosa...” riempiendosi una coppa di vino sotto lo sguardo di Rovolin. “Attendavamo te, Reddas...” fece questi. “Lo spero.” Per poi bere Reddas. “Senza di me sei come un soldato che perde la spada nel pieno della battaglia. Un aspirante duca ha più nemici di un duca stesso, rammentalo.” “Si, giusto...” annuì Rovolin. “Ora possiamo cominciare a mangiare...” sedendosi Reddas accanto a Pietro “... e quando queste due donne saranno mandate via” indicando Clio e Gwen “allora cominceremo a discutere di cose serie.” http://www.dvdclassik.com/upload/ima...fleischer1.jpg |
Fu annunciato l'arrivo di qualcuno a corte, e si trattatava dell'uomo che Rovolin e gli altri aspettavano.
Qualche istante dopo entrò un uomo arrogante, un certo Reddas. Tenni a freno la rabbia, altrimenti avrei rischiato di fare danno. ''Andremo via da sole, non abbiamo certo bisogno di 'essere mandate via' come servette di quart'ordine'' dissi, con l'autorità che il mio titolo mi conferiva, fissandolo. Non gli avrei certo permesso di rivolgersi a me in quel modo. http://uploads.tapatalk-cdn.com/2016...2b1042bee2.jpg Inviato dal mio Archos 90 Copper utilizzando Tapatalk |
Finalmente arrivò anche Agevola, così avremmo scoperto di più di quella missione.
E io potevo dare un senso a quella serata. La presenza di Gwen a palazzo era l'unica nota positiva in quella cena mondana. Ma poi arrivò Reddas. Quello come apriva bocca mi faceva venire voglia di chiudergliela a pugni, e non escludevo che una volta o l'altra sarebbe stato aggredito da banditi. Oh se gli sarebbe servita una bella scarica di botte. "Fatemi capire.." dissi piano a Rovolin, mentre Reddas pontificava "Questo tono è appropriato, signore?" guardando perplessa l'aspirante duca. Poi quelle parole. "Oh per favore..." divertita, prendendo il mio bicchiere di vino "Non discuterete di nulla senza la presenza del Capitano delle Guardie Ducali.." scuotendo piano la testa "O devo pensare che avete qualcosa da tramare alle nostre spalle?". Mi rivolsi sempre e solo a Rovolin. "Volete mancare di rispetto a chi veglia sulla vostra sicurezza, mio signore?" con lo sguardo duro e deciso "Non mi sembra una mossa tanto saggia, se permettete.." bevendo. Poi sorrisi appena. "Ma naturalmente se è questo che volete..." calcando volutamente quell'allusione "Allora lascerò anche subito la sala..." con un inchino rispettoso. E te ne pentirai... pensai soltanto. Reddas aveva ragione, un aspirante duca ha ancora più nemici di un vero arciduca. E sicuramente chi si inimicava la Guardia Ducale non faceva un bell'affare. Per questo preferivo starne fuori. Ma se mi si mancava di rispetto.. le cose cambiavano! |
I miei verdi occhi si aprirono anche se la notte fu breve e mutevole, quasi misteriosa.
Potevo sentire il fruscio della seta blu delle lenzuola sulla pelle seminuda ed il profumo di fiori ed essenze esotiche ad ingentilire il mio risveglio. L'organza attorno al signorile letto copriva la visuale della sontuosa stanza. Quella era stata la mia prima notte a Capomazda e la stanchezza per quella festa si faceva sentire..notte di festa, occhiate fugaci e leggeri sospiri. Il mio nome è Altea Aleinor de Chermount, provengo dalla Francia del sud..da quel luogo noto ai più come "Languedoc" baciato dal sole, dalle verdeggianti pianure costellate di castelli e ricca vegetazione. Figlia di un nobile legato ai reali, diplomatico e potente armatore di navi, mi trovai a viaggiare per tutta l' Europa fin dalla infanzia assieme alla dolce madre, al fratello Geremia,tre sorelle maggiori ed una zia particolare nota come Madame Sibille dai capelli rossi fuoco. Mia zia era alla ricerca continua del cosidetto "buon partito" e noi la ammiravamo per la giovialità e spensieratezza di cui io e mia sorella Sophie ci eravamo appropriate. Eravamo affascinate dal suo mondo fatto di abiti sontuosi, pizzi, merletti, feste e soprattutto sensualità. Ma non per questo eravamo solo frivole, avevamo avuto i migliori maestri ed imparammo varie arti e culture e da nostra zia quella della seduzione, a dir di molti. La nostra ultima tappa fu Sygma e ci rimanemmo per qualche anno, poi la famiglia si divise. I miei genitori e due sorelle tornarono in Francia ed io e Sophie seguimmo nostra zia e fratello, il quale si stava appena arruolando nella Accademia Ducale di Capomazda. Mio padre ci aveva comprato una sontuosa dimora proprio vicino al porto, in una zona di alta società, in modo da poter ammirare quel mare sconfinato e le isole. Due servitrici entrano e mi stiracchiai assonnata, una portava la colazione e l' altra guardava i miei vestiti sontuosi e forse troppo scollati in tono duro. Subito la destai in modo brusco ordinandole di passarmi la vestaglia di raso nero con fiori di pesco ricamati. Ma nel tempo stesso mi chiesi cosa mi avrebbe portato Capomazda, in me vi era una strana sensazione..forse speravo in una svolta nella mia noiosa vita, un qualcosa che animasse i miei giorni e forse quel cuore che, per vanità propria, non trovava il Vero Amore e ne era alla costante ricerca. http://i63.tinypic.com/15moknr.jpg |
La foresta che cirdcondava Capomazda era animata di mille volti.....profumi struggenti di agrifoglio spezzato dalle ruote delle carrozze che solcavano le strade antiche...che portavano a palazzo...ogni cosa si muoveva in quel luogo........c'era aria di tormenta anche quando la luna sembrava sorridere...........Mi chiamo Elisabeth e sono nessuno...figlia di non so chi ...raccoltain fasce da due contadini votata al cambio del giorno con la notte........Mi recai fin sopra Capomazda....doveva esserci festa quella sera.......le luci...le voci...arrivavano sino al profondo della foresta .....e cosi' salendo la stradina...mi ritrovai ad osservare....le guardie e tutte le gran Dame che sfoggiavano vestiti e gioielli........I metalli..qualcuno mi disse che i metalli...erano il peso piu grave degli uomini....Nel voltarmi per tornare nei boschi inciampai su qualcuno o qualcosa....che impreco'....." Perdonatemi...non volevo....."......Ma una Dama molto spesso...lo e' non solo per il suo lignaggio.......Ma anche per i suoi abiti e profumi....ed io in quelmomento ero vestita di pezze..ed odore di boschi.......In quel momento a Capomazda...la legge non era delle piu' perfette e come tutte le cose....vi erano piu' segreti ed imbrogli ... che giustizia.......ed Elisabeth in quel momento realizo'......che la giustizia poteva non essere dalla sua parte....
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“Oh, non temete...” disse Rovolin a Gwen “... mio cugino è un uomo spiccio, essenzialmente pratico e non voleva certo mancare di rispetto a voi, care signore.” Guardando poi anche Clio, mentre Reddas appariva indifferente. “E voi, capitano... non è il caso di prendervela così...” sorridendo l'aspirante duca “... ovvio che noi tutti abbiamo la massima fiducia nella Guardia Ducale, ci mancherebbe.”
“Un'altra velata minaccia” intervenne Reddas con i suoi occhi di ghiaccio in quelli di Clio “e ne risponderete a me... non siamo nell'antica Roma” quasi scimmiottando la passione per la classicità del biondo militare “dove i pretoriani facevano il bello e cattivo tempo. Non siete Galba, né Otone e neanche Vitellio. E ancor meno Vespasiano. Il vostro compito è difendere il sangue dei Taddei, come quello che scorre nelle vene di lord Rovolin ed in quelle di mia madre. Perciò vi consiglio caldamente di dedicarvi ad eventuali nemici, in modo da poter difendere questa corte meglio di quanto non siate riuscita a fare con lord Anione.” Con sguardo di sfida. “Signori, vi prego...” fece Pietro il cortigiano “... è un momento difficile e la situazione è delicata, non rendiamola dunque insostenibile. Dobbiamo essere uniti e dare quanto prima un nuovo duca a Capomazda.” “Si.” Annuì Padre Bravo. "Comunque ser Reddas dice il vero riguardo all'antica Roma..." ridendo Avevola, col chiaro intento di alleggerire la tensione "... se nella selva di Teutoburgo ci fossero stati i cavalieri Capomazdesi al posto dei legionari romani di certo i barbari germani non avrebbero vinto... non trovate, milord?" "Verissimo, amico mio." Divertito Rovolin. |
Seguii all'inizio la discussione, spostando di tanto in tanto lo sguardo su Clio, poi decisi di lasciar perdere.
I loro intrighi politici non mi interessavano e volevo restarne fuori, quindi continuai a mangiare in silenzio, mentre non vedevo l'ora di andarmene e tornare a casa. Inviato dal mio Archos 90 Copper utilizzando Tapatalk |
"Benissimo, milord.." Con un cortese cenno del capo "Dunque spero che eviterete di mancarmi di rispetto la prossima volta..." Con noncuranza.
Evitai di rispondere alle fesserie dette da Reddas. Poteva dire quello che voleva, ma le armi le avevamo noi. E ad allentare la sicurezza ci avrei messo cinque minuti. Prima o poi sarebbe caduto nelle mie grinfie, pensai nascondendo un sorriso. Mi morsi la lingua per non ribattere alle parole di Avevola. Certo, cavalieri a Teutoburgo sarebbero finiti come minimo impantanati. Facile citare una delle poche sconfitte per farsi belli davanti ad un modello che non sarà mai eguagliato. Come era caduta così in basso la corte Capomazdese? Di certo non vedevo l'ora di andarmene. Mi limitai a lanciare uno sguardo d'intesa a Gwen, di tanto in tanto e a concentrarmi sul cibo. |
Nella sera il via vai rendeva caotico il passaggio nella stradina ed Elisabeth finì per urtare uno dei passanti.
Un borghese benestante e grasso, dai modi spicci e poco gradevoli proprio come il suo aspetto. “Bada a dove metti i piedi, pezzente...” disse fissandola “... recati fuori ad una chiesa se vuoi medicare ed evita di intralciare la gente responsabile.” Poi trasalì. “Un momento...” toccandosi le tasche e la borsa “... volevi derubarmi, vero? Si, volevi prendermi del denaro fingendo di avermi urtato per caso! Ladra!” Gridò, per poi afferrarle il polso. “E' una ladra! Chiamate i soldati!” Urlando tra i passanti. |
Una delle servitrici passò la vestaglia di raso ad Altea che la indossò dopo essersi alzata dal letto.
Dalla sua finestra si poteva ammirare il bellissimo e mite mare Flegeese, dalle alte e tenere coste e frastagliato di isole ed isolotti. Un vento deciso sferzava le onde che spumose si infrangevano sugli scogli, lasciando nell'aria spruzzi di acqua e salsedine, mentre le luci di navi lontane si accendevano e spegnevano nel silenzio della sera. “Madame Sibille chiede di voi, milady...” disse la servitrice “... vi attende nel suo salottino privato, dove aspetta di prendere la sua tisana giornaliera in vostra compagnia.” |
Una Chiesa.....io non avevo bisogno di denaro....e se andavo in Chiesa non sarebbe stato per chiedere denaro........Poi Quell' uomo inizio' a toccarsi ed urlare.......io una Ladra.....impossibile.....ma cosa stava dicendo....mi afferro' il polso e comincio' a strattonarmi......" lasciatemi andare...non ho nulla.....e non vi ho preso nulla......"......la sua mano era grossa......prenderlo a pedate si che mi sarebbe piaciuto....ma io ero una pezzente e avrei peggiorato le cose..........." Finitela di urlare.....non ho nulla vi ho detto......Vi Giuro sulla Vergine non vi ho preso nulla....".........incominciai a temere che le cose precipitassero....quando sentii la voce di una donna....
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Quel mare sconfinato, le alte coste che fungevano quasi da roccaforte e le navi..di poveri pescatori e ricchi mercanti..era qualcosa che mai avevo ammirato in altre parti.
Aprii il balcone stringendomi nella corta vestaglia respirando l' aria tiepida e il profumo di salsedine. Poi annuii alla servitrice..."Si, Petronilla..potete dire a mia zia verrò subito..se cosi si suol dire" sorridendo "il tempo di vestirmi". L' altra servitrice mi aiutò ad indossare un vestito dal corpetto violetto con merletti neri e dalla ampia gonna nera, indossai dei gioielli, lasciai sciolti i capelli legati da una spilla, e mi sistemai la scollatura. E con andatura sinuosa e lenta attraversavo i molteplici corridoi fino ad arrivare al salottino privato di mia zia...chissà se aveva qualche idea bizzarra. Bussai ed entrai.."Eccomi adorata zia..mi hanno detto mi attendevate per la vostra tisana.." mi guardai per vedere se vi era pure Sophie e mi sedetti su una poltroncina damascata servendomi la tisana e sorridendole.."Solo la tisana..o avete qualcosa da raccontarmi". |
Dopo qualche istante l'atmosfera a tavola sembrava un minimo rasserenata.
Rovolin diede ordine di servire la cena e cominciarono a mangiare. “Comunque” disse Rovolin rompendo il silenzio che era sceso su quella tavola “immagino che il vostro viaggio abbia raccolto qualche informazione, giusto?” “Si, milord...” annuì Avevola. “Ebbene?” Fissandolo Rovolin. “Ecco, in verità...” posando le posate il Ciambellano, per poi indicare con lo sguardo Clio e Gwen “... non se sia il caso di parlarne ora, mio signore...” “Ma certo.” Bevendo Rovolin. “Lady Clio è il capitano dei miei fedeli soldati, mentre madamigella Gwen appartiene ad una famiglia di cui mi fido ciecamente, avendo da sempre appoggiato la mia nomina ad Arciduca. Parlate dunque.” “Si, milord...” annuì Avevola “... ebbene, da quanto abbiamo raccolto io, messer Pietro e Padre Bravo, sembra emergere un quadro abbastanza chiaro... si può riassumere l'intera questione attraverso tre possibilità... tre teorie...” “Tre teorie?” Ripetè Rovolin. “Esattamente, milord.” Disse il parroco. “Alla faccia del sunto...” indifferente Reddas. “Dunque?” Impaziente Rovolin. “Ecco...” mormorò Avevola “... la morte di vostro zio l'Arciduca potrebbe essere stata causata forse da un morbo... una malattia, ecco...” “Malattia?” Fissandolo Rovolin. “Si...” intervenne Pietro “... un qualche oscuro morbo di cui si sia ammalato l'Arciduca...” “Ed i suoi predecessori?” Stupito Rovolin. “Tutti malati? E solo loro? Fra tutti i nobili, i borghesi ed i plebei di Capomazda, solo loro hanno contratto questo morbo?” “Forse si trattava di una qualche malattia ereditaria...” Avevola. “Questa poi!” Esclamò sarcastico Rovolin. “Una malattia ereditaria che coglie solo i maschi della famiglia? Guarda caso tutti sposati? Mi prendete in giro, vero?” “Mai, milord...” disse Avevola. “E allora basta!” Alterato Rovolin. “Vi ho incaricato di scoprire la verità, non di raccogliere sciocchezze!” Reddas scosse il capo, per poi bere. |
In breve un capannello di persone si formò attorno ad Elisabeth ed a quel borghese che urlava come un ossesso.
“Ecco i soldati...” disse una donna fra la folla. Un attimo dopo due militari raggiunsero il capannello. “Cosa accade?” Uno dei due. “Perchè tanto chiasso?” “Questa donna ha cercato di derubarmi!” Gridò il borghese. “E' una pezzente che vive di espedienti!” I due militari fissarono Elisabeth ed uno dei due la prese per un braccio. “Vieni con noi, tu.” Rivolto a lei. |
Sibille prese la calda tisana e vi soffiò sopra per farla raffreddare.
Lo stesso fece Sophie. “In verità” disse poi alla ragazza e ad Altea “vi avevo preparato una sorpresa. Il marchese di Puteon era intenzionato ad organizzare un'uscita fino all'isola di San Martino. Ma, ahimè, un accadimento spiacevole ha bruscamente reso impossibile tutto ciò. La sua nave è stata infatti assalita da alcuni predoni... pirati... purtroppo questi mari ne sono infestati...” “Bontà Divina!” Esclamò Sophie. |
Dovetti trattenere un risolino compiaciuto e soddisfatto alle parole di Rovolin sulla mia famiglia.
Essere nobile e per di più appartenere ad una famiglia molto stimata aveva i suoi vantaggi, eccome, e la situazione si faceva interessante. Poi ascoltai attentamente le parole di Pietro. In effetti era tutto molto strano... ''Immagino che il motivo per cui solo questi membri della famiglia dei Taddei vengano colpiti sia spiegato meglio nelle altre due teorie'' dissi, rivolta al Ciambellano ''Anche perchè signori, scusatemi, ma la teoria della malattia ereditaria non regge...'' Inviato dal mio Archos 90 Copper utilizzando Tapatalk |
Soffiai pure io sulla tisana..a dire il vero la detestavo, ma mia zia ne andava matta e quindi la assecondavo.
Alle sue prime parole stavo quasi esultando.."Una gita...fantastico.." quando mia zia finì quel sogno. Guardai Sophie che era preoccupata e io risi..."Oh non dirmi Sophie sei spaventata..predoni..pirati..ehh...magari affascinanti e dal carisma misterioso..veri uomini insomma". Mia zia mi guardò con un sorriso di intesa ma poi tutte e tre ci facemmo serie.."A dire il vero" aggiunsi "non tutti sono così..qualcuno mette in pericolo le navi mercantili, pure quelle ducali dove Geremia si sta arruolando e possono pure uccidere..non pensate zia sia un pericolo per noi? Abbiamo qualcuno che ci controlla in questa dimora oltre a servi...mio padre diceva di essere sempre al sicuro". Sospirai al pensiero della perduta gita però quel fatto narrato destò un particolare interesse...non era quello che solitamente avevo letto nei libri ma verità. |
La gente sembrava non avere nulla da fare.....anzi lo spettacolo era di loro gradimento......la donna che avevo udito stava solo indicando la mia presenza alle guardie.........Ero sconvolta........non avevo preso nulla ero solo andata a Palazzo per guardare dalle frinestre.........Le guardie mi si avvicinarono e nonostante fossi li' presente non presero neanche in considerazione la mia presenza....." Io ..non ho fatto nulla..e' possibile che non possa essere ascoltata....?...."....Fui condotta a Palazzo.......e fui chiusa in una stanza .....senza una risposta ....senza una parola...dovevo solo aspettare...ma aspettare cosa........La stanza era a piano terra e mi avvicinai alla finestra....se ci fossi riuscita saltare giu' sarebbe stato semplice......Uno scatto.....un'occhiatina fuori..e.......qualcuno apri' la porta...proprio mentre stavo scavalcando la finestra......
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Ascoltai attentamente la spiegazione del cortigiano.
In silenzio, pensierosa. Quella faccenda era inspiegabile anche per me. Una malattia, era la cosa più logica certo. Ma a volte la logica non bastava. A volte ci voleva dell'altro. Ero però incuriosita dalle tre opzioni. "E le altre sue?" Dissi solo, pensierosa. |
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