Camelot, la patria della cavalleria

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Guisgard 09-01-2017 02.09.20

Le avventure di Tafferouille
 
Prologo



Anno del Signore 1697, ad Agnonone il malcontento popolare spinge una frangia di intellettuali borghesi, accesi dai trattati illuministici di un misterioso Dottor Numeriano, a mettersi a capo delle masse di contadini ed operai per strappare sempre maggiori concessioni al re ed alla nobiltà.
Ma la loro ambizione ben presto porterà a pretese inaccettabili, impugnate e respinte dell'aristocrazia.
Sempre più violente manifestazioni di dissenso portano ben presto il paese nel caos, tanto da spingere il re a riunire gli Stati generali, ossia un organo governativo di origine feudale del quale facevano parte i rappresentanti dei tre ceti sociali, cioè il Clero (Primo Stato), l'Aristocrazia (Secondo Stato) e la popolazione della città e della campagna (Terzo Stato).
Ogni richiesta però di quest'ultima viene respinta sistematicamente (ai primi due Stati bastava votare compatti per rendere nullo ogni peso politico del Terzo), così da spingere i rappresentanti del Terzo Stato a proclamarsi unico e solo legittimo organo di governo del paese.
E' la rivoluzione, che dopo scontri brutali porterà il popolo, animato e controllato dai borghesi, a prendere tutto il potere e proclamare la nascita di una repubblica democratica.
I borghesi che muovono i fili del popolo sono chiamati Cicalini, dal Palazzo della Cicala dove i giovinastri e gli studenti andavano a gozzovigliare ed a fare baldoria.
E la prima volontà della nuova repubblica liberale e di diritto, che faceva suoi i motti sull'uguaglianza e sulla libertà, è quella di mandare a morte tutti chierici ed i nobili del paese.
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LE AVVENTURE DI TAFFEROUILLE

Capitolo I: Tiranni ed olocrazia


"La democrazia, se degenera, diviene non più governi di molti e maggioranza, ma istinto di tutti e bestiale eccesso."

(Polibio)




Vi era nella regione di Agnonone un consolidato servizio di trasporto, carrozze che ogni settimana facevano la spola da entrambe le coste con tre fermate e per la somma di venti Scudi, l'equivalente di una Cumea Afragolignonese, vi avrebbero fatto coprire i cento e passa chilometri di viaggio in ventitré ore circa.
Così, attraverso le silenziose pianure dell'Arancionne, ancor più grigie e cupe nelle fredde giornate invernali, con quel percorso si arrivava alla capitale Ateienne, cuore pulsante politico ed economico del paese.
Qui non lontano dall'ampia distesa del fiume Vuldurne, il Sole aveva di nuovo fatto capolino dalle nuvole ed emanava la sua pallida luce invernale sulle acque gialle e sulle imbarcazioni dalle alte alberature.
Lungo i moli c'era un fermento simile a quello che si poteva a vedere su un qualunque porto di mare.
Marinai stranieri con il loro bizzarro abbigliamento e la parlata cruda ed aspra, pescivendole robuste con i cesti di aringhe sul capo e sottane voluminose sopra le gambe che reclamizzavano la merce con strilli acuti ed inarticolati, acquaioli con cappelli di lana e gli ampi pantaloni arrotolati fin su alle ginocchia, contadini con le loro giubbe di pelle di capra e le scarpe di legno rumorose sulle pietre dell'acciottolato, manovali dei cantieri navali, aggiustatori di soffietti, cacciatori di topi ed altri ambulanti.
E fra questa massa plebea si muovevano continuamente artigiani sobriamente vestiti, mercanti con le giacche bordate di pelliccia, calessini con a bordo qualche distinto gentiluomo di campagna o gentildonne che sfilavano nelle loro portantine, magari seguite da un servitore che le caracollava dietro ed anche ufficiali a cavallo dai modi sprezzanti.
Sull'accesso alla via maestra che portava alle porte della città stavano dei soldati a guardia di un posto di blocco, fermando tutti coloro che apparissero loro sospetti o che avessero in qualche modo attirato per un certo particolare strano o curioso la loro attenzione.
Davanti al drappello di militari passavano così in rassegna gente, animali e merci.
Un uomo alto e robusto, dal portamento pacato ma fiero e la voce mesta ma ben impostata arrivò davanti al caporale che presiedeva il blocco, mostrando i suoi documenti.
“E così” disse leggendo il bieco soldato “siete un contadino del Nord...”
“Si, signore.” Annuì a capo chino l'altro.
Il militare alzò allora gli occhi su di lui, per poi fare un cenno ai suoi uomini.
Con un gesto improvviso levò il cappello al contadino, facendo scivolare via anche la parrucca che doveva celarne le fattezze.
Tutti i soldati scoppiarono così a ridere forte.
“Eri proprio convinto di farmela, vero?” Il caporale all'uomo che ormai si era rivelato essere un nobile in fuga. “Con questa tua buffa mascherata?” Divertito. “Beh, la parrucca la terrò io, visto che domani non avrai più modo di usarla.” Ridendo con i suoi uomini.
“E sta bene...” il nobile tenuto fermo dai soldati “... sarà un onore per me fare la conoscenza di madama ghigliottina, l'unica cosa per bene rimasta ad Agnonone...” con un ultimo fremito di orgoglio “... per questo io grido... morte alla repubblica e sempre viva la Chiesa ed il re!”
“Portatelo via!” Ordinò con disprezzo il caporale ai suoi. “Idioti...” sorridendo “... è il quinto nobile che scopro in sette giorni. Ormai li riconosco a naso.” Sputando a terra. “E spero presto di beccare anche qualche chierico.” Con un ghigno.
Nel flusso umano che fluiva e rifluiva in quel luogo erano visibili i rappresentanti di tutte le classi sociali che andavano a costituire gli abitanti di quella industriosa periferia.
Su una stretta radura, più simile in realtà ad un rustico ed irregolare spiazzo agrario, stava una sorta di casa su ruote con tanto di piccolo comignolo, dal quale il fumo saliva in lente volute.
Tre pesanti cavalli fiamminghi stavano placidamente brucando l'erba nei pressi della bizzarra vettura.
Tutto ciò, insieme ad alcune figure in movimento, tutte impastoiate, rappresentava la celebre, per quelle zone, Compagnia Teatrale di Monsieur Ozillonne, diretta proprio in città per una serie di spettacoli da mettere in scena.
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+++

Clio 09-01-2017 02.26.38

Forse dovrei fermarmi, riposare.
Ma non posso, la capitale ormai non è lontana, anzi, le sue porte sono sempre più vicine.
Tutto questo sta diventando un'ossessione.
Quella spada pesante è ormai leggera nelle mie mani, i movimenti impacciati sono diventati fluidi, rapidi e veloci.
Sono mesi ormai che non faccio altro.
Mesi che colgo ogni opportunità per allenarmi.
Nulla ha più senso, se non la vendetta.
Nulla ha più valore se non questa spada.
La sua spada.
La mia spada.
Damasgrada.

"Io non ti lascio.." gli occhi spaventati e increduli.
"Va, Clio.." prendendomi le mani, lui "I soldati stanno arrivando.." mentre i rumori al piano di sotto erano sempre più possenti.
"Combatterò con te.." annuendo fieramente.
Lui sorrise e mi accarezzò i capelli senza dire niente.
"Se dovessero vederti con me, per te sarebbe la fine..." con uno sguardo infinitamente triste "Non gli permetterò di farti del male..".
"Ti uccideranno!" terrorizzata.
Lui mi strinse a sè.
"Morirò in pace, se so che tu sei salva.." dolcemente.
"No, non me ne andrò!" replicai.
"Testarda che non sei altro.." lasciandosi andare in un sorriso a cui risposi "Probabilmente come lei..".
Lo guardai sorpresa.
"Lei chi?" chiesi.
Allora si tolse la cinta con la spada, e la allacciò attorno alla mia vita.
"Ma.." protestai incredula "La tua spada..".
"Prendila.." con gli occhi nei miei "Non ho mai visto nessuno imparare a combattere così velocemente... sei nata per questo.." sospirando "Questa spada apparteneva a una donna avvolta nella leggenda..".
Mi illuminai.
"Quella del libro?" sorridendo tra le lacrime.
Il libro che lui mi aveva regalato, che mi faceva sognare più di ogni altro.
"Sì, lei.." annuì "La verità è che anche se la mia famiglia l'ha acquistata tempo fa, non è mai stata nostra... è tua, l'ho capito dalla prima volta che l'hai impugnata..".
"Ma io.." protestai, ma lui mi prese le mani.
"Ti prego, prendila.. portala con te..." con uno sguardo intenso in cui erano racchiuse tutte le paure di quel momento "Forse era questo il mio destino.." sorridendo "..portala con te, e non sarò morto invano!".
Non potei far altro che annuire, tra le lacrime.
"Io non ti lascio..." un'ultima, disperata, volta.
I rumori erano sempre più forti, sempre più pressanti.
Vidi i suoi occhi velarsi di lacrime, mentre i miei ormai ne erano invasi.
Allora mi baciò, con disperazione e trasporto.
Ormai erano dietro la porta.
Restammo abbracciati, fronte contro fronte, per un lungo istante.
"Vivi anche per me, Clio..." sussurrò, alzando gli occhi sui miei "Va ti prego..".
Alzai lo sguardo velato di lacrime, annuendo.
Corsi verso la scala di servizio, per poi voltarmi un'ultima volta a guardarlo.
Mi stava guardando con uno sguardo struggente.
Allora corsi verso di lui, un'ultima disperata volta, e lui mi prese tra le braccia, affondando il viso nei miei capelli.
"Ti avrei davvero reso la mia signora.." sussurrò, baciandomi tra i capelli.
"Lo so.." tra le lacrime.
In quel momento la porta cedette, e solo una corsa disperata mi impedì di essere vista dai soldati.


La mia signora, aveva detto...
Eppure mi aveva reso molto più di quello.
O forse tutto, tranne quello.
A stento riconoscevo il mio viso allo specchio, dov'era la ragazza spensierata che lui aveva conosciuto?
Quella che sognava solo di girare il mondo, di vivere avventure sempre nuove ogni giorno?
Certo, nessuno se n'era accorto.
Ero un'attrice, dopotutto.
Ero abituata ad indossare una maschera.
Ed era quello che facevo ogni giorno con gli altri membri della compagnia.
Indossavo una maschera.
La maschera di me stessa.
Nessuno sapeva che avevo imparato a combattere.
Nessuno sapeva perchè mi allontanavo veramente dal carrozzone nei lunghi pomeriggi di pausa.
Avevo detto loro di avere un innamorato trasferitosi in città, che non vedeva l'a di vedermi.
Loro sapevano di Jean, certo, ma gli avevo fatto credere di aver già dimenticato tutto.
"Un'occasione sprecata.." così l'avevo definito, ridendo "Potevo diventare contessa, ci pensate?".
Tutto lì, un bel ragazzo, la prospettiva di ascesa sociale, una storia struggente da raccontare.
Eppure ogni volta che chiudevo gli occhi vedevo la sua testa ruzzolare giù dal palco.
"Ti vendicherò..." avevo sussurrato tra la folla urlante, stringendo Damasgrada.
Qualcosa di me era morto con lui quel giorno.
Forse l'innocenza di una ragazza spensierata.
Chi ero ora?
Non ero più solo la bella.
Quel ruolo che recitavo da sempre, con mille e mille storie.
Ero la fanciulla da salvare, la dama da conquistare, la servetta che si rivelava una principessa, la cortigiana da riscattare, la bella da far innamorare.
Avevo sempre amato quel ruolo, e forse nei miei sogni più segreti c'era la speranza che un giorno, l'Amore incontrollato e immortale dei nostri spettacoli arrivasse anche per me.
Ora però tutto era diverso.
Ora guardandomi allo specchio vedevo molto più di questo.
Vedevo un volto e un'espressione che non conoscevo.
Forse era quella, la vera me dietro la maschera.
Era ora di rientrare, mi sistemai, presi il cestino e mi diressi verso il carrozzone dove gli altri mi stavano aspettando.
Raggiunsi così il carrozzone, che sostava fuori città.
Il viaggio era stato lungo, e quella sosta ci voleva proprio.
Restai per un momento ad osservare il carrozzone, poi eccellerai il passo.
"Eccomi.." mi annunciai agli altri che erano già davanti al carrozzone della Compagnia Teatrale di Monsieur Ozillonne "Guardate un po' cosa ho trovato?" mostrando loro delle fragoline di bosco.

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Lady Gwen 09-01-2017 02.26.41

Il tempo.
Un concetto totalmente relativo, per me.
Un groviglio di minuti e secondi affastellati casualmente in una mera alternanza di giorno e notte, giorno e notte, da un mese, un anno, o forse due.
Ma, dopotutto, non era importante.
Ero ancora qui, sana e salva, cosa potevo avere di più?
Soprattutto, ero con lui.
O almeno, lui mi teneva con sè.
Il ricordo di quella notte era sfocato, confuso, lontano, come se appartenesse a qualcun'altro, e probabilmente era così.
Probabilmente, davvero quella Gwen non esisteva più, probabilmente ero un'altra ed ero sua, una sua preda, un suo bottino.
Non ricordavo il momento in cui avevo iniziato ad accettare tutto ciò, era come scattata una molla improvvisa.
Forse, scaturita dal fatto che avesse scelto me, quella notte, dal fatto che, nonostante fossi chiusa nelle mie stanze tranne sei giorni al mese, lui venisse spesso da me, per sapere come stavo, a guardarmi mangiare, a parlarmi e a volte sapeva essere piacevole, e non solo per merito dei suoi occhi neri.
Ero immersa nei miei pensieri mentre osservavo l'albero di melograno che si vedeva dalla finestra della mia camera.
Era stato la prima cosa che avevo notato, sembrava quasi un dipinto, racchiuso com'era nella cornice in legno della finestra, con quei frutti maturi, scarlatti e lucidi simili a ornamenti di festa.
Era appena venuta Anya, la governante, a chiamarmi per dirmi che potevo uscire; mi chiamava sempre dopo colazione.
Attendevo quei sei giorni di libertà con terribile ansia e impazienza.
Così lasciai la mia stanza, feci un veloce passaggio in biblioteca e poi mi sistemai sotto il melograno.
Sopra di me, i frutti scendevano giù come pendagli splendenti al Sole, simili a una pioggia rossa che mi avvolgeva.
Quello che mi accingevo a leggere, era il mio libro preferito.
Raccontava il mito di Ade e Persefone.
Appena lo avevo letto la prima volta, avevo notato un'incredibile somiglianza fra me e Persefone, la nostra vita, il nostro destino.
L'uomo che avevamo accanto.
Mi piaceva perdermi nell'attesa di Persefone di quei sei mesi in cui avrebbe riabbracciato la madre sulla terra, lasciando il regno dei morti.
Mi rivedevo molto in lei, in questa giovane forte e mi piaceva credere che, dopotutto, anche lei avesse finito con amarlo a sua volta.
Aprii così il libro ed iniziai a leggere.


Un giorno, Ade decise di salire sulla Terra e di non tornare nel proprio regno fino a quando non avesse trovato moglie.
Durante il suo girovagare nel Regno dei Vivi, giunse nella Trinacria orientale. Entrò in un boschetto e sentì delle risate squillanti; scrutò verso il torrente, che scorreva nella valletta sottostante e scorse un gruppo di bellissime fanciulle che giocavano in acqua.
Ade si rese invisibile grazie a un elmo incantato realizzato per lui dai*Ciclopi*e scese per la ripida china della collinetta.
Allora si fermò ad osservare quelle splendide ragazze, una in modo particolare: aveva grazia e bellezza e pensò che fosse senz’altro la figlia di una dea.
Proprio in quell’istante, le fanciulle cessarono di giocare.
Si tuffarono tutte insieme e guizzarono via veloci; poco dopo, erano già scomparse.
Ade comprese che si trattava di ninfe che vivevano nei fiumi e lungo le coste di quell’angolo di Trinacria.
Una di loro però era rimasta: era*Persefone, proprio quella che aveva attirato la sua attenzione.
Ade decise di non lasciarsi sfuggire l’occasione che gli si era presentata ed escogitò un piano. Fece spuntare un meraviglioso fiore e rimase in attesa.
Persefone, avvolta nel suo telo di lino bianco, mentre si chinava per allacciarsi i sandali, scorse tra l’erba un fiore che non aveva mai visto. Tese la mano per coglierlo e, quando tirò lo stelo, sotto di lei si aprì una voragine, che la inghiottì.
Dopo una caduta che sembrava senza fine, Persefone si sentì afferrare da braccia possenti. Aprì gli occhi e vide vicinissimo al suo volto il volto di Ade, dai lineamenti duri, dal pallore della morte, coperto da una folta barba ispida, irsuta e nera come il carbone; neri erano anche i suoi capelli scarmigliati e neri erano anche i suoi occhi incavati e persi nel nulla. La ninfa comprese che non aveva via di scampo.
Intanto*Demetra, madre di Persefone, dea della terra coltivata, protettrice delle messi e in particolare del grano, tornava alla sua reggia e non trovandovi sua figlia andò a cercarla nel meraviglioso giardino.
Non vi trovò nessuno e allora andò a cercarla presso il torrente; osservò le rive, scrutò nei cespugli, si addentrò nel bosco, ma non trovò traccia della figlia.
Girovagò per giorni e giorni; chiese a chiunque incontrasse, ma nessuno parlava per timore di incorrere nelle ire del dio dell’Oltretomba.
Alla fine si rivolse a*Elios, il Sole, che, vedendo tutto ciò che avviene, le rivelò l’accaduto. Lo sdegno di Demetra fu grande: non volle più salire sull’Olimpo*accanto agli altri*dèi, non volle più ascoltare le preghiere degli uomini e maledisse la terra rendendola improduttiva e sterile.
Zeus, allora, preoccupato per le sorti del genere umano inviò*Ermes, il suo messaggero, da Ade.
In un primo tempo, Ade non volle saperne di rimandare Persefone sulla Terra, ma alla fine la volontà di Zeus vinse ogni resistenza: Persefone sarebbe stata per sei mesi nel Regno delle Ombre, generando un lungo e freddo inverno, e per gli altri sei sulla Terra, presso la madre Demetra, portando il raccolto e la primavera.


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Finita di leggere l'introduzione, sfiorai il ciondolo a forma di melograno in oro e granati che portavo al collo.
Me lo aveva dato appena arrivata qui, dicendomi di non toglierlo, poiché era la prova che io ero sua, una sua conquista.
Non catene, o corde.
Un ciondolo.
In tutto quel tempo avrebbe potuto fare di me tutto ciò che voleva, trattarmi nella peggiore delle maniere, ma non lo aveva fatto e non potevo non essergli grata.
Magari, prima o poi, anche lui avrebbe finito col sentire quell'affetto che io provavo per lui.
Arrossii appena a quel pensiero e cercai di allontanarlo, scuotendo appena la testa e rimettendomi a leggere, giocherellando con la fine catenina del ciondolo.
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Nyoko 09-01-2017 02.39.44

Il buio.
Un ombra immensa che chiude le porte della luce e delle forme. Al buio, una bella bambola di porcellana, può essere perfettamente scambiata per chissà quale entità malvagia. Il sole per me si è spento, non ha che una vaga ombra nella mia memoria. Il cielo che lo ospitava è diventato come quando è notte, ma senza stelle o nuvole. Chissà se è giorno o notte? La cecità che mi è stata imposta la definirei una gabbia, una prigione senza lucchetto, dalla quale comunque non puoi fuggire. Una tomba nera ancora da chiudere, il senso di vuoto totale, quando tendi una mano verso il nulla, teso nell'attesa di sfiorare qualcosa: un oggetto, un muro, una persona, accarezzarne il volto e riconoscerne i tratti. Il buio s'è fatto presto vivo in me, oscurando il mio mondo. Vivo così da quel giorno, quel terribile giorno in cui persi gambe e occhi, e da allora sono bloccata qui, fra il letto ed una carrozzella. Una sedia con le ruote, poco elegante per la mia nobile famiglia. Ricordo quegli attimi felici quando ero ancora libera da questa gabbia nera e potevo danzare, la mia grande passione, sui prati del giardino di casa mia. Mi manca poter correre fra i fiori di mille colori posti alla riva del grande lago blu di fronte casa mia. Era bello poter leggere un libro sulla riva del lago o anche solo ammirarlo durante il tramonto. All'alba, vestita di abiti umili e comodi, mi piaceva raggiungere le rive di quel magico lago e immergermi piano. Aveva sempre la stessa temperatura, non sapendo nuotare mi fermavo lì, a pochi passi dalla riva con l'acqua tiepida che mi carezzava il busto. Se mi avessero visto i miei genitori mi avrebbero senz'altro sgridata. Ma io amavo quelle sensazioni. Sensazioni che non potrò mai più sentire, solo ricordare, finché la memoria avrà cura di rimanere. Ora sono in questo letto, che so ha un morbido lenzuolo di seta bianca, abbracciato da un caldo lenzuolo rosa e grigio. Il letto a baldacchino non cambierà mai, a meno che non lo spostino durante una delle mie passeggiate. Mio padre mi aveva riempito di badanti, una per il bagno, una per le passeggiate, una per lo svago, una per compagnia, una per il cibo, una per ogni cosa insomma. Ma non ne potevo più. Desideravo solo poter uscire da quel incubo. Incubo che sapevo sarebbe durato per sempre. Già, per sempre.
I sogni hanno ancora il loro colore, l'unica finestra che ho al mondo. Chissà se non è tutto un sogno invece... Chissà se sto sognando e al mio risveglio, tutto il mondo abbia ripreso la sua giusta corrente. Mio padre, un uomo molto facoltoso, proprietario di una prestigiosa fabbrica, si prende cura di me, anche se mi reputo la sua ennesima disgrazia, dopo la morte di mia madre. Mi metto a sedere con le mie forze, non potrò usare le gambe, ma le mie braccia possono servire ancora a qualcosa. Cerco allora sul comò vicino al letto per trarne una collana http://uploads.tapatalk-cdn.com/2017...f30ac0f5f2.jpg l'unico ricordo rimasto di mia madre. Mi piace tenere quel ciondolo fra le mani, sentire la pietra morbida e fredda fra le dita e il laccio di cuoio a tenerla ferma. Non dimenticherò mai due giorni della mia vita: il giorno in cui mia madre mi donó quella collana, e il giorno in cui ebbi quell'incidente... Quel terribile incidente che mi costò caro...
Mi voltai verso la porta, sapevo a memoria com'era la mia stanza e sapevo, che se era giorno, a breve sarebbero entrate le badanti... Pronte a farmi iniziare un nuovo giorno in questa vita ormai senza senso.http://uploads.tapatalk-cdn.com/2017...bbdf2c9545.jpg

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Altea 09-01-2017 15.31.57

Entrai nella fredda stanza e mi spogliai, rimasi a guardarmi allo specchio, nel bustino la collana..ovvero ciò che ero, mi si strinse il cuore pensando ai miei genitori. Guardai sopra la poltrona il vestito che la suora mi aveva premurosamente fatto acquistare coi vestiti guadagnati..scarlatto..l' indomani dovevo recarmi al mercato e lei ci teneva facessi una degna figura, ovviamente non era sontuoso ma almeno non mostrava ciò che ero...una orfana, ma lei mi trattava diversamente dagli altri.

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Figlia di nessuno..o del mondo.
La mia vita o meglio quella dei miei veri genitori deve essere stata travagliata.
La suora mi narrò mi portarono molto piccola e mi lasciarono davanti all' orfanotrofio in una fredda notte d'inverno.
Mi trovarono lei ed il frate e vi era un biglietto dove si chiedeva di salvarmi e tenermi al sicuro per tutta la vita visto loro erano in pericolo, si diceva fossero nobili nell' orfanotrofio ma solo la suora lo sapeva come altri chierici.
Chissà perchè mi affidarono alle sue cure, ella disse non sapeva nemmeno se fossero sposati e sicuramente volevano farmi scappare da un pericolo o minaccia.
Sopra al piccolo corpicino vi era una spada preziosa con uno smeraldo verde, come i miei occhi, al centro dell' elsa e vicino vi era intarsiata una effige di una Croce, segno di devozione al Clero. Mentre al collo portavo una collana con dei fiori di agata rosa e una figura fatata al centro che regge lo stemma di un casato: una quercia e una testa di grifone.
E poi trovarono una lettera ma la suora la custodisce gelosamente..li vi stanno i misteri della mia vita che nemmeno lei ha voluto leggere.

Sono Altea, vivo presso il tanto temuto o amato orfanotrofio di San Giovanni, ormai aiuto la suora con i ragazzini più piccoli, i bambini e i nuovi venuti, aiuto nella mensa dei poveri della Chiesa qui vicino e spero di non dover fare la governante o cameriera a qualche nobile donna o uomo annoiato.
Non pensiate io sia acqua e sapone, un agnellino...ho il mio bel carattere ed infatti sogno un bell' avvenire per me.
Le mie notti sono tempestate non di stelle ma strani sogni dove vedo ombre e sento voci indefinite ma la suora dice sono frutto del mio subconscio.

Mi misi a letto e subito mi addormentai, la notte passò..come sempre..mille pensieri e incubi..ero sempre irrequieta, come se qualcosa di predestinato dovesse succedermi e non sapessi se nel bene o nel male..pure per ottenere le belle cose si doveva soffrire a volte.

"La figura camminava nella stanza e io guardavo ma non riuscivo
a focalizzarla, era celata.."Chi siete..chi siete?" rannicchiandomi.
Ma nessuna risposta, si avvicinò e mi posò una rosa..rossa..sopra le bianche lenzuola e la guardai..cosa significava..rossa come il sangue o vi era altro..".


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Mi svegliai improvvisamente madida di sudore guardando le lenzuola con gli smeraldini occhi e attorno alla stanza.

Guisgard 09-01-2017 17.21.00

Clio col suo cestino di fragole avanzava verso il carrozzone e gli altri membri della compagnia.
Erano un gruppo bizzarro eppur attraente, tutti pervasi da un'aria di gaiezza.
Fingevano di non avere preoccupazioni e facevano battute sulle tribolazioni della loro vita nomade.
Apparivano curiosamente ed amabilmente artificiosi, istrionici anche nell'occuparsi delle mansioni più ordinarie.
Insomma sembravano appartenere ad un altro mondo, pomposo e barocco, ampolloso e scenografico.
Il loro numero, esclusa la stessa Clio, era di sei, cinque uomini ed una donna e si rivolgevano l'un l'altro usando perlopiù i nomi di scena.
Nomi che rappresentavano le rispettive particolarità, fisiche e caratteriali.
"Noi" disse Ozillonne mentre declamava una sorta di motto per pubblicizzare la sua compagnia "siamo una delle poche, autentiche ed irriducibili compagnie teatrali che si rifanno alle tradizioni della vecchia ed immortale Commedia dell'arte Afragolignonese."

Clio 09-01-2017 17.27.26

Distribuii le fragole agli altri, spensierata e gaia.
Avevo già indossato la mia maschera, e nessuno poteva sospettare in che modo avessi passato quel pomeriggio invernale.
Ormai la città era vicina, e il mio piano poteva finalmente prendere forma.
Ma dovevo essere paziente, paziente e imperscrutabile.
Nessuno avrebbe dovuto sospettare, tutti avrebbero dovuto credermi la solita Bella di sempre, senza pensiero alcuno che il sospiro per qualche innamorato.
La compagnia era ormai riunita, e immaginai che stessimo per partire.
"Quando ripartiremo?" chiesi sorridendo ad Ozillonne, sedendomi poco distante ad osservare la città in lontananza.

Guisgard 09-01-2017 17.30.29

Immersa nella lettura e sfiorando il suo ciondolo, Gwen non si era accorta che nel cortile del Palazzo, una vecchia magione aristocratica ed ora divenuta ritrovo rurale di quell'irrequieto giovane dal carattere intrattabile e ribelle, Anya più volte aveva accompagnato il vecchio fattore che portava in spalle sacchi e ceste piene e traboccanti.
Vedendoli si sarebbe potuto pensare ad una festa.
Dopotutto il giovane padrone aveva spesso amici di baldoria a cena nel palazzo e la cosa dunque non doveva sembrare a Gwen così insolita.
"Stasera" disse all'improvviso Anya arrivando alle spalle della giovane "è preferibile un tuo ritiro anticipato nella tua stanza." Fissandola.

Lady Gwen 09-01-2017 17.36.47

Vedevo distrattamente con la coda dell'occhio movimenti nel cortile, ma non me ne curai più di tanto, poiché non era insolito.
Finché non arrivò Anya.
Alzai lo sguardo dal libro.
"Come mai?" chiesi, non era capitato fin'ora che dovessi rientrare prima quando potevo uscire e la cosa un po' mi pesava.

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Guisgard 09-01-2017 17.45.01

Nel buio della sua stanza, vuota di luce e colma di silenzio, Nyoko fissava il punto in cui sapeva essere la porta.
La fissava come se attendesse l'arrivo di qualcuno da un momento all'altro.
Un attimo dopo la porta si aprì ed entrò una delle badanti.
"Buongiorno, signorina." Disse Anne, la più giovane e vispa delle badanti che il padre di Nyoko aveva voluto accanto a sua figlia.
L'unica fra loro a rivolgersi a lei col titolo, se possiamo dire così, di signorina.
Le altre la chiamavano cittadina, compagna o anche solo Nyoko.
Erano questi infatti i modi preferiti ormai dalla gente per rivolgersi ai propri simili.
I preziosi epiteti aristocratici e cortesi non erano più in voga e soprattutto non erano ben visti dalla gente dopo che la repubblica li aveva pubblicamente condannati.
Così come i modi che un tempo si usavano nel parlare ai chierici.
"È freddo oggi" aprendo le tende delle finestre Anne "ma è una giornata pulita ed asciutta. Per fortuna aggiungerei io, visto che dell'umidità dei giorni scorsi non se ne poteva più." Sorridendo. "Su, vi aiuterò a vestirvi e poi scenderemo giù per la colazione." Annuendo. "Stamani ci sono le focacce al miele."

Guisgard 09-01-2017 17.55.31

Quello strano sogno, inquietante e misterioso, fece svegliare di soprassalto Altea.
Ma forse non solo quel sogno interruppe il suo sonno.
Dall'esterno si udivano rumori e voci confuse e nel corridoio si sentivano le suore camminare nervosamente.
Una strana atmosfera sembrava avvolgere l'orfanotrofio di San Giovanni.
C'era agitazione, preoccupazione, persino paura.
Poi il nitrito di alcuni cavalli da fuori e la bella orfana avvertì un senso di oppressione e terrore.
Allora qualcuno bussò alla porta della sua stanza.

Nyoko 09-01-2017 17.55.51

Sapevo che prima o poi sarebbe giunto qualcuno. Un tempo mi sarei alzata sola e lavata sola. Entrò Anne, la più piccola delle mie badanti, l'unica che mi chiamava ancora 'signorina'. Sorrisi alle sue parole. Disse che il giorno era freddo, chissà se il cielo era pieno di nuvole come quando nevicava. Posai la collana sul comò e aspettai di essere vestita, anche se odiavo quella mia disabilità.
"Oh, adoro le focacce al miele" dissi lasciandola fare. Chissà che sarebbe successo di nuovo quest'oggi?

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Altea 09-01-2017 18.00.06

Il respiro si fece più regolare e cominciai a comunicare col mondo esterno..era un sogno per fortuna..ma subito dovetti ricredermi.
Udivo rumori, nitriti di cavalli e le suore erano allarmate.
Mi alzai preoccupata e misi la spada di mio padre alla cinta..la portavo sempre con me ma ad un tratto qualcuno bussò alla porta.
Forse era una suora o un bambino spaventato ed andai subito ad aprire esclamando.."Ma che diamine sta succedendo?".

elisabeth 09-01-2017 18.39.14

La vita e' un grande mistero.......e la mia era regolata dal caos...dal caos della vita immersa nella natura...vivevo fuori dalle porte della citta' in una casa solo mia.......in mezzo al bosco......molto spesso appesi ai rami degli alberi trovo dei biglietti che la gente del luogo ama legare perche' i loro desideri vengano esauditi.....e io amo raccoglierli perchè non rimangano delusi...e poi' chissà magari qualcuno potrebbe essere esaudito.....sono Elisabeth......I miei genitori mi hanno insegnato tutto quello che potevano leggere scrivere e guarire con le erbe......la Magia ?......ci credete ?.........chi vive in un bosco non vive da solo.......comunque......gli ultimi avvenimenti in città hanno scosso ogni creatura e anche per me non e' piu' cosi' semplice la vita ....... devo sempre stare attenta come parlo e con chi parlo.....Ma oggi mi sonosvegliata di buonumore....e e' tempo di andare in citta pre compare della carta su cui scrivere i miei appunti......
https://encrypted-tbn3.gstatic.com/i...9yYqcwI3cSqO9S

Dacey Starklan 09-01-2017 20.04.00

Dieci anni era passati da quando io e mio fratello eravamo scappati dall'orfanatrofio di San Giovanni.
Dieci anni da quando avevamo lasciato la città senza nulla se non noi stessi.

" Buonasera Sorella, io e mia moglie qui desideriamo prendere un ragazzo a vivere con noi. Abbiamo una falegnameria e poiché il Buon Dio non ci ha concesso dei figli nostri, abbiamo pensato di venire qui. Cerchiamo un ragazzo in gamba, dall'indole buona, di corporatura robusta però, così potrà aiutarmi nel lavoro. Lei mi capisce vero?"
"Ma naturalmente, prego seguitemi. A quest'ora i nostri ragazzi e ragazze stanno giocando nel cortile interno, bisogna approfittare di giornate soleggiare come queste non credete anche voi?"
" Si, Sorella. Avete di certo ragione" disse la donna che finora non aveva aperto bocca e seguiva il marito con reverenziale timore.
Il terzetto raggiunse il cortile dove noi stavamo tutti giocando. A quell'epoca c'erano una quarantina di bambini, o almeno così mi pareva. Era difficile tenere la conta, c'era sempre chi andava e chi veniva.
Io me ne stavo seduta su un muretto a osservare mio fratello, più piccolo di me di tre anni, che giocava con alcuni suoi coetanei con un pallone di stoffa tutto rattoppato.
Non era il mio forte il cucito, con grande rammarico di Suor Grimilde, e infatti la palla che avevo cucito, a fuori di calci e riprese, iniziava a mostrare segni di cedimento nelle cuciture che non facevano che allargarsi.
Chiusi gli occhi quando Amit, mio fratello, tirò un calcio così forte che il pallone si aprì praticamente a me rivelando il suo contenuto di stracci.
Qualcuno rise e solo allora mi accorsi che due estranei ci stavano osservando. E io osservai loro.
Lui era un uomo baffuto, alto e possente, con le braccia più spesse che avessi mai visto, rosso di capelli e sulle gote mentre lei pareva una bambina tanto era magrolina ma il volto aveva bei lineamenti. Il pallore del volto della donna mi fece pensare ad una lunga malattia di qualche sorta.
Le malattie erano così frequenti anche tra le persone apparentemente di buona costituzione. Era stata una malattia a portarci via la mamma, due anni prima, quando io avevo solo undici anni.
L'uomo baffuto si avvicinò a mio fratello, lo fissò negli occhi, gli tastò un braccio e poi gli esaminò i denti, proprio come si usava fare coi cavalli, quindi gli chiese il nome.
Ricordo la smorfia di entrambi i coniugi quando il mio fratelli disse "Amit" in tono confuso.
"Oh beh, si può sempre cambiare in un nome più cristiano..." bofonciò l'uomo baffuto e tornò verso la suora, i due confabularono un po' quindi si allontanarono seguiti dalla donna minuta.
Non era la prima volta che vedevo una scena simile e sperai solo di sbagliarmi. Ma più tardi la stessa suora si premurò che Amit si lavasse per bene e si vestisse con il suo abito della Domenica. E fui sicura. Sicura che me lo avrebbero portato via.
Non potevo permetterlo e così prima della cena preparai rapida una borsa con le nostre poche cose e preso per mano Amit scattaiolammo fuori.
Fuori, nell'ignoto. Non conoscevamo la città. Eravamo arrivati da poco quando mia madre si ammalò e morì.
Dentro di me sentivo crescere la paura e il dubbio. Forse non avremmo dovuto lasciare l'orfanatrofio.
Ma poi guardai Amit negli occhi e ogni dubbio scomparve. Eravamo una famiglia e dovevamo restare insieme. A ogni costo.

"Amit sbrigati o perderemo il poco di folla che si sta radurando e addio soldi per raggiungere la Capitale.
Mio fratello fece una smorfia come faceva sempre quando lo rimproveravo, anche per qualcosa di piccolo e mi raggiunse.
Sistemai a terra una sacca in cui la gente avrebbe, si sperava, buttato qualche moneta e non appena sentii le prime note iniziai a cantare.
Una canzone che sentivo sempre da mia madre, una canzone d'amore. Un amore clandestino, che può realizzarsi solo con la morte dei due amanti.
https://lh3.googleusercontent.com/-b...cwd5o5_250.gif
O mio compagno di vita, l'attesa è quasi finita
Guarda, la destinazione d'amore sta chiamando a noi
Colui che ho chiesto in preghiera, Sei la stessa guida
E' molto difficile camminare anche un solo passo senza di te
Senza di te, non c'è alcuna destinazione di amore per me
O mio compagno di vita, l'attesa è quasi finita
la destinazione d'amore sta chiamando a noi
Né sono io infedele né c'è meno quantità di amore tra noi
E' solo che i nostri destini sono completamente differenti
Come possiamo raggiungere la destinazione d'amore allora?
O mio compagno di vita, l'attesa è quasi finita
la destinazione d'amore sta chiamando a noi





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Guisgard 10-01-2017 00.27.07

Ben presto le note avvolsero quell'angolo di strada, con Dacey che danzava leggiadra e con una certa naturale sensualità tra gli sguardi attenti ed anche compiaciuti dei passanti, mentre Amit suonava quasi al tintinnio delle monete che finivano nella sacca.
Un nutrito gruppo di persone circondò i due giovani impegnati con quel loro numero musicale.
Ed un breve applauso, ma caloroso, sancì la fine della musica e della danza.
Amit allora mostrò un lieve inchino ai generosi passanti, mentre Dacey notò una figura che li fissava tra la gente.

Dacey Starklan 10-01-2017 00.34.20

Se la gente che mi osservava avesse visto la ragazzina timida che ero un tempo avrebbe faticato a credere che la stessa ragazzina ora danzava e cantava dinanzi a loro.
Vivere per strada mi aveva cambiata, avevo messo da parte la timidezza molto tempo fa.
Terminata la canzone feci un piccolo inchino sorridendo sfacciata e guardai velocemente quanto avevamo racimolato. A occhio e croce , unendo quella cifra agli altri risparmi, potevamo finalmente partire.
Con un cenno del capo mio fratello comprese che ce l'avevamo fatta quindi si alzò.
Raccolsi la sacca e la legai in vita, ancora un inchino per gli ultimi spettatori più restii ad andare e nel rialzare lo sguardo notai qualcuno che mi fissava insistente. Quasi mi mise a disagio ma scacciai subito la sensazione, anzi la sfidai, avvicinandomi alla figura che se ne restava lì ferma mentre il resto della folla aveva preso a disperdersi.


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Guisgard 10-01-2017 00.52.00

“A breve.” Disse Ozillonne a Clio, guardando il profilo dell'orizzonte dove si stagliavano le alte torri e le voluminose guglie della capitale. “Appena raduneremo gli altri.” Per poi fischiare verso il resto della compagnia.
Era questi un uomo grasso e barbuto, col naso a patata e la bocca larga, di un rossiccio ruggine ed i modi adatti per interpretare, sulla scena e nella vita, l'uomo furioso e fanfarone, tipico padre padrone irruento e brontolone.
Arrivarono poi gli altri alla spicciolata.
Un ribaldo alto e robusto, con le membra grosse ed il viso piatto e bonario che aveva come nome quello di Sbrizzone.
Poi un tipo magrolino e minuto, agile e sveglio, dalle mani piccole ed il volto fino che tutti chiamavano Lione.
Il terzo a giungere fu un ragazzotto riccioluto, dal pizzetto folto e gli occhi vispi, pacato nei movimenti e dall'espressione riflessiva, con un grosso cembalo legato dietro la schiena.
Il suo nome era Zordone e si occupava della musica e di tutte le cacofonie della compagnia.
L'ultimo a saltar fuori era un giovane alto e moro, dagli occhi neri ed il volto pulito che a parer di Ozillonne rappresentava l'ideale bellezza mascolina.
Si trattava di Lelandro ed era stato scelto per interpretare il bell'amante e tutti i ruoli ad esso affini.
Mancava solo la seconda donna della teatrale brigata, che se ne stava seduta sui gradini del carrozzone.
Bionda e formosa, sui quarantacinque anni e portata ad interpretare il ruolo della matrona saggia e risoluta, il cui nome era Isolde.
Ecco così al completo l'intera compagnia itinerante.
"Manca solo quel fanfarone!" Tuonò Ozillonne, riferendosi all'ultimo membro della brigata, che solitamente non figurava insieme agli altri.
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Guisgard 10-01-2017 00.56.58

“Perchè stasera verranno alcuni amici di bevute del padrone...” disse sospirando Anya a Gwen “... lui stesso mi ha detto di riferirti ciò... non credo siano gentiluomini.” Fissando la ragazza.

Lady Gwen 10-01-2017 01.01.12

Annuii lentamente.
Sì, capitava spesso che venissero.
La loro presenza in casa non passava certo inosservata, le loro risate grasse e sghignazzanti echeggiavano per l'intera serata nella magione, a volte protraendosi fino a tarda notte e, onestamente, non volevo averci nulla a che fare.
Ringraziai così Anya e mi rimisi a leggere, stringendomi nello scialle di lana.

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Clio 10-01-2017 01.05.14

Sorrisi ad Ozillonne, e annuii.
Osservai l'allegra brigata tornare al carrozzone, mi fermai ad osservarli, uno per uno i miei compagni di viaggio e di avventura.
Praticamente erano la mia famiglia, e quando ero con loro mi sembrava di poter dimenticare ed essere la stessa di sempre, quella che aveva girato il mondo con loro.
Alzai le spalle a quelle parole di Ozillonne sul nostro fanfarone solitario.
Non ci davo poi tanto peso, contento lui.
Non vedevo l'ora di partire, per rintanarmi nel mio angolino e continuare a leggere il mio libro.

Guisgard 10-01-2017 01.12.23

Anne sorrise a Nyoko, per poi aiutarla a prepararsi.
Poco dopo scesero di sotto, dove il padre della ragazza aspettava per fare colazione con sua figlia.
“Buongiorno, mia cara.” Disse sorridendo nel vederla arrivare con Anne. “Grazie, puoi andare.” Alla badante.
Restarono così soli a fare colazione.
“Oggi è una giornata fredda e limpida.” Suo padre mangiando. “E non credo potrai concederti la tua solita passeggiata nel giardino. Dopotutto non possiamo pretendere che una delle tue badanti si sottoponga al freddo di Gennaio.” Bevendo del tè.

Lady Gaynor 10-01-2017 01.16.10

Lo sguardo fisso oltre l'azzurro del cielo, oltre i tetti degli edifici della grande piazza, oltre le alte guglie della cattedrale di Sant’Antonio. Uno sguardo che si perdeva anche attraverso il tempo, viaggiando a ritroso fino a scontrarsi con lo zampillo cristallino di una fontana nel giardino di Afraboli, in quella che sembrava ormai una lontanissima Afragolignone.

“Nulla io vedo che non sia perfetto…”
Seduta presso la fredda pietra della fontana a leggere, mi girai al suono di quella voce tanto familiare quanto amata, scorgendo due ridenti e innamorati occhi azzurri che mi fissavano.
“Oh, caro!” esclamai alzandomi e correndogli incontro. “Temevo non venissi più…”
Le sue braccia mi avvolsero immediatamente e un bacio si posò sulle mie labbra.
“Potevo mai mancare al nostro appuntamento? Lo sai che io vivo solo per te… Sono stato trattenuto da un nuovo carico di stoffe provenienti dall’Oriente, roba di prima qualità che non potevo lasciarmi sfuggire. Ce n'era una bellissima e finemente ricamata, che mi ricordava i tuoi occhi di giada… inutile dirti che l'ho tenuta da parte per te…”
Il sorriso che seguì ebbe come sempre l'effetto di sciogliermi dentro… Si, il suo sorriso era come il sole improvviso in una giornata grigia...

Come aveva fatto quel sorriso a diventare freddo? Come poteva ora gelarmi le ossa? Come sempre, quando ripensavo a tutti quei meravigliosi momenti incisi nella mente e nella carne, il viso mi si rigava di lacrime. Lacrime di nostalgia, di impotenza, di incredulità, di delusione… Da un giorno all'altro avevo perso il bene più prezioso, ciò che rendeva la mia vita perfetta, il motivo per cui credevo di essere venuta al mondo. Avevo perso l’Amore di mio marito...
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Nyoko 10-01-2017 01.23.34

Mi lasciai vestire e poi scendemmo sotto dove mio padre mi stava sicuramente aspettando. Fui messa al posto di fronte quello di mio padre e quando mi parlò ebbi la conferma della sua presenza. "Buongiorno padre" dissi sorridendo fissandolo anche se non lo vedevo. Lo immaginai con i suoi soliti sorrisi accesi, anche se dopo la morte di mia madre, s'erano un po' raffreddati.
"Si mi è stato detto" dissi alle parole sul tempo. Afferrai a tentoni la forchetta per poter mangiare le focaccine, era difficile ma avevo espresso il desiderio io stessa di non essere aiutata almeno nel nutrirmi. "Oh, non fa nulla" dissi sorridendo amaramente alle sue ultime parole. A volte mi sembrava che non fossi altro che una sagoma sfogata per lui, una sorta di chiazza scolorita di colore della vecchia me, della giovane ragazza dal nome orientale e l'amore per quel mondo tanto lontano.

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Guisgard 10-01-2017 01.23.56

Dacey si accorse di quella figura e del suo sguardo così attento ed insistente su di lei e suo fratello Amit.
Si avvicinò e guardò ben bene quell'uomo.
Si trattava di un tipo basso e grassoccio, dagli occhialini rotondi e minuscoli, il viso rotondo e rosso, gli abiti larghi e di un grigio spento.
“Salute a voi.” Disse sorridendo alla ragazza. “Complimenti per lo spettacolo.” Lasciando nella sua mano una moneta d'oro.

Dacey Starklan 10-01-2017 01.30.38

A vederlo bene non sembrava uno che potesse permettersi di gettare una moneta d'oro solo perché aveva apprezzato una canzone.
Misi la moneta tra i denti per assicurarmi che fosse vera qui di la lasciai cadere nella sacca tintinnante che avevo in vita.
" Vi ringrazio signore" con un inchino mentre Amit controllava attento quello scambio di battute.
Era sempre stato così tra noi, ci controllavamo e proteggevano a vicenda.
" Lieta che abbiate apprezzato" aggiunsi verso l'uomo che pareva volesse restare ancora lì.
Tuttavia a me non andava di farmi scrutare così insistentemente da lui quindi mi voltai per tornare da Amit.


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Guisgard 10-01-2017 01.34.52

“Bene.” Disse Anya a Gwen. “Appena comincerà l'imbrunire dunque sarà opportuno il tuo ritorno in camera.” Per poi allontanarsi, lasciando la ragazza da sola a leggere.
Intanto nel palazzo continuavano i preparativi per la sera.
Il giovane padrone non si era ancora visto.
Ad un tratto Gwen notò il fattore fermo nel cortile a raccogliere alcuni pani appena sfornati da portare nella cucina.

Lady Gwen 10-01-2017 01.40.37

I preparativi continuavano e lui non si era ancora visto.
Nel frattempo, avevo visto il fattore intento a raccogliere alcuni pani appena sfornati.
A quel punto mi alzai e, tenendo il libro in una mano, lo aiutai.
"Quanto cibo. È tutto per stasera?" gli chiesi, mentre il profumo caldo e fragrante del pane riempiva l'aria.

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Guisgard 10-01-2017 01.49.58

Mentre Gaynor era preda di quei pensieri tristi ed angoscianti, di quella malinconia avvolgente e penetrante, di delusione e rimpianti, uno dei domestici giunse a destarla.
“Madame, monsieur De Gagliarden è giunto in visita.” Disse il domestico. “Vostro marito però non è ancora giunto e per questo chiedo di condurlo da voi in attesa del suo ritorno.”

Guisgard 10-01-2017 02.07.35

Ozillonne, accanto a Clio, annuì con fare ampolloso e poi radunò tutti i suoi per salire sul carrozzone una volta legati i cavalli.
“E qualcuno vada a cercare quel fanfarone.” Disse seccato, riferendosi all'unico che mancava all'appello.
“In verità...” fece Lione “... non ho idea di dove si sia cacciato Tafferouille...”
“Sarà di certo ubriaco.” Sentenziò Isolde. “Magari in qualche cantina nei paraggi.”
“Che io sia maledetto se non lo sbatterò via a pedate!” Esclamò Ozillonne.

Guisgard 10-01-2017 02.10.52

“Anche se...” disse il padre di Nyoko, per poi interrompersi e continuare a mangiare “... e sia, meglio finire la nostra colazione. Non è contemplato parlare di queste cose a tavola. Prendi un po' di latte caldo...” riempiendole la tazza.

Clio 10-01-2017 02.10.58

Salii sul carrozzone e mi sistemai nel mio angolino preferito.
Saremmo partiti di lì a poco, ma Tafferouille mancava all'appello come al solito.
Ero già pronta ad immergermi nel mio libro.
Sbuffai piano.
"Non possiamo mica partire senza di lui!" constatai.

Nyoko 10-01-2017 02.13.25

Rimasi perplessa alle sue parole. Che voleva dire? "Cosa intendete, padre?" dissi cercando di guardarlo, sperando di avere gli occhi su di lui e sembrare ancora vedente. Mi versò il latte caldo ma lo ignorai, ero curiosa di sapere cosa volesse dirmi.

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Guisgard 10-01-2017 02.14.33

Dacey ringraziò con un inchino e tornò da Amit.
“Che tipo strano...” disse piano suo fratello a lei “... e poi quella moneta... era d'oro... ed anche autentica, vero? Mi chiedo chi sia...” voltandosi a fissarlo “... è ancora lì... perchè darti una moneta d'oro? E' così ricco da buttare i soldi? O forse è solo uno di quelli che si fanno fantasie sulle belle ragazze?”

Dacey Starklan 10-01-2017 02.21.20

Le avventure di Tafferouille
 
Guardai Amit con fare di intesa. Anche lui aveva avuto gli stessi pensieri.
" Si si, è vera. Una bella fortuna per noi!" esclamai tuta sorridente.
" Oh beh.." scrollando le spalle, " poco importa. Ha pagato bene e finché resta lì fermo a guardare non fa del male a nessuno" tuttavia la mia voce aveva preso un po' della sua brillantezza e le ultime parole erano uscite fredde e tese.
" E se gli venissero strane idee... peggio per lui" con occhi di ghiaccio mentre passavo un dito sulla gola, a mimare un coltello.
Amit rise ma neanche troppo e prese a scherzare, dicendo che avrei potuto fare teatro per via del mio gesto drammatico . Aggiunse poi qualcosa sul mio sguardo gelido finse di essere stato trafitto.
Gli concessi un sorriso.
" È tempo di andare" presi il mio misero bagaglio e mi voltai, per vedere se l'uomo della moneta fosse ancora lì.


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Guisgard 10-01-2017 02.21.42

“Si, tutto per stasera...” disse il fattore a Gwen, mentre alzava il sacco “... gli amici del padrone mangiano e bevono come dei dannati...” caricandosi tutto sulle spalle “... a momenti lui tornerà... è andato a cacciare fagiani per la cena... ma sarà meglio che i suoi amici non ti vedano in giro stasera...”

Guisgard 10-01-2017 02.31.04

“Che il diavolo se lo porti.” Disse sbuffando Ozillonne a quelle parole di Clio. “Che qualcuno vada a cercarlo, maledizione.” Seccato.
“Vado io...” fece Sbrizzone “... magari ci sarà bisogno di portarlo in spalla perchè troppo ubriaco per stare in piedi.”
“E sia.” Annuì Ozillonne. “Ci ritroveremo lungo la strada o al massimo alle porte della città.” Mormorò. “Ma comunque stavolta nessuno lo salverà da una solenne bastonatura.”
Sbrizzone si allontanò in cerca di Tafferouille ed il carrozzone partì finalmente alla volta della capitale.

Lady Gwen 10-01-2017 02.31.05

"Lo so, sono già stata avvisata..." Dissi piano, poi sospirai appena "Vorrà dire che per oggi anticiperò il mio coprifuoco..." Con un debole sorriso.
Salutai il fattore, rimisi a posto il libro e feci preparare un cavallo, per poi iniziare a passeggiare nei dintorni.
Dovevo già rientrare prima la sera, non mi andava di stare chiusa dentro tutto il giorno e un giro a cavallo mi era sembrata la soluzione migliore.
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Guisgard 10-01-2017 02.36.58

Suo padre alzò gli occhi su di lei.
“Beh, monsieur De Bonnet...” disse a Nyoko “... mi ha proposto un ragazzo come servitore... lui non può permettersi di pagarlo ed il governo repubblicano è contrario all'avere servi senza retribuzione... ormai la schiavitù non è più contemplata, retaggio del mondo feudale... e stavo sinceramente pensando di prendere quel ragazzo alle nostre dipendenze... potrebbe esserci utile come stalliere e magari portarti fuori in giornate come queste...”

Clio 10-01-2017 02.40.49

Risi piano a quelle parole su Tafferouille, ormai ogni volta c'era la stessa scenetta.
Però era divertente vedere il capo così paonazzo.
Sbrizzone andò a cercarlo, come al solito e noi partimmo.
L'andatura calma e regolare del carrozzone era quanto di più vicino ad una casa avessi mai avuto.
Mi ero ben sistemata, ed ero pronta ad isolarmi del mondo.
Gli altri lo sapevano, e solitamente mi lasciavano in pace.
Così, presi il mio prezioso libro, ed iniziai a leggere.

Senza quasi che me ne accorgessi era arrivato Natale.
Un Natale diverso, il primo a terra da tanti anni, ma non solo, il primo insieme.
Sospirai, guardando fuori dalla finestra la pioggia incessante che non intaccava l'atmosfera festosa che si intravedeva nella città in lontananza.
Allora perchè, guardandoli, mi sentivo così sola?
Era ormai pomeriggio inoltrato, e il mio pranzo di Natale era stato solitario e fugace.
Ora me ne stavo lì, davanti al camino, con un libro in mano e una lettura che procedeva lentamente.
Già, non riuscivo a concentrarmi mentre continuavo a guardare fuori dalla finestra.
Facevo lo stesso ogni giorno, ma a Natale sembrava tutto ancora più triste.
Aveva detto che sarebbe passato, ma potevo solo immaginare come fosse il natale a Palazzo Ducale.
Forse sarebbe arrivato quella notte, o forse direttamente il giorno dopo.
Fu allora che la pioggia cominciò a scendere ancora più copiosa.
Potevo sentirla abbattersi violentemente sul tetto della casetta, mentre il freddo faceva capolino anche nella mia vestaglia.
E io difficilmente avevo freddo.
Sospirai, abbassando lo sguardo.
"Non verrà..." tristemente.
Chi avrebbe sfidato quella bufera il giorno di Natale?
Tornai allora a concentrarmi sul libro, cercando di non ascoltare la tristezza che mi avvolgeva.
Finchè non lo sentii.
Un rumore.
Il primo pensiero fu di proteggermi, ma poi una sensazione irrazionale si fece strada nel mio animo: speranza.
Allora mi alzai e corsi verso la porta che in quell'attimo si aprì.
Lui era lì, completamente fradicio davanti a me, non ebbe nemmeno il tempo di dire una parola che gli corsi tra le braccia, incurante del fatto che i suoi abiti fradici inzuppavano la mia sottoveste.
Ma nemmeno lui se ne curò in un primo momento, mi strinse a se con forza e vigore, baciandomi come solo lui poteva e sapeva fare.
Sentivo il freddo della pioggia contrastare il fuoco che mi divorava dentro.
Lo stringevo e lo baciavo con tutta la forza che avevo.
"Ehi.." sussurrai, quando le sue mani si fecero più ardite "È Natale.." sussurrai.
"Mica quaresima.." mi rispose lui ridendo piano.
Allora risi e lo strinsi forte a me.
"Buon Natale.." baciandolo.
"Buon Natale.." mi rispose lui.
"Togliti questi vestiti... sono fradici.." staccandomi da lui e iniziando a spogliarlo.
"Oh, iniziamo bene.." rise lui.
"Scemo!" divertita io, mentre lo spogliavo pezzo per pezzo, accarezzando dolcemente la sua pelle che mano a mano si scopriva "Vado a prenderti dei vestiti puliti.. tu stenditi accanto al fuoco, c'è la coperta...".
Lui annuii e io restai a guardarlo mentre si muoveva.
Quanto adoravo averlo in giro per casa.
Andai di sopra e gli presi dei vestiti puliti che aveva lasciato lì per emergenza.
Una volta scesa lo trovai steso sotto la coperta, e mi resi conto che di non avere alcuna intenzione di rivestirlo.
Lui mi guardò, la sottoveste completamente fradicia.
"Non oserai avvicinarti così, vero?" mi chiese, con disappunto "Mi sto giusto asciugando... potrei prendermi un malanno" con un sorrisetto malizioso.
"Vero, questa sottoveste è fradicia ormai..." divertita mentre la toglievo.
"E trasparente.." sottolineò lui, per poi sorridere soddisfatto mentre mi spogliavo "Ecco, così sì che va meglio" aprendo la coperta e facendomi segno di stendermi accanto a lui.
Io non me lo feci ripetere due volte e lo raggiunsi, accoccolandomi contro di lui che mi stringeva a sé.
Restammo così, abbracciati, per lunghi e meravigliosi istanti.
"Credevo non venissi.." mormorai, nascondendo il viso contro di lui.
"Non avrei mai potuto passare Natale senza vederti, sciocca..." baciandomi dolcemente tra i capelli, e poi cercare le mie labbra incatenandole ancora in un caldo bacio.
"Ho un regalo per te.." sussurrai, con la voce tremante di passioni.
"Un regalo?" si illuminò lui.
"Già.." sospirai io "Cosa si regala a un uomo che ha già tutto?" con un sorriso.
Allora gli porsi un pacchettino.
Lui lo guardò pensieroso e poi lo aprì.
Era una piccolissima scatolina in cuoio, cucita a mano, con incisa una G a destra, una I a sinistra, e al centro una margherita.
"L'ho fatta io.." mormorai, mentre spiavo il suo sguardo "Non sai quanto ci ho messo.." divertita.
I lavori manuali non erano la mia specialità, ma volevo regalargli qualcosa che nessun altro avrebbe potuto.
"È per la tua ocarina.." sorridendo, mentre gliela porgevo e la sistemavo nella sua scatolina.
"Ti piace?" mi illuminai, speranzosa.
Lui sorrise e per tutta risposta mi baciò.
Un bacio che era il regalo più bello che potessi desiderare.


Sospirai, quella storia mi emozionava sempre.
Potevo leggerla mille volte, e mi avrebbe emozionato mille volte.


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