C'era qualcosa di magnetico in quell'uomo, un fascino proibito e oscuro che richiamava l'oscurità dentro di me come se la conoscesse da sempre, come se ne bramasse ancora, e ancora, e ancora.
Ma ero io a bramarne sempre di più.
Mentre incatenavo la mia bocca alla sua, mentre la mia lingua rincorreva la sua in un gioco continuo, lascivo, proibito, ero sempre più fuori di me.
O forse ero sempre più me stessa, come non avevo mai potuto mostrarmi davvero.
Ma lui non conosceva morale, né tabù, né limiti.
Quell'uomo era puro istinto e perversione, e io andavo matta per tutto quello.
Era come me, come noi, e infatti fu come se ci riconoscessimo a vicenda.
Più mi muovevo su di lui, cercando sollievo dall'eccitazione che si faceva sempre più umida lo guardavo negli occhi, lo vedevo impazzire e il mio sguardo determinato e forte era sempre più intenso.
Sentivo quanto tutto quello lo stesse eccitando, lo sentivo distintamente sotto di me, diventava sempre più saldo, duro, come un blocco di marmo sul quale potessi strusciarmi continuamente.
Oh ma non mi sarei certo accontentata di strusciarmi addosso a lui, oh no... volevo vederlo morire, perdersi, andare fuori di testa.
Volevo che vedesse distintamente tutta l'oscurità che avevo dentro tutta senza nessuna eccezione.
Allora, mentre le ragazze intorno a me si univano al gioco mostrandogli quanta perdizione poteva trovare in mezzo a noi scivolai giù dalle sue ginocchia, scivolai fino a ritrovarmi inginocchiata ai suoi piedi, con l'espressione da bambina birichina sul viso.
Poi allungai le mani verso la sua cintura, i bottoni dei suoi pantaloni, fino ad arrivare ai boxer per lasciarlo completamente scoperto e nudo davanti a noi, che non bramavamo altro che assaggiare quella virilità che sembrava essere tanto invitante.
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