A circa sei miglia dal paese, all'interno di un irregolare spiazzo racchiuso da faggi colossali, Elv e Cassandra giunsero dove sorgevano le rovine di un antico abitato conosciuto un tempo come l'Incertopasso.
Con i suoi numerosi timpani ormai consumati dal Tempo e le finestrelle romboidali, questa vecchia e cadente costruzione era stata la dimora dell'eretico chiamato il Rosso e sede dei suoi studi.
Il profondo fossato che in passato aveva protetto l'abitato aveva lasciato il posto ad uno stretto canale acquitrinoso.
Alla casa si accedeva unicamente attraverso uno stretto ponticello ormi crollato.
Tutto era ormai disabitato ed abbandonato da secoli, da quando cioè l'eretico fu condannato.
Sterpi e rovi erano cresciuti ovunque, tra le murature ed i basamenti, donando a quel luogo maledetto e dimenticato una strana, occulta ed artistica atmosfera.
Davanti all'edificio, rivolta in direzione di Capomazda, sorgeva una statua raffigurante un uomo incappucciato e dall'aspetto austero.
Molti significati erano dati alla statua.
Qualcuno ci vedeva l'allegoria di qualche arte o dottrina, altri uno dei tanti dotti del passato, altri ancora qualche personaggio celebre nei secoli passati in quelle lande.
Qualcuno però riteneva che la misteriosa statua raffigurasse in realtà proprio il Rosso, bruciato poche migliaia più indietro, secoli prima.
Come detto la statua guardava in direzione di Capomazda con sguardo assorto, austero, quasi inquisitorio.
Come a voler sorvegliare ed ammonire, secondo coloro che nelle fattezze della statua riconoscevano quelle dell'eretico, il ducato ed i Taddei affinché non continuassero ad appoggiare le leggi della Chiesa di Roma.