Si sbagliava il povero ragazzo. La stessa sera tra morbide lenzuola, Ginevra tesseva la sua vendetta. Il sovrano, entrò nella camera nuziale e, trovandola stesa sul letto, prona ed in lacrime, tosto s’affrettò a prestarle soccorso.
"Cosa accade, mia diletta? Suvvia, ditemi il perché di questa profonda tristezza." Le poggiò una mano sulla spalla e la costrinse a voltarsi delicatamente. Ella trattenne per alcuni battiti del cuore il pianto, poi scoppiò in singhiozzi gettandoglisi tra le braccia.
"Cosa accade, mia signora? Non sei forse tu la Regina? Chi avrebbe mai l’ardire di provocare il tuo dolore e la mia ira?"
Ella si ritrasse debolmente ed alzò il viso per poterlo guardare ben negli occhi.
"Un cavaliere a voi ben noto, mio signore …"
"Suvvia, non lasciatemi in attesa, cosa ha fatto mai questo marrano per provocar un simil danno?"
"Quest’oggi è giunto al castello per vender cavalli e poi si è battuto per giuoco col buon Bors ed ha vinto."
"Non v’è nulla di male in questo…"
"Lasciatemi concludere, vi prego … Non so cosa gli sia accaduto, ma colmo di boria ed invidia nei vostri confronti, avendomi veduta sospirare per un forte colpo che avea ricevuto al capo, finita la lotta, mi condusse con l’inganno nei pressi delle scuderie e lì ha cominciato ad insultarmi e premeva che lo seguissi all’interno perché fossi da lui montata come una puledra e …"
"E …? C’è altro da dire? Queste sole parole meritano la morte per mia stessa mano e senza alcun giudizio! Dov’è il fellone in questo momento?"
"Egli diss’ancora di aver un’altra amante di maggior beltà e splendore e per questo avrei dovuto esser onorata delle attenzioni sue. Aggiunse ancora che non ero degna neppure delle ancelle di lei. Oh mio signore quanto umiliazione!"
Due giorni dopo, consultatosi coi suoi baroni il Re mandò a chiamare il giovane Lanval che nel frattempo versava in un profondo stato di prostrazione. Difatti, aveva egli rivelato d’avere un’amante e d’allora aveva perso il sonno davanti il catino d’argento, senza che riuscisse a far apparire la dolce Vivien. Pianse e maledisse mille volte la regina e la propria impulsività.
Bors entrò negli appartamenti senza essere annunciato, ma la cosa non turbò più di tanto, il giovane conosceva l’irruenza dell’omone.
"Mi dispiace, Lanval … devi seguirmi. Ordine del Re."
"Quale disgrazia incombe su di me, amico mio? Ho già i miei problemi, lasciami stare, non verrò a recar onta al nome mio ed a quello del mio amico Tristan … la Dummonia meriterebbe ben altro governante che il vecchio maiale che ora regna."
"Il viaggio è stato rinviato a tua causa, Lanval. Dovrai rispondere delle insolenze rivolte al Re ed alla Regina."
… "Cos …" Ad un cenno di Bors due uomini l’afferrarono dalle spalle costringendolo a piegarsi in avanti, quindi gli legarono i polsi con robuste corde.
"Proprio tu, mi fai questo, Bors?"
"Io obbedisco agli ordini, nulla più."
"Ma cosa dicono che abbia fatto mai?"
"Lo scoprirai presto amico mio e probabilmente perderai la testa per questo."
(Continua...)
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