Mi sono sempre chiesto cosa renda un uomo cattivo, cosa lo spinga ad agire amando il male ed allo stesso tempo ad accettare questa consapevolezza.
Ma un cattivo è davvero conscio di esserlo?
Oppure giustifica ogni suo pensiero ed azione in nome di un ideale o di un valore ritenuto giusto?
E forse in questo frammento rubato al nuovo Gdr vi è la risposta...
La stanchezza infine mi aveva vinto, spingendomi così a cadere sul letto, anche solo per un momento di pace, di oblio.
Forse riuscii anche a dormire, ma il mio sonno fu funestato da orribili incubi.
Sognai una bellissima donna, che abbracciai con diletto e passione, sfiorandole la bocca con bacio.
Ma le sue labbra divennero livide di un pallore mortale, i suoi lineamenti mutarono e mi ritrovai a stringere fra le braccia un cadavere putrefatto, avvolto da un sudario consumato e fetido, con infiniti vermi che strisciavano fra la stoffa lacerata e le carni marce.
A svegliarmi fu l'incerto ed argentato chiarore della Luna che filtrava attraverso le finestre.
Era una cupa notte di fine Inverno, fredda ed umida, quando vidi il coronamento di ogni mio sforzo, la realizzazione di tutti i miei sogni.
E' proprio vero che le passioni sono l'unico motore che può animare e sostenere l'intelletto umano.
E l'odio, non meno dell'Amore, è una di esse, forse persino la più forte delle passioni conosciute poiché è anche la più terrena e realistica.
Era l'una del mattino, con la pioggia che scendeva monotona, sospinta talvolta contro i vetri delle finestre dall'ululante ed implacabile vento notturno.
Con ansia, angoscia ed eccitazione raccolsi i miei strumenti atti ad inculcare, o forse a destare, dato che davvero nulla si crea e nulla si distrugge, il bagliore della vita in quella mia creatura.
L'orologio scandiva inclemente lo scorrere fatale delle ore, mentre una delle candele più vicine al mio volto sudato lanciava gli ultimi guizzi di bagliori prima di spegnersi per sempre.
E proprio alla luce tremula che stava per estinguersi vidi, finalmente, aprirsi i foschi occhi purpurei della mia creatura.
Trasalii.
Respirava in modo irregolare, quasi a fatica, con frequenti fremiti che scuotevano le pesanti membra.
Come poter ora descrivere le mie emozioni, le mie sensazioni?
Il mio stato d'animo, i miei pensieri e tutte le mie paure?
Si, paure, poiché in tutto ciò ero conscio che avevo ormai attraversato una soglia sconosciuta, forse persino proibita.
Una soglia sublime e terribile insieme, dalla quale non sarei potuto più tornare indietro.
Ero lì fermo, quasi inebetito, a guardarla.
E più la guardavo, più mi appariva persino bella.
Il suo corpo era proporzionato, le membra grosse e robuste, i tratti in un certo senso anche segnati da una regolarità, poiché avevo scelto tutto con cura, forgiandolo nello stesso modo in cui mi appariva ben in mente da sempre.
La pelle era di un lividore cupo, sinistro, quasi nobiliare potrei dire, con i potenti muscoli ben in evidenza.
I capelli erano lunghi, folti e scuri, i denti bianchi ed aguzzi.
Nel guardarla però il contrasto mi appariva forte, quasi drammatico, tra quel corpo vigoroso ed i suoi occhi acquitrinosi, vaghi, persino indifferenti, simili allo stesso colore delle orbite, perciò di un pallore profondo, esangue, eppure intriso di un qualcosa di sconosciuto ed inquietante.
Un attimo dopo provai disgusto, anche orrore ed infine rabbia per ciò che avevo fatto.
Spostai per un attimo lo sguardo da lui, per poi tornare a fissarlo.
E vidi i suoi occhi foschi ed atavici su di me.
Mi guardava.
Quegli occhi, se tali potevano definirsi, nei miei.
Allora fuggii.
Corsi via, fuori dal mio laboratorio, fino al cortile e vi restai per il resto di quella maledetta notte, camminando su e giù agitatissimo e palpitando angosciosamente ad ogni sussulto o rumore di sorta, come se mi aspettassi l'avvicinarsi, il raggiungermi di quell'essere che così follemente avevo voluto concepire dalla mia mente e risvegliare dai miei demoni.
Con cure e pene infinite l'avevo creato e solo per detronizzare dai Cieli l'idea di un Dio.
Quella creatura senza un dio che adesso era nelle mie mani.
Ed in me sorse la consapevolezza che sarebbe stato infelice se non fosse riuscita a rendere infelici gli altri.