Che avevo fatto per avere un uomo così meraviglioso nella mia vita?
Uno che capisse al volo la mia continua voluttà, che fosse una fonte inesauribile di piacere, eccitazione, che mi donasse costantemente quel brivido lungo la schiena, quel fremito incontrollato.
Mai i miei occhi avevano trovato altri simili ai miei, mai mi ero sentita di appartenere a qualcuno così tanto, mai nessuno mi aveva fatto sentire così completa e appagata.
Nulla, se non i suoi occhi azzurri, nulla se non il suo sorriso voluttuoso, le sue mani che mi facevano impazzire.
Le sue mani.
Oh le sue mani mi stavano facendo gridare, fremere, gemere, andare fuori di testa.
Non capivo più nulla, sentivo solo di volerne di più, di più, di più, in un crescendo disperato.
Il mio sguardo era una supplica e il suo quello di chi sa di averti in pugno.
Sapeva che ero sua, solo sua, eternamente sua.
Nulla sarebbe mai più stato come prima.
Non sarei mai stata libera, né volevo esserlo, perchè quell'intesa era qualcosa che rendeva la vita degna di essere vissuta.
Questo diceva il mio sguardo nel suo.
Questo gridava la mia voce.
Che ero sua, e lo sarei stata sempre.
Sentii il mio corpo urlare, impazzire, esplodere.
E lo guardai, lo guardai negli occhi.
Volevo che vedesse.
Volevo che percepisse ogni mia sensazione.
Tutto in me era suo ora, tutto.
Mi aggrappai a lui, meravigliosamente appagata, quando sentii la vista offuscarmi.
Stavo morendo?
Anche se fosse, in quell'ultimo giorno avevo vissuto.
"Ordifren..." sussurrai, prima di sprofondare nel buio.
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