Dai vetri già si vedeva la brughiera.
Chiazze verdi, dossi ammantati di eriche, felci ed olmi frondosi.
Querce secolari che si stagliavano lungo l'orizzonte di pietra e terra, ruderi addormentati, sagomi di manieri dimenticati sui monti lontani che racchiudevano quel mondo romantico, selvaggio e misterioso.
Il treno sfrecciava rapido tra i sentieri brulli, gli sterrati consumati dai solchi di calessi, trattori e camioncini.
Alte nuvole cupe si raccoglievano dense, gettando ombre su quelle distese di bucolico e tormentato splendore.
Il volto del giovane uomo si specchiava confuso sul finestrino, i suoi capelli scuri, gli occhi azzurri e vaghi.
Guardava quel mondo mentre fitti pensieri velavano il suo animo.
“La brughiera...” disse il prete seduto di fronte a lui “... nulla forse, come la brughiera, consegna all'uomo la certezza del soprannaturale... non crede?”
“Beh...” il giovane “... forse da qui il Cielo è sicuramente più visibile...” sorridendo “... vedere il Cielo è sempre un bene vero, padre?”
“Lei è mai stato nella brughiera?”
“No, padre.”
“E' più tipo di città, vero?”
Il giovane rise.
“Si, è così.” Annuendo il chierico. “E scommetto viene qui per una ragazza, giusto?”
Il giovane sorrise.
“Per lavoro?”
“Per l'eredità di mio zio, padre.”
“Ah si?”
“Si, padre.”
“Quindi resterà un bel po'?”
“Credo.” Rispose il giovane.
Il conducente annunciò l'arrivo in stazione.
“Stia attento...” il prete al giovane “... non si lasci suggestionare...”
“Da cosa?”
“Dalle dicerie...” spiegò il prete “... non si faccia sedurre da chi predica fatture, incantesimi, malefici e legge le carte... è tutta roba che viene dal demonio.”
“Che Dio ci scampi!” Segnandosi il giovane. “Due cose mi spaventano, padre... i topi ed i defunti.”
“Allora non creda a queste cose!” Ammonendolo il prete. “Nella brughiera troverà entrambi... topi e incantatori!”
“Santa Maria!” Segnandosi di nuovo il giovane.
Il treno entrò in stazione.
“Ecco il treno!” Guadag ad Ozzlon.
Il treno si fermò, la gente cominciò a scendere e tra i passeggeri videro un giovane dai capelli scuri che saltava giù e camminava sul divano.
Notò i tre e si avvicinò.
“Il dottor Guadag presumo?” Sorridendo al medico.
“Oh, milord!” Felice Guadag. “Benvenuto ad Afragolopolis!”
“Grazie, dottore.” Annuendo il giovane.