Risi a quelle parole, e prendendolo per mano, lo guidai attraverso il mio appartamento regale, fino ad arrivare alla camera da letto, con una leggerezza e una felicità nel cuore che non avevo mai nemmeno osato sognare.
Una volta raggiunta la mia stanza, tutto mi sembrava simile eppure diverso, tutto era così naturale eppure così nuovo.
La luce del mattino ormai inoltrato filtrava dalla finestra, ben legandosi con gli arredi, una luce soffusa e calda si diffondeva tutto intorno a noi, avvolgendoci come in un sogno dalle tinte esotiche e surreali.
Il grande letto era ancora perfettamente fatto, racchiuso nel baldacchino bianco e oro, ricoperto di morbidi cuscini.
L'abitudine mi permetteva di avere ampie finestre sul panorama sottostante senza temere sguardi indiscreti.
Gli sorrisi, vederlo lì, nella mia stanza più segreta, accese nuovamente il mio desiderio.
Non badai alle parole che mi disse, o al rumore che proveniva da fuori.
Non sentivo nulla che non fosse il desiderio di lui, in quel momento.
Così lo guardai, uno guardo intenso, malizioso.
Guardava la finestra, dando le spalle al letto, ma io non ero ancora pronta ad abbandonare tutto quello.
Lasciai la sua mano e risalii il suo braccio con la mano, fino ad arrivare al suo petto, per poi spingerlo all'indietro, con dolcezza e decisione, con la luce negli occhi di chi è abituato a comandare.
Senza dargli tempo di replicare posai un ginocchio sul letto, poi l'alito, una mano, poi l'altra.
Fissandolo negli occhi avanzai sopra di lui, fino a stendermi sul suo corpo nudo, e intrappolare le sue labbra in un bacio caldo e intenso, un bacio in cui i nostri corpi si sfiorarono, riconoscendosi e desiderandosi a vicenda una volta ancora.
Un bacio da togliere il fiato, un bacio famelico e sensuale, un bacio che trasformò quell'istante in pura estasi ed eccitazione.
Allora lasciai le sue labbra e iniziai a scendere piano, con le labbra e la lingua a stuzzicare il suo corpo, come avessi bisogno di nutrirmene per riuscire a respirare, e forse era così.
Dapprima raggiunsi il suo collo, poi scesi ancora, sul suo petto.
Lentamente, appassionatamente.
Sempre più giù.
Assaporai la sua pelle pezzo per pezzo, scendendo piano, ma senza fermarmi mai.
Una volta arrivata al suo ombelico alzai la testa a guardare il suo viso, e un sorriso malizioso e caldo mi si dipinse sul viso, quando incrociai i suoi occhi, così belli e appassionati.
Ma improvvisamente, con un balzo mi alzai, lasciandolo lì, tutto solo e forse eccitato su quel letto.
Presi la vestaglia nera poggiata su una poltroncina, e la indossai in fretta.
Allora allargai appena il braccio sinistro, e schioccai due volte le dita.
"Vestiti!" ordinai, senza badare al tono autoritario che avevo usato.
Indossai la corona nera che mi aspettava per evenienze come quella su una mensola, ed uscii sul balcone a cercare di capire cosa fosse successo.
Eppure la mia mente continuava a tornare a quanto accaduto nella notte appena trascorsa, a ridosso dell'alba.
Per quanto tentassi di concentrarmi sui rumori che provenivano fa fuori, o su qualunque altra cosa, riuscivo solo a pensare a quegli attimi infuocati.
Quella stretta, così virile e forte, il contatto del suo corpo col mio.
Mi sembrò quasi di volare fino al divanetto, aggrappata com'ero a lui.
Sentii il velluto morbido sulla mia schiena, ma più di ogni altra cosa sentii il suo corpo contro il mio.
Il calore della sua pelle, la mia che scottava come l'atmosfera tra di noi.
Eppure nulla mi sembrava ardente come il fuoco che mi bruciava l'anima, che mi divorava dall'interno.
Allargai piano le gambe, che scivolarono sulle sue, per far posto al suo corpo.
Il divanetto era piccolo, stretto, come se ci obbligasse a stare l'uno sull'altra, a stare stretti, come se dovessimo aggrapparci l'uno all'altra per poter respirare.
Mentre il mio corpo scopriva il contatto col suo, le nostre labbra non smettevano di rincorrersi, le nostre lingue di accarezzarsi, scoprirsi, assaporarsi.
Sentivo le sue mani sempre più smaniose su di me, e le mie accarezzavano tutto il suo corpo, con un crescente desiderio di scoperta, volevo sentire il suo corpo, scoprirlo, farlo mio.
Quel contatto mi eccitava più di quanto mi fosse mai capitato prima.
Nulla aveva importanza in quel momento se non le sue mani su di me, il contatto con la sua pelle, il peso del suo corpo sul mio, le sue labbra che scavavano le mie, la sua lingua che possedeva la mia bocca.
Eppure volevo di più, volevo sempre di più.
Il mio desiderio urlava in me, l'eccitazione impazziva, il corpo era sul punto di esplodere, il cuore batteva così forte che credevo chiunque potesse sentirlo.
Ma quel "chiunque" era solo lui.
Lui era tutto il mio mondo, in quel momento così intenso e unico.
Fu allora che mi resi conto di non sapere che cosa sarebbe successo dopo.
Tutte le mie fantasie, quell'eccitazione, quel desiderio erano dettate dall'istinto.
Ora stavo per scoprire davvero cosa accadeva in quelle pagine che i libri celavano, lasciavano immaginare.
Ma io avevo immaginato abbastanza, ora volevo sentirlo su di me, volevo seguirlo dove nessuno mai aveva potuto portarmi.
Aprii gli occhi e restai per un lungo istante ad osservare i suoi, così azzurri e appassionati, che mi fissavano.
Per un momento mi sentii tremare, e anche quella sensazione fu bellissima, ed eccitante.
"Guidami.." sussurrai pianissimo, sulle sue labbra, col respiro corto, la voce calda e uno sguardo che ormai gli apparteneva.
Strinsi la mano sul bordo del balcone, come per cercare un contatto con la realtà.
Dovetti sbattere le palpebre un paio di volte per riuscire a cancellare dalla mente quel ricordo ancora caldo, e concentrarmi su quanto stava accadendo.
Presi un secondo respiro e mi guardai intorno, rammentando il motivo che mi aveva fatto lasciare il mio Cavaliere e uscire nella fresca aria mattutina: un gran trambusto.
Chiunque ne fosse responsabile, mi ritrovai a pensare, non avrebbe fatto una bella fine, considerando cosa aveva interrotto.