Tatiana annuì poco convinta a Gwen e le due vampire presero ad avvicinarsi a quell'ombra.
Subito un flebile raggio di Luna, pallido e cupo, si fece largo tra i rami di uno dei cipressi del cortile, sfiorando quella figura che si rivelò essere un uomo.
Era alto e magro, il viso perfettamente sbarbato fatta eccezione per due eleganti baffetti scuri.
La bocca era sottile, di taglio crudele, con due labbra meravigliosamente rosse che facevano da contrasto col pallore generale e cupo del suo volto.
Gli occhi erano di un vermiglio scuro, quasi purpureo, i capelli lunghi e neri, pettinati con cura all'indietro.
Era vestito di tutto punto, come se appartenesse ad un'aristocrazia straniera, con un lungo mantello nero ed un berretto ampio e foderato.
“Buonasera...” disse con un perfetto Sygmese, benchè la cadenza tradisse un accento diverso e togliendosi il berretto.
Fissava le due belle vampire, soprattutto Gwen con un'insistenza che poteva di certo apparire inopportuna, se non addirittura sinistra.
Altea uscì sul balconcino e vide che sull'albero c'era qualcuno.
Lo riconobbe: era il giovane Furio.
Se ne stava tra le foglie, fissando il cielo con una strana e malinconica luce negli occhi.
Poi si voltò piano verso la dama.
“Ho sentito una vecchia storia...” disse “... se si fissa troppo la Luna allora si può morire e diventare un fantasma... ma io non ci credo... la Luna non aiuta mai gli innamorati... è crudele e lontana... non vive nel mondo, ma nello spazio... non è amica degli uomini... è pallida e cattiva...”