Chissà se finirò mai a fare vino in Toscana.
Magari in un bel casolare isolato, tra Firenze e Siena, nel cuore del Chianti, fra cipressi e girasoli.
Ci vorrebbe un momento di sana follia, uno slancio da romanzo, un colpo di testa, una fuga, saltare in macchina e guidare fino a sera, oltre il tramonto, come se il crepuscolo fosse una di quelle porte, di quelle soglie descritte nei romanzi di Washington Irving o di James Hilton verso un nuovo mondo.
Chissà, laggiù, in qualche borgo della campagna Toscana potrebbe esserci un posto dove piantare una vigna e restare a guardare l'uva maturare.
E se andasse male, se il mio vino non sarà mai come un Brunello di Montalcino, beh, potrei sempre dedicarmi ad altro.
Forse cercherei il leggendario tesoro di Semifonte oppure quello di Porsenna, o magari trovare i misteriosi quadri descritti dal Vasari e nascosti chissà dove in qualche angolo di Palazzo Vecchio.
Potrei dedicarmi ai cavalli e correre il Palio di Siena per la contrada della Pantera, farla trionfare e realizzare quell'antica profezia dimenticata.
O forse potrei starmene seduto sul margine dell'Elsa e tirare sassi a pelo d'acqua, sperando che galleggino sulle increspature per poter così chiedere un milione come desiderio.
Si, i romanzi alla fine sono quasi tutti uguali.
Parlano tutti di tesori perduti, di Amori dimenticati e ritorni a casa.
Omero diceva che gli eroi, alla fine, tornano sempre a casa.
Speriamo sia così.
Forse, chissà, lo farò in sogno già stanotte.
E magari, al mio risveglio, fuggire via per piantare quella vigna tra le dolci colline di casa mia ed aspettare un'ottima annata, di quelle che, a Dio piacendo, non si dimenticano mai.
Buonanotte, Camelot...
